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Un conduttore è una sostanza in cui una carica può scorrere facilmente. Si dice che un
conduttore è attraversato da una corrente elettrica quando al suo interno vi è una migrazione di
particelle cariche. La dinamica delle particelle elettriche implica la presenza di un campo di forze
di natura elettrica. I metalli (in particolare oro e argento) sono ottimi conduttori di
corrente e possiedono una struttura cristallina. Durante la formazione del
cristallo, è fornita l’energia necessaria per liberare elettroni di valenza, uno
o due per atomo. Tutti gli altri elettroni rimangono ancorati ai rispettivi nuclei,
per formare complessivamente degli ioni, che oscillano attorno alla loro
posizione di equilibrio con ampiezza crescente al crescere della temperatura.
Il modello elaborato per i conduttori metallici è detto ad “elettroni liberi”.
Ipotizza, appunto, elettroni di valenza non più legati ad un singolo atomo, ma
condivisi in una nube elettronica. Il moto degli elettroni liberi può essere:
disordinato, analogamente all’agitazione termica dei gas, quando il
conduttore non è soggetto ad un campo elettrico.
ordinato in direzione e verso, in sovrapposizione al moto disordinato,
quando il conduttore
è soggetto cioè all’azione dinamica di un campo di forze elettrico (movimento
degli elettroni nelle bande di conduzione).
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Oltre al meccanismo di conduzione della corrente elettrica, le classi di
conduttori presentano altre notevoli differenze.
Per i conduttori di prima classe, con l’aumentare della temperatura
diminuisce la capacità di condurre la corrente la corrente elettrica,
mentre, per i conduttori di seconda classe, la capacità di condurre la
corrente elettrica aumenta in genere con l’aumento della
temperatura. Questo perché nei metalli con l’aumentare della
temperatura aumentano i moti di oscillazione degli ioni del metallo nel
reticolo cristallino con effetto frenante al libero flusso degli elettroni
di conduzione, invece nei conduttori di seconda specie, poichè la conduzione
della corrente è dovuta al movimento di ioni, l’amento della temperatura
provoca un aumento della loro energia cinetica e quindi della loro
velocità.
Mentre per i conduttori di prima classe percorsi da corrente elettrica
continua è valida la prima legge di Ohm (V=RI), per quelli di seconda classe
la legge non è di validità generale.
La conduttimetria si basa sulla misura della conducibilità elettrica di una soluzione di elettrolita e/o
della sua variazione al variare del tipo o della concentrazione delle specie ioniche presenti in
soluzione. La conducibilità elettrica è un parametro misurato di routine per valutare il contenuto
totale di ioni, e quindi di sali disciolti e/o di acidi e basi, del campione; non dà informazioni sul
tipo di ioni. Le sue applicazioni: in industria per il controllo della purezza di acque e di solventi
organici, in laboratorio durante studi teorici, ad es. per determinare la costante di dissociazione e il
prodotto di solubilità di specie chimiche.
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R
Ciò significa che una debole resistenza offerta dalla soluzione acquosa di un conduttore ionico è
sinonimo di una sua elevata conduttanza, potremmo quindi definire la conduttanza come la
misura della facilità con la quale una soluzione di elettrolita trasporta la corrente elettrica.
In base alla seconda legge di Ohm la resistenza R che un conduttore oppone al passaggio della
corrente elettrica dipende dalla geometria del conduttore e dalla sua natura fisica, infatti è
direttamente proporzionale alla lunghezza del conduttore l ed inversamente proporzionale alla
sezione S del conduttore
l
R
S
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dove (si legge “ro”) è la resistività (in . m); l è la lunghezza del conduttore (in m); S è l’area
della sezione (in m2). Spesso viene utilizzata l’unità di misura pratica Ω . cm La resistività è
specifica per ogni conduttore.
[l’ohm internazionale è definito come la resistenza a 0°C di una colonna di mercurio di sezione
costante, lunga 106,300 cm, avente massa 14,4521 g]
Inserendo questa equazione nella precedente si ottiene:
1 1 S
l l
S
l’inverso della resistività (1/) è detta conduttività (o conducibilità specifica) e, nel caso
di soluzioni elettrolitiche viene indicata con (si legge “chi”). La conduttanza specifica è molto
utile per studiare le caratteristiche di un conduttore l’equazione precedente, diventa perciò:
S
l
l’unità internazionale di conducibilità elettrica è il Siemens (S): 1S= 1/ (indicato più raramente
con mho, da ohm-1).
Se in quest’ultima relazione poniamo S=1cm2 e l=1cm si ottiene,:
In base alla quale possiamo affermare che la conduttanza specifica di una soluzione χ si
identifica con la conduttanza dovuta agli ioni contenuti nel volume di 1 cm 3. L’unità di misura
per χ è il S/cm
[L’unità Siemens è troppo grande per misurare la conducibilità di soluzioni elettrolitiche e in pratica
si usano i sottomultipli: milli o microsiemens]
La conducibilità elettrica di una soluzione viene misurata con il conduttimetro, collegato alla cella
conduttometrica, che è costituita da due elettrodi, in genere di platino platinato, immersi nella
soluzione in analisi.
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Λ=χ K
Le soluzioni elettrolitiche conducono l’elettricità molto meno dei metalli, ma più dei solventi
organici, che non contengono ioni mobili, e più dell’acqua deionizzata.
I fattori che agiscono sui meccanismi di conduzione, e quindi sul valore della conducibilità
specifica, sono sostanzialmente quattro:
Il trasporto di corrente in soluzione dipende anzitutto dal numero di ioni presenti e quindi dalla
loro concentrazione. La conduttanza specifica è quindi senz’altro collegata al grado di
dissociazione α dell’elettrolita.
Per capire come in effetti vengano influenzate la conducibilità specifica, χ, e la conduttanza, Λ,
dalle concentrazioni, bisogna conoscere quali sono i fattori dai quali χ e Λ dipendono.
χ = n α z F (u- + u+)
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Per uno stesso elettrolita, z, F, u- e u+ sono costanti, per cui: χ = f (n, α) ossia la conducibilità
specifica è funzione del n° di ioni presenti per unità di volume e del grado di dissociazione,
grandezze queste che variano in modo inverso con la diluizione:
χ
α =1
HCl
Andamento di χ in funzione della DILUIZIONE
KCl
CH3COOH
Diluizione 1/C
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Dal lato delle basse concentrazioni le curve sembrano partire dall'origine; in realtà per C=0
(solvente puro), la conducibilità pur essendo piccolissima è diversa da 0.
Per gli elettroliti forti (come NaOH e HCl) la conducibilità specifica aumenta linearmente con la
concentrazione fino a che la soluzione è abbastanza diluita.
Per gli elettroliti deboli (come CH 3COOH o NH3), in soluzioni abbastanza diluite, l’andamento
della conducibilità specifica in funzione della concentrazione è simile a quello degli elettroliti forti,
ma la pendenza è inferiore perché l’effetto dovuto all’aumento di concentrazione viene attenuato
dal minore grado di dissociazione dell’elettrolita.
χ(S/cm)
Concentrazione eq/L
Cariche ioniche
E’ chiaro che uno ione bivalente trasporta, a parità di condizioni, una quantità di carica doppia
rispetto ad uno ione monovalente; perciò la conduttanza specifica aumenta all’aumentare della
carica dello ione.
A parità di intensità del campo elettrico applicato, la velocità di ogni ione dipende dal rapporto
carica/raggio e dalla sua massa, dalle forze di interazione con gli altri ioni e con il solvente ed
anche dalla viscosità del solvente.
Temperatura
Al variare della temperatura variano sia la concentrazione ionica (che dipende dagli equilibri di
dissociazione, di complessazione e di solvatazione di ogni ione in soluzione) sia la velocità con cui
si spostano i singoli ioni (che dipende dalla viscosità del solvente). Di conseguenza la conducibilità
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specifica aumenta di circa l’1-3% per ogni grado di temperatura. (La Pressione influenza molto
poco la viscosità del solvente).
CARICA IONICA
Densità di carica
Effetto di asimmetria
Interazione ione-ione
Effetto elettroforetico
Le interazioni ione-ione sono descritte dalla teoria di Debye-Hückel, che riguarda proprio la
migrazione degli ioni in soluzione per effetto di un campo elettrico. In particolare la teoria mette in
rilievo due effetti:
Effetto di asimmetria: gli ioni in soluzione sono solvatati, cioè circondati da molecole di solvente
e da ioni di carica opposta (atmosfera ionica). Quando viene applicato un campo elettrico si
determina lo spostamento in un senso dello ione centrale e nell'altro dell'atmosfera ionica.
Quest'ultima, perciò, dovrà dissolversi in coda allo ione e riformarsi davanti ad esso: dato che i
fenomeni avvengono in un tempo finito, il baricentro delle cariche elettriche dell'atmosfera ionica
tenderà a restare indietro rispetto allo ione. La carica dell'atmosfera ionica eserciterà così
un'azione frenante (attrazione di tipo elettrostatico) sul movimento dello ione. Il fenomeno
viene chiamato effetto di asimmetria. Il tempo necessario per la riformazione dell’atmosfera
ionica è detto tempo di rilassamento ed ha l’effetto di rallentare il moto dello ione: infatti la
soluzione deve essere sempre elettricamente neutra per cui lo ione non può muoversi liberamente
ma sempre circondato dalla sua atmosfera ionica
D'altro canto gli ioni dell'atmosfera ionica sono anch'essi solvatati per cui il loro movimento
determina un flusso consistente di liquido in senso opposto allo ione. Quest'ultimo perciò si
trova a muoversi contro corrente rispetto all'ambiente che lo circonda, incontrando un'ulteriore
resistenza al proprio moto (effetto elettroforetico).
I due effetti avranno, naturalmente, tanto meno peso quanto più la soluzione sarà diluita. Al limite,
lo ione sarà ostacolato nel suo movimento dalla sola viscosità del solvente
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Tali effetti hanno una diversa influenza per i vari ioni, che quindi migrano con velocità diverse.
La conducibilita' specifica χ è una grandezza che varia sia al variare del grado di dissociazione
dell’elettrolita, sia al variare della sua diluizione e che dipende anche dalla carica degli ioni
presenti in soluzione. Questo rende χ inadatta al confronto fra elettroliti diversi. Perciò è stata
elaborata una definizione della conducibilità che fa riferimento ad una mole di cariche elettriche,
cioè ad un equivalente di elettrolita. Questo nuovo parametro viene chiamato conducibilità
equivalente (Λe) e definito come la conducibilità di una soluzione in cui si trova disciolto un
equivalente di elettrolita, situata fra due elettrodi distanti fra loro un centimetro. Questa
grandezza dipende solo dal grado di dissociazione dell’elettrolita. Essa permette il confronto non
solo tra le proprietà conduttrici di soluzioni di elettroliti diversi, ma anche delle singole specie
ioniche presenti nelle soluzioni.
Dato che una simile condizione sperimentale è praticamente irrealizzabile (per esempio, per
calcolare la Λe di una soluzione 0,01N di un dato elettrolita, corrispondente a 1 equivalente in 100
L, la superficie affacciata dei due elettrodi dovrebbero essere uguale a 10 m 2 se questi distano 1,0
cm l’uno dall’altro), la conduttanza equivalente della soluzione di un elettrolita viene sempre
calcolata indirettamente dal valore della conduttanza specifica. Infatti χ rappresenta la conducibilità
di una soluzione avente il volume di 1 cm3 (elettrodi di 1 cm2, distanti 1 cm)
Si supponga di voler misurare direttamente la conducibilità equivalente di una soluzione 1N di un
elettrolita: per la definizione di conducibilità equivalente la cella deve contenere due elettrodi
ciascuno di 100 cm2 di superfici, posti alla distanza di 1 cm. Possiamo immaginare l’insieme di
questa coppia di elettrodi e della soluzione compresa fra essi, scomposto in 1000 cubetti di 1cm di
lato posti in parallelo, ciascuno dei quali ha una conducibilità numericamente uguale alla
conducibilità specifica e relativa a 1/1000 di equivalente, pertanto la conducibilità equivalente sarà
1000 volte maggiore. Il numero 1000 rappresenta anche, nel caso considerato, il V in mL di
soluzione in cui è sciolto 1 equivalente. Generalizzando ed indicando con N la normalità della
soluzione V=1000/N
Possiamo quindi esprimere la conducibilità equivalente nel seguente modo:
Λe= χ. Ve
-1 -1 3 -1 -1 2 -1
Λe= [Ω cm cm eq ] = [ Ω cm eq ]
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e moltiplicando questa per il volume nel quale è contenuto 1 equivalente di elettrolita, V e,
espresso in cm3 (o ml), otteniamo la conducibilità di una soluzione nella quale è presente un
equivalente di elettrolita, Λe.
1000
Quindi: e C
eq
Se riportiamo in un grafico i dati relativi alla conduttanza equivalente delle soluzioni di elettroliti
diversi in funzione della diluizione, si ottengono delle curve Λe = f(1/C), il cui andamento tende
asintoticamente ad un valore limite, rivelando che Λe aumenta con la diluizione fino ad un
determinato valore, variabile da elettrolita a elettrolita, che rappresenta la conduttanza
equivalente dell'elettrolita considerato a diluizione infinita, Λ0, valore che rimane costante nel
campo delle bassissime concentrazioni. A diluizione infinita, la dissociazione è sicuramente totale
e quindi α = 1. Mentre per gli elettroliti forti, Λ0 (per α = 1) viene raggiunto a piccole diluizioni (si
può perciò calcolare graficamente Λ0) e l’aumento della conduttanza dipende dalla diminuzione
dell’interazioni tra ioni, che si muovono quindi sempre più liberamente, per gli elettroliti deboli,
tipo CH3COOH, il valore limite Λ0 viene raggiunto solo a diluizione ∞, rendendo impossibile la
determinazione grafica di Λ0.
Λ0 di HCl risulta più elevato di Λ0 di KCl e di Λ0 di CH3COOH pur essendo il n° di ioni uguali per
tutti e tre a dissociazione completa, in quanto la mobilità ionica di H + e Cl- è maggiore di quella di
K+ e Cl- e di CH3COO- e H+.
a 25°C: Λ0
Λ 0
Λ0
In base a queste osservazioni Kohlrausch formulò nel 1900 la sua legge di migrazione indipendente
NaCl Na
Cl
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la sommatoria è estesa a tutte le specie ioniche presenti in soluzione. Ad esempio, per una soluzione
infinitamente diluita contenente NaCl, MgSO4 e CaCl2 , si ha:
Ogni ione, sotto un dato campo elettrico, presenta una sua caratteristica velocità di migrazione che
non è influenzata dall'altro ione costituente l'elettrolita: ogni ione, cioè, contribuisce alla
conducibilità totale in una misura fissa che gli è caratteristica, proporzionale alla sua velocità di
migrazione [mobilità (u) è la velocità di migrazione (in cm/sec) in un gradiente di campo elettrico
unitario (1 volt/cm)]. Conoscendo λ°+ + λ°- si può arrivare a calcolare Λ0 di un elettrolita ionogeno il
cui valore non si può ottenere graficamente.
Per es: λ°H+ = 349,8 ; λ°CH3COO- = 40,9 λ°CH3COOH = 349,8 + 40,9 = 390,7
A diluizione infinita tutti gli ioni componenti un elettrolita partecipano al processo della
conduzione. Di conseguenza ogni soluzione contenente 1 grammoequivalente di elettroliti differenti
contiene, a diluizione infinita, numeri equivalenti di ioni, cioè la carica ionica totale è la stessa per
tutte le soluzioni. La quantità di elettricità che attraversa un elettrolita, e quindi la sua conducibilità,
dipende dal prodotto tra numero di ioni per la carica di ogni ione e per la velocità di
migrazione attuale. Dato che la carica totale è la stessa in ogni caso, la conducibilità equivalente di
un elettrolita a diluizione infinita può dipendere soltanto dalla velocità di migrazione, ed alla
differenza di tali velocità sono dovuti i differenti valori di Λ°. Ponendo u + e u-, le velocità di
migrazione rispettivamente del catione e dell'anione, sotto il gradiente di potenziale (E) di 1 V/cm,
la conducibilità equivalente a diluizione infinita deve essere proporzionale alla somma delle
velocità di migrazione delle due specie ioniche, per cui:
Λ° = k (u+ +u-) = ku+ + ku- = λ°+ + λ°- in cui k è la stessa per tutti gli elettroliti
Data la legge di indipendenza del moto degli ioni, dovrà essere: λ°+ = k u°+ ; λ°- = k u°- in sintesi:
λ°± = k u°± = F u°±
Si può dimostrare che le mobilità ioniche sono proporzionali alle velocità di migrazione e la
costante di proporzionalità è il Faraday.
Se si tiene anche conto del fattore di dissociazione α:
Λe = α F(u+ + u-)
Λe = α (λ°+ + λ°-)
Quando tutti gli ioni, che possono essere forniti da 1 equivalente di elettrolita, partecipano alla
conduzione dell'elettricità, la conducibilità equivalente è: Λ0 = F(u+ + u-), tale condizione è
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realizzabile solo a diluizioni estreme. Sviluppando la teoria della dissociazione ionica, Arrhenius
suppose che a concentrazione finite soltanto la frazione α di 1 equivalente fosse dissociata in ioni e,
se le velocità degli ioni sono costanti, si avrà:
Λe = α F (u+ + u-)
Il rapporto Λe/Λ0 esprime un valore proporzionale al grado di dissociazione (che è detto anche
coefficiente di conducibilità). In base a questa equazione è possibile calcolare la costante di
ionizzazione di un elettrolita debole in soluzione acquosa
AB ↔ A+ + B-
αC αC
Kc=
C(1-α)
α2
Kc= C
1-α
Λe
Sostituendo ad α =
Λ0
Si ottiene:
Λe2C
KC =
Λ0 (Λ0 – Λe)
Questa relazione è nota come equazione di Ostwald che permette di calcolare, a una data
temperatura, la costante di ionizzazione di un elettrolita debole in soluzione acquosa, se è nota la
sua conduttanza equivalente e la sua conduttanza equivalente a diluizione infinita alla stessa
temperatura.
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EQUAZIONE DI OSANGER
Λe = Λ° - (A + BΛ°)√N
dove A è un fattore che tiene conto dell'effetto elettroforetico, mentre B è un fattore associato al
tempo di rilassamento.
Ad esempio, per l’acqua, a 298 K:
A = 1918 /2 F [S x cm3/2 x mol3/2] e B = 7,273 [cm3/2 x mol ½]
L’equazione è l’equazione di una retta (Λ0 vs √N) e Λ0 è l’ordinata all’origine della retta. Perciò
risulta facile estrapolare con precisione il valore di Λ0 da un grafico di questo tipo.
NUMERO DI TRASPORTO
considerando che Λ0 = λ0+ + λ0- e che: λ0±=Fu± l’equazione relativa al catione diventa:
λ0+ λ0+
t+ = =
λ + + λ0-
0
Λ0
Con questa equazione si può risalire al valore di λ0+ se si conosce il valore di t+ che può essere
determinato ad esempio in base alla diversa velocità con cui gli ioni raggiungono gli elettrodi di
una cella elettrolitica.
Con l’eccezione degli ioni H+ e OH-, i valori dei numeri di trasporto sono molto simili tra loro
perchè sono simili i valori di λ0. Infatti, a parità di carica, le dimensioni degli ioni, fra loro anche
molto diverse, sono compensate dal diverso grado di idratazione; cioè i raggi degli ioni idratati sono
molto simili tra loro, anche se i rispettivi raggi ionici sono diversi tra loro. L’eccezionale mobilità
degli ioni H+ e OH- si pensa sia dovuta ad una sorta di meccanismo a catena per cui lo ione quando
si sposta in un campo elettrico e urta una molecola d’acqua, provoca il rilascio di un altro ione H +
da parte di una molecola più distante.
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INFLUENZA DELLA TEMPERATURA, DELLA VISCOSITA’ E DELLA COSTANTE
DIELETTRICA SULLA CONDUCIBILITA’ EQUIVALENTE A DILUIZIONE INFINITA
Viscosità: se la dimensione di uno ione è indipendente dalla natura del solvente, si può applicare la
legge di Stokes (“uno ione che si muove in un mezzo di viscosità η incontra una resistenza R
proporzionale a η , alla velocità v e al raggio dello ione”): R = 6 π η v r
Se lo ione (a simmetria sferica) si muove in un campo elettrico determinato, all'inizio il suo moto è
uniformemente accelerato, poi quando la forza del campo uguaglia la resistenza del mezzo, il
moto diventa uniforme.
All'equilibrio: R = 6 π η v r = F
η v = F / 6 π r = cost. essendo F e 6 π r costanti.
Per soluzioni diluite: v = f (Λ0) e perciò: Λ0 η = cost ( Equazione di Walden)
Questa regola, dedotta empiricamente da Walden, è solo grossolanamente approssimativa in quanto
è condizionata in larga misura dalla supposta invarianza delle dimensioni degli ioni solvatati.
Costante dielettrica (polarità del solvente): dalla legge di Coulomb: F = q1 q2 / ε r2 si desume che
le forze attrattive tra gli ioni in soluzione, a parità di carica e di distanze, dipendono dalla costante
dielettrica del solvente. Per es: ε per H2O = 80, quindi gli ioni in acqua interagiscono con una forza
80 volte inferiore che se fossero nel vuoto. Maggiore è ε e meno sensibile è la forza di attrazione,
ossia maggiore è il potere dissociante.
Lo ione H+ ha una mobilità ionica elevata, non tanto perché ha piccole dimensioni e, quindi,
incontra minore resistenza, ma a causa del particolare meccanismo di trasporto a cui in acqua tale
ione è interessato: lo ione H+ subisce una sorta di effetto rimbalzo per cui, sotto l'influenza del
campo elettrico, si muove e urta contro la molecola d'acqua vicina provocando il rilascio di un altro
H+ molto più lontano (come già spiegato prima).
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CONDUTTIMETRI
a) Conservare le celle sempre immerse in acqua distillata. Se gli elettrodi non si bagnassero bene
(perché rimasti troppo tempo a secco), si può eliminare l’inconveniente risciacquandoli prima
con etanolo.
b) Dopo l’impiego lavare con etanolo o acetone e risciacquare più volte con acqua distillata.
c) Se si sono formate incrostazioni di sali o si è lavorato in presenza di carbonati, lavare con HNO 3
0,1N. Dopo un’analisi argentometrica, lavare con ammoniaca.
d) Controllare ogni volta lo stato del nero di platino: se qualche frammento si è staccato occorre
ricontrollare la costante di cella.
Le celle devono essere scelte in base al tipo di analisi che andiamo ad eseguire.
Esistono vari tipi di celle: quelle più diffuse sono ad immersione, con costante di cella compresa
tra 0,1 a 10 cm.
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Criteri di scelta della cella conduttimetrica:
In linea di massima per soluzioni a bassa conducibilità (solventi organici, acqua distillata) sarà
necessaria una cella a costante K elevata (10 cm). Viceversa, per soluzioni molto saline occorrerà
una cella a K bassa (0,05-0,1 cm). Nella grande maggioranza delle titolazioni, nelle quali si opera
con soluzioni diluite (ma non troppo), la costante di cella più adatta è quella da 1 cm.
Una cella conduttimetrica equivale ad un'impedenza costituita da una resistenza R in serie ad una
capacita' C (condensatore)
[L’impedenza molto spesso viene confusa con la resistenza nel senso stretto della parola. La
resistenza al passaggio di correnti continue può essere realizzata in un solo modo, e questo è il
compito dei componenti noti come “resistenze”, che assorbono una certa quantità di potenza che
viene ceduta all'ambiente sotto forma di calore. Nel caso delle correnti alternate si possono
impiegare oltre alle resistenze, altri tipi di "ostacolo" noti con il nome di reattanze che, a differenza
delle prime, hanno la particolarità di non dissipare potenza; ciò significa che non alterano la potenza
elettrica che circola in esse. L' impedenza, pertanto, è il risultato tra: resistenza e reattanze e si
misura in Ohm. Esistono due tipi di reattanze: la reattanza induttiva e la reattanza capacitiva.
La prima è l'opposizione che una bobina offre alla circolazione di una corrente alternata e il suo
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valore dipende dalla frequenza della corrente e da un altro fattore che si chiama induttanza che
dipende a sua volta dal numero di spire della bobina e dal materiale impiegato per il nucleo]
Il rapporto costante tra la carica Q che si accumula sulle piastre e la differenza di potenziale ΔV tra
di esse si chiama capacità del condensatore.
C = Q / ΔV
La capacità si misura in farad (simbolo F) F = C / V
Se la tensione applicata agli elettrodi è continua e supera il valore della tensione di decomposizione
limite, la cella è attraversata da una corrente I, dovuta alla migrazione ed alla scarica degli ioni sugli
elettrodi (fenomeni elettrolitici)
La deposizione degli ioni sugli elettrodi altera la superficie e la natura chimica di questi generando
una Ep (f.e.m. di polarizzazione) di segno opposto alla f.e.m. applicata (E)
Dato che la Ep può ostacolare fortemente la misura di R tale fenomeno può essere limitato
adoperando elettrodi non polarizzabili costituiti da lamine di Pt ricoperte di nero di platino, in modo
da aumentare la superficie esposta dell’elettrodo; le lamine sono protette da tubi di vetro che
permettono comunque il passaggio degli ioni in soluzione verso gli elettrodi.
Tale fenomeno può comunque essere limitato adoperando corrente alternata invece della corrente
continua. Per effettuare misure di resistenza di soluzioni elettrolitiche non è perciò possibile usare
corrente continua, bensì si dovrà usare corrente alternata di frequenza sufficientemente elevata
(1.000/2.000 Hz).
La validità della legge di Ohm in c.a. è accettabile anche se, in realtà, oltre alla dissipazione di
energia elettrica per effetto Joule, esiste una dissipazione di Energia dovuta al fatto che ad ogni
inversione di segno corrisponde un’inversione nell’orientamento delle molecole di acqua dipolari
presenti all’interfase elettrodo – soluzione. Tale dissipazione è trascurabile nelle usuali misure di
Resistenza di soluzioni elettrolitiche.
Le rapidissime inversioni di polarità nel tempo, riducono i tempi di elettrolisi portando praticamente
a zero la tensione di polarizzazione.
Lavorando in corrente alternata non si misura più la resistenza della soluzione, bensì l’impedenza
Z, che è data è data dall’espressione:
Z=
dove
� = frequenza di esercizio della corrente
C = capacità del circuito
Il rapporto 1/ω2C2 è legato alla definizione di reattanza di una corrente alternata [La corrente
elettrica, che un condensatore fa scorrere nel circuito in cui è inserito, può essere valutata se si tiene
conto di una importante grandezza fisica che, in buona parte, qualifica la possibilità di
comportamento di questo componente. E questa va identificata in quella forma di resistenza, che
nulla ha a che vedere con la ben nota resistenza elettrica dei conduttori, la quale favorisce più o
meno il flusso delle correnti alternate. Tale entità prende il nome di reattanza capacitiva e si
indica, normalmente, con la sigla Xc. Ma che cos'è in realtà questa reattanza capacitiva? Per
reattanza di un condensatore si intende la misura dell'impedimento che il componente oppone al
passaggio della corrente, allorché sui suoi terminali è applicata una tensione alternata e si esprime
con la formula Xc = 1 / (2 π ω C) Tale formula esprime un concetto molto importante, quello per
cui la reattanza capacitiva è inversamente proporzionale alla frequenza. Ciò significa che,
aumentando il valore della frequenza della corrente alternata, il rapporto diventa sempre più
piccolo]
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Per la precisione della nostra misura il valore dell’impedenza dovrà essere il più vicino possibile a
R, il che si ottiene facendo tendere a zero il secondo termine sotto radice. Il risultato si ottiene
sperimentalmente con l’uso di frequenze elevate o di capacità elevare.
Quindi a rigore lo strumento fornisce una ammettenza (A) invece che una conduttanza (A=1/Z)
I moderni dispositivi, invece, sfruttano la capacità dei cosiddetti amplificatori operazionali, i quali
sono in grado di lavorare con correnti bassissime e perciò rendono non necessario il metodo del
bilanciamento (tipico del ponte di Wheastone) in quanto la corrente che attraversa la cella è
praticamente nulla. Essi determinano direttamente la resistenza ohmica della soluzione R (e
quindi il suo inverso, la conduttanza Λ) nel modo concettualmente più semplice, cioè mandando
una tensione costante e nota con precisione, e rilevando le microcorrenti che circolano nel circuito
in cui l’unica resistenza è costituita dalla cella conduttometrica immersa nella soluzione
elettrolitica, cosa possibile perché contemporaneamente si riesce a minimizzare l’effetto delle
componenti capacitive del sistema.
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Nella fig. 3 si riporta uno schema a blocchi di un conduttimetro a lettura diretta. Se il conduttimetro
è provvisto del dispositivo di regolazione continua del valore della costante di cella K, basta
impostare tale valore se è noto: sul display si leggeranno direttamente i valori di conduttività.
MISURE DIRETTE
La misura diretta della conducibilità specifica viene effettuata quando si vogliono informazioni
utili sulle caratteristiche della soluzione in esame (ad esempio la concentrazione salina, il grado di
purezza, ecc.). Il controllo della purezza di un’acqua, cioè la verifica che non vi siano sali disciolti,
è di fondamentale importanza in un laboratorio e nell’industria. Inoltre la conducibilità è un
parametro molto usato per controllare il grado di inquinamento, dovuto ad elettroliti, sia di acque di
superficie sia di acque sotterranee.
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La misura della conducibilità presuppone le conoscenze geometriche dell’elettrodo date dal
rapporto s/l, perciò le caratteristiche fisiche delle lamine devono essere standardizzate. Esse, in
genere, hanno una superficie s (in genere 1 cm2) e sono posizionate ad una distanza l (in genere 1
cm) l’una dall’altra. Il rapporto s/l viene indicato con K e denominato costante di cella.
Il valore della K è indicato dal produttore e riportato sulla cella; con il passare del tempo e con
l’uso, per il deterioramento degli elettrodi tale valore può variare, come ovviamente varia se si è
proceduto ad una riplatinatura. E’ perciò opportuno misurare sperimentalmente tale valore.
Nella routine di laboratorio si ridetermina perciò frequentemente la costante di cella, mediante la
misura della conduttanza a temperatura nota di uno standard operativo adatto alla cella da usarsi e di
conduttività nota con precisione.
Per le celle di uso corrente (con costante L/S 1) gli standard correntemente usati sono soluzioni di
KCl 0.1 m o 0.01 m.
Nella definizione di standard si fa uso della molalità (moli soluto/kg solvente) invece della molarità
(moli soluto/dm3 soluzione), a proposito.
Le soluzioni standard preparate vanno anch’esse protette con tubo a calce sodata e hanno validità
limitata (alcuni mesi).
Per le soluzioni standard KCl 0.1 m e 0.01 m il National Institute of Standards and Technology
USA raccomanda i seguenti valori di conduttività, tabulati in funzione della temperatura
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The values in Table 1 were corrected for the electrolytic conductivity of the solvent, i.e., water in equilibrium with
atmospheric CO2, at the temperature of measurement. The measured conductivities of the solvent are given in the
rightmost column of Table 1. This solvent conductivity is subtracted from the value measured for the test solution (not
shown) to yield the reported conductivity, κ, at the given molality and Celsius temperature
Per piccoli intervalli di temperatura la funzione χ/T ha un andamento quasi lineare e β può essere
considerato costante e rappresenta il coefficiente angolare di una retta
MISURE DIRETTE
Nelle misure indirette (titolazioni) ciò che conta è la variazione della conducibilità, non il suo
valore assoluto. Nelle titolazioni spesso si verifica una apprezzabile variazione del valore della
conducibilità in corrispondenza del punto equivalente la cui determinazione si basa sulla
sostituzione di uno o più ioni con altri di diversa mobilità.
Vantaggi
È possibile lavorare in presenza di soluzione colorate o opalescenti
Elimina l’interpretazione soggettiva dell’operatore
Elevata accuratezza
Si segue la variazione della conduttanza di una soluzione contenente l’analita con il procedere della
titolazione
Questo metodo di analisi è applicabile solo se in corrispondenza del punto di equivalenza si ha una
variazione sufficientemente brusca della conducibilità tale da poter essere apprezzata.
Questo fenomeno si verifica nelle reazioni di neutralizzazione e in molte reazioni di precipitazione
Gli ioni H+ e OH- possiedono Λ molto elevate e non riscontrabili per nessun altro ione
Nelle reazioni di neutralizzazione si ha che
H+ + OH- H2O
Prima del punto equivalente si ha una considerevole diminuzione della conduttanza per la
scomparsa dalla soluzione della specie titolata (H+ o OH-).
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Dopo il punto equivalente la conduttanza aumenta notevolmente perché gli ioni titolanti aggiunti
rimangono liberi in soluzione. In maniera analoga per le reazione che prevedono la formazione di
precipitati. Il minimo di conduttanza che si osserva in entrambe le reazioni è tanto più evidente
quanto minore è la presenza di ioni estranei che non partecipano alla reazione.
In queste misure non occorre conoscere il valore della costante di cella K. Non serve infatti il valore
esatto della conduttanza ma solo le sue variazioni che si registrano in seguito all’aggiunta di un
reattivo titolante. .
Da un punto di vista pratico una titolazione conduttimetrica si esegue predisponendo le
apparecchiature necessarie come riportato schematicamente in fig.
Poichè la Λ di una soluzione varia al variare della diluizione, se i volumi di titolante aggiunti sono
molto piccoli rispetto al volume iniziale della soluzione, gli errori di misura (in difetto) della
conduttività risultano trascurabili. Se invece il volume totale aumenta, durante la titolazione, in
modo percentualmente rilevante è necessario apportare, per ogni aggiunta di un volume v di
titolante, una correzione alle letture:
Ccorretta = Cmisurata f dove f = V + v /V
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b) Titolazioni di acidi (o basi) deboli con basi (o acidi) forti. Nel caso per es. della titolazione di
un acido debole con una base forte, l’andamento delle curve è del tipo di quella riportata in fig. 7. In
una prima fase (1), si ha la scomparsa dei pochi ioni H+ dell’acido debole, sostituiti da ioni Na+. La
formazione del sale (completamente dissociato) CH3COO-Na+, fa inoltre retrogradare la
dissociazione dell’acido debole e quindi si osserva un calo di conduttanza. Nella fase (2), l’ulteriore
formazione del sale completamente dissociato, prevale sull’effetto di retrogradazione dell’equilibrio
e quindi la conduttanza aumenta leggermente. Dopo l’equivalenza, la curva si impenna per
l’eccesso di ioni OH- che conducono molto.
Intorno al punto equivalente, la curva presenta un arrotondamento caratteristico dovuto a
fenomenidi idrolisi del sale (CH3COO-Na+).
La titolazione dell’acido debole può essere eseguita
anche usando una base debole (NH3) come titolante.
In questo caso si ottiene una curva di titolazione che
nelle prime due fasi è analoga a quella ottenuta
titolando con una base forte. Dopo il punto
equivalente, l’aggiunta di un eccesso di NH 3 non
modifica la conduttanza della soluzione che rimane
perciò quasi costante; NH3 infatti è una base debole
che, in presenza di grosse quantità di ioni
NH4+derivante dal sale formatosi nelle prime fasi
della titolazione e completamente dissociato, risulta
pressoché indissociata per la retrogradazione del suo
equilibrio di dissociazione.
c) Titolazione di miscele di acidi (acidoforte + acido debole) o di acidi poliprotici con una base
forte
Titolando per es. una miscela di HCl + CH 3 COOH, in una prima fase viene titolato il solo acido
forte poichè in sua presenza l’acido debole risulta completamente indissociato. Quando si arriva al
punto equivalente, inizia a dissociarsi l’acido debole e quindi la curva acquista l’andamento tipico
delle titolazioni di acidi deboli (tratto in leggera salita). Dopo il secondo punto di equivalenza,
l’eccesso di OH- produce un forte aumento di conduttanza (fig. 9). Lo stesso tipo di curva si presenta
nella titolazione di un acido diprotico H2A la cui prima costante è più alta (si comporta alla
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titolazione come un acido di media forza). Una volta neutralizzato il primo protone, si ha un sale
acido HA- che si comporta come una acido debole dando luogo allo stesso tipo di curva di
titolazione.
Lo ione A- viene quindi sostituito dallo ione Cl - mentre l’acido debole formatosi HA, sarà
indissociato perchè la sua base A- è ancora presente in soluzione, essendo la specie da titolare.
La condizione necessaria per un favorevole esito di questo tipo di titolazioni è che:
Nel caso in cui si tratti di una sale di un acido diprotico, tipo Na 2A, si potranno avere due distinti
punti di equivalenza se si verifica la condizione: Ka1 / Ka2 = 105.
Entrambe queste tecniche si basano su variazioni delle conduttanze delle soluzioni analizzate, in
seguito all’allontanamento di una specie ionica per precipitazione o complessazione. Nel caso di
reazioni di precipitazione, la condizione necessaria per avere buone curve di titolazione è:
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y1 = -bx + a
y2 = b’x + a’ y 1 = y2
b’x + a’ = - bx + a
x = a - a’ / b’ + b
(x = Veq)
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