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22/12/2017 La nave di Teseo, la metafisica degli artefatti e la documentalità

Rivista di estetica
60 | 2015 :
postille a Ferraris

La nave di Teseo, la metafisica


degli artefatti e la documentalità
LUCA ANGELONE
p. 13-20

Abstract
Italiano English
L’articolo affronta la questione della persistenza degli artefatti e propone una soluzione alternativa a
quelle convenzionaliste. Sebbene si riconosca che i criteri di persistenza degli artefatti sono diversi
da quelli adoperati per le entità di genere naturale, si sostiene che questi criteri possono essere fissati
evitando l’introduzione di elementi convenzionali. Al centro di questa proposta, si trova la nozione di
sostituzione prolungante. La cornice di partenza generale è la teoria dei continuanti elaborata da
David Wiggins. Tuttavia, svolgono un ruolo centrale le riflessioni di Maurizio Ferraris a proposito
della documentalità. Queste riflessioni sono utilizzate per precisare la nozione di type artefattuale
che consente di superare il convenzionalismo di Wiggins relativo agli artefatti. Infine, l’efficacia di
questa proposta viene mostrata affrontando uno dei luoghi classici della metafisica degli artefatti, il
rompicapo della nave di Teseo.

This article deals with the question of the persistence of artefacts and offers an alternative solution to
the conventionalist ones. Although it is recognized that the criteria for the persistence of artefacts are
different from those used for entities of natural kind, it is argued that these criteria can be set
avoiding the introduction of conventional elements. At the heart of this proposal there is the notion
of prolonging substitution. The general framework is the theory of continuants developed by David
Wiggins. However, Maurizio Ferraris’ reflections on documentality also play a central role. These
reflections are used to define the concept of artefactual type, which permits to go beyond Wiggins’
conventionalism regarding artefacts. Finally, the effectiveness of this proposal is shown facing one of
the classics of metaphysics artefacts: the riddle of Theseus’ ship.

Termini di indicizzazione
Keywords : ontology, documentality, artefacts, social ontology
Parole chiave : ontologia, documentalità, artefatti, ontologia sociale

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22/12/2017 La nave di Teseo, la metafisica degli artefatti e la documentalità

Testo integrale
1 Per questo breve articolo riprendo gli argomenti affrontati nella mia tesi di laurea scritta
sotto la supervisione di Maurizio Ferraris e con Achille Varzi come correlatore. Al centro
del mio lavoro, si trovava la nave di Teseo considerata come un rompicapo filosofico
relativo alla persistenza nel tempo degli oggetti concreti. Per eliminare gli interrogativi
aperti dal rompicapo, desidero abbozzare una specifica descrizione della persistenza degli
artefatti.
2 Il punto di partenza è rappresentato dalle riflessioni svolte da David Wiggins
relativamente alla persistenza di una vasta gamma di oggetti concreti. Le riflessioni del
filosofo inglese hanno come obiettivo la difesa delle intuizioni del senso comune circa tali
oggetti. La proposta di Wiggins è nota in letteratura come teoria dell’identità sortale1. La
nozione di oggetto concreto propria del senso comune è stata resa maggiormente rigorosa
per mezzo dell’introduzione di una seconda nozione tipica del linguaggio tecnico della
filosofia, quella di continuante.
3 La caratteristica definitoria dei continuanti consiste nell’essere entità che esistono per
intero in ciascun momento della propria esistenza. In questa prospettiva, esiste una
radicale differenza dal punto di vista ontologico tra gli oggetti concreti e gli eventi.
L’importanza di queste particolari entità emerge quando si considera il fatto che, stando a
questa immagine del mondo, i continuanti sono l’elemento fondamentale a partire dal
quale la realtà attorno a noi viene costruita. In ultima analisi, il mondo è costituito da
oggetti individuali che occupano un certo spazio e durano per un certo tempo. Si tratta di
quelle entità cui Maurizio Ferraris si riferisce parlando di entità mesoscopiche di taglia
media, né troppo grandi né troppo piccole2.
4 Nell’elaborazione della descrizione degli artefatti, prendo le distanze da Wiggins
mantenendo tuttavia come obiettivo la difesa di una metafisica dei continuanti. Per
elaborare questa proposta, le riflessioni di Maurizio Ferraris a proposito della
documentalità costituiscono un punto di riferimento fondamentale3. L’abbozzo di
descrizione teorica suggerita per gli artefatti può essere presentata come l’impiego della
teoria della documentalità elaborata da Maurizio Ferraris per arricchire la teoria
dell’identità sortale proposta da Wiggins. Il risultato che spero di ottenere è mostrare come
dalla collaborazione tra l’elaborazione di Wiggins e quella di Maurizio Ferraris possa
emergere una soluzione per il rompicapo della nave di Teseo.

I concetti sortali
5 Secondo Wiggins, la persistenza di gran parte degli oggetti può essere determinata
soltanto assumendo come punto di riferimento la nozione di concetto sortale4. Un concetto
sortale è quella rappresentazione che identifica il genere cui appartiene un oggetto e di
conseguenza inserisce quest’ultimo in una classificazione. In primo luogo, il concetto
sortale fornisce la risposta alla domanda “Che cos’è?”. In secondo luogo, tale concetto
specifica le leggi di azione proprie di ciascun tipo di oggetto a partire dalla quale
determiniamo le possibili trasformazioni dell’oggetto in questione.
6 I concetti sortali svolgono un ruolo decisivo per fondare i nostri giudizi di persistenza
attraverso i cambiamenti e il tempo a proposito di molti oggetti individuali. Stando alla
proposta di Wiggins, non ha senso chiedersi semplicemente se un oggetto persiste dal
momento che, a questa domanda, non è possibile rispondere. La risposta deve
necessariamente far riferimento al concetto sortale che riteniamo idoneo per specificare a
quale sorta appartenga l’oggetto in questione. Per la precisione, chiedersi se qualcosa
persiste implica due passaggi successivi. In un primo momento stabilisco a quale sorta
appartiene l’oggetto. In un secondo momento, mi chiedo se quell’oggetto in quanto
appartiene a una certa sorta di oggetti rimane sempre lo stesso oggetto nonostante i

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cambiamenti. Per esemplificare, prima stabilisco se l’oggetto individuale è un essere
umano, una rana, una farfalla o un abete e in seguito mi chiedo se si tratta dello stesso
essere umano, della stessa rana, della stessa farfalla o dello stesso abete. La sorta funziona
come un punto di riferimento normativo che specifica quali trasformazioni sono
compatibili con la permanenza di quell’oggetto come lo stesso. Per queste ragioni, a
proposito delle proposte di Wiggins, si parla di teoria dell’identità sortale.
7 Stando alle riflessioni di Wiggins, questa impostazione funziona in maniera
soddisfacente quando abbiamo a che fare con oggetti che classifichiamo per mezzo di
concetti di genere naturale. Al contrario, quando prendiamo in esame gli artefatti, i relativi
concetti sortali non rimandano a nulla di analogo a quelle leggi di azione indispensabili per
decidere relativamente alla persistenza. In altre parole, secondo Wiggins, possiamo
classificare gli artefatti in sorte diverse, ma nessuno dei corrispondenti concetti fornisce
quel riferimento nomologico e normativo per decidere della persistenza degli oggetti
appartenenti al gruppo degli artefatti. In conclusione, il concetto non aiuta a identificare
quelle regole che specificano se una trasformazione è compatibile con l’attribuzione della
persistenza.
8 Wiggins sostiene che le nostre riflessioni sulla persistenza degli artefatti e le conclusioni
che traiamo a partire da queste sono dominate da semplici considerazioni pratiche dettate
da interessi specifici attribuibili ai soggetti coinvolti. La conclusione di Wiggins a proposito
della persistenza degli artefatti è avvicinabile alle posizioni convenzionaliste difese per
esempio da Sydney Shoemaker sempre relativamente agli artefatti5 e al
quadridimensionalismo accompagnato dal principio della composizione universale
proposto da Theodore Sider a proposito di una vasta gamma di oggetti6. Il
convenzionalismo è riassumibile nell’affermazione secondo la quale non c’è nessuna
proprietà tra le caratteristiche degli oggetti in grado di fornire un fondamento ai giudizi di
persistenza relativamente agli artefatti. Questi giudizi sono fondati esclusivamente su
convenzioni stipulate implicitamente o esplicitamente e i nostri tentativi di giustificazione
sono in ultima analisi fondati su considerazioni di opportunità presenti nelle riflessioni dei
soggetti coinvolti.
9 Nel paragrafo seguente, mi propongo di presentare un punto di vista in grado di andare
oltre il convenzionalismo di Wiggins, Shoemaker e Sider riguardo della persistenza degli
artefatti. Per superare il convenzionalismo, propongo di articolare una teoria alternativa
specifica per la persistenza degli artefatti. Mi impegno in primo luogo a ridefinire che cosa
voglia dire persistere per un artefatto e, in secondo luogo, a stabilire a quali condizioni è
giustificato affermare che un artefatto persiste attraverso i cambiamenti.

La persistenza degli artefatti


10 Se per gli oggetti classificati grazie a termini di genere naturale persistere implica
l’esistenza dello stesso oggetto numericamente identico in tempi diversi, per gli artefatti,
persistere significa qualcosa di leggermente diverso. Nel processo di ridefinizione della
persistenza degli artefatti, accetto l’affermazione espressa anche dai convenzionalisti
secondo la quale, quando un artefatto subisce un qualunque cambiamento, quell’artefatto
cessa di esistere e nei momenti successivi non esiste nulla di numericamente identico allo
stesso. La persistenza degli artefatti non implica l’esistenza di uno stesso oggetto
numericamente identico in tutti i momenti in cui riteniamo che esso persista.
11 Intendo chiarire la persistenza degli artefatti come una sostituzione prolungante. Stando
a questo punto di vista, la persistenza degli artefatti implica l’esistenza di una certa
sequenza di oggetti numericamente distinti collegati tra loro da relazioni appropriate. In
sintesi, per poter parlare di persistenza di un artefatto, le clausole che devono essere
rispettate sono due, la clausola di prolungamento e la clausola di sostituzione.

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LA CLAUSOLA DI PROLUNGAMENTO: affermiamo che un artefatto persiste se la sequenza di
oggetti è costituita esclusivamente da oggetti esemplificanti lo stesso type
artefattuale.

LA CLAUSOLA DI SOSTITUZIONE: al fine di occupare legittimamente il proprio posto


all’interno della sequenza di oggetti, ciascun oggetto deve essere tale che l’emergere di
esso implichi tassativamente la cessazione dell’esistenza dell’oggetto che precede.

12 Per formulare la clausola di prolungamento ho avuto bisogno di introdurre la nozione di


type artefattuale. Riferimenti ineliminabili per chiarire questa nozione sono la nozione di
concetto sortale di Wiggins e la nozione di documentalità proposta da Maurizio Ferraris7.
13 È importante osservare che la nozione di concetto sortale e quella di type artefattuale
svolgono una funzione analoga nei rispettivi ambiti specifici di appartenenza; la prima
nell’ambito della persistenza degli oggetti di genere naturale, la seconda in quello della
persistenza degli artefatti. In entrambi gli ambiti, i vari type artefattuali e i diversi concetti
sortali forniscono il riferimento nomologico fondamentale per decidere della persistenza
degli individui appartenenti alla categoria. Proprio come i concetti sortali, i type
artefattuali raccolgono per mezzo di una classificazione un insieme di oggetti. Si tratta di
entità ideali e astratte che, a seconda dei punti di vista, sono identificabili sia con gli
universali sia con classi di individui. In quanto entità astratte o ideali, sia i concetti sortali
sia i type si contrappongono a entità individuali: contrapposti ai primi abbiamo i singoli
individui di genere naturale, mentre contrapposti ai secondi abbiamo i token artefattuali, i
singoli concreti artefatti. In tutti i casi, la relazione può essere specificata come
un’esemplificazione tale per cui i singoli individui esemplificano un sortale e i token
artefattuali i corrispondenti type.
14 La principale differenza tra sortali e type artefattuali consiste nella grana con cui la
classificazione viene svolta. I type artefattuali hanno una grana molto più sottile di quella
propria ai concetti sortali. Infatti, se i concetti sortali classificano gli oggetti per mezzo di
categorie come essere umano, rana, farfalla, faggio, i type artefattuali si identificano con
categorie che hanno l’ambizione di raccogliere assieme soltanto oggetti con una
somiglianza molto accentuata. A conferma di ciò si deve rilevare che i type artefattuali non
sono riconducibili a quei concetti generali che specificano la sorta di artefatto come, per
esempio, il concetto di “nave” o quello di “libreria” o quello di “ponte”. Al contrario, si
tratta di tipologie di oggetti riconoscibili all’interno di quelle categorie più generali.
15 La precisazione della nozione di type artefattuale intrattiene un debito fondamentale con
la teoria della documentalità proposta da Maurizio Ferraris. Ritengo che per gli artefatti
possa valere la stessa regola costitutiva individuata da Maurizio Ferraris per gli oggetti
sociali, Oggetto = Atto Iscritto8. Proprio come gli archetipi degli oggetti sociali hanno
bisogno di iscrizioni, allo stesso modo i type artefattuali ricevono la loro propria
individuazione attraverso il riferimento a un’iscrizione. In una realtà economico-sociale
dominata dalla produzione razionale in serie di artefatti, l’atto di iscrizione è facilmente
riconducibile al documento contenente il progetto di costruzione. Tuttavia, l’importanza
della traccia scritta si ritrova anche nella produzione di artefatti condotta in una
dimensione artigianale dove la progettazione non consiste in una formalizzazione scritta
esplicita. Seguendo la metafora della mente come tabula rasa, il progetto che individua il
type artefattuale può semplicemente essere una «registrazione nei neuroni»9.
16 Ricapitolando la proposta formulata, possiamo sostenere che affermiamo correttamente
la persistenza di un artefatto quando sono soddisfatte due condizioni. In primo luogo,
abbiamo una sequenza di oggetti i quali si sostituiscono l’uno con l’altro in modo tale che il
seguente comincia a esistere quando l’oggetto precedente cessa la sua esistenza. In
secondo luogo, tutti gli oggetti della sequenza sono esemplificazioni di uno stesso type
artefattuale individuato a partire dal progetto esplicito iscritto in un documento o dal
progetto implicito registrato nella mente del costruttore. La persistenza di un artefatto si
interrompe quando un oggetto esemplificante un certo type artefattuale individuato da un

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certo progetto viene distrutto o viene sostituito da un oggetto esemplificante un type
artefattuale che non è più individuato da quello stesso progetto.

Il rompicapo della nave di Teseo


17 Per mostrare l’efficacia delle condizioni di persistenza proposte, applicherò i principi
enunciati al rompicapo della nave di Teseo. Infatti, la nave di Teseo è giudicato il luogo
ideale per «avventurarsi nelle difficoltà concernenti l’identità degli artefatti»10. La storia
della nave di Teseo è stata proposta come un rompicapo filosofico nel XVII secolo per opera
di Thomas Hobbes11. L’obiettivo originario del filosofo inglese era la confutazione
dell’ilemorfismo a proposito degli oggetti concreti, dottrina diffusa e condivisa
nell’ambiente culturale in cui operava Hobbes influenzato ancora dalla tradizione
aristotelico-scolastica. Secondo la concezione ilemorfica, gli oggetti concreti sono un
sostrato materiale strutturato secondo un principio organizzatore interno. Hobbes
giudicava errato questo punto di vista a proposito degli oggetti concreti perché generava
paradossi e conflitti interni quando se ne esaminava la persistenza. Per mostrare questi
conflitti, Hobbes ricorreva alla storia narrata per inciso da Plutarco all’interno della Vita di
Teseo. Lo scrittore greco racconta che dopo la missione a Creta, la nave impiegata per il
viaggio fu mantenuta funzionante e utilizzata in riti religiosi per molti anni sostituendo le
parti che col tempo si deterioravano.
18 Hobbes suggeriva quindi di immaginare la seguente situazione: se le riparazioni hanno
consentito alla nave di sopravvivere sufficientemente a lungo, arriverà un momento in cui
la nave sarà costituita esclusivamente da parti nuove e nessuno degli assi che
originariamente la costituivano sarà ancora parte di essa. A questo punto dovremmo
chiederci: “Questa nave costituita interamente da materiale nuovo è sempre la stessa nave,
la nave di Teseo?”. La ragione per rispondere affermativamente risiede nella permanenza
della stessa struttura formale.
19 Elaborando ulteriormente la situazione, Hobbes mostrava che il problema poteva essere
ancora più complicato. Ipotizzava, infatti, l’esistenza di un personaggio che si incaricava di
raccogliere tutte le parti dismesse in modo tale che, quando l’ultima parte appartenente
alla nave di Teseo originaria fosse stata rimossa, si sarebbe proceduto alla ricostruzione di
una nave composta interamente delle parti originarie. Anche in questo caso abbiamo una
domanda con cui confrontarci: “La nave ricostruita a partire dalle parti dismesse è sempre
la nave di Teseo?”. La ragione per rispondere affermativamente a questa seconda domanda
risiede nel fatto che la nave ricostruita possiede la stessa organizzazione interna ed è
costituita dallo stesso sostrato materiale.
20 Tuttavia, secondo Hobbes, rispondere affermativamente a entrambe le domande
generava un’importante difficoltà. Rispondendo affermativamente a entrambe le
domande, avremmo uno stesso oggetto numericamente identico presente in due luoghi
diversi allo stesso tempo. Questa è una condizione che viola la stessa nostra comprensione
di che cosa sia l’identità numerica.
21 Applicando le clausole per la persistenza degli artefatti individuate nel paragrafo
precedente, possiamo difendere l’intuizione secondo la quale sia la nave costituita da
materiale nuovo sia la nave ricostruita possono essere considerate come oggetti attraverso
cui la nave di Teseo persiste per mezzo di una sostituzione prolungante.
22 Prendendo in esame la nave costituita da materiale nuovo, possiamo osservare che,
nonostante i vari cambiamenti, sono rispettate sia la clausola della sostituzione sia la
clausola di prolungamento. La nave persiste attraverso i cambiamenti e la sequenza di
oggetti è tale che ciascun di essi comincia a esistere soltanto quando quello precedente
cessa la propria esistenza. Inoltre, tutti gli oggetti sono esemplificazioni dello stesso type
artefattuale. In questo caso, il type artefattuale è individuato dalle intenzioni del primo
fabbricante della nave iscritte nella sua mente.

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23 Per quanto riguarda la nave ricostruita, questa comincia a esistere quando la nave da cui
viene eliminata l’ultima parte di materia originaria cessa di esistere. In tal modo, la
clausola di sostituzione viene rispettata. Inoltre, la nave ricostruita rispetta il progetto
originario collegato allo specifico type artefattuale, rispettando in questo modo anche la
clausola di prolungamento.
24 La particolarità di questa situazione consiste nel fatto che un oggetto viene sostituito da
due oggetti che rispettano entrambe le clausole. Tuttavia, la situazione che si viene a creare
non è problematica perché, nella descrizione proposta, la persistenza degli artefatti non
deve essere ricondotta all’identità numerica ma alla sostituzione prolungante. La
persistenza della nave di Teseo ammette la possibilità della biforcazione e non genera i
paradossi logici identificati da Hobbes. In questo modo, modificando la teoria dell’identità
sortale arricchita con le proposte ispirate alla teoria della documentalità, il rompicapo
perde la sua capacità di mettere in questione le nostre intuizioni sulla persistenza degli
artefatti.

Bibliografia
FERRARIS M.
– 2002, Inemendabilità, ontologia, realtà sociale, “Rivista di estetica” , n.s., 19(1): 160-199
– 2009, Documentalità. Perché è necessario lasciar tracce, Roma-Bari, Laterza, 2009
HOBBES T.
– 1655, De Corpore; tr. it. A. Negri, Il corpo, Torino, Utet, 1972
SHOEMAKER S.
– 1963, Self-Knowledge and Self-Identity, Ithaca, Cornell University Press, 1963
SIDER T.
– 2001, Four-Dimensionalism. An Ontology of Persistence and Time, Oxford, Oxford University
Press
WIGGINS D.
– 2001, Sameness and Substance Renewed, Cambridge (Ma), Cambridge University Press
DOI : 10.1017/CBO9780511612756

Note
1 Wiggins 2001.
2 Ferraris 2002.
3 Ferraris 2009.
4 Wiggins 2001.
5 Shoemaker 1963.
6 Sider 2001.
7 Ferraris 2009.
8 Si veda in particolare Ferraris 2009.
9 Ferraris 2009: 322.
10 Wiggins 2001: 92.
11 Hobbes 1655.

Per citare questo articolo


Notizia bibliografica
Luca Angelone, « La nave di Teseo, la metafisica degli artefatti e la documentalità », Rivista di
estetica, 60 | 2015, 13-20.

Notizia bibliografica digitale

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Luca Angelone, « La nave di Teseo, la metafisica degli artefatti e la documentalità », Rivista di
estetica [Online], 60 | 2015, online dal 01 dicembre 2015, consultato il 22 dicembre 2017. URL :
http://journals.openedition.org/estetica/540 ; DOI : 10.4000/estetica.540

Questo articolo è citato da


Terrone, Enrico. (2017) The Band of Theseus: Social Individuals and Mental Files.
Philosophy of the Social Sciences, 47. DOI: 10.1177/0048393117705298

Autore
Luca Angelone
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Introduzione [Testo integrale]
Apparso in Rivista di estetica, 39 | 2008

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