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APPROCCIO DI STEWART:

Oltre alla valutazione "classica" dell'equilibrio acido-base


che sicuramente ha un impatto clinico notevole e permette di
gestire adeguatamente anche le problematiche pi avanzate,
nella realt fisiologica dell'equilibrio acido-base entra in gioco
il modello fisico-chimico che prende in considerazione la presenza di
sostanze acidofile e lo Strong Ion Gap. Tale modello, chiamato
anche modello di Stewart non un modello matematico completo ed
esaustivo, ma comunque rilevante perch un costrutto potente che
pu portare in luce alcuni elementi fisiologici che spesso si ignorano.
CO2 + H2O = H2CO3 = H+HCO3
Il modello tradizionale di equilibrio acido-base prende in considerazione la
CO2 i bicarbonati ed il loro rapporto secondo l'equazione di HandersonHasselbach gi mostrata precedentemente (si veda il capitolo
precedente, Capitolo 5.1.5); oltretutto, secondo il principio di Le Chtelier
se si modifica un reagente, si ha un cambio di concentrazione in tutti gli
elementi, fino a trovare un nuovo equilibrio. In questo modello elementare
mostrato qui sopra esiste un equilibrio fra l'anidride carbonica ed i
bicarbonati; per il bilanciamento delle masse, un'alterazione
(aggiuntiva/riduttiva) di uno dei due elementi principali affligge anche
l'altra variabile per equilibrare le masse. Il fatto che gli ioni idrogeno siano
milioni di volte di meno che i bicarbonati, significa che esistono altre forze
che regolano il pH.
Se secondo Le Chtelier si pu predire lo spostamento della reazione in
base alla condizione clinica che si verifica, non si pu prevedere il
magnitudo di tale alterazione. Solamente l'osservazione empirica
permetter di valutarlo e poter trattare i pazienti. L'anion gap (anche
questo trattato nel capitolo precedente, Capitolo 5.1.5) viene
generalmente utilizzato per la diagnostica differenziale delle acidosi
metaboliche; anche questo suggerisce la presenza di anioni non misurati,
fra cui gli acidi non volatili. A differenza del modello classico, il modello

fisiochimico enfatizza come gli anioni ed i cationi devono equilibrarsi


secondo la legge dell'elettroneutralit; una distruzione di tale equilibrio
pu pertanto essere in grado di alterare anche l'equilibrio acido-base, le
cui modifiche sono collegate alla comparsa di disordini elettrolitici.
Gli strong ions (letteralmente "ioni forti") si assume che siano
completamente separati nel corpo, anche se possono essere persi o
acquistati in maniera disproporzionata durante alcune patologie; la
differenza fra la somma di tutti i cationi e di tutti gli anioni si chiama strong
ions difference (SIG) e si pu scrivere come segue:
SIG = Na + K + Ca + Mg - Cl
Il modello di Stewart indica come l'equilibrio acido-base si basi sul
concetto che la concentrazione di idrogeno e di bicarbonati non sono
determinati in maniera indipendente, ma sono dipendenti a loro volta
da 1) la CO2 e dalle sue relazioni complesse con la produzione e
l'eliminazione (si vedano i capitoli specifici sull'ipossia), cos come dalle
trasformazioni in HCO3 secondo il principio di Le Chtelier, 2) la
dissociazione dell'acqua, 3) gli ioni solubili, 4) la SIG e5) le concentrazioni
di albumina e di altri buffer. Ecco pertanto come la modifica in uno di
questi elementi porti in maniera conseguente (ed in parte prevedibile)
anche dell'equilibrio acido-base.
Secondo il principio della elettroneutralit, ogni carica deve essere
bilanciata; la soluzione matematica di queste reazioni complessa e non
di alcuna utilit clinica concreta nella diagnosi e management
dell'equilibrio acido-base. Ma il concetto che sta alle spalle di tale calcolo
quello di vedere i diversi sistemi come legati fra loro e, in alcuni singoli
casi, poter "prevedere" come le modifiche nella somministrazione/perdita
di elettroliti abbia conseguenze sull'equilibrio acido-base e viceversa.
FLUIDI ED EQUILIBRIO ACIDO-BASE:
L'analisi della chimica dell'equilibrio acido-base secondo

questo concetto parte da una domanda che si pose Peter Stewart:


"cosa determina la concentrazione degli ioni idrogeno (e quindi il
pH) in una soluzione acquosa?". L'analisi chimica porto Stewart a
rispondere a tale domanda coinvolgendo alcuni fattori quali:
la tipologia di solvente (acqua se parliamo di fluidi IV),
lo strong ions inteso come le sostanze che sono completamente
dissociate nel solvente (come Na, K, Cl) e gli ioni deboli che sono
parzialmente dissociate nel solvente in accordo con la loro costante di
dissociazione (pK), come l'albumina plasmatica. Da qua Stewart cre un
sistema di equazioni che posa il pH comevariabile dipendente e tre
variabili come indipendenti ed in grado di modificare il pH:
1.

pCO2: pressione parziale di CO2 regolata dalla gittata cardiaca,


dalla ventilazione alveolare e dal metabolismo cellulare (maggiori dettagli
nel capitolo dedicato alle cause di ipossia, Capitolo 3.1). Un aumento di
CO2 in grado di portare ad acidosi respiratoria, mentre una sua
riduzione in grado di portare ad alcalosi respiratoria; in entrambi i casi la
sua modifica altera il pH (vedi il capitolo precedente dedicato alle
informazioni base, Capitolo 5.1.5).
2.
ATOT: rappresenta la concentrazione totale degli acidi non volatili
(soprattutto albumina e fosfati negli spazi extracellulari); quando il suo
valore aumenta porta ad una acidificazione del pH in quanto rappresenta
la somma di tutti gli acidi liberi nel sangue.
3.
SID: rappresenta lo strong-ion difference definito come la differenza
fra la somma di tutti i cationi principali (Na, K, Mg e Ca) e la somma di
tutti gli anioni principali (soprattutto Cl e lattato). Secondo il diagramma di
Gamblegram (vedi foto sotto) esiste un equilibrio fra la somma di cationi
ed anioni, equilibrio che si sposta in caso di patologia modificando
pertanto il pH.

AVVELENAMENTO DA ETILEN-GLICOLE:
L'etilen-glicole una sostanza liquida estremamente dolce che
facilmente disponibile sul mercato; generalmente viene
utilizzata nelle sostanze antigelo, ma anche in diversi cosmetici,
pitture e detergenti. diventato famoso nel 1985 quando l'etilenglicole stato aggiunto ai vini austriaci sia distruggendo tali vini per
diversi anni che portando a qualche lieve intossicazione. In USA nei 2011
sono stati registrati circa 7.000 casi di intossicazione
volontaria/accidentale.
FISIOPATOLOGIA:
L'etilen-glicole viene assorbito rapidamente dallo stomaco e dal
piccolo intestino per poi essere rapidamente distribuito in tutto il
corpo; gli effetti tossici dell'etilen-glicole sono provocati dai suoi
metaboliti dopo la degradazione della glicol-aldeide dall'alcoldeidrogenasi (A-DH, lo stesso enzima di metabolismo dell'alcol etilico) in
glicolato, glicossilato ed ossalato i quali portano alla formazione di cristalli
di assalto di calcio. Tali cristalli precipitano in diversi organi, soprattutto
nel cervello, cuore, polmoni ed in particolare nel rene.

Nonostante che gli effetti tossici dipendano dalla scissura e dal


metabolismo dell'etilen-glicole, i sintomi ed i valori di laboratorio (come
l'acidosi metabolica con anion gap aumentato e l'aumento del gap
osmolare) possono cambiare nel tempo come modifiche nell'equilibrio fra
l'etilen-glicole ed i suoi metaboliti. Nelle intossicazioni acute, infatti, il gap
osmotico precede l'acidosi metabolica ad alto gap anionico, mentre
nelle intossicazioni tardive tale acidosi aumenta sempre di pi come
conseguenza della formazione dei metaboliti.
L'azione tossica si esplica soprattutto a livello del sistema nervoso
centrale, mentre a livello metabolico, renale le conseguenze sono
secondarie al metabolismo di cui sopra; la trasformazione della glicolaldeide nei tre metaboliti tossici favorisce la formazione e l'accumulo di
lattato. Si parla pertanto di tre fasi successive: la fase di danno cerebrale,
la fase dell'acidosi metabolica e la fase del danno renale.
DIAGNOSI:
Clinicamente l'intossicazione si manifesta con depressione del SNC come
da abuso di alcol etilico, che i casi seri pu portare a confusione, atassia,
tremore, distrarrai fino al coma; generalmente tali sintomi trovano il loro
acme fra le 6-12 ore dopo l'ingestione della sostanza. All'olfatto il
paziente non presenta odore di alcol e questo mismatch fra la clinica
neurologica e l'assenza di odore di alcol deve far sospettare la malattia. A
seguito di questa prima fase di forma progressivamente un'acidosi
metabolica lattica con peggioramento dello stato cardiovascolare che pu
arrivare all'edema polmonare acuto fino ad uno shock cardiogeno in casi
severi. Il coinvolgimento renale diviene evidente dopo 48-72 ore con
formazione di cristalli di assalto di calcio che precipitano nelle urine, con
conseguente ipocalcemia.

La diagnosi non facile se non si ha il sospetto clinico, dato che non


esiste alcun sintomo specifico ed anche il laboratorio non analizza n
cerca in maniera standard tale sostanza; il sospetto clinico si deve
avere per tutte le forme di acidosi metabolica con gap anionico
aumentato, anche alla luce dell'acronimo gi visto GOLD MARRK (vedi il
capitolo sull'equilibrio acido/base generale, Capitolo 5.1.5) dove la prima
sostanza da prendere in considerazione difatti l'etilen-glicole.
Bisogna stare attenti alla falsa elevazione dei lattati (anche con valori
attorno a 10-2 mmol/l), in particolare quando i valori son estremi per il
dato clinico che si ha di fronte. I metaboliti dell'etilen-glicole presentano la
stretta struttura chimica del lattato, per cui tali metaboliti sono responsabili
di una falsa elevazione di laboratorio come errore di misurazione
(soprattutto quando viene utilizzata la L-lattato ossidasi per le misurazioni,

con falsi positivi in caso di intossicazione da etilen-glicole e falsi negativi


quando si ha una elevazione del D-lattato).
GAP - OSMOTICO:
Il gap osmotico dato dalla differenza fra l'osmolarit misurata e la
somma delle tre molecole principali che determinano tale osmolarit, in
particolare il sodio, l'urea ed il glucosio; la formula chimica per il calcolo
la seguente:
Gap osmotic = osmolarit misurata - ((Na * 2) + BUN + glicemia)
I valori normali di riferimento generalmente sono inferiori a 6 mmol/Kg;
l'aumento del gap osmotico dovuto alla presenza di sostanze che
aumentano l'osmolarit ma non sono previste nell'equazione appena
vista. Generalmente bisogna pensare a diverse cause, quali
l'intossicazione da etanolo,
la pseudoiponatremia daiperproteinemia/iperlipidemia
severa, insufficienza renale cronica e l'intossicazione da alcol
tossici (come l'etilen-glicole). Le prime due cause generalmente non
hanno un gap anionico elevato.
In caso di intossicazione probabile/certa da etilen-glicole, tramite la
misurazione del gap osmotico inoltre possibile calcolare
le concentrazioni plasmatiche di etilen-glicole tramite le formula che parte
proprio dal gap osmotico:
Concentrazioni (g/L) = (gap osmotico) * (peso molecolare/1.000)
TERAPIA:
In caso di intossicazione, l'assorbimento della sostanza talmente rapido
che l'esecuzione di una lavanda gastrica e/o la somministrazione di
carbone attivo si rileva sempre insufficiente ed inadeguata; ci si deve
pertanto concentrare su meccanismi di antidoto IV e di rimozione (come
ben spiegato nell'apposito capitolo sulle intossicazioni, vedi il Capitolo
4.8).

Dato che l'etanolo ha una affinit per l'enzima epatico A-DH 10 volte
maggiore rispetto all'etilen-glicole, l'etanolo ha unlegame competitivo che
pu inibire la formazione di metaboliti tossici; il risultato della
somministrazione di etanolo quello di aumentare l'emivita plasmatica di
etilen-glicole, con riduzione degli effetti tossici. Se viene somministrato
precocemente in grado di ridurre gli effetti tossici dell'etilen-glicole,
evitando anche l'esecuzione della dialisi. Le dosi sono indicate nella
tabella; il tasso plasmatico generalmente da mantenere attorno a 100150 mg/dl ed da proseguire fino alla riduzione dell'etilen-glicole sotto a
20 mg/dl con scomparsa dell'acidosi metabolica. La somministrazione IV
richiede un monitoraggio in ICU, sapendo che presenta effetti collaterali
sul SNC (maggiore depressione), ipoglicemie ed un monitoraggio dei
tassi plasmatici.

Il Fomepizolo un inibitore competitivo dell'A-DH relativamente che pu


essere utilizzato al posto dell'etanolo. Nelle linee guida correnti
raccomandato l'utilizzo di Fomepizolo come trattamento di prima linea in
caso di intossicazione da etilen-glicole, dato che generalmente
l'emodialisi non risulta necessario se si inizia una terapia con Fomepizolo.
Per prevenire i danni tossici nei diversi tessuti risulta fondamentale
iniziare la terapia il prima possibile; se iniziato prima dello sviluppo di
acidosi metabolica si dimostrato in grado di ridurre/eliminare
l'evoluzione verso tale fase; se invece viene somministrato prima del
danno renale, si dimostrato in grado di ridurre il danno tissutale.
Rispetto all'etanolo, il Fomepizolo si dimostrato avere una minore
clearance renale, assenza di depressione sul SNC ed ipoglicemia, ed
unamaggiore facilit di mantenimento del tasso ematico.
La somministrazione di NaBic 8.4% 100 ml indicata per la correzione
dell'acidosi metabolica quando questa supera il valore di pH sotto a 7.20
(in assenza di chiare controindicazione alla somministrazione del
farmaco). La sua somministrazione comporta un'alcalinizzazione delle
urine che sono da mantenere con pH oltre 7.0, cos da favorire
l'eliminazione di assalto di calcio senza precipitazione dei cristalli e
conseguente danno renale (anche se questo non stato ancora
trasformato in un reale beneficio clinico). La somministrazione
di Vitamina B6 e B1 si pensa possa accelerare la trasformazione
dell'etilen-glicole in prodotti non tossici, ma tale condizione non stata
chiaramente dimostrata nell'uomo. Si pu pertanto discutere se nel
bilancio rischio-beneficio sia utile la loro somministrazione, sapendo che
non esistono evidenze chiare in tal senso.
L'emodialisi pu essere utilizzata in maniera concomitante per rimuovere
l'etilen-glicole ed i suoi metaboliti; ad oggi l'American Academy of Clinical
Toxycology indica l'esecuzione dell'emodialisi in pazienti che
mostrano segni vitali deterioranti nonostante la terapia intensiva, un
peggioramento dell'acidosi metabolica (con pH inferiore a 7.25) e/o

un'insufficienza renale con squilibri elettrolitici non responsivi alla terapia


farmacologica. Il solo riscontro di valori elevati di etile-glicole non stat
dimostrato essere sufficiente per dover porre il paziente in emodialisi in
assenza dei danni elencati poc'anzi. Il proseguimento della terapia da
mantenere fino a quando si ha la completa scomparsa della sostanza e
dei metaboliti dal plasma e si ha una ripresa dell'equilibrio acido-base.

ACIDOSI LATTICA:
L'acidosi lattica viene definita come l'accumulo di acido lattico nel corpo, i
cui effetti di prognosi peggiorativa sono legati alla severit del grado di
acidosi ed al contesto clinico in cui questa avviene (tipicamente viene
applicata ai contesti di sepsi severa, ma si pu generalizzare per tutti gli
stati di low-output o di alterato metabolismo periferico). Un aumento di
acido lattico porta ad un aumento di mortalit di circa 3 volte; pertanto
un ottimo parametro prognostico. Generalmente ci si concentra
sull'isomero L del lattato che: a) la forma clinicamente pi frequente
ed importante di acidosi lattica e b) la forma pi facilmente rilevata dal
laboratorio. Di acidosi lattica ne abbiamo gi parlato precedentemente
(vedi il capitolo sull'equilibrio acido/base - base, Capitolo 5.1.5), ma qui si
vuole andare un po' pi nel dettaglio.
FISIOLOGIA:
Il lattato un prodotto della glicolisi; la prima serie di reazioni
enzimatiche (percorso di Enden-Mierhoff) occorre nel citoplasma
della cellula ed un processo anaerobico che porta alla
trasformazione di una molecola di glucosio in due molecole
di piruvato e due molecole di ATP (glicolisi anaerobica). Lacido lattico
deriva dal metabolismo dellacido piruvico, la cui reazione
catalizzata dalla Lattato DeIdrogenasi (LDH), che coinvolge la
conversione di NADH in NAD+; tutto questo porta ad una
produzione giornaliera di circa 15-20 mmol/Kg die di acido lattico
a partenza dalla glicolisi. Lacido lattico viene poi rapidamente
tamponato in parte dai bicarbonati plasmatici (con generazione

di lattato), in parte dal fegato e dal rene (con nuova formazione


di piruvato).

La reazione che porta alla formazione di lattato deriva


dal piruvato secondo la formula seguente che vede il co-utilizzo di
NADH: piruvato + NADH + H = lattato + NAD. Come detto poc'anzi
l'enzima la lattato deidrogenasi (LDH) che comporta la trasformazione
di NADH e NAD. Il piruvato deriva
soprattutto dal metabolismo anaerobico, quando l'assenza di ossigeno
impedisce la fosforilazione ossidativa, con accumulo di piruvato che
facilita pertanto la formazione di lattato.
Di LDH ne esistono di due tipi, chiamate LDHA e LDHB; la LDHA ha
un'altissima affinit per il piruvato e si localizza soprattutto nel muscolo
scheletrico, con formazione di lattato durante fasi di forte stress cellulare.
Il lattato che si forma viene convertito dal fegato/rene tramite la LDHB in
piruvato, per essere nuovamente metabolizzato nella
fosforilazione ossidativa. Generalmente si ha un equilibrio fra
formazione/eliminazione di lattato; quando si ha l'acidosi lattica questa
avviene per una maggiore produzione di lattato oppure per una ridotta
clearance del lattato stesso.

La seconda serie di reazioni enzimatiche fanno parte del ciclo di Krebs


ed un metabolismo aerobico che avviene nel mitocondrio della cellula,

dove il privato viene trasformato in anidride carbonica ed acqua


producendo 18 molecole di ATP. In caso di ipossia si ha un blocco del
ciclo di Krebs con accumulo di piruvato e trasformazione di questo in
lattato (con un rapporto lattato:piruvato superiore a 10:1).
FISIOPATOLOGIA:
Un eccesso di lattati pu comparire in situazioni che portano ad
una sovraproduzione di lattati e/o una riduzione della loro
clearance (generalmente per unalterazione dello stato redox
cellulare tale da impedire la conversione del lattato). Leccesso
di lattato pu essere causa di acidosi importante, come si vede
spesso in caso di attacchi epilettici (si possono avere
concentrazioni fino a 15 mmol/l) o dopo esercizi fisici
strenui (fino a 20-25 mmol/l, con pH fino a 6,8). I valori di
normalit del lattato plasmatico sono 0,5 - 1,5 mmol/l e si parla
di acidosi lattica quando si hanno concentrazioni superiori a 2-3
mmol/l (anche per pazienti senza acidosi allEmogasanalisi).

Tipo A: la produzione di lattati secondaria ad una


ipoperfusione marcata di un tessuto, tipicamente in uno stato di
shock, in caso di arresto cardio-circolatorio, ischemia intestinale,
ecc con eventuale concomitanza di acidosi respiratoria che
contribuisce al peggioramento dellacidemia. E clinicamente
evidente la causa scatenante; la prognosi pessima se non si
ristabilisce rapidamente la perfusione tissutale.

Tipo B: la produzione di lattati secondaria a numerose


cause che non sono riconducibili ad ipoperfusione tissutale
(clinicamente non si hanno segni di shock e/o danni da
ipoperfusione). Fra le cause sono da ricordare il diabete mellito
con metformina (valori attorno a 2 mmol/l possono incrementare
in caso di insufficienza renale con creatinina oltre 133
mmol/l), neoplasie soprattutto a rapida crescita (probabilmente
per lelevato turnover cellulare e/o sostituzione del parenchima
epatico), alcolismo (di grado lieve, generalmente per un
impairment nella gluconeogenesi epatica che rimuove i
lattati), infezioni da HIV (per lelevato rischio di sepsi) e/o
lacidosi lattica D che si verifica in pazienti con by-pass
duodeno-digiunale (o resezioni intestinali importanti) dove il

glucosio e lamido vengono gi assorbiti come acido lattico,


comportando un incremento dellacidosi post-prandiale.

Dal punto di vista fisiopatologico l'acidosi metabolica lattica si


pu classificare in base al meccanismo di formazione del lattato,
meccanismo che va sempre individuato per poter essere
bloccato dato che, come poi vedremo, l'acidosi lattica non solo
conseguenza, ma a sua volta provoca delle disfunzioni nel
metabolismo cellulare.
Alterazione mitocondriale: l'ipossia genera un blocco della
fosforilazione ossidativa che avviene nei mitocondri; che l'ipossia sia di un
solo tessuto oppure sia generalizzata per cause di low-output oppure di
disfunzioni metaboliche a seguito della sepsi, questo rappresenta in
generale il meccanismo pi frequentemente coinvolto.

Aumentata glicolisi aerobica: dato che la formazione di lattati fa


seguito ad uno squilibrio fra fosforilazione ossidativa e glicolisi, anche le
condizioni che provocano un aumento della glicolisi sono associate ad un

aumento dei lattati. Un aumento dello stress con aumento delle dosi di
amine circolanti provoca lattati, lo stesso vale per traumi estesi, asma (per
lo stress generato), il feocromocitoma, ecc...

Disfunzioni farmaco-mediate: ci sono sostante farmacologiche che


portano ad alterazioni nella fosforilazione ossidativa come alcuni agenti
anti-retrovirali, il Propofol (vedi la PRIS), la metformina ed altre sostanze
associate ad acidosi metabolica lattica.

Disfunzioni epatiche: il fegato responsabile dell'eliminazione del


70% del lattato circolante (il 20% metabolizzato dal rene), tramite la
LDHB che trasforma il lattato in piruvato; in caso di disfunzioni epatiche
croniche o nelle forme fulminanti, l'aumento di lattati rappresenta piuttosto
che un danno da ipoperfusione un danno da ridotta clearance di lattati.

Disfunzioni renali: come accennato poc'anzi, il rene responsabile


della clearance del 20% dei lattati circolanti, generalmente nella corteccia
del rene, area che particolarmente sensibile alla riduzione della
perfusione vascolare. Il restante 5-10% pu essere metabolizzato dal
cuore ed in parte dalla muscolatura striata.

Come prima abbiamo accennato, la presenza di un elevato valore di


lattati si associa non solamente ad un concetto di prognosi come
"conseguenza" di altre patologie, ma a sua volta si associa ad una serie
di disfunzioni cellulari secondarie alla presenza dello stesso lattato.
L'acidosi generata dal lattato porta a disfunzione contrattile del
miocardio, riduzione del tono vascolare e della perfusione
tissutale e riduzione della sensibilit periferica alle catecolamine. Tutte
condizioni che, in caso di shock, non aiutano l'organismo a rispondere
alle disfunzioni che si generano, anzi esacerbano il danno che si viene a
creare. Non chiaro se questo sia conseguenza diretta del lattato (che ad

oggi stato dimostrato avere un'azione diretta sulla funzione miocardica


riducendone la contrattilit) oppure sia dovuto all'acidosi che viene a
generarsi in risposta all'aumento di lattato.
DIAGNOSI - PROGNOSI:
La misurazione sia del pH che del gap anionico non permettono di
porre una diagnosi certa di acidosi metabolica lattica; pertanto l'unico
vero metodo per porre la diagnosi quello di eseguire una misurazione
della latiterai, generalmente tramite gasometria.
Indipendentemente dalla causa dell'acidosi lattica (che va cercata e
trattata), l'aumento di lattati si associa ad una prognosi negativa e ad un
outcome peggiorativo per i pazienti che entrano in ICU con valori elevati
di lattati. Laclearance dei lattati (a 6 ore e 24 ore) un altro parametro
prognostico importante, in particolare come dimostrato per tutti gli shock
settici. Diventa pertanto fondamentale porre una diagnosi precoce per
poter identificare i pazienti a rischio di mortalit elevata ed impostare una
precoce ed adeguata terapia farmacologica.

TERAPIA FARMACOLOGICA:
In caso di acidosi metabolica da acidosi lattica il primo presidio
quello di rimuovere la causa dellacidosi stessa che porta ad
accumulo di lattato (tale manovra porta a rigenerare
successivamente i bicarbonti e correggere lacidosi);
chiaramente per un'adeguata ricostruzione dell'eziologia
necessario il contesto clinico ed il controllo sistematico delle
possibili problematiche eziologiche.
Fluidi:
La somministrazione di fluidi di particolare importanza,
soprattutto quando la acidosi lattica dovuta come spesso
accade ad una ipossia o una disfunzione tissutale generalmente
nel contesto di uno shock. La somministrazione dicolloidi da
evitare soprattutto in pazienti con shock settico per la
comparsa di danni a livello renale, aumento dei casi di dialisi
cronica ed aumento della mortalit; fra i cristalloidi

la somministrazione di NaCl 0.9% aumenta il rischio di acidosi


metabolica ipercloremica con riduzione del calcio ionizzato
portando a: a) riduzione della performance cardiacae
b) aumento dei casi di danno renale. La soluzione
di Ringer rappresenta a priori il fluido di scelta per queste
situazioni, stando attenti che la eccessiva somministrazione di
Ringer lattato pu portare a peggioramento clinico dell'acidosi
lattica. Si preferisce pertanto la somministrazione di Ringer
acetato o maltato.
Bicarbonato:
La somministrazione di HCO3 da evitare (se non in casi
molto severi) perch porta ad accumulo di liquidi, alcolsi
metabolica post-recupero ed ipernatremia, inoltre un presidio
terapeutico solo momentaneo. Le indicazioni attuali sono per
acidosi metaboliche con pH inferiore a 7.20, con la possibilit di
ben ventilare il paziente evitando fenomeni di accumulo di
CO2 che porterebbero ad un peggioramento dell'acidosi
stessa. La somministrazione di bicarbonato durante le acidosi
metaboliche, comunque, non mai stata dimostrata essere in
grado di ridurre la mortalit del paziente; dal punto di vista della
fisiopatologia, la somministrazione ci HCO3 si associa
ad accumulo di CO2 a livello intracellulare con acidificazione del
citoplasma (soprattutto quando si somministra bicarbonato ad
alte dosi per parecchio tempo) e riduzione delle
concentrazioni citologiche di calcio ionizzato.
L'utilizzo della terapia sostitutiva renale per la sostituzione di
bicarbonati pu essere una buona terapia perch permette di
somministrare bicarbonati, calcio ionizzato, evitare il
sovraccarico idrico, prevenire l'iperosmolarit da
somministrazione di bicarbonati e rimuovere eventuali sostanze
tossiche presenti in circolo.

CONCLUSIONI:
La conoscenza del funzionamento dell'organismo e dell'equilibrio acidobase fondamentale per un Intensivista ed una pi approfondita
conoscenza di tale meccanismo di importanza capitale per un corretto

management del paziente. Il concetto di equilibrio acido-base, allo stesso


tempo, non deve essere assolutista, ma deve essere messo in relazione
con tutto il sistema di fluidi corporei, elettroliti e soluzioni esterne di
infusione IV che sono in grado di modificare tutti quei sistemi che, a loro
volta, hanno influenze sull'equilibrio acido-base. Nei precedenti capitoli si
parlato dei sistemi di equilibrio degli elettroliti (vedi i Capitoli 5.1.1-4),
nei prossimi capitoli affronteremo ancora ulteriori sistemi avanzati di
equilibrio acido-base che hanno un netto impatto su tale equilibrio.

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