Sei sulla pagina 1di 6

Gerarchia delle fonti per lo studio del caso del Mostro di Firenze

1. Documenti
1.11 Reperti, perizie, documentazione allegata (es. perizia Zuntini 1974)
1.12 Verbali di atti giudiziari (es. verbale di sopralluogo 22-25 agosto 1968)
1.2 Rapporti giudiziari (es. "Rapporto Torrisi")
1.3 Verbali di udienza (registrazioni audiovideo o trascrizioni) (es. Radio Radicale, Insufficienza di prove,
canale Youtube)
2. Fonti narrative
2.1 Sentenze
2.2 Interviste a soggetti in vario modo coinvolti nel caso (es. intervista all'appuntato Piattelli)
3. Letteratura sul caso
3.1 Giornali dell'epoca
3.2 Libri di cronaca del caso in itinere (es. Spezi, Catola)
3.3 Libri scritti da protagonisti del caso (es. Perugini, Ferri, Giuttari)
3.4 Libri di ricostruzione investigativa e storica
3.5 Documentari film TV
3.6 Ricostruzioni romanzate (es. Spezi / Preston)
4. Romanzi liberamente ispirati al caso (es. Cecchi, Mattei)
5. Fandonie (esempi a volont)
5.1 prevalentemente diffuse su Internet
5.2 ma talvolta anche a stampa

Qualche riflessione sul tema delle fonti. Il discorso metodologico prescinde in questo caso
dall'accertamento dell'autenticit, che, come ovvio, in uno studio storico sarebbe fondamentale e
preliminare; ma per condurre il discorso, riterremo autentici e validi tutti i documenti riprodotti in libri e
anche quelli diffusi in altri modi, sia fotografati, fotocopiati, scannerizzati o completamente trascritti.
Cominciamo col dire che gi nel primo gruppo (reperti e perizie), che dovrebbe essere del tutto esente da
interpretazioni, si pu insinuare l'elemento della valutazione soggettiva. Una cosa dire che i proiettili
rinvenuti sono di una determinata marca e calibro e presentano particolari segni caratteristici, altra
ricostruire (ipoteticamente) lo svolgimento dell'azione criminosa. La perizia balistica Zuntini 1974 offre un

buon esempio di questa problematica; non sar lecito allo storico dubitare dei dati concreti ivi esposti (fino
ovviamente a prova di falso), ma gli sar permesso di criticare la parte argomentativa. Quanto alle perizie
necroscopiche che dall'esame dei cadaveri determinano la causa ed il tempo presunto della morte, pur esse
possono essere revocate in dubbio, quando i dati oggettivi esposti appaiano in contrasto con le conclusioni,
ma per far questo occorrer una specifica competenza tecnica. La discordanza sulla data di Scopeti 1985
esemplificativa e ben nota.
I verbali di attivit di P.G. sono il documento principale a valere come fonte primaria. In essi viene infatti
descritto lo svolgimento completo degli accertamenti dal primo intervento ai successivi atti di indagine
(rilievi tecnici e informazioni testimoniali ottenute); sono normalmente "neutri" e la loro bont
influenzata solo dalla capacit investigativa (e, secondariamente, espositiva) degli operanti. Diverso il
caso per i rapporti giudiziari, che la P.G. sottopone all'attenzione del P.M. Essi sono una sintesi delle
operazioni svolte, compilata sulla base dei verbali, e includono gi per forza di cose una parte narrativa, in
quanto devono dare un primo quadro d'insieme della vicenda (o rapportare sul risultato di successive
indagini delegate). Nulla di male, purch essi non si avventurino ad anticipare provvedimenti di
competenza del magistrato o a formulare teorie sociologiche o giudizi moralistici. Occorre quindi separare
in questi documenti i dati oggettivi dal giudizio o pre-giudizio dell'estensore. Per scendere nel particolare, il
"Rapporto Matassino" sulle indagini svolte nel 1968 di importanza fondamentale (ma si preferirebbe
poter leggere direttamente i verbali ad esso allegati); ma quando l'autore attribuisce al Mele "forgiato e
messo a dura prova nei monti dell'Alto Nuorese, la capacit di agire con straordinaria freddezza e decisione,
compiendo una tale carneficina" perde il carattere di fonte primaria per assumere quello di letteratura
secondaria. Quando il Ten. Col. Torrisi nel suo rapporto definisce Salvatore Vinci, oltre che "furbo,
vendicativo, aggressivo, violento, rozzo, ma intelligente, determinato" anche "perfido e diabolico" si passa
dall'ambito del rapporto giudiziario a quello del romanzo d'appendice.
Nel nostro ordinamento giudiziario, ispirato come noto al "rito accusatorio" di tradizione anglo-sassone,
la prova si forma in dibattimento attraverso l'audizione dei testi, sottoposti ad esame e controesame da
parte dell'accusa e della difesa (e degli avvocati delle parti civili); questo il procedimento attraverso il
quale il giudice dovrebbe pervenire a stabilire la verit. Perci, i verbali di udienza devono considerarsi a
mio avviso fonti primarie, in analogia con i verbali di P.G. prima citati; dal punto di vista giudiziario, anzi,
rivestono valenza superiore, potendo la Corte ricorrere agli atti di P.G. solo in caso di contestazioni o per
altri motivi particolari (es. atti irripetibili). Nella ricostruzione storica, invece, occorre superare la visione
"ingenua" della testimonianza secondo cui quanto dichiara il teste sotto vincolo del giuramento vero o, se
falso, lo per intento doloso del dichiarante. In particolare quando i processi si svolgono gran tempo
dopo i fatti, molto difficilmente (ed un eufemismo) la testimonianza potr essere precisa; opportuno
soprattutto diffidare di un successivo affastellarsi di particolari narrativi resi in udienza a fronte di verbali
originari molto scarni; o di riconoscimenti effettuati ad anni di distanza dopo che le foto di un imputato
siano state pubblicamente diffuse. Ovviamente non possibile qui generalizzare; vi possono essere svariati
motivi per cui una testimonianza differisce nel corso del tempo e non detto che quella pi vicina
all'evento sia obbligatoriamente la pi precisa e completa, per cui conviene valutare caso per caso. Come
regola, sembra per di poter dire che per lo storico prudente il verbale di SIT, anche se reso soltanto alla
P.G. e non nella corretta forma processuale di esame e controesame, ha importanza spesso superiore alla
testimonianza.
Secondo il C.P.P. (art. 544 e 546 ) la sentenza deve contenere "la concisa esposizione dei motivi di fatto e di
diritto su cui la decisione fondata, con l'indicazione delle prove poste a base della decisione stessa e
l'enunciazione delle ragioni per le quali il giudice ritiene non attendibili le prove contrarie", in altre parole, la

propria motivazione. Stendiamo un velo pietoso sulla caratteristica della concisione: quasi tutte le sentenze
sul caso del Mostro di Firenze (non ho potuto vedere quelle dei processi a Stefano Mele, dal 1970 al 1973)
sono dotate di una cospicua parte narrativa nella quale, volta per volta, viene ripercorsa l'intera vicenda.
Tuttavia, la prolissit dei magistrati pu rivelarsi utile per lo storico, sia per capire meglio il processo logicodeduttivo che ha condotto il giudice a pronunciarsi in un determinato modo, sia perch, soprattutto,
l'estensore scrupoloso riporta, a supporto del proprio ragionamento, brani pi o meno ampi di atti
giudiziari precedenti che altrimenti non sarebbero noti - o quanto meno li riassume. Ad esempio, la
sentenza di appello al processo "Compagni di merende" (31.05.1999) riporta un significativo stralcio del
confronto tra Lotti e Pucci del febbraio 1996 e riassume molto utilmente le dichiarazioni rese in diversi
momenti dai testimoni intervenuti subito dopo l'agguato di Baccaiano. Paradigmatica la sentenza del GIP
Micheli nel procedimento sul "caso Narducci" (aprile 2010, ma depositata due anni dopo), che nella sua
abnorme mole ha il merito di riproporre testualmente lunghi excerpta tratti dalla requisitoria del PM
Mignini, cosicch il lettore accorto pu rendersi conto direttamente della fondatezza o meno dell'impianto
accusatorio, al di l di quanto deciso dal giudice di merito. La lettura delle sentenze costituisce dunque sia
un'utile integrazione alla ricerca delle fonti primarie, sia, per il suo carattere narrativo, uno strumento
indispensabile a delineare la storia delle indagini, senza il quale si rimarrebbe limitati a quanto riportato
dalle fonti di stampa. In tal senso, ad esempio, la sentenza Rotella sia "fonte" (secondaria) sia narrazione
(ma di prima mano, in quanto basata direttamente sugli atti di indagine) necessaria a documentare la "pista
sarda".
Personalmente, pur non disconoscendone affatto l'importanza, nutro una certa diffidenza sul valore quale
fonte narrativa dell'intervista giornalistica a protagonisti diretti del caso, sia essa pubblicata a mezzo
stampa, in video, o, come sempre pi spesso succede oggi, in rete. Questo fondamentalmente per due
motivi. Il primo, e ovvio, che l'intervistato, al di fuori di qualsiasi vincolo giuridico, dir solo quello che
vuol dire nel modo in cui lo vuole dire, tacendo quello che ha interesse a tacere, per un qualsivoglia, anche
pi che legittimo, motivo; n l'intervistatore ha modo di indurlo ad una maggiore sincerit.
Secondariamente, quando l'intervista viene condotta a lunga distanza dai fatti, valgono le considerazioni gi
fatte per le testimonianze in udienza; con l'aggravante che di norma il teste convocato in tribunale ha tutto
il tempo e l'interesse a raccogliere i ricordi per fornire una testimonianza accurata, il che non di fronte a
un giornalista delle cui domande non occorre preoccuparsi pi di tanto. Nelle interviste pubblicate o diffuse
in rete le imprecisioni abbondano, certo non per malafede dei soggetti intervistati, ma per
approssimazione, cattivo ricordo, anche solo espressioni verbali non felici e conseguentemente poco
chiare. E' di tutta evidenza che un'intervista che sia in contrasto con una fonte primaria pu essere tenuta
in poca considerazione, a meno che il contrasto non venga adeguatamente giustificato.
Passiamo ora alla letteratura vera e propria: filologicamente, si parlerebbe di letteratura secondaria, ossia
basata, quanto meno si spera, su fonti primarie. Al primo posto sta ovviamente la stampa dell'epoca, che
presuppone una conoscenza vicina all'evento e mediata da un unico passaggio (dalla fonte inquirente
chiacchierone, avvocato, perito, teste al giornalista). In fase di indagine, inoltre, difficilmente il giornalista
si sbilancia troppo con proprie ipotesi investigative, per evitare di essere smentito successivamente, e si
limita a fare un lavoro di cronista e raccogliere voci, indicandole per quello che sono senza farle passare per
verit rivelata. La cronaca contemporanea all'evento e, successivamente, all'indagine dunque preziosa, se
letta cum grano salis; se non ci avvicina alla verit, ci riporta almeno qualcosa di quello che gli inquirenti
stanno facendo o pensando, il che dal punto di vista della ricostruzione storica ugualmente fondamentale.
Parimenti, hanno maggior interesse i libri di cronaca usciti in corso di indagine, che tendono a raccontare e
riepilogare piuttosto che proporre verit investigative. Non per nulla, i primi due libri sul caso furono scritti,

a delitti in corso, da due giornalisti che se ne occupavano quasi dall'inizio per il principale quotidiano
fiorentino.
I libri scritti da protagonisti del caso, in forma di memoriale autobiografico come quelli degli investigatori
Perugini e Giuttari, o di approfondimento giuridico come quello del giudice Ferri o dell'avvocato Bevacqua,
presentano l'ovvio vantaggio di offrire una conoscenza di prima mano e l'altrettanto ovvio svantaggio di
essere "ideologicamente schierati". Se da una parte permettono allo storico di conoscere dettagli non
altrimenti noti visti attraverso gli occhi dei protagonisti, dall'altra necessitano di una modalit di lettura
scrupolosamente critica. Se lo storico dell'antichit sottopone a vaglio la verosimiglianza delle affermazioni
di Giulio Cesare nel De Bello Gallico e nel De Bello Civili, altrettanto occorrer fare delle narrazioni degli
investigatori-scrittori che ci raccontano delle indagini da essi stessi svolte, avendo ben presente il vecchio
detto "Cicero pro domo sua".
La letteratura nel discorso corrente, parlato e da forum, una "fonte"; per il filologo o lo storico non
affatto cos; essa vale unicamente per quanto sono buone le sue fonti (e il senso critico del suo autore). Se
un autore non dispone di fonti primarie sufficienti, farebbe meglio a non scrivere. Non tutti per la pensano
cos, come dimostra la pletora di tentativi di ricostruzione storico-giudiziaria del caso pubblicati nel corso
degli anni. Anche grazie alla nuova tecnologia (ebook) che riduce o azzera i costi di pubblicazione, la
saggistica in materia notevolmente aumentata negli ultimi anni; il valore storico di questa produzione
molto discontinuo, si aggiunga che parecchie fonti primarie sono di pubblicazione recente, il che rende
irrimediabilmente datati buona parte dei testi scritti in precedenza. Un criterio semplice, ma spesso efficace
per distinguere il grano dal loglio verificare se i testi citano e riportano le fonti delle proprie affermazioni;
ove non sia cos, il testo potr essere precisissimo, arguto, di piacevole lettura, ma non sar ovviamente
utilizzabile per uno studio storico. All'opposto, in alcuni volumi (es. Adriani-Cappelletti-Maugeri, Bevacqua)
vengono riprodotte fonti di carattere documentale mai pubblicate prima. Per ottenere una migliore
conoscenza generale rimane comunque obbligatorio rivolgersi a siti specializzati: Calibro 22 purtroppo da
tempo dismesso; Insufficienza di prove un'opera enciclopedica e in fieri e altri. In questo ambito vanno
inseriti anche singoli documenti di interesse specifico diffusi in rete da appassionati; il loro valore
disomogeneo, ma alcuni risultano assai pregevoli, scrupolosamente documentati e originali, pur potendo
essere superati allo stato attuale delle conoscenze. E' superfluo dire che li si utilizzer non tanto per le
teorie mostrologiche a volte astruse che sostengono, ma in quanto aggiungano conoscenze a quelle
generalmente disponibili (es. riproducendo articoli di stampa, fornendo foto inedite ecc.) o costituiscano
rivisitazione criticamente valida di contesti gi noti.

Di documentari televisivi ne sono stati prodotti molti, alcuni molto buoni, altri meno buoni, alcuni pessimi
e fantasiosi. Il loro valore quali fonti sta nella riproposizione di fotogrammi, filmati, articoli di giornale
contemporanei agli eventi e non pi reperibili e nelle interviste ai protagonisti del caso, sui limiti delle quali
si veda sopra. Quanto alla fiction (film e serial) per definizione non ha alcun valore di fonte, essendo opera
di fantasia. A questo proposito mi piace ricordare il tentativo di scovare misteriose tracce e verit nascoste
nei due (men che mediocri) film usciti nel 1986. In quello di Ferrario (Il Mostro di Firenze) perch vi aveva
collaborato Mario Spezi, il che lo rendeva sospetto a prescindere; in quello di Teti (L'assassino ancora tra
noi) per un dialogo finale in sottofondo dove si accenna all'uccisione di un guardiano (di un museo) e del
furto di reperti archeologici, elementi che sarebbero riferibili all'uccisione del medico di Perugia, custode
dei feticci. Ancora nel film di Teti, prima dei titoli di coda venne inserito un'ambigua scritta, che recita pi o
meno cos: "Questo film stato realizzato nella speranza che sia di aiuto alle forze dell'ordine per assicurare

alla giustizia questi feroci assassini" (al plurale, nel 1986!). Vi inoltre un film rarissimo, 28 minuto, che, a
quanto sembra dalla consultazione di IMDb, risulta essere l'unica opera del regista Paolo Frajoli (ma forse
era di Gianni Siragusa); non sembra che all'epoca molti siano riusciti a vederlo, forse perch vi si
nascondono misteriosi messaggi in codice (per i pi curiosi si trova comunque su Youtube nel canale di
Paolo Cochi; qui la recensione).
Sulle ricostruzioni romanzate non ci sono molte parole da spendere, se non che il lettore "ingenuo" corre il
rischio di prendere per "cronaca vera" anche le parti che sono frutto della fantasia dell'autore. D'altra
parte, occorre far notare che anche libri che sarebbero di ricostruzione storico-giudiziaria (es. Alessandri,
Segnini) indulgono a narrazioni romanzate quando cercano di descrivere i pensieri e le azioni dell'assassino
nella preparazione e nell'esecuzione delle azioni omicidiarie. Si tratta di un espediente narrativo senz'altro
lecito, ma che personalmente mi lascia alquanto freddo. I romanzi liberamente ispirati al caso vanno
giudicati unicamente per il loro valore letterario, in genere abbastanza basso. Non hanno alcun valore di
fonte, n si vede perch mai dovrebbero averne, se non nella fantasia pi accesa di alcuni lettori, che vi
ricercano indizi nascosti, come se un romanziere potesse conoscere la verit. Vale qui lo stesso discorso
fatto per i film. Indubbiamente, ci sono casi singolari, quali il noto (ma ben poco letto) Coniglio il marted di
Aurelio Mattei, psicologo e consulente del SISDE, che, chiss mai perch, dedic ad una vicenda ispirata al
Mostro di Firenze quella che sembra essere la sua unica fatica letteraria. Erroneamente la si considera
aderente alla pista settario-esoterica, della quale nel libro non c' alcuna traccia, mentre vero che nella
narrazione descritta la sostituzione dei bossoli del primo delitto a scopo depistaggio che alcuni ritengono
realmente avvenuta.
Ultima categoria, le fandonie o panzane diffuse a piene mani su carta stampata, in programmi televisivi, su
blog, forum e altri interventi virtuali (ormai si "legge" Youtube, un'abitudine che personalmente spero di
non prendere mai). Queste (false) informazioni vengono poi prese per oro colato e propalate in buona fede
da chi non ha sufficiente senso critico per verificarne, se non l'esattezza, almeno la verosimiglianza. Bisogna
purtroppo dire che di fandonie e panzane abbonda gi la storia all'epoca delle indagini e dei processi e
spesso messe in giro proprio da chi avrebbe dovuto occuparsene in maniera scientifica e scevra da
suggestioni; ma su alcuni aspetti non il caso di scendere nel dettaglio qui. Simili stupidaggini sono tanto
difficilmente smascherabili quanto pi difficile trovarne la sorgente primigenia, secondo il classico
dialoghetto tra appassionati, da immaginare su FB o forum: X: E' assodato che la moglie di Tizio accusava il
marito di essere il Mostro di Firenze. Lo riportano fonti affidabili. Y: Quali? X: Mi sembra di averlo letto da
qualche parte. E' chiaro che affermazioni del genere non si possono smentire e forse non vale neanche la
pena di provarci.
A titolo esemplificativo, propongo qui un breve florilegio, del tutto arbitrario, di fandonie, non supportate
da alcuna evidenza se non, semmai, contraria, che si sono ormai diffuse nella coscienza collettiva:
Natalino deve per forza essere stato accompagnato perch non arrivava a suonare il campanello di De
Felice.
I calzini di Natalino erano candidi.
Vanni non poteva entrare nella tenda dal retro perch il secondo telo era intatto.
La Cambi e la Ciabani erano sicuramente amiche.

Il giudice Tricomi sospetto perch si trovava in vacanza in Sicilia in una determinata circostanza. E
comunque, chiunque si interessato della vicenda (giornalista, scrittore, psicologo, medico legale [!])
diventa per ci stesso sospetto.
Il francobollo della lettera alla Della Monica richiama la "pista sarda".
Il tralcio di vite a Rabatta un simbolo esoterico; le 96 coltellate inflitte alla Pettini sono un numero
magico.
Il Reinecke scrisse un memoriale in cui svelava l'identit del Mostro, ma un settimanale tedesco lo imbosc.
I film sul Mostro di Firenze contengono importanti indizi nascosti (oppure, al contrario, costituiscono loschi
depistaggi).
Il Mostro cantava La Tramontana, la quale canzone era il suo progetto omicidiario in nuce.
Salvatore Vinci stato avvistato in Francia, no in Spagna, no tornato a Villacidro, no in Sudamerica,
vivo, ma anche morto (per un tumore).
Ecc.ecc.
Lo storico non interessato alle fandonie se non per cercare di riconoscerle ed evitarle come la peste.
Frank Powerful

Nota dell'autore: Il mio libro Storia del Mostro di Firenze Volume I L'esordio: Il dettilo Locci Lo Bianco
e la "pista sarda" si pu acquistare tramite i link disponibili al seguente indirizzo:
http://mostrodifirenzevolumei.blogspot.it/ .

Potrebbero piacerti anche