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Sigmund Freud

Sulla circoncisione

Antologia a cura di Nicola Spinosi


L'idea di Freud che la circoncisione di cui si fa uso tra gli ebrei alimenti
l'antisemitismo, come nei brani qui scelti si legge, non è molto
interessante, se la confrontiamo con l'idea che il complesso di
castrazione, costrutto teorico centrale del freudismo, sia legato alla
pratica della circoncisione ed ai fantasmi di circoncisione, in quanto
àncora tale costrutto all'ambito ebraico e diminuisce in modo drastico
la portata antropologica della psicanalisi freudiana.
Qui di seguito ho trascritto alcuni dei brani, rintracciati nella
traduzione italiana delle Opere complete di Freud secondo il metodo
della consultazione degli indici analitici. In realtà ho individuato circa
venticinque luoghi dove si tratta di circoncisione, ma ho scelto solo
una parte di essi.
Sostenere l'idea non nuova, certo, che la psicanalisi sia una disciplina
che nasce e prospera in ambienti ebraici, non significa dirla falsa o
sbagliata: significa contestualizzarla.
In Fobia di un bambino di cinque anni, testo del 1908 più noto come Il
piccolo Hans, (volume V delle Opere complete, ed.Boringhieri), a pag.
504, in nota leggiamo:

"Il complesso di evirazione è la più profonda radice inconscia


dell'antisemitismo, giacché fin da piccolo il bambino sente dire che
l'ebreo subisce un taglio al pene (un'amputazione del pene, interpreta
il bambino), e ciò gli dà il diritto di disprezzarlo. Anche il senso di
superiorità nei confronti della donna ha la stessa profonda radice
inconscia. Weininger (...) accomuna donne ed ebrei nella stessa
avversione e li ricopre con le stesse ingiurie (...) è completamente in
balia dei complessi infantili, rispetto ai quali donne ed ebrei hanno in
comune di trovarsi in relazione col complesso di evirazione."

Otto Weininger, invero, non menziona la circoncisione, almeno non nel


capitolo XIII del suo Sesso e carattere, dedicato appunto agli ebrei. La
traduzione di cui dispongo fu edita nel 1942 dall'editore Bocca, Milano.
Il celebre testo risale invece al 1903.

Discute l'idea freudiana della circoncisione come fonte di


antisemitismo Otto Fenichel in "Elementi di una teoria psicoanalitica
dell'antisemitismo" (1946), leggibile nella raccolta realizzata da
M.Bertani e M.Ranchetti, La psicoanalisi e l'antisemitismo, pubblicata
nel 1999 da Einaudi:

(pag.23) "Naturalmente, non è mia intenzione cercare di affermare


che l'antisemitismo consista soltanto nel disprezzo che il non
circonciso rivolge al circonciso, vedendo in esso un soggetto
svirilizzato e temendo che, per vendetta, il circonciso possa desiderare
di circoncidere pure lui. La questione è certamente più complicata di
così e la circoncisione è soltanto una della tante pratiche che viene
vissuta come perturbante. Vorrei comunque provare a elaborare i
contenuti che Freud intendeva esprimere con la sua annotazione.
La circoncisione non è una pratica seguita unicamente dagli ebrei.
Molte razze possiedono a loro volta questa usanza arcaica; il problema,
qui, è quello di cercare di capire come mai gli Ebrei hanno mantenuto
un atteggiamento conservatore a questo proposito, come per altro a
proposito di tante altre pratiche. Se si escludono le popolazioni
orientali, la circoncisione è praticata presso molte razze primitive, il
che costituisce una prova di quanto sia antica la natura di questa
usanza. Alcune razze primitive che non praticano la circoncisione,
hanno comunque altre pratiche analoghe, consistenti in interventi più
o meno cruenti operati sulle zone genitali."

Fenichel non allude alle note menomazioni genitali effettuate ancora


oggi sulle bambine, il suo discorso è riferito ai giovani maschi e alle
"cerimonie iniziatiche, a seguito delle quali i giovani vengono accettati
nella comunità degli adulti."
Tale pratica, continua Fenichel, "per qualche ragione sconosciuta, nel
caso degli Ebrei, è stata spostata dalla pubertà all'infanzia."

(...) "La conoscenza di questa usanza da parte delle popolazioni non


circoncise ha indubbiamente fatto crescere la sensazione che attorno
agli Ebrei esista qualcosa di perturbante."
Torniamo a Freud. Ne L'uomo dei lupi, testo del 1914, a pag. 559 del
volume VII delle Opere complete leggiamo:

"(...) dalle letture e dalle discussioni relative alla storia sacra <il
paziente> era certo venuto a conoscenza della circoncisione rituale di
Cristo e degli ebrei in generale. (...) il padre divenne per lui il
terrificante personaggio da cui pendeva la minaccia dell'evirazione. Il
Dio crudele da cui pendeva la minaccia dell'evirazione.

E a pag. 560: "Le allusioni e la minacce di evirazione che egli aveva


udito, erano state in verità pronunziate principalmente da donne (...).
Nonostante tutto e alla fin fine fu suo padre a diventare per lui la
persona da temere per l'evirazione.
(...) nella preistoria fu certo il padre a praticare l'evirazione come
castigo, ridimensionandola poi in epoche successive alla semplice
circoncisione."
Ne L'uomo Mosé e la religione monoteistica, del 1934-38 (volume XI
delle Opere complete) a pag. 354 leggiamo:

"Mosè non diede solo una nuova religione agli Ebrei; con pari sicurezza
si può affermare che egli introdusse presso di loro la consuetudine
della circoncisione."

A pag. 412 dello stesso testo leggiamo:

"(...) uno dei costumi per cui gli Ebrei si distinguono, quello della
circoncisione, ha fatto un'impressione sgradevole e inquietante, che si
spiega facilmente con il suo richiamo alla temuta evirazione."

A pag. 439:

"Quando sentiamo che Mosè "consacrò" il suo popolo introducendo


l'usanza di circoncidersi, comprendiamo adesso il senso profondo di
quest'affermazione <"la volontà del padre non era soltanto qualcosa
d'intoccabile, qualcosa da tenere altamente in onore, ma anche
qualcosa di fronte a cui si tremava, perché esigeva una profonda
rinuncia pulsionale" - stessa pagina>. La circoncisione è il sostituto
simbolico dell'evirazione, che un tempo il padre primigenio nella
pienezza del suo potere assoluto aveva inflitto ai figli; chi accettava
questo simbolo, mostrava con ciò di sottomettersi al volere del padre
anche se questi gli imponeva il sacrificio più doloroso."
In Compendio di psicoanalisi, del 1938, ancora nel volume XI delle
Opere, a pag. 616/17 leggiamo, colpiti dalla forza della convinzione
che Freud ancora ha:

"Quando il bambino (a partire dal secondo o terzo anno di età) è


entrato nella fase fallica della sua evoluzione libidica, ha ottenuto
sensazioni voluttuose dal suo membro e ha imparato a procurarsene
altre a volontà mediante stimolazioni manuali, egli si trasforma
nell'amante di sua madre. Il bambino desidera possedere fisicamente la madre
nelle forme consentitegli dalle idee che si è fatto sulla vita sessuale in base alle
proprie osservazioni e presunzioni, e cerca di sedurla mostrandole il suo
membro maschile, del cui possesso va molto orgoglioso."

Il corsivo è a cura del sottoscritto. Leggiamo oltre:

"La madre ha capito benissimo che l'eccitamento sessuale del suo


bambino è rivolto a lei stessa. Prima o poi le viene in mente che non è
opportuno lasciarlo fare, e crede di esser nel giusto proibendo al
bambino di occuparsi manualmente del suo membro. La proibizione
non serve a granché (...). Infine la madre ricorre a un mezzo estremo,
minaccia il bambino di togliergli l'arnese con cui egli la sfida. Di norma
ella delega l'esecuzione di questa minaccia al padre, nell'intento di
renderla più terrificante e più credibile. Sarà lei stessa a dirlo al padre
e questi taglierà il membro. (...) Di per sé al bambino sembra
assolutamente inimmaginabile che una cosa del genere possa
succedere. Ma alla vista di un genitale femminile gli vien fatto di
rammentare questa minaccia (...) allora egli comincia a credere alla
serietà di ciò che ha udito e, entrando sotto l'influsso del complesso di
evirazione, sperimenta il più forte trauma della sua giovane vita."

In nota, e siamo a pag. 617, leggiamo:

"L'antichissimo costume della circoncisione, anch'essa un sostituto


simbolico dell'evirazione, non può essere compreso che come
espressione della sottomissione alla volontà del padre."
La fondamentalità dei temi riconducibili alla evirazione o castrazione
nella psicanalisi freudiana è indiscutibile, e lo abbiamo qui
documentato per mezzo della lettura di un'opera del 1938, che indica
la fermezza finale, diciamo, delle convinzioni di Freud.
L'evirazione come fantasia e timore, angoscia, è, come abbiamo letto,
da Freud esplicitamente connessa con la realtà della circoncisione e
della sua tradizione, estesa a numerosi popoli, tra cui gli ebrei.
Come è quasi a tutti noto, Freud era ebreo e doveva aver avuto a che
fare con il tema della circoncisione, anche senza che noi si debba far
ricorso, come abbiamo appena fatto, ai suoi scritti, per dimostrarlo.
Da qui a sostenere che il decisivo tema dell'evirazione o castrazione,
nella psicanalisi freudiana, stia a rimorchio di quello ebraico della
circoncisione, ebbene sì, c'è poca differenza.
Freud, come se avesse indovinato l'ipotesi appena formulata, sostiene
che la circoncisione è un ingrediente dell'antisemitismo, in quanto
sarebbe disprezzata. Ciò costituisce un marchingegno difensivo della
teoria di Freud circa la centralità del tema dell'evirazione nello
sviluppo delle persone di sesso maschile, da quando sono bambini in
poi.
Sicuramente il tema è centrale nello sviluppo delle persone ebree di
sesso maschile, perché tra loro e in loro circola nella realtà e/o nella
fantasia il tema della circoncisione.

spinnic@libero.it

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