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Un monumento inesatto: il mappamondo di Fra Mauro

Piero Falchetta

Il primo, e finora pi importante studio del mappamondo di fra Mauro, pubblicato


nel 1806 da Placido Zurla (Zurla, 1806), si apre con la dedica dellautore al patrizio
veneziano Giandomenico Almor Tiepolo, nella quale, alla prima riga, si legge: Nel
mettere in luce pi chiara e distinta, che non si fatto finora, questo domestico
Monumento da lunga et s celebre, ma non ancora ben conosciuto (Zurla, 1806, p. 3).
Sono parole che hanno ormai duecento anni, ma che potrei pronunciare ancora oggi senza
timore di essere smentito. Avviene infatti che il mappamondo continua a essere celebre,
tanto che non v opera di storia della geografia o della cartografia, e della civilt
veneziana, per non parlare delle storie degli ordini religiosi, che ad esso non facciano
riferimento, riproducendolo magari per intero o in qualche suo significativo dettaglio in
immagini di grande suggestione. Tuttavia, a dispetto di tanta celebrit, si deve constatare
che il grande planisfero, summa di un sapere geografico straordinariamente innovativo,
continua ad essere, a dir poco, non ancora ben conosciuto per la mancanza di studi e analisi
approfondite dedicate specificamente all'opera.
Come mai le indagini sul celebre documento hanno tanto lungamente evitato, prima
e dopo il pionieristico impegno di Zurla, il confronto diretto con lopera, e si sono per lo
pi limitate a brevi assaggi di questo o quel dettaglio cartografico? Anche dopo la
pubblicazione, nel 1956, delledizione facsimilare del mappamondo (Mappamondo, 1956), la
situazione non sostanzialmente cambiata, nonostante Roberto Almagi vi avesse
espresso, nella sua Presentazione, il seguente auspicio:
Non nostro compito qui di fare uno studio di dettaglio del Mappamondo di fra Mauro;
la presente riproduzione corredata da una scrupolosa trascrizione delle didascalie
intende solo offrire agli studiosi il mezzo di darci, sia pure attraverso ricerche particolari,
quella completa illustrazione che, dopo il vecchio e ormai superato lavoro dello Zurla,
*

Il testo che segue inedito in italiano; esso riprende a grandi linee l'introduzione al volume P. Falchetta,
Fra Mauro's World Map, Turnhout, Brepols, 2006. Il volume accompagnato da un CD-ROM con l'edizione
digitale del mappamondo, curata da Caterina Balletti (IUAV) e dalla sua quipe. Il passaggio dall'originale
pergamenaceo al digitale illustrato nell'intervento di Balletti, da leggersi insieme al presente scritto in
questo stesso volume di atti.

non si pi avuta (Mappamondo, 1956, p. 8).

Lauspicato avvio di una nuova stagione di ricerche, con la quale si potesse


finalmente ravvicinare lopera quanto essa merita, non ebbe invece seguito. Il fatto in
certo modo sorprendente, soprattutto quando si considera lo straordinario impulso che gli
studi di cartografia storica hanno avuto a partire dal secondo dopoguerra.
Da una parte abbiamo perci un documento celebratissimo e in ottimo stato di
conservazione, sostenuto dal concorde pronunciamento che si tratti di unopera di assoluta
importanza storica; dallaltra disponiamo uno strumento di lavoro accurato e completo
quale ledizione in facsimile del 1956. Ovvero tutte le premesse per un deciso rilancio
degli studi, che tuttavia non si realizzato. a questo punto chiaro che la scarsit di
risultati scientifici propone un interrogativo sul quale sar necessario riflettere.
Al tempo in cui Zurla scriveva, Venezia aveva da pochi anni perduto la propria
millenaria indipendenza; vi sono numerosi passaggi nel suo libro nei quali sono esaltate le
glorie trascorse, e lopera di Mauro, alla quale Zurla si accingeva mentre il governo
napoleonico preparava la soppressione del monastero di San Michele, veniva letta
dallautore non soltanto come limportante testimonianza di unepoca passata, bens anche
come la prova dellassoluta eccellenza del sapere veneziano, al punto che egli la definisce
uno fra gli altri miracoli di questa citt (Zurla, 1806, p. 152). Lidea che egli coltiva
quella di trovarsi dinanzi, come abbiamo visto, a un monumento, ovvero a un testo i cui
significati tendono a sottrarsi al giudizio critico, in quanto farebbero parte di un sistema di
valori indiscutibili, non soggetti al mutare delle epoche e del gusto. Un monumento,
appunto. Il convincimento di Zurla in tal senso assai chiaro: il mappamondo portatore
di un sapere deccellenza, i cui significati sono acquisiti una volta per tutte, o sono quanto
meno largamente condivisi.
Ma i tempi stavano rapidamente cambiando, e si erano ormai affermati i princpi di
una scienza positiva che valutava la cartografia storica innanzitutto per la sua maggiore o
minore capacit di accostarsi al modello matematico moderno, ovvero di risultare pi o
meno misurabile, pi o meno esatta. Si veda quanto scriveva al riguardo il geologo e
vulcanologo Nicolas Desmarest per la voce Gographie dellEncyclopdie:

La gographie considere dans lancien tems, ne peut tre traite avec prcision que par le
secours de la moderne; cest par celle-ci que lon est venu bout de dterminer les
diffrentes mesures des anciens. Quelque provision que lon ait de lecture des anciens
auteurs, si lon ne fait point une comparaison avec ce que les autre modernes rapportent,
et si lon ne consulte point les morceaux levs exactement sur les lieux, et rectifis mme
par les observations astronomiques, lon pourra bien composer une carte, mais qui sera
plutt un dpouillement des auteurs quon aura lus, que le vritable tat du pays tel quil
devroit tre convenablement au tems pour lequel on travaille (Desmarest, 1773, p. 609).

, insomma, una cartografia che bada al cosa e al quanto piuttosto che al come, e vien da
dubitare che i suoi esponenti si sarebbero emozionati di fronte allimpianto complessivo
del mappamondo; il quale doveva sembrar loro semplicemente iscritto entro i canoni della
concezione medioevale, e del tutto incurante, per cos dire, della lezione cartografica di
Tolomeo e del suo sistema matematico basato sulle coordinate geografiche. Da quel punto
vista lopera di Mauro doveva apparire anchessa, seppure per ragioni contrarie a quelle di
Zurla, un monumento, vale a dire una testimonianza

certamente interessante, ma

relativamente muta, di un passato inefficace e inadeguato di fronte al progresso della


moderna scienza. Valgano ad esempio le parole di Edme-Franois Jomard, lingegnere e
geografo creatore (1828) del Dpartement des cartes et plans della Bibliothque Nationale
di Parigi, che nel testo composto per lAtlas des Monuments de la Gographie si proponeva di
riuscire a
provoquer la recherche plus complte de tous les monuments de la gographie encore
inconnus, conservs dans les bibliothques particulires o ailleurs, enfouis, peut-tre,
dans des dpots dune toute autre nature; enfin de les faire surgir de la poussire et sortir
de loubli o ils sont ensevelis (Jomard, 1879, p. 6)

dove ancora prevale, al di l del valore della proposta scientifica e del dovuto omaggio alle
opere del passato, la concezione dellopera quale monumento. Non perci casuale che il
maggior numero di riferimenti bibliografici al mappamondo riconduca a studi pubblicati
allincirca fra la met dellOttocento e la met del Novecento, allepoca cio nella quale
mentre rinasceva vigorosa lattenzione per la cartografia storica, quella stessa attenzione
era tuttavia preoccupata innanzitutto della verifica della maggiore o minore esattezza
geografica delle antiche carte.
Di conseguenza, se la prospettiva in certa misura antiquaria di Zurla poteva
ancora, e senza contraddizione, dar luogo a un approccio appassionato, approfondito e di

ampio orizzonte, non altrettanta soddisfazione potevano aspettarsi gli studiosi moderni, i
cui strumenti parevano inadeguati per eccesso rispetto alla natura, alle caratteristiche e al
significato storico del mappamondo. O piuttosto: era questultimo ad apparir loro troppo
primitivo rispetto al portato delle successive acquisizioni scientifiche. In altre parole, la
scarsit di studi dedicati allopera di Mauro ha trovato fondamento nella relativa
insignificanza scientifica che alla cartografia del passato veniva tacitamente imputata, pur
dopo aver fatto salvo il suo indiscutibile valore di testimonianza storica tout court. O, ancor
meglio: nellideologia del progresso scientifico, le carte antiche appaiono relativamente
povere di contenuti geografici effettivi, in quanto originate da un empirismo non
commisurabile con i metodi della scienza.
Bisogner aspettare tempi molto pi vicini a noi, perch la cartografia inizi a
svincolarsi dallabbraccio soffocante della geografia. Tappa fondamentale di questo
percorso di emancipazione fu la fondazione a Berlino, nel 1935, della rivista Imago
Mundi, sotto la direzione di Leo Bagrow, intorno alla quale si raccolse un ampio numero
di studiosi di varia provenienza geografica e disciplinare, e che costitu il primo ambito di
discussione dedicato esplicitamente alla storia della cartografia. A partire da quegli anni,
com' noto, and poco per volta prendendo forma unidea nuova, secondo la quale le carte
geografiche non sarebbero pi la semplice trasposizione formale e visuale di un sapere
generatosi altrove, bens testi dotati di una propria autonomia, nei quali, per effetto del loro
carattere sintetico, sono precipitati saperi e competenze diversi. Tali saperi e tali
competenze non soltanto esprimono la sintesi di conoscenze altrimenti non contestuali, ma
trovano la loro formulazione pi efficace a volte persino la sola formulazione
soprattutto in virt del fatto di essere espressi nella modalit cartografica. Lapproccio a
tali testi, nei quali sono depositati molteplici segni, sar perci, per forza di cose,
pluridisciplinare, mentre il metodo critico-filologico fornir la strumentazione pi
adeguata per la loro lettura.
Il mappamondo di Mauro non fu storicamente interrogato nellordine di quella
molteplicit, bens, innanzitutto, nella sua capacit di rispondere ai termini del discorso
geografico. Si prenda ad esempio il seguente commento del Berchet:

fra Mauro pone lAbassia o Agisimba o Abissinia al di sopra della Nubia, perch
lorientazione della sua carta inversa delle comuni, tenendo, come quelle del Sanudo e altre
antiche, secondo il costume che vuolsi derivato dai Cinesi, il settentrione al basso ed il
mezzogiorno allalto; la segna nella giusta sua posizione; ed pure sufficientemente chiaro
nel determinarne i confini (Berchet, 1869, p. 168)

Categorie geografiche intese secondo la prospettiva moderna e le moderne


concezioni sono qui applicate a un documento nel quale esse non funzionano, o tuttal
pi si limitano a individuare soltanto poche funzioni; pertanto chiaro come il
mappamondo potesse apparire in tale prospettiva non cos interessante da indagare a
fondo, in quanto i suoi messaggi, ovvero il suo contenuto geografico, rivelavano fin da
subito la loro imprecisione.
Se queste sono le ragioni che hanno ostacolato, sul versante storico-epistemologico,
lapprofondimento dellindagine critica sul planisfero, vi ancora un motivo dordine
metodologico che ha senza dubbio scoraggiato gli studiosi, ossia la scarsit di informazioni
sia sullautore che sulla sua opera. La difficolt, in una tale situazione, di ricostruire il
reticolo dei fatti e dei rapporti intervenuti, di inquadrare levento in un contesto culturale e
sociale dai contorni sufficientemente accertati, di indagare sulle motivazioni dellautore e
sulle reazioni suscitate dalla sua impresa, riducono grandemente la strumentazione della
quale si serve solitamente la ricerca storica, e lascia per lo pi alla sola rappresentazione
cartografica e agli sparsi elementi discorsivi in essa contenuti il compito di rispondere ai
nostri interrogativi. Che sono tuttavia, come abbiamo visto, dordine non soltanto
geografico.
Ci vale in special modo per quanto riguarda la ricerca delle fonti, come si pu ben
comprendere dal seguente esempio. Nel canale che in apparenza separa lisola di
Sumatra dal continente ma si tratta in realt della costa della Baia del Bengala fra
Mauro disegna un irolo, ossia un gorgo, accompagnato dalla seguente iscrizione: Questo
irolo qui de soto molto pericolo per naviganti (iscrizione *230). Come si vedr a luogo debito,
possibile ricondurre tale dettaglio alla presenza in quelle acque, presenza secolarmente
attestata (Yule, 1903, p. 622), di un pericolosissimo gorgo provocato dallincontro della foce
del fiume Irrawaddy con lOceano Indiano. Sappiamo inoltre che quel tratto di mare non
era frequentato dai navigatori arabi, che fu esplorato dai navigatori europei soltanto nel

Cinquecento, e che

le sole marinerie ad avere dimestichezza con quei luoghi erano

allepoca la bengalese e la birmana (Tibbetts, 1971, p. 470). Vien perci da domandarsi per
quali vie Mauro abbia potuto attingere a tale informazione, che rispecchia una conoscenza
dettagliata dei pericoli ai quali i marinai potevano andare incontro in quei mari. Vi
infatti, da una parte, linterrogativo sulle possibili vie di trasmissione di una notizia
proveniente con ogni probabilit da unarea di competenza bengalo-malese, quanto mai
insolita per le consuete frequentazioni dei letterati cristiano-occidentali. In secondordine,
anche presupponendo che si tratti, com probabile, di una tradizione orale, sorge
spontaneo il quesito circa il percorso linguistico seguito dalla notizia, considerato anche il
fatto che il camaldolese non conosceva, a quanto ci dato sapere, neppure la lingua greca.
Esempi come quello ora riportato abbondano nel mappamondo, e i pochi elementi di
ragionevole certezza che da essi possiamo ricavare pertengono quasi sempre alla sola sfera
delle conoscenze geografiche, mentre sono per lo pi preclusi altri percorsi di risalita verso
lindividuazione delle fonti. Risulta forse chiaro, a questo punto, quali siano le difficolt
metodologiche che insorgono nello studio del mappamondo, e come anche a queste possa
essere imputata la scarsa conoscenza di questopera che peraltro sempre citata per la sua
grande importanza storica. La qual situazione appare quanto meno singolare.
Messe da parte queste peraltro necessarie considerazioni, passiamo ora in breve
rassegna i segnali dattenzione rivolti al mappamondo da viaggiatori e studiosi dogni
epoca. La prima testimonianza in ordine di tempo quella del domenicano zurighese Felix
Fabri, il quale soggiorn alcune settimane a Venezia nel corso del suo pellegrinaggio in
Terra Santa. Il diario di viaggio che ci ha lasciato, lEvagatorium Fratris Felicis in Terrae
sanctae, Arabiae et Egypti peregrinationem, assai dettagliato, e sotto la data 31 maggio 1483
riportata la seguente notizia: Est enim inter Venetias et Murianum insula, in qua est
ecclesia nova et pulchra S. Cristophori cum monasterio Ordinis albi. In illo monasterio est
depicta una mappa mundi valde pulchra (Fabri, 2000, p. 136). La visita al mappamondo
doveva essere una tappa consueta per i visitatori che giungevano a Venezia, come si vedr
pi avanti.
Nella prima met del Cinquecento lerudito veneto Alessandro Zorzi mise mano a

una compilazione dargomento geografico di ampio respiro, nella quale non soltanto sono
raccolte alcune rare e importanti pubblicazioni a stampa, come ad esempio un esemplare
dei Paesi nuovamente retrovati di Fracanzio da Montalboddo (1507), ma ove si trovano ampie
parti da lui compilate con fitte e numerose annotazioni e chiose ai testi, alle quali vanno ad
aggiungersi frequenti schizzi cartografici delle diverse parti del mondo. Quel che per il
momento pi interessa, che il quarto volume di questopera contiene un gran numero di
notizie sullEtiopia o, per esser pi precisi, sui territori africani compresi fra lEritrea e la
parte settentrionale dellodierna Somalia, che formavano allora il regno cristiano dEtiopia.
Tali notizie paiono per lo pi essere il frutto di numerose interviste che lo stesso Zorzi
ottenne da religiosi etiopi di passaggio a Venezia, interviste che furono da lui raccolte fra il
1519 e il 1524 (Mannoni, 1932; Crawford, 1958, pp. 23-27). indubbio che alcune di queste
interviste, e in particolare quelle attribuite a tale fra Nicola di S. Michele di Muran
hanno certamente stretta relazione con il mappamondo di Mauro (Crawford 1958, pp. 10818).
Importanza ben maggiore ebbe tuttavia per la conoscenza del mappamondo il noto
passo di Ramusio del 1553, nel quale se da un lato v autenticazione del valore dellopera,
sono dallaltro introdotti alcuni elementi che hanno fin quasi ai nostri giorni variamente
interferito con la sua interpretazione.
Scriveva dunque Ramusio di ricordare come avesse ascoltato in giovent
(presumibilmente negli anni 10 del Cinquecento, e perci a considerevole distanza di
tempo dal momento in cui compose il testo al quale ci riferiamo) il racconto di Paolo
Orlandino, priore del monastero di San Michele, il quale riferiva di avere a sua volta
sentito narrare dai frati anziani che il planisfero di fra Mauro era stato copiato da una carta
nautica e da un mappamondo portati dalla Cina da Marco Polo in persona (Ramusio, 197888, v. 3, pp. 68-71). Questa versione si propag attraverso i secoli, e fu tuttavia variamente
intesa. Terrarossa, che scriveva nel 1685 in Santa Giustina a Padova, riteneva, intendendo
male, che il planisfero di San Michele fosse lo stesso che Marco Polo avrebbe portato dalla
Cina1; la derivazione del mappamondo dalle presunte carte di Marco fu successivamente
respinta dal Collina2, per essere poi ripresa, ampiamente discussa e fortemente sostenuta

dal Marin3. In epoca moderna, il rifiuto di Almagi della versione ramusiana ammette
tuttavia una qualche possibilit che la belissima e molto vecchia carta marina
eventualmente portata dai Polo potesse essere servita alla compilazione della cosiddetta
Carta Borgiana4, o meglio, delloriginale dalla quale questa fu tratta5.
Il dibattito sulla tradizione trasmessa (avviata?) dal Ramusio si quindi protratto a
lungo, senza che sia stato possibile darvi risposta definitiva. Due aspetti vanno comunque
considerati, in quanto depongono ambedue contro quella sua testimonianza. infatti
quanto mai verosimile che Marco Polo potesse aver portato con s dalla Cina qualche carta
o mappa lungo la quale ripercorrere i suoi viaggi e orientarsi in quellimmenso paese; ma
gi il Collina osservava:
Non mi so poscia persuadere come, essendosi conservati in Venezia questo tal
Mappamondo [di Marco] e questa carta marina per 162 anni [...] si sieno poscia lasciati
miseramente perire due monumenti s ragguardevoli, non ne restando, per quanto io
sappia, vestigio alcuno, quando s di poi fatto cos gran conto della supposta lor copia6.

Vi poi una considerazione che risalta dallesame dellopera stessa. Sappiamo bene
quanto Mauro fosse pronto ad accogliere le novit geografiche delle quali era venuto per
mille tramiti a conoscenza, prendendo personalmente posizione contro Tolomeo e gli altri
autori classici, valga per tutti il caso dellAfrica, della sua forma, della descrizione del suo
interno. Se egli avesse veramente avuto a disposizione un nuovo modello cartografico da
lui ritenuto autorevole, saremmo dunque autorizzati a pensare che ne avrebbe con ogni
probabilit fatto uso, come accadde ad esempio per lEtiopia. Confrontiamo perci la
figura di Africa e India in Mauro con quelle corrispondenti in due fra le pi antiche e
importanti carte orientali. La prima intitolata Y Tu (La carta della terra), e fu composta
in Cina verso il 1320 da Chu Ssu-Pen; ci pervenuta in copia o piuttosto in un fedele
rifacimento cinquecentesco di Lo Hung-hsien7. La seconda la carta coreana conosciuta
con il nome di Kangnido, che una rielaborazione sintetica, datata al 1402, di due carte
cinesi del secolo XIV, oggi perdute, composte da Li Tse-min e da Ching Chn 8.
LAfrica in questi due documenti facilmente riconoscibile nella sua sagoma
triangolare cos diversa tanto dal modello delle mappaemundi medievali, che da quello della
cartografia araba contemporanea, che ancora, e soprattutto, da quello di fra Mauro.
Ebbene, se questi accolse in pieno le indicazioni geografiche pervenutegli sullAfrica dai

religiosi etiopi, perch avrebbe dovuto respingere del tutto il modello cinese, per attenersi
invece a un contorno generale che richiama subito, nel suo schema generale, le
mappaemundi dei secoli precedenti?
Ancora pi esplicito il caso dellIndia. Osserviamo infatti come nelle carte cinesi e
in particolare nella Kangnido lIndia sia del tutto confusa con la massa continentale
asiatica, mentre fra Mauro ne disegna il contorno seguendo il modello tolemaico. Se
guardiamo per ai toponimi della regione indiana, notiamo come questi non facciano
riferimento se non in modo marginale alle indicazioni di Tolomeo, e come siano invece
derivati da fonti molto pi precise e ricche di contenuto geografico, che sono di
provenienza certamente non occidentale. Se nel disegno dellIndia non quindi
riconoscibile alcuna impronta della cartografia cinese del tempo, vi per contro la traccia
dellimpiego di fonti testuali adattate al modello tolemaico, la qual cosa implica che Mauro
non disponeva in alcun modo di modelli cartografici di derivazione orientale, bens
soltanto di indicazioni testuali che egli adatt allunica configurazione dellIndia a lui nota,
quella tolemaica. Sulla base di tali considerazioni possibile affermare che la tradizione
vulgata da Ramusio appare infondata, quanto meno per la parte relativa alle carte cinesi di
Marco Polo. Il passo presenta comunque altri motivi di interesse.
Innanzitutto sembra che a distanza di soli cento anni dalla composizione del
mappamondo il nome del cosmographus incomparabilis suo autore fosse nella sua stessa citt
stato dimenticato; Ramusio definiva Mauro un converso... che si dilettava della
cognizione di cosmografia, ovvero in modo piuttosto riduttivo rispetto al pregio
dellopera, che pure viene ammesso, e ci sembra strano se ad affermarlo fu uno dei pi
autorevoli esperti del tempo in materia geografica - anche se poi Ramusio aggiunge che
l'opera era ancora tenuta nella massima considerazione, e che veniva regolarmente
mostrata ai forestieri che si recavano ai laboratori del vetro di Murano. In secondo luogo,
pare di capire dal passo di Ramusio che il presunto mappamondo di Marco ch le
aggiunte ridiculose non possono riferirsi al planisfero di Mauro, ch di elementi
fantasiosi, leggendari e di presenze mostruose del tutto avaro, e anzi lautore polemizza
in diversi luoghi, come si vedr, con gli elementi fantastici della tradizione geografica

classica e medioevale - fosse stato successivamente manomesso con l'aggiunta di tante


cose pi moderne e alquanto ridiculose. Fino a questo punto del testo, chiaro che
Ramusio sta scrivendo della carta di Marco, che sarebbe stata perci resa inattendibile da
un intervento posteriore. Vi poi, nel prosieguo del passo, un salto logico, che ne rende
incerta l'interpretazione; Ramusio passa infatti a parlare del rinnovato interesse accesosi
non molti anni sono per il Milione e come questo avesse contribuito a posteriori a validare
le informazioni contenute nel mappamondo di Mauro per effetto del confronto incrociato
fra il testo di Marco, la sua carta e quella di Mauro; o forse, e qui difficile intendere il
testo, anche se quent'ultima interpretazione pare pi probabile, si intende che la verifica
dell'attendibilit del Milione ebbe per effetto anche l'autenticazione del mappamondo di
Mauro, che sulle indicazioni geografiche di Marco in parte basato. Dalle parole del
Ramusio pare insomma di capire che il Milione e l'opera di Mauro si avvalorano l'uno con
l'altra, mentre resta del tutto estranea a tale processo la presunta carta cinese di Marco, che
possiamo probabilmente ritenere mai esistita.
Come conseguenza di tale equivoco, vi l'errata attribuzione a Marco delle
innovazioni geo-cartografiche introdotte da Mauro, quali ad esempio la circumnavigabilit
dellAfrica - il che al tempo di messer Marco si sapeva, scrive infatti Ramusio - o la
navigabilit dei mari settentrionali oltre il limite della Scandinavia. Tali affermazioni
testimoniano del fatto che Ramusio conosceva soltanto superficialmente il mappamondo
di Mauro, altrimenti avrebbe compreso dalle stesse iscrizioni presenti in quello che tali
innovazioni erano il frutto di conoscenze pi recenti, non riconducibili al viaggio dei Polo.
Una simile trascuratezza da parte del Ramusio, che si verifica nel momento stesso in cui
egli descrive il planisfero come opera celeberrima e a tutti nota, sorprende non poco,
giacch egli avrebbe in ogni momento potuto esaminare il mappamondo. Se tale esame
non vi fu, lo si deve probabilmente al fatto

che Ramusio riteneva si trattasse di un

documento corrotto, le cui gravi imperfezioni erano tutte da attribuire a Mauro; il


mappamondo di San Michele non era perci che una brutta copia dell'originale poliano:
E ancor che quivi si vegghino molte cose essere fatte alquanto confusamente e senza
ordine, grado o misura (il che si deve attribuire a colui che 'l dipinse e forn).... Inoltre, la

mancanza di un sistema di riferimento spaziale e delle coordinate geografiche doveva


apparire all'autore delle Navigationi, in unepoca nella quale il metodo tolemaico era ormai
stato totalmente assimilato, come una ragione sufficiente a motivare il proprio scarso
sinteresse nei confronti dell'opera.
Le note del Ramusio ebbero insomma un'eco assai prolungata, e in certo senso
contribuirono pi a sviare le attenzioni rivolte al mappamondo che non a richiamarle. Ci
non imped tuttavia che venissero formulati giudizi pi attenti, come quello di Marco
Foscarini, che riconduceva del resto la sapienza geografica di Mauro innanzitutto alle
informazioni ricevute dai portoghesi 9, o quello del Tiraboschi, che argomenta allo stesso
modo10. Bisogna comunque attendere il lavoro dello Zurla per poter finalmente uscire da
un ambito nel quale ogni questione riguardante il mappamondo veniva inquadrata
allinterno della polemica sul presunto primato della cartografia veneziana (o meglio
ancora della cultura geografica veneta nel suo complesso) 11; con il suo studio si entra infatti
per la prima volta in un discorso pi distesamente critico e circostanziato.
Linclinazione dello Zurla agli studi scientifici testimoniata fin dai primi tempi della
sua vita di religioso; pronunciati i voti il 5 aprile 1790, il 2 settembre, allet di ventuno
anni, discusse pubblicamente e con successo quarantotto tesi sulla teoria newtoniana della
gravitazione12. Che tale inclinazione prendesse poi forma nel lavoro dedicato al
mappamondo fu cosa che pot tuttavia realizzarsi anche perch Zurla fu in grado di
avvalersi di alcune indagini precedenti, che non videro mai conclusione e tantomeno
pubblicazione, ma che egli mise certamente a frutto, come testimoniano i quaderni
pervenuti, che raccolgono gli appunti del Costadoni, del Cappellari e altri scritti
anonimi13.
Le ragioni che indussero Zurla a dare compimento alla prima indagine generale sul
planisfero di Mauro sono infatti di ordine diverso. Innanzitutto, come abbiamo visto, la
personale propensione alla materia; quindi il desiderio di restituire a fra Mauro lintero
merito dellopera, dopo che Ramusio e tutti coloro che gli si erano accodati avevano messo
in dubbio loriginalit del documento. Infine lesigenza di dimostrare agli occupanti
francesi, che gi preparavano la soppressione del monastero, il valore degli studi scientifici

che col si coltivavano, nellillusione di poter far prevalere il valore dellerudizione sulla
forza della politica e delle armi. Tali ragioni erano poi calate in un discorso generale di
tono apologetico, che rivendicava a Venezia il primato14 degli studi geografici e della
cartografia, e di tale valore egli si sentiva, e per mezzo di Mauro si propagava,
continuatore.
Il libro dello Zurla si apre infatti con unampia rassegna di cartografi e viaggiatori
veneziani dei secoli precedenti, fra i quali il mappamondo conservato a San Michele
rappresenta il culmine e il decoro di questa Biblioteca non meno che de progressi
portentosi in geografici studi de Veneziani verso la met del sec. XV 15. Leccellenza
dellopera consiste prima di tutto nelle novit geografiche che vi compaiono; non vi sono
pi terre incognitae che designano gli ignoti confini del mondo, bens territori descritti in
tutte le loro caratteristiche, e le mille isole dellOceano Indiano, il quale non gi chiuso si
descrive [...] ma aperto, ed unito allOceano Atlantico 16, cosicch in tutte tre le parti del
mondo allor conosciuto riscontransi preziose novit non registrate in altre Carte o Libri di
que giorni17.
Lencomio si estende poi alle note astronomiche e cosmologiche marginali, nonch al
pregio pittorico del mappamondo, alle delicate tinte, ai pittoreschi intrecci, che sono la
prova di quanto le arti figurative fossero progredite a Venezia in quellepoca. E conclude:
Poich adunque tal Mappamondo un glorioso monumento della primaria influenza de
veneti al risorgimento della Geografia, non men che de studi ed arti analoghe, quanto
perci a ragione asser lAndres18 potersi su tal Mappamondo scriver un assai curioso e
interessante trattato [...] Ed ecco appunto lo scopo cui mi prefiggo19.

La prima parte dellopera cos dedicata alla descrizione del mappamondo,


suddivisa anchessa per aree geografiche, e contiene i primi tentativi di riportare alle
moderne conoscenze e alla moderna toponomastica le caratteristiche fisiche descritte da
Mauro e i nomi geografici da lui impiegati, servendosi anche del confronto con carte
geografiche dellOrtelio, del Blaeu e di altri autori dei secoli XVI, XVII e XVIII. Zurla
trascrive qui molte didascalie, specie le pi lunghe, e tenta poi di raffigurare a parole le
posizioni geografiche delle varie localit, anche se di fatto assai difficile seguire il suo
argomentare senza avere sottocchio la carta. Se da un lato vi era la difficolt tecnica di

riprodurla fedelmente in tutti i suoi particolari, difficolt che sar superata soltanto con
lavvento della fotografia, v dallaltro da parte dellautore una certa ingenua fiducia
nellefficacia della descrizione puramente letteraria, quasi non considerasse rilevanti le
differenze tra parola e figura. Inoltre egli sembra non avere consapevolezza del fatto che
ogni rappresentazione cartografica comprensibile soltanto in quanto relazione di ogni
suo punto con tutti gli altri punti, relazione che non pu essere restituita se non
parzialmente da alcuna esposizione lineare (paratattica), quale inevitabilmente quella
letteraria. Perci, anzich comporre ad esempio un dizionario commentato dei luoghi
presenti nel mappamondo, o tentare una lettura storico-critica dellopera, Zurla preferisce
riprendere, anche se ormai fuori tempo massimo, la grande tradizione della geografia
letteraria, quella stessa, per intenderci, che al tempo di Mauro aveva dato luogo allItalia
illustrata di Flavio Biondo (1474).
In questo senso vanno interpretate anche le sue osservazioni sulla fondamentale
questione del rapporto fra la cartografia tolemaica e il mappamondo. Questultimo infatti
posto al vertice di una tradizione contrassegnata innanzitutto dalla preminenza de pregi
idro-geografici de Veneti20, vale a dire dalleccellenza che la scuola veneziana aveva
raggiunto e saputo esprimere nella produzione delle carte nautiche, al cospetto della quale
si evidenziavano tutti i limiti e gli errori di Tolomeo. Perci, scrive Zurla, Mauro
consider criticamente lalessandrino, ovvero senza giurar servilmente in quanto trov
scritto, ma con franca libert emendando i prischi difetti a norma delle notizie verificate a
suoi giorni21. Inoltre
duopo rammentarsi che non gi unesattissima carta con tutte le dimensioni costruir si
prefisse fra Mauro, ma solo di collocare e descrivere in maestosa amplissima forma
quanto fino allora erasi conosciuto. Come potea egli misurare i gradi delle regioni di
recente scoperte? Come neppur delle altre gi note determinare a pieno rigore geograficomatematico le localit, forma, grandezza, s naturale che relativa? [...] Ci posto, qual
miglior norma seguir potea in quella oscurit de tempi ed in quella novit di cose il
nostro Cosmografo, di quello che limitarsi alla nuda rappresentazione delle cognite terre,
lasciando a pi prospero e pi sicuro stato di scienza il rettificare le posizioni, i gradi, le
misure?22

Il significato chiaro: lopera di Mauro non una carta geografica bens una
rappresentazione che non pu essere commisurata alla cartografia matematica. Il suo

carattere fortemente innovativo, che ne fa il capolavoro della lunga e gloriosa tradizione


cartografica veneziana, la esime inoltre dal confronto con Tolomeo, tanto che soltanto il
progredire della scienza geografica sar in grado di dare misura effettiva a quanto il
mappamondo raffigura. Di conseguenza non si pu imputare a Mauro di non aver seguito
con rigore il metodo tolemaico.
Si potrebbe certamente concordare con Zurla sulla sua valutazione, se non fosse per
la decisa rivendicazione, non soltanto storica, che sottesa alla sua lettura. Venezia era
appunto alla fine della sua vicenda in quanto repubblica indipendente e sovrana, mentre
stava ormai preparandosi il decreto di soppressione del monastero di San Michele, nel
quale tanti uomini eccellenti avevano vissuto e operato 23. Riportare in vita il mappamondo,
che veniva nel modo che abbiamo visto collocato allapice di una gloriosa tradizione,
significava perci non soltanto riproporlo allattenzione degli studiosi, ma contrassegnarlo
come valore assoluto cui andava ad appoggiarsi il destino pericolante del monastero e
della stessa citt di Venezia. Zurla sembra cos suggerire tra le righe del proprio commento
geografico come fra la preminenza di un tempo e il presente non vi fosse alcuna soluzione
di continuit, tentando di rimuovere in questo modo la frattura insanabile che si era ormai
aperta fra lex Serenissima e il tempo attuale. evidente che in una prospettiva cos
fortemente ideologizzata, non poteva trovar pi di tanto posto la questione relativa a
Tolomeo e al suo metodo cartografico, giacch essa non appariva funzionale al discorso e
rischiava anzi di mettere in luce lincompiutezza scientifica, per cos dire, dellardimentoso
lavoro di Mauro, che deve invece essere altrimenti valutato:
Non attese gi egli a formar copie servili daltre antecedenti carte [...] n ad illustrar
soltanto Tolomeo [...] ma stabil desporre con nobile ardire, senza giurar in verun
particolar maestro, quanto da prischi e recenti geografi e viaggiatori avea raccolto,
formando co proprj studj da vero Autore un nuovo prospetto di Geografia24.

Nel riproporre oggi in questa nuova veste lopera di Mauro, crediamo di poter far
nostre, senza riserve, queste parole. Lanalisi ravvicinata del mappamondo ci riveler
infatti quanto profondamente innovativo esso fu rispetto al suo tempo e alle conoscenze
geografiche rappresentate nelle carte contemporanee; la sua stessa monumentalit - che lo
rese inamovibile e assai difficilmente riproducibile (ricopiabile) in un formato pi

maneggevole e al tempo stesso leggibile nel dettaglio cartografico costitu del resto, con
ogni probabilit, lostacolo principale alla diffusione di quei contenuti che avrebbero
invece trovato espressione nei decenni seguenti grazie, innanzitutto, alla cartografia a
stampa.

Opere citate
ZURLA, P. (1806), Il mappamondo di Fra Mauro camaldolese descritto e illustrato da D. Placido Zurla
dello stess'Ordine, Venezia, s. e.
GASPARRINI LEPORACE, T., a cura di (1956; ristampa 2002), Il mappamondo di Fra Mauro.
Presentazione di R. Almagi. Roma, Istituto Poligrafico dello Stato
DESMAREST, N. (17733), voce Gographie, nell'Encyclopdie, Livourne, de l'Imprimerie des
diteurs
JOMARD, E.-F. (1879), Introduction l'Atlas des Monuments de la Gographie, Paris, Bertrand
BERCHET, G. (1869), Lettera sulle cognizioni che i veneziani avevano dell'Abissinia, in Bollettino della
Societ Geografica Italiana, 2 (1869), pp. 151-70
YULE, H. (1903), Hobson-Jobson: A glossary of colloquial Anglo-Indian words and phrases, and of kindred
terms, etymological, historical, geographical and discursive. New ed. edited by William Crooke,
London, J. Murray
TIBBETTS, G. R. (1971), Arab Navigation in the Indian Ocean Before the Coming of the Portuguese being
a translation of Kitb al-Fawid f usl al-bahr wal-qawid of Ahmad b. Majid al-Najdi together
with an introduction on the history of Arab navigation, notes on the navigational techniques and on
the topography of the Indian Ocean, and a glossary of navigational terms, London, Royal Asiatic
Society of Great Britain and Ireland
FABRI, F. (2000), Les errances de Frre Felix, plerin en Terre sainte, en Arabie et en Egypte (1480-83).
Texte latin, traduction, introduction et notes sous la direction de Jean Meyers et Nicole
Chareyron. Montpellier, Publications du Cercam
CRAWFORD, O. G. S., a cura di (1958), Ethiopian Itineraries circa 1400-1524. Including those collected
by Alessandro Zorzi at Venice in the years 1519-24. Edited by O. G. S. Crawford. Cambridge,
published for the Hakluyt Society at the University Press
RAMUSIO, G. (1978-88), Navigazioni e viaggi. A cura di M. Milanesi, Torino, Einaudi

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TERRAROSSA 1686, p 19: Egli [Polo] fu quello cha dal Catajo port alla Metropoli dellAdria il primo e in
queste nostre parti non pi veduto Mappamondo, nel quale era interamente disegnata lAfrica dognintorno
attorniata dal mare, e vi si rappresentava il Capo di Buona Speranza senza nominarlo, le la sua costa di
Zenzibar, ed anco lisola di Madagascar....
COLLINA 1748, pp. IV-V e 76-90.
MARIN 1800, pp. 218 segg.
Si veda al capitolo La carta borgiana.
ALMAGI, in FM 1956, pp. 7-8.
COLLINA 1748, pp. 83-4.
Su questa carta, oggi conservata presso la biblioteca del Gabinetto Imperiale di Tokyo, vedi CHANG 1970.
La carta Kangnido pervenuta in tre copie, la pi antica delle quali si conserva presso lUniversit Ryukoku
di Kyoto; vedi FUCHS 1953; NEEDHAM 1959, pp. 554-6; CHANG 1970; Circa 1492 1991, pp. 328-32; LEDYARD 1994,
pp. 244-49.
FOSCARINI 1752, pp. 419-20.
TIRABOSCHI17902, pp. 216-18.
Il frontespizio delle gi citate Riflessioni geografiche del Terrarossa chiarisce che nellopera Si pruova che i
Patrizi di Venezia prima dogni altro hanno allItalia et allEuropa discoperte tutte le terre anticamente
incognite, anco lAmerica, e la Terra Australe [...] Si difende contra il moderno Baudrand, che niuno infra i
racconti geografici dagli stessi Gentiluomini dellAdria pubblicati stato finto o favoloso.
ZURLA 1790.
Si veda linventario di tali scritti nel saggio di Angelo Cattaneo, in questo stesso volume.
Z, p. 6: Ma sopra tutto nel risorgimento della Geografia nuovo pregio si aggiunse anche alle carte a
rappresentarla destinate, tra Veneti principalmente, che siccome dellarti tutte alla nautica attinenti allora
ebbero il primato, cos a diritto lottennero anche per la Geografia, e nelle tavole ad essa relative.
Ibid., p. 11.
Ibid., p. 12.
Ibid., p. 13.
Il riferimento al gesuita Juan Andres, autore fra le altre cose di una vasta opera intitolata Dell'origine,
progressi e stato attuale d'ogni letteratura, Parma, Stamperia Reale, 1782-99.
Z, p. 14.
Ibid., p. 11.
Ibid., p. 12.
Ibid., pp. 93-94.
ZORZI 1987, p. 359.
Ibid., p. 149.

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