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Il problema dello sviluppo del dogma nella teologia contemporanea Senso det problema Un libro scritto recentemente in Italia da un non cattoli- co, dal titolo « Cattolicesimo e storicismo », si occupa nel- suo ultimo capitolo della controversia sulla « nuova teologia», conclude con questa pagina: « Non é possibile pensare che la chiesa cattolica accetti il principio della realta come storia o del primato del divenire sull’essere per cui il contrasto tra i due punti di vista (quello storicista e quello tradizionale cattolico) & oggi pit che mai aperto, malgrado i tentativi che si fanno per tacitarlo. Questa volta é chiara l'intenzione d’evitare il con- flitto violento, la rottura clamorosa : tuttavia é probabile che la chiesa, sentendo ugualmente I’esigenza sia di conservare il vec- chio. patrimonio sia d’allinearsi con le « élites » intellettuali, si avvii verso qualche forma di compromesso ... Pud darsi che la coerenza logica non sia rispettata, ma la chiesa non ha bisogno @una logica puramente umana ed esaustiva, perché nel for- mulare la dottrina essa sa dare la sua giusta parte al mistero. Posta tra lesigenza di proclamarsi fedele ad una veriti asso- Iuta e la constatazione dei mutamenti avvenuti nel tempo, la chiesa cerchera finché possibile di conciliare i due termini anti- tetici, senza tuttavia porli sullo stesso piano, Il primo di es infatti é la molla della sua azione, la causa del suo sucesso, la sua stessa ragione di essere, mentre il secondo é considerato una pura ricognizione di fatti, un’obbiezione post eventum che ha il suo peso ma della quale si sa a priori che & sempre pos- sibile trovare una spiegazione. L’uno @ per essa un principio esistenziale, !’altro non lo sara mai e quindi in un modo o nel- 6 M, FLICK 5. Valtro finira con l’essere assorbito. Se la chiesa guarda al suo passato é anche per trarvi un motivo di conforto osservando nel lento moto della sua vita secolare il perenne superamento delle difficolta ¢ delle contraddizioni »*. La citazione é un po’ lunga, ma ha la sua importanza per- ché ci da occasione di subito dissipare un equivoco, in cui potreb- be cadere chi osserva dal di fuori le odierne controversie che si svolgono tra i cattolici sul problema dello sviluppo del dog- ma. Potrebbe qualcuno credere, come I’autore che abbiamo cita- to, che la chiesa, dopo aver soffocato il modernismo coi decre- ti di Pio X, si ritrovi oggi dinanzi all’inesorabile antitesi tra il perpetuo fluire della storia, e la sua pretesa di essere custode di una yerita infallibile, che i modernisti si erano sforzati di elu- dere. Si tratterebbe ora, dopo un primo tempo di dura reazione contro listanza storicistica, di ritornare sui propri passi e cer- care una soluzione che, a spese della logica, permetta di conci- liare apparentemente in una sintesi superiore, cid che in realti @ inconciliabile. Non neghiamo che il problema che forma l’og- getto della nostra settimana preoccupi vivamente i teologi ¢ che fino ad ora siano forse rimaste senza risposta alcune delle difficolta che esso solleva. E’ anche vero che i documenti ema- nati contro leresia modernista si sono preoccupati piuttosto di difendere la stabilita della dottrina cristiana, che di spiegare le leggi del suo sviluppo. Ma é assolutamente errato pensare che la chiesa s'avvii ad una ritrattazione o anche solo ad una at- tenuazione della condanna con cui ha colpito il « compromes- so» escogitato dai modernisti per permetterle di sopravvivere in una societd incapace oramai di sopportare, come essi dice- vano, la sua pretesa ad un’immutabilita dottrinale. L’enciclica « Humani generis » ¢ la recente beatificazione di Pio X hanno mostrato chiaramente che non si é per quella via. L’accoglien- za poi che I’« Humani generis » ha ricevuto da parte dei teolo- gi stessi che avevano espresso le idee piti ardite, contrariamente a quello che accadde ai tempi della « Pascendi », & una prova evidente che I’acutizzazione odierna del problema dello svi- 1G. Manrint, Cattolicesimo ¢ storicismo, Napoli 1951 TL PROBLEMA 7 luppo del dogma, ha origini ben diverse da quelle che causaro- no la ribellione dei modernisti. Allora, come risulta chiaramen- te da confessioni autobiografiche posteriori, gl’iniziatori del mo- vimento erano gente che aveva fatto naufragio nella fede, ce- dendo ad illusorie evidenze filosofiche e storiche. Rifiutando ogni affermazione del soprannaturale e anche talvolta quella stessa di un Dio personale, essi pero rimanevano attaccati col cuore all’antica chiesa, la cui azione giudicavano ancora utile all’u- manita e percid volevano aiutarla suo malgrado a sbarazzarsi dal pesante fardello dottrinale *. Oggi invece tra i teologi che discutono sullo sviluppo del dogma nessuno dubita che la chiesa sia la custode infallibile di un deposito di verita, ricevuto da Dio stesso che essa non pud né aumentare né diminuire né in qualsiasi modo trasformare. Nessuno dubita quindi che cid che essa propone alla nostra fede era gid contenuto in qualche modo nella predicazione de- gli apostoli, era gia creduto dalle prime generazioni cristiane. Ma poiché é evidente Ia differenza che vi @ per esempio tra il simbolo apostolico, la professione di fede tridentina, e il giu- ramento antimodernista, tra il « De fide et symbolo » di S. Ago- stino e il catechismo di Pio X, bisogna ammettere che ha avu- to luogo uno sviluppo. Esso é stato certamente legittimo perché controllato dalla chiesa infallibile, e tutti i teologi ricorrono alla distinzione tra predicazione implicita ed esplicita per spie- garne la legittimita. Resta perd per tutti coloro che non si con- tentano di formule, ma vogliono sciogliere veramente in quanto é possibile i problemi, da determinare come debbano essere in- tese queste espressioni. Ed & qui precisamente che comincia la divergenza di opinioni. Si tratta quindi di uno dei tanti problemi di teologia dog- matica, i cui termini vengono presentati con tutta chiarezza dalle fonti della rivelazione, che lasciano invece nell’ombra la soluzione, per quanto non possiamo dubitare che la soluzione esista di fatto. Come riguardo alla conciliazione tra liberta e grazia, il problema teologico non versa sull’esistenza di questa 2 Cir. J. Rievidre, Le modernisme dans léglise, Parigi 1939 p. 211 ss. 8 M. FLICK 5. 1 conciliazione ma sul modo, cosi quando discutono sullo sviluppo del dogma, i teologi cattolici non -divergono sulla sua esistenza o sulla sua legittimita, ma soltanto su come esso si effettui. Come poi ogni spiegazione della conciliazione tra la libertd e la grazia lasciera sempre sussistere il mistero, dovuto non ad un’infrazione ma ad un superamento della logica puramente umana, cosi bisogna aspettarsi che avvenga anche per il proble- ma dello sviluppo del dogma. E’ troppo evidente che tale problema non poteva gia sor- gere all’inizio della chiesa quando lo sviluppo dogmatico non era ancora avvenuto, ed é ugualmente evidente, per la ragione contraria, che quanto pit si procedeva nel tempo esso, doveva farsi pitt urgente. I! perfezionamento oggi raggiunto dalle in- vestigazioni storiche, che ha tanto giovato alla teologia positiva biblica e patristica, non poteva non presentare ad esso nuovi dati e nuove difficolta. Anche gli errori modernisti dovevano costringere i difensori dell’ortodossia a considerarlo pit atten- tamente per trovare soluzioni non puramente verbali, Oggi poi ¢ avvenuto un fatto che, con le discussioni a cui ha dato luogo nella sua preparazione, lo ha necessariamente messo in primo piano nel campo teologico. Dire che la defini- zione dell’assunzione corporea della Vergine al cielo, che non ha invocato né le prove storiche dei primi secoli, né deduzio- ni teologiche, ma si é fondata semplicemente sul consenso una- nime della chiesa docente e discente, ha messo in crisi tutte le teorie fino ad ora proposte sull’evoluzione del dogma, sa- rebbe forse commettere un’esagerazione. Ma é certo che esse devono essere riesaminate alla sua luce, come del resto é sta- to osservato generalmente dai commentatori della costituzione apostolica « Munificentissimus ». Le prossime relazioni avranno per scopo di illustrare vari aspetti del problema dello sviluppo del dogma e di indicare an- che la via per indirizzarsi verso una giusta soluzione. Io non intendo fare la storia di questo problema, enumerando le varie soluzioni che ad esso sono state date, e nemmeno presentare una bibliografia completa di cid che é stato scritto sull’argo- mento, anche solo in questi ultimi anni. Semplicemente si trat- IL PROBLEMA 9 ta ora di dare uno sguardo panoramico allo stato attuale del- In controversia tra i teologi cattolici, sottolineandone i nodi pit intricati, su cui si dovra portare la nostra attenzione in que- ste adunanze. Il «depositum fidei » al tempo apostolico Come @ stato accennato il problema dello sviluppo del dogma suppone come dato fondamentale Videntit’ del « depo- situm fidei », che oggi viene predicato dalla chiesa, con quello che essa ha ricevuto dagli apostoli, senza che sia possibile per spiegare il crescere di questo deposito « eodem sensu eadem- que sententia », ricorrere a nuove rivelazioni, posteriori all’eta apostolica, Pud quindi meravigliare che si sia sentito il bisogno in questa settimana di dedicare un’intera relazione a stabilire che la rivelazione fu chiusa con la morte degli apostoli. La me- raviglia cessa, se si ricorda che recentemente, sia pure in for- ma assai timida, furono espressi dubbi sulla solidita di que- st’asserzione *. Ma anche ammesso, come si deve ammettere, che il «depositum fidei » fu chiuso con la morte dell’ultimo apostolo, rimane sempre da determinare in qual modo si possa conciliare la pienezza di cognizione che gli apostoli ne ebbero, con il fatto innegabile del lento sviluppo del dogma cristiano che ha seguito la loro predicazione *. Due tendenze nella spiegasione dello sviluppo del dogma Nel modo di spiegare questo sviluppo possiamo distingue- re tra i teologi moderni due tendenze l’una intellettualistica, Valtra non intellettualistica o addirittura antintellettualistica. La prima considera la rivelazione come la comunicazione di una dottrina che ci @ stata fatta da parte di Dio. Sostiene quindi 3 Cfr, M. Coprens, «La définibilité de l'Assomption > in Ephemerides theologicae Lovaniensese XXIII [1947] pag. 7 n. 4. + Cfr. le buone osservazioni fatte a questo proposito dal P. L. pe Grano- marson S, J. in «Le dogme chrétien x, Parigi 1928, pag. 264-265. 10 M, FLICK §. 1 che lo sviluppo del dogma si deve intendere come un progresso fatto nella cognizione di questa dottrina, progresso che si com- pie sempre sotto la direzione dello Spirito Santo e a cui possono contribuire varie cause, ma che non pud mai portare alla for- mulazione di qualche nuovo dogma che non abbia un legame logico con quelli che furono fin dal principio esplicitamente co- nosciuti. La seconda, appellando al fatto che & impossibile sempre trovare questo legame, vuole che si metta in primo piano nella considerazione della rivelazione, la realta ontologica della nuo- va vita che @ stata donata alla chiesa nel Cristo. Il progresso dogmatico avviene quindi in dipendenza del crescere di questa vita nella chiesa e si esprime in formule, che pur non avendo tra loro alcuna relazione logica, si riferiscono tutte alla stessa realtA sempre pitt perfettamente sperimentata ed assimilata. Se esista una via media tra queste due tendenze, risultera forse da questa settimana, Stato attuale della controversia sulla definibilita delle conclusioni teologiche La tendenza intellettualistica che afferma un legame logico tra i nuovi dogmi e i dati della rivelazione é la pit comune ed ancora domina nell’insegnamento ordinario della teologia. I teologi perd che ad essa appartengono si dividono a proposito della definibilita delle conclusioni teologiche, di quelle verita cioé che si deducono per mezzo di un vero ragionamento dai dati della rivelazione e si devono percid considerare soltanto come virtualmente rivelate. E’ necessario ricordare brevemente lo stato attuale di questa controversia a cui é dedicata una delle relazioni della nostra settimana, Come tutti sanno nessun teologo nega che la chiesa per po- ter efficacemente adempire il suo ufficio di custode del deposito rivelato, abbia l’autorita di definire infallibilmente tali conclu- sioni. Ma é classica la controversia se esse, almeno dopo la de- finizione, siano da accettarsi con fede divina, avente per mo- IL PROBLEMA a tivo immediato I’autorita di Dio rivelante, o soltanto con fede ecclesiastica, che si fondi sull’infallibilité della chiesa. Si capisce come sia diversa la concezione dello sviluppo del dogma secondo che si sceglie I’una o l’altra alternativa. Nella seconda ipotesi i nuovi dogmi rappresentano soltanto una chia- rificazione di concetti contenuti nella rivelazione, che vengono espressi distintamente, in formule di indole scientifica, senza che perd essi propongano alla nostra fede teologica un aspetto ve- ramente nuovo della realta rivelata. Tutto cid che é frutto di un raziocinio, che non spiega soltanto cid che & contenuto nelle fonti della rivelazione, ma deduce da esse una conclusione, usan- do le sole forze della ragione, ¢ eterogeneo al dogma, appar- tiene e apparterra sempre solo al dominio della teologia. Se in- vece si ammette la prima ipotesi sostenendo che, almeno dopo la definizione della chiesa, le conclusioni teologiche possono es- sere credute con fede divina, non si pud negare che diventa assai pith facile spiegare, senza dover ricorrere a sottili ragiona- menti, come questa o quell’altra verita definita come dogma, si contenga di fatto nel deposito rivelato. Tuttavia sembra che non si salvi Pomogeneita nello sviluppo del dogma poiché eso viene ad estendersi ad un campo che & proprio della ragione e non della rivelazione. E’ noto che la questione fu vivamente discussa negli anni immediatamente seguenti alla prima guerra mondiale, dopo la pubblicazione del libro meritatamente famoso del P. Marin Sola « L’evoluzione omogenea del dogma cattolico » *. In que- sto libro, certo il migliore tra quanti furono scritti in tempi recenti sul nostro argomento, l’autore si é sforzato di rivalu- tare Vopinione, allora quasi abbandonata, che difende la defi- nibilita come dogma delle conclusioni teologiche, mostrando co- me non siano eterogenee alla rivelazione e possano essere percid credute con fede teologica, quando divengano oggetto di un intervento infallibile del magistero ecclesiastico. Per questo egli ha distinto un doppio genere di conclusio- 5 L’évolution homogene du dogme catholique, Friburgo 1924. A questa seconda edizione in lingua francese ci riferiremo nelle note. 12 M. PHICK S. 1 ni teologiche. Le prime hanno un nesso solamente fisico 0 mo- rale con l'oggetto rivelato e sono percid, assolutamente parlan- do, fallibili, come p. e. se dalla rivelazione che Gesit fu un uo- mo vero qualcuno deduca che egli di fatto ha qualche volta riso. Le seconde invece riguardano le proprieta metafisicamente con- nesse col dato rivelato, cosi che nemmeno per l’onnipotenza di- vina possono da esso venire separate, come, per tornare all’esem- pio di prima, quando dalla rivelazione che Cristo fu vero uomo si deduce che egli ebbe un'anima e un corpo come abbiamo noi, e dalla rivelazione che egli fu un uomo perfetto si deduce !’in- tegrita delle sue membra. Le conclusioni che appartengono alla prima categoria sono veramente eterogenee alla verita rivelata perché aggiungono ad essa una nuova realta p. e. il riso at- tuale di Cristo, Non eccedono il grado della probabilita o se si vuole, per usare una terminologia moderna, della certezza fisica 0 morale. Non hanno grande interesse per la teologia e la chiesa se potra talvolta intervenire per escludere lopinione ad esse contradittoria come temeraria, perché senza sufficiente fondamento suppone tn miracolo, o una mostruosita morale, mai potra definirle come dogma. Le conclusioni invece che si collegano metafisicamente col dato rivelato sono oggettivamente omogenee alla realta di cui danno solo un nuovo aspetto. E’ vero che a causa della natura discorsiva del nostro intelletto non ci @ possibile scoprire questi nuovi aspetti se non progressivamente per mezzo di ragiona- menti che passino p, e. dall’immortalita naturale dell’anima umana alla sua spiritualita, dalla sua spiritualita alla sua crea- zione immediata da parte di Dio. Ma tutti questi ragionamenti non fanno altro che decomporre nei suoi elementi il dato rive- lato e determinare le sue relazionj essenziali, Non escono quin- di da cid che é stato testificato da Dio ed é da credersi da noi con fede divina. Finché perd la conclusione teologica non sia stata insegna- ta infallibilmente dalla chiesa rimane ancora nel campo della teologia, poiché il nostro assenso ad essa si basa sulla luce del nostro intelletto. Quando invece interviene infallibilmente la chiesa allora il nostro assenso non é pits determinato dalla sola 11, PRORLEMA 13 evidenza razionale, ma ha per fondamento I’assistenza indefet- tibile dello Spirito Santo promessa alla chiesa. Conoscendosi percid immediatamente per divina autorita quella verita a cui prestiamo T’assenso diventa oggetto di fede teologica *. La tesi del Marin Sola ebbe I'adesione entusiastica del Gardeil’. Fu anche accolta e difesa dal Beraza nel suo ampio manuale « De virtutibus infusis » °, Tuttavia trové e trova !’op- posizione di altri teologi illustri. Il suo pid forte oppositore fu lo Schultes, che Pimpugnd vigorosamente nella sua « Introdu- zione alla storia dei dogmi»®° e in articoli di riviste in cui volle precisare con cura la sua posizione in confronto di quella del proprio confratello. Non é qui il caso di riassumere questa polemica. Si pud dire in generale che essa ha mostrato le debolezze della par- te storica dell’opera del Marin Sola relativa alla confusione che egli asserisce essere stata introdotta dal Suarez nel genuino con- cetto di conclusione teologica*. Invece i fondamenti speculati- vi logici e metafisici dell’opinione da tui difesa meriterebbero un esame pid approfondito. Alcune importanti precisazioni vennero fatte dalle due par- ti in conflitto in occasione della controversia. Era stato obbiet- tato al Marin Sola che accettando la sua sentenza sulla defini- bilita delle conclusioni teologiche, si veniva ad ammettere la pos- sibilita di definire p. e. che Cristo ha avuto I'intelletto agente o che nelle creature essenza ed esistenza si distinguono realmente, come conclusione dell’opinione ammessa dai « tomisti » sull’unio- ne ipostatica. A questo il Marin Sola rispose che tale conse- guenza della sua teoria deve senz’altro concedersi, purché si verifichi la piena evidenza dei presupposti necessari a conclu- © Cir. op. cit. T. 1, Cap. LILI. 1 Revue des sciences philosophiques et théologiques XIIL (1924) p. 276s. 8 Bilbao 1929, pag. 146 ss. © Introductio in historiam dogmatwn, Parigi 1922, 2 Divas Thomas P. II (1925) pag. 83-89; 554-564; «Eclaircissement sur Pévolution du dogme >. Revue des sciences philos. et théolog. XIV [1925] p. 286-302. 3 Cfr, G, Martinez, «La solucién del Sudrez al problema del progreso dogmdtico > in Estudios Eclesidsticos XXII [1948] pag. 151 ss. 4 M. FLICK 5. 1 dere con certezza dai dati rivelati l’una e I’altra conclusione. In caso contrario quelle conclusioni devono chiamarsi sistematiche non propriamente teologiche, non eccedendo il grado della probabilita. Aggiunse inoltre che tutte le volte che una conclu- sione é talmente distante dalla premessa rivelata da aver bisogno per essere dedotta di un ragionamento lungo e complicato, tanto da non poter mai esser scorta con evidente certezza, ci si trova in un caso simile *. A forziori non si pud parlare di vera con- clusione teologica quando la conclusione & si metafisicamente connessa col dato rivelato, ma pud essere solo conosciuta me- diante una nuova rivelazione, data la debolezza della nostra intelligenza *, Da parte contraria si fece osservare, mettendo in valore cid che a sto tempo era gia stato detto dal Mazzella™, che pur non-potendosi in generale ammettere che anche le conclusio- nj teologiche propriamente dette sono rivelate da Dio, si danno casi, manifestati dalle circostanze in cui é avvenuta la rivelazio- ne, in cui appare che l’intenzione di Dio rivelante si estende an- che a cié che solo virtualmente si contiene nel dato rivelato, Al- lora perd non si deve pitt parlare di rivelazione virtuale, ma formale*. Nelle discussioni preparatorie alla definizione dell’ Assun- zione la questione della definibilita delle conclusioni teologiche é affiorata, in quanto vi é stato chi difendeva questa verita esse- re una vera conclusione teologica ma cid non ostante definibi- le**. La maggioranza invece dei partigiani della definibilita pen- savano che I’Assunzione fosse rivelata formalmente sia pure in modo implicito *’. La costituzione « Munificentissimus » non sembra aver deciso la questione *. 32 Op. cit. T. II, pag. 55 ss. 29 Op. cit. T. I, pag. 31m. 1. % De virtutibus infusis, ed. 3, Roma 1884, p. 214-215. ™ Cir. G. Frnoceasst, « Traditio divino-apostolica et Assumptio BVM. >, in Gregorianum XXX [1949] pag. 462 ss. 1 Batic, De definibilitate Assumptionis B. V. Mariae in caelum, Ro- mae 1945. 37 Cfr. per esempio: H. Lennerz, De Beata Virgine, Roma 1939 pag. 10ss.; G. Frtoceasst, art, cit. in Gregorianum ec. 38'Cfr. G. Finorasst, [lustratio constitutionis apostolicae « Munificen- IL PROBLEMA 6 Dobbiamo infine ricordare l’opinione difesa alcuni anni fa da monsignor F. G. Martinez vescovo di Calhaorra, che sta in mezzo tra le due precedenti. Secondo quest’eccellentissimo auto- re & impossibile da una parte ammettere col Marin Sola che an- che le conclusioni teologiche sono rivelate da Dio, per il fatto solo che sono connesse virtualmente col dato rivelato, sia pure con un legame metafisico. D’altra parte @ anche evidentemente contro i fatti sostenere con lo Schultes che la chiesa ha definito come dogma soltanto verita espresse formalmente nella rivela- zione. Non rimane quindi che ricorrere a quella che sarebbe Yopinione autentica di Suarez, anzi di tutti gli antichi teologi, eccetto il Molina, secondo cui, avendo Dio rivelato che la chiesa é infallibile in tutti i suoi insegnamenti assoluti e irreformabili, ha rivelato con cid stesso in modo implicito tutto cid che attra- verso i secoli doveva essere oggetto di quest’insegnamento **. La via affettiva ¢ le teorie intellettualistiche Tutti i sistemi di cui abbiamo parlato suppongono che vi & sempre un nesso logico tra un dogma che venga nuovamente proclamato ¢ il deposito della rivelazione gid esplicitamente conosciuto, Non per questo perd riducono lo sviluppo del dog- ma ad un puro proceso dialettico, frutto delle speculazioni dei teologi, che la chiesa si limiterebbe a sanzionare ogni tanto con le sue decisioni infallibili. E’ vero che tra i teologi che li hanno difesi, almeno tra i meno recenti, si considera talvolta un po’ troppo esclusivamente lelemento logico per spiegare il sorgere dei nuovi dogmi®. tissimus Deus» in Gregorianum XXXIV [1951] p. 3 ss. Sulla questione se la definizione dell'Immacolata sia la definizione di una conelusione teologica cfr. H. Leswerz, Duae quaestiones de bulle « Ineffabilis Deus > in Gregoria- num XXIV [1943] pag. 357 ss. 1 A propésito de la Hamada fé eclesidstica. Debe ser admitida en teo- logia? in Miscellanea Comillas VI (1946) pag. 9 ss. © Cfr. Vacant, Etudes théologiques sur les constitutions du concile Va- ticain, Parigi-Lione 1895, t. 11 pag. 281-319; cfr. anche il giudizio dato dal- T'Hocroez E. sul FRANZELIN in «Histoire de ta théologie au XIX sidcle >, Parigi-Bruxelles 1947 t. TIT pag. 165. 16 M, FLICK S. 1 Specialmente fu eccessivo in questo il Tuyaerts che nel suo studio teologico sull’evoluzione del dogma, pubblicato nel 1919, mmetteva soltanto come eccezione miracolosa !’azione divina diretta ad illuminare pastori e fedeli sul contenuto implicito del- la rivelazione, e si meritava cosi le critiche del Gardeil *. Tuttavia proprio il Marin Sola, che ha dato tanta impor- tanza al legame logico per spiegare lo sviluppo del dogma, @ an- che finora quello che piti abbondantemente ha spiegato la via affettiva o sperimentale. Per essa, secondo le sue spiegazioni, i credenti penetrano pitt prontamente il contenuto della rivela- zione ed arrivano a vedere cid che di fatto virtualmente vi si contiene, anche prima che possano rendersene conto con un ra- gionamento intellettuale. Cid é dovuto alla « connaturalita » che per Vinflusso degli abiti infusi, si stabilisce tra essi e gli oggetti rivelati *, Anche i teologi che formavano la commissione eletta da Pio IX per preparare la definizione del dogma dell’Immacolata Concezione, avevano stabilito come criterio sufficiente per la definibilita di una determinata proposizione la predicazione con- corde dell’attuale episcopato o anche la pratica della chiesa *. Questo suppone evidentemente che la chiesa non ha biso- gno prima di passare ad una definizione di assicurarsi che il nuovo dogma si connette logicamente col deposito rivelato, ma le basta interrogare quella che dal Bainvel pi tardi fu detta, la sua propria coscienza™*. Pud dunque avvenire, come assai bene ha spiegato il de Grandmaison, che la chiesa, la quale in virtit dell’infallibile assistenza dello Spirito santo, sa sempre riconoscere la voce autentica del suo sposo divino, preceda con le sue decisioni il lavoro dei teologi che da soli non sarebbero ca- uci di mostrare con piena evidenza come una determinata ve- 21 MM. Tuyasars, O. P. L’Evolution du dogme, Etude théologique, Lovanio, 1919; cfr. A. GarvetL « Bulletin d'introduction & la Théologie» in Revue de sciences philos. et théolog. IX [1920] pag. 657 ss. 2 Chr, Op. cit. T. 1 pag. 353-372. 23-V. Sanot, La solenne definisione del dogma delt'Immacolato conce- pimento di Maria SS. Atti e documenti. Roma 1904-1905, vol. I pag. 791 ss. 24 J, Banwet, «L’histoire d'un dogme, Etudes CI [1904] pag. 612-632. TL, PROBLEMA 7 rita si contenga nel deposito della rivelazione *. Questi allora, come dice il medesimo autore, fatti certi a posteriori che quella verita che ad essi appare nuova non é se non la formulazione esplicita di giudizi gid posseduti sotto una o sotto un’altra forma dovranno riprendere le loro dimostrazioni, usando di quel metodo regressivo, che & stato applicato da Pio IX nella Bolla « Ineffabilis » e da Pio XII nella costituzione apostolica « Munificentissimus ». Sarebbe quindi errato porre un’opposizione inconciliabile tra il processo intellettuale e quello affettivo, quasi che un teo- logo non possa difendere I’uno senza respingere I’altro*”. Se- condo la dottrina pit: comune tutte e due sono necessari e tutti e due si riscontrano di fatto nella storia dei dogmi. Ma il se- condo non annulla il primo, semplicemente talvolta lo precede. Resta perd da determinare se quel potere di discernimento che é attribuito al senso cristiano, al lumen fidei, ‘nelle con- troversie dogmatiche, su cui tanto si é scritto a proposito della definizione dell’Assunta™, sia riduicibile ad un processo dia- lettico rapidissimo percepito solo confusamente, o debba con- cepirsi come un’intuizione « sui generis » del contenuto del dato rivelato, che non potra perd mai equipararsi ad una nuova rive- lazione, Sara quindi utilissima per illuminarci su quest’argo- mento la relazione del reverendo P. Bali¢, con la discussione che ad essa seguira. 25 Cir. op. cit. pag. 256 ss. % Cir. anche F. Cavattera, «Lo théologie positive » in Bulletin de litté- rature ecclésiastique XXVI [1925] pag. 20 ss. Cir. Ialtro articolo dello stesso autore «4 propos de ia vie du dogme >, in B. L. E. XLII [1942] pag. 69-79. 21 A. MicueL, «Chronique de théologie » in Ami du clergé LIX [1949] pag. 322 ss. cfr. anche la stessa rivista LXT [1951] pag. 332 n. 8 8 A. Kotpin: in D. Tuomas (Fr.) 1951 pag. 81-105. Fr. Taymans ¢ Le progrés du dogme> in Nouvelle revue théologique LXXI [1949] pag. 687 ss. C. Colombo troppo limitata alla considerazione del documento storico, cfr. B. ALtaNER «Zur Frage der Definibilitiét der Assumptio B. M. V.> in Theologische Revue XLIV [1948] col. 129-140; XLV [1949] coll. 129-142; XLVI [1950] col. 5. 20. 80 B. Xipenta, Introductio in sacram theologiam, Madrid 1949 pag. 80 ss. 5 Essai sur le probléme théologique, Thuillies 1938 cfr. anche Pimportante articolo di Chenu «Position de la théologie» in Revue de sciences philos. et théolog. XXIV (1935) pag. 232-257. Come & noto il libro di Charlier, insie- me a quello dello Chenu < Une école de théologie », fu messo a I'Indice con de- ereto del S. Uffizio nel 1942 (cfr. A. A. S. XXXIV, pag. 37). Sullorigine storica del libro di Charlier, cfr. T. Zapelena, «Problema théolagicwn >» in Gregorianum XXIV [1943] pag. 23 ss, TL PROBLEMA 19 ea svilupparsi nella chiesa secondo leggi che dipendono dal di- segno di predestinazione di Dio a noi occulto. Le formule con- cettuali attraverso cui la chiesa esprime la coscienza che essa ha della vita che le @ stata donata e che continuamente progre- disce, non possono avere tra loro un legame logico e al teo- logo non resta che registrarle, senza voler sforzarsi di leggere nei testi pid antichi, sia pure in modo implicito, cid che oggi noi crediamo *. A causa poi della trascendenza del dato rive- lato rispetto alla ragione il Charlier nega non solo la definibi- lita ma anche la semplice legittimita di qualsiasi conclusione teo- logica, che sempre risulterebbe da un’indebita applicazione delle categorie della ragione al dato della fede in se stesso a noi sco- nosciuto **, Proprio a proposito di un articolo scritto per criticare Po- pera dello Charlier, il De Lubac ha avuto recentemente una po- lemica col Boyer, che é di grande interesse perché mette a fuoco il problema oggi pitt vivo nella nostra questione *. Credendo di trovare nell’articolo del Boyer la tesi esage- ratamente intellettualistica del Tuyaerts, il de Lubac ha voluto ricordare l’importanza data alla via affettiva da tutti gli altri teologi. La sua affermazione principale sembra essere questa che non necessariamente le credenze ulteriori della chiesa de- vono collegarsi con un legame logico a cid che essa ha creduto sempre esplicitamente fin dai primi secoli. All’obbiezione che sorge spontanea: Come allora si pud dire che la rivelazione si sia chiusa con gli apostoli, egli risponde distinguendo tra illu- minazione soggettiva ¢ rivelazione oggettiva, concedendo la prima e negando la seconda. L’illuminazione soggettiva con- cessa alla chiesa, sempre progrediente coll’andar dei secoli, non ha per effetto di rendere pitt facile la deduzione logica di una nuova verita dai dati della rivelazione gia conosciuti esplici- $2 Op. cit. pag. 66 ss. 8 Op. cit. pag. 115 ss. 4 Ch. Bover, Quest-ce-que la théologie? Réflexion sur ume controverse in Gregorianum XXI [1940] pag. 255 ss. H. De Lunac, « Bulletin de théo- logie fundamentale » in Recherches de sciences réligieuses XXXV [1948] pag. 130 ss. 20 M, FLICK S. 1 tamente. L’oggetto totale della riveiazione infatti comprende la realizzazione dell'azione redentrice di Dio per mezzo del Cristo, che é nel medesimo tempo manifestazione dell’occulto disegno divino di salvezza, e che costituisce il mistero cri- stiano annunziatoci dalle scritture e dalla primitiva predica- zione degli apostoli. In questo tutto concreto l’intelletto umano per successive e legittime astrazioni distingue varii aspetti, pri- ma il fatto stesso dalla conoscenza del fatto, poi le verita par- ticolari che integrano questa conoscenza. E’ necessario perd sem- pre ricordare che si tratta di un unico tutto concreto che viene per cosi dire frazionato, di un tutto gia posseduto in intero fin dall’inizio, in un pit alto stato di conoscenza e non semplice- mente in principii o in premesse, da cui a modo di conseguenza possano essere dedotte logicamente conclusioni o spiegazioni che formino nuovi dogmi. A quest’articolo il Boyer ha risposto mantenendo la sua posizione. Egli infatti, ritiene che sebbene sia verissimo che il dogma per svilupparsi non aspetta le speculazioni dei teologi, tuttavia @ impossibile affermare che la verita rivelata si tra- smette dal tempo degli apostoli « eodem sensu eademque sen- tentia », se non si ammette un legame logico, almeno di con- venienza, tra una dottrina proposta oggi alla nostra fede e quel- la che é stata predicata dagli apostoli **. Per ora la polemica non ha proceduto pit oltre ed alcuni hanno giudicato le idee espresse dalle due parti piuttosto che op- poste, complementari **, Ad ogni modo certo é che la questio- ne dell’esistenza o della non esistenza di un legame logico tra cid che noi oggi crediamo e quello che credeva la chiesa pri- mitiva, sta al centro dell’attuale controversia sul problema del- lo sviluppo del dogma e rimane ancora assai oscura. 8 «Sur un article des Recherches de sciences religieuses > in Gregoria- num XXIX [1946] pag. 152 ss. Cfr. anche Gregorianum XXXT [1950] pag. 530-531. * Cfr, Farticolo del Michel sopra citato. Assai severo con il De Lubac & stato Spedalieri in « Setectae et breviores philosophiae ac theologiae con- troversiae » Romae 1950 pag. 85 ss. TL PROBLEMA 21 Elemento contingente ed elemento immutabile nelle formule dogmatiche E’ necessario prima di terminare lesposizione di queste tendenze antintellettualistiche accennare ancora ad una conse- guenza che venne dedotta dalla trascendenza del mistero cri- stiano rispetto all’intelletto umano, che riguarda il valore delle formule dogmatiche. Gia lo Charlier aveva posto tra i com- piti proprii del teologo quello di distinguere nelle espressioni usate dal magistero cid che & assoluto e quindi irreforma- bile e cid che invece é relativo, dovuto all’analogia delle no- stre conoscenze e alle circostanze storiche *’. Pit recentemente il Bouillard al termine di una sua ricerca storica sul pensiero di S. Tommaso a proposito delle disposizioni alla giustifica- zione, osservava che & sempre necessario distinguere nei vari sistemi teologici l’elemento contingente, rappresentato dalle no- zioni da esso usate, che dipendono dal contesto culturale dell’e- poca, dall’invariante assoluta che queste nozioni esprimono. Concludeva quindi alla possibilita anzi alla necesita di un conti: nuo mutarsi delle nozioni teologiche perché esse possano espri mere sempre in modo vero per i contemporanei le realt sopran- naturali, Non esitava percid ad affermare che anche le nozioni tecniche implicate nelle definizioni conciliari devono essere con- siderate come contingenti in modo che ad esse possono esserne sostituite altre equivalenti, senza mutare il senso dell’insegna- mento gia dato **. Il Leblond infine intervenendo nella contro- versia esponeva i fondamenti filosofici di questa concezione, sforzandosi di basarla sulla dottrina tomistica dell’analogia. Se- condo lui come vi é un solo essere assoluto e sussistente che é Dio, di cui tutte le creature non sono che deficienti participa- Sta invece con il De Lubae il Rondet Aubier 1944 pag. 219 ss. Cfr, del medesimo autore «Notions conciliaires et analogie de la verité» in Recherches de sciences religieuses XXXV [1944] pag. 251 ss. 22 M. FLICK 5, 1 zioni, cosi vi ¢ anche una sola verita assoluta e sussistente che s‘identifica con Dio, in quanto Egli si conosce e conosce in se stesso tutte le cose. Tutte le altre verita possedute dagli intel- letti creati sono complesse e deficienti, analoghe soltanto alla verita prima. Per questo dobbiamo distinguere in ciascuna ve- rita umana, in ogni sistema filosofico 0 teologico anzi in ogni nostra affermazione, l’elemento assoluto da quello contingente. Tl primo si ha in quanto le nostre verita sono un riflesso della immutabile verita divina, la cui esistenza é implicitamente af- fermata in ogni nostro giudizio. Il secondo invece deriva dal fatto che le nozioni di cui ci serviamo sono nozioni umane for- matesi in stretta dipendenza dalla nostra concreta situazione nel tempo e nello spazio. Ne segue che sara impossibile parlare di una teologia umana assolutamente ed immutabilmente vera per tutti i tempi, se si voglia estendere questa sua veritd anche al- le nozioni di cui essa si serve e per mezzo di cui essa cerca di esprimere il contenuto della rivelazione. Lo stesso dovra logi- camente dirsi delle formule usate dal magistero ecclesiastico *. Sono note le polemiche a cui diedero origine questi scritti che propugnavano la necessita di costruire una nuova teologia, come é nota la riprovazione espressa dall’enciclica « Humani generis > contro il relativismo dogmatico di alcuni teologi con- temporanei. L’enciclica perd insegna anche che le formole dog- matiche sono in qualche misura perfettibili. La relazione del P. Rambaldi sulla immutabilita delle formule dogmatiche ci permettera di vedere pitt chiaro in tutto quest’argomento, Conclusione Esposto cosi il panorama della controversia odierna sullo sviluppo del dogma, diviene anche chiaro il motivo per cui sono stati scelti i temi che verranno trattati nella nostra settimana. Gia nel corso della mia esposizione ho avuto occasione di ac- % «L’Analogie de la verité» — Reflexions de un philosophe sur une controverse théologique, in Recherches de sciences relig. XXXIV [1947] pag. 129 ss. TL PROBLEMA 23 cennare agli aspetti speciali del problema che devono illumi- nare le quattro relazioni che seguiranno. Da quello che abbia- mo detto si comprende facilmente anche ’importanza che avra Ja sesta del P. Filograssi sulla tradizione divina apostolica e il magistero della chiesa poiché la funzione del magistero é evi- dentemente preminente nello sviluppo del dogma e non sono mancati in tempi recenti errori e incertezze sulla sua valuta- zione, specialmente per quel che riguarda i documenti non in- fallibili. La relazione del P. Bea sul progresso nell’interpreta- zione della sacra scrittura dara occasione di considerare se e come il metodo regressivo pud essere applicato ai testi sacri e come sia possibile scoprire in essi oggi cid che forse poteva sfuggire a coloro che li leggevano nei secoli passati*. In fine il P. Boyer parlandoci della relazione tra progresso filosofico teologico e dogmatico ci potra presentare una sintesi delle con- clusioni a cui saremo arrivat Come é stato scritto sull’Osservatore Romano nell’annun- zio della nostra settimana, non s’intende qui proporre e molto meno imporre soluzioni definitive di tutti i problemi che saran- no trattati. Sarebbe pure ingenuo chi pensasse che anche attra~ verso le discussion che seguiranno le singole lezioni si possa arrivare ad una totale chiarificazione. Ma abbiamo fiducia che con la cooperazione di tutti potremo fare in questi giorni un lavoro veramente utile per i! progresso teologico. M. Frick S. I. 49 Cir. a questo proposito J. Coprens, Les harmonies des deux testa- ments, Lovanio 1949, e J. Levie S. 1, Les limites de la prewe d’Ecriture Sainte en theologie in Nouvelle Revue Théologique LXXI (1949) 1009 ss.

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