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Mostro di Firenze

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Mostro di Firenze
Soprannomi
Coppiette

Mostro di Firenze, Cicci il Mostro di Scandicci, Maniaco delle

Vittime accertate

14 o 16

Periodo omicidi 21 agosto 1968 - 8 settembre 1985


Luoghi colpiti

Toscana, campagne intorno a Firenze

Metodi uccisione
sessuali

Colpi di arma da fuoco, accoltellamento e mutilazioni

Provvedimenti Ergastolo per Mario Vanni e 26 anni per Giancarlo Lotti nella
sentenza definitiva di condanna ai "compagni di merende".[1] Pietro
Pacciani condannato in primo grado per essere l'unico responsabile di 7
degli 8 duplici omicidi, stato assolto in appello per non aver commesso il
fatto. morto in attesa di un nuovo processo d'appello, a seguito
dell'annullamento dell'assoluzione da parte della Cassazione.
Il Mostro di Firenze la denominazione sintetica utilizzata dai media italiani
per riferirsi all'autore o agli autori di una serie di otto duplici omicidi
avvenuti fra il 1968 e il 1985 nella provincia di Firenze.

L'inchiesta avviata dalla Procura di Firenze ha portato alla condanna in via


definitiva di due uomini identificati come autori materiali di 4 duplici omicidi,
i cosiddetti compagni di merende: Mario Vanni e Giancarlo Lotti mentre il
terzo, Pietro Pacciani, condannato in primo grado a pi ergastoli per 7 degli
8 duplici omicidi e successivamente assolto in appello, morto prima di
essere sottoposto ad un nuovo processo di appello, da celebrarsi a seguito
dell'annullamento nel 1996 della sentenza di assoluzione da parte della
Cassazione.

Le Procure di Firenze e Perugia sono state impegnate in numerose indagini


volte ad individuare i presunti mandanti. In particolare, le indagini si sono
focalizzate su un possibile movente di natura esoterica, che avrebbe spinto
una o pi persone a commissionare i delitti.[2][3]

La vicenda ebbe molto risalto: fu il primo caso di omicidi seriali in Italia


riconosciuto come tale, e uno dei pi sanguinosi del paese, oltre che

dilatato nel tempo. Creando una vera e propria psicosi da mostro, di anno
in anno, mise le basi anche per riflessioni dal punto di vista sociale:
suscitando estrema paura per la tipologia di vittime (giovani fidanzati in
atteggiamenti intimi), apr l'opinione pubblica italiana al dibattito
sull'opportunit di concedere con maggiore disinvoltura la possibilit per i
figli di trovare l'intimit a casa, evitando i luoghi isolati e
pericolosi.[4][5][6][7][8]

Indice

[nascondi]

1 Le modalit dei duplici delitti


2 La serie di delitti e i primi sospettati
2.1 21 agosto 1968 (mercoled): L'omicidio di Antonio Lo Bianco e Barbara
Locci, Signa
2.2 14 settembre 1974 (sabato): L'omicidio di Pasquale Gentilcore e
Stefania Pettini, Borgo San Lorenzo
2.3 6 giugno 1981 (sabato): L'omicidio di Giovanni Foggi e Carmela De
Nuccio, Scandicci
2.3.1 L'arresto di Vincenzo Spalletti
2.4 22 ottobre 1981 (gioved): L'omicidio di Stefano Baldi e Susanna Cambi,
Calenzano
2.5 19 giugno 1982 (sabato): L'omicidio di Paolo Mainardi e Antonella
Migliorini, Baccaiano
2.5.1 Francesco Vinci
2.6 9 settembre 1983 (venerd): L'omicidio di Horst Wilhelm Meyer e
Jens-Uwe Rsch, Giogoli
2.6.1 La pista sarda
2.7 29 luglio 1984 (domenica): L'omicidio di Claudio Stefanacci e Pia
Rontini, Vicchio

2.8 8 settembre 1985 (domenica): L'omicidio di Jean-Michel Kraveichvili e


Nadine Mauriot, Scopeti
3 I "compagni di merende"
3.1 Pietro Pacciani
3.2 Mario Vanni
3.3 Giancarlo Lotti
3.4 Fernando Pucci
4 Il "secondo livello" e i presunti mandanti
4.1 Possibili collegamenti con il caso Narducci
4.2 Francesco Calamandrei, il farmacista
5 Ipotesi alternative alle sentenze giudiziarie
5.1 Ipotesi del serial killer solitario legato alla pista sarda
5.2 Ipotesi del serial killer in divisa
5.3 Ulteriori teorie
6 Misteri connessi alla vicenda
7 Sviluppi recenti della vicenda
8 Influenze nella cultura di massa
8.1 Filmografia
9 Note
10 Bibliografia
11 Voci correlate
12 Altri progetti
13 Collegamenti esterni
Le modalit dei duplici delitti[modifica | modifica wikitesto]

I reati del Mostro di Firenze si sono sviluppati nell'arco di quasi 20 anni


(precisamente 17 anni e 17 giorni) e hanno riguardato giovani coppie
appartatesi nella campagna fiorentina in cerca di intimit. Le costanti della
vicenda attengono anche ai mezzi usati e al modus operandi dell'omicida: i
delitti sono avvenuti nelle medesime circostanze di tempo e di luogo.
Tranne nel duplice omicidio del 1985, in cui le vittime erano in una tenda da
campeggio, tutte le altre coppie di vittime erano all'interno di autoveicoli.
Luoghi appartati e notti di novilunio, o comunque molto buie, quasi sempre
d'estate, nel fine settimana o in giorni prefestivi.[5]

sempre stata usata la stessa arma da fuoco, identificata in un modello di


pistola Beretta appartenente alla serie 70 (viene ormai dato per certo che si
tratti del modello 74 o 76 da dieci colpi), calibro .22 Long Rifle, in
commercio dal 1959, probabilmente un modello con canna lunga, sviluppata
come propedeutica alla disciplina sportiva del tiro a segno, caricata con
munizioni Winchester marcate con la lettera "H" sul fondello del bossolo
(provenienti da almeno due scatole da 50 cartucce ciascuna), con palla in
piombo nudo e con palla in piombo ramato galvanicamente.

Generalmente, soprattutto nei delitti esplicitamente maniacali, il serial killer


sparava preferibilmente prima alla vittima maschile e poi alla donna. La
vittima femminile, quando subiva le escissioni o veniva martoriata con
l'arma da taglio, veniva trascinata, spostata, allontanata dall'auto e dal
partner. Modus operandi quello della separazione uomo-donna che, oltre a
motivi pratici, pu avere anche un'interpretazione psicologica e
psicopatologica.[senza fonte] Spesso le vittime, sia maschili che femminili,
subivano pure ferite d'arma bianca inferte post-mortem, anch'esse
interpretabili sia da un punto di visto pratico (assicurarsi il decesso della
vittima) che psicopatologico.[senza fonte]

In quattro degli otto duplici omicidi, l'assassino ha asportato il pube delle


donne uccise, servendosi di un'arma bianca che, secondo gli inquirenti
dovrebbe essere un coltello da sub o una Pattadese.[senza fonte] Negli

ultimi due casi venne asportato anche il seno sinistro delle vittime
femminili. I luoghi dei delitti (Signa, Borgo San Lorenzo, Scandicci,
Calenzano, Baccaiano, Giogoli, Vicchio, Scopeti) erano per lo pi isolate
stradine di campagna sterrate o piazzole nascoste frequentate da coppie in
cerca di intimit e da guardoni. Ci ha portato a pensare che l'assassino
fosse una persona che conosceva piuttosto bene i territori dei luoghi dei
delitti e che, in alcuni casi, pedinasse le vittime prima di ucciderle.[5]. Il
profilo pi comune del killer, che emerge dalle prime indagini, viene
ipotizzato come un uomo destrimane della zona, iposessuale, feticista,
d'intelligenza media o superiore alla media, alto circa 1,80 m. Queste
caratteristiche psicologiche si evincono dalla perizia De Fazio e dal profilo
dell'FBI di Quantico, anche se occorre ricordare che gli studi delle modalit
dei delitti, al momento, non garantiscono certezze scientifiche sull'identit
del killer, ma solo delle tracce di profiling che, come tali, sono pi o meno
condivisibili.[9] L'altezza superiore alla media dell'assassino, almeno 180
cm, stata ipotizzata in base all'altezza dei fori nel furgoncino delle vittime
di Giogoli.[10] Il dato trarrebbe conferma anche da una possibile impronta
di un ginocchio, forse lasciata dal killer nell'omicidio di Vicchio.
Scientificamente per questi rilievi sull'altezza del killer non si sono
concretizzati in prove processuali inoppugnabili, vista la condanna in primo
grado inflitta a Pacciani come unico serial killer; quest'ultimo, comunque,
era alto solo 165 cm circa. Secondo altre opinioni, invece, l'assassino seriale
fiorentino sarebbe di altezza media o persino modesta.[11][12]

La serie di delitti e i primi sospettati[modifica | modifica wikitesto]


21 agosto 1968 (mercoled): L'omicidio di Antonio Lo Bianco e Barbara
Locci, Signa[modifica | modifica wikitesto]

Barbara Locci

Antonio Lo Bianco

La notte del 21 agosto 1968, all'interno di una Alfa Romeo Giulietta bianca
posteggiata presso una strada sterrata vicino al cimitero di Signa, vengono
assassinati Antonio Lo Bianco, muratore siciliano di 29 anni, sposato e
padre di tre figli, e Barbara Locci, casalinga di 32 anni, di origini sarde. I
due erano amanti; la donna era sposata con Stefano Mele, un manovale
sardo emigrato in Toscana alcuni anni prima. Al momento dell'aggressione,
intorno alla mezzanotte, i due sono intenti in preliminari amorosi. Sul sedile
posteriore dorme Natalino Mele, di 6 anni, figlio di Barbara Locci e Stefano
Mele. L'assassino si avvicina all'auto ferma ed esplode complessivamente
otto colpi da distanza ravvicinata: quattro colpiscono la donna e quattro
l'uomo. Verranno repertati cinque bossoli di cartucce calibro.22 Long Rifle
Winchester con la lettera "H" punzonata sul fondello.

Intorno alle 2:00 del mattino del 22 agosto, il piccolo Natale "Natalino" Mele
suona alla porta di un casolare sito in via del Vignone 154, ad oltre 2
chilometri di distanza da dove parcheggiata l'automobile del Lo Bianco. Il
proprietario, sveglio per via del figlio malato che ha chiesto dell'acqua, si
affaccia immediatamente alla finestra, e davanti alla porta vede il bambino
che scorgendolo a sua volta gli dice: "Aprimi la porta perch ho sonno, ed
ho il babbo ammalato a letto. Dopo mi accompagni a casa perch c' la mi'
mamma e lo zio che sono morti in macchina."[13] Dopo averlo soccorso,
l'uomo chiede a Natalino cosa sia successo: il piccolo stentatamente
riferisce altri particolari sul suo arrivo fin l: "Era buio, tutte le piante si
muovevano, non c'era nessuno. Avevo tanta paura. Per farmi coraggio ho
detto le preghiere, ho cominciato a cantare "La Tramontana"... La mamma
morta, morto anche lo zio. Il babbo a casa malato."[13] I Carabinieri,
chiamati mezz'ora dopo dal signor De Felice, il padrone di casa, si mettono
alla ricerca dell'auto portandosi dietro il piccolo Mele. Intorno alle 3:00 del
mattino l'auto viene ritrovata grazie anche all'indicatore di direzione
lampeggiante, nella stradina che si trova su via di Castelletti, a 100 metri
dal bivio per Comeana, in una zona abitualmente frequentata da coppie in
cerca di intimit.[14]

Le indagini conducono al marito della donna, Stefano Mele,


quarantanovenne manovale originario di Fordongianus all'epoca in provincia
di Cagliari, ora di Oristano, che si sospetta possa aver commesso il delitto
per gelosia. Questo elemento tuttavia reso piuttosto inverosimile dal fatto
che lo stesso Stefano Mele aveva pi volte in passato esternato un
temperamento decisamente succube nei confronti della moglie (che era
soprannominata in paese Ape regina a causa dei suoi molteplici amanti),
giungendo persino ad ospitare in casa sua per diverso tempo un suo amico
ed amante della moglie, tale Salvatore Vinci, da taluni indicato come il vero
padre del piccolo Natalino. I pettegolezzi del paese insinuavano persino che
l'uomo, al mattino, portasse il caff a letto agli amanti della donna e che
accondiscendesse ad avere rapporti sessuali con alcuni di loro, incluso lo
stesso Vinci.[15]

Il 23 agosto, dopo 12 ore di interrogatorio[16], e dopo aver negato


inizialmente un suo coinvolgimento ed aver gettato sospetti sui vari amanti
della moglie, arriva a confessare il delitto. Durante il sopralluogo effettuato
quello stesso giorno, l'uomo risulta totalmente incapace di maneggiare
un'arma, e confonde il finestrino dal cui esterno partirono i colpi; tuttavia,
dimostr di conoscere tre particolari che poteva sapere solo avendo
assistito alla scena del delitto, ossia il numero di colpi sparati (8),
l'indicatore di direzione ancora acceso della vettura del Lo Bianco e la
mancanza della scarpa sinistra dal piede dello stesso Lo Bianco[17] Dopo
poche ore Mele ritratta in parte la confessione, e coinvolge come complice
Salvatore Vinci. Lo accusa di avergli fornito l'arma e di essere stato da lui
accompagnato in auto fino alla stradina di Castelletti. Dopo aver sparato, il
Mele dichiara di aver gettato la pistola nel canale che corre lungo il cimitero,
ma malgrado le ricerche l'arma non verr mai ritrovata.

Nonostante il Vinci abbia portato un alibi confermato da due testimoni, il


pomeriggio del 24 agosto i due uomini vengono messi a confronto.
L'incontro per dura molto poco, perch dopo le prime battute Stefano Mele
ritratta ancora e scagiona Salvatore.[18] Non passa mezz'ora che Mele
fornisce una nuova versione; questa volta al posto di Salvatore Vinci c' il di

lui fratello Francesco, anch'egli amante della Locci e, a detta di Mele, assai
geloso della donna. Francesco Vinci per un certo periodo aveva addirittura
convissuto con la Locci a casa di quest'ultima, e per questo veniva
denunciato dalla propria moglie per abbandono del tetto coniugale e
concubinato. Il giorno successivo, accortosi che la nuova accusa non era
sostenuta da riscontri, Stefano punta il dito contro un terzo amante della
moglie, tal Carmelo Cutrona; dichiara che il pomeriggio prima del delitto,
recatosi a casa sua in cerca di Barbara, vi trova l presente il Lo Bianco (che
Mele conosceva col nome di Enrico) e per questo motivo se ne va via molto
turbato.

I magistrati intanto stanno nuovamente sentendo il piccolo Natalino Mele,


che dopo aver sostenuto per giorni di non aver sentito, n visto nulla,
adesso ammette di aver visto al suo risveglio il padre, e che questo lo
avrebbe preso sulle spalle portandolo fino alla casa del Vingone dopo avergli
fatto promettere di non dire nulla.[19] a questo punto che Mele cede
confermando la versione del figlio, scagionando le altre persone accusate
fino a quel momento. Nonostante le molte incongruenze e l'assenza
dell'arma, nel marzo del 1970 Stefano Mele viene condannato dal tribunale
di Perugia in via definitiva alla pena di 14 anni di reclusione. La pena
piuttosto mite perch l'uomo viene riconosciuto parzialmente incapace di
intendere e di volere. Gli vengono inoltre inflitti 2 anni di reclusione per
calunnia contro i fratelli Vinci.[20]

Durante il processo a Stefano Mele, Giuseppe Barranca, cognato di Antonio


Lo Bianco, collega di lavoro di Mele ed anch'egli amante della Locci,
raccont che la donna, pochissimi giorni prima del delitto, si era rifiutata di
uscire con lui dichiarando che "potrebbero spararci mentre siamo in
macchina" e, in un'altra occasione, gli aveva raccontato che c'era un tale
che la seguiva in motorino. Una deposizione analoga fu resa da Francesco
Vinci, che parl di un uomo in motorino che avrebbe pedinato la Locci
durante i suoi appuntamenti con gli amanti.[21]

14 settembre 1974 (sabato): L'omicidio di Pasquale Gentilcore e Stefania


Pettini, Borgo San Lorenzo[modifica | modifica wikitesto]
Il 14 settembre 1974 ha luogo il primo duplice omicidio di apparente natura
maniacale; Pasquale Gentilcore di 19 anni, impiegato alla Fondiaria
Assicurazioni, e Stefania Pettini, 18 anni, segretaria d'azienda presso un
magazzino di Firenze ed attivista del Partito Comunista Italiano, vengono
uccisi in una strada sterrata nella frazione di Rabatta, vicino a Borgo San
Lorenzo. I due si frequentavano da circa due anni ed erano in procinto di
annunciare il loro fidanzamento ufficiale[22]. Pasquale Gentilcore, dopo
aver accompagnato la sorella Cristina alla discoteca Teen Club di Borgo San
Lorenzo, promettendole di tornare a prenderla al pi tardi per la
mezzanotte, raggiunge la fidanzata a Pesciola di Vicchio, presso l'abitazione
di lei. Da l, verso le 22:00, i due giovani ripartono per raggiungere gli amici
che li aspettano in quello stesso locale per proseguire la serata. Durante il
tragitto decidono per di appartarsi in un tratturo sulle sponde della Sieve,
da loro gi conosciuto e normalmente frequentato dalle coppiette della
zona.[23] Intorno alle 23:45 (orario appurato sulla base di una
testimonianza che ode dei colpi a quell'ora[24]) qualcuno spunta forse
dall'attiguo vitigno e comincia ad aprire il fuoco.

Pasquale Gentilcore e Stefania Pettini


Pasquale Gentilcore, seduto al posto di guida, viene raggiunto da cinque
colpi esplosi da una Beretta calibro.22 Long Rifle, la stessa utilizzata nel
delitto del 1968; i colpi mortali arrivano dal lato sinistro della 127. La
ragazza viene raggiunta da tre colpi che tuttavia non la uccidono; viene
trascinata fuori dall'auto ancora viva, resa del tutto incapace di fuggire a
causa delle profonde ferite alle gambe provocate dai tre proiettili, e uccisa
con tre coltellate profonde allo sterno.[25] Dopo averne disteso il corpo
dietro l'auto, l'assassino continua a colpirla per altre 96 volte, colpendo
anche il seno ed il pube.[26][27] Successivamente l'omicida penetra la
vagina della ragazza con un tralcio di vite; particolare questo che, anni
dopo, far pensare ad un possibile movente esoterico, ma che altri pi
semplicemente interpretano come un ulteriore oltraggio da parte

dell'assassino al corpo della vittima; considerato infatti che il luogo del


delitto era sito in prossimit di alcune piante di vite, molto probabile che il
gesto non fosse premeditato.

Le sevizie sul corpo di Stefania furono tanto violente da causare, in sede


processuale, lo svenimento di un Carabiniere durante l'udienza in cui
venivano mostrate le foto del corpo della ragazza.[27] Prima di lasciare il
luogo l'omicida colpisce con il coltello anche il corpo esanime di Pasquale
con 5 coltellate all'altezza del fegato.[27] Il mattino successivo, i familiari
dei due ragazzi, allarmati per il mancato rientro dei figli, si recano a
sporgere denuncia di scomparsa presso la stazione dei Carabinieri di Borgo
San Lorenzo, ove vengono informati immediatamente del delitto, scoperto
un'ora prima da un contadino che abitava e lavorava da quelle parti. In
questo caso, cos come nei delitti successivi, vengono ritrovati, sparsi sul
terreno, gli oggetti contenuti nella borsetta della ragazza (particolare questo
che si ripeter costante in tutti gli omicidi). La borsa ed il reggiseno della
Pettini verranno invece ritrovati sul far della sera in un luogo poco distante
in seguito ad una telefonata anonima, mentre il portafogli della ragazza, il
suo orologio ed alcuni monili di modesto valore a lei appartenenti non
saranno pi rinvenuti.

Il pomeriggio prima di essere uccisa, la Pettini aveva confidato ad un'amica


di aver fatto uno "strano incontro" con una persona poco piacevole che
l'aveva turbata, ma non ebbe tempo di approfondire il fatto. Un amico della
Pettini, titolare della scuola guida dove la ragazza stava conseguendo la
patente, raccont ai carabinieri di un pedinamento da parte di uno
sconosciuto in auto durante una lezione di guida, il venerd sera prima del
delitto. In ogni caso la Pettini non fu la sola, tra le vittime femminili del
maniaco, ad aver lamentato molestie da parte di ignoti poco prima dei
delitti.[20] Gli inquirenti esaminarono anche il diario della ragazza ma senza
trovarvi alcun'annotazione insolita. Qualche anno dopo i quotidiani
tornarono a parlare del caso dopo che la tomba di Stefania (sepolta assieme
al fidanzato, nel cimitero di Borgo San Lorenzo) fu manomessa e
danneggiata da ignoti.

6 giugno 1981 (sabato): L'omicidio di Giovanni Foggi e Carmela De Nuccio,


Scandicci[modifica | modifica wikitesto]

Giovanni Foggi e Carmela De Nuccio


Il primo dei due duplici omicidi del 1981 viene commesso nella notte tra il 6
ed il 7 giugno nei pressi di Mosciano di Scandicci. Le vittime sono Giovanni
Foggi, 30 anni, dipendente dell'Enel, e la sua ragazza, Carmela De Nuccio,
pellettiera di 21 anni. I due si conoscevano da pochi mesi ma avevano gi
programmato di sposarsi. La sera del delitto, un sabato, cenano a casa dei
genitori di Carmela, poi, verso le 22:00, escono per una passeggiata e si
appartano con l'auto, una Fiat Ritmo color rame, in una stradina sterrata
sulle colline di Roveta, non lontano dalla discoteca Anastasia, e in una zona
frequentata abitualmente da coppiette e guardoni.

Giovanni viene raggiunto da tre colpi di pistola esplosi attraverso il


finestrino anteriore sinistro, mentre altri cinque proiettili colpiscono
Carmela.[28] In fase di sopralluogo verranno per rinvenuti solo cinque
bossoli su otto[29], un particolare, quello dei bossoli mancanti, che si
ripresenter ancora nel 1983, nel 1984, e che gi si era verificato nel 1968
e nel 1974. La ragazza viene tirata fuori dalla macchina e trascinata in
fondo al terrapieno rialzato su cui corre la stradina, dove le verranno recisi i
jeans e, per mezzo di tre precisi fendenti, le verr asportato interamente il
pube. Anche in quest'occasione l'omicida, presumibilmente prima di lasciare
il luogo del delitto, colpisce con il coltello il corpo esanime del ragazzo.

I corpi dei due giovani saranno rinvenuti il mattino dopo. L'uomo ancora a
bordo dell'auto, come nel delitto del 1974. Anche in questa occasione le
armi usate sono la Beretta calibro.22 ed un coltello. Anche in questo caso si
verifica l'accanimento sui cadaveri, soprattutto su quello della donna. Ma le
analogie non sono finite, perch stranamente, proprio come a Borgo, la
borsetta della ragazza viene rovistata e il contenuto gettato a terra senza

che per questa volta risulti mancare nulla. Per il delitto viene inizialmente
sospettato l'ex fidanzato della De Nuccio, che in passato aveva avuto screzi
con lei, ma il giovane risult avere un alibi inattaccabile.[30]

L'arresto di Vincenzo Spalletti[modifica | modifica wikitesto]


Nelle fasi successive al delitto del giugno 1981 entra in scena Vincenzo
Spalletti, trentenne, sposato e padre di tre figli. Spalletti era, ai tempi, un
autista di autoambulanze presso l'Ospedale Misericordia di Montelupo
Fiorentino. Tuttavia era conosciuto in famiglia e presso la Taverna del
Diavolo, un ristorante della zona, per essere anche un guardone. Il
fenomeno del voyeurismo era peraltro in quei tempi marcatamente diffuso
nella provincia fiorentina.[20] La domenica mattina seguente al duplice
delitto, rientrato all'alba dopo aver trascorso la serata fuori con un amico
guardone, racconter alla moglie e ad alcuni avventori di un bar da lui
frequentato, di aver visto "due morti ammazzati"; racconter inoltre
particolari inerenti al delitto (in particolare la mutilazione inflitta alla
ragazza) che per non erano ancora stati divulgati dagli organi di stampa e
dai mass media.

In seguito alle indagini alcune persone testimoniarono di aver visto la sua


auto nei pressi del luogo del delitto nella notte del 6 giugno. Spalletti viene
quindi arrestato; durante l'interrogatorio afferma di aver letto la notizia sui
giornali, cosa impossibile in quanto i giornali che riportavano il fatto non
erano stati pubblicati prima di luned e, inoltre, mente sull'orario di rientro a
casa per la notte del delitto. Viene quindi accusato di falsa testimonianza e
incarcerato, ma col sospetto che l'assassino possa essere proprio lui.

Mentre Spalletti si trovava in carcere sua moglie e suo fratello ricevettero


diverse telefonate anonime, in cui veniva loro assicurato che il loro
congiunto sarebbe stato presto scagionato[20], cosa che in effetti accadr
nell'ottobre dello stesso anno a seguito di un nuovo duplice delitto che
scagioner completamente Spalletti.[31][32] Un conoscente dello Spalletti,
anch'egli noto come guardone, sentito dagli inquirenti, asser di essere stato

fermato nei boschi, all'incirca all'epoca del delitto, da un tizio con una divisa
che non aveva saputo identificare. L'uomo in divisa gli avrebbe rivolto
velate minacce, rimbrottandolo aspramente e mostrandogli - a suo dire una pistola.[20]

22 ottobre 1981 (gioved): L'omicidio di Stefano Baldi e Susanna Cambi,


Calenzano[modifica | modifica wikitesto]

Stefano Baldi e Susanna Cambi


Il 23 ottobre 1981, a soli quattro mesi di distanza dal precedente omicidio,
a Travalle di Calenzano vicino a Prato, in localit Le Bartoline, lungo una
strada sterrata che attraversa un campo, a poca distanza da un casolare
abbandonato, vengono uccisi Stefano Baldi, di 26 anni, operaio tessile di
Calenzano e Susanna Cambi, commessa di 24 anni. I due giovani, che
avrebbero dovuto sposarsi entro pochi mesi, avevano cenato a casa di
Stefano, quindi erano usciti a bordo dell'auto del giovane, una Golf nera, e
non avevano pi fatto ritorno. Alcuni amici del ragazzo riferirono che il Baldi
inizialmente intendeva restare con loro, guardando una partita di calcio ma
poi aveva cambiato idea decidendo di trascorrere la serata (vigilia di uno
sciopero generale) con la fidanzata. La Cambi viene raggiunta e uccisa da
cinque colpi, il ragazzo viene invece colpito quattro volte. Le cartucce sono
di marca Winchester con la lettera "H" sul fondello, sparate dalla stessa
Beretta calibro.22 Long Rifle, di cui saranno repertati solo 7 bossoli dei 9
complessivi che si sarebbero dovuti effettivamente rinvenire.

In questo caso l'omicida, per raggiungere la ragazza e compiere l'escissione


del pube, costretto ad estrarre dall'auto anche il corpo di Stefano. Il corpo
della ragazza verr trovato ad una decina di metri dall'auto, in un canaletto,
con la maglia sollevata fino al collo. Il seno sinistro presenta gravi ferite
inferte con arma bianca. Anche in questo caso verranno ritrovati gli oggetti
contenuti nella borsetta della vittima femminile sparsi nelle zone circostanti
il luogo del delitto. Il corpo di Susanna Cambi presenta ferite da arma da
taglio, almeno quattro, di cui tre alla schiena.

Il giorno successivo al delitto, prima del rinvenimento dei corpi, un uomo


telefon alla zia di Susanna chiedendo di parlare con la madre della giovane
che, in effetti, in quel periodo era ospite con le due figlie presso la sorella.
La voce all'altro capo del telefono stata descritta dalla zia della Cambi
come "chiara, distinta e priva di inflessioni dialettali". A causa di un guasto
sulla linea tuttavia, la comunicazione venne interrotta subito. Si tratta di un
particolare decisamente misterioso considerato che il numero di telefono,
appartenente ad un indirizzo nuovo, era provvisorio e quindi nessuno
avrebbe dovuto conoscerlo.[20] Secondo quanto sostenuto dall'avvocato
Nino Filast, inoltre, poco prima del delitto Susanna Cambi avrebbe fatto
capire alla madre di essere pedinata da qualcuno. In una circostanza,
mentre guidava l'auto in compagnia della madre, aveva rischiato di
provocare un incidente spiegandole che "un tale, il solito" la stava seguendo
e che era sua intenzione evitare di incontrarlo.

19 giugno 1982 (sabato): L'omicidio di Paolo Mainardi e Antonella Migliorini,


Baccaiano[modifica | modifica wikitesto]

Antonella Migliorini, Paolo Mainardi


La notte del 19 giugno 1982, a Baccaiano di Montespertoli vengono uccisi
Paolo Mainardi, meccanico di 22 anni, e Antonella Migliorini di 19,
dipendente di una ditta di confezioni. I due giovani, fidanzati da molti anni e
soprannominati dagli amici Vinavil perch inseparabili, erano appartati a
bordo di una piccola Fiat 147, in uno slargo presente sulla Strada
Provinciale Virginio Nuova dopo aver trascorso la serata a cena con dei
parenti. Nelle ultime settimane, Antonella aveva confidato ad amiche e
colleghe di aver paura del maniaco delle coppiette (il termine Mostro di
Firenze all'epoca non era stato ancora coniato) e che avrebbe evitato di
appartarsi in luoghi isolati col fidanzato.

L'assassino sopraggiunge favorito dall'oscurit ed esplode alcuni colpi verso


la coppia; Paolo viene solo ferito e riesce a mettere in moto l'auto e a
inserire la retromarcia. Tuttavia, probabilmente a causa della concitazione
del momento, Paolo non in grado di controllare l'auto che attraversa
trasversalmente la strada e resta poi bloccata nella proda sul lato opposto.
A questo punto l'assassino spara contro i fari anteriori dell'auto e colpisce a
morte i due giovani. Secondo la versione tuttora condivisa dai pi e
ammessa al processo, l'assassino in seguito sfiler le chiavi dal quadro
d'accensione della vettura e le getter lontano, presumibilmente in segno di
spregio. Esiste in verit un'altra ipotesi che stando alla testimonianza del
Sig. Allegranti (l'addetto del pronto soccorso della Misericordia che per
primo estrasse il corpo dei ragazzi dall'auto) il ragazzo Paolo Mainardi si
trovasse anch'egli, come la ragazza, posizionato nel sedile posteriore della
Fiat 147. Da qui l'ipotesi che non fu il ragazzo a spostare l'auto e a finire
incastrato nel fossetto bens invece l'aggressore stesso, a seguito del
concitato tentativo di allontanarsi quanto prima dal luogo dell'omicidio. In
ogni caso, la corporatura robusta di entrambi i giovani (il Mainardi era alto
quasi due metri) avrebbe reso difficile all'assassino estrarli dall'auto
rapidamente, soprattutto in una zona come quella dove avvenne il delitto.

Questo delitto si differenzia dai precedenti per almeno due motivi;


innanzitutto il luogo in cui avviene l'aggressione non appartato; a pochi
chilometri di distanza, nel paese di Cerbaia in corso la festa del Santo
patrono, e il traffico di auto lungo la strada provinciale ridotto ma
costante. In secondo luogo l'omicida, per la prima volta, non esegue le
escissioni dei feticci e non ha il tempo materiale per infierire sui cadaveri,
probabilmente a causa dei rischi che questa operazione avrebbe
comportato, considerato che la macchina era visibilmente disposta in modo
innaturale sulla strada.

Il delitto sar infatti scoperto pochissimo dopo da una vettura sopraggiunta


nel frattempo. Antonella morta, Paolo respira ancora e viene
immediatamente trasportato al vicino ospedale di Empoli, dove muore il
mattino seguente senza riprendere coscienza. Sul luogo del delitto verranno

messi a reperto nove bossoli di calibro.22 Winchester sempre con la lettera


"H" punzonata sul fondello. In quest'occasione il giudice Silvia Della Monica,
sperando di indurre l'assassino in errore, convoc in Procura i cronisti che si
occupavano del caso e chiese loro di scrivere sui giornali che Paolo
Mainardi, prima di morire, aveva rivelato importanti informazioni utili alla
ricostruzione dell'identit dell'omicida, ma tale trucco non port ad alcun
risultato positivo.

Sar inoltre a seguito di questo delitto che il maresciallo Fiori, 15 anni prima
in servizio a Signa, ricorder del delitto avvenuto nell'estate del 1968, e
permetter la riapertura del fascicolo in cui verranno ritrovati i bossoli
repertati quell'anno; sar cos possibile comparare i bossoli e stabilire che a
sparare nel 1968 era stata la stessa arma utilizzata nel 1982. Anche questo
evento non privo di dettagli inconsueti in quanto, per legge, gli elementi
raccolti nel corso di un processo devono essere distrutti a sentenza
avvenuta. Va tuttavia rilevato che la pratica non generalmente seguita nel
caso in cui l'arma del delitto non sia stata ritrovata, per l'ovvia necessit di
lasciare il campo a successive verifiche, cosa che si in effetti verificata con
i bossoli repertati a Signa nel 1968. Mario Spezi nel suo libro Dolci colline di
sangue d una versione un po' differente[senza fonte] riguardo al
collegamento dei delitti del Mostro di Firenze con quello del 1968 a Signa.

In pratica Spezi dice che arriv agli inquirenti una lettera anonima che
conteneva un ritaglio di giornale relativo al delitto del 1968 con un
messaggio aggiunto a penna che recitava: Perch non andate a rivedere il
processo di Perugia contro Stefano Mele? (Il fascicolo processuale di
Stefano Mele era effettivamente presso il tribunale di Perugia). Nel fascicolo
si trovarono stranamente i famosi bossoli calibro. 22 serie H in una busta
spillata che permisero agli inquirenti di mettere in relazione i delitti del 1968
con i successivi del 1974, 1981 e 1982.

Francesco Vinci[modifica | modifica wikitesto]

Successivamente al delitto del giugno 1982, che aveva portato gli inquirenti
a collegare alla serie di delitti maniacali anche quello avvenuto 14 anni
prima a Signa, in maniera inequivocabile grazie ai bossoli sparati dalla
medesima pistola, le indagini si rivolgeranno verso Francesco Vinci, pastore,
pluripregiudicato, residente a Montelupo Fiorentino, gi chiamato in causa
anni prima da Stefano Mele nell'omicidio del 1968 per il quale lo stesso Mele
stava in quegli anni scontando la pena a 13 anni.[33] Vinci era stato a suo
tempo amante fisso della Locci (come il fratello Salvatore) e aveva
addirittura abbandonato la famiglia per vivere con la donna, rimediando per
questo una denuncia, da parte della moglie, per abbandono del tetto
coniugale e concubinato (reato allora ancora punibile in Italia, cos come del
resto l'adulterio), fatto questo che aveva destato un certo scandalo in
paese[34]

Il Vinci viene pertanto posto in stato di fermo con l'imputazione di


maltrattamenti al coniuge[35], in modo da poter approfondire alcuni aspetti
e raccogliere ulteriori prove per indiziarlo dei delitti del Mostro di Firenze.
Tuttavia Francesco Vinci si trovava ancora in carcere al momento in cui
avviene un nuovo duplice omicidio, quello del 1983. Scagionato da tale
circostanza, e dalla successiva nuova testimonianza di Stefano Mele, Vinci
resta in carcere per tre anni a causa di una condanna per furto di camion,
ma viene completamente scagionato dalle accuse per gli omicidi.[36]

Francesco Vinci fu trovato assassinato il 7 agosto 1993 insieme a un amico,


tal Angelo Vargiu, in una pineta nei pressi di Chianni. I loro corpi,
incaprettati, erano stati rinchiusi nel bagagliaio di una Volvo data alle
fiamme. Si ipotizz un collegamento con la vicenda del "mostro", ipotesi
per quasi subito scartata[37]; pi probabilmente, date anche le modalit
del delitto, era da ritenersi una vendetta nata in ambienti malavitosi sardi
attorno ai quali pare che Vinci gravitasse. Il caso rimasto sostanzialmente
insoluto.[38]

9 settembre 1983 (venerd): L'omicidio di Horst Wilhelm Meyer e Jens-Uwe


Rsch, Giogoli[modifica | modifica wikitesto]
Il 9 settembre 1983, a Giogoli, vengono assassinati due turisti tedeschi,
Jens-Uwe Rsch e Horst Wilhelm Meyer, entrambi di 24 anni, studenti
presso l'Universit di Mnster che al momento dell'aggressione si trovano a
bordo del loro furgone Volkswagen T1 con l'autoradio accesa. I ragazzi
vengono raggiunti e uccisi da sette proiettili, sparati con una certa
precisione attraverso la carrozzeria del furgone, ma verranno messi a
referto solo 4 bossoli sui 7 che si sarebbero dovuti effettivamente rinvenire.
Le indagini successive al delitto permetteranno di stabilire che i colpi erano
stati sparati da un'altezza di circa un metro e 30 centimetri da terra, il che
fa supporre che l'assassino fosse alto almeno 1 metro e 80, o anche di pi.
L'ipotesi dell'altezza del killer superiore alla media non per condivisa da
tutti, in primis da Perugini e da altri inquirenti[11].

L'assassino fredda dapprima Meyer con tre colpi in rapidissima successione,


mentre Rsch tenta inutilmente la fuga ma viene poi colpito anch'esso da
quattro proiettili, di cui uno al cervello, accasciandosi sul fondo
dell'automezzo. Una volta uccisi i due giovani, l'assassino sale sul retro del
furgone ma, accortosi che le vittime sono entrambe di sesso maschile, si
dilegua senza utilizzare armi bianche ed effettuare alcuna escissione sui
corpi. In questo caso, l'assassino stato forse tratto in errore dai capelli
lunghi e dalla corporatura esile di Rsch, scambiato evidentemente per una
donna. Il denaro e le macchine fotografiche delle vittime non vennero
prelevate, n sembrarono mancare oggetti di valore. Nelle vicinanze del
camper furono rinvenute anche alcune riviste pornografiche a contenuto
probabilmente omosessuale, ma non mai stato appurato se
appartenessero ai giovani, n se i due fossero effettivamente fidanzati
oppure solamente amici.

La pista sarda[modifica | modifica wikitesto]


Si pens quindi che il killer, non potendo essere Stefano Mele - detenuto nel
periodo in cui il "mostro" aveva continuato a colpire - e neppure Francesco

Vinci, potesse invece essere un altro personaggio appartenente alla loro


cerchia di frequentazioni e conoscenze. Furono pertanto indiziati e inquisiti
Giovanni Mele, fratello di Stefano, e Piero Mucciarini, cognato di Giovanni
Mele.[39] Sulla base di nuove rivelazioni di Stefano Mele, che in alcune
deposizioni accus il fratello ed il cognato di aver partecipato all'omicidio
della moglie[40], e con l'aggravante di alcuni indizi materiali (tra cui un
bisturi in possesso di Giovanni Mele), Piero Mucciarini e Giovanni Mele
restano per otto mesi detenuti con l'accusa di essere gli autori dei duplici
omicidi.[40]

I due vengono scarcerati, ed escono dall'inchiesta[41], non essendoci a loro


carico indizi tanto gravi da giustificarne il rinvio a giudizio, ed essendo i due
detenuti nel periodo in cui fu commesso l'omicidio di Claudio Stefanacci e
Pia Rontini.[42][43] Per un certo periodo venne indagato per gli omicidi
anche Salvatore Vinci, fratello di Francesco.[44][45] Stefano Mele mor nel
1995 per una crisi cardiaca a seguito di un intervento chirurgico, mentre
risiedeva in uno ospizio per ex detenuti a Ronco all'Adige, presso
Verona.[46]

29 luglio 1984 (domenica): L'omicidio di Claudio Stefanacci e Pia Rontini,


Vicchio[modifica | modifica wikitesto]

Claudio Stefanacci
Le vittime del penultimo delitto del Mostro di Firenze sono Claudio
Stefanacci, studente universitario di 21 anni e Pia Gilda Rontini di 18 anni,
da poco tempo impiegata presso il bar della stazione ferroviaria di Vicchio e
majorette nella banda musicale del paese. L'auto dei giovani, una Fiat
Panda celeste, parcheggiata in fondo a una strada sterrata che si diparte
dalla Strada Provinciale Sagginalese, contro il terrapieno di una collina.
Quando vengono aggrediti, i due ragazzi sono seminudi sul sedile posteriore
della Panda di propriet del ragazzo. L'omicida spara attraverso il vetro
della portiera destra colpendo il ragazzo quattro volte (di cui una alla testa),

e due volte la ragazza (colpita al volto e al braccio che aveva probabilmente


steso di fronte alla faccia come estremo gesto di difesa).[47]

Pia Rontini
In seguito l'assassino infierisce con diverse coltellate sui corpi dei due
ragazzi, colpendo due volte alla gola Pia e una decina di volte Claudio. Pia
viene trascinata, ancora viva anche se ormai in agonia, fuori dalla vettura in
un vicino campo di erba medica, dove le vengono asportati il pube e il seno
sinistro. Verr ritrovata con il proprio reggiseno ancora serrato tra le dita
della mano destra.[47] La catenina che portava stata strappata ed stato
sottratto il pendente a forma di croce. In questo caso la borsetta non
stata frugata n manomessa, presumibilmente perch nascosta sotto il
sedile del passeggero.

I cadaveri vengono scoperti prima dell'alba da alcuni amici della coppia, ma


l'allarme per la scomparsa dei due era stato dato gi verso le 23 circa dalla
madre della Rontini, preoccupata per l'insolito ritardo della figlia che al
momento di uscire di casa, poco dopo le 21, aveva promesso di rientrare
entro un'ora essendo stanca per aver lavorato tutto il giorno.[20] Anche in
questo caso pare che la vittima femminile avesse subito molestie da parte
di ignoti nei giorni precedenti al delitto. Un'amica di Pia, conosciuta durante
un soggiorno di studio in Danimarca e che in seguito aveva intrattenuto con
lei relazioni di corrispondenza, rifer tempo dopo di aver ricevuto una
telefonata dalla giovane, pochissimo tempo prima del delitto, in cui Pia le
riferiva che nel bar dove lavorava "c'erano persone poco piacevoli assieme
alle quali si sentiva molto insicura".[48]

Tale fatto sembra peraltro avvalorato da un riscontro raccolto in una fase


successiva al delitto; il Sig. Bardazzi gestore di una tavola calda in localit
San Piero a Sieve aveva dichiarato di riconoscere nei due fidanzatini uccisi
una coppia che nel pomeriggio del 29 luglio 1984, poche ore prima

dell'omicidio, si era intrattenuta presso il suo locale. Subito dopo loro,


secondo il teste, era arrivato un "signore distinto", alto, corpulento, sguardo
intenso, in giacca e cravatta, dai capelli rossicci, che aveva ordinato una
birra e si era seduto all'esterno del locale, senza staccare gli occhi dalla
ragazza. Non appena i giovani avevano terminato di mangiare e si erano
avvicinati alla cassa, l'uomo aveva bevuto d'un fiato la birra e si era
accodato a loro. Invitato a partecipare ai funerali delle vittime, tuttavia, non
riconobbe il "signore distinto" tra i presenti.[20]

Nel processo a Pacciani il teste Bardazzi venne ascoltato dal PM Canessa


che mise in luce alcune incongruenze nella sua testimonianza; dando per
scontata la sincera volont di collaborare da parte del Sig. Bardazzi non
venne per considerata credibile la sua testimonianza in quanto non
coincidevano innanzitutto i tempi di spostamento della coppia dei ragazzi
rispetto al tragitto casa-locale Bardazzi-luogo di lavoro di Pia Rontini e in
pi lo stesso Bardazzi non si dimostr cos certo al processo di riconoscere i
ragazzi e la loro auto parcheggiata davanti al locale. Nel marzo del 1994 le
croci piantate sul luogo del delitto dal padre di Pia Rontini in memoria dei
due giovani assassinati sono state danneggiate da ignoti.[49]

Il padre di Pia, Renzo Rontini, si impegnato profondamente per la ricerca


della verit sul caso fino alla sua morte, avvenuta per un attacco cardiaco
alla fine degli anni novanta.

8 settembre 1985 (domenica): L'omicidio di Jean-Michel Kraveichvili e


Nadine Mauriot, Scopeti[modifica | modifica wikitesto]
L'ultimo duplice delitto (quello su cui si hanno pi particolari e riscontri[50])
avviene nella campagna di San Casciano Val di Pesa in frazione Scopeti,
all'interno di una piazzola attorniata da cipressi, attigua ad un cimitero, in
cui erano solite appartarsi le giovani coppie.[51] Le vittime sono due
giovani francesi, Jean-Michel Kraveichvili, musicista venticinquenne, e la
trentaseienne Nadine Mauriot, commerciante, madre di due bambine piccole
recentemente separata dal marito, entrambi provenienti da Audincourt.

Le vittime sono accampate in una piccola tenda ad igloo a poca distanza


dalla strada. L'omicidio stato fatto risalire da taluni alla notte di domenica
8 settembre 1985, da altri a quella tra sabato 7 settembre e domenica 8
settembre 1985, considerazione motivata con la presenza sui cadaveri delle
vittime di larve di mosca che necessitano di almeno 25 ore di tempo per
svilupparsi[20] e col fatto che Nadine Mauriot aveva avvertito i parenti in
Francia che sarebbe rientrata dalla vacanza al pi tardi domenica sera per
accompagnare a scuola le figlie il giorno successivo e riaprire il negozio di
sua propriet.[52] Una coppia che si era appartata nella piazzola del delitto
nelle prime ore del pomeriggio di domenica 8 settembre 1985 rifer di aver
notato la tenda delle vittime all'interno della quale sembrava esservi una
persona distesa; riferirono anche di un nugolo di mosche e di cattivo odore
nella zona, tanto che proprio per tali motivi i due ragazzi decisero di
andarsene da quel luogo.[20]

Le modalit dell'aggressione sono simili a quelle precedentemente messe in


pratica dall'omicida, eccettuato il fatto che in questo caso, le vittime non si
trovavano in auto ma in una tenda piantata vicino alla propria Volkswagen
Golf: il "mostro", dopo aver reciso con un coltello il telo esterno della tenda
sulla parte posteriore, si sposta verso l'ingresso della tenda e spara. Nadine
muore all'istante, il giovane Jean-Michel, ferito non mortalmente, riesce ad
uscire dalla tenda e a fuggire di corsa in direzione del bosco, ma viene
raggiunto dall'omicida che lo finisce a coltellate e poi ne occulta il corpo,
cercando di nasconderlo tra alcuni rifiuti poco distante dalla tenda.[53]

Dopo averlo estratto dalla tenda per effettuare le mutilazioni sul pube e sul
seno sinistro, anche il cadavere della donna viene in qualche modo
occultato e risistemato all'interno della tenda in modo che non sia subito
visibile. Il modus operandi particolare attuato dall'omicida in quest'ultimo
delitto lascia presupporre che l'assassino avesse l'intento di ritardare il pi
possibile la scoperta dei corpi. Un brandello del seno della ragazza viene
spedito alla Procura della Repubblica di Firenze in una busta anonima con
l'indirizzo composto da lettere di giornali ritagliate, indirizzato alla

dottoressa Silvia Della Monica, PM incaricato delle indagini sul killer.[54] La


scoperta dei corpi avverr, per puro caso, due ore prima che la lettera
giunga in Procura vanificando cos il possibile perfido piano dell'omicida che
probabilmente voleva annunciare agli inquirenti l'avvenuto ultimo duplice
delitto attraverso la sua stessa macabra missiva.

Poche settimane dopo il delitto, il 2 ottobre, giunsero in Procura tre buste


anonime indirizzate ai tre sostituti procuratori Pier Luigi Vigna, Paolo
Canessa e Francesco Fleury. Le tre buste contenevano la fotocopia di un
articolo ritagliato dalla Nazione, una cartuccia marca Winchester calibro 22
serie "H", e un foglietto di carta bianco piegato in due con scritto: Uno a
testa vi basta. Gli esami biologici evidenziarono che sui lembi delle tre buste
c'erano tracce di saliva che diedero esito positivo di appartenenza a
soggetto con gruppo sanguigno A. Non esiste per alcuna certezza che
questo messaggio del 2 ottobre sia stato inviato dal "mostro", poich esso
non conteneva alcuna "firma", cio un qualcosa (come, per esempio, poteva
essere un bossolo col segno di percussione della calibro 22 oppure una
parte del corpo di una vittima) che sanciva la mano dell'assassino invece di
quella di un "burlone" o mitomane. Il brandello di seno spedito a Silvia Della
Monica rimane, infatti, l'unico "messaggio" inequivocabilmente inviato dal
killer agli inquirenti.[55]

I "compagni di merende"[modifica | modifica wikitesto]


Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: Compagni di
merende.
Pietro Pacciani[modifica | modifica wikitesto]
Dopo l'omicidio degli Scopeti (l'ultimo della serie) le indagini proseguono
intensamente ma, fino al 1991, non ci sono sviluppi significativi. La SAM
(Squadra Anti-Mostro), il pool di forze dell'ordine che indagava solo ed
esclusivamente sugli omicidi seriali delle colline fiorentine dal 1984, era
capeggiata da Ruggero Perugini. Pietro Pacciani divent il sospettato
numero uno della SAM nel 1991, mentre questi si trovava in carcere per la
condanna di stupro nei confronti delle sue due figlie; anche una lettera

anonima risalente al 1985 invitava gli inquirenti ad indagare su di lui.[56] Il


pool di Perugini, oltre alla lettera anonima, aveva il nome di Pacciani
schedato nel computer fra le molte persone aventi le caratteristiche per
essere l'assassino seriale.[57]

Pietro Pacciani nella prima met degli anni ottanta


Nato ad Ampinana il 7 gennaio 1925, ex partigiano[58] soprannominato il
Vampa per via del suo carattere irascibile e per i suoi trascorsi giovanili
come mangiafuoco per le fiere paesane (che una volta gli costarono persino
un'ustione al viso), Pacciani era un uomo collerico, depravato e brutale
indipendentemente dalle accuse riguardanti i delitti del Mostro di Firenze.
Nel 1951, a 26 anni, Pacciani sorprese l'allora fidanzata, Miranda Bugli
(appena quindicenne), in atteggiamenti intimi con un altro uomo, tale
Severino Bonini di 41 anni; preso dalla gelosia, uccise a coltellate il rivale
costringendo poi la ragazza ad avere un rapporto sessuale proprio accanto
al cadavere. Arrestato e processato, dichiarer d'essere stato accecato dal
furore avendo visto la fidanzata denudarsi il seno sinistro[59] (lo stesso che
negli ultimi due delitti venne asportato alle vittime femminili del
pluriomicida). Per questo omicidio Pietro Pacciani viene condannato a 13
anni di carcere che sconta interamente. La storia fece scalpore in Toscana,
tanto da essere raccontata dai cantastorie. L'analogia di questo delitto con
quelli del "mostro" sar l'intuizione e l'indizio principe che porter gli
inquirenti ad indagare seriamente su Pacciani.

Gli inquirenti si convincono, accumulando suggestioni/indizi, che Pacciani


sia il serial killer delle coppiette fiorentine con questa tesi: Pacciani
ucciderebbe le coppie per rivivere, da "vincitore", il delitto del 1951;
accanenendosi quindi particolarmente sulla donna che simboleggia
l'ex-fidanzata che l'ha tradito.[60] Gli indizi che accumularono gli inquirenti
erano vari: Pacciani scriveva la parola Repubblica con una sola B (come
scritto nella busta col lembo di seno inviata dal killer nel 1985[61]),
possedeva giornali e riviste che parlavano dei delitti del Mostro di Firenze e

foto con pubi segnati a matita[62] ed aveva scritto su un foglio un numero


di targa di un'auto appartenente ad una coppia che si appartava nella zona
degli Scopeti, luogo del delitto del settembre 1985.[63] Una parte della
"componente indiziaria" era anche di tipo territoriale-logistico. Pacciani
aveva legami (alcuni espliciti, altri pi forzati) con tutti i luoghi dove
avvennero gli otto duplici omicidi dell'assassino seriale. Il contadino aveva
vissuto e lavorato nelle due aree geografiche dove il "mostro" aveva colpito
pi spesso: il Mugello e la Val di Pesa. Ma aveva un ipotetico legame anche
con Signa (poich nel 1968 vi risiedeva l'ex-fidanzata Miranda Bugli, che in
seguito visse anche a Scandicci[64]), e Calenzano (poich l viveva l'amico
compagno di merende Giovanni Faggi[65]). Tuttavia, ci che poteva avere
teoricamente valenza probatoria, erano soltanto tre oggetti detenuti da
Pacciani: una cartuccia trovata in giardino (se realmente fosse stata inserita
nell'arma del killer[66]), un blocco da disegno e un portasapone (se
realmente fossero appartenuti alle vittime del Mostro di Firenze del
1983[67]).

Il Vampa era un agricoltore sessualmente perverso (celebre l'episodio di


quando, nel 1976, and al Pronto Soccorso per farsi togliere un
vibromassaggiatore dall'orifizio anale[68]), e violento, anche dopo l'omicidio
del 1951, non soltanto nei confronti della famiglia, come quando prese a
calci e colpi di pala un guardiacaccia che fin ricoverato per 26 giorni in
ospedale[69]. Pacciani, oltre a definirsi totalmente estraneo ai fatti di
sangue del "mostro", voleva dare di s anche l'immagine dell'agnelluccio e
del lavoratore della terra agricola (come lui stesso amava definirsi), cio
l'immagine della persona buona e semplice, nonostante che al suo paese
tutti lo conoscessero invece come un uomo assai violento, prepotente e
litigioso e tanti suoi compaesani avevano molta paura di lui e ben si
guardavano dal frequentarlo.[70] L'opinione pubblica fu sostanzialmente
divisa in due sulla sua colpevolezza riguardo i delitti del Mostro di
Firenze.[71] Ci che biograficamente certo, al di l delle varie teorie
sull'identit del killer, che Pietro Pacciani era un personaggio tanto
primitivo quanto particolare: bugiardo cronico, poeta e pittore autodidatta
per hobby, cimentatosi in mille mestieri.[72] La sua indole violenta si
rivers negli anni sulla moglie, Angiolina Manni, una donna semi-inferma di

mente (bastonata e costretta a rapporti sessuali), e sulle loro due figlie,


Rosanna e Graziella[73], tenute segregate in casa, nutrite con cibo per cani,
picchiate, violentate con falli artificiali e zucchine, costrette a visionare foto
pornografiche del padre ripresosi in pose oscene; le due figlie se ne
andarono di casa non appena diventarono maggiorenni, rompendo
definitivamente i rapporti con il padre, e poco dopo aver lasciato
l'abitazione, lo denunciarono per stupro (accusa per cui Pacciani stato
condannato in via definitiva, restando in carcere dal 1986 al 1992).[59]

Pacciani viene arrestato con l'accusa di essere l'omicida delle otto coppie di
giovani il 17 gennaio 1993. Il 19 aprile 1994, con il collegio difensivo
composto dagli avvocati Piero Fioravanti e Rosario Bevacqua, inizia il
processo di primo grado, presieduto dal dottor Enrico Ognibene, con
l'accusa rappresentata dal sostituto procuratore Paolo Canessa (in vece di
Pier Luigi Vigna, che era divenuto nel frattempo procuratore nazionale
antimafia), processo che rivela anche le atroci violenze familiari commesse
dal contadino (compresi i ripetuti stupri nei confronti delle sue due figlie,
per i quali era gi stato condannato ed aveva gi scontato la pena)[5], e
che si conclude il 1 novembre 1994 con la condanna dell'imputato
all'ergastolo da parte del tribunale di Firenze con l'accusa di essere il
responsabile di quattordici dei sedici omicidi per cui era imputato (venne
infatti ritenuto non colpevole del duplice omicidio del 1968).[74] Il verdetto
si ribalter per quindici mesi pi tardi, nel secondo grado di giudizio.[75]
Infatti, il 13 febbraio 1996 Pacciani (in carcere da 1.100 giorni), nel cui
collegio difensivo si era nel frattempo aggiunto anche il famoso avvocato
Nino Marazzita, assolto dalla Corte d'appello di Firenze per non aver
commesso il fatto e viene dunque scarcerato.[75][76]

Il magistrato presidente della corte d'assise d'appello, Francesco Ferri,


critica aspramente l'impianto accusatorio contro Pacciani (mettendo poi,
nero su bianco, tutte le critiche all'indagine in un libro[77]); l'assoluzione
viene chiesta anche dal Pubblico Ministero del processo d'appello, Piero
Tony.[78] Successivamente per, il 12 dicembre 1996, la Cassazione
annulla l'assoluzione e dispone un nuovo processo d'appello[79], che

Pacciani non potr subire a causa della sua improvvisa morte, avvenuta il
22 febbraio 1998. Il processo d'appello a carico di Pacciani fu giudicato
viziato da un errore tecnico, che non consent di sentire e verbalizzare le
testimonianze di quattro persone (i testi Alfa, Beta, Gamma e Delta[80]),
tra i quali c'era anche Lotti, che pochi mesi dopo si autoaccuser di alcuni
degli omicidi come complice di Vanni e Pacciani.

Per la condanna di Pacciani in primo grado sono stati valutati vari elementi,
perlopi di valore indiziario. Intercettazioni ambientali di violenti rimproveri
alla moglie Angiolina (che in s non provavano niente, ma che indebolirono
l'immagine di uomo mite e inoffensivo che Pacciani voleva dare di s), una
cartuccia per pistola (in appello poi giudicata come "priva di valore" in
un'"inchiesta inquinata"[81]) compatibile con i bossoli trovati sui luoghi
degli omicidi e rinvenuta nell'orto di Pacciani[82], alcuni oggetti che l'accusa
ritenne appartenessero ad alcune delle vittime[5][83][84] oltre alle
testimonianze di alcune persone che lo riconobbero nei luoghi degli omicidi
perlopi in veste di guardone.[85][86] Un elemento dapprima trascurato
nei processi contro Pacciani fu l'insieme dei grossi movimenti di denaro sul
conto bancario dell'agricoltore, cifre forse troppo cospicue all'epoca dei fatti
per un semplice contadino quale lui era.[87]

I soldi di Pacciani vennero presi in considerazione, come indizio del


coinvolgimento del contadino nei delitti, solo nelle inchieste successive alle
condanne ai compagni di merende, quando si ipotizz che Pacciani e i suoi
compari di bevute ricevessero denaro per eseguire gli omicidi su
commissione da parte di mandanti mai identificati.[5][88] pacifico che la
tesi che vuole Pietro Pacciani capo-killer mercenario su commissione
incompatibile con quella del processo Pacciani del 1994, dove il contadino
mugellano era considerato dalla Pubblica Accusa un serial killer solitario fin
dal delitto di Signa del 1968.[89]

Solo a met degli anni novanta, con l'arrivo a capo della Squadra Mobile di
Firenze di Michele Giuttari le indagini si concentrarono pi dettagliatamente,

anche su alcuni amici di Pacciani coinvolti nella vicenda: Mario Vanni,


Giancarlo Lotti, Fernando Pucci e Giovanni Faggi[90][91][92] (quest'ultimo
assolto, in tutti e tre i gradi di giudizio, da ogni accusa riguardante gli
omicidi[93][94]). Un altro agricoltore della zona, tale Giorgio Rea, venne in
principio sottoposto a sospetto da parte degli inquirenti, per via dell'amicizia
decennale che lo legava ai vari Pacciani, Vanni, Lotti, Pucci e Faggi, ma i
sospetti caddero quasi subito nel corso di pochi giorni[95]

A seguito dell'assoluzione di Pacciani nel processo d'appello, Angiolina


Manni decise di abbandonare la casa coniugale, non volendo pi avere
nessun rapporto con l'uomo, tant' che nel luglio dello stesso anno avvi
anche le pratiche per la separazione dal marito[96]. Angiolina Manni
morta nel 2005 all'et di 80 anni.[97] Nel dicembre del 1996, Pacciani viene
rinviato a giudizio per sequestro e maltrattamenti ai danni della moglie.[98]
In particolare gli inquirenti addebitavano a Pacciani di aver aggredito la
moglie nel 1992, al ritorno della stessa da un interrogatorio durante il quale
la signora avrebbe rilasciato dichiarazioni compromettenti per il marito a
causa del possesso di un fucile mai denunciato, anche se si trattava di
un'arma che non era sicuramente quella usata per uccidere le
coppiette.[98]. La reazione di Pacciani fu registrata e ascoltata in diretta
dalla polizia che aveva apposto alcune microspie nella casa del
contadino.[5]

Come detto, il 22 febbraio 1998, proprio alla vigilia dell'inizio del secondo
processo d'appello a suo carico, Pietro Pacciani viene trovato morto nella
sua abitazione di Mercatale con i pantaloni abbassati e il maglione tirato in
alto fino al collo. Un esame tossicologico rivela nel sangue tracce di un
farmaco antiasmatico fortemente controindicato per lui (che non soffriva di
asma ed era invece affetto da una malattia cardiaca). Le circostanze
sospette dell'improvvisa morte del contadino provocarono ulteriori ombre
sulla vicenda che sembrava essersi avviata ad una conclusione
definitiva.[5][99] Pacciani infatti, dopo la sentenza di assoluzione di
secondo grado, era tornato ad abitare da solo (dopo che anche la moglie
aveva abbandonato l'abitazione coniugale) nel suo casolare, dove la sera

era solito barricarsi in casa, sprangando la porta e tutte le serrande, quasi


avesse timore di qualcosa o di qualcuno (cos come confermato dalle
testimonianze dei vicini)[3]. La sera in cui i carabinieri lo trovarono morto
nella sua abitazione, la porta e le finestre erano invece completamente
spalancate.

Le successive intercettazioni telefoniche, relative al "caso Narducci" (vedi


apposito paragrafo sotto), fecero emergere in alcuni la possibilit che
Pacciani fosse stato ucciso dagli appartenenti ad una setta
satanica-esoterica perch colpevole di averli traditi, magari proprio da
coloro che l'avrebbero ingaggiato per i delitti[3]. L'ipotesi che Pacciani non
mor per una casualit (teoria che non ebbe poi alcun sviluppo investigativo
significativo), fu criticata da coloro che ricordavano come il Vampa fosse,
nel 1998, anziano (aveva 73 anni), pluriinfartuato e sicuramente poco
attento alla propria salute per indole naturale.[100]

Mario Vanni[modifica | modifica wikitesto]


Nato a San Casciano in Val di Pesa il 23 dicembre 1927, portalettere in
pensione, Mario Vanni, detto Torsolo per il suo fisico esile, rimasto
particolarmente famoso come inventore involontario della locuzione
compagni di merende, che i media ricavarono dalla caricatura di una sua
espressione. Sentito infatti come testimone al processo contro Pacciani, il
postino, alla domanda Signor Vanni, che lavoro fa lei? rispose iniziando la
sua deposizione in modo inatteso e illogico dicendo Io sono stato a fa'
delle merende co' i' Pacciani no?, suscitando cos l'ilarit generale e
facendo supporre al PM che l'interrogato fosse stato istruito a dare precise
risposte. Il suo continuo, goffo e reticente riferimento a tali merende, oltre
a determinarne l'incriminazione, produsse l'ironico modo di dire, usato per
indicare persone legate da un rapporto losco o comunque poco onesto.

Vanni viene arrestato in concomitanza con l'assoluzione (poi annullata) di


Pietro Pacciani, per concorso in duplice omicidio e vilipendio di cadavere,
messo in atto secondo l'accusa proprio assieme a Pacciani.[76][101] Vanni,

ha dimostrato durante lo svolgimento del processo un atteggiamento ostile


nei confronti dei giudici, dettato in maggior parte dall'ignoranza, dall'abuso
di alcol, dalla paura e dalla sua et avanzata, che non gli permetteva forse
di comprendere lucidamente lo svolgersi delle udienze. Viene spesso
richiamato e allontanato dall'aula, fino ad essere espulso dopo aver
minacciato il PM Paolo Canessa con l'espressione il Signore lo colpir con
malaccio inguaribile e aver vantato la sua fede politica per Mussolini.[5]
Tuttavia, il suo avvocato difensore Nino Filast riusc in seguito a farlo
riammettere in aula.

Vanni fu condannato al carcere a vita. La condanna, per soli quattro degli


otto duplici omicidi, stata resa definitiva nel 2000 dalla Corte di
Cassazione. Nel 2004 la pena gli viene sospesa per motivi di salute, e Vanni
trascorre i suoi ultimi cinque anni di vita in una casa di riposo per anziani
non autosufficienti a Pelago, in provincia di Firenze. Ricoverato il 12 aprile
2009 all'ospedale toscano di Ponte a Niccheri morto il giorno dopo, all'et
di 81 anni.[102] Era l'ultimo compagno di merende ad essere rimasto in
vita.

Giancarlo Lotti[modifica | modifica wikitesto]


Giancarlo Lotti, detto Katanga, fu condannato a 30 anni di reclusione per i
delitti del Mostro di Firenze; come Mario Vanni era nato anch'egli a San
Casciano in Val di Pesa il 16 settembre del 1940. Rimasto orfano di
entrambi i genitori in giovane et ed isolato dagli altri suoi parenti, era un
disoccupato che in precedenza aveva sempre svolto solo piccoli lavori
saltuari, alcolista fin dall'adolescenza e con problemi intellettivi, viveva
solamente grazie agli aiuti del parroco del paese, che gli aveva trovato
anche un'abitazione dove poter vivere.

A differenza di Vanni e Pacciani, che protestarono sempre la loro innocenza,


Lotti rese confessione[5], e accus Pacciani e Vanni.[53] fornendo
particolari di alcuni omicidi cui aveva assistito[103] e autoaccusandosi[104]
dell'omicidio dei due ragazzi tedeschi del 1983.[105] Per giustificare la sua

partecipazione ai delitti, Lotti asser di esservi stato costretto da Pacciani e


Vanni, i quali lo avrebbero minacciato di rivelare in paese la sua
omosessualit; Giancarlo Lotti era infatti omosessuale (o perlomeno aveva
tendenze bisessuali) ed una sera Pacciani e Vanni lo avrebbero scoperto in
atteggiamenti intimi con un altro uomo, tale Fabrizio Butini. Addirittura Lotti
rivel che in un'occasione lo stesso Pacciani gli avrebbe fatto delle esplicite
avance sessuali.

Le testimonianze di Lotti vennero ritenute decisive nel chiarire molti aspetti


della vicenda, nonostante il legale dello stesso Lotti e alcuni periti lo
indichino come un teste poco attendibile.[106] In particolare, proprio
l'insufficienza mentale di Lotti era stata considerata come possibile causa di
una tendenza alla mitomania, analogamente a quanto si era ipotizzato con
Stefano Mele dopo che questi si era autoaccusato del delitto del 1968 del
Mostro di Firenze.

Va detto che nel corso del dibattimento processuale ai cosiddetti "compagni


di merende" e nei controinterrogatori fatti al Lotti dalla difesa di Mario Vanni
(Avv. Nino Filast) si evidenziarono infatti numerose incongruenze in ci
che riportava lo stesso Lotti; in pratica il Lotti rifer alcuni fatti e particolari
dei delitti che oggettivamente non potevano essere considerati attendibili.
Giancarlo Lotti viene scarcerato il 15 marzo 2002 per gravi motivi di salute
e il 30 marzo successivo, all'ospedale San Paolo di Milano, muore a 61 anni
per via di un tumore al fegato, da cui era afflitto da molto tempo, a causa
del suo alcolismo decennale.[107]

Fernando Pucci[modifica | modifica wikitesto]


Amico dei tre compagni, invalido al 100% in quanto affetto da oligofrenia,
pur non subendo condanne per i delitti, depose contro Pacciani e Vanni
come testimone oculare degli ultimi due omicidi (quello del 1984 a Vicchio e
quello del 1985 agli Scopeti)[103] rischiando l'incriminazione a causa delle
dichiarazioni spesso reticenti e contraddittorie.[108]

Il "secondo livello" e i presunti mandanti[modifica | modifica wikitesto]


Le indagini sui delitti del "mostro" e sui compagni di merende hanno
successivamente condotto gli inquirenti ad ipotizzare l'esistenza di una sorta
di sovrastruttura mandante dei delitti.[109] Tale ipotesi si basa su alcune
dichiarazioni del teste e imputato Giancarlo Lotti, il quale ha dichiarato in
sede processuale che i feticci escissi dai corpi femminili sarebbero stati
comprati da un ignoto "dottore"[5], e sul ritrovamento di un possibile
simbolo esoterico, una piramide tronca di granito colorato (una rara variet
di una pregevole pietra ornamentale, nota come breccia africana) di circa
quindici centimetri, rinvenuta ad alcuni metri dai corpi esanimi dei ragazzi
uccisi in occasione del delitto dell'ottobre 1981.[110] Occorre per ricordare
che tale oggetto viene spesso usato come fermaporte nelle campagne
toscane.

Altri presunti riscontri di un possibile movente magico-esoterico si sono


avuti in occasione dell'ultimo delitto della serie, quello del 1985 a danno dei
due turisti francesi; pochi giorni prima di essere assassinati i due si erano
accampati in zona Calenzano ma erano stati invitati ad andarsene da un
guardacaccia, in quanto il campeggio libero non era consentito in quella
zona.[5] In seguito lo stesso guardacaccia aveva rinvenuto, poco distante
dal luogo in cui Nadine Mauriot e Jean Michel Kraveichvili si erano
accampati la prima volta, tre cerchi di pietre, di cui due aperti ed uno
chiuso, contenenti bacche, pelli di animali bruciate e croci di legno. Secondo
il parere di alcuni inquirenti tali cerchi di pietre potrebbero essere ricondotti
a pratiche di tipo rituale, da collegarsi con le fasi di individuazione,
condanna a morte ed esecuzione materiale della coppia.[5] Tuttavia
l'episodio del guardiacaccia stato recentemente smentito dall'avvocato dei
familiari delle vittime francesi, che a tal proposito ha diffuso anche un
documento Pdf liberamente consultabile.[111] Infatti non risulterebbe la
presenza dei due a Calenzano dagli scontrini che la coppia era solita
conservare durante i viaggi; inoltre tutti i possibili avvistamenti della coppia
francese meritano una riflessione e il beneficio del dubbio. Questo dovuto
al fatto che la foto della vittima francese che fin sui giornali (cio quella del

passaporto della vittima), mostrava la donna pi giovane e con i capelli


cortissimi, mentre nel settembre '85 Nadine aveva i capelli lunghi e qualche
anno in pi. Ci stato anche documentato in un programma
televisivo.[112]

Le frequentazioni di Pacciani e Vanni durante gli anni degli omicidi


alimentarono un filone d'inchiesta su possibili moventi esoterici e riti legati
al satanismo alla base dei delitti.[113][114] In particolare Pacciani e Vanni
frequentavano un tale Salvatore Indovino, di professione mago e
cartomante, presso una cascina situata nelle campagne di San Casciano,
dove, a detta di molti, si consumavano orge e riti collegabili
all'occultismo.[3] Durante le perquisizioni eseguite dalla Polizia di Stato a
casa di Pacciani sono stati trovati almeno tre libri ricollegabili alla magia
nera e al satanismo.[3]

La cosiddetta pista esoterica si riallaccia anche alle grosse somme di denaro


delle quali Pacciani entr in possesso negli anni dei delitti, da qui nasce
l'idea che i Compagni di Merende agissero per conto di personalit rimaste
nell'ombra[115][116] e interessate a ricavare feticci dai corpi
mutilati.[109] Pacciani, modesto agricoltore, arriv addirittura a disporre di
157 milioni di lire (corrispondenti ad oltre mezzo milione di euro attuali) in
contanti e buoni postali fruttiferi, oltre ad aver acquistato un'automobile,
due case e ristrutturato completamente la sua abitazione.[3] I controlli
eseguiti dalla Polizia di Stato evidenziarono che Pacciani, prima dei delitti
attribuibili al Mostro di Firenze, versava in condizioni economicamente
modeste e non eredit beni che potessero giustificare le somme di denaro
ritenute (ma non da tutti) troppo cospicue ed improvvise per un semplice
contadino quale lui era.[3] Anche Mario Vanni arriv a disporre di cifre
importanti, anche se in misura nettamente inferiore a quelle di Pacciani. Chi
non crede a Pacciani killer prezzolato da mandanti misteriosi rimasti ignoti,
fa notare che il contadino, oltre ad affittare un appartamento, svolgeva
molti lavori in nero ed era noto per la sua spilorceria, come sottolinea
Giuseppe Alessandri nel libro La leggenda del Vampa. Inoltre il presunto
complice Lotti era tutt'altro che ricco visto che negli anni ottanta e novanta

trovava lavoretti e alloggio solo grazie all'aiuto del prete del paese, essendo
a tutti gli effetti un disoccupato indigente. Anche Vanni, nonostante le cifre
trovate sui suoi conti, deceduto in una modesta casa di riposo di
provincia.[117]

Le sentenze che condannano i compagni di merende si basano


principalmente sulle tanto discusse testimonianze di Pucci e, soprattutto, di
Lotti. Ci ha impedito l'individuazione di un movente certo, organico e
globale, che fosse valido per tutti i delitti. Infatti Lotti, prima di accennare al
"dottore" misterioso, aveva cambiato pi volte versione sui motivi per cui
Pacciani e Vanni avessero ucciso. Inizialmente Lotti, nel 1996, dichiarava
"che i delitti erano stati atti di rabbia per approcci sessuali che le vittime
avrebbero respinto".[118] Invece. un anno pi tardi, forniva un'altra
versione sul movente, affermando che la volont di Pacciani sarebbe stata
quella di uccidere per poi dare da mangiare i feticci alle figlie.[119] Il
dibattito sull'attendibilit del Lotti rimane aperto nell'opinione pubblica,
nonostante costui sia stato decisivo per ottenere sentenze giudiziarie
definitive sulla vicenda. Nel 2010 Pier Luigi Vigna, ex procuratore di Firenze
occupatosi del caso, nonch ex procuratore nazionale antimafia, si
dichiarato scettico sull'esistenza di un possibile secondo livello di mandanti,
a dimostrazione del fatto che le inchieste successive a quelle dei compagni
di merende non abbiano avuto sviluppi clamorosi.[120] Anche Piero Tony,
sostituto procuratore generale al processo d'appello contro Pacciani, defin
ironicamente aria fritta l'ipotesi dei mandanti.[121]

Possibili collegamenti con il caso Narducci[modifica | modifica wikitesto]

Francesco Narducci
Ulteriore tesi quella che vede il responsabile dei delitti (o uno dei capi
della misteriosa setta che avrebbe commissionato gli omicidi seriali) nel
dottor Francesco Narducci, medico e professore universitario di Perugia,
morto nel Lago Trasimeno a 36 anni, il 13 ottobre 1985, poche settimane
dopo l'ultimo della serie di omicidi del Mostro di Firenze. La morte,

all'epoca, fu archiviata come incidente e la salma fu tumulata senza


procedere ad autopsia, apparendo abbastanza chiara la causa di morte per
annegamento.

Il coinvolgimento di Narducci, appartenente ad una delle famiglie perugine


pi in vista, si fonda inizialmente sull'intercettazione telefonica di un gruppo
di pregiudicati che avrebbero minacciato una tale Dora[3] di farle fare la
stessa fine del "medico ucciso sul Trasimeno", velato riferimento alla
morte dello stesso Narducci, rinvenuto cadavere al largo dell'isola Polvese, e
sulla base di alcune lettere anonime ricevute dagli investigatori nei mesi
successivi, nelle quali veniva collegato il medico agli omicidi.[122] In
seguito furono intercettate altre telefonate minacciose rivolte a Dora: in
una di queste una voce femminile (molto alterata) faceva riferimento, oltre
al presunto omicidio di Narducci, anche all'omicidio di Pacciani. Secondo
la voce al telefono, entrambi gli omicidi sarebbero stati commesi dagli
appartenenti ad una setta satanica, perch le vittime sarebbero state
colpevoli di averli traditi[3]: la stessa fine, nella telefonata, era minacciata
anche a Dora.[123]

Il procedimento per le telefonate intercettate prosegu e port ad una


condanna patteggiata, mentre per i restanti imputati il processo ormai
prossimo alla discussione. Dichiarazioni di persone informate sui fatti e
anomalie negli accertamenti sul cadavere ripescato dalle acque del Lago
Trasimeno portarono ad ipotizzare che il Narducci fosse stato assassinato.
Nel 2002 venne riesumata la salma, sulla quale esami autoptici
dimostrarono la presenza di lesioni compatibili, secondo il Consulente Prof.
Giovanni Pierucci dell'Universit di Pavia, con lo strozzamento; ipotesi
avvalorata anche dal rinvenimento di tracce di narcotizzanti nei
tessuti.[124]

Proprio l'ipotizzato omicidio del medico perugino, legato alla sostituzione del
suo cadavere[124][125] con quello di uno sconosciuto in maniera tale da
insabbiare le indagini sulle effettive cause della morte nell'autunno del

1985, ha dato luogo all'avvio di un'inchiesta giudiziaria da parte della


Procura della Repubblica di Perugia che ha ipotizzato il coinvolgimento di
una loggia massonica, alla quale risultava appartenere il padre di
Narducci[126], coinvolta sia nella copertura degli omicidi del mostro che
nella sostituzione del cadavere.[127][128] Secondo Ugo Narducci invece, il
figlio Francesco si tolse volontariamente la vita a seguito di diagnosi
mediche che gli attribuivano un grave problema di salute.[126]

All'epoca, per, la versione ufficiale, propugnata dalla famiglia, era quella


della disgrazia e, del resto, nessuna conferma ha avuto la nuova versione
della famiglia Narducci sul suicidio motivato dalla scoperta di una malattia.
Nel giugno del 2009, una parte dell'inchiesta relativa alle modalit della
morte del medico perugino stata archiviata dal GIP del capoluogo
umbro[129]. Per Mario Spezi e Francesco Calamandrei, indagati insieme ad
altri nella vicenda, il GIP ha archiviato a norma dell'art. 125 disp. att.
c.p.p., cio per insufficienza e contraddittoriet degli elementi.[130].

Per quanto riguarda la morte per omicidio di Francesco Narducci, il GIP


(Dott.ssa Marina de Robertis), nel procedimento n. 1845/08/21, ha disposto
l'archiviazione (accogliendo la stessa richiesta del pubblico ministero, Dott.
Giuliano Mignini). Comunque, bisogna sottolineare che il GIP, nell'ordinanza
con cui ha disposto l'archiviazione per insufficienza di prove[131], ha
accolto e confermato i risultati delle indagini svolte dalla Procura di
Perugia[131], stabilendo altres che il Narducci era stato ucciso,[131] che il
cadavere ripescato il 13 ottobre 1985 non poteva essere quello del medico
ma quello di uno sconosciuto,[131] che il Narducci era morto in circostanze
di tempo e di luogo completamente diverse tra loro e che non era
annegato.[131] Sempre secondo il GIP, il Narducci era risultato coinvolto
negli ambienti nei quali erano maturati i delitti del Mostro di Firenze.[131]
Per quanto riguarda, invece, la gran parte dei reati minori, tra i quali
quelli di soppressione e occultamento di cadavere ed uso illegittimo e
soppressione di svariati documenti, il GIP ha riconosciuto la maturata
prescrizione in relazione agli indagati principali.[131] L'ordinanza di

archiviazione stata impugnata in Cassazione dal padre e dal fratello del


medico morto ma la Corte stessa ha dichiarato inammissibile il ricorso.[131]

In particolare il GIP De Robertis, nell'ordinanza con cui ha accolto la


richiesta di archiviazione per insufficienza di prove, ha affermato che
l'ipotesi del suicidio o dell'evento accidentale sconfessata dagli elementi
emergenti dalle consulenze tecniche.[132] Inoltre nella stessa ordinanza,
con riferimento allo scambio del cadavere di Narducci con quello di uno
sconosciuto, ha affermato che le testimonianze hanno trovato conferma
nelle consulenze di natura antropometrica, tutte concordi sul punto
essenziale: il cadavere dell'uomo di Sant'Arcangelo non poteva appartenere
al Narducci[132] e che gli interrogativi sulla morte e sull'identit dello
sconosciuto rimangono.[132] Riguardo ai collegamenti con i delitti
fiorentini, numerose sono le dichiarazioni di persone informate che hanno
riconosciuto il Narducci come frequentatore dell'ambiente legato ai
delitti.[132]

Un altro filone dell'inchiesta, relativo al procedimento n. 2782/95/21 e alla


ipotizzata associazione per delinquere e a reati pi recenti (posti in essere
da vari soggetti istituzionali e dalla famiglia, oltre che da giornalisti e
finalizzati a nasconderne l'omicidio e le sue cause e a sostituire il cadavere
e comunque a depistare le indagini attraverso la riabilitazione di piste ormai
sconfessate a livello giudiziario, come quella della cosiddetta "pista sarda")
stato aperto dalla Procura della Repubblica di Perugia.[133] In particolare
si contestava, come s' detto, a membri della famiglia di Narducci e a vari
esponenti delle istituzioni, il reato di associazione per delinquere finalizzata
all'occultamento di cadavere e altri reati. I soggetti, secondo l'accusa,
avrebbero occultato le reali modalit della morte di Narducci, sostituendo a
tal fine il suo cadavere con quello di uno sconosciuto.[133] Inoltre
avrebbero impedito l'autopsia sul cadavere, assolutamente di regola in casi
simili di sospetto annegamento: l'autopsia non fu eseguita all'epoca, ma
soltanto dopo la riapertura delle indagini da parte della Procura di Perugia.
Va sottolineato che all'epoca non furono neppure scattate foto del cadavere
e le uniche utilizzate nelle indagini erano state effettuate da un fotoreporter

del quotidiano "La Nazione". Il tutto sarebbe stato fatto, secondo la Procura,
per evitare che emergesse il coinvolgimento del medico nella vicenda
criminale fiorentina. Il 20 aprile 2010, all'esito dell'udienza preliminare
davanti al Gup di Perugia, il Dr. Micheli ha emesso sentenza di non luogo a
procedere, con diverse e articolate formule.[134][135] Nonostante il
termine per il deposito della motivazione da parte del GUP fosse scaduto
alla data del 20 luglio 2010, solo il 20 febbraio 2012, dopo un ritardo di
quasi due anni, il GUP ha depositato la motivazione di ben 934 pagine. Il
Giudice, pur avendo dovuto valutare la possibilit di sviluppo o meno in
giudizio dell'impianto accusatorio, ha, in pratica, adottato una decisione di
merito, contestando gli accertamenti del 1985, ma anche le risultanze degli
accertamenti medico legali del Dipartimento di Medicina Legale
dell'Universit di Pavia e quelli antropometrici del RIS di Parma e ha
formulato l'ipotesi suicidiaria, escludendo un coinvolgimento del Narducci
nei duplici omicidi di coppie attribuiti al "Mostro di Firenze".[136] Narducci
si sarebbe ucciso "stordendosi" con la meperidina, un farmaco chiamato
anche petidina.

In meno di 15 giorni, il PM storico dell'indagine sul caso Narducci, il Dr.


Giuliano Mignini, ha impugnato la sentenza in Cassazione il 7 marzo 2012.
Nel ricorso, il PM ha censurato la totale assenza della motivazione richiesta
per una sentenza di non luogo a procedere al termine dell'udienza
preliminare, sostituita da una ricostruzione del tutto personale e di merito
della vicenda, operata dal GUP, in violazione dei limiti che la legge pone ai
poteri del Giudice dell'udienza preliminare. Inoltre, sempre secondo il PM
Dr. Mignini, la sentenza affetta da gravi violazioni di norme sostanziali,
dalla profonda contraddittoriet della stessa motivazione di merito utilizzata
dal GUP e da altrettanto gravi incompatibilit tra diversi capi della stessa
sentenza. Anche la vedova del Narducci, Francesca Spagnoli, ha impugnato
in cassazione la sentenza Micheli. Per altri procedimenti minori, sempre
legati alla vicenda, stato fissato il giudizio. Ancora altri filoni processuali
della vicenda sono sospesi ex lege in attesa della definizione del
procedimento per cui intervenuto il ricorso in cassazione del PM. In data
22 marzo 2013 la Terza Sezione della Corte di Cassazione accoglieva quasi
completamente il ricorso proposto dal PM Dr. Giuliano Mignini, fatta

eccezione per l'ipotesi associativa e annullava la sentenza Micheli, senza


rinvio, per i reati che, nel frattempo, erano caduti in prescrizione e con
rinvio al GUP di Perugia per le ipotesi di reato non prescritte. Durissima era
stata la requisitoria del Procuratore Generale Gaeta che aveva chiesto
l'integrale accoglimento del ricorso. Tra le ipotesi di reato che torneranno
dinanzi al GUP di Perugia, vi sono anche quelle di calunnia e tentata
calunnia aggravate, contestate a Mario Spezi e ad altri due imputati e che
erano costate al giornalista la misura della custodia cautelare in carcere.

Francesco Calamandrei, il farmacista[modifica | modifica wikitesto]


Nella primavera del 1988 Mariella Ciulli, ex moglie di Francesco
Calamandrei, farmacista di San Casciano, si rec dai carabinieri e rifer che
alcuni anni prima, quando era ancora sposata con l'uomo, aveva trovato in
casa una pistola, precisamente una Beretta calibro 22, e nel frigorifero
alcuni macabri feticci, a sua detta provenienti dalle vittime femminili del
Mostro di Firenze. Subito i carabinieri effettuarono una perquisizione in casa
del Calamandrei, senza per trovare nulla di insolito.[137]

Il 21 marzo 1991, la donna si present nuovamente dai carabinieri per


fornire nuove informazioni. Secondo quanto dichiarato, Mariella Ciulli, la
notte del 21 agosto 1968, si trovava in auto, assieme al marito, nelle
vicinanze di Castelletti di Signa (teatro del duplice omicidio Lo
Bianco-Locci), quando entrambi sentirono degli spari. I due videro poi un
bambino e lo portarono in salvo. La Ciulli dichiar inoltre che il marito era
solito frequentare brutta gente (tra cui proprio Pacciani, Vanni e Lotti), e
che, la notte dell'ultimo omicidio del Mostro di Firenze, questi ritorn a casa
con ferite al volto; rivel poi che l'uomo era stato possessore di diverse
armi, che poi gett in mare a Punta Ala, poco dopo il delitto degli Scopeti. I
carabinieri perquisirono nuovamente l'abitazione del farmacista, ma anche
stavolta non trovarono niente di sospetto o di particolare.[137]

A causa delle sue rivelazioni non supportate da prove, la Ciulli venne ben
presto presa per una visionaria, mossa dal desiderio di vendicarsi del

Calamandrei (che l'aveva lasciata per un'altra donna con la quale si era poi
sposato) e ripetute successive denunce di questa nei confronti dell'ex
marito non vennero nemmeno prese in considerazione dalle forze
dell'ordine.[138] Nel 2000, inoltre, Mariella Ciulli venne fatta rinchiudere in
una clinica psichiatrica perch, sulla base di alcune perizie, venne
riconosciuta come malata di mente.

Il 16 gennaio 2004 il capo della squadra mobile di Firenze, Michele Giuttari,


incaricato di ristudiare il caso del Mostro, chiese al PM Paolo Canessa il
mandato per perquisire la casa dell'ex farmacista. Il 20 gennaio 2004 ebbe
luogo la perquisizione ed al Calamandrei questa volta venne anche
notificato un avviso di garanzia.[139] Nel giugno 2005 Calamandrei
ricevette anche una informazione di garanzia per concorso nell'omicidio di
Francesco Narducci.[137]

Il 21 maggio 2008, al termine di un processo con rito abbreviato iniziato nel


settembre 2007, Calamandrei[140][141] accusato di essere il mandante dei
delitti del Mostro di Firenze, viene assolto dalle accuse in quanto il fatto
non sussiste.[142] Sempre nello stesso anno il gup di Perugia decise di
archiviare il fascicolo che vedeva Calamandrei indagato, insieme al
giornalista Mario Spezi, nell'inchiesta sulla morte di Francesco Narducci.
Mentre si trovava ancora sotto processo, Calamandrei fu inoltre colpito da
un grave lutto: suo figlio Marco, di 35 anni, venne infatti ritrovato morto in
seguito ad un'overdose di droga.

Francesco Calamandrei morto il 1 maggio 2012, per un malore, all'et di


71 anni.

Ipotesi alternative alle sentenze giudiziarie[modifica | modifica wikitesto]


Ipotesi del serial killer solitario legato alla pista sarda[modifica | modifica
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Una tesi seguita negli ultimi anni e profilata ad esempio da Mario Spezi nel
libro Dolci colline di sangue del 2006, quella secondo cui il mostro sarebbe
un individuo legato al clan dei sardi, gi indagato marginalmente nelle
vicende degli omicidi seriali. La tesi di Spezi muove dalla ricostruzione del
primo omicidio del 1968 ritenendo che l'omicidio di Signa venne
effettivamente commesso per ragioni sentimentali e d'onore da parte di
soggetti legati alle famiglie Mele e Vinci, con la pistola Beretta ed i proiettili
utilizzati successivamente dal mostro.

Tuttavia, il mostro sarebbe del tutto estraneo a tale vicenda essendosi


appropriato solo successivamente della pistola e le munizioni per avviare,
dal delitto del 1974, la catena seriale di omicidi.[5] Secondo Spezi solo un
componente delle famiglie coinvolte nel primo delitto del 1968 avrebbe
potuto appropriarsi di pistola e proiettili, essendo del tutto improbabile una
casuale cessione, da parte del detentore, di un'arma e di una scatola di
proiettili gi utilizzati in un omicidio (quello del 1968, e quindi
potenzialmente a rischio per lo stesso venditore). Sarebbe secondo Spezi
soprattutto da escludere una cessione volontaria a soggetti estranei a
quell'ambiente familiare, come pure un casuale e contemporaneo
rinvenimento da parte di terzi di pistola e proiettili.[5]

Secondo il giornalista gli omicidi sono da attribuire ad una sola persona, un


serial killer che avrebbe sempre agito da solo. Va sottolineato che il Carlo
che, secondo Spezi e il giallista Douglas Preston, sarebbe il Mostro di
Firenze, un uomo nato nel 1959 che, all'epoca del primo delitto, aveva
circa nove anni. Mario Spezi e Douglas Preston affermano che non hanno
mai ritenuto Carlo responsabile del delitto del 1968 e che lo stesso
Carlo fu arrestato una prima volta nell'ottobre 1983 per detenzione di
armi (un mese dopo l'omicidio dei due ragazzi tedeschi) e assolto. Fin di
nuovo in carcere solo nel 1988, tre anni dopo l'ultimo omicidio del Mostro.
Mario Spezi stato arrestato nel 2006 con l'accusa di calunnia a fini di
depistaggio delle indagini, proprio in conseguenza della sua propensione per
la Pista Sarda, cosa che lo avrebbe portato, secondo la tesi accusatoria, a
creare false prove al fine di portare gli investigatori sulla strada da lui

voluta.[143][144][145] Il Tribunale per il Riesame di Perugia, su ricorso


dello Spezi, ha annullato l'ordinanza di misura cautelare emessa dal GIP nei
suoi confronti sotto il profilo dubitativo sui gravi indizi di colpevolezza sul
dolo della calunnia e, sotto il profilo oggettivo, per altra ipotesi di calunnia.
Per l'ipotesi della calunnia, il GUP Dr. Paolo Micheli, con sentenza 20 aprile
2010, ha dichiarato il non luogo a procedere contro Spezi, con formula
dubitativa sul dolo e solo il 20 febbraio 2012 il GUP ha depositato ben 934
pagine di motivazione della sentenza, un fatto assolutamente insolito per
una sentenza di non luogo a procedere[146][147]. In data 22 marzo
2013, come si visto, la sentenza del GUP Micheli stata pressoch
integralmente annullata dalla Corte di Cassazione.

Ipotesi del serial killer in divisa[modifica | modifica wikitesto]


Un'altra ipotesi di rilievo, contrastante e critica con le sentenze giudiziarie,
quella espressa dell'avvocato fiorentino Nino Filast nel suo libro Storia
delle Merende Infami.[148] Il libro, pubblicato da Maschietto Editore nel
2005, una sorta di contro-inchiesta sui delitti delle coppiette. Lo
scrittore-avvocato, che investiga sul mostro dai primi anni ottanta, oltre ad
essere stato il legale di Mario Vanni, tenta di dimostrare l'innocenza dei
compagni di merende con un'analisi globale su tutta la vicenda. Nel suo
libro si mettono in luce le incongruenze del pentito Giancarlo Lotti e si
criticano le modalit d'indagine. L'avvocato paragona la figura del Lotti a
quella di Stefano Mele: entrambi sono intellettualmente molto modesti e
suggestionabili, ma diventano a causa di un'errata (secondo Filast) pista
investigativa, personaggi di primo piano in due differenti periodi delle
indagini. Filast aveva gi scritto, a met anni novanta, un saggio
sull'argomento chiamato Pacciani Innocente.[149]

Nell'ipotesi di Filast il mostro un serial killer di tipo lust murder affetto da


una grave patologia sessuale, attivo perlomeno dal 1968 al 1993 (omicidi
Francesco Vinci - Milva Malatesta) e mai entrato nelle indagini.[150] Alcuni
elementi, come per esempio il libretto di circolazione trovato fuori posto
nella macchina di una coppietta uccisa, oppure la capacit del mostro di
avvicinarsi agevolmente alle vetture, portano l'avvocato ad inquadrare il

serial killer come un uomo in divisa. Qualcuno che potrebbe essere


capace di interagire con le indagini e, addirittura, conoscere e anticipare
alcune mosse degli inquirenti. Secondo il legale, la storia del mostro
potrebbe somigliare molto a quella di Caryl Chessman, che prima di venire
giustiziato dichiar: Non ero io che fingevo di essere un poliziotto, era un
poliziotto vero che abbagliava le future vittime con il fanale rosso della
polizia messo sulla sua auto.[151]

Radicale anche la critica di Filast verso le teorie esoteriche e di


gruppo sulla vicenda, ritenute antistoriche e criminologicamente
incompatibili con delitti seriali di stampo maniacale. Infatti Filast considera
assurda e grottesca l'ipotesi di una setta o un'organizzazione che usava i
cosiddetti compagni di merende come manovalanza, e in Storia delle
merende infami viene fatta una comparazione storica tra la caccia alle
streghe della Santa Inquisizione e alcune scelte investigative intraprese nel
caso.[152]

Ulteriori teorie[modifica | modifica wikitesto]


Sulla vicenda si riscontrano anche ulteriori ipotesi, pi o meno discordanti
con i verdetti dei processi. Il caso del Mostro un evento e un'indagine
dalla durata pressoch quarantennale (dal 1968 ad oggi, con i primi quattro
omicidi ancora ufficialmente insoluti); inevitabile dunque una grande
variet di opinioni. Oltre alle pi celebri ipotesi "non ufficiali" di Spezi o
Filast, si registrano altre teorie su chi ha commesso i cosiddetti delitti
delle coppiette. Secondo il criminologo Francesco Bruno, il mostro sarebbe
un uomo mai individuato. Un assassino seriale d'intelligenza superiore alla
media, mosso da delirio religioso e suggestioni moralistiche, che ha agito
sempre da solo sin dal 1968.[153] Invece Francesco Ferri, giudice che
assolse Pacciani nel processo d'appello ed autore del polemico Il caso
Pacciani. Storia di una colonna infame?[154], si riallaccia all'idea originaria
dell'ignoto serial killer lust murder, ipotizzato dal profilo dell'FBI e dalla
perizia italiana di De Fazio; l'assassino sarebbe cio una persona
probabilmente affetta da impotenza o iposessuata. Restando ancora nella
gamma d'ipotesi dell'autore unico, Ruggero Perugini (ex capo SAM) ha

recentemente ribadito, in un convegno del 2010, la sua personale


convinzione secondo cui il mostro sarebbe stato il solo serial killer Pietro
Pacciani senza compagni di merende n di bevute.[155]

Sul caso sono presenti anche idee alternative pi di stampo


settario-cospirazionista, che vedono i delitti come fatti di sangue legati a
strategie occulte o organizzazioni internazionali: teorie che si basano su libri
romanzati e non hanno alcuna base investigativa o tecnico-scientifica.[156]
Tornando a teorie che ipotizzano il mostro come legato alla "pista sarda", si
segnala l'idea di un detective privato che riporta dubbi e retroscena su uno
dei primi sospettati.[157] Il criminologo ed avvocato Luca Santoni
Franchetti, che segu il caso sin dal 1974[158], sostenne la tesi che gli
omicidi del mostro non fossero opera di un solo assassino bens delitti di
gruppo, commessi da un clan di persone di provenienza sarda.[159][160]
Sempre sulla possibilit che l'assassino fosse nell'ambiente sardo coinvolto
nelle indagini degli anni ottanta, il libro Il mostro di Firenze di Cecioni e
Monastra dedica notevole rilievo alla possibilit che il mostro potesse essere
Salvatore Vinci, pur mantenendo un profilo bilanciato che valuta tutte le
teorie sul colpevole o i colpevoli.[161] Lo scontro fra colpevolisti (coloro
che credono nella colpevolezza o nel coinvolgimento di Pacciani e dei
compagni di merende) ed innocentisti (coloro che non condividono le
sentenze e ritengono che il mostro non sia mai stato catturato) ha causato,
agli inizi e alla met degli anni 2000, un clima pesante di scontro aspro,
caratterizzato anche da duri litigi e reciproche querele.[162][163].[164]

Misteri connessi alla vicenda[modifica | modifica wikitesto]


Ufficialmente la vicenda del Mostro di Firenze termina con la condanna ai
compagni di merende. Tuttavia una serie di misteriosi avvenimenti accaduti
sia nel periodo dei delitti, sia negli anni precedenti e seguenti ai processi
riguardanti il caso, hanno dato addito a molte supposizioni sul fatto che la
vicenda non solo non sia stata mai completamente chiarita, ma che, al
contrario, abbia lasciato molti punti oscuri.

Alle 2:00 del mattino del 22 agosto 1968, il piccolo Natalino Mele di 6 anni
raggiunse al buio, scalzo e scioccato, un casolare sito ad oltre 2 chilometri
di distanza da dove parcheggiata l'automobile dove sono stati appena
uccisi la madre ed il suo amante. I calzini completamente puliti del bambino
ed il fatto che il campanello del casolare situato ad un'altezza
irraggiungibile da parte del piccolo sono stati al centro di un lungo dibattito
sul fatto se il bambino avesse effettivamente raggiunto il casolare senza
l'aiuto di qualche adulto. Lo stesso Natalino, dietro minaccia dal maresciallo
Ferrero di essere punito se non avesse detto la verit, cambia versione
dicendo di essere stato portato fino al casolare dal padre.[165] Ad oggi non
si sa come realmente andarono i fatti quella notte.[166]
Natalino Mele, una volta cresciuto, rilasci un'intervista a Mario Spezi nella
quale afferm di avere nella memoria tanti vuoti che lo avrebbero convinto
a sostenere che le sue non erano amnesie provocate dallo choc subito da
piccolo, ma qualcosa di pi complesso. Egli sosteneva di essere stato
vittima di un "lavaggio del cervello" ma non esiste alcuna prova che tali
definizioni siano vere.[167][168]L'8 marzo 2011 la casa di Natalino Mele e
della sua compagna Loredana venne distrutta da un incendio. Da quel
momento si sono perse le sue tracce[169] fino al 2014, quando stato
fotografato da un giornalista mentre partecipava ad una manifestazione,
sotto il palazzo prefetturale di Firenze, contro gli sgomberi delle case
occupate.[170]
Nel gennaio 1980 un pensionato viene ritrovato morto nel parco delle
Cascine di Firenze ucciso da un corpo contundente.[171]
Il 23 dicembre 1980 il contadino Renato Malatesta, marito di Antonietta
Sperduto, donna che era stata oggetto di ripetute violenze sessuali da parte
di Pacciani e Vanni, venne ritrovato impiccato nella stalla della sua
casa.[172] A detta della moglie autori del delitto sarebbero stati proprio
Pacciani e Vanni ed a supporto di questa affermazione la donna disse che
un giorno Pacciani l'aveva minacciata dicendole attenta a non parlare di
quello che ti abbiamo fatto, ti si fa fare la stessa fine che abbiamo fatto fare
a tuo marito.[173]
Nell'ottobre 1983, nei pressi di Fiesole in localit Cave di Maiano, un
cercatore di funghi vouyeurista venne massacrato a coltellate.[171]

Il 14 dicembre 1983 la prostituta Clelia Cuscito, che si frequentava con


Mario Vanni, venne torturata con un'arma da taglio e soffocata con il filo del
telefono.[174]
Tre giorni dopo il delitto di Baccaiano, l'autista dell'ambulanza che estrasse
Paolo Mainardi ancora vivo dall'auto, sembra che abbia ricevuto una
misteriosa ed inquietante telefonata da parte di un uomo che, spacciandosi
per un magistrato, cerc di ottenere dettagli su cosa avesse detto la vittima
prima di morire. Al rifiuto dell'autista di parlare della cosa per telefono,
l'uomo avrebbe cominciato a minacciarlo qualificandosi come l'assassino.
L'episodio non pot mai essere verificato quindi non possibile affermare
con certezza sia che esso sia avvenuto sia che la telefonata sia stata
realmente fatta dall'assassino.[175]
Nel settembre 1985, pochi giorni prima del delitto degli Scopeti, un altro
uomo venne ucciso nel parco delle Cascine di Firenze con una coltellata alla
schiena.[171]
Poco dopo il delitto dei due giovani francesi, una donna, mentre si trovava
in treno nella zona di Scandicci, venne avvicinata da un uomo molto distinto
che le disse che in quel giorno era stato fatto pervenire al Sostituto
Procuratore Della Monica un brandello di seno di una vittima del mostro. La
donna non diede grande peso alla cosa fino a quando venti giorni dopo
lesse sul giornale la notizia della lettera anonima alla dottoressa Della
Monica contenente un pezzo di seno.[167]
Francesco Vinci, uno dei vari sospettati iniziali, fu trovato assassinato il 7
agosto 1993 insieme a un amico, tal Angelo Vargiu, in una pineta nei pressi
di Chianni. I loro corpi, incaprettati, erano stati rinchiusi nel bagagliaio di
una Volvo data alle fiamme. Si ipotizz un collegamento con la vicenda del
"mostro", ipotesi per quasi subito scartata[37]; pi probabilmente, date
anche le modalit del delitto, era da ritenersi una vendetta nata in ambienti
malavitosi sardi attorno ai quali pare che Vinci gravitasse. Il caso rimasto
sostanzialmente insoluto.[176]
La prostituta Milva Malatesta, figlia di Renato ed Antonietta Sperduto (la
donna ripetutamente abusata sessualmente da Pacciani e Vanni), venne
trovata, insieme al figlio Mirko Rubino, di soli 3 anni, bruciata nella sua
Panda il 17 agosto del 1993, pochi giorni dopo l'omicidio di Francesco Vinci

(ucciso con le stesse modalit), che in passato era stato suo amante. Per
questo duplice omicidio venne processato Francesco Rubino, compagno
della Malatesta e padre del piccolo Mirko, che per venne assolto in tutti e
tre i gradi di giudizio per non aver commesso il fatto e tale duplice delitto
rimasto a tutt'oggi insoluto.[167][172]
Il 25 maggio 1994 la prostituta Anna Milvia Mattei, la quale conviveva con
Fabio Vinci, il figlio di Francesco, venne strangolata e bruciata nella sua
casa di San Mauro.[167][172] Dell'omicidio fu imputato Giuseppe
Sgangarella, amico di Francesco Vinci ed anche di Pietro Pacciani, con il
quale aveva condiviso la cella durante la sua detenzione.[177]
Claudio Pitocchi, operaio di Tavarnelle che aveva testimoniato al processo
Pacciani, muore in un incidente stradale l'8 dicembre 1995.[172]
Quando nel 1996 Pietro Pacciani venne assolto in appello e fece ritorno a
casa non vi trov pi la moglie Angiolina Manni. La donna infatti, non
volendo pi avere nessun rapporto con l'uomo, pare se ne fosse andata via
di casa e nel luglio dello stesso anno avvi anche le pratiche per la
separazione dal marito. Pacciani non convinto dell'allontanamento
volontario present una denuncia per sequestro di persona affermando che
qualcuno (forse la locale USL) aveva portato via la moglie e l'aveva fatta
internare in una casa di cura.[27] A sostegno di questa tesi vi sono le
affermazioni di alcuni vicini di casa che asserirono di aver visto la donna
trascinata via di forza da diverse persone. Tali denunce caddero comunque
nel vuoto e la Manni non ricontatt pi in alcun modo il marito, nonostante
che questi lanci diversi appelli a giornali e televisioni, in cui chiedeva alla
moglie, inesorabilmente invano, di tornare a vivere assieme a lui.[167]
Sviluppi recenti della vicenda[modifica | modifica wikitesto]
La pistola utilizzata dal mostro di Firenze sarebbe stata ritrovata nel 2011 in
un armadio della sezione di polizia giudiziaria dei carabinieri di
Potenza.[178] La notizia, potenzialmente sconcertante, risale al 2 marzo
2013.[178] La Beretta ha matricola c3322: tale numero ha permesso di
accertare che la pistola stata venduta il 3 marzo 1960 in un'armeria di
Sassari, con tutta probabilit ad un certo Stefano Aresti, amico di Salvatore
Vinci, uno degli indagati della pista sarda, che lo stesso anno si era
trasferito a Firenze.[178][179] In tutto il mondo ci sono cinque pistole con

una matricola che inizia con quelle cifre. Due sono state vendute a New
York, una a Roma ed un'altra in Campania: tutte armi ancora possedute dai
proprietari, ad eccezione di quella che Aresti non ha pi in suo
possesso.[179]. La notizia per, col tempo, ha preso il sapore della
bufala. Infatti l'amico/parente di Salvatore Vinci si chiamava Franco
Aresti e non Stefano.[180][181] Successivamente poi le analisi del Ris di
Roma hanno escluso che si tratti dell'arma del mostro, poich il modello
dell'arma del mostro assolutamente diverso da quello dell'arma rinvenuta
a Potenza.[182][183]

Influenze nella cultura di massa[modifica | modifica wikitesto]


Pacciani e Vanni vengono citati nel singolo Killer Star di Immanuel
Casto[184]. Pacciani viene citato anche nei brani Su le mani e Momenti no
del rapper Fabri Fibra e nel brano Rotten del rapper Nitro

Filmografia[modifica | modifica wikitesto]


Nel febbraio 1986 esce con poca risonanza e in pochissime citt italiane il
film L'assassino ancora tra noi diretto da Camillo Teti, realizzato
frettolosamente e con pochi mezzi e che, pur cavalcando l'onda emotiva
dell'ultimo duplice delitto del 1985, passer del tutto inosservato. Due mesi
dopo, distribuito dalla Titanus di Goffredo Lombardo, arriva sugli schermi Il
mostro di Firenze, tratto dall'omonimo libro del 1983 del giornalista e
scrittore Mario Spezi e diretto da Cesare Ferrario. Il film, che proponeva una
efficace ricostruzione degli avvenimenti e una interessante analisi della
personalit del mostro, ebbe un buon successo di pubblico, nonostante sia
stato al centro di vicende giudiziarie e sia stato osteggiato dalla
commissione di censura che ne viet l'uscita nelle sale cinematografiche di
tutta la Toscana.[185] Un altro film che ricalca la vicenda, pur inserendovi
elementi di fantasia, Tramonti fiorentini (noto anche con i titoli 28
minuto e Quel violento desiderio), diretto da Gianni Siragusa e,
successivamente, da Paolo Frajoli. Tramonti fiorentini, pur essendo stato
girato anch'esso nel 1986, fu distribuito nelle sale cinematografiche soltanto

nel 1991, a causa del forte contrasto dei parenti delle vittime del mostro
che ne stopparono a lungo la lavorazione e l'uscita.[186]
Nel settembre 2008 l'attore americano Tom Cruise ha acquistato i diritti per
portare sul grande schermo un adattamento del libro Dolci colline di sangue
(The monster of Florence) di Mario Spezi e Douglas Preston, ma poi il
progetto saltato. Il film avrebbe dovuto avere George Clooney nel ruolo
del protagonista principale.[187]
Il regista Antonello Grimaldi ha realizzato, nella primavera 2009, la serie
televisiva Il mostro di Firenze, una ricostruzione della vicenda dal 1981 al
2006 per il canale tv Fox Crime in 6 parti, della durata di 45 minuti
ciascuna, che sono andate in onda dal 12 novembre al 10 dicembre 2009 ed
in seguito trasmesse in replica anche da Canale 5, in seconda serata,
nell'estate 2010.[188]
Delle vicende del mostro si sono occupate varie trasmissioni tv: Un giorno
in pretura, Blu Notte, Chi l'ha visto?, Telefono giallo, Enigma, Giallo Uno,
Top Secret, Delitti e Mixer.
Un documentario intitolato I delitti del mostro di Firenze andato in onda
su Sky nel 2011 per la regia di Paolo Cochi. Il video, della durata di un'ora e
mezza, raccoglie le opinioni di molti protagonisti della vicenda fornendo
spazio a tutte le ipotesi.[189]
Note[modifica | modifica wikitesto]
^ Mostro di Firenze: Vanni condannato in Cassazione Confermato
l'ergastolo all'ex postino complice di Pacciani in quattro degli otto delitti.
Ribadita anche la condanna (26 anni) al pentito Lotti. "I familiari delle
vittime hanno avuto giustizia", il commento del capo della squadra mobile
Giuttari che assicura: "continuiamo a indagare sul mandante" in Quotidiano
Nazionale. (archiviato dall'url originale il 28 novembre 2013).
^ Alvaro Fiorucci, 48 small il dottore di Perugia e il mostro di Firenze,
Morlacchi, 2012.
^ a b c d e f g h i Giuttari, 2006.
^ Firenze, volantini anti-mostro 'Non fate l'amore in auto' in la Repubblica
(Firenze), 31 maggio 1988, p. 18. URL consultato il 6 maggio 2014.

^ a b c d e f g h i j k l m n o Blu notte - Misteri italiani: episodio 06x03, I


delitti del Mostro di Firenze, 14 gennaio 2009, a 1 h 38 min 11 s.
^ Paolo Vagheggi, Il mostro torner ad uccidere in la Repubblica (Firenze),
11 settembre 1985, p. 11. URL consultato il 6 maggio 2014.
^ Paolo Vagheggi, I giudici di Firenze 'Fidanzati, attenti il mostro pu
colpire' in la Repubblica, 28 luglio 1985, p. 11. URL consultato il 6 maggio
2014.
^ Eleonora Capelli, Lettere in la Repubblica, 24 agosto 1984, p. 6. URL
consultato il 6 maggio 2014.
^ Marco Preve, Criminal profiling: 'Un grande bluff' in la Repubblica, 27
aprile 2014. URL consultato il 6 maggio 2014.
^ Paola Catani, Lotti: qui uccidemmo i tedeschi in Corriere della Sera
(Firenze), 4 gennaio 1997, p. 14. URL consultato il 6 maggio 2014.
^ a b Franca Selvatici, Dagli errori abbiamo capito chi il mostro in la
Repubblica (Firenze), 1 maggio 1994, p. 21. URL consultato il 6 maggio
2014.
^ Andrea Mascia, Il Mostro di Firenze-Galluzzo, via di Giogoli-9/10
Settembre 1983. su confidentialcrimecasebook.wordpress.com, 4 giugno
2013. URL consultato il 6 maggio 2014.
^ a b Rapporto dei Carabinieri del 21 settembre 1968. Filast, 2005, p. 99.
^ Rapporto dei Carabinieri del 21 settembre 1968. Filast, 2005, pp. 98-99.
^ Preston-Spezi, 2006, p. 234.
^ Filast, 2005, p. 193.
^ Filast, 2005, p. 108.
^ La Nazione, 25 agosto 1968 [non chiaro]
^ La Nazione, 27 agosto 1968 [non chiaro]
^ a b c d e f g h i j Filast, 2005.
^ Filast, 2005, pp. 150-151.

^ La Nazione, 17 settembre 1974, p. 5 [non chiaro]


^ Giuttari-Lucarelli, 1999, p. 6.
^ La Nazione, 24 settembre 1974 [non chiaro]
^ La Nazione, 19 settembre 1974 [non chiaro]
^ Filast, 2005, p. 114.
^ a b c d Vincenzo Tessandori, Il caso replay fatale Va KO per l'orrore del
mostro Carabiniere sviene davanti alle foto (PDF) in La Stampa (Firenze),
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originale il 6 maggio 2014).
^ Alessandri, 1995, p. 151.
^ Giuttari, 2006, p. 272.
^ Paese Sera - 7 giugno 1981
^ Paolo Fallai, Ecco l'investigatore che l'ha braccato: decisivi i disegni in
Corriere della Sera (Firenze), 17 gennaio 1993, p. 13. URL consultato il 6
maggio 2014.
^ Ho la sensazione che tu mi stia guardando, so che da anni sei schiavo di
un incubo. Mostro di Firenze, devi arrenderti. Drammatico appello in tv di
un superpoliziotto in La Stampa (Vicchio), 5 febbraio 1992, p. 10. URL
consultato il 1 settembre 2010.
^ Gianluca Monastra, E il giallo ricomincia da quella notte del '68 in la
Repubblica (Firenze), 3 novembre 1994, p. 6. URL consultato il 1
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^ Cecioni-Monastra, 2002.
^ Vinci e il maniaco, una storia infinita in la Repubblica, 8 agosto 1993, p.
21. URL consultato il 1 settembre 2010.
^ Torna libero Francesco Vinci neppure lui era il 'Mostro' in la Repubblica
(Firenze), 31 ottobre 1984, p. 14. URL consultato il 1 settembre 2010.
^ a b Marco Nese, Vinci uno dei due bruciati nella Volvo in Corriere della
Sera, 9 agosto 1993, p. 9. URL consultato il 1 settembre 2010.

^ Claudia Fusani e Gianluca Monastra, Ucciso per uno sgarro in la


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^ Franca Selvatici, Ora i due indiziati dei delitti potrebbero essere scarcerati
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^ a b Una pistola e tanti bossoli ma il mostro non ha un volto in la
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^ 'Mostro' di Firenze si riparte da zero in la Repubblica (Firenze), 14
dicembre 1989, p. 19. URL consultato il 1 settembre 2010.
^ Non sono loro i mostri di Firenze in la Repubblica (Firenze), 18 settembre
1984, p. 15. URL consultato il 1 settembre 2010.
^ Venticinque anni di errori nelle indagini anti-mostro in la Repubblica, 24
aprile 1994, p. 19. URL consultato il 1 settembre 2010.
^ Mostro di Firenze, nuovo avviso di reato per Salvatore Vinci in la
Repubblica, 29 novembre 1987, p. 17. URL consultato il 1 settembre 2010.
^ Giovanni Maria Bellu, 'Non uccise la moglie' Per Vinci si schiude la porta
del carcere in la Repubblica, Cagliari, 20 aprile 1988, p. 16. URL consultato
il 1 settembre 2010.
^ Morto Mele, il primo "mostro" in Corriere della Sera (Ronco all'Adige), 12
maggio 1995, p. 15. URL consultato il 1 settembre 2010 (archiviato dall'url
originale il 9 novembre 2012).
^ a b Luca Villoresi, Il 'Mostro' di Firenze uccide ancora in la Repubblica
(Firenze), 31 luglio 1984, p. 13. URL consultato il 1 settembre 2010.
^ Giuttari-Lucarelli, 1999, pp. 142-143.
^ Vittorio Monti, Il mostro libero, Vigna lo sa in Corriere della Sera
(Firenze), 27 aprile 1994, p. 14. URL consultato il 1 settembre 2010
(archiviato dall'url originale il 7 giugno 2012).
^ Giuttari, 2006, p. 44.

^ Paolo Vagheggi, Li ha uccisi e ha mutilato i corpi in la Repubblica


(Firenze), 10 settembre 1985, p. 13. URL consultato il 1 settembre 2010.
^ Preston-Spezi, 2006.
^ a b "Cos il Vampa uccise i francesi" in Corriere della Sera (Firenze), 14
febbraio 1996, p. 6. URL consultato il 1 settembre 2010 (archiviato dall'url
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^ Pier Paolo Luciano, Se il maniaco sfida la polizia. Il mio un delitto
perfetto Il criminale di Firenze invi ai giudici un pacco macabro (PDF) in
La Stampa (Torino), 8 ottobre 1992, p. 11. URL consultato il 1 settembre
2010 (archiviato dall'url originale il 6 maggio 2014).
^ Alessandro Feri, Paolo Cochi e Master Evo, Mostro di Firenze: una lettera
d'orrore, capitolo 11 su cronaca-nera.it. URL consultato il 6 maggio 2014.
^ Ettore Vittorini, Casa Pacciani perquisita dopo il delitto dei francesi Il
"Vampa" disse la verit in Corriere della Sera, 27 marzo 1996, p. 15. URL
consultato il 6 maggio 2014.
^ Franca Selvatici, Firenze riapre la caccia al mostro in la Repubblica
(Firenze), 30 ottobre 1991, p. 21. URL consultato il 6 maggio 2014.
^ Pacciani "partigiano": salvai anche un uomo in Corriere della Sera
(Firenze), 18 agosto 1996, p. 13. URL consultato il 1 settembre 2010.
^ a b Vincenzo Tessandori, Firenze, l'ex fidanzata dell'agricoltore ha
deposto in suo favore Trasform Pacciani in killer Ieri l'ha liberato da un
incubo Dopo il delitto non ci siamo mai pi visti (PDF) in La Stampa
(Firenze), 8 giugno 1994, p. 12. URL consultato il 1 settembre 2010
(archiviato dall'url originale il 6 maggio 2014).
^ Barbara Bargigli, Il contadino di Firenze: La storia di Pietro Pacciani
(PDF), Modena, Istituto MEME s.r.l. associato a Universit Europenne Jean
Monnet a.i.s.b.l., 8 settembre 2012. URL consultato il 6 maggio 2014.
^ Franca Selvatici, Pacciani un ubriacone non un freddo assassino, 26
ottobre 1994. URL consultato il 6 maggio 2014.
^ Vittorio Monti, Su Pacciani l'ombra di un impiccato in Corriere della Sera,
14 giugno 1994, p. 21. URL consultato il 6 maggio 2014.

^ Gianluca Monastra, Torna la maledizionedel mostro di Firenze in la


Repubblica (Firenze), 9 dicembre 1995. URL consultato il 6 maggio 2014.
^ Gianluca Monastra e Franca Selvatici, Miranda, l'ossessione di Pacciani in
la Repubblica (Firenze), 8 giugno 1994. URL consultato il 6 maggio 2014.
^ "Mostro" nuovo indagato in Corriere della Sera (Firenze), 20 maggio
1996, p. 13. URL consultato il 6 maggio 2014.
^ Pietro Pacciani su serialkiller.it. URL consultato il 6 maggio 2014.
^ Caso Pacciani: un'altra perizia in Corriere della Sera (Firenze), 15 aprile
1993, p. 14. URL consultato il 6 maggio 2014.
^ Vittorio Monti, Pietro mi minacci: "parli troppo" in Corriere della Sera
(Firenze), 27 maggio 1994, p. 13. URL consultato il 6 maggio 2014.
^ Vittorio Monti, Quella sera Pacciani era a Scopeti in Corriere della Sera, 9
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Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]


Assassino seriale
Compagni di merende
Assassini seriali per numero di vittime
Michele Giuttari
Mario Spezi
Nino Filast
Silvia Della Monica
Il mostro di Firenze
Dolci colline di sangue
Donato Bilancia
Gianfranco Stevanin
Luigi Chiatti
Michele Profeta
Ferdinand Gamper

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