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The Reconstruction

di Avi Mograbi: la traduzione,

il sottotitolaggio e le relative problematiche.

ROBERTA CARBONE

Scuole Civiche di Milano


Fondazione di partecipazione
Dipartimento di Lingue
Scuola Superiore per Mediatori Linguistici
Via Alex Visconti, 18 20151 Milano

Relatore: professor Andrew TANZI

Diploma in Scienze della Mediazione Linguistica


Dicembre 2009

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© Avi Mograbi, The Reconstruction, 1994 per l’edizione

originale

© Roberta Carbone, 2009 per l’edizione italiana

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ABSTRACT IN ITALIANO

Viene affrontato il tema del sottotitolaggio in maniera sperimentale. Si analizza la


traduzione del documentario The Reconstruction di Avi Mograbi, che ricostruisce,
attraverso le testimonianze degli imputati e interviste varie, l’omicidio del
quindicenne Dani Katz. Il film è israeliano, con parti sottotitolate in inglese e parti
narrate in inglese. Le problematiche traduttive che si riscontrano anche nei testi
teorici si concentrano sulle differenze culturali tra prototesto e metatesto, oltre
che sulla riduzione testuale a volte necessaria nel caso dei sottotitoli. Vengono
inoltre esposte le difficoltà incontrate personalmente nel corso della traduzione,
tenendo conto delle tempistiche ristrette dettate dall’ambiente lavorativo. Un testo
di partenza sbagliato, o una sovrapposizione di voce narrante ai cartelli, o la
difficoltà di comprensione di alcuni nomi arabi pronunciati dal narratore in
mancanza di un copione, o ancora un linguaggio giuridico che necessita di un
corrispondente specifico in italiano, possono generare difficoltà traduttive.
Nonostante le problematiche incontrate però l’esperienza è da considerarsi molto
interessante e formativa.

ENGLISH ABSTRACT
The topic of subtitling is presented here in an experimental way. The translation
of the documentary The Reconstruction by Avi Mograbi is analyzed. This film
reconstructs the murder of the fifteen-year-olds boy Dani Katz, through the
defendants depositions and other interviews. This is an israeli film, and some
scenes are subtitled in english while other scenes are narrated in English. The
translation issues, many typified in the subject’s literature, concern the cultural
differences between the prototext and the metatext, but also text reduction, which
is sometimes necessary in the case of subtitling. Moreover, many difficulties met
during the translation are expounded on, particularly regarding the tight deadlines
imposed by the working environement. A faulty source text, an overlapping
between narrator and displays, the difficulty in understanding certain Arab names
pronounced by the narrator and without the help of a script, or a legal terminology
which requires specific correspondences in Italian, can cause problems to the
translator. In spite of these problems, the experience can be considered
interesting and formative.

RESUMEN EN ESPAÑOL
Se discute el tema de la subtitulación de forma experimental. Se analiza la
traducción del documental The Reconstruction de Avi Mograbi, que recontruye, a
través de los testimonios de los imputados y algunas entrevistas, el asesinato del
chico de quince años Dani Katz. La película es israelí, con escenas subtituladas
en inglés y escenas narradas en inglés. Las problemáticas traductivas que
también se encuentran en los textos teóricos se concentran en las diferencias
culturales entre prototexto y metatexto, y en la reducción textual que a veces es
necesaria para subtitular. Además se exponen las dificultades encontradas
durante la traducción, considerando la velocidad de traducción impuesta por el
entorno laboral. Un texto incorrecto en su lengua original, la superposición del
narrador y de los subtitulos en inglés, la dificultad en comprender algunos
nombres árabes pronunciados por el narrador sin un guión, o un lenguaje
jurídico que necesita una precisa traducción en italiano, pueden crear
dificultades en la traducción. A pesar de las problemáticas encontradas la
experiencia se puede considerar muy interesante y formativa.

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Sommario

Prefazione ______________________________________________________ 6

Primo capitolo – Presentazione del regista e del film _______ 7

1.1 Breve biografia di Avi Mograbi _____________________________ 7

1.2 Come ho imparato a vincere le mie paure e ad amare

Arik Sharon (1997) ______________________________________________ 8

1.3 Happy Birthday Mr. Mograbi (1999) _______________________ 8

1.4 Per uno solo dei miei due occhi (2005) ____________________ 9

1.5 The Reconstruction (1994) ________________________________ 9

1.5.1 Trama__________________________________________________ 10

1.5.2 Personaggi principali ____________________________________ 14

1.5.3 Personaggi secondari ____________________________________ 14

1.5.4 Ricezione critica ________________________________________ 15

Secondo capitolo – Analisi del film __________________________ 17

2.1 Cenni di teoria della traduzione, con riferimento

particolare alla traduzione per i sottotitoli _______________________ 17

2.1.1 Aspetti teorici della traduzione ____________________________ 17

2.1.2 Tradurre per i sottotitoli ___________________________________ 19

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2.2 Analisi narratologica dell’opera ___________________________ 22

2.2.1 Il narratore e il punto di vista_______________________________ 22

2.2.2 La dimensione temporale _________________________________ 25

2.2.3 La dimensione spaziale __________________________________ 26

2.2.4 Il ruolo narrativo dei personaggi ___________________________ 27

2.2.5 Livello sintattico e linguistico_______________________________ 28

2.2.6 Il livello semantico _______________________________________ 29

2.2.7 Spettatore modello e spettatore empirico ___________________ 30

Terzo capitolo – Raffronto tra l’originale e l’italiano ________ 31

3.1 Metodo di analisi top-down VS bottom-up _________________ 31

3.2 Analisi di quattro episodi significativi ______________________ 33

3.2.1 Analisi del primo episodio _________________________________ 33

3.2.2 Analisi del secondo episodio ______________________________ 39

3.2.3 Analisi del terzo episodio _________________________________ 43

3.2.4 Analisi del quarto episodio ________________________________ 46

Conclusioni ____________________________________________________ 50

Riferimenti bibliografici ________________________________________ 53

Ringraziamenti_________________________________________________ 54

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Prefazione

Quest’estate, verso metà luglio, mi arrivò la proposta, tramite

l’università, di sottotitolare uno dei film del Milano Film Festival in qualità di

stagista. Accettai di buon grado e intorno a metà agosto iniziai a

sottotitolare il documentario The Reconstruction di Avi Mograbi. L’idea era

entusiasmante; avrei potuto mettere in pratica ciò che avevo imparato

durante i tre anni di università e in particolare ciò che avevo appreso

durante il corso Translation for media a Londra, da dove ero appena

tornata. Sottotitolare questo film è stata un’esperienza formativa che mi ha

posto di fronte a parecchi problemi traduttivi, e non solo. Il fatto di aver

incontrato molte problematiche è stato positivo, poiché sono state queste

a farmi crescere da un punto di vista lavorativo e hanno rappresentato una

sfida per me, stimolandomi così a trovare sempre nuove soluzioni.

Terminata la traduzione del film pensai che sarebbe stato bello

utilizzare questa esperienza come argomento della mia tesi. Avrei potuto

così raccontare la mia esperienza sul campo e argomentare le mie scelte

traduttive.

La tesi si sviluppa partendo da un’analisi del regista, di alcune sue

opere e in particolare del documentario in questione. Dopodiché si

passano ad analizzare gli aspetti teorici della traduzione, in particolare di

quella audiovisiva, e gli aspetti narratologici del film. Infine ci si concentra

sulla parte più pratica del lavoro, ovvero sull’analisi di alcune scene del

film, con particolare attenzione alle difficoltà incontrate durante la

traduzione.

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Primo capitolo – Presentazione del regista e del film

1.1 Breve biografia di Avi Mograbi

Avi Mograbi nasce a Tel Aviv il 12 maggio 1956. Figlio del proprietario

della più celebre sala della città, il Cinema Mograbi, Avi si nutre di cinema

fin dall'infanzia, tra la sala paterna e, appena viene creata, la Cineteca.

Studia alla scuola di belle arti Ramat Ha'sharon, dedicandosi alle arti

plastiche, e in seguito frequenta i corsi di Filosofia all'Università di Tel Aviv

(dal 1979 al 1982).

Lavora come aiuto regista per diverso tempo e dopo un primo

cortometraggio di fiction Deportation (1989), Mograbi si dedica al

documentario a partire da The Reconstruction (1994), premiato come

miglior documentario all’Istituto di film israeliani. I suoi film sono spesso

sperimentali e criticano fortemente la maniera in cui gli israeliani trattano i

palestinesi. È infatti uno dei pochi registi israeliani a confrontarsi in modo

critico con i miti e le pratiche della società israeliana, in particolare rispetto

al conflitto israelo-palestinese. Nonostante i suoi film siano anche

finanziati da istituzioni israeliane, il suo cinema è più noto all'estero, dove

è stato presente e premiato a diversi festival, che in patria. Insegna

cinema sperimentale all'Università di Tel Aviv e alla Bezalel Academy of

Arts and Design di Gerusalemme.

Tra i suoi film principali ricordiamo Mrs. Goldstein (2006), Per uno

solo dei miei due occhi (presentato fuori concorso al Festival di Cannes

2005), Detail (presentato al Berlinale 2004), August (presentato al

Berlinale 2002), Happy Birthday Mr. Mograbi (presentato al Berlinale

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1999), Come ho imparato a vincere le mie paure e ad amare Arik Sharon

(1997) e The Reconstruction (1994).

1.2 Come ho imparato a vincere le mie paure e ad amare

Arik Sharon (1997)

Il documentario osserva Arik Sharon, primo ministro di Israele, durante la

campagna elettorale a supporto di Benyamin Netanyau (1996); ma il vero

obiettivo è quello di svelare, in maniera ironica e provocatoria, come le

emozioni del regista nei confronti di Sharon possano trasformarsi durante

le riprese del film.

Mograbi è stato in carcere per aver rifiutato di partecipare alla guerra

in Libano. Il suo nome si trova nella lista nera del governo israeliano da

quando ha definito Sharon un «criminale di guerra».

1.3 Happy Birthday Mr. Mograbi (1999)

«Nel 1998 Israele celebrava il suo cinquantesimo anniversario, così decisi

di festeggiare il mio compleanno lo stesso giorno, anche se il mio vero

compleanno era dieci giorni dopo. L’idea era quella di raccontare due

storie parallele. La prima su un documentario che seguiva i festeggiamenti

del paese. La seconda sulla crisi di mezza età del documentarista in

questione – io – il cui compleanno coincideva con quello dello Stato. Ma

mi resi conto che non si potevano ricordare questi due compleanni senza

ricordarne un terzo – il Nakba – ossia il cinquantesimo anniversario della

catastrofe palestinese. Così immagini di case palestinesi a pezzi e rovine

di piccoli paesini palestinesi un tempo fiorenti vengono riprese senza

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nessun preavviso. Ho cercato di fare un film su tre storie diverse che

girano intorno alla coscienza di un uomo».

1.4 Per uno solo dei miei due occhi (2005)

Il mito di Sansone e Massada insegna ai giovani israeliani che la morte è

meglio della dominazione. Oggi i giovani palestinesi combattono,

attraverso l'Intifada, contro le quotidiane umiliazioni e violenze

dell'occupazione dell'esercito israeliano. Il documentario descrive la crisi

tra Israele e Palestina, attraverso gli occhi dei Palestinesi costretti a subire

ogni giorno controlli e ispezioni dell'esercito israeliano. Le conseguenze:

contadini che non possono coltivare i loro campi, studenti che al ritorno

dalla scuola vengono bloccati per ore a causa delle perquisizioni ai check-

point, anziani che non possono rientrare nelle loro case. Questa

popolazione estenuata, come ieri lo erano gli ebrei dai Romani e Sansone

lo era dai Filistei, grida la sua rabbia e la sua disperazione. Nonostante

tutto però c’è ancora qualcuno che crede in un dialogo per la pace.

1.5 The Reconstruction (1994)

The Reconstruction è il documentario oggetto della mia tesi, che

ricostruisce l’omicidio di un giovane ragazzo israeliano, Dani Katz,

attraverso le testimonianze dei cinque imputati considerati colpevoli.

Girato nel 1994, è stato il primo vero e proprio documentario di Avi

Mograbi ed è considerato il miglior documentario dall’Istituto di film

israeliani.

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1.5.1 Trama

Dani Katz, un quindicenne di Haifa, Israele, uscì di casa il giorno 8

dicembre 1983 e il suo corpo nudo e senza vita fu ritrovato all’interno di

una grotta tre giorni dopo. L’autopsia, effettuata dal Dottor B. Bloch,

dimostrò che il ragazzo era stato strangolato a morte poco dopo la sua

scomparsa e che forse il corpo dopo l’uccisione era stato sodomizzato.

Nel 1984 furono arrestati alcuni indiziati. Nelle tre settimane successive

cinque dei sospettati, Samir Janama, Fathi Janama, Ali Janim, Ahmed

Kuzli e A’atef Sabihi, confessarono e ricostruirono l’omicidio. Essi

sostenevano che i poliziotti avessero usato la violenza per obbligarli a

confessare. La Corte però respinse questi reclami insieme agli alibi di

alcuni testimoni a favore di tre imputati. Così i cinque ragazzi furono

giudicati colpevoli di rapimento, omicidio e sodomia del corpo di Dani

Katz, e vennero condannati all’ergastolo. L’avvocato difensore Avidor

Feldman analizzò le cartelle contenenti le cinque confessioni e notò che

c’era qualcosa di strano; gli imputati, man mano che la confessione

andava avanti, modificavano alcuni elementi, come il luogo in cui era stato

abbandonato il corpo. Così l’avvocato integrò tutte le cartelle in un’unica

linea cronologica per capire cosa fosse successo.

Secondo la prima versione, quella di Ali e Fathi, i due insieme ad altri

tre amici avevano rapito e ucciso Dani Katz e successivamente avevano

gettato il suo corpo in una grotta. Ma una testimonianza dimostrò che

questa versione dei fatti non era possibile. Gli investigatori conclusero così

che il corpo non era stato gettato nella grotta subito dopo l’omicidio, come

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avevano confessato i due imputati. Due giorni dopo Fathi cambiò la sua

confessione.

Secondo la nuova versione il corpo era stato lasciato sul luogo

dell’omicidio e gettato 24 ore dopo nella grotta. Il giorno dopo anche Ali

cambiò la sua confessione facendola coincidere con quella di Fathi. Lo

stesso giorno anche Samir rilasciò una confessione dettagliata; prima

affermò di essere innocente, più tardi invece decise di ricostruire i fatti.

Anche la sua versione coincideva con quella di Fathi e Ali, ma Samir

sosteneva di aver sostanzialmente assistito al rapimento, all’omicidio e a

tutto il resto, e di non aver partecipato attivamente. Lo stesso giorno la

polizia arrestò Ahmed e A’atef.

La versione generale però cambiò nuovamente non appena fu

evidente che il corpo non poteva trovarsi nella stanza del cantiere in cui

avrebbe dovuto trovarsi secondo le confessioni, poiché quel giorno in

quella stanza erano in corso dei lavori di costruzione. Da questo momento

gli imputati diedero una nuova versione di ciò che accadde al corpo dopo

l’omicidio. Secondo A’atef il corpo era stato portato in un campo subito

dopo l’omicidio e gettato nella grotta 24 ore dopo. Il giorno successivo

Ahmed fece la sua confessione, corrispondente a quella di A’atef,

secondo la quale però non avrebbe assistito all’omicidio. Tre giorni dopo

la polizia dichiarò che il caso era stato risolto. Tuttavia il procuratore

distrettuale trovò dei punti irrisolti e chiese di completare l’indagine.

Durante i giorni successivi tre degli imputati modificarono le loro versioni,

facendole corrispondere a quella di A’atef. Fathi e Ali infatti affermarono

che il corpo era stato portato in un campo subito dopo l’omicidio e che

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solo 24 ore dopo era stato gettato nella grotta. Ahmed invece affermò,

contrariamente a ciò che aveva detto durante la ricostruzione, che era

presente nella stanza in cui fu commesso l’omicidio, e indicò il punto in cui

si disfecero dei vestiti di Dani Katz. In quel punto però non fu ritrovato

nessun vestito. Samir invece dichiarò di essere innocente.

Il Tribunale federale di Haifa accettò la prima versione come quella

vera, e dichiarò tutti e cinque colpevoli. L’avvocato difensore Feldman

però sostenne di fronte alla Corte Suprema che le versioni cambiarono

simultaneamente alla scoperta di nuove prove da parte della polizia, a

dimostrazione che le confessioni furono dettate agli imputati da parte degli

investigatori. Inoltre Feldman fu colpito dal fatto che tre degli imputati

avessero dato una versione identica, inclusa la parte centrale, che non era

vera. Se una persona ammette di aver commesso omicidio e sodomia,

non ha nessun motivo di mentire su fatti che non riguardano la propria

colpevolezza. Secondo Feldman il fatto che gli investigatori possano aver

passato informazioni non è così grave di per sé, ma tutti gli agenti che

testimoniarono in aula negarono questa possibilità. Per di più Feldman

affermò che non fu trovata nessuna prova che collegasse l’omicidio ai

cinque imputati, oltre al fatto che nelle confessioni dei presunti colpevoli

non esistevano dettagli che la polizia non conoscesse. Anche questa volta

però la Corte Suprema respinse la tesi sostenuta dalla difesa, per

mancanza di prove concrete.

A questo punto la difesa chiese di poter consultare gli esami del

Dottor Bloch. Questi sostenevano che la morte fu causata quasi

sicuramente da impiccagione. La richiesta di poter interrogare il Dottor

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Bloch per avere maggiori delucidazioni fu respinta dalla Corte Suprema.

Così la difesa si rivolse al professore Haim Bubis, che non aveva nessun

legame con l’indagine. Si scoprì in questo modo che mentre nelle

ricostruzioni veniva descritta una corda chiusa, legata al collo,

nell’autopsia non vi era traccia di una corda chiusa, bensì aperta, che

lasciava libera una parte del collo. Inoltre secondo le ricostruzioni il corpo

fu sodomizzato da quattro imputati, ma nel retto di Dani Katz non fu

ritrovata nessuna traccia di sperma. Sapere se il ragazzo fosse stato

strangolato in un modo o nell’altro non era importante per lo stato di

colpevolezza, bensì per la veridicità delle loro confessioni. E se fosse

stato dimostrato che uno o più dettagli non corrispondessero alla realtà, di

conseguenza anche le confessioni sarebbero state false.

Al Presidente della Corte Suprema fu richiesto un appello per la

riesaminazione del caso, ma la richiesta fu respinta. Per questo Feldman

chiese al Ministro della Giustizia se con la sua autorità il caso potesse

essere riesaminato, e il Ministro accolse la richiesta della difesa.

Nel frattempo il procuratore distrettuale chiese ai Servizi Segreti di

verificare se l’omicidio fosse stato commesso per motivi nazionalistici,

come affermato dagli imputati nelle loro deposizioni. La risposta fu

negativa. Inoltre gli investigatori ebbero l’impressione che gli imputati

avessero ammesso l’omicidio pur non avendolo commesso. Queste

valutazioni però non furono mai presentate alla Corte.

Il vice procuratore generale studiò il caso per anni ma non è ancora

giunta a una conclusione. È possibile che le confessioni rilasciate dagli

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imputati e le loro ricostruzioni, unica prova della loro condanna, non siano

vere?

1.5.2 Personaggi principali

Samir Janama, Fathi Janama, Ali Janim, Ahmed Kuzli e A’atef Sabihi

=> Cinque ragazzi, tra i 25 e i 30 anni, considerati colpevoli del rapimento,

dell’ omicidio e della sodomia del corpo di Dani Katz. Sono questi i

protagonisti del documentario, che si basa proprio sulle loro ricostruzioni

dell’assassinio. Le riprese sono dettagliate e vedono gli imputati

descrivere minuziosamente il periodo che va dalla sera dell’omicidio al

momento in cui avrebbero gettato il corpo nella grotta.

Avvocato difensore Avigdor Feldman => Personaggio molto

importante del documentario che viene intervistato diverse volte e che

spiega dettagliatamente lo sviluppo delle indagini e tutti i suoi sforzi per far

dichiarare i cinque imputati innocenti.

Ispettore Ranem Ranem => La presenza di questo personaggio

occupa quasi la metà del documentario, in quanto segue da vicino gli

imputati nelle loro ricostruzioni.

1.5.3 Personaggi secondari

Tra i personaggi meno importanti, ma che comunque apportano un

contributo alla comprensione della storia, troviamo:

Mordechai Kremnitzer => Professore di diritto penale. Dà delle

opinioni e spiega cosa succede in un tribunale nei casi come quello

trattato nel documentario.

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Haim Bubis => Ex direttore dell’Istituto di Patologia dell’ospedale di

Shiba. Mette in luce l’ambiguità delle informazioni date dagli imputati

riguardo il modo in cui uccisero Dani Katz, confrontandole con l’autopsia.

David Libai => Ministro della giustizia. Fa solo un piccolo intervento in

cui spiega di essersi sentito in dovere di indagare ulteriormente sul caso,

poiché vi erano troppi punti irrisolti.

Ex ufficiale dei Servizi Segreti => Viene oscurata la sua immagine

perché non può essere riconosciuto. Spiega quale fu il lavoro dei Servizi

Segreti nel momento in cui venne richiesta la loro partecipazione, e spiega

anche le sensazioni che ebbero tutti loro sul caso ossia che gli imputati

avessero confessato senza aver commesso l’omicidio.

1.5.4 Ricezione critica

Cominciai a guardare The Reconstruction e dopo 5 minuti pensai di

essere stata sfortunata ad aver ricevuto un film così triste e noioso da

tradurre, soprattutto tenendo conto che avevo richiesto di sottotitolare un

cartone animato.

Pian piano però le cose cambiarono. Iniziai ad appassionarmi, mi feci

prendere dalla storia. Una storia raccontata nei minimi dettagli, che

coinvolge lo spettatore e lo fa sentire al centro delle vicende, come se

stesse seguendo in prima persona le interviste e le ricostruzioni degli

imputati. Una storia che mette in luce le lacune delle indagini, la presunta

corruzione del sistema, gli strani e superficiali comportamenti della Corte

di Giustizia di fronte a un caso di tale gravità.

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I cinque ragazzi durante le ricostruzioni si mostrano come persone

timide e insicure, che difficilmente potrebbero aver fatto davvero quelle

cose terribili a un quindicenne. Piuttosto l’impressione che danno è quella

di essere stati raggirati e obbligati dalla polizia a confessare un omicidio

che in realtà non avevano commesso.

La non colpevolezza degli imputati viene resa più credibile dalle

interviste di Avigdor Feldman, l’avvocato difensore. Lui infatti crede

davvero nell’innocenza di questi ragazzi. Lo si percepisce dal tono di voce

deciso e dalle argomentazioni portate a favore della sua tesi.

Alla fine dei 50 minuti lo spettatore potrebbe avere ancora dei dubbi

riguardo la colpevolezza o meno dei cinque ragazzi, oppure, come me,

potrebbe essersi convinto della loro innocenza, data la mancanza di prove

contro di loro, e dati i troppi elementi che evidenziano fatti poco chiari nello

svolgimento delle indagini. In ogni caso il documentario colpisce lo

spettatore e gli racconta la storia da tutti i punti di vista, così che alla fine

possa costruirsi una propria opinione sui cinque imputati. Ed è questo, a

mia opinione, ciò che rende un documentario un grande documentario.

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Secondo capitolo – Analisi del film

2.1 Cenni di teoria della traduzione, con riferimento

particolare alla traduzione per i sottotitoli

2.1.1 Aspetti teorici della traduzione

Nel processo traduttivo che mi ha portato ad analizzare gli aspetti più

teorici della traduzione, ho trovato interessante i metodi traduttivi della

cultura del prototesto. Il documentario nella sua forma grezza era

costituito da parti reali, tra cui interviste e indagini, in lingua araba

sottotitolate in inglese, e da parti in cui la voce narrante era la

protagonista, e parlava in inglese. Il mio lavoro consisteva dunque nel

tradurre dall’inglese all’italiano, tenendo però in considerazione che la

lingua di partenza era l’arabo, ossia una lingua che appartiene a una

cultura molto lontana dalla nostra.

Dirk Delabastita scrisse un trattato di traduttologia in cui considera la

traduzione in quanto rapporto tra culture. Definisce in questo modo due

differenti strategie traduttive; analogia culturale e omologia culturale. Nel

primo caso si ricerca un enunciato della cultura ricevente che abbia un

significato culturale analogo all’enunciato del prototesto. In alcuni casi

questo tipo di strategia si contrappone drasticamente alla traduzione

lessicale linguistica. Nel secondo caso invece l’enunciato da tradurre è

considerato più un insieme formale che un’unità semantica-funzionale.

«La conseguenza di questa strategia traduttiva è di inserire nel metatesto

esotismi, non vissuti come tali dal lettore del prototesto contemporaneo

17
all’autore, e di lasciare che il lettore entri a contatto con una cultura

diversa dalla propria» (Osimo 2004:45).

A questo concetto si lega inevitabilmente quello di

accettabilità/adeguatezza. Può essere il lettore ad avvicinarsi al prototesto

come a un elemento della cultura altrui apprendendo così nuovi elementi

di tale cultura, oppure può avvenire l’esatto contrario. È il prototesto a

essere avvicinato allo spettatore trasformando gli elementi di cultura altra

e traducendoli in cultura propria (dello spettatore). Una traduzione è detta

adeguata quando prevede che il prototesto sia conservato come

espressione di una cultura diversa; il traduttore conserva il più possibile le

caratteristiche di cultura altra del prototesto, costringendo il lettore a uno

sforzo per recepire il testo come altro. La visione risulta quindi più

impegnativa ma arricchisce di più il fruitore. Nella traduzione accettabile

invece il metatesto conserva un numero limitato di caratteristiche

prototestuali.

Così come nella traduzione letteraria, anche in quella per il

sottotitolaggio ritroviamo traduzioni adeguate e accettabili. Si può anche

parlare di processo traduttivo target-oriented (orientato al pubblico

d’arrivo), vale a dire di una strategia che privilegia scorrevolezza,

accettabilità e adattamento alle norme della cultura d’arrivo, e di processo

traduttivo source-oriented (orientata al testo di partenza), in cui prevarrà

l’adeguatezza e un avvicinamento alla cultura di partenza. Nel primo caso

il traduttore si rende invisibile, mettendo in atto un processo di

addomesticamento (domestication) del testo che viene completamente

adattato alle convenzioni della cultura d’arrivo perdendo così la sua forza

18
innovativa. Il secondo caso invece implica una scelta di straniamento

(foreignization) del testo tradotto che mantiene le caratteristiche della

cultura originaria, e così arricchisce la cultura di arrivo, in quanto portatore

di innovazioni stilistiche e deviazioni della norma creative e originali

(Bollettieri Bosinelli 2002).

2.1.2 Tradurre per i sottotitoli

Spostando definitivamente l’attenzione nel mondo del cinema le

problematiche poste dalla traduzione hanno molti più vincoli rispetto alla

traduzione letteraria, data la natura multimediale dell’oggetto della

trasposizione. Il linguaggio cinematografico si basa infatti

sull’interrelazione fra diversi codici, quello visivo, quello verbale, e quello

sonoro.

In particolar modo ci si interesserà da questo punto in poi al mondo

dei sottotitoli. Tale metodo traduttivo nasce nei primi anni del ‘900, come

supporto al cinema muto. All’epoca si parlava di intertitoli, ovvero di testi

scritti o stampati che venivano filmati e inseriti tra le varie sequenze del

film. La loro traduzione era relativamente semplice poiché le parti scritte in

lingua originale venivano rimosse, tradotte, scritte o stampate, filmate e

reinserite nel film. Nel 1909 viene introdotta la prima tecnica di

sottotitolaggio, intesa come sovrapposizione dei testi tradotti agli intertitoli,

che però non ha molto successo. Nonostante ciò i sottotitoli prendono

man mano piede. Questo processo inizia a partire dal 1917 per poi

modificarsi seguendo i progressi e i vantaggi della tecnologia. Dal 1927

però gli spettatori potevano ascoltare le voci degli attori e i registi

iniziarono a pensare al meccanismo del doppiaggio. Ma con la nascita del

19
fascismo in Italia e del nazismo in Germania, vennero poste delle sanzioni

contro il doppiaggio e il sottotitolaggio fu vietato o limitato. Inoltre più

avanti in Italia i sottotitoli furono sostituiti dal doppiaggio per paura che la

parola scritta allontanasse dalle sale i lettori lenti o poco colti o addirittura

analfabeti. Perciò queste nazioni rimasero fedeli al doppiaggio fino a oggi.

Tuttavia alcuni produttori ritenevano che questa tecnica fosse complicata

e cara. Perché allora non ritornare ai sottotitoli inserendoli però

direttamente nell’immagine piuttosto che tra le scene? In questo modo

nacquero i sottotitoli così come li conosciamo noi oggi. Siccome la tecnica

del sottotitolaggio è molto più economica rispetto a quella del doppiaggio,

ebbe molto successo nei paesi in cui la lingua madre è parlata solo in

quella nazione. Il primo paese a sottotitolare fu la Francia, seguita dalla

Danimarca, per poi passare alla Norvegia, alla Svezia e all’Ungheria.

Oggigiorno i paesi che utilizzano di più questa tecnica sono quelli

scandinavi, seguiti da Taiwan e Australia. Anche in Europa i sottotitoli

hanno un peso importante, eccetto in Germania e in Italia. In alcune

regioni, come nel Galles e in Irlanda, i sottotitoli vengono utilizzati per

insegnare e mantenere vive le minoranze linguistiche.

Sono tante le diverse opinioni riguardo ai sottotitoli. La cosa certa è

che come per tutti gli argomenti oggetti di discussione esistono pro e

contro. Nel caso dei sottotitoli a giocare a loro sfavore è il cambio di

funzione comunicativa e il cambio del mezzo, per non parlare del fatto che

una parte dell’immagine viene sottratta alla visione.

«Rimane poi da chiedersi se lo spettatore che non conosce abbastanza la

lingua straniera riesca a cogliere nel sonoro originale tutti i sottili elementi

20
significativi della lingua parlata (accenti, modulazioni affettive, enfasi) e se la

perdita di informazioni non sia maggiore che nel caso del doppiaggio». (Heiss

1996)

Tuttavia i sottotitoli si adeguano meglio al prodotto multimediale di

partenza rispetto ai testi doppiati, i quali rimangono sempre staccati

dall’originale. I sottotitoli infatti assicurano l’autenticità della versione

originale e quindi un maggior apprendimento delle lingue straniere. Inoltre,

come già detto in precedenza, sottotitolare è una maniera economica di

far arrivare il significato del prodotto audiovisivo straniero agli spettatori

locali. Senza dimenticare che, come già accennato, in molti stati i

sottotitoli vengono utilizzati per insegnare e mantenere vive le minoranze

linguistiche. Inoltre una lingua non è solo parlata. I gesti, il linguaggio del

corpo e le espressioni facciali sono strettamente connesse alle parole

pronunciate nella lingua originale, e quando delle parole in un’altra lingua

vengono sovrapposte a questi elementi visivi, spesso si ottengono strani

risultati. Il sottotitolaggio ha quindi il vantaggio di non interferire in queste

fonti di informazione. Si potrebbe concludere che:

«I sottotitoli sono accettabili soprattutto come fase propedeutica alla fruizione

del film in lingua originale, a condizione che se ne conosca la lingua. Nei casi

in cui la lingua originale del film sia totalmente sconosciuta, un buon

doppiaggio resta la soluzione migliore». (Bollettieri Bosinelli 2002)

Si analizzeranno di seguito le principali problematiche teoriche

riguardanti il sottotitolaggio. Il passaggio da testo parlato a testo scritto e la

riduzione del testo rappresentano i due problemi fondamentali di questa

tecnica. La prima problematica rimane spesso irrisolta, poiché ne derivano

cambiamenti inevitabili come la perdita dell’intonazione e di informazioni


21
vocali. Tuttavia il traduttore dovrebbe essere in grado di riprodurre un tipo

di lingua che conservi sufficienti tratti del parlato da essere associata

senza distorsioni alle immagini.

Per quanto riguarda la seconda problematica, bisogna capire cosa

tradurre e cosa lasciare fuori di un testo. Solitamente viene eliminato

qualsiasi tipo di ridondanza e gli elementi considerati non indispensabili

per la comprensione della trama (aspetto fortemente soggettivo). O

ancora, ci si può affidare al tipo di programma e al target in questione. Per

esempio in una commedia si lascerà più spazio ai giochi di parole e simili,

per riprodurre l’effetto umoristico dell’originale. O ancora, in un programma

per bambini prevarrà una maggiore attenzione alla velocità di lettura dei

sottotitoli, che dovrà essere più lenta rispetto alla norma.

In conclusione si può affermare che pur esistendo dei procedimenti e

delle strategie seguiti con una certa frequenza, difficilmente possono

essere considerati come veri e propri criteri professionali, poiché diversi

casi appaiono come soluzioni adottate in modo intuitivo, più che

intenzionale (Blini e Matte Bon 1996).

2.2 Analisi narratologica dell’opera

2.2.1 Il narratore e il punto di vista

La narrazione avviene non solo attraverso il racconto della voce

narrante, bensì anche attraverso la testimonianza diretta degli imputati e

interviste varie. Il narratore è da considerarsi esterno, o eterodiegetico, in

quanto non corrisponde con nessuno dei personaggi della vicenda.

Riassume in maniera comprensibile e ordinata quanto raccontato dagli

22
intervistati oltre a raccontare ciò che non viene esplicitato dalle

testimonianze. Non per questo però possiamo considerarlo un narratore

invisibile, poiché attraverso metalessi,o intrusioni d’autore, esprime una

valutazione morale.

«L’intrusione di un Narratore eterodiegetico nel racconto non sempre si

manifesta in maniera immediatamente riconoscibile. […] Anche solo un

aggettivo può esprimere una valutazione morale, di simpatia o antipatia per

un personaggio». (Chines e Varotti 2003:94)

Più che attraverso una frase o un aggettivo, la valutazione morale

espressa dal narratore non si percepisce per tutta la durata del film, in cui

racconta i fatti con l’oggettività di un giornalista, ma solo quando ci si

avvicina alla fine del documentario. Qui il narratore raggruppa tutti gli

elementi ambigui che non sono stati risolti durante le indagini, come a

voler porre lo spettatore di fronte a queste mancanze e a fargli decidere

da che parte stare, per poi concludere con la frase «Is it possible that the

confessions given by the defendance and their reconstructions, the only

base for their conviction, are not true? Wasn’t it indeed proven, beyond

reasonable doubt, that these are the murderers of Dani Katz?». È chiaro

che queste domande, a seguito della visione del documentario, generino

nello spettatore la convinzione che i cinque imputati non abbiano in realtà

commesso l’omicidio.

La particolarità di The Reconstruction, come già anticipato nella

pagina precedente, sta nel fatto che il narratore è accompagnato dalle

testimonianze dei personaggi reali. Nel documentario troviamo infatti

alcune scene tratte dalle ricostruzioni dei cinque imputati, che vengono

23
intervistati dall’ispettore Ranem Ranem. Vediamo inoltre le interviste

effettuate al professore di diritto penale Mordechai Kremnitzer,

all’avvocato difensore Avigdor Feldman, all’ex direttore dell’Istituto di

Patologia dell’ospedale di Shiba, Haim Bubis, al ministro della giustizia

David Libai e a un ex ufficiale dei Servizi Segreti, oltre alla conversazione

tra Ali Janim e un testimone che aveva fatto cadere l’alibi dell’imputato,

registrata a loro insaputa. Possiamo quindi affermare di trovarci di fronte a

un caso in cui vi sono diversi livelli della narrazione. Inoltre le

testimonianze dirette, tipiche dei documentari, conferiscono una maggiore

immediatezza al film.

Il punto di vista del narratore è fortemente influenzato dal regista Avi

Mograbi, che sceglie chi far parlare e in quale modo ricostruire i fatti, così

da generare una certa opinione nello spettatore del documentario.

Trattandosi in questo caso di un documentario in cui si analizza

un’indagine reale, Avi Mograbi si comporta in qualche modo da giornalista,

facendo dire agli intervistati scelti da lui ciò che lui non può dire. Si tratta di

focalizzazione interna in quanto gli eventi vengono raccontati sì dal

narratore, che non è un personaggio, ma anche dalle persone che fanno

parte della storia.

«Stabilito un certo punto di vista, il Narratore potrà raccontare alcune cose e

non altre. Quando egli decide di filtrare il racconto di un fatto facendolo

passare attraverso gli occhi e la mente di qualcuno, allora ci troviamo di

fronte a un racconto focalizzato». (Chines e Varotti 2003:102)

24
In questo caso possiamo classificare la focalizzazione interna come

multipla, poiché le vicende sono raccontate da diverse persone, quindi

seguendo diversi punti di vista.

Così come nei romanzi il narratore e l’autore reale sono due entità

che vanno rigorosamente distinte, anche nei film il narratore e il regista

costituiscono due realtà completamente diverse. Allo stesso modo la

distinzione tra Autore reale e Autore implicito corrisponde alla distinzione

tra Regista reale e Regista implicito, ovvero l’immagine che lo spettatore si

fa del regista. In questo caso le scelte oculate di Avi Mograbi portano a

dare di sé l’immagine di una persona impegnata nell’affermazione della

giustizia laddove questa non venga rispettata. Tanto nel documentario in

questione, quanto in altri suoi film. L’immagine che si ha del regista

corrisponde alla vera personalità di Avi Mograbi.

2.2.2 La dimensione temporale

Si passerà ora ad analizzare la dimensione temporale del film. Il

tempo della storia, conosciuto anche come fabula, va dal rapimento di

Dani Katz alle ultime indagini fatte sul caso, anche dopo che i cinque

imputati furono condannati all’ergastolo. Quindi il tempo della storia

ricopre diversi anni (dal 1983 a oggi), anche se la maggior parte del

documentario si concentra sui primi mesi, quelli in cui avvenne l’omicidio

del ragazzo e successivamente le indagini. Il tempo del racconto,

conosciuto anche come intreccio, si estende invece per molto meno

tempo rispetto a quello della storia. In un film di 50 minuti sono contenuti

gli avvenimenti di 26 anni. Così come nel genere poliziesco si trova

un’anacronia che può considerarsi obbligatoria, così anche in The

25
Reconstruction la prima notizia che lo spettatore apprende è quella

riguardante la morte di Dani Katz. Dopodiché avverrà la ricostruzione degli

eventi che hanno portato all’omicidio del ragazzo. Si parla in questo caso

di prolessi, ossia dell’anticipazione di un avvenimento che deve ancora

accadere. In realtà però, a differenza delle storie fittizie, in cui alla fine si

risale sempre al colpevole, in questo caso non si conosce la vera fabula,

poiché il caso rimane in qualche modo aperto. Si sono date delle versioni

dei fatti e ci sono anche state delle confessioni, tuttavia non si ha la

certezza che gli imputati siano realmente colpevoli. Anzi, si può dire che la

sensazione finale è l’innocenza dei cinque ragazzi. In ogni caso non

possiamo risalire alla verità.

Il motivo, termine che sta a indicare i contenuti minimi narrativi, può

essere dinamico (azione) oppure statico (descrizione). Solitamente sono i

motivi dinamici a dar vita alla fabula, poiché questa si compie sulle azioni

contenute nel racconto. Ciò non significa che una descrizione non possa

avere un ruolo essenziale nella dinamica del racconto (Chines e Varotti

2003). Un esempio concreto è la descrizione dell’autopsia, che non

rappresenta un’azione vera e propria ma che è da considerarsi

fondamentale per lo svolgimento delle indagini e quindi per la storia

stessa.

2.2.3 La dimensione spaziale

I motivi statici, come già accennato in precedenza, costituiscono

fondamentalmente le descrizioni, di cui fanno parte anche le indicazioni

riguardanti la dimensione spaziale. Non trattandosi in questo caso di un

romanzo, ma di un film, non si necessitano descrizioni dello spazio, in

26
quanto gli ambienti si descrivono autonomamente attraverso le immagini.

Dal punto di vista della cinepresa lo spettatore viene a conoscenza dei

luoghi in cui si svolge il documentario. L’ambientazione, durante le cinque

ricostruzioni, è rappresentata dagli stessi luoghi che si ripresentano; il

supermercato dove fu rapito Dani Katz, la stanza in cui avvenne l’omicidio,

la grotta in cui fu gettato il corpo del ragazzo e le strade percorse per

spostarsi da un luogo all’altro. Per il resto del documentario invece

vengono mostrati documenti ufficiali sulle indagini, e vengono intervistati

alcuni personaggi.

2.2.4 Il ruolo narrativo dei personaggi

Trattandosi di un documentario, i personaggi sono reali. Si può

tuttavia delineare una corrispondenza dei personaggi con le varie tipologie

narrative del personaggio. Coloro che vengono intervistati possono essere

considerati personaggi piatti, poiché non conoscono alcun tipo di

evoluzione nel corso del film. L’unica eccezione è data dall’avvocato

difensore Avigdor Feldman, in quanto personaggio coinvolto

nell’evoluzione delle indagini. I cinque imputati invece sono da

considerarsi personaggi a tutto tondo, in quanto danno diverse versioni dei

fatti durante il corso delle indagini.

Si analizzerà di seguito la funzione dei personaggi, ovvero «l’operato

di un personaggio determinato dal punto di vista del suo significato per lo

svolgimento dell’azione» (Propp) I personaggi che hanno un ruolo

fondamentale per lo svolgimento della storia o delle indagini sono i cinque

imputati e le loro ricostruzioni. Le interviste danno allo spettatore delle

informazioni aggiuntive, per capire meglio lo svolgimento delle indagini,

27
ma non determinano lo sviluppo delle indagini. Anche in questo caso fa

eccezione l’avvocato difensore e il suo operato, che essendo parte

integrante del processo, può essere considerato determinante nello

svolgimento delle indagini.

2.2.5 Livello sintattico e linguistico

Il documentario è un film finalizzato alla diffusione della conoscenza di

diversi aspetti della società e dello scibile umano e rappresenta quindi la

forma più diretta e trasparente di comunicare allo spettatore. La

spontaneità che caratterizza questo tipo di film si riflette nella sintassi,

ovvero nell’organizzazione della struttura del periodo. Questo tipo di

struttura si può dividere in paratattica (che predilige la coordinazione tra le

varie proposizioni) e in ipotattica (che predilige il rapporto di

subordinazione tra le varie proposizioni di un enunciato). Nelle frasi

pronunciate dal narratore e dagli intervistati (non dagli imputati) prevale

l’ipotassi. Sia il narratore che gli intervistati infatti posseggono un grado di

istruzione evidentemente più elevato rispetto agli indiziati e non subiscono

nessuno sbalzo emotivo che potrebbe riflettersi sul loro modo di

esprimersi, poiché non sono coinvolti nel processo. Durante le

ricostruzioni dei cinque imputati invece si nota una prevalenza di

paratassi. I ragazzi parlano poco e si esprimono in maniera molto

semplice, rispondendo alle volte quasi a monosillabi.

Questa differenza si mantiene inoltre a livello linguistico. Il vocabolario

scelto dal narratore infatti non è particolarmente ricercato benché a volte

lasci spazio a termini giuridici e settoriali. Non si tratta quindi di un registro

basso, e la stessa cosa vale per l’avvocato, il professore e il dottore che

28
vengono intervistati. Il registro utilizzato dagli imputati è invece molto più

asciutto e semplice, si potrebbe definire un registro medio-basso.

2.2.6 Il livello semantico

Il regista attua una sua personale selezione e combinazione dei

materiali verbali il cui significato è fondamentale per attribuire una valenza

semantica al documentario. Attraverso un esame delle parole chiave si

può risalire al nucleo semantico o ai nuclei semantici del film (Chines e

Varotti 2003:66).

Si individueranno di seguito le parole chiave del documentario;

rapimento, sodomia, omicidio, processo, ricostruzioni, colpevolezza,

innocenza. Sono queste le parole che si ripetono più volte nel corso dei 50

minuti del film, e sono queste le parole che ne costituiscono il nucleo

semantico. Si potrebbe affermare che attraverso queste parole è possibile

ricostruire gli avvenimenti e quindi la storia, poiché sul loro significato si

concentra lo sviluppo dell’intero documentario.

Rapimento, sodomia, omicidio: in riferimento a quanto accaduto al

quindicenne Dani Katz, rimandano, ogni qual volta esse vengano

pronunciate, all’elemento che sta alla base del documentario. Ciò che il

ragazzo ha subito è infatti oggetto delle indagini, delle interviste e del film

stesso.

Processo: rappresenta il momento in cui vengono a galla gli elementi

ambigui e la poca chiarezza da parte della Corte di Giustizia, così come

da parte di altre autorità.

29
Ricostruzioni: basandosi le indagini solo ed esclusivamente sulle

ricostruzioni degli imputati, queste costituiscono la prova fondamentale

della colpevolezza o dell’innocenza dei cinque ragazzi. Hanno perciò un

ruolo fondamentale nello svolgimento delle indagini. Non a caso il titolo del

documentario è proprio The Reconstruction.

Colpevolezza, innocenza: sono i due perni su cui ruota tutta la storia.

Sin dall’inizio lo spettatore si chiede se i cinque imputati sono davvero

colpevoli o se sono stati obbligati a confessare dalle autorità.

2.2.7 Spettatore modello e spettatore empirico

Nel paragrafo 2.2.1 si è trattato il tema della differenza tra Autore

reale e Autore implicito, che corrispondono alle figure di Regista reale e

Regista implicito. Allo stesso modo esiste una differenza tra Spettatore

reale (che corrisponde al Lettore reale) e Spettatore implicito (che

corrisponde al Lettore implicito). È ovvio che Avi Mograbi non potesse

ipotizzare caratteristiche e cultura del suo spettatore reale. Poteva invece

farlo del suo spettatore implicito, ovvero dell’idea di spettatore che il

regista aveva nel momento in cui girava il documentario. Come spettatore

implicito del film ci si immagina una persona adulta, dati i contenuti amari

e scioccanti, che possegga una base culturale per poter elaborare le

informazioni contenute nel film. Il documentario si rivolge a un vasto

pubblico, in quanto non si riscontrano termini specifici o linguaggi

particolarmente complicati da comprendere.

30
Terzo capitolo – Raffronto tra l’originale e l’italiano

3.1 Metodo di analisi top-down VS bottom-up

Esistono due metodi per effettuare l’analisi comparativa tra la versione

originale del documentario e quella in italiano, da me tradotta. Tali metodi

analizzano le differenze esistenti tra prototesto e metatesto.

Il modello definito bottom-up è stato messo a punto dalla studiosa

nederlandese Van Leuven-Zwart e analizza i cambiamenti microstrutturali

(riguardanti piccole unità di testo, come le parole) per poi individuare, in un

secondo tempo, le conseguenze globali. Tale approccio quindi individua

gli effetti dei cambiamenti microstrutturali sulla macrostruttura e genera tre

tipi di relazioni. La prima è una relazione di modulazione, nel caso in cui il

cambiamento tra un elemento del prototesto e uno del metatesto segua la

logica della dicotomia, ovvero di una biforcazione lungo il continuum

generalizzazione versus specificazione oppure lungo un altro continuum

bipolare. La seconda è definita relazione di contrasto, in cui un elemento

del testo di partenza viene modificato a tal punto da divenire

irriconoscibile. Può trattarsi di omissione, aggiunta o cambiamento

radicale di senso. Infine esiste una relazione di cambiamento non binario

in cui l’alternativa a un elemento del testo non sia una sola, ma svariate.

Riguarda ogni differenza che non sia assimilabile a dicotomia, come le

categorie morfologiche o grammaticali.

Il modello cronotopico di Torop invece parte dall’analisi traduttologia

del testo specifico nel complesso e, individuate le caratteristiche salienti

generiche degli elementi in senso sistemico, analizza quali sono le

31
alterazioni introdotte dai cambiamenti traduttivi, nel dettaglio. Si tratta

quindi di un modello dall’alto al basso, per questo motivo definito top-

down. In questo caso le categorie di cambiamento non sono assolute

come nel primo caso. Nell’analisi cronotopica infatti una delle difficoltà

maggiori consiste nel tracciare un collegamento preciso tra elementi

linguistici e conseguenze strutturali. Perciò è necessario individuare la

dominante e le sottodominanti e tracciarne le manifestazioni sul piano

linguistico. Si elencheranno di seguito alcune delle categorie fondamentali:

Parole concettuali => parole che esprimono con il loro significato

concetti importanti per la comprensione del testo. Manipolare queste

parole ha delle ripercussioni sul contenuto del testo.

Espressioni funzionali => parole disseminate nel testo in maniera

strategica per collegare zone del testo fisicamente distanti. Manipolare

queste parole ha ripercussioni sulla struttura del testo.

Campi espressivi => le ripetizioni di parole, locuzioni, frasi, forme

grammaticali, sono caratteristiche dell’espressività e dello stile del regista.

Modificarle si ripercuote sulla poetica del testo.

Deittici => l’alterazione dei deittici ha ripercussioni sulla relazione tra

individui, sulla psicologia individuale del personaggio o del regista.

Riferimenti intertestuali e realia => entrambi costituiscono elementi

che caratterizzano le relazioni di un testo e di una cultura con le altre

culture. Per cui la manipolazione di questi elementi si ripercuote sulla

relazione tra sistemi culturali, ossia sulla psicologia di gruppo di elementi

della cultura del testo.


32
3.2 Analisi di quattro episodi significativi

3.2.1 Analisi del primo episodio

L’episodio che verrà analizzato per primo riguarda il comportamento

tenuto in aula da alcuni politici e dagli imputati durante la prima fase del

processo e le conseguenze di tale comportamento. Spesso gli imputati

persero il controllo e furono costretti ad abbandonare l’aula. Da questo

momento in poi quindi le indagini proseguirono basandosi esclusivamente

sulle confessioni e sulle ricostruzioni dell’omicidio da parte degli imputati.

Secondo i cinque ragazzi però furono i poliziotti a costringerli a

confessare, utilizzando alle volte anche metodi violenti. La Corte respinse

questi reclami così come degli alibi a favore di alcuni imputati. I cinque

ragazzi furono giudicati colpevoli e condannati all’ergastolo.

Questo episodio è totalmente raccontato da parte del narratore. La

sua voce è accompagnata dalle foto dei politici e degli imputati scattate in

aula, da video della folla che perde il controllo in aula e da alcuni giornali

che parlano del processo. Si analizzeranno di seguito alcuni aspetti

importanti per un’accurata analisi traduttologica:

Parole o espressioni funzionali

Testo originale Testo tradotto

The prosecution rested this case L’accusa proseguì basandosi

exclusively on the defendant’s esclusivamente sulle confessioni e

confessions and reconstructions of sulle ricostruzioni dell’omicidio da

the murder. parte degli imputati.

33
Si tratta di un’espressione funzionale in quanto rimanda alle cinque

ricostruzioni analizzate nel corso del documentario e alla loro importanza.

Non era difficile mantenere il senso della frase, ricordando così

l’importanza delle confessioni e delle ricostruzioni. Un’altra espressione

funzionale è questa:

Testo originale Testo tradotto

The defendant claimed that the Gli imputati sostenevano che i

confessions were dictated to them poliziotti li obbligarono a

by the police confessare.

Più avanti infatti viene ripresa questa affermazione e viene analizzata

in maniera più dettagliata, più di una volta. Nella mia traduzione l’unico

cambiamento è dato dalla trasformazione della frase da passiva ad attiva,

che dà meno importanza ai fautori dell’azione, ovvero i poliziotti, e dal fatto

di non aver mantenuto il verbo dettare. A mio parere però in questo caso il

concetto arriva comunque allo spettatore. Infatti, se i poliziotti obbligano gli

imputati a confessare, per far sì che le loro confessioni siano credibili

dovranno necessariamente essere uguali tra di loro, e quindi i poliziotti

dovranno dettare parola per parola le confessioni agli imputati. Inoltre la

frase tradotta è più breve rispetto a quella originale, nonché più diretta e

d’impatto, e questo è un elemento positivo per quanto riguarda la tecnica

del sottotitolaggio, che privilegia sempre frasi più brevi e immediate. Ho

potuto mettere in pratica una delle tecniche imparate nei tre anni di

università; non rimanere legati alla struttura grammaticale di partenza se il

risultato nella lingua di arrivo sarebbe chiaramente un calco o comunque

34
innaturale. È sempre meglio infatti staccarsi in qualche modo dalla

struttura di partenza per tradurre con una frase che renda meglio nella

lingua di arrivo, come in questo caso.

Parole concettuali

Testo originale Testo tradotto

Control Controllo

Confessions Confessioni

Reconstructions Ricostruzioni

Dictated Obbligarono

Rejected Respinse

Guilty Colpevoli

Sentenced to life Ergastolo

Sono molte le parole concettuali presenti in questa scena. Control è

significativa per indicare quale atmosfera regnasse in aula durante la

prima fase del processo, ed è stata tradotta da me con controllo.

Confessions, reconstructions costituiscono l’elemento fondamentale e la

linea su cui si sviluppa l’intero documentario, ovvero le confessioni e le

ricostruzioni. Dictated rappresenta l’imposizione da parte dei poliziotti sugli

imputati. Secondo questi ultimi infatti i poliziotti li obbligarono a

confessare. Come già detto prima in questo caso ho trasformato una frase

passiva in una attiva, per renderla più corta. Ho inoltre modificato il verbo

poiché era più diretto e in ogni caso più avanti verrà analizzata questa

situazione in maniera più dettagliata e quindi spiegando meglio il fatto che

35
i poliziotti dettarono agli imputati le loro confessioni. Rejected sta a

indicare il rifiuto da parte della Corte di analizzare qualunque elemento a

favore degli imputati. Parola che viene ripetuta più volte nel corso del film

e che ho tradotto con il corrispondente giuridico italiano respinse. Allo

stesso modo la Corte giudicherà i cinque imputati, dall’inizio alla fine,

guilty e quindi colpevoli. Infine l’espressione sentenced to life, essendo la

decisione ultima della Corte, è molto importante per il concetto che

esprime, ovvero quello dell’ergastolo.

Campi espressivi

Testo originale Testo tradotto

The Court rejected all of these La Corte respinse tutti questi

claims. Alibis given by witnesses in reclami, così come gli alibi dati da

favour of three defendants were alcuni testimoni a favore di tre

also rejected by the Court. imputati.

In questo episodio si può notare un solo campo espressivo che è

tuttavia di fondamentale importanza per il suo scopo. Il narratore ripete

due volte la parola rejected riferendosi alla Corte e al fatto che avesse

respinto non solo i reclami fatti dagli imputati, ma anche alcuni alibi a

favore di tre degli imputati. Questa ripetizione vuole sottolineare la

decisione, forse ingiusta, presa dalla Corte. Nella traduzione ho deciso di

non mantenere la ripetizione, dando comunque peso all’aspetto appena

preso in considerazione traducendo in questo modo: «La Corte respinse

tutti questi reclami, così come gli alibi dati da alcuni testimoni a favore di

tre imputati».
36
Realia

Testo originale Testo tradotto

Knesset member Meir Cohen- Il membro della Knesset Meir

Avidov and Meir Kahane, the leader Cohen-Avidov e Meir Kahane, il

of the extremist Kach,… leader dell’estremista Kach,…

Ascoltando questa frase mi sono posta diverse domande prima di

tradurla. La Knesset è il Parlamento israeliano e forse non tutti gli italiani

lo sanno. Trascrivere Parlamento israeliano piuttosto che Knesset però

sarebbe stata una scelta incompatibile dal punto di vista della lunghezza

dei sottotitoli, che in questo caso non dovevano superare le due righe,

poiché il proiettore avrebbe contenuto un massimo di due righe. Inoltre

anche nell’inglese il narratore mantiene la parola Knesset, a dimostrazione

che il contesto non è così incomprensibile se il termine in questione non

viene spiegato. Ho deciso così di mantenere la parola Knesset. In questo

modo la cosa peggiore che sarebbe potuta succedere sarebbe stato che

lo spettatore non avrebbe capito che la Knesset fosse il Parlamento, ma

avrebbe sicuramente capito che si trattava di personaggi politici, e questo

era ciò che importava maggiormente. Inoltre lo spettatore si sarebbe

incuriosito e sarebbe andato a ricercare il significato di Knesset,

arricchendo in questo modo la propria cultura (processo traduttivo source-

oriented). Ovviamente il problema non si poneva per il pubblico israeliano,

tanto per la Knesset, quanto per i due nomi propri, molto probabilmente

sconosciuti in Italia. Per quanto riguarda invece la parola Kach non si

pone lo stesso problema poiché essendo accompagnata dall’aggettivo

37
extremist, anche se non si conosce il partito, si può benissimo risalire al

fatto che questo sia un partito. Anche in italiano infatti ho mantenuto la

traduzione l’estremista Kach. È ovvio che in questo caso vi sia un residuo,

legato all’impossibilità di spiegare alla cultura di arrivo alcuni elementi

della cultura di partenza. Ma l’informazione fondamentale arriva

comunque allo spettatore. Inoltre la mia scelta di straniamento e quindi il

mio metodo source-oriented può far nascere nello spettatore la curiosità di

conoscere il significato di queste parole nuove e può così arricchirli

culturalmente. In questa frase inoltre ho avuto dei problemi traduttivi

poiché non avendo un copione delle battute del narratore e dovendo

tradurre direttamente dall’audio, era difficile per me capire cosa dicesse,

dato che si trattava di nomi arabi. Sono riuscita a risolvere il problema solo

attraverso la ricerca intuitiva in internet di questi nomi. Lo stesso problema

si è ripresentato in un altro episodio che non verrà analizzato, in cui il

narratore cita il nome di due vie riferendosi all’incrocio in cui Dani Katz fu

rapito. Non riuscendo a risalire a questi nomi decisi di rimanere vaga con

un semplice dove Dani Katz fu rapito.

Nella traduzione di questo episodio ho avuto inoltre difficoltà causate

dal fatto che il testo originale fosse in parte sbagliato. In un punto infatti

appaiono i sottotitoli in inglese che elencano i nomi dei cinque imputati.

Questi nomi però sono scritti in modo sbagliato. Avrei potuto non

accorgermene e riscriverli in maniera uguale. Per caso ho fatto delle

ricerche su internet e ho scoperto che i nomi si scrivevano in modo

diverso e ho deciso di correggere l’errore in quanto, pur non essendo un

errore grave che comunque non avrebbe avuto ripercussioni sulla

38
reazione degli spettatori, mi è sembrato giusto, scriverli in maniera

corretta.

Un altro problema riscontrato in questa scena è rappresentato dal

fatto che per due volte la voce del narratore si sovrappone ai sottotitoli in

inglese. In questo caso la mia scelta doveva prevedere o la traduzione

della voce narrante, o la traduzione dei sottotitoli. Ho optato per la prima

scelta poiché ho notato che il narratore in qualche modo riassumeva ciò

che veniva trasmesso dai sottotitoli oppure tralasciava alcuni particolari

poco importanti. È stata una scelta dettata dalla volontà di mantenere una

continuità della voce narrante all’interno dei sottotitoli, senza interromperla

da interventi che non dicevano quasi niente di più rispetto al narratore.

3.2.2 Analisi del secondo episodio

Verrà di seguito presentata una parte della prima ricostruzione, quella

di Fathi Janame. Ho scelto questa scena perché, pur durando molto meno

rispetto alla prima, ed essendo meno ricca di informazioni, mostra allo

spettatore l’insicurezza e la timidezza dell’imputato. Tra tutte le

ricostruzioni infatti questa è quella in cui l’imputato si mostra più fragile e

suscettibile. L’episodio inizia con un’introduzione da parte dal narratore

che spiega cosa sta per succedere: l’ispettore Ranem Ranem sta per

chiedere a Fathi se è disposto a ricostruire ciò che è successo la sera

dell’omicidio. L’ambientazione è una stanza, presumibilmente il distretto di

polizia, e la scena si svolge alle 2 di notte. L’ispettore domanda più volte a

Fathi se è disposto a mostrare alla polizia i luoghi in cui avvenne il

rapimento, l’uccisione e il trasporto del corpo di Dani Katz. Fathi è molto

insicuro e si vede chiaramente che non sa cosa rispondere. Chiede infatti

39
più volte all’ispettore se è libero di scegliere, o cosa succederebbe nel

caso in cui decidesse di non collaborare, e alla fine non riesce neppure a

rispondere all’ultima domanda dell’ispettore.

Parole o espressioni funzionali

Testo originale Testo tradotto

Are you willing to come and show Sei disposto a venire e farci

us? vedere?

L’espressione «Are you willing» è da considerarsi funzionale poiché si

ripete più volte nel corso delle varie ricostruzioni a indicare la

professionalità dell’ispettore Ranem Ranem, il quale ribadisce agli imputati

che sta a loro decidere se collaborare con la polizia o meno. In qualche

modo quindi questa espressione ricollega le cinque ricostruzioni. Nella mia

traduzione non ci sono state manipolazioni di nessun genere, data la

semplicità della frase.

Parole concettuali

Testo originale Testo tradotto

Willing Disposto

Wish Desidera

Free Libero

Have to Per forza

40
Le parole concettuali di questa scena si focalizzano sulla scelta di

ricostruire i fatti accaduti o meno da parte dell’imputato, e sul suo timore di

non poter essere libero di decidere senza subirne le conseguenze. Willing

è una parola concettuale ma anche funzionale, come già detto prima, in

quanto si riferisce all’importanza conferita alla scelta personale di ogni

imputato. Ognuno di loro infatti deve essere disposto a ricostruire,

altrimenti nessuno può obbligarli. La sottomissione ai voleri dell’ispettore

da parte di Fathi si nota dalla prima frase che pronuncia: «I’ll come. As

you wish». Questa affermazione sottolinea il timore di Fathi nei confronti

della legge e la sua predisposizione a collaborare. In italiano

pronuncerebbe qualcosa come: «Verrò. Come desidera». L’ispettore a

questo punto cerca di fargli capire che non è un obbligo, dicendogli: «No,

I’m asking you. You are free. You don’t have to». Queste due parole

esprimono chiaramente che Fathi è libero di decidere cosa fare, e non

deve per forza ricostruire gli eventi. In questo caso si tratta inoltre di

un’aggiunta, poiché l’espressione per forza non c’era nella frase iniziale,

ma è necessaria per dare lo stesso senso alla frase italiana, che altrimenti

non avrebbe la stessa enfasi di quella inglese.

Campi espressivi

Testo originale Testo tradotto

I’ll come. As you wish. Verrò. Come desidera.

If you wish I’ll come. Se lei lo desidera verrò.

If you wish I’ll stay. Se lei lo desidera resterò qui.

You want me to come, I’ll come. Se lei vuole che io venga, verrò.

41
Tutte queste frasi sono pronunciate dall’imputato Fathi Janame, ed

esprimono senza dubbio una completa sottomissione di quest’ultimo

all’ispettore Ranem Ranem. Il ragazzo è chiaramente intimidito e vuole in

ogni modo seguire la volontà dell’ispettore, nonostante costui gli abbia

ripetuto più volte di essere assolutamente libero e di poter tranquillamente

scegliere cosa fare. Il modo di esprimersi dell’imputato va a creare

un’immagine del suo personaggio, che è quella di un ragazzo impaurito e

insicuro.

Nel corso della traduzione di questo episodio riscontrai altri due

problemi, che si ripresentano all’interno di altre scene. Uno riguarda il

linguaggio giuridico utilizzato molto spesso nel documentario, dato

l’argomento principale della storia. Questo elemento rappresentò un

problema non tanto per la difficoltà nel ricercare l’esatta traduzione in

italiano di termini o espressioni giuridici specifici, quanto nel fare tutto ciò

in pochissimo tempo. Infatti le tempistiche lavorative mi costringevano a

trovare la miglior soluzione nel minor tempo possibile. Per questo motivo

non avevo tempo di consultare persone che avrebbero potuto aiutarmi

nella scelta del traducente. Mi aiutai con alcune ricerche su internet e con

le espressioni e i termini giuridici che avevo già sentito in italiano.

Testo originale Testo tradotto

Inspector Ranem Ranem turned to L’ispettore Ranem Ranem parlò con

Fathi and asked him… Fathi chiedendogli …

L’espressione turned to, apparentemente semplice da tradurre,

assume in questo caso una valenza più giuridica, in quanto diverse volte
42
viene ripetuta nel corso del documentario, sempre in riferimento alle

ricostruzioni. Decisi quindi di non dare per scontata la traduzione di turned

to con si rivolse e, siccome non trovai un equivalente più giuridico decisi di

mantenere un semplice parlò.

L’altro problema riscontrato riguardava la traduzione del pronome

inglese you. Avrei dovuto capire se fosse più fattibile che l’ispettore e

l’imputato si dessero del lei o del tu. Questa problematica ricorre durante

tutte le ricostruzioni, ma qui è presente in maniera particolare. In soli 25

secondi di documentario il pronome you viene ripetuto ben 12 volte.

Decisi alla fine che l’ispettore desse del tu all’imputato data la differenza di

età e la posizione di Fathi nella conversazione, mentre pensai che

l’imputato sarebbe stato più credibile in italiano se avesse dato del lei

all’ispettore. Le movenze, l’atteggiamento e l’insicurezza che

caratterizzano Fathi non sarebbero state in linea con il rivolgersi

all’ispettore dandogli del tu.

3.2.3 Analisi del terzo episodio

Come terzo episodio ho preso in considerazione la terza

ricostruzione, quella fatta da A’atef Sbichi. Si cerca di ricostruire ciò che è

successo la notte dell’omicidio, a partire dal rapimento. I poliziotti

personificano i complici di A’atef e l’imputato gli dice cosa fare e come

muoversi, per ripercorrere gli stessi passi di quella notte. Ho considerato

interessante questa scena perché si può vedere questa volta un imputato

diverso dagli altri, molto meno timido e più disinvolto di fronte alle

telecamere. Inoltre qui è evidente la problematica del pronome you in

quanto A’atef si rivolge continuamente ai poliziotti dicendogli cosa fare.

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Era necessario quindi prendere una decisione anche in questo caso. La

mia scelta fu coerente con quella fatta nelle altre ricostruzioni; l’imputato

dà del tu all’imputato, mentre l’imputato dà del lei all’ispettore e ai

poliziotti. Il tono più sicuro usato da A’atef rispetto agli altri imputati

convincerebbe a fargli dare del tu ai poliziotti. Questa però sarebbe stata

una scelta troppo azzardata poiché non solo avrebbe reso l’imputato più

sicuro di quanto magari non fosse in realtà, ma avrebbe posto una netta

differenza con gli altri ragazzi, una differenza che molto probabilmente non

esisteva.

Parole concettuali

Testo originale Testo tradotto

Force Costringa

Got inside Portato dentro

Tie his neck Glielo leghi al collo

Hit Colpiscono

Dead Morto

Fucked Scopato

Took to the car Portato in macchina

Queste parole costituiscono i punti di riferimento per ricostruire come

avvenne l’omicidio di Dani Katz. Il ragazzo infatti fu prima di tutto costretto

a salire in macchina, dopodiché fu portato dentro Casa Dori. A questo

punto gli legarono un fazzoletto intorno al collo e lo colpirono con un’asse.

Il ragazzo cadde per terra e i suoi presunti assassini capirono così che era

44
morto. Fu così che lo sodomizzarono e poi lo portarono in macchina.

Come dimostrato, attraverso la lettura di queste parole, una dopo l’altra, si

può ricostruire l’omicidio.

Realia

Testo originale Testo tradotto

Then Ali fucked him first, … Poi Ali l’ha scopato per primo, …

Un problema culturale dovuto al grado di volgarità dell’espressione è

stato causato dalla parola fuck. Purtroppo non potevo conoscere

l’equivalente in arabo, ma presupposi che nei sottotitoli in inglese fosse

stato riportato un traducente adeguato, non solo dal punto di vista

lessicale, ma anche culturale. Per questo motivo mi concentrai sul valore

culturale di questa parola nella lingua inglese, tenendo ovviamente in

considerazione il contesto in cui veniva pronunciata. Si sa che spesso

l’italiano tende a smorzare la pesantezza del turpiloquio, che spesso è

usato con più facilità nelle altre lingue. Pensai quindi di tradurre con

sodomizzato ma mi resi conto che se l’imputato fosse stato così fine, nei

sottotitoli in inglese avrei letto sodomized e non fucked. Alla fine quindi

decisi di mantenere lo stesso registro basso e volgare, traducendo con

scopato.

Deittici

Testo originale Testo tradotto

Like that In questo modo

45
Like this Così

Now Adesso

This Questo

Here Qui

Over there Laggiù

In questo episodio si concentra un gran numero di deittici, perché

A’atef sta raccontando come si sono svolti i fatti, indicando ai poliziotti

come muoversi per ricostruire la realtà. Sono quindi elementi molto

importanti poiché danno indicazioni precise e, se modificati, possono

alterare il ruolo dei presunti assassini e lo svolgersi delle vicende.

3.2.4 Analisi del quarto episodio

Come ultima scena significativa ho scelto una delle interviste

dell’avvocato difensore Avigdor Feldman, seguita dalla narrazione di

quanto concluso dal giudice riguardo al caso e agli imputati. Prima

dell’episodio in questione venne fatta un’intervista a un professore di

patologia che spiegò come le confessioni fatte dagli imputati non

corrispondessero a verità per quanto concerneva il modo in cui il ragazzo

era stato ucciso. Secondo le indicazioni degli imputati infatti Dani Katz

venne ucciso in maniera diversa rispetto a quanto dimostrato

dall’autopsia. Durante l’intervista, venne chiesto all’avvocato quanto fosse

importante scoprire in che modo i cinque ragazzi avessero ucciso Dani

Katz. Feldman spiegò che non era importante per lo stato di colpevolezza,

bensì lo era per capire se le loro confessioni fossero vere o false. Infatti se

alcuni punti delle confessioni non avessero corrisposto alla realtà, anche
46
punti poco importanti, ciò avrebbe significato che le confessioni sarebbero

state false. Venne chiesto un appello per la riesaminazione del caso, ma

la richiesta fu respinta. Vennero comunque analizzate tutte le questioni

provenienti dalle due istanze e alla fine il giudice Shamgar giunse alla

conclusione che la colpevolezza degli imputati era stata dimostrata,

nonostante i dubbi ragionevoli.

Parole o espressioni funzionali

Testo originale Testo tradotto

The defendence guilt was proven La colpevolezza degli imputati era

beyond reasonable doubt. stata dimostrata, oltre ogni

ragionevole dubbio.

Questa frase esprime il verdetto finale imposto ai cinque imputati. La

si può considerare un’espressione funzionale in quanto rimanda alla frase

conclusiva del documentario, che ripete esattamente le stesse parole. Sta

quindi a significare che, nonostante vennero riesaminati altri elementi delle

indagini e nonostante fossero stati trovati diversi elementi ambigui e

diversi dubbi, la decisione finale del giudice non cambiò. In questo caso

era importante fare una scelta traduttiva, e mantenerla fino alla fine,

ripetendola anche nell’ultima frase del film.

Parole concettuali

Testo originale Testo tradotto

Way Modo

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Issue of guilt Stato di colpevolezza

Whether the confessions were true Sulla veridicità delle confessioni

Details Dettagli

Consistent with reality Coerenti con la realtà

False False

Il modo in cui i sospettati uccisero Dani Katz non è importante per lo

stato di colpevolezza, bensì lo è per la veridicità delle confessioni nel loro

complesso. Infatti se esistono dei dettagli che non sono coerenti con la

realtà si dimostra che di conseguenza anche le confessioni sono false.

In questo episodio quello che salta all’occhio è il registro utilizzato

dall’avvocato. A differenza degli altri episodi, in questo caso è una

persona colta a parlare. Utilizza quindi un registro più alto e le sue frasi

hanno continuità logica, non vengono interrotte da esitazioni o ripetizioni

inutili.

Come già accaduto nel secondo episodio che è stato analizzato,

anche qui ci sono stati dei problemi di traduzione riguardanti la

terminologia giuridica.

Testo originale Testo tradotto

A plea for a rehearing… Un appello per la riesaminazione

del caso…

Quando il narratore inizia a parlare esordisce con questa frase,

difficile da tradurre poiché in un semplice dizionario si può trovare il


48
termine plea ma non si trova rehearing. Questo non rappresenterebbe un

problema se ci si trovasse di fronte a un’espressione qualunque, generica,

che non fa parte di un linguaggio specifico. In questo caso però dovevo

pensare a un modo per tradurre la frase, che fosse conosciuto e

ampiamente utilizzato in Italia, in particolar modo nel linguaggio giuridico.

Così mi affidai al mio buon senso, date le tempistiche ristrette, e la

conseguente impossibilità di consultare terzi. Tradussi quindi la frase forse

generalizzando il concetto, ma pur sempre trasmettendo l’informazione più

importante, ovvero che venne richiesta un’altra occasione per esaminare il

caso e non chiuderlo senza aver prima fatto di tutto per far sì che gli

imputati venissero dichiarati innocenti.

Inoltre si presenta lo stesso problema affrontato nell’analisi del primo

episodio, ossia la sovrapposizione della voce narrante e dei cartelli. Anche

in questo caso la mia scelta è stata mantenere i sottotitoli che seguissero

la voce narrante e non tradurre i cartelli, che dicevano le stesse cose del

narratore, semplicemente dette in maniera schematica.

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Conclusioni

Dopo aver analizzato a livello narratologico l’opera in questione, e

dopo aver inserito alcuni concetti teorici incontrati durante la lettura di

alcuni libri del settore, si sono analizzati in maniera più dettagliata e più

concreta alcuni episodi del film, tenendo in particolare considerazione le

problematiche inerenti alla traduzione. A partire dalla difficoltà di rendere

con la traduzione certe sfumature culturali, o da quella di trovare delle

espressioni giuridiche equivalenti a quelle del testo originale, fino ad

arrivare ai problemi più tecnici riguardanti i sottotitoli, come per esempio il

problema della riduzione. Da non dimenticare il fatto che le diverse

problematiche traduttive dovevano scontrarsi anche con il problema delle

tempistiche ristrette imposte dall’ambiente lavorativo. Spesso infatti molte

problematiche sarebbero risultate più semplici da risolvere se avessi avuto

il tempo di consultare terzi. Ad esempio nel caso delle espressioni

giuridiche, che si ripetono spesso nel corso del documentario, essendo

questo incentrato su un omicidio e sulle rispettive indagini. In una parte del

terzo episodio, come analizzato precedentemente, incontrai l’espressione

plea for a rehearing. Riuscii a trovare sul dizionario la parola plea ma non

rehearing. Capii subito il senso della frase, ma non sapevo come renderla

in un italiano giuridico, e putroppo internet mi servì a ben poco. Non avevo

neanche il tempo materiale per consultare persone che se ne

intendessero di quel settore, perciò decisi di tradurre con una frase poco

giuridica ma che rendeva bene il senso: Un appello per la riesaminazione

del caso.

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Alla luce di ciò posso affermare che tradurre questo documentario è

stato un compito difficile, a volte snervante a causa del poco tempo a

disposizione. D’altro canto però, posso dire con sicurezza che questo

lavoro mi è stato estremamente utile poiché ho potuto mettere in pratica,

in un vero contesto lavorativo, tutto ciò che avevo appreso durante gli anni

passati in università. Diverse volte infatti mi sono trovata a dover fare delle

scelte traduttive in cui la mia esperienza universitaria ha influito e mi ha

aiutata a fare la scelta giusta. Basti pensare alla questione riguardante la

parola Knesset, all’inizio del primo episodio. In questo caso, come

appreso in università, un buon traduttore avrebbe dovuto chiedersi se

questa parola sarebbe stata compresa dalla cultura di arrivo, o se ci

sarebbe stato bisogno di spiegazioni ulteriori. Io decisi di attenermi a una

traduzione source-oriented lasciando il termine in questione senza

spiegazioni. Non sapere cosa fosse la Knesset non avrebbe comportato

problemi di fruizione metatestuale poiché dal contesto si capiva bene che

si trattava di uomini politici. In questo modo quindi lo spettatore curioso si

sarebbe andato a informare sulla Knesset, arricchendo così la sua cultura.

Un altro episodio significativo in cui la mia esperienza universitaria mi

aiutò a risolvere il problema è il terzo episodio, nel punto in cui l’imputato

A’atef Sbichi dice fucked. Ovviamente non potevo basarmi sulla parola

araba originale, ma solo su quella inglese che compariva nei sottotitoli,

pensando che fosse stato mantenuto lo stesso registro e la stessa

sfumatura dell’arabo. Quando in università ci capitava di tradurre testi di

registro basso o che usavano turpiloqui, ci veniva consigliato di smorzare

la pesantezza di tali termini nei limiti del possibile, poiché l’italiano

generalmente è una lingua più pudica rispetto alle altre. A volte però ci
51
veniva detto che se tale espressione era necessaria per delineare il

carattere di un personaggio e alterandola si sarebbe modificata l’immagine

che tale personaggio avrebbe dovuto dare di sé, allora in quel caso era

possibile mantenere il turpiloquio, anche per rimanere coerenti con il

contesto in questione.

Anche il corso che ho frequentato a Londra quest’estate, Translation

for media, è stato molto utile, in particolar modo per le questioni più

tecniche riguardanti i sottotitoli. Tornando sempre all’esempio della

Knesset, tradurre con Parlamento israeliano avrebbe portato via troppo

spazio, dato che generalmente dei buoni sottotitoli devono essere

contenuti in due righe, e così facendo sarei arrivata a tre righe. Senza

parlare del fatto che nel caso specifico del Milano Film Festival vengono

proiettate esclusivamente due righe di sottotitoli, e tutto ciò che va oltre le

due righe non viene visualizzato. Un altro problema affrontato anche

durante il corso a Londra era la sovrapposizione tra la voce narrante e i

sottotitoli in inglese o i cartelli in inglese, che si ripete in diverse parti del

documentario. In questo caso avrei dovuto fare una scelta decidendo di

tradurre o gli uni o gli altri. Decisi di tradurre solo la voce narrante poiché

diceva, con altre parole, ciò che appariva invision. Inoltre feci questa

scelta per dare una continuità alla voce narrante, senza interromperla, in

quanto i sottotitoli o i cartelli che non venivano tradotti non aggiungevano

informazioni essenziali a quanto detto dal narratore.

In conclusione posso affermare che questa esperienza lavorativa è

stata per me molto utile e formativa e mi ha fatto appassionare ancor più

al mondo della traduzione audiovisiva.

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Riferimenti bibliografici

Bollettieri Bosinelli, R.M., Tradurre per il cinema, in Zacchi, R. e Morini M.,

Manuale di traduzioni dall’inglese, Mondadori, Milano, 2002, pp. 76-88.

Chines, Loredana e Varotti, Carlo, Che cos’è un testo letterario, Carocci,

Roma, 2003.

Eco, Umberto, Dire quasi la stessa cosa, Milano, Bompiani, 2003.

Heiss, Christine e Bollettieri Bosinelli, R.M., Traduzione multimediale per il

cinema, la televisione e la scena, Bologna, Clueb, 1996.

Ivarsoon, Jan e Carroll Mary, Subtitling, TransEdit HB, 1998.

Jakobson, Roman, Aspetti linguistici della traduzione, in Nergaard, Siri,

Teorie contemporanee della traduzione, Milano, Bompiani, 2002, pp. 51-

62.

Nergaard, Siri, Introduzione, in Teorie contemporanee della traduzione,

Milano, Bompiani, 2002, pp. 1-48.

Nergaard, Siri, Principi per una analisi descrittiva della traduzione, in

Teorie contemporanee della traduzione, Milano, Bompiani, 2002, pp. 181-

223

Osimo, Bruno, Propedeutica della traduzione, Hoepli, 2004.

Osimo, Bruno, Traduzione e qualità, Milano, Hoepli, 2004.

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Ringraziamenti

Le persone che vorrei ringraziare sono molte.

Per cominciare vorrei ringraziare la mia famiglia, che mi ha sempre

sostenuta in questi tre anni, non facendomi mai sentire sola nei momenti

più difficili. In particolar modo vorrei ringraziare mia sorella Valentina, per il

tempo dedicato ad aiutarmi a preparare questo o quell’esame. Ma anche

per essermi stata vicina fino alla fine, e per avermi accompagnata al

Milano Film Festival a vedere il “mio” film, sapendo quanto questo gesto

sarebbe stato importante per me.

Un grazie anche alle mie amiche, che molto spesso ho dovuto

trascurare a causa degli impegni universitari e che nonostante questo

sono sempre state presenti.

Non potrei mai dimenticarmi poi di ringraziare le “amighe + fra”, i miei

carissimi compagni di corso, la mia seconda famiglia. Ne abbiamo passate

tante insieme, abbiamo riso, pianto e condiviso i momenti belli e quelli

brutti. Hanno reso il mio percorso universitario unico e indimenticabile.

Infine vorrei ringraziare il mio relatore Andrew Tanzi per la sua

grande disponibilità e la sua presenza costante nel corso della stesura

della tesi. Non è semplice e scontato trovare dei professori così gentili e

disponibili.

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