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CONDUTTIMETRIA

PASSAGGIO DELLA CORRENTE ELETTRICA NEI CONDUTTORI

Un conduttore è una sostanza in cui una carica può scorrere facilmente. Si dice che un
conduttore è attraversato da una corrente elettrica quando al suo interno vi è una migrazione di
particelle cariche. La dinamica delle particelle elettriche implica la presenza di un campo di forze
di natura elettrica. I metalli (in particolare oro e argento) sono ottimi conduttori di
corrente e possiedono una struttura cristallina. Durante la formazione del
cristallo, è fornita l’energia necessaria per liberare elettroni di valenza, uno
o due per atomo. Tutti gli altri elettroni rimangono ancorati ai rispettivi nuclei,
per formare complessivamente degli ioni, che oscillano attorno alla loro
posizione di equilibrio con ampiezza crescente al crescere della temperatura.
Il modello elaborato per i conduttori metallici è detto ad “elettroni liberi”.
Ipotizza, appunto, elettroni di valenza non più legati ad un singolo atomo, ma
condivisi in una nube elettronica. Il moto degli elettroni liberi può essere:
 disordinato, analogamente all’agitazione termica dei gas, quando il
conduttore non è soggetto ad un campo elettrico.
 ordinato in direzione e verso, in sovrapposizione al moto disordinato,
quando il conduttore
è soggetto cioè all’azione dinamica di un campo di forze elettrico (movimento
degli elettroni nelle bande di conduzione).

Struttura elettronica a bande-Metallo Semiconduttore Isolante


La banda di conduzione è la banda elettronica a più bassa energia tra quelle
non completamente occupate. Dal punto di vista della teoria degli orbitali
molecolari, si può dire che la banda di conduzione è il LUMO (Lowest
Unoccupied Molecular Orbital, orbitale molecolare non occupato a più bassa
energia). Per un conduttore, la banda di valenza (cioè quella totalmente
occupata) e quella di conduzione si sovrappongono.
Si ha così un passaggio di corrente elettrica da un capo all’altro del conduttore.
I conduttori riconducibili a questi meccanismi sono detti di prima specie.
I conduttori elettrolitici, conduttori di seconda specie, si identificano
tipicamente nelle soluzioni acquose di sali inorganici, e in quelle di acidi e di
basi. In una soluzione i legami elettrici che tengono uniti gli ioni sono indeboliti
e parte delle molecole del soluto si separano in cationi (ioni positivi) ed anioni
(ioni negativi), dotati di energia cinetica, per agitazione termica.
Sotto l’azione dinamica di un campo elettrico, il moto delle cariche, sia
positive che negative, è ordinato, in sovrapposizione al moto disordinato di
agitazione termica, ed è, quindi, causa di passaggio di corrente elettrica

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Oltre al meccanismo di conduzione della corrente elettrica, le classi di
conduttori presentano altre notevoli differenze.
Per i conduttori di prima classe, con l’aumentare della temperatura
diminuisce la capacità di condurre la corrente la corrente elettrica,
mentre, per i conduttori di seconda classe, la capacità di condurre la
corrente elettrica aumenta in genere con l’aumento della
temperatura. Questo perché nei metalli con l’aumentare della
temperatura aumentano i moti di oscillazione degli ioni del metallo nel
reticolo cristallino con effetto frenante al libero flusso degli elettroni
di conduzione, invece nei conduttori di seconda specie, poichè la conduzione
della corrente è dovuta al movimento di ioni, l’amento della temperatura
provoca un aumento della loro energia cinetica e quindi della loro
velocità.
Mentre per i conduttori di prima classe percorsi da corrente elettrica
continua è valida la prima legge di Ohm (V=RI), per quelli di seconda classe
la legge non è di validità generale.

La conduttimetria si basa sulla misura della conducibilità elettrica di una soluzione di elettrolita e/o
della sua variazione al variare del tipo o della concentrazione delle specie ioniche presenti in
soluzione. La conducibilità elettrica è un parametro misurato di routine per valutare il contenuto
totale di ioni, e quindi di sali disciolti e/o di acidi e basi, del campione; non dà informazioni sul
tipo di ioni. Le sue applicazioni: in industria per il controllo della purezza di acque e di solventi
organici, in laboratorio durante studi teorici, ad es. per determinare la costante di dissociazione e il
prodotto di solubilità di specie chimiche.

Conducibilità elettrica delle soluzioni

Mentre le caratteristiche elettriche dei conduttori metallici vengono abitualmente studiate


prendendo in esame la loro resistenza (R), le caratteristiche elettriche dei conduttori ionici vengono
generalmente studiate prendendo in esame la loro conduttanza o conducibilità ()

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
R

Ciò significa che una debole resistenza offerta dalla soluzione acquosa di un conduttore ionico è
sinonimo di una sua elevata conduttanza, potremmo quindi definire la conduttanza come la
misura della facilità con la quale una soluzione di elettrolita trasporta la corrente elettrica.

In base alla seconda legge di Ohm la resistenza R che un conduttore oppone al passaggio della
corrente elettrica dipende dalla geometria del conduttore e dalla sua natura fisica, infatti è
direttamente proporzionale alla lunghezza del conduttore l ed inversamente proporzionale alla
sezione S del conduttore

l
R
S

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dove  (si legge “ro”) è la resistività (in . m); l è la lunghezza del conduttore (in m); S è l’area
della sezione (in m2). Spesso viene utilizzata l’unità di misura pratica Ω . cm La resistività è
specifica per ogni conduttore.
[l’ohm internazionale è definito come la resistenza a 0°C di una colonna di mercurio di sezione
costante, lunga 106,300 cm, avente massa 14,4521 g]
Inserendo questa equazione nella precedente si ottiene:

1 1 S
 

l  l
S
l’inverso della resistività (1/) è detta conduttività (o conducibilità specifica) e, nel caso
di soluzioni elettrolitiche viene indicata con  (si legge “chi”). La conduttanza specifica è molto
utile per studiare le caratteristiche di un conduttore l’equazione precedente, diventa perciò:

S

l

l’unità internazionale di conducibilità elettrica è il Siemens (S): 1S= 1/ (indicato più raramente
con mho, da ohm-1).
Se in quest’ultima relazione poniamo S=1cm2 e l=1cm si ottiene,:


In base alla quale possiamo affermare che la conduttanza specifica di una soluzione χ si
identifica con la conduttanza dovuta agli ioni contenuti nel volume di 1 cm 3. L’unità di misura
per χ è il S/cm

[L’unità Siemens è troppo grande per misurare la conducibilità di soluzioni elettrolitiche e in pratica
si usano i sottomultipli: milli o microsiemens]
La conducibilità elettrica di una soluzione viene misurata con il conduttimetro, collegato alla cella
conduttometrica, che è costituita da due elettrodi, in genere di platino platinato, immersi nella
soluzione in analisi.

Possiamo immaginare la cella conduttometrica come un tubo di liquido di lunghezza l e con la


sezione di area S in cui passa corrente: l è la distanza fra gli elettrodi e S l’area di ciascun elettrodo
Quindi per calcolare la conduttanza specifica di una soluzione sarebbe sufficiente misurarne la
conduttanza usando una cella conduttimetrica nella quale le superfici affacciate dei due elettrodi
siano esattamente di 1cm2 e la loro distanza reciproca esattamente pari a 1cm.
Queste condizioni geometriche sono tuttavia di difficile realizzazione.
Il materiale di cui sono fatti gli elettrodi può essere così poroso da fare aumentare sensibilmente la
superficie effettiva a contatto con la soluzione, rendendola maggiore dell’area geometrica, per
questo motivo si preferisce indicare il rapporto S/l per un determinato elettrodo mediante una
costante K, detta costante di cella (cm2/cm).
Per cui  viene sempre ottenuta dalla relazione descritta prima, calcolando indirettamente le
caratteristiche geometriche della cella, e cioè la distanza reciproca dei due elettrodi (l) e la loro
superficie affacciata (S). Per far questo si misura con la cella conduttimetrica in esame la
conducibilità di una soluzione campione della quale è esattamente nota la conduttanza specifica e
poi si calcola matematicamente il rapporto l/S
La legge fondamentale su cui si basa la conduttometria assume quindi la forma:

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Λ=χ K

Dove  è la conducibilità della soluzione (in S);  la conducibilità


specifica (in S/cm); K la costante di cella (in cm).

Schema di una cella elettrolitica

Le soluzioni elettrolitiche conducono l’elettricità molto meno dei metalli, ma più dei solventi
organici, che non contengono ioni mobili, e più dell’acqua deionizzata.
I fattori che agiscono sui meccanismi di conduzione, e quindi sul valore della conducibilità
specifica, sono sostanzialmente quattro:

1. la concentrazione degli ioni in soluzione;


2. le cariche ioniche;
3. la velocità di migrazione degli ioni in soluzione;
4. la temperatura.

Concentrazione ionica della soluzione

Il trasporto di corrente in soluzione dipende anzitutto dal numero di ioni presenti e quindi dalla
loro concentrazione. La conduttanza specifica è quindi senz’altro collegata al grado di
dissociazione α dell’elettrolita.
Per capire come in effetti vengano influenzate la conducibilità specifica, χ, e la conduttanza, Λ,
dalle concentrazioni, bisogna conoscere quali sono i fattori dai quali χ e Λ dipendono.

χ = n α z F (u- + u+)

χ = conducibilità specifica, [ Ω-1 cm-1]


n = n° di moli per cm3, [mol . cm-3]
α = grado di dissociazione
z = carica degli ioni
F = Faraday (1F = 96.500 C/eq = 1,602 . 10-19 C/e- . 6,02.1023 e-/eq)
u- e u+ = velocità ioniche [cm2 Ω-1 C-1] a campo elettrico unitario = mobilità ionica

La velocità di spostamento o traslatoria (cm/s) è proporzionale al campo elettrico (ossia al


rapporto fra f.e.m. applicata e la distanza fra gli elettrodi = gradiente di potenziale) e la costante di
proporzionalità è appunto la velocità ionica: v± = u± E
( E = ddp/ l = tensione applicata a due elettrodi distanti l cm)
u± = v± / E [cm s-1/ volt cm-1] = [cm2 s-1/ Ampere Ω] = [cm2 s-1/ Coulomb s-1Ω] = [cm2 C-1 Ω-1]

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Per uno stesso elettrolita, z, F, u- e u+ sono costanti, per cui: χ = f (n, α) ossia la conducibilità
specifica è funzione del n° di ioni presenti per unità di volume e del grado di dissociazione,
grandezze queste che variano in modo inverso con la diluizione:

α aumenta (legge di Ostwald)


aumentando la diluizione
n diminuisce

La conducibilità specifica, χ, è un dato caratteristico per un determinato elettrolita ad una


determinata concentrazione: infatti, si sa che diluendo un elettrolita si favorisce la sua
dissociazione e quindi si viene a variare il suo numero di ioni. Quindi, se un elettrolita è
completamente dissociato (α =1), la diluizione produce una diminuzione lineare di
conducibilità specifica perché diventa minore il numero di ioni per cm 3, ma se l'elettrolita non
è ancora completamente dissociato, la diluizione produce sì una diminuzione di concentrazione
generale ma, contemporaneamente, un aumento del grado di dissociazione; in altre parole la
diluizione produce, in quest'ultimo caso, meno molecole per cm 3, ma più dissociate e, se la
maggior dissociazione prevale sulla diluizione analitica, si ha un aumento di conducibilità: ciò
avviene per elettroliti deboli.
Esempi:
Per HCl e KCl: nelle soluzioni diluite degli elettroliti forti, nelle quali essi sono praticamente tutti
dissociati (α=1) prevale subito l’effetto della diminuzione del numero di ioni contenuti in 1 cm 3,
quindi la conduttanza specifica diminuisce (tratto decrescente delle curve). L’acido acetico, invece,
è un acido debole. La diluizione provoca un aumento di α: per cui ogni cm 3 conterrà un numero
minore di molecole, ma più dissociate e nell'insieme gli ioni/ogni cm 3 aumentano, con conseguente
aumento di χ. Al punto massimo si ha che l'aumento di ioni dovuto alla dissociazione è esattamente
compensato dalla diminuzione degli stessi a causa della diluizione. Più debole è l'elettrolita e più
spostato verso destra sarà il massimo (ossia richiederà forti diluizioni per realizzare α =1). In realtà
gli elettroliti deboli presentano α =1 solo a fortissime diluizioni.

χ
α =1
HCl
Andamento di χ in funzione della DILUIZIONE

KCl

CH3COOH

Diluizione 1/C

Considerando, invece, il diagramma χ = f (C): all'inizio, aumentando la concentrazione, aumenta il


numero di ioni per cm3, con conseguente aumento della conducibilità specifica. Ciò però fino a
quando un ulteriore aumento della concentrazione non incomincia a diminuire α. A concentrazioni
molto elevate cresce l’”affollamento” degli ioni e le interazioni reciproche diventano più intense; di
conseguenza diminuisce la velocità con cui gli ioni si spostano in soluzione e, ad un certo punto,
comincia a diminuire anche la conducibilità elettrica. Le curve si arrestano per ogni sostanza in
corrispondenza del limite di solubilità (saturazione), il che può verificarsi anche prima del
raggiungimento del massimo.

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Dal lato delle basse concentrazioni le curve sembrano partire dall'origine; in realtà per C=0
(solvente puro), la conducibilità pur essendo piccolissima è diversa da 0.
Per gli elettroliti forti (come NaOH e HCl) la conducibilità specifica aumenta linearmente con la
concentrazione fino a che la soluzione è abbastanza diluita.
Per gli elettroliti deboli (come CH 3COOH o NH3), in soluzioni abbastanza diluite, l’andamento
della conducibilità specifica in funzione della concentrazione è simile a quello degli elettroliti forti,
ma la pendenza è inferiore perché l’effetto dovuto all’aumento di concentrazione viene attenuato
dal minore grado di dissociazione dell’elettrolita.
χ(S/cm)

Concentrazione eq/L

Figura 1:andamento della conducibilità specifica in


funzione della concentrazione

Cariche ioniche

E’ chiaro che uno ione bivalente trasporta, a parità di condizioni, una quantità di carica doppia
rispetto ad uno ione monovalente; perciò la conduttanza specifica aumenta all’aumentare della
carica dello ione.

Velocità di migrazione degli ioni

A parità di intensità del campo elettrico applicato, la velocità di ogni ione dipende dal rapporto
carica/raggio e dalla sua massa, dalle forze di interazione con gli altri ioni e con il solvente ed
anche dalla viscosità del solvente.

Temperatura

Al variare della temperatura variano sia la concentrazione ionica (che dipende dagli equilibri di
dissociazione, di complessazione e di solvatazione di ogni ione in soluzione) sia la velocità con cui
si spostano i singoli ioni (che dipende dalla viscosità del solvente). Di conseguenza la conducibilità
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specifica aumenta di circa l’1-3% per ogni grado di temperatura. (La Pressione influenza molto
poco la viscosità del solvente).

FATTORI CHE INFLUENZANO LA CONDUTTIVITA’ χ

CARICA IONICA

Aumenta velocità di migrazione


TEMPERATURA Se aumenta T aumenta anche χ
Aumenta dissociazione

Densità di carica

VELOCITA’ DI MIGRAZIONE IONICA Viscosità del solvente

Effetto di asimmetria
Interazione ione-ione
Effetto elettroforetico

Le interazioni ione-ione sono descritte dalla teoria di Debye-Hückel, che riguarda proprio la
migrazione degli ioni in soluzione per effetto di un campo elettrico. In particolare la teoria mette in
rilievo due effetti:

Effetto di asimmetria: gli ioni in soluzione sono solvatati, cioè circondati da molecole di solvente
e da ioni di carica opposta (atmosfera ionica). Quando viene applicato un campo elettrico si
determina lo spostamento in un senso dello ione centrale e nell'altro dell'atmosfera ionica.
Quest'ultima, perciò, dovrà dissolversi in coda allo ione e riformarsi davanti ad esso: dato che i
fenomeni avvengono in un tempo finito, il baricentro delle cariche elettriche dell'atmosfera ionica
tenderà a restare indietro rispetto allo ione. La carica dell'atmosfera ionica eserciterà così
un'azione frenante (attrazione di tipo elettrostatico) sul movimento dello ione. Il fenomeno
viene chiamato effetto di asimmetria. Il tempo necessario per la riformazione dell’atmosfera
ionica è detto tempo di rilassamento ed ha l’effetto di rallentare il moto dello ione: infatti la
soluzione deve essere sempre elettricamente neutra per cui lo ione non può muoversi liberamente
ma sempre circondato dalla sua atmosfera ionica
D'altro canto gli ioni dell'atmosfera ionica sono anch'essi solvatati per cui il loro movimento
determina un flusso consistente di liquido in senso opposto allo ione. Quest'ultimo perciò si
trova a muoversi contro corrente rispetto all'ambiente che lo circonda, incontrando un'ulteriore
resistenza al proprio moto (effetto elettroforetico).
I due effetti avranno, naturalmente, tanto meno peso quanto più la soluzione sarà diluita. Al limite,
lo ione sarà ostacolato nel suo movimento dalla sola viscosità del solvente

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Tali effetti hanno una diversa influenza per i vari ioni, che quindi migrano con velocità diverse.

CONDUCIBILITA’ EQUIVALENTE (Λ)

La conducibilita' specifica χ è una grandezza che varia sia al variare del grado di dissociazione
dell’elettrolita, sia al variare della sua diluizione e che dipende anche dalla carica degli ioni
presenti in soluzione. Questo rende χ inadatta al confronto fra elettroliti diversi. Perciò è stata
elaborata una definizione della conducibilità che fa riferimento ad una mole di cariche elettriche,
cioè ad un equivalente di elettrolita. Questo nuovo parametro viene chiamato conducibilità
equivalente (Λe) e definito come la conducibilità di una soluzione in cui si trova disciolto un
equivalente di elettrolita, situata fra due elettrodi distanti fra loro un centimetro. Questa
grandezza dipende solo dal grado di dissociazione dell’elettrolita. Essa permette il confronto non
solo tra le proprietà conduttrici di soluzioni di elettroliti diversi, ma anche delle singole specie
ioniche presenti nelle soluzioni.
Dato che una simile condizione sperimentale è praticamente irrealizzabile (per esempio, per
calcolare la Λe di una soluzione 0,01N di un dato elettrolita, corrispondente a 1 equivalente in 100
L, la superficie affacciata dei due elettrodi dovrebbero essere uguale a 10 m 2 se questi distano 1,0
cm l’uno dall’altro), la conduttanza equivalente della soluzione di un elettrolita viene sempre
calcolata indirettamente dal valore della conduttanza specifica. Infatti χ rappresenta la conducibilità
di una soluzione avente il volume di 1 cm3 (elettrodi di 1 cm2, distanti 1 cm)
Si supponga di voler misurare direttamente la conducibilità equivalente di una soluzione 1N di un
elettrolita: per la definizione di conducibilità equivalente la cella deve contenere due elettrodi
ciascuno di 100 cm2 di superfici, posti alla distanza di 1 cm. Possiamo immaginare l’insieme di
questa coppia di elettrodi e della soluzione compresa fra essi, scomposto in 1000 cubetti di 1cm di
lato posti in parallelo, ciascuno dei quali ha una conducibilità numericamente uguale alla
conducibilità specifica e relativa a 1/1000 di equivalente, pertanto la conducibilità equivalente sarà
1000 volte maggiore. Il numero 1000 rappresenta anche, nel caso considerato, il V in mL di
soluzione in cui è sciolto 1 equivalente. Generalizzando ed indicando con N la normalità della
soluzione V=1000/N
Possiamo quindi esprimere la conducibilità equivalente nel seguente modo:

Λe= χ. Ve
-1 -1 3 -1 -1 2 -1
Λe= [Ω cm cm eq ] = [ Ω cm eq ]

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e moltiplicando questa per il volume nel quale è contenuto 1 equivalente di elettrolita, V e,
espresso in cm3 (o ml), otteniamo la conducibilità di una soluzione nella quale è presente un
equivalente di elettrolita, Λe.

1000
Quindi:  e   C
eq

La conducibilità equivalente è una funzione che dipende esclusivamente dall'entità della


dissociazione (maggiore sarà lo stato di diluizione, maggiore sarà il grado di dissociazione e
maggiore sarà Λe).

CONDUTTANZA EQUIVALENTE LIMITE E GRADO DI DISSOCIAZIONE

Se riportiamo in un grafico i dati relativi alla conduttanza equivalente delle soluzioni di elettroliti
diversi in funzione della diluizione, si ottengono delle curve Λe = f(1/C), il cui andamento tende
asintoticamente ad un valore limite, rivelando che Λe aumenta con la diluizione fino ad un
determinato valore, variabile da elettrolita a elettrolita, che rappresenta la conduttanza
equivalente dell'elettrolita considerato a diluizione infinita, Λ0, valore che rimane costante nel
campo delle bassissime concentrazioni. A diluizione infinita, la dissociazione è sicuramente totale
e quindi α = 1. Mentre per gli elettroliti forti, Λ0 (per α = 1) viene raggiunto a piccole diluizioni (si
può perciò calcolare graficamente Λ0) e l’aumento della conduttanza dipende dalla diminuzione
dell’interazioni tra ioni, che si muovono quindi sempre più liberamente, per gli elettroliti deboli,
tipo CH3COOH, il valore limite Λ0 viene raggiunto solo a diluizione ∞, rendendo impossibile la
determinazione grafica di Λ0.
Λ0 di HCl risulta più elevato di Λ0 di KCl e di Λ0 di CH3COOH pur essendo il n° di ioni uguali per
tutti e tre a dissociazione completa, in quanto la mobilità ionica di H + e Cl- è maggiore di quella di
K+ e Cl- e di CH3COO- e H+.

La conducibilità equivalente a diluizione infinita è un parametro che si presta bene ad evidenziare il


comportamento di ioni diversi in presenza di un campo elettrico, infatti Λ 0 per definizione, non
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solo è indipendente dalla carica dello ione, ma anche dalle interazioni tra ioni, perché per
definizione, si riferisce a condizioni di diluizione infinita.
Questo spiega perché il valore di Λ0 per un elettrolita debole come CH 3COOH può superare quello
di HCl o KOH.
La difficoltà di ottenere graficamente Λ0 per gli elettroliti deboli è stata superata con la legge
dell’indipendente mobilità ionica o legge di Kohlrausch, che ha permesso di ottenere dei dati
riportati in tabelle, dalle quali è possibile ricavare la conduttanza equivalente a diluizione infinita
per ogni elettrolita, forte o debole che sia, combinando opportunamente quella degli elettroliti forti
ottenuta per estrapolazione grafica.
Esaminando i valori di Λ0 (ohm-1cm-1) di elettroliti aventi uno ione comune, si riscontrano
differenze costanti.
La differenza di conducibilità tra un sale di sodio ed uno di potassio con lo stesso anione è costante
ed indipendente dalla natura dell'anione, e risultati analoghi possono essere ottenuti con altre coppie
di sali a catione o anione comune:

a 25°C: Λ0
Λ 0
Λ0

KCl 150 KNO3 145 ½ K2SO4 153


NaCl 127 NaNO3 122 ½ Na2SO4 130
ΔΛ0 23 23 23

In base a queste osservazioni Kohlrausch formulò nel 1900 la sua legge di migrazione indipendente

Legge di migrazione indipendente degli ioni (legge di Kohlrausch):

La conducibilità equivalente a diluizione infinita di un elettrolita è uguale alla somma della


conducibilità equivalente a diluizione infinita del catione e della conducibilità a diluizione infinita
dell’anione

Esempio: La Λ0 per una soluzione di NaCl sarà

NaCl  Na   
Cl

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la sommatoria è estesa a tutte le specie ioniche presenti in soluzione. Ad esempio, per una soluzione
infinitamente diluita contenente NaCl, MgSO4 e CaCl2 , si ha:

  Na  Mg 2  Ca2      2


Cl SO4

Ogni ione, sotto un dato campo elettrico, presenta una sua caratteristica velocità di migrazione che
non è influenzata dall'altro ione costituente l'elettrolita: ogni ione, cioè, contribuisce alla
conducibilità totale in una misura fissa che gli è caratteristica, proporzionale alla sua velocità di
migrazione [mobilità (u) è la velocità di migrazione (in cm/sec) in un gradiente di campo elettrico
unitario (1 volt/cm)]. Conoscendo λ°+ + λ°- si può arrivare a calcolare Λ0 di un elettrolita ionogeno il
cui valore non si può ottenere graficamente.
Per es: λ°H+ = 349,8 ; λ°CH3COO- = 40,9 λ°CH3COOH = 349,8 + 40,9 = 390,7

MOBILITA’ IONICHE E VELOCITA’ DI MIGRAZIONE

A diluizione infinita tutti gli ioni componenti un elettrolita partecipano al processo della
conduzione. Di conseguenza ogni soluzione contenente 1 grammoequivalente di elettroliti differenti
contiene, a diluizione infinita, numeri equivalenti di ioni, cioè la carica ionica totale è la stessa per
tutte le soluzioni. La quantità di elettricità che attraversa un elettrolita, e quindi la sua conducibilità,
dipende dal prodotto tra numero di ioni per la carica di ogni ione e per la velocità di
migrazione attuale. Dato che la carica totale è la stessa in ogni caso, la conducibilità equivalente di
un elettrolita a diluizione infinita può dipendere soltanto dalla velocità di migrazione, ed alla
differenza di tali velocità sono dovuti i differenti valori di Λ°. Ponendo u + e u-, le velocità di
migrazione rispettivamente del catione e dell'anione, sotto il gradiente di potenziale (E) di 1 V/cm,
la conducibilità equivalente a diluizione infinita deve essere proporzionale alla somma delle
velocità di migrazione delle due specie ioniche, per cui:

Λ° = k (u+ +u-) = ku+ + ku- = λ°+ + λ°- in cui k è la stessa per tutti gli elettroliti

Data la legge di indipendenza del moto degli ioni, dovrà essere: λ°+ = k u°+ ; λ°- = k u°- in sintesi:
λ°± = k u°± = F u°±
Si può dimostrare che le mobilità ioniche sono proporzionali alle velocità di migrazione e la
costante di proporzionalità è il Faraday.
Se si tiene anche conto del fattore di dissociazione α:

Λe = α F(u+ + u-)

Combinando le due ultime equazioni, si ottiene:

Λe = α (λ°+ + λ°-)

CALCOLO DEL GRADO DI DISSOCIAZIONE E DELLA COSTANTE DI


IONIZZAZIONE DEGLI ELETTROLITI DEBOLI

Quando tutti gli ioni, che possono essere forniti da 1 equivalente di elettrolita, partecipano alla
conduzione dell'elettricità, la conducibilità equivalente è: Λ0 = F(u+ + u-), tale condizione è

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realizzabile solo a diluizioni estreme. Sviluppando la teoria della dissociazione ionica, Arrhenius
suppose che a concentrazione finite soltanto la frazione α di 1 equivalente fosse dissociata in ioni e,
se le velocità degli ioni sono costanti, si avrà:
Λe = α F (u+ + u-)

quando α = 1: Λ0 = F (u+ + u-) e, se le velocità ioniche sono costanti,

Λe/Λ0 = α F (u+ + u-) / F (u+ + u-) = α

Il rapporto Λe/Λ0 esprime un valore proporzionale al grado di dissociazione (che è detto anche
coefficiente di conducibilità). In base a questa equazione è possibile calcolare la costante di
ionizzazione di un elettrolita debole in soluzione acquosa

Considerando l’elettrolita debole AB in soluzione acquosa diluita:

AB ↔ A+ + B-

Indicando con α il grado di dissociazione e con C la concentrazione molare dell’elettrolita, quando


la ionizzazione raggiunge l’equilibrio:
[AB]eq = C(1-α)
[A+]eq = αC
[B+]eq = αC
[A+][B-]
Kc=
[AB]

αC αC
Kc=
C(1-α)

α2
Kc= C
1-α
Λe
Sostituendo ad α =
Λ0
Si ottiene:

Λe2C
KC =
Λ0 (Λ0 – Λe)

Questa relazione è nota come equazione di Ostwald che permette di calcolare, a una data
temperatura, la costante di ionizzazione di un elettrolita debole in soluzione acquosa, se è nota la
sua conduttanza equivalente e la sua conduttanza equivalente a diluizione infinita alla stessa
temperatura.

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EQUAZIONE DI OSANGER

E’ difficile ricavare graficamente il valore di Λ0 dalla curva Λe/normalità, perché si tratta di


estrapolare l’intercetta della curva sperimentale con l’asse delle ordinate. E’ invece utile a tal scopo
l’equazione di Onsager

Λe = Λ° - (A + BΛ°)√N

dove A è un fattore che tiene conto dell'effetto elettroforetico, mentre B è un fattore associato al
tempo di rilassamento.
Ad esempio, per l’acqua, a 298 K:
A = 1918 /2 F [S x cm3/2 x mol3/2] e B = 7,273 [cm3/2 x mol ½]
L’equazione è l’equazione di una retta (Λ0 vs √N) e Λ0 è l’ordinata all’origine della retta. Perciò
risulta facile estrapolare con precisione il valore di Λ0 da un grafico di questo tipo.

NUMERO DI TRASPORTO

Il numero di trasporto (t±) è la quantità di carica trasportata in soluzione da un determinato tipo di


ione in soluzione quando la soluzione è sottoposta ad un gradiente di potenziale di 1V per cm.
Il numero di trasporto di uno ione dipende dalla mobilità dello ione cui si riferisce:
u+ u-
t+ = t- =
u+ + u- u+ + u-
dove (t+ e t-) =1

considerando che Λ0 = λ0+ + λ0- e che: λ0±=Fu± l’equazione relativa al catione diventa:
λ0+ λ0+
t+ = =
λ + + λ0-
0
Λ0
Con questa equazione si può risalire al valore di λ0+ se si conosce il valore di t+ che può essere
determinato ad esempio in base alla diversa velocità con cui gli ioni raggiungono gli elettrodi di
una cella elettrolitica.
Con l’eccezione degli ioni H+ e OH-, i valori dei numeri di trasporto sono molto simili tra loro
perchè sono simili i valori di λ0. Infatti, a parità di carica, le dimensioni degli ioni, fra loro anche
molto diverse, sono compensate dal diverso grado di idratazione; cioè i raggi degli ioni idratati sono
molto simili tra loro, anche se i rispettivi raggi ionici sono diversi tra loro. L’eccezionale mobilità
degli ioni H+ e OH- si pensa sia dovuta ad una sorta di meccanismo a catena per cui lo ione quando
si sposta in un campo elettrico e urta una molecola d’acqua, provoca il rilascio di un altro ione H +
da parte di una molecola più distante.

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INFLUENZA DELLA TEMPERATURA, DELLA VISCOSITA’ E DELLA COSTANTE
DIELETTRICA SULLA CONDUCIBILITA’ EQUIVALENTE A DILUIZIONE INFINITA

Temperatura: la conducibilità equivalente a diluizione infinita aumenta col crescere della


temperatura secondo la relazione: Λ0t = Λ25[1 + β (t - 25)] in cui β è una costante per ogni
temperatura, detto coefficiente termico = 1/ Λ dΛ / dt
Se dt = 1, si ha che la variazione relativa di Λ è 0,02-0,025, cioè all'aumento di 1°, Λ aumenta del 2-
2,5%.
Ciò è dovuto al fatto che con l'aumento di T, diminuisce la viscosità della soluzione e varia la
concentrazione ionica che dipende dagli equilibri di dissociazione, di complessazione, di
solvatazione.

Viscosità: se la dimensione di uno ione è indipendente dalla natura del solvente, si può applicare la
legge di Stokes (“uno ione che si muove in un mezzo di viscosità η incontra una resistenza R
proporzionale a η , alla velocità v e al raggio dello ione”): R = 6 π η v r
Se lo ione (a simmetria sferica) si muove in un campo elettrico determinato, all'inizio il suo moto è
uniformemente accelerato, poi quando la forza del campo uguaglia la resistenza del mezzo, il
moto diventa uniforme.
All'equilibrio: R = 6 π η v r = F
η v = F / 6 π r = cost. essendo F e 6 π r costanti.
Per soluzioni diluite: v = f (Λ0) e perciò: Λ0 η = cost ( Equazione di Walden)
Questa regola, dedotta empiricamente da Walden, è solo grossolanamente approssimativa in quanto
è condizionata in larga misura dalla supposta invarianza delle dimensioni degli ioni solvatati.

Movimento lento che decresce all’aumentare della viscosità del solvente.


La mobilità:
• cala all’aumentare della viscosità del solvente
• cala all’aumentare del raggio ionico SOLVATATO (Cs+ < Rb+ < K+ < Na+ < Li+)

Costante dielettrica (polarità del solvente): dalla legge di Coulomb: F = q1 q2 / ε r2 si desume che
le forze attrattive tra gli ioni in soluzione, a parità di carica e di distanze, dipendono dalla costante
dielettrica del solvente. Per es: ε per H2O = 80, quindi gli ioni in acqua interagiscono con una forza
80 volte inferiore che se fossero nel vuoto. Maggiore è ε e meno sensibile è la forza di attrazione,
ossia maggiore è il potere dissociante.

Lo ione H+ ha una mobilità ionica elevata, non tanto perché ha piccole dimensioni e, quindi,
incontra minore resistenza, ma a causa del particolare meccanismo di trasporto a cui in acqua tale
ione è interessato: lo ione H+ subisce una sorta di effetto rimbalzo per cui, sotto l'influenza del
campo elettrico, si muove e urta contro la molecola d'acqua vicina provocando il rilascio di un altro
H+ molto più lontano (come già spiegato prima).

(Come nel biliardo)

14
CONDUTTIMETRI

Quelli moderni (conduttimetri elettronici) effettuano misure in condizioni di correnti bassissime e


risultano molto utili nelle titolazioni
La cella conduttometrica può avere forme diverse a seconda delle soluzioni che si vogliono
analizzare; di solito è formata da un tubo di vetro, aperto nella parte inferiore, in cui sono
posizionati 2 elettrodi di Pt cui viene applicata una tensione alternata.
Si tratta di celle a funzionamento amperometrico, in quanto i valori di conduttanza derivano da
misure di corrente elettrica.
Gli elettrodi sono in genere costituiti da sottili lamine di platino ricoperte, per elettrodeposizione, di
uno strato di nero di platino (platino platinato). Tale strato, molto spugnoso, permette di diminuire
la cosiddetta resistenza di contatto, aumentando di centinaia di volte la superficie di contatto
elettrodo-soluzione, senza modificare le dimensioni della cella.
I due elettrodi hanno una sezione di 1 cm 2 e sono distanti 1 cm, anche se col tempo tendono a
deformarsi; il rapporto l/S è detto costante di cella K (dove S è la sezione ed l è la distanza) e deve
essere controllato periodicamente, poiché K = 1 cm -1 solo in teoria. Quando lo strato di ”nero di
platino” si deteriora o si stacca, si deve procedere alla “riplatinatura” della cella: si ripuliscono del
tutto le placchette immergendole in miscela cromica, quindi si ripristina lo strato di platino
spugnoso collegando, uno alla volta, i due elettrodi della cella ad una sorgente di c.c. e facendo
avvenire una elettrodeposizione da una soluzione di H2PtCl6
L’efficienza di una cella conduttimetrica è legata quindi all’efficienza dello strato di platino.
I fenomeni che causano l’inefficienza dello strato di nero platino sono:
1. Depositi di sostanze grasse. Occorre lavare le celle con acetone o etanolo più volte e
risciacquare ripetutamente con acqua distillata. Non si deve assolutamente tentare di pulire
la superficie degli elettrodi con mezzi meccanici.
2. Incrostazioni di sali. Il problema più grosso è rappresentato dai carbonati, che si possono
eliminare mediante lavaggi con HNO3 0,1N. E’ sconsigliabile l’uso di HCl perché questo
acido può causare il deterioramento del platino a causa della formazione di acido
esacloroplatinico.
3. Distacco del nero di platino. Se succede occorre effettuare una nuova platinatura.

Per evitare di incorrere nelle condizioni sopra riportate occorre:

a) Conservare le celle sempre immerse in acqua distillata. Se gli elettrodi non si bagnassero bene
(perché rimasti troppo tempo a secco), si può eliminare l’inconveniente risciacquandoli prima
con etanolo.
b) Dopo l’impiego lavare con etanolo o acetone e risciacquare più volte con acqua distillata.
c) Se si sono formate incrostazioni di sali o si è lavorato in presenza di carbonati, lavare con HNO 3
0,1N. Dopo un’analisi argentometrica, lavare con ammoniaca.
d) Controllare ogni volta lo stato del nero di platino: se qualche frammento si è staccato occorre
ricontrollare la costante di cella.

Le celle devono essere scelte in base al tipo di analisi che andiamo ad eseguire.
Esistono vari tipi di celle: quelle più diffuse sono ad immersione, con costante di cella compresa
tra 0,1 a 10 cm.

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Criteri di scelta della cella conduttimetrica:

In linea di massima per soluzioni a bassa conducibilità (solventi organici, acqua distillata) sarà
necessaria una cella a costante K elevata (10 cm). Viceversa, per soluzioni molto saline occorrerà
una cella a K bassa (0,05-0,1 cm). Nella grande maggioranza delle titolazioni, nelle quali si opera
con soluzioni diluite (ma non troppo), la costante di cella più adatta è quella da 1 cm.

Apparecchiature ed aspetti strumentali

Una cella conduttimetrica equivale ad un'impedenza costituita da una resistenza R in serie ad una
capacita' C (condensatore)

[L’impedenza molto spesso viene confusa con la resistenza nel senso stretto della parola. La
resistenza al passaggio di correnti continue può essere realizzata in un solo modo, e questo è il
compito dei componenti noti come “resistenze”, che assorbono una certa quantità di potenza che
viene ceduta all'ambiente sotto forma di calore. Nel caso delle correnti alternate si possono
impiegare oltre alle resistenze, altri tipi di "ostacolo" noti con il nome di reattanze che, a differenza
delle prime, hanno la particolarità di non dissipare potenza; ciò significa che non alterano la potenza
elettrica che circola in esse. L' impedenza, pertanto, è il risultato tra: resistenza e reattanze e si
misura in Ohm. Esistono due tipi di reattanze: la reattanza induttiva e la reattanza capacitiva.
La prima è l'opposizione che una bobina offre alla circolazione di una corrente alternata e il suo
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valore dipende dalla frequenza della corrente e da un altro fattore che si chiama induttanza che
dipende a sua volta dal numero di spire della bobina e dal materiale impiegato per il nucleo]

Il rapporto costante tra la carica Q che si accumula sulle piastre e la differenza di potenziale ΔV tra
di esse si chiama capacità del condensatore.
C = Q / ΔV
La capacità si misura in farad (simbolo F) F = C / V
Se la tensione applicata agli elettrodi è continua e supera il valore della tensione di decomposizione
limite, la cella è attraversata da una corrente I, dovuta alla migrazione ed alla scarica degli ioni sugli
elettrodi (fenomeni elettrolitici)
La deposizione degli ioni sugli elettrodi altera la superficie e la natura chimica di questi generando
una Ep (f.e.m. di polarizzazione) di segno opposto alla f.e.m. applicata (E)
Dato che la Ep può ostacolare fortemente la misura di R tale fenomeno può essere limitato
adoperando elettrodi non polarizzabili costituiti da lamine di Pt ricoperte di nero di platino, in modo
da aumentare la superficie esposta dell’elettrodo; le lamine sono protette da tubi di vetro che
permettono comunque il passaggio degli ioni in soluzione verso gli elettrodi.
Tale fenomeno può comunque essere limitato adoperando corrente alternata invece della corrente
continua. Per effettuare misure di resistenza di soluzioni elettrolitiche non è perciò possibile usare
corrente continua, bensì si dovrà usare corrente alternata di frequenza sufficientemente elevata
(1.000/2.000 Hz).
La validità della legge di Ohm in c.a. è accettabile anche se, in realtà, oltre alla dissipazione di
energia elettrica per effetto Joule, esiste una dissipazione di Energia dovuta al fatto che ad ogni
inversione di segno corrisponde un’inversione nell’orientamento delle molecole di acqua dipolari
presenti all’interfase elettrodo – soluzione. Tale dissipazione è trascurabile nelle usuali misure di
Resistenza di soluzioni elettrolitiche.
Le rapidissime inversioni di polarità nel tempo, riducono i tempi di elettrolisi portando praticamente
a zero la tensione di polarizzazione.
Lavorando in corrente alternata non si misura più la resistenza della soluzione, bensì l’impedenza
Z, che è data è data dall’espressione:

Z=
dove
� = frequenza di esercizio della corrente
C = capacità del circuito

Il rapporto 1/ω2C2 è legato alla definizione di reattanza di una corrente alternata [La corrente
elettrica, che un condensatore fa scorrere nel circuito in cui è inserito, può essere valutata se si tiene
conto di una importante grandezza fisica che, in buona parte, qualifica la possibilità di
comportamento di questo componente. E questa va identificata in quella forma di resistenza, che
nulla ha a che vedere con la ben nota resistenza elettrica dei conduttori, la quale favorisce più o
meno il flusso delle correnti alternate. Tale entità prende il nome di reattanza capacitiva e si
indica, normalmente, con la sigla Xc. Ma che cos'è in realtà questa reattanza capacitiva? Per
reattanza di un condensatore si intende la misura dell'impedimento che il componente oppone al
passaggio della corrente, allorché sui suoi terminali è applicata una tensione alternata e si esprime
con la formula Xc = 1 / (2 π ω C) Tale formula esprime un concetto molto importante, quello per
cui la reattanza capacitiva è inversamente proporzionale alla frequenza. Ciò significa che,
aumentando il valore della frequenza della corrente alternata, il rapporto diventa sempre più
piccolo]

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Per la precisione della nostra misura il valore dell’impedenza dovrà essere il più vicino possibile a
R, il che si ottiene facendo tendere a zero il secondo termine sotto radice. Il risultato si ottiene
sperimentalmente con l’uso di frequenze elevate o di capacità elevare.
Quindi a rigore lo strumento fornisce una ammettenza (A) invece che una conduttanza (A=1/Z)

Lo schema classico del conduttimetro è basato su di un circuito elettrico detto ponte di


Kohlrausch, schematizzato di seguito. Si tratta di una versione modificata del ponte di Wheatstone,
alimentato in corrente alternata (a circa 1.000-2000 Hz) e ad una tensione di 200V, prodotte
dall'alimentatore A; si utilizza una tensione alternata per non provocare elettrolisi sugli elettrodi, ma
semplice migrazione degli ioni, che modifica continuamente il senso a causa dell'alternanza di
polarità degli elettrodi. Sono presenti nel circuito una resistenza nota R1 e la cella di misura, avente
resistenza incognita Rx; mediante un cursore mobile che scorre sul filo AB calibro, cioè a sezione
costante, si cerca la posizione che annulla il passaggio di corrente sul galvanometro G. Quando si
trova la posizione in cui nel galvanometro non passa corrente vale la relazione:

I moderni dispositivi, invece, sfruttano la capacità dei cosiddetti amplificatori operazionali, i quali
sono in grado di lavorare con correnti bassissime e perciò rendono non necessario il metodo del
bilanciamento (tipico del ponte di Wheastone) in quanto la corrente che attraversa la cella è
praticamente nulla. Essi determinano direttamente la resistenza ohmica della soluzione R (e
quindi il suo inverso, la conduttanza Λ) nel modo concettualmente più semplice, cioè mandando
una tensione costante e nota con precisione, e rilevando le microcorrenti che circolano nel circuito
in cui l’unica resistenza è costituita dalla cella conduttometrica immersa nella soluzione
elettrolitica, cosa possibile perché contemporaneamente si riesce a minimizzare l’effetto delle
componenti capacitive del sistema.

Inoltre i conduttimetri moderni di routine:


• Permettono l’impostazione della costante di cella, con la quale lo strumento calcola e
fornisce direttamente la conduttività
• Permettono la correzione della misura riportandola dalla temperatura attuale ad una
temperatura di riferimento
• Hanno sul retro una uscita che fornisce una differenza di potenziale adatta per riplatinare la
cella di misura.

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Nella fig. 3 si riporta uno schema a blocchi di un conduttimetro a lettura diretta. Se il conduttimetro
è provvisto del dispositivo di regolazione continua del valore della costante di cella K, basta
impostare tale valore se è noto: sul display si leggeranno direttamente i valori di conduttività.

Oscillatore di frequenza: si incarica di fornire la cella di corrente alternata alla frequenza


opportuna a seconda della conducibilità da leggere;
Cella conduttimetrica;
Convertitore ohm / siemens con moltiplicatore di scala a basso rumore di fondo;
Raddrizzatore che trasforma la corrente alternata in corrente continua, con connettore, K, per la
costante di cella, questo facilita il funzionamento dello strumento indicatore su cui si leggono
direttamente Λ o χ
Comando per la costante di cella: occorre impostare il valore di K per leggere in uscita dallo
strumento il valore della conducibilità specifica, χ;
Compensatore di temperatura: si devono impostare i valori della Temperatura della soluzione
(Ts), della Temperatura di riferimento (Tr, in genere 18, 20 e 25°C) e del coefficiente di temperatura,
β, che esprime la variazione % della χ per ogni grado centigrado: in questo modo il conduttimetro
fornisce il valore di conducibilità a una T diversa da quella a cui si trova la cella
Voltametro analogico o digitale con relativo quadro su cui si leggono i valori di conducibilità.

MISURA DELLA CONDUCIBILITA‘

Le misure conduttimetriche sono di due tipi:


 misura diretta di conducibilità specifica
 misure indirette (titolazioni e studio della cinetica di reazione)

MISURE DIRETTE

La misura diretta della conducibilità specifica viene effettuata quando si vogliono informazioni
utili sulle caratteristiche della soluzione in esame (ad esempio la concentrazione salina, il grado di
purezza, ecc.). Il controllo della purezza di un’acqua, cioè la verifica che non vi siano sali disciolti,
è di fondamentale importanza in un laboratorio e nell’industria. Inoltre la conducibilità è un
parametro molto usato per controllare il grado di inquinamento, dovuto ad elettroliti, sia di acque di
superficie sia di acque sotterranee.

Determinazione della costante di cella

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La misura della conducibilità presuppone le conoscenze geometriche dell’elettrodo date dal
rapporto s/l, perciò le caratteristiche fisiche delle lamine devono essere standardizzate. Esse, in
genere, hanno una superficie s (in genere 1 cm2) e sono posizionate ad una distanza l (in genere 1
cm) l’una dall’altra. Il rapporto s/l viene indicato con K e denominato costante di cella.
Il valore della K è indicato dal produttore e riportato sulla cella; con il passare del tempo e con
l’uso, per il deterioramento degli elettrodi tale valore può variare, come ovviamente varia se si è
proceduto ad una riplatinatura. E’ perciò opportuno misurare sperimentalmente tale valore.
Nella routine di laboratorio si ridetermina perciò frequentemente la costante di cella, mediante la
misura della conduttanza a temperatura nota di uno standard operativo adatto alla cella da usarsi e di
conduttività nota con precisione.

Per le celle di uso corrente (con costante L/S  1) gli standard correntemente usati sono soluzioni di
KCl 0.1 m o 0.01 m.

Nella definizione di standard si fa uso della molalità (moli soluto/kg solvente) invece della molarità
(moli soluto/dm3 soluzione), a proposito.

Infatti la prima implica di preparare le soluzioni interamente per pesata e quindi


• può raggiungere una precisione molto più elevata;
• a differenza della seconda, non è influenzata dalla temperatura.

Le soluzioni di KCl per la taratura dovrebbero essere preparate utilizzando:


-KCl purissimo per analisi essiccato in stufa (220-240° per almeno 2 ore) e lasciato raffreddare in
essiccatore
-acqua bidistillata o deionizzata bollita di fresco per eliminare la CO 2 e raffreddata in recipiente
protetto con tubo di calce sodata, di conduttività trascurabile a quella della soluzione standard che si
vuole preparare, e comunque 1-2 mS/cm a 25 °C; durante la preparazione non va esposta all’aria
per evitare assorbimento di CO2 ed altre impurezze.

Le soluzioni standard preparate vanno anch’esse protette con tubo a calce sodata e hanno validità
limitata (alcuni mesi).

Per le soluzioni standard KCl 0.1 m e 0.01 m il National Institute of Standards and Technology
USA raccomanda i seguenti valori di conduttività, tabulati in funzione della temperatura

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The values in Table 1 were corrected for the electrolytic conductivity of the solvent, i.e., water in equilibrium with
atmospheric CO2, at the temperature of measurement. The measured conductivities of the solvent are given in the
rightmost column of Table 1. This solvent conductivity is subtracted from the value measured for the test solution (not
shown) to yield the reported conductivity, κ, at the given molality and Celsius temperature

DETERMINAZIONE DEL COEFFICIENTE DI TEMPERATURA

E’ un’operazione indispensabile quando si lavora a temperature diverse da quelle convenzionali. Le


temperature alle quali si effettuano le analisi sono sempre diverse tra loro. Per confrontare vari
valori di χ è quindi necessario riferirli ad una temperatura convenzionale.
In base alle convenzioni internazionali le temperature di riferimento sono 18-20 e 25°C
Per ottenere letture confrontabili si può procedere con due modi diversi:
1-Termostatare la soluzione in analisi con bagni temostatici che abbiano tolleranze inferiori a ±5
°C.
2-Interpolare il valore di χ dopo aver misurato la temperatura della soluzione nel grafico χ/T
Devono essere noti i valori di χ in un intervallo di temperature comprese tra la temperatura di
lavoro e la temperatura di riferimento. L’andamento può essere considerato lineare per intervalli
stretti di valori. Il coefficiente di temperatura β, è dato dalla seguente relazione:
χ2 – χ1 100
β=
T2 –T1 χ1 χ2 – χ1
Esso esprime la variazione percentuale di rispetto a χ1 per ogni grado centigrado.
T2 –T1
β(T2 – T1)
Da questa relazione si ottiene: χ2= χ1+χ1
β 100
E infine χ2 =χ1 1 + (T2-T1)
100

Per piccoli intervalli di temperatura la funzione χ/T ha un andamento quasi lineare e β può essere
considerato costante e rappresenta il coefficiente angolare di una retta

MISURE DIRETTE

Nelle misure indirette (titolazioni) ciò che conta è la variazione della conducibilità, non il suo
valore assoluto. Nelle titolazioni spesso si verifica una apprezzabile variazione del valore della
conducibilità in corrispondenza del punto equivalente la cui determinazione si basa sulla
sostituzione di uno o più ioni con altri di diversa mobilità.
Vantaggi
 È possibile lavorare in presenza di soluzione colorate o opalescenti
 Elimina l’interpretazione soggettiva dell’operatore
 Elevata accuratezza
Si segue la variazione della conduttanza di una soluzione contenente l’analita con il procedere della
titolazione
Questo metodo di analisi è applicabile solo se in corrispondenza del punto di equivalenza si ha una
variazione sufficientemente brusca della conducibilità tale da poter essere apprezzata.
Questo fenomeno si verifica nelle reazioni di neutralizzazione e in molte reazioni di precipitazione
Gli ioni H+ e OH- possiedono Λ molto elevate e non riscontrabili per nessun altro ione
Nelle reazioni di neutralizzazione si ha che
H+ + OH-  H2O
Prima del punto equivalente si ha una considerevole diminuzione della conduttanza per la
scomparsa dalla soluzione della specie titolata (H+ o OH-).

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Dopo il punto equivalente la conduttanza aumenta notevolmente perché gli ioni titolanti aggiunti
rimangono liberi in soluzione. In maniera analoga per le reazione che prevedono la formazione di
precipitati. Il minimo di conduttanza che si osserva in entrambe le reazioni è tanto più evidente
quanto minore è la presenza di ioni estranei che non partecipano alla reazione.
In queste misure non occorre conoscere il valore della costante di cella K. Non serve infatti il valore
esatto della conduttanza ma solo le sue variazioni che si registrano in seguito all’aggiunta di un
reattivo titolante. .
Da un punto di vista pratico una titolazione conduttimetrica si esegue predisponendo le
apparecchiature necessarie come riportato schematicamente in fig.
Poichè la Λ di una soluzione varia al variare della diluizione, se i volumi di titolante aggiunti sono
molto piccoli rispetto al volume iniziale della soluzione, gli errori di misura (in difetto) della
conduttività risultano trascurabili. Se invece il volume totale aumenta, durante la titolazione, in
modo percentualmente rilevante è necessario apportare, per ogni aggiunta di un volume v di
titolante, una correzione alle letture:
Ccorretta = Cmisurata f dove f = V + v /V

V = volume della soluzione prima dell’ultima aggiunta v


In genere è sufficiente utilizzare soluzioni titolanti molto più concentrate delle soluzioni da titolare
e burette con divisioni da 1/20 di ml in modo che il volume totale di titolante aggiunto, sia alla fine
della titolazione, molto piccolo rispetto a quello della soluzione da titolare. Registrando i valori di
conduttanza misurati dopo ogni aggiunta di titolante si possono costruire dei grafici (curve di
titolazione) di C = f (V di titolante aggiunto).

1. Conduttimetro digitale a lettura diretta


2. Cella conduttimetrica a immersione
3. Sonda termometrica (Pt)
4. Buretta
5. Agitatore magnetico
6. Ancoretta magnetica

Schema di un’apparecchiatura di titolazione conduttimetrica


N.B.: altro fattore importante durante una titolazione conduttimetrica è la costanza di temperatura.
Occorre evitare infatti di avere forti differenza di temperatura della soluzione, tra le prime aggiunte
di titolante e le ultime. Se si procede però abbastanza speditamente con la titolazione, le variazioni
di temperatura non sono rilevanti. In caso contrario è necessario raffreddare esternamente la
soluzione.
ESEMPI DI TITOLAZIONI CONDUTTIMETRICHE
a) Titolazioni di acidi forti con basi forti (e viceversa). Nel caso per es. di acidi forti (pK > 1)
titolati con basi forti, l’andamento delle curve di titolazione è quello riportato in figura. Esse
presentano pendenze accentuate perchè gli ioni H+ dell’acido, quasi completamente dissociato, che
hanno valori molto alti di λ°eq, vengono sostituiti in soluzione per es. da ioni Na + la cui λ°eq è
decisamente più bassa; dopo l’equivalenza, l’aggiunta di ioni OH- in eccesso che hanno λ°eq molto
alte, fa risalire rapidamente la conduttanza. Le curve presentano inoltre una V stretta in
corrispondenza del punto equivalente poichè il sale che si forma in questi casi, non presenta
fenomeni di idrolisi.

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b) Titolazioni di acidi (o basi) deboli con basi (o acidi) forti. Nel caso per es. della titolazione di
un acido debole con una base forte, l’andamento delle curve è del tipo di quella riportata in fig. 7. In
una prima fase (1), si ha la scomparsa dei pochi ioni H+ dell’acido debole, sostituiti da ioni Na+. La
formazione del sale (completamente dissociato) CH3COO-Na+, fa inoltre retrogradare la
dissociazione dell’acido debole e quindi si osserva un calo di conduttanza. Nella fase (2), l’ulteriore
formazione del sale completamente dissociato, prevale sull’effetto di retrogradazione dell’equilibrio
e quindi la conduttanza aumenta leggermente. Dopo l’equivalenza, la curva si impenna per
l’eccesso di ioni OH- che conducono molto.
Intorno al punto equivalente, la curva presenta un arrotondamento caratteristico dovuto a
fenomenidi idrolisi del sale (CH3COO-Na+).
La titolazione dell’acido debole può essere eseguita
anche usando una base debole (NH3) come titolante.
In questo caso si ottiene una curva di titolazione che
nelle prime due fasi è analoga a quella ottenuta
titolando con una base forte. Dopo il punto
equivalente, l’aggiunta di un eccesso di NH 3 non
modifica la conduttanza della soluzione che rimane
perciò quasi costante; NH3 infatti è una base debole
che, in presenza di grosse quantità di ioni
NH4+derivante dal sale formatosi nelle prime fasi
della titolazione e completamente dissociato, risulta
pressoché indissociata per la retrogradazione del suo
equilibrio di dissociazione.

c) Titolazione di miscele di acidi (acidoforte + acido debole) o di acidi poliprotici con una base
forte
Titolando per es. una miscela di HCl + CH 3 COOH, in una prima fase viene titolato il solo acido
forte poichè in sua presenza l’acido debole risulta completamente indissociato. Quando si arriva al
punto equivalente, inizia a dissociarsi l’acido debole e quindi la curva acquista l’andamento tipico
delle titolazioni di acidi deboli (tratto in leggera salita). Dopo il secondo punto di equivalenza,
l’eccesso di OH- produce un forte aumento di conduttanza (fig. 9). Lo stesso tipo di curva si presenta
nella titolazione di un acido diprotico H2A la cui prima costante è più alta (si comporta alla

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titolazione come un acido di media forza). Una volta neutralizzato il primo protone, si ha un sale
acido HA- che si comporta come una acido debole dando luogo allo stesso tipo di curva di
titolazione.

d)Titolazione di sali di acidi deboli.


Nel caso di un sale di un acido debole ottenuto con una base forte, per es. NaA, la base coniugata A -
ha un valore di pKb alto cioè si tratta di una base debole che può essere titolata con un acido forte
(es.HCl):

Na+ + A- + H + + Cl– Na + + Cl- + HA

Lo ione A- viene quindi sostituito dallo ione Cl - mentre l’acido debole formatosi HA, sarà
indissociato perchè la sua base A- è ancora presente in soluzione, essendo la specie da titolare.
La condizione necessaria per un favorevole esito di questo tipo di titolazioni è che:

K dell’acido debole/ CNaA' ≤ 10-3

Nel caso in cui si tratti di una sale di un acido diprotico, tipo Na 2A, si potranno avere due distinti
punti di equivalenza se si verifica la condizione: Ka1 / Ka2 = 105.

e) Titolazioni di precipitazione e di complessazione

Entrambe queste tecniche si basano su variazioni delle conduttanze delle soluzioni analizzate, in
seguito all’allontanamento di una specie ionica per precipitazione o complessazione. Nel caso di
reazioni di precipitazione, la condizione necessaria per avere buone curve di titolazione è:

Kps( composto precipitato) / Ctitolante≤10-6

Le titolazioni conduttometriche di complessazione si possono attuare solo se i complessi formati


sono altamente stabili (Kformazione molto alti). Così per es. le titolazioni di complessazione di ioni
metallici con EDTA possono essere eseguite anche conduttimetricamente.

Determinazione dei Vequivalenti


Una volta costruite le curve di titolazione con i dati rilevati, i Veq possono essere determinati in due
modi:
·graficamente: poichè in corrispondenza dei punti equivalenti si verificano in genere arrotondamenti
delle curve di titolazione, occorre interpolare graficamente i punti sperimentali rilevati, prima e
dopo il punto equivalente, mediante rette che opportunamente prolungate, si intersecano in un punto
la cui ascissa rappresenta il Veq cercato
· matematicamente: escludendo alcuni punti sperimentali rilevati in prossimità del punto
equivalente (zona degli arrotondamenti), si calcolano al computer, con i punti sperimentali
rimanenti e utilizzando un comune programma di statistica o un foglio elettronico, le equazioni
delle due rette di regressione (prima e dopo la variazione netta di pendenza) che ottimizzano i punti
sperimentali. Le equazioni di tali rette si calcolano applicando il metodo matematico dei “minimi
quadrati”. Risolvendo poi il sistema tra le equazioni delle due rette, si ricava il valore V dell’ascissa
del punto di intersezione tra le due rette, che rappresenta appunto il V eq . Un esempio di questo
metodo è schematizzato in figura

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y1 = -bx + a
y2 = b’x + a’ y 1 = y2
b’x + a’ = - bx + a
x = a - a’ / b’ + b
(x = Veq)

Applicazioni all’analisi ambientale


Le più importanti applicazioni analitiche conduttimetriche, limitatamente al settore ambientale,
sono:
· contenuto di sali disciolti (conduttività χ) nelle acque destinate all’alimentazione umana
· controllo automatico in continuo del grado di inquinamento di acque superficiali (fiumi, laghi,
ecc)
· controllo acque di falda
· controllo della salinità delle acque marine
· titolazioni acido-base a controllo conduttimetrico
· titolazione conduttimetrica di precipitazione dei cloruri nelle acque
· titolazioni conduttimetriche redox
· determinazione conduttimetrica dell’alcalinità totale in un’acqua

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