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Da una finestra del nostro eremo noi due monaci, gli ultimi
lasciati dal nostro Ordine in questa terra inospitale,
osserviamo lo svolgimento di uno scontro armato tra due
fazioni che si odiano da molti decenni. Da una parte arabi del
posto, dall'altra gli usurpatori. Questi ultimi, che usano
narrare al mondo e ai loro figli di aver trasformato un deserto
in giardino, anche stavolta prevalgono.
Uno dei combattenti in rotta ci chiede ospitalità. E' agitato,
trema e sembra pregare: noi non conosciamo che poche parole
della sua lingua, ma crediamo che lui stia pregando. A un
tratto costui ci vomita addosso.
Mi occupo quindi di sfilare il saio sporco - di vomito ma anche
di una sorta di muco gelatinoso - dal corpo offeso del mio
confratello, che è rimasto completamente immobile; poi tolgo
da solo questa porcheria dal mio saio.
Per la verità il getto di vomito e muco emesso dalla bocca del
combattente in rotta ha colpito più il mio confratello che non
me. Non ne sono contento, infatti il nostro Ordine da sempre
proibisce la contentezza, al posto della quale impone
l'abnegazione. Quando da ultimo alzo gli occhi in direzione
dell'arabo, mi accorgo che è sparito.
Un'attività poco nota di Jung
Nel nostro Paese d'origine non sei accolto nei grandi alberghi
se non mostri di appartenere alla classe dei Signori. Costoro
sono persone ricche e potenti, dignitari dello Stato, industriali,
grandi commercianti oppure membri della Nobiltà - non dico
che debbano appartenere alla Corte, in questo il nostro
Sovrano è alquanto liberale. I Signori pervengono ai grandi
alberghi e scendono da automobili nere, in genere, di ottima
marca, e subito fanno portare la loro splendida valigeria da
stuoli di inservienti ossequiosi. Io, come conseguenza del fatto
che non faccio parte della classe dei Signori, non ho mai
neppure provato a accostarmi a un grande albergo, che
comunque non potrei permettermi, dal momento che una
stanza, una sola stanza, non una suite, costa fino a duemila
talleri al giorno.
Durante il mio recente viaggio di nozze all'estero, lo confesso,
ho tentato di farmi amare ancor di più dalla mia sposa
esibendo una sfrontata sosta davanti al miglior albergo di F.,
certo interiormente, però, che mi avrebbero respinto a motivo
della modestia della nostra automobile, piccola, verde e non
pulitissima.
Si sa, il viaggio!
Con mia grande sorpresa invece siamo stati accolti in modo
cordiale e rispettoso insieme dal personale dell'albergo, e
gl'inservienti ci hanno portato in camera le nostre borse di tela
cerata, invero alquanto sdrucite, ciò che fa fino in certi
ambienti del nostro Paese, ma che riceve immediata ripulsa
dal personale responsabile dei nostri grandi alberghi.
La mia esibizione di sfrontatezza diretta a conquistare
l'ammirazione totale della mia diletta sposa - non serve
precisare che il cuore femminile è sensibile alla sfrontatezza
maschile - mi è costata ottocento corone, mille dei nostri
talleri, ragione per cui il nostro viaggio di nozze si è dovuto
ridurre di alcuni giorni.
Avrei dovuto studiare in anticipo le abitudini sociali dei Paesi
scelti da me per il mio viaggio di nozze.
La sposa ha tenuto per settimane il muso.
Parenti stretti
Una volta, ai tempi dei nostri bisnonni, che non sono i vostri,
storie del genere si chiamavano "amori ancillari".
Faccio a piedi il giro del lago. E' immenso. A tratti non riesco a
mantenere il contatto con la riva, bisogna che me ne allontani.
Mi trovo oltre un'altura. Percorsi alcuni chilometri mi accorgo
di essermi smarrito.
Dopo qualche imprecazione, che sbiadisce però nella coscienza
che ho di guadagnarmi la mia vera meta, sbuco dal bosco e
rivedo l'acqua del mio lago. Scendo verso la riva e riprendo il
giro mentre la notte si avvicina. Monto la tenda e provo a
dormire nel sacco a pelo.
Peccato che si levi un vento fortissimo. Passo ore impugnando
per sicurezza uno dei ferri che sostengono la tenda, e non
dormo.
Infine mi addormento - sogno una fanciulla che vidi cinquanta
anni fa, sparita non so come. Mentre sogno mi duole la perdita
al punto di svegliarmi. Ho gli occhi bagnati. "E' pioggia o
pianto?"
Sta piovendo forte, tutto qui. La tenda non bene tesa tiene
poco l'acqua.
Arriva il giorno. Smonto la tenda e riprendo la marcia in vista
del castello - nel secolo scorso servì da rifugio al Re durante la
guerra. E' la meta del mio faticoso cammino. Espiatorio.
Salirò al castello, lo visiterò.
"Che giorno è? Che anno è?"
Basta cantare! Il portone è chiuso; busso, mi apre uno che
assomiglia a mio nonno Vanni, ma è solo il custode.
- Non è giorno di visite, dice.
- Suvvia, signor custode, vengo da lontano, a piedi, sono un
cultore di storia del novecento, scrivo sul Re, abbia la cortesia
di farmi passare, gliene sarò grato.
- Non vale qui la gratitudine, risponde il custode, ed indica il
lago sottostante.
- Vale cosa?
- Niente, risponde il custode, non importa; e mi ammette.
Il salone è al piano nobile: qui il Re riceveva i ministri, i
cortigiani e le cortigiane, i diplomatici e le diplomatiche, i
consiglieri e le consigliere. E i suoi carcerieri. Mi agghiaccia,
con la sua severità tenebrosa. Dal lago filtra una luce
„opalescente“.
- Ma che cosa dice? - chiede il custode. Con chi parla?
- Registravo le mie impressioni sul salone, non le pare che la
luce tenue sia opalescente?
- E cosa vorrebbe dire?
- Non conosce questa parola?
Fa freddo - qui non viene mai nessuno, spiega il custode, io
abito a pianterreno in due stanze riscaldate. Quando scende le
offro un punch.
- Vorrei fotografare l'appartamento del Re.
- Non si deve! Le darò qualche cartolina ricordo.
"Non si deve". Che tipo il custode! Non appena mi lascia da
solo scatto qualche decina di foto. Arredamento anni trenta!
Che goduria! Mi fermo nello studio del Re, entro nella sua
stanza da letto, nella biblioteca, in realtà piena di fascicoli
periodici, le "riviste" che Lui tanto amava leggere per capire
che cosa gli intellettuali pensassero del suo governare. Che gli
intellettuali pubblicavano perché Lui non sapesse quel che
davvero pensavano. Fa dappertutto un freddo micidiale, un
freddo storico. Non c'è un filo di polvere.
Mi ricordo che da bambino venni su questo lago con i genitori
e ci fermammo a dormire in un albergo dove il mio letto però
era gelido. Chissà quanto erano emozionati i miei genitori
dalla prossimità del castello del Re! Eppure non me ne
parlarono affatto.
Sciopero dei giornali
(2012-2020)
Nota dell'autore:
(Novembre 2020)
Nicola Spinosi