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JOÃO

Nenè Ribeiro

Si può affermare, senza timore di esagerare, che Ia storia della musica popolare brasiliana
sia divisa in un “prima" e in un "dopo" João Gilberto. Nessun artista ha infatti mai inciso così
profondamente nel modo di concepire la musicalità brasiliana come lui. Dopo lo storico 78 giri Chega
de Saudade, del 10 luglio 1958, tutto è cambiato nella canzone brasiliana: il modo di cantare, il modo
di suonare, il modo di armonizzare; il modo di scrivere musica. João Gilberto realizzò una vera pulizia
sonora al samba: eliminando tutti gli eccessi percussivi e addolcendo gli interventi dell’orchestra;
introducendo nella chitarra l'utilizzo di accordi compatti di elevata tensione armonica e un "beat'
ritmico inusitato, e assestando un colpo definitivo al canto di tipo operistico, melodrammatico,
eccessivo, e sostituendolo con un canto intimista allo stesso tempo intenso e delicato.
La rivoluzione proposta da João Gilberto, e subito accolta con entusiasmo, consisteva nel
ridurre e concentrare al massimo gli elementi poetici e musicali: una musica votata al dettaglio; una
elaborazione raffinata con base nel quotidiano. Fu un linguaggio senza metafore, spontaneo, che
trovò la sua vera radice nei samba dei straordinari sambisti della prima metà del secolo scorso. Fu
infatti a questa tradizione che João Gilberto diede seguito: la linea del canto parlato, che veniva da
Mario Reis, passando per Orlando Silva, suo grande idolo, fino a Dick Farney e Lucio Alves. ln più
un amore e una conoscenza profonda dei migliori samba di Caymmi, Ary Barroso, Geraldo Pereira,
Haroldo Barbosa, Marçal, Bide, Herivelto Martins, che João Gilberto reinterpretò con maestria e
riverenza combinandoli con le armonizzazioni apprese dagli eccellenti complessi vocali che si
esibivano nel scenario musicale del Brasile del dopoguerra, e con la musica dei giovani musicisti, in
primo luogo Tom Jobim, che cercavano un modo nuovo, "uma bossa nova", per esprimere il proprio
talento.
Sommata a tutto questo, João Gilberto sviluppò una qualità rara: un sano radicalismo
professionistico, un'estrema coerenza estetica, una caparbietà nel raggiungere i propri obiettivi
artistici tramite una ricerca rigorosa. Divenne leggenda il suo impegno nel provare per ore e ore lo
stesso brano, un unico passaggio. Impegno che gli costò uno strappo muscolare alle mani e che gli
impedì di suonare per parecchi anni, subito dopo il boom mondiale della bossa-nova. Diventarono
leggenda anche le sue discussioni con i musicisti nell'incisione del suo primo album. Tutto in nome
di un perfezionismo che lui stesso nominò "da colpo di karate". Ogni sillaba, ogni vocale, ogni tocco
nella sua preziosa chitarra, possiede il giusto posto, inequivocabile.
ll suo metodo artistico dev'essere paragonato agli sforzi di un poeta di Hai Ku: le pause, i
silenzi, il prolungamento delle vocali, le improvvise accelerazioni, i contrappunti. Questo radicalismo
gli permise di resistere oltre qualsiasi moda, creando in ogni paese un pubblico devoto alle sue rare
esibizioni, dove il silenzio è la regola del rituale che solo lui, monaco irreprensibile, sa reggere.
Le sue interpretazioni di Zingaro, Águas de Março, Caminhos Cruzados, Este seu olhar,
Meditação, Insensatez e Desafinado di Jobim; Doralice, Saudade da Bahia, Rosa Morena, Samba
da minha terra di Caymmi, Na Baixa do Sapateiro, Morena Boca de Ouro, Luxo Só, di Barroso, O
sapo, di Donato, Coisa mais linda e Você e Eu di Lira, Falsa Baiana di Pereira, Estate di Martino e
il suo brano Undiù, tanto per citarne alcuni, possono entrare in ogni classifica mondiale delle migliori
interpretazioni di questo secolo. Basterebbe ricordare il responso della rivista americana "Down
Beat" all'inizio degli anni Sessanta: "Da quarant'anni nessuno influenzava la musica americana
come oggi fa João Gilberto". Ed era il tempo dei Beatles e dei Rolling Stones…

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