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CARACCIOLO, Giovanni Battista, detto il

Battistello
Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 19 (1976)

di Michael W. Stoughton
CARACCIOLO (Caracciuolo, Caraccioli), Giovanni Battista, detto il Battistello. - Gi
Faraglia dimostr (1883) e gli scarsi documenti lo confermano, che la biografia del C.
scritta dal De Dominici non attendibile. Figlio di Cesare, nacque presumibilmente a
Napoli tra il 1575 e il 1580, poich nel 1598 spos una Beatrice di Mario da Gaeta. I due
abitarono nella parrocchia di S. Maria della Carit (ora S. Liborio), e dal 1602 al 1612
ebbero sei figli: altri due sono registrati nel 1622 e nel 1624, mentre gli altri due figli
nominati nel testamento del C. devono esser nati in un'altra parrocchia.
Dagli atti della parrocchia di S. Maria della Carit, dove abitavano numerosi artisti,
appare che il C. fu padrino di uno dei fratelli di B. Cavallino, nato nel giugno 1623 (cfr.
Prota Giurleo), e che nel 1626 fu testimone, insieme con G. Ribera, al matrimonio
dell'allievo dello Spagnoletto, G. D; nel 1632 P. Finoglio fu padrino di uno dei nipoti
del Caracciolo. Da numerosi altri documenti, molti dei quali sono pagamenti per pitture
(tratte di banche: Spirito Santo, Ave Grazia Plena, Monte di Piet), riferentisi a tutti
quanti gli anni compresi fra il 1601 e la data della sua morte (ad eccezione delle annate
1601, 1605, 1611, 1613, 1618, 1619, 1621, 1625, 1630, 1633), il C. risulta presente ed attivo
a Napoli.
Il De Dominici scrive che il C. and a Roma e scrittori posteriori hanno ipqtizzato varie
date per questo viaggio. logico ritenere che il C. sia stato a Roma varie volte ad
approfondire la sua conoscenza dell'arte del Caravaggio e anche di quella di Annibale
Carracci e della sua scuola. In un inventario del 1666 della villa Pamphili registrato un
"disegno in carta di aquarella" del C. "copia nelle loggie di Raffaele" (J. Garms, Quellen
aus dem Archiv Doria-Pamphilj..., Rom-Wien 1972, p. 347). Da uno statuto
dell'Accademia di S. Luca ora perduto (Missirini) risulterebbe che il C. era accademico,
ma la data del 1596 errata perch troppo precoce. Probabilmente il C. pass per Roma
quando si rec a Firenze alla fine del 1617; nei mesi di gennaio, febbraio e ottobre
dell'anno seguente fu pagato per un ritratto di Maria Maddalena d'Austria (ora
perduto) e per un Riposodurante la fuga in Egitto(Firenze, Pitti). Nel gennaio 1620 era
di nuovo a Napoli, dove probabilmente da identificare con lui il Caracciolo padrino
nella parrocchia di S. Maria della Carit. D'altra parte, i quadri di Firenze sono gli unici
quadri del C. per i quali documentata l'esecuzione fuori Napoli.
La produzione del C. consiste quasi esclusivamente in quadri di soggetto religioso, ma
sappiamo che esegu un ritratto di G.B. Basile, conosciuto solo attraverso una incisione
che apparve nella Teagene (Napoli 1687) del poeta, il quale gli aveva dedicato un'ode
in Madriali e ode (Napoli 1617, ode XXXIX, pp. 160-63). Gli altri dipinti di soggetto
profano sono i Putti vendemmianti (Roma, coll. Moretti) del 1606-10, Amore
sconfitto (Roma, Gall. Sestieri) e Ragazzo addormentato(Palermo, Museo nazionale),
questi ultimi due molto pi tardi. Quadri del C. figuravano in numerose e importanti
collezioni private del Seicento, compresa quella di G. Roomer, il famoso mercante
fiammingo che abitava a Napoli e che ne possedeva almeno due.
Il C. mor a Napoli tra il 19 e il 24 dic. 1635 (date, rispettivamente, del suo ultimo
testamento e della lettura di esso) e chiese di essere sepolto nella chiesa di S. Tommaso
d'Aquino (ora distrutta).

L'attivit del C. fu molto importante per lo sviluppo della pittura napoletana del
Seicento: sotto molti aspetti fu il pi attento seguace del Caravaggio, e ramificazioni del
suo stile si trovano in tutta la pittura napoletana durante la prima met del secolo.
Da quello che sappiamo oggi, la carriera artistica del C. ebbe inizio dopo l'arrivo del
Caravaggio a Napoli nel 1606. Probabilmente il C. fu educato alla scuola di tradizione
tardomanierista di F. Imparato e F. Santafede ma non restano quadri di questo periodo;
la prima opera datata rimasta, i Cherubini (1601) affrescati sulla facciata esterna del
Monte di piet di Napoli, ormai quasi completamente cancellata. Il C. era
probabilmente artista gi affermato quando ebbe i primi contatti con il Caravaggio e ne
assimil il realismo e gli effetti di luce e ombra in modo tale da produrre alcuni dei
quadri pi caravaggeschi che siano stati mai prodotti da seguaci del Merisi. Tra i primi
quadri posteriori al 1606 sono laMadonna col Bambino e s. Giovanni (Napoli, Museo di
S. Martino), S. Giuseppe con Ges Bambino (Losanna, Muse cantonal des Beaux-Arts)
e Cristo portacroce(Napoli, Quadreria dei gerolamini), dove ambiguit manieristiche di
composizione o assenza di finezza nel trattamento delle luci e delle ombre rivelano nel
C. un processo di adattamento del suo stile all'impeto della pittura del Caravaggio.
La prima opera ricordata nei documenti dopo il 1606, La liberazione di
s. Pietro(Napoli, Monte della Misericordia), del 1615, dimostra che il C. ha risolto ormai
i suoi antichi problemi, ed tra i pochi artisti che comprendono appieno l'intensita
vigorosa della lezione caravaggesca. Numerose opere possono essere datate attorno al
1615: S. Giovanni Battista (Berkeley, California, University Art Museum), due versioni
del Cristo nel giardino degli Ulivi (Vienna, Kunsthistorisches Museum, e Vho, chiesa
parrocchiale), il Battesimo di Cristo (Napoli, Quadreria dei gerolamini). Le due
Trinit (erroneamente interpretato come Ritorno dalla fuga in Egitto; Napoli, Piet dei
Turchini: una versione pi tarda nella chiesa del Ges della Valletta), del 1617, un
tipico esempio di quelle pale d'altare, di grandi dimensioni e con numerose figure, del
periodo 1615-1620, per le quali il C. spesso si ispira per la composizione alle Sette opere
di Misericordia o alla Madonna del Rosario del Caravaggio: l'Immacolata
Concezione (Napoli, S. Maria della Stella: unica opera dove la firma del C. appare per
esteso), S. Francesco e s. Chiara con un'anima del Purgatorio (Nola, S.
Chiara), Miracolo di s. Antonio da Padova(Napoli, S. Giorgio dei Genovesi; bozzetto,
Napoli, coll. Pisani; copia di scarsa qualit a Benevento, Museo del Sannio, in prestito
da Capodimonte). Allo stesso periodo appartengono la Madonna col Bambino (Los
Angeles, County Museum of Art), Cristo e la Samaritana (Milano, Brera),
la Maddalena (Roma, coll. Busiri Vici), nelle quali il C., usando perfettamente
l'intensit caravaggesca di contrasti tra luce e ombra, interpreta le figure in termini di
realismo grafico.
Capolavoro del C., e di grandi dimensioni, La lavanda dei piedi (Napoli, Museo di S.
Martino), documentato nel 1622, dove le figure sono magistralmente disposte
nell'ambiente architettonico, con il Cristo che emerge per il brillante rosso della sua
tunica.
Da numerose opere del periodo 1625-30 abbiamo indicazione dell'ulteriore evolversi
dello stile del C.: Cristo portacroce (Napoli, Museo di S. Martino), SS.Cosma e
Damiano (Berlino, Staatliche Gemldegalerie; copia a Madrid, Prado), S.Vito (Napoli,
SS. Marcellino e Festo), Noli me tangere (Prato, Gall. comunale). In queste opere il C.,
pur continuando a fare uso del lumimismo caravaggesco, impiega figure genericamente
pi idealizzate che introducono direttamente il suo ultimo periodo (1630-35) nel quale
abbandon quasi completamente l'intenso chiaroscuro e il realismo dei suoi periodi
precedenti: Assunzione della Vergine,commissionata nel 1631 (pala d'altare per la
cappella dell'Assunta in S. Martino, ora a Capodimonte), Madonna col Bambino e

s. Anna (Vienna, Kunsthistorisches Museum; copia a Siviglia, cattedrale), S. Gennaro e


altri santi vescovi (Napoli, S. Martino; originariamente nella cappella di S. Gennaro,
attualmente in quella del Rosario), e, strettamente collegati a questo, S. Martino e
S.Giovanni Battista(Napoli, capitolo di S. Martino).
A differenza della maggior parte dei caravaggeschi, il C. durante tutta la sua carriera
dipinse numerosi affreschi (tutti a Napoli): i gi citati Cherubini del 1601 al Monte di
piet e quelli che reggono un drappo ai lati dell'organo in S. Anna dei Lombardi (circa
1607), Scene della vita di s. Simone Stock e di santi carmelitani(1617, S. Teresa agli
Studi), Scene della vita di s. Gennaro, commissionato nel 1622, ma probabilmente
eseguito solo dopo l'eruzione del Vesuvio del dicembre 1631 (S. Martino, cappella di S.
Gennaro; quattro schizzi preparatori a olio nel Museo di S. Martino), Scene della vita
della Vergine, iniziato nel 1631 (S. Martino, cappella dell'Assunzione). E ancora, nel
periodo 1630-35 il C. dipinse: Scene della vita della Vergine e simboli dell'Immacolata
Concezione (S. Diego dell'Ospedaletto, cappella dell'Assunzione), Nascita della
Vergine (Ges Nuovo, oratorio dei Nobili; l'unico affresco firmato con
monogramma), Storie degli Arcangeli (S. Maria la Nova, cappella degli
Arcangeli), Storie della vittoria e dell'entrata in Napoli di Consalvo di
Cordova (palazzo reale). Non deve sorprendere che il C. modificasse il suo stile in
funzione di un mezzo pittorico pi decorativo, quale l'affresco. Gi due volte aveva
sperimentato il suo stile chiaroscurale maturo in larghe tele per soffitti (Coronazione
della Vergine, 1616, Capua, Annunciata; Madonna col Bambino e marinai, circa 161517, Napoli, S. Maria di Porto Salvo).
Le pitture del C. sono spesso firmate col monogramma formato dalle lettere B, C (o
forse G) e A, che in passato stato riferito ad A. Carracci (G. K. Nagler, Die
Monogrammisten, Mnchen-Leipzig 1858, I, n. 308) o anche a G. B. Galestruzzi (A.
Bartsch, Le peintre graveur, XXI, Leipzig 1870, p. 52). Probabilmente le tre lettere
stanno per "B(attistello) CA(racciolo)" (la B sempre pi piccola delle altre due lettere).
Del C. si conoscono ancora due incisioni, la Pentecoste e S.Giovanni Battista con
l'agnello (Berlino, Kupferstichkabinett; firmate entrambe con il monogramma,
rovesciato nella prima; riprodotte in Voss); numerosi disegni, alcuni dei quali, studi
preparatori per le sue opere, sono conservati in collezioni pubbliche. Si ricordano fra
quest'ultimi quelli di Stoccolma, Nationalmuseum; Parigi, Louvre; New York, coll.
Scholz; Napoli, Museo di Capodimonte e Museo di S. Martino; Amburgo, Museum fr
Kunst und Gewerbe; Firenze, Uffizi; Princeton, N.J., University Art Museum.

BATTISTELLO CARACCIOLO, IL PRIMO FAN DI CARAVAGGIO IN CAMPANIA


Categoria: Storie dArte
Data: 21/03/2012

Dopo la partenza del Merisi da Napoli, Giovanni Battista Caracciolo, detto


Battistello, ne divenne uno dei pi fedeli seguaci. a lui che si deve la nascita del grande
Caravaggismo
campano.

Pi volte accaduto nella storia dellarte che dopo un periodo di grande splendore artistico sia succeduta una
breve ma profonda crisi intellettuale. Accadde, ad esempio, nel Cinquecento, quando, dopo la meravigliosa
stagione del Rinascimento, molti artisti sembrarono ormai disorientati e confusi. Il sogno umanisticorinascimentale di raggiungere e superare la magnificenza delle opere classiche era stato realizzato ed era ora
possibile solo eguagliare la straordinaria bellezza dei capolavori dei grandi artisti del primo Cinquecento.
Michelangelo, Raffaello, Leonardo, il Correggio, Tiziano, e pi tardi il Veronese, divennero, nella seconda met del
secolo, saldi punti di riferimento a cui guardare con meticolosa attenzione.

Dipingere alla loro maniera, combinando a volte elementi di uno con elementi di un altro, parve essere, per tutti,
la soluzione migliore e per circa cinquantanni nessuno riusc a smuovere minimamente le acque gi immobili
dellarte. Vi riuscirono, agli inizi del secolo successivo, per strade diverse eppure simili,Annibale
Carracci e Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, che cambiarono per sempre la pittura occidentale,
ispirando, con le loro opere, quel movimento artistico-culturale poi conosciuto come Barocco.
D'altronde, non bisogna considerare il Manierismo esclusivamente come un periodo di crisi intellettuale ma
piuttosto bisogna vederlo, nellinsieme, come un momento di riflessione e ricerca che gradualmente diede vita ad
unaltra grande stagione artistica. In quel difficile periodo di transizione, sul finire del Cinquecento, che viene
definito tardo-manierismo, a Napoli, come in gran parte dItalia, tuttavia, non era accaduto niente di veramente
rilevante e la maggior parte delle scuole artistiche locali erano impegnate a rafforzare gli stili tradizionali.
Per questo motivo, quando, nel 1606, Caravaggio giunse a Napoli, scrive Bernardo de Dominici, fu accolto con
segni
di
grandissima
stima
da
professori
e
da
dilettanti,
comera
da
aspettarsi.
La stessa accoglienza, daltro canto, tocc anche ad Annibale Carracci e ai suoi seguaci che, nella prima met del
XVII secolo, giunsero a poco a poco, uno dopo laltro, a Napoli. In breve tempo Caravaggio prima e i bolognesi poi,
trasformarono la citt partenopea in uno dei centri pi attivi ed importanti del panorama artistico internazionale
barocco.
Il primo artista napoletano, o quanto meno uno dei primi artisti napoletani, a rimanere profondamente colpito
dalla nuova maniera caravaggesca, fu certamenteBattistello Caracciolo che, come scrive ancora il de Dominici,
lasciate in abbandono tutte quelle da lui per linnanzi seguitate maniere, a questa tutto si volse, ed assolutamente
si propose seguitarla. Egli fu, in Campania, il primo ammiratore, il primo fan del Caravaggio, tanto che c chi
pensa che Caracciolo frequentasse di persona lo studio napoletano del Merisi.
Che sia vero o no ( celebre che Caravaggio non ebbe mai discepoli) resta inspiegabile la straordinaria somiglianza
tra le opere del Caracciolo e quelle del maestro lombardo. Per molti anni gli stessi artisti partenopei guardarono
alle opere di Battistello Caracciolo, prima ancora che a quelle del Merisi (che a Napoli esegu alcuni dei suoi dipinti
migliori), per apprendere i segreti di quello stile straordinario, che rinnov il naturalismo occidentale e che, proprio
a Napoli, ebbe un successo incredibilmente duraturo.
Solo negli ultimi anni di vita, dopo il suo ritorno da Roma, Battistello prefer abbandonare il caravaggismo per
avvicinarsi allo stile classicista della scuola bolognese, molto di moda nella prima met del Seicento. Tuttavia, egli
e sar sempre ricordato come il primo caravaggista napoletano, colui che insegn ai napoletani ad apprezzare
Caravaggio e colui che si avvicin pi di tutti i suoi compatrioti alla maniera del lombardo.
Lo si vede chiaramente nel suo Salom con la testa di San Giovanni Battista (foto), dove la luce, investendo i corpi
e le vesti dei personaggi, fa emergere le parti chiare e lucide dei volti, delle membra e dei panni da uno sfondo
buio
e
tetro,
che

poi
la
caratteristica
principale
dello
stesso
Caravaggio.
(Fonte foto: Rete Internet)

Giovanni
Bernardino
Azzolino
(Cefal 1572 ca. - Napoli 1645)

The Temptation
Oil on canvas, 198,5 x 143,5 cm

Il pittore e scultore Giovanni Bernardino Azzolino nacque a Cefal intorno al 1572,


figlio di Andrea Ragano di Acquaviva in Puglia; fu proprio il padre ad adottare il falso
cognome (reso anche come Mazzolino e Massolino) col quale l'artista
universalmente noto.
Nonostante le origini siciliane, l'attivit artistica dell'Azzolino si svolse
prevalentemente nel Viceregno e soprattutto a Napoli, dove risulta documentato dal
1594 al 1645.
L'arista giunse nella citt partenopea, forse gi con qualche rudimento di pittura,in un
contesto dominato dal rinnovamento della Certosa di San Martino, che coinvolse un
nucelo variegato di frescanti e decoratori.
Tra i protagonisti del fervido cantiere figur anche il giovane Cavalier d'Arpino,la cui
prsenza fu determinante per la formazione dell'Azzolino e di altri artisti quali Belisario
Corenzio e Luigi Rodriguez, protagonisti di un'intera stagione della grande pittura di

decorazione murale a Napoli, estesa dagli anno novanta del cinquecento agli anni
trenta del seicento.
Le scene del Vecchio e Nuovo Testamento affrescate fra il 1589 ed il 1591dal cavalier
d'Arpino sulla volta dell'abside della chiesa appartenente alla Certosa, sono state
portate a termine proprio dall'artista sicilinao.
Sebbene le prime opere documentate a Napoli di Azzolino (la Madonna del Rosario
per Santa Maria delle Grazie a Caponapoli e alcuni affreschi per la chiesa dello Spirito
Santo) siano andate perdute, vi sono altre pregevoli composizioni che testimoniano la
vocazione decorativa dell'artista quali La Pentecoste del Municipio di Caiazzo (unica
pera firmata) e gli affreschi della cappella Ambrosino nella chiesa napoletana del Ges
Nuovo.
L'Azzolino da considerarsi tra i pi caratteristici rappresentanti della diffusione a
Napoli delle varie correnti artistiche provenienti dall'Italia centrale: il filone della
pittura devozionale,rappresentato in citt da Fabriano Santafede, e le tendenze verso il
naturalismo.
Un forte ascendente esercit sull' Azzolino il "realismo devoto" del Santafede
,attraverso il quale assimil alcuni aspetti dei "riformati toscani", quali Santi di Tito e
il Passignano.Il periodo fra il 1607 e il 1610 fu contrassegnato dalla forte influenza
artistica nell'artista della pittura di Caravaggio,evidente nell'uso di forti chiaroscuri.
L'ispirazione ai modi caravaggeschi nacque anche a causa del comune contatto con la
committenza dei Doria a Genova; gi dal 1605, attraverso gli Ambrosino, l'Azzolino
apr un contatto commerciale con Genova che lo vide nel 1608 insieme con il principe
Marcantonio Doria, per la cui famiglia lavor incessantemente (nel 1620 l'inventario
della collezione Doria annoverava gi oltre quaranta sue opere).
Diverse citazioni caravaggesche sono presenti proprio nelle opere realizzate a Genova;
L'Annunciazione per l'altare maggiore della chiesa delle monache Turchine e il
Martirio di sant'Apollonia per la chiesa di San Giuseppe L'Azzolino stabilizz nel
corso primo decennio la sua formula di "pittore devoto", moderatamente realista e
correttamente disegnativo.
Appartengono a questi anni le sue creazioni pi intense ed originali, come il Martirio
di Sant'Orsola di collezione napoletana, la Circoncisione (1607) e la Madonna del
Rosario coi quindici Misteri eseguite per la chiesa del Ges e Maria a Napoli (1691610).
L'artista siciliano fu assai celebrato all'epoca anche come scultore; si a conoscenza di
alcune fonti documentarie che menzionano diverse figure allegoriche in cera realizzate
per Marcantonio Doria.
Giovanni Bernardino Azzolino mor a Napoli il dodici dicembre 1645.
Il diavolo tentatore, furbo e maligno, rappresentato in questo grande dipinto con parte
del corpo di serpente, attorciglia le proprie spire intorno al tronco d'albero, un melo e
porge ad Eva il frutto che Dio aveva ben precisato che non doveva essere toccato.
Eva ceder alla tentazione.
L'episodio narrato con dovizia di particolari,infatti non sono ben rappresentati i tre
principali attori della scena, Adamo, Eva e il diavolo/serpente, ma anche tutti gli altri
animali che popolano il giardino dell'Eden: Il leone, l'asino, la tartaruga, il coniglio, il
pappagallo e cos via.
L'artista, identificato dal professor Nicola Spinosa in Giovanni Bernardino Azzolino,
ha concentrato le proprie doti pittoriche nella descrizione dei particolari
naturalistici,dei dettagli anche i pi apparentemente insignificanti e degli incarnati
delle figure di Adamo ed Eva.

La presenza di molti pentimenti, ben visibili anche ad occhio nudo, per esempio nelle
foglie che coprono le pudenda dei due, e in alcuni dettagli meno eclatanti,denunciano
l'estrema attenzione con la quale Azzolino si dedic a dipingere questa grande tela,
nella quale la perfezione portata all'esasperazione degli incarnati,certo una capacit
acquisita nel modella re la cera,suggerisce un confronto con un altro dipinto che venne
probabilmente eseguito nell'ambito del primo o secondo decennio del Seicento avente
per soggetto un Martirio di Santa Cristina.
In particolare per mettere in confronto, oltre alla rigorosa impaginazione
architettonica, alcuni dettagli di stile e di cromia, quali ombre negli incarnati sotto il
mento di damo, le narici i globuli oculari, tutti i particolari delineati con precisione e
un abile uso delle velature,che raggiungono un livello qualitativo certo non comune a
molti pittori, Stefano causa ha fatto notare che spesso nei dipinto compare un putto.
In questa un putto indiscutibilmente fuori luogo dato il soggetto non campare,ma il
divaolo che fa capolino tra le foglie dell'albero, altri non che la medesiamaa
raffigurazione, appunto fatta notare dallo studioso partenopeo e peculiare nei dipinti di
Azzolino.
Il professor Spinosa avanza l'ipotesi che il nostro datarsi tra il 1605 e il 1620, mentre la
studiosa,la dottoressa Anna Orlando, ritiene con valide ragioni di mettere la tela in
relazione agli anni genovesi del pittore, e pi precisamente verso il 1604.

Le tele di Giovan Vincenzo Forli nella Cattedrale di


Castellammare di Stabia di Rosaria Esposito
Nella cappella di San Nicola della Cattedrale di Castellammare di Stabia, ci sono due tele di Giovan Vincenzo Forli.
Giovan Vincenzo dOnofrio da Forl, noto come Giovan Vincenzo Forli, nacque a Campobasso nella met del
Cinquecento, non si conoscono gli estremi anagrafici di questo pittore originario di Forl del Sannio. L'Associazione
Giovan Vincenzo Forli ha effettuato ricerche durate anni in Campania per ricercare notizie inerenti il pittore fin
quando sono state fatte scoperte le numerose opere che Forli ha prodotto e che si trovano nelle Chiese pi
importanti dell'epoca, per nonostante l'importanza artistica che egli abbia rivestito nella Napoli del '600, non sono
state rinvenute monografie o testi interamente dedicati al pittore.
Definito pittore di prima classe per i suoi tempi, fu eletto Console dell'Arte dei Pittori insieme ad altri artisti, tra cui
Teodoro dErrico, nella Napoli di fine '500. Qui vi fu attivo tra l'ultimo decennio del XVI secolo e il quarto decennio
del XVII. A capo di una bottega particolarmente attiva nell'esecuzione di pale d'altare, Forli venne incontro per lo pi
alle esigenze devozionali del ceto borghese cittadino e delle innumerevoli parrocchie e confraternite di provincia con
una produzione caratterizzata da un eclettismo accomodante e privo di slanci creativi.
Tra il 1592 e il 1594 Forl strinse importanti rapporti di lavoro con i governatori della Casa Santa dell'Annunziata, uno
degli enti assistenziali pi potenti della citt, impegnandosi a realizzare alcune tele, oggi perdute, destinate ad
integrare le decorazioni dell'altare maggiore e del soffitto cassettonato della chiesa annessa a tale istituto. In
quest'ultima impresa, compiuta nel 1594, Forli ebbe l'incarico di dipingere Angeli con i simboli delle litanie mariane
accanto ad A. Mytens, J. Snyers, G.A. D'Amato, Curzio di Giorgio, Giulio dell'Oca e sotto la sorveglianza diretta di
Fabrizio Santafede, a sua volta impegnato nella realizzazione di uno dei quadri grandi insieme con W. Cobergher, G.
Imparato, G.B. Cavagna.
Tale circostanza, che vide Giovan Vincenzo Forl lavorare a stretto contatto con i pittori pi affermati a Napoli in quel
momento, contribuisce a chiarire gli orientamenti stilistici delle sue prime opere nelle quali sembrano condensarsi le
principali tendenze della pittura napoletana degli anni Novanta.
L'Apparizione della Vergine a S. Giacinto e tavolette con Storie della vita del santo in S. Domenico Maggiore e la
Madonna degli Angeli tra i SS. Francesco e Caterina d'Alessandria in S. Francesco a Padula, databili entrambe al 1595,
palesano, all'interno di una costruzione solida e bilanciata, sicuramente al corrente delle posizioni riformate del
Santafede, levit cromatiche baroccesche, nelle quali la compattezza della materia si stempera in una serie di effetti
atmosferici, secondo la linea seguita anche dall'Imparato. Agli inizi del nuovo secolo Forli esegu l'Annunciazione per
la napoletana chiesa della Croce di Lucca del 1600 e lAnnunciazione per la chiesa dello Spirito Santo a Napoli del
1602, le tele con la Nativit e l'Assunzione della Vergine, gi nella cappella De Caro in S. Lorenzo Maggiore e ora nella

Cattedrale di Castellammare di Stabia (1604 circa), e la Madonna degli Angeli con i SS. Francesco e Stefano per la
chiesa di S. Michele a Piano di Sorrento del 1606. In queste opere Forli sembra allinearsi, come G. Balducci, I.
Borghese e G.B. Azzolino, alle tendenze moderatamente realistiche richieste dal clima devozionale della
Controriforma con una particolare attenzione verso i modi di Santafede e di Belisario Corenzio. La ricerca di una
visione pi domestica dei fatti religiosi tradotta da Forli in uno stile sobrio e monumentale e in un colorito dai toni
pi vicini al naturale.
Tali orientamenti furono in vigore a Napoli fino alla venuta di Caravaggio nel 1606 che, come noto, scaten negli
ambienti del tardo manierismo locale una crisi destinata a coinvolgere tutti i pittori, aggravata dalla repentina
scomparsa di alcuni dei protagonisti della cultura del decennio precedente come Girolamo Imparato nel 1607,
Francesco Curia nel 1608, Luigi Rodriguez nel 1609.
Tra il 1607 e il 1608 Forli fu chiamato a dipingere per il Pio Monte di misericordia la tela con Il buon Samaritano, da
affiancare alla pala dellaltare maggiore dipinta poco tempo prima da Caravaggio e dalla quale lopera di Forli copia,
in chiave pi monumentale, classicheggiante e atteggiata il gruppo divino circondato dagli angeli. Certo rispetto alle
fisionomie stupendamente umane, di una soda bellezza popolana, del gruppo divino e degli angeli di Caravaggio
presenti nella pala con Le sette opere di misericordia nella stessa chiesa, Forl sfodera fisionomie pi convenzionali e
stereotipate, di una bellezza piuttosto tipica che reale. La parte di maggiore sincerit espressiva diviene allora lo
splendido paesaggio ombroso, illuminato da improvvisi bagliori, secondo la tradizione fiamminga che Paolo Brill
aveva introdotto a Napoli e che aveva conquistato anche Imparato e Santafede. Forli appare influenzato dalla tela di
Caravaggio della quale cita alcuni particolari tradotti in una sostanziale riaffermazione del formulario manieristico;
inoltre, i toni bassaneschi dell'atmosfera notturna e l'accentuazione dei contrasti luministici avvicinano Forli alla
pittura veneziana come contemporaneamente avviene anche nell'opera di Santafede, in particolare nella
Resurrezione dipinta per il Monte di piet nel 1608.
Tra il 1610 e il 1612 Forli esegu la tela raffigurante La circoncisione per la Chiesa di S. Maria della Sanit: parte della
critica ipotizza o un primo intervento di Caravaggio sulla tela, in seguito completata da Forli, o una commissione
assegnata al pittore lombardo raccolta in seguito da Forl. innegabile che a partire dal primo decennio del Seicento
Forli tenda ad includere elementi caravaggeschi nella propria produzione pittorica come si pu notare ad esempio
nella figura di vecchia in basso a sinistra nella pala della Sanit, desunta da quella dipinta da Caravaggio nella
Crocifissione di SantAndrea del Museum of Art di Cleveland, la Circoncisione oggi esposta presso la Chiesa di Santa
Maria della Sanit di Napoli.
Intorno al 1617 Forli esegu le tele per il soffitto della Chiesa dell'Annunziata di Capua e il Crocifisso per la Chiesa
dell'Annunziata di Arienzo. In queste opere Forli, pur ancorandosi a schemi disegnativi tradizionali, sembra
approfondire l'indagine luministica e trarre ispirazione dalla pittura di Carlo Sellitto e Battistello Caracciolo.
Tra il 1620 e il 1622 Forl esegu la decorazione del soffitto della Chiesa dell'Annunziata di Giugliano, purtroppo molto
rovinata, e, nel 1621, quella del soffitto del duomo di Napoli. Dai documenti si sa con certezza che Forli fu attivo
ancora per circa un ventennio, ma non sono noti il luogo e la data della sua morte.
Giovanni Previtali in La pittura del Cinquecento a Napoli e nel vicereame gli attribuisce una Madonna con Bambino
che appare ai Santi Francesco, Agostino, Biagio e Antonio da Padova nella chiesa del Ges delle Monache. Lo stesso
Previtali dice di Forli che egli al pari di altri artisti italiani e spagnoli prima di adeguarsi alle nuove rivoluzionarie
tendenze naturalistiche, avrebbe partecipato al gran corale baroccesco di fine secolo. La corrente baroccesca, che
prende nome da Federico Fiori detto il Barocci si sviluppa in sintonia con un modo di dipingere pastoso. Il pittore
molisano insomma legato al tardo-manierismo, come Santafede, caposcuola della cultura riformata a Napoli, e
Azzolino.

Fabrizio Santafede: "Il Raffaello napoletano"


Categoria: Storie d'Arte
13/11/2013

Santafede, Madonna col Bambino e i santi Benedetto, Mauro e Placido, 1593

Nella Napoli del tardo Rinascimento Fabrizio Santafede fu tra i pi talentuosi e brillanti esponenti del
Manierismo partenopeo; la storia lo ricorda come il "Raffaello napoletano".
risaputo che il Rinascimento fu unepoca di grande splendore, soprattutto per lItalia. Culla della cultura e
dellarte, il nostro Paese diede in quel tempo alla luce geni senza precedenti. In poco pi di un secolo si
concentrarono infatti le vite di alcuni dei pi grandi artisti che la storia abbia mai conosciuto.
Leonardo, Michelangelo, Tiziano e Raffaello posero tutti, ciascuno a suo modo, le basi per lo sviluppo di
unarte nuova e incredibilmente affascinante. Agli altri maestri del tempo non rest che guardare, attoniti e
sbigottiti, le sublimi opere di quel pugno di divini artisti che seppero trasformare semplici pietre, pareti,
tavole e tele nei pi grandi capolavori di tutti i tempi. Cos, per reggere confronti e critiche, gli artisti
dellepoca dovettero ispirarsi alla maniera dei grandi, ossia agli stili di quei geniali maestri, pur cercando,
per quanto possibile, di personalizzare e perfezionare le loro opere.
Vasari coni per tutti i rivoluzionari stili del tempo la semplice definizione di maniera moderna,
sintetizzando in ununica espressione tutte le innovative tecniche e teorie sviluppate dai grandi maestri del
Rinascimento. Fu per questo che, decenni dopo, in piena epoca barocca, si inizi a parlare di Manierismo,
definendo con tale termine il periodo e lo stile di quei maestri che, allora, furono bollati come artisti minori o
meri imitatori. Importanti artisti del Cinquecento finirono dunque per essere bistrattati o semplicemente
dimenticati dalla storia.
Solo di recente, la moderna storia dellarte ha rivalutato quel particolarissimo periodo artistico, dando nuovo
credito a quegli artisti che dovettero confrontarsi con le geniali opere di Leonardo, Michelangelo, Raffaello e
Tiziano. Si cercato cos, a giusta ragione, di riabilitare vari maestri, come il Pontormo, Rosso Fiorentino, il
Bronzino, il Parmigianino, per citare solo quelli oggi conosciutissimi, che, sfidando le rivoluzionarie maniere
dei grandi del tempo, diedero vita a capolavori altrettanto sbalorditivi.
A Napoli, in particolare, il Manierismo incarnato dallingombrante figura di Fabrizio Santafede, considerato
il pi grande artista partenopeo del secondo Cinquecento. Non a caso, per la sua abilit artistica, fu
conosciuto anche come il Raffaello napoletano, il che ci indica la sua natura manierista, sebbene il
Santafede, per i suoi avanzati studi pittorici, oggi considerato da molti storici un pittore gi pienamente
barocco, a dimostrazione del suo geniale talento artistico.
Allievo di Marco dal Pino, artista senese che si era formato a sua volta presso il manierista Domenico
Beccafumi, Fabrizio Santafede abbracci prestissimo quello stile tosco-romano nato sulla scia di Michelangelo
e Raffaello. Proprio alle opere di questultimo il Santafede guard con entusiasmo ed ammirazione, anche se
non possiamo considerare il pittore napoletano un semplice seguace di Raffaello.
Il suo raffaellismo non , infatti, cos acuto come quello di altri pittori coevi; piuttosto si pu dire che il
Santafede osserv soprattutto un certo tipo di opere dellUrbinate, perlopi tarde, e fu, come altri artisti del
tempo, fautore di un nuovo stile, pi scuro, molto vicino a certi pittori veneti, come il Tintoretto, che quasi
parallelamente anticiparono, in parte, linnovativa tecnica che il Caravaggio mise poi a punto nelle sue opere.
Daltronde il Merisi stesso, nei sui studi pittorici, part proprio da quei modelli lombardo-veneti e dalle ultime
opere del Raffaello per ideare quel chiaroscuro, quel gioco di luci ed ombre, che fece del pittore lombardo
uno dei geni pi rinomati dellarte italiana. Anche per questo molti studiosi accostano il Santafede al
Caravaggio. Lartista napoletano, in molte delle sue opere, seppe difatti ideare una pittura tonale a met
strada tra il colorismo veneto e la pittura di Raffaello, avvicinandosi molto, nello stile, oltre che nel
linguaggio, controriformista, alle opere del Merisi.
Anche solo per questo il Santafede merita di essere annoverato tra i maggiori artisti del tardo Cinquecento e
sicuramente pu essere considerato, come accadde, il maggior pittore che in quel tempo lavorava in Italia
meridionale. Probabilmente, lo stesso Caravaggio si sent, a Napoli, vicino a Fabrizio Santafede che, prima di
lui, si era incamminato sulla medesima strada, pur non riuscendo a creare quello stile che, con lo studio
anche delle opere di Michelangelo, il Merisi, per primo, seppe perfezionare in modo geniale.
Una prova, seppur tenue, del legame tra i due artisti ci data dalla Madonna col Bambino e i santi
Benedetto, Mauro e Placido (vedi foto), una delle opere pi conosciute del Santafede, firmata e datata 1593.
Il drappo verde, retto dalla colonna sulla destra, che copre il paesaggio sullo sfondo, fu infatti,
evidentemente, dispirazione per il drappo, anchesso retto da una colonna, che, similmente, nasconde lo
sfondo nella celebre Madonna del Rosario, opera realizzata dal Caravaggio, intorno al 1607, proprio a Napoli,
circa dieci anni dopo lesecuzione della tavola del Santafede.

Non potendo supporre solo una mera coincidenza, si pu affermare che a Napoli il Caravaggio non smise di
studiare. Probabilmente attratto dallo stile di un maestro del calibro di Fabrizio Santafede, il Merisi guard
con interesse alle opere di un artista egregio che aveva tentato, come lui, di creare una maniera moderna,
come avrebbe detto Vasari, in cui il colore lombardo-veneto si sarebbe finalmente fuso con il disegno toscoromano. In ci il pur geniale Santafede riusc solo in parte; tocc al Caravaggio giungere infine alla meta.
certo, in ogni caso, che il pittore lombardo trov a Napoli campo fertile per le sue ricerche e nel Raffaello
napoletano un grande maestro, come lui, gi rivolto allormai imminente Barocco.
(Fonte foto: Rete Internet)

BORGHESE, Ippolito
Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 12 (1971)

di Oreste Ferrari
BORGHESE, Ippolito. - Mancano notizie biografiche di questo pittore, nativo di
Sigillo in Umbria, ma operante prevalentemente nell'Italia meridionale e morto prima
del 1630.
La pi antica opera che si conosca la Vergine del Purgatorio di S.Maria la Grotta a
Carpignano, in Puglia, datata 1601; del 1603 la grande Vergine Assunta della cappella
del Monte di Piet a Napoli.
In queste opere si riflette una strettissima adesione alla maniera di Francesco Curia,
sostenuta tuttava anche sii contatti diretti con le matrici culturali del Curia stesso, ossia
con le interpretazioni della tradizione formale baroccesca diffuse dai senesi Vanni e
Salimbeni. Sul filone di questa tradizione (che ai primi del Seicento trov a Napoli
terreno particolarmente fertile per attecchire, ed ebbe in G. Imparato il suo esponente
pi valido), il B. svilupp ulteriormente i propri caratteri stilistici, mescolando per
queste fondamentali persistenze manieristiche con saltuarie e piuttosto marginali prese
di contatto con la cultura dell'ambiente caravaggesco. Egli si affianc cos ai molti
pittori che, senza riuscire sostanzialmente a svincolarsi dalle consuetudini formalistiche
del tardo manierismo, tentavano comunque di accedere alle nuove tendenze
naturalistiche o, almeno, di irrobustire i propri mezzi espressivi traendo esempio dal
luminismo caravaggesco: e, sotto questo aspetto, l'arte del B. rispecchia in modo assai
significativo i contrasti e le tensioni e le intime contraddizioni del momento culturale in
cui si manifest.
Tappe essenziali di una lenta evoluzione nel senso indicato sono:
la Deposizione,firmata, del Museo di Capodimonte a Napoli e la Crocefissione del
duomo di Lucera, tuttora molto legate ai modi di Vanni e Salimbeni, e quindi la
grandeMadonna col Bambino e la Assunzione della curia vescovile di Sorrento,
ilS.Eustachio della basilica di S. Michele a Piano di Sorrento e la Madonna con il
Bambino e i ss. Filippo,Giacomo,Francesco e Tommaso della chiesa dei SS. Filippo e
Giacomo a Napoli.
Probabilmente intorno al 1617 torn in patria, visto che porta quella data
l'Annunciazione nella chiesa di S. Agostino a Sigillo. firmata, e nel cartiglio indicato
il nome del committente, fra' Graziano Graziosi agostiniano: secondo il Santi la figura
di laico rappresentata nel quadro potrebbe essere l'autoritratto del Borghese. Tre anni
dopo il B. risulta sempre attivo in Umbria, dove dipinse per lacattedrale di S. Lorenzo a
Perugia la pala della Vergine Assunta con gli Apostoli e s. Francesco, commissionatagli
da Pierantonio Ghiberti; secondo le antiche guide (Siepi) sarebbe stato eseguito dal B.
anche il ritratto dello stesso committente (morto nel 1627), sul sepolcro di questo che
pure nella cattedrale perugina: questa attribuzione appare meno problematica se
ravvicinata all'altro ritratto nella tela di Sigillo. Nel 1621, peraltro, l'artista era di nuovo
operoso nel Meridione, eseguendo la pala dell'altar maggiore della cattedrale di
Castellammare di Stabia e, poco dopo, l'Annunciazione della chiesa di S. Benedetto a

Manfredonia: opera, quest'ultima, in cui giunge al punto culminante il tentativo di


accostamento alle correnti di cultura pi avanzate e grazie alla quale si potuto
plausibilmente ritenere (D'Elia) che da questa fase estrema del B. abbia tratto origine la
formazione di artisti come Paolo Finoglia, che furono del tutto partecipi delle vicende
del "caravaggismo riformato" napoletano della prima met del Seicento.

Massimo Stanzione
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Ritratto di una donna napoletana in costume popolare (1635) - Fine Arts Museums di San Francisco

Giuditta con la testa di Oloferne (1630-35 circa) - Metropolitan Museum of Art diNew York

Massimo Stanzione (Frattamaggiore o Orta di Atella, 1585 circa Napoli, 1656 circa) stato un pittore italiano,
attivo principalmente a Napoli durante il periodo barocco.
Soprannominato il Guido Reni napoletano, fu uno dei pi importanti pittori della scuola napoletana del Seicento.
Le sue opere uniscono l'influenza della pittura emiliana del Reni e Domenichino con il tenebrismo del postCaravaggio.
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1 Biografia
2 Note
3 Bibliografia
4 Voci correlate
5 Collegamenti esterni
6 Altri progetti

Biografia[modifica | modifica wikitesto]


Nacque a Frattamaggiore[1] o a Orta di Atella[2]. La storia della sua formazione artistica pressoch incerta.
Probabilmente fu allievo diFabrizio Santafede e Battistello Caracciolo[3] per poi arricchire il suo stile a Roma,
quando vi si trasfer nel 1617 per soggiornarvi fino al1630. A Roma lo Stanzione si orient verso una pittura
eclettica che trova spunti in Michelangelo Merisi da Caravaggio, Guido Reni,Artemisia Gentileschi, Annibale
Carracci e Simon Vouet.[3]
Con la Gentileschi si instaur un importante sodalizio lavorativo basato sulla stima reciproca. Questo rapporto
artistico a quanto pare fu anche significativo nella crescita artistica dello Stanzione. Alcuni documenti dimostrano
che Stanzione e Gentileschi si trasferirono a Napoli nello stesso anno, 1630. Bernardo De Dominici descrive la
relazione tra i due come un "apprendistato informale". Il pittore napoletano sembra che accompagnasse la
collega per osservarla mentre dipingeva. Diverse volte collaborarono anche in alcune opere come la Nascita di
San Giovanni Battista per re Filippo IV in palazzo del Buen Retiro.
I suoi inizi come pittore si pensa che siano stati come ritrattista. Alcune delle sue opere pi famose includono
infatti il Ritratto di una donna napoletana in costume popolare, e il Ritratto di Jerome Bankes. Tuttavia l'attivit
del pittore napoletano non era incentrata su una sola caratteristica. I lavori pi importanti di Stanzione sono
infatti riconosciuti nelle grandi pale d'altare cos come nei cicli di affreschi per le chiese napoletane. Della sua
produzione si possono ricordare in questo senso gli affreschi e le tele per la cappella di San Mauro (1631-1637)
e per la cappella del Battista (1644-1651) nella Certosa di San Martino a Napoli. Inoltre si ricorda un dipinto
raffigurante San Patroba che predica ai fedeli di Pozzuoli, realizzato per la Cattedrale di Pozzuoli intorno

al 1650. Ancora, il ciclo di affreschi per la basilica di San Paolo Maggiore sempre a Napoli. Altra notevole opera
dello Stanzione un grande Sacrificio di Baccoche oggi si trova al Prado di Madrid insieme ad altri diversi dipinti
sulla Vita di San Giovanni Battista.
Attento comunque sempre alla produzione locale napoletana, apr ben presto un percorso che si affermer
nella pittura partenopeadel XVII secolo, divenendo di fatto uno dei principali pittori napoletani agli inizi del XVII
secolo. Ci dovuto alle sue pale d'altare, ai suoi cicli di affreschi ed alla sua scuola che lasci in eredit un
seguito di allievi e imitatori. Rivale artistico di Jusepe de Ribera, domin col pittore napoletano-spagnolo la
scena a Napoli.
La potenza del colore e il naturalismo dello Stanzione hanno avuto una grande influenza su altri artisti locali dei
periodi successivi: su tutti Francesco Solimena. Nel 1621 Papa Gregorio XV gli confer il titolo di cavaliere
dello Speron d'oro che in Spagna gli diede il titolo di Cavaliere Massimo.[3]
Nel 1627 invece ricevette da Papa Urbano VIII la carica di Cavaliere del Ges, carica conferitagli per meriti
artistici. Dove sia morto l'artista non si sa con certezza, se in una sua dimora all'Ascensione o in un'altra sua
abitazione alla Carit. Appare comunque evidente che, come accadde per altri pittori napoletani morti nello
stesso anno, le cause sono da ricercare nell'epidemia della peste del 1656.

Jusepe de Ribera
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Disambiguazione "Spagnoletto" rimanda qui. Se stai cercando altri significati, vedi Spagnoletto
(disambigua).

Jusepe de Ribera

Jusepe de Ribera, conosciuto anche come Jos de Ribera o col soprannome Spagnoletto (Xtiva, 17
febbraio 1591 Napoli, 2 settembre 1652), stato un pittore spagnolo, attivo principalmente a Napoli.
Fu uno dei massimi protagonisti della pittura europea del XVII secolo ed uno dei pi rilevanti pittori che
seguirono il filone delcaravaggismo. Assieme ad altri pittori dell'epoca, su tutti Luca Giordano, Massimo
Stanzione, Mattia Preti, Bernardo Cavallino e Battistello Caracciolo, fu uno dei pi rilevanti esponenti
della pittura napoletana seicentesca.
Il soprannome Spagnoletto, diffuso in Italia (nel secolo successivo fu anche il soprannome di un altro pittore,
il Crespi), derivava dalla sua bassa statura.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

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Gli inizi[modifica | modifica wikitesto]


Nato a Xtiva, vicino Valencia, nel 1591 da Simn de Ribera (calzolaio) e Margarita Cuc e fratello di Juan
(pittore anch'egli), inizi probabilmente l'apprendistato con Francisco Ribalta che nella citt valenziana aveva
una frequentata bottega.
Ben presto per il de Ribera avvert la necessit di andare in Italia, da sempre patria della grande pittura e di
muoversi sulle orme di Caravaggio. Inizi cos nel 1611 il suo viaggio, prima al settentrione,
da Cremona a Milano e a Parma sino a giungere a Roma dove l'artista entra in contatto con la pittura di Reni e
di Lodovico Carracci. Infine, molto probabilmente, raggiunse il sud Italia e si rec a Gallipoli dimorando
nell'antico palazzo Assanti-Aragona (oggi conosciuto come Palazzo Gallo). Ma per trovare le tracce pi
consistenti, quelle del periodo pi tragico ed intenso del Caravaggio bisognava andare a Napoli. Le prime opere
del Ribera documentate e certe riguardano le tele sui cinque sensi che oggi sono sparse oggi in quattro musei
stranieri e che rappresentano il passaggio di Ribera da Roma a Napoli.

A Napoli[modifica | modifica wikitesto]

Sileno ebbro (1626). Galleria nazionale di Capodimonte, Napoli

Martirio di san Filippo (1639).Museo del Prado, Madrid

Nellestate del 1616 lo Spagnoletto sbarca all'ombra del Vesuvio. Si trasferisce subito in casa dell'anziano pittore
e guappo dei quartieri spagnoli Giovanni Bernardino Azzolino e dopo appena tre mesi, de Ribera sposa
Caterina, la figlia sedicenne di quest'ultimo, da cui avr sei figli. Le prime opere del pittore nella
citt partenopea vedono la riproduzione in due periodi distinti dei dodici apostoli e del Cristoflagellato, tutte
opere conservate oggi nella quadreria dei Girolamini. Tuttavia oggi rimangono solo tre tele del primo nucleo
risalente al 1616 (San Pietro, San Paolo e San Giacomo Maggiore), mentre altre due risalgono al secondo
gruppo eseguito qualche anno dopo (Sant'Andrea e Flagellazione di Cristo). Sempre di questo periodo fanno
parte le tele realizzate per il vicer Duca di Osuna: San Girolamo e l'angelo, San Paolo penitente, San
Sebastiano, Crocifissione ed il Martirio di San Bartolomeo (tutte del 1620).
In pochi anni lo Spagnoletto acquista una fama europea facendo uso della tragicit del Caravaggio, suo punto di
forza. Inizia anche un'intensa produzione che non lo mantiene lontano dalla sua Spagna, dove comunque
continuava a spedire opere. Il tema pittorico si fa pi crudo e realistico e nascono cos opere come il Sileno
ebbro, 1626, oggi al museo di Capodimonte ed Il Martirio di Sant'Andrea, 1628, al Szpmvreti
Muzeum di Budapest, solo per citarne alcune. Si accende in quel periodo la rivalit tra lui e l'altro grande
protagonista delseicento napoletano, Massimo Stanzione.
Negli anni Trenta sub l'influenza di artisti come Van Dyck e Guido Reni e perfezion il suo stile. Esegu in questi
anni capolavori assoluti ospitati oggi in diversi musei nel mondo. Dall'Adorazione dei
Pastori del Louvre al Matrimonio mistico di Santa Caterina conservato alMetropolitan Museum di New York, o
alle opere in Capodimonte, a quelle di San Pietroburgo o a quelle del Prado. Il decennio che va dagli
anni trenta fino ai quaranta fu il pi prolifico per il Ribera. Compose in questo periodo essenzialmente temi
religiosi: la Sacra Famiglia con i santi Bruno, Bernardino da Siena, Bonaventura ed Elia (1632-1635) al palazzo
Reale di Napoli, la Piet al museo di San Martino, ilMartirio di San Bartolomeo (1639) e il Martirio di San
Filippo (1639) entrambe al Prado di Madrid. Non tralasci anche opere profane, come le figure dei filosofi o
la Maddalena Ventura con il marito e il figlio (1631).
A Napoli, il pittore si impegn nella monumentale opera di decorazione della Certosa di San Martino, portata a
compimento in cinque anni (1638-1643). Per il luogo di culto partenopeo, Ribera aveva gi scolpito la Piet nel
1637. Nel 1638, sempre per la Certosa, gli fu commissionato il dipinto Comunione degli apostoli, terminato
tredici anni pi tardi e caratterizzato da un approfondimento psicologico dei personaggi.[1]

Gli ultimi anni[modifica | modifica wikitesto]


L'ultima parte della sua vita segnata tragicamente dalla malattia che di fatto riduce drasticamente il numero di
opere eseguite. Gli anni 40 sono segnati da un ritorno alla sua prima fase compositiva, tenebrosa e cupa,
abbandonando le luci assimilate dal Reni. In questo periodo fu maestro di Luca Giordano e fu oggetto di
scandalo secondo cui una figlia del Ribera intratteneva una relazione illecita con don Giovanni d'Austria. Tra le
opere composte in quest'ultima fase si ricordano: la Testa del Battista (1646) e Santa Maria Egiziaca (1651),
entrambe al museo civico Gaetano Filangieri, il San Girolamo scrivente (1651) alla galleria nazionale di
Capodimonte, o il San Girolamo penitente al museo del Prado.
Jusepe de Ribera mor nel 1652 e fu sepolto, come confermato dai documenti, nella chiesa di Santa Maria del
Parto a Mergellina, nell'omonimo quartiere di Napoli. A causa dei rimaneggiamenti apportati alla chiesa, tuttavia,
dei suoi resti oggi non rimasta traccia[2].

Francesco Guarini
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Santa Cecilia martire, Museo di Grenoble

Giuditta, collezione particolare

Santa Cecilia

Francesco Guarini (Solofra, 19 gennaio 1611 Gravina in Puglia, 23 novembre 1651) stato
un pittore italiano del periodo barocco.
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1 Biografia

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Rappresentante della pittura napoletana seicentesca, Francesco Guarini nacque a Sant'Agata di sopra (oggi
Sant'Andrea Apostolo, frazione di Solofra), nel 1611. Figlio di Giovanni Tommaso Guarini, anch'egli pittore, si
spost a Napoli[1] dove fece esperienza, fino al1628, presso lo studio di Massimo Stanzione, seguace
del Caravaggio.
La vita di Francesco Guarini, volgarmente detto Ciccio Guarino, fu breve ed operosa, le prime conoscenze
dellarte apprese, derivano dal padre Giantommaso, come testimonia lopera a quattro mani della parrocchia di
SantAndrea Apostolo, la Madonna del Rosario (siglata G.T.F. e datata 1634). Il dipinto si caratterizza per una
iconografia tradizionale della Vergine col Bambino e santi animati da una gestualit tardo-cinquecentesca, ma al
contempo mostra caratteri stilisti, quelli di Francesco, vicini al caravaggismo di Filippo Vitale e alle opere pi
antiche di Massimo Stanzione.
Il 25 febbraio 1636 Giovan Tommaso, ormai prossimo alla morte, con un documento legale emancip il figlio
Francesco, conferendogli la responsabilit della bottega; nello stesso anno, il 3 marzo, il pittore venticinquenne
firm il contratto per la realizzazione di ventuno tele per il soffitto del transetto della Collegiata di Solofra, dove il
padre aveva gi realizzato alcune tele per la decorazione del soffitto della navata centrale, con scene del
Vecchio Testamento. Con questa commissione Francesco Guarini pu essere annoverato tra i principali pittori
napoletani di seconda generazione seicentesca. Le parti autografe di Francesco sono di una qualit esecutiva
talmente alta da rappresentare una frattura netta con i metodi da decoratore devoto del padre Giovan
Tommaso. In tutto il gruppo delle prime opere della Collegiata Guarini esprime un caravaggismo impassibile, in
cui la funzione narrativa affidata alle luci, ai dettagli di natura morta.[2]
Intorno al 1642-43 lartista lavor per la chiesa di SantAntonio Abate a Campobasso: per laltare del santo
omonimo nove piccole storie intorno ad una statua cinquecentesca del santo, sullaltare dedicato a San
Benedetto questultimo che esorcizza un frate ossesso ed una Piet come cimasa. Lintaglio delle parti lignee
dei due altari, nonostante le depauperazioni subite, sembra stilisticamente vicino ai modi tardo cinquecenteschi
dellintaglio solofrano. Dunque non escluso che Guarini abbia fornito ai suoi committenti molisani un servizio
completo, avvalendosi della bottega paterna per le parti plastiche.[3]
Guarini stringe poi rapporti di committenza con la famiglia Orsini, allepoca feudatari sui territori di Solofra. Per
gli Orsini realizza laMadonna del Rosario (1644-49) per il convento di San Domenico Maggiore a Solofra.
Secondo quanto ricorda Bernardo De Dominici, Guarini si trasferisce poi a Gravina di Puglia, centro della
potenza economica del ramo meridionale dellantica famiglia Orsini.[4]
A Gravina il Guarini prosegu una florida attivit lavorativa per la famiglia Orsini e le varie chiese del territorio,
diventando una figura determinante per la pittura del Seicento di quei territori. Dipinse, oltre a ritratti e scene

sacre per gli Orsini, la pala daltare dal titolo laMadonna del Suffraggio (1649-50 circa), per la chiesa di famiglia
di Santa Maria del Suffraggio. La struttura compositiva del gruppo della Madonna con Bambino ripresa dalla
Madonna delle Anime Purganti di Massimo Stanzione a Napoli, per la chiesa di Santa Maria delle Anime del
Purgatorio ad Arco. Guarini realizz, in modo pi articolato rispetto al prototipo di Stanzione, la complessa
manovra degli angeli che sollevano le anime del purgatorio verso il cielo e langelo di spalle che eleva il
possente nudo maschile parzialmente in ombra. Quest'opera rappresenta una delle pi potenti espressioni
dellarte matura del Guarini.[5]
Proprio nel momento in cui i primi passi della carriera ecclesiastica di Pier Francesco Orsini, futuro papa
Benedetto XIII, avrebbero potuto aprire altre porte alla creativit del Guarini, fornendogli svariate committenze,
egli muore. La causa della morte viene raccontata dal De Dominci nelle Vite: Francesco Guarini era innamorato
di una giovane donna sposata; quando questa fu uccisa dal marito disonorato, il pittore si abbandon a s
stesso, morendo nel novembre del 1651. Questa una delle ipotesi; anche probabile che la morte dellartista
sia stata causata da un incidente o da una improvvisa malattia. La sua morte lasci nel cordoglio pi vivo gli
Orsini che gli riservarono fastose esequie.
Allievo di Francesco Guarini fu Angelo Solimena, padre di Francesco Solimena.

Il dibattito sul cognome[modifica | modifica wikitesto]


Non si sa ancora con precisione quale sia lultima vocale del cognome originario dellartista. Se pur tale dibattito,
riaperto in occasione dei festeggiamenti per i quattrocento anni dalla nascita del pittore solofrano (1611-2011),
sembrava convergere verso la definitiva scelta del Guarini, alcuni studiosi ribadiscono la tesi che sia invece
opportuno chiamarlo Guarino. Nelle pubblicazioni di autori vari vengono utilizzate entrambe le definizioni, di
conseguenza possibile definirlo sia Guarini che Guarino, senza commettere errore.

Francesco
Guarini
Solofra 1611-Gravina di Puglia 1651

Un rappresentante della pittura napoletana del Seicento di influsso caravaggesco


Abbandon la scuola manieristica della bottega paterna

Caratteristiche della pittura guariniana

LAnnuncio a Maria della resurrezione di Cristo (1642).


Opera matura in cui sono privilegiate le figure in primo piano, con
pochi elementi che definiscono linterno del quale sono visibili solo il
pavimento, linginocchiatoio ed una sedia di paglia descritta con
esattezza come tutti i brani di natura morta del Guarino. Un aspetto
peculiare della composizione nella contrapposizione frontale delle due
figure principali che appaiono quasi di profilo rispetto allo sguardo
dello spettatore. La gamma cromatica estremamente luminosa con
straordinari brani di pittura nella descrizione delle ali dellangelo e

delleffetto cangiante deltaffetas della sua tunica, ed anche nelle sottili


creste di giallo vivo che conferiscono riflessi serici (da Lattuada).

Liberazione di San Pietro (1632)


tra i dipinti del Transetto della Collegiata diSolofra meglio
conservati. Mette in rilievo la fase caravaggesca del Guarino nella
figura del prigioniero a dorso nudo sulla destra. AlRibera si
richiamano i dormienti sulla sinistra, luso di una pittura fatta di pochi
ed essenziali accenti cromatici in grado di rendere effetti luminosi come
la brillantezza della pelle rugosa e limpatto della luce sul volto e sulla
barba di S. Pietro (da Lattuada).

Particolare del Transito di S. Giuseppe

chiaro linflusso del Caravaggio di cui il Guarini segu il "realismo" e il grande ruolo
dato alla luce e al colore.
Riusc ad unire le istanze delle scuole del Ribera e dello Stanzione con un linguaggio
pittorico nuovo, disadorno, rude e semplice che gli ha fatto acquistare un posto di primo
piano nella pittura di derivazione caravaggesca napoletana.
Nella sua pittura ci fu un periodo stanzionesco, uno in cui segu la scuola del Ribera,
quando si ebbe la sua migliore produzione, ed un ultimo in cui riprese la
maniera stanzionesca con un maggiore naturalismo.

*******
Le sue opere migliori sono le tele del transetto
della Collegiata di S. Michele Arcangelo
*******
In queste tele il Guarini elabor una poetica personale dando
lavvio alla "nuova pitturaguariniana", che seguiva la parte pi
rivoluzionaria della pittura del Caravaggio e che fu definita
"polemica".
Sono il documento di una condizione sociale in fallimento,
denunzia di una ingiustizia sovrumana, interpretazione di un
mondo che si avviava al tramonto.
In questi capolavori lartista rappresent vecchi pezzenti ricoperti di
lane pesanti o di pelli pecorine, pastori assonnati e seminudi,
patriarchi, madonne, santi ritratti nellesperienza quotidiana, figure
tolte dalla bottega artigiana e dalla strada, messe unarchitettonica
ridotta, ed espresse con una poesia semplice e rude, un attento

interesse al ritratto, una pennellata densa fatta di grandi macchie di


luci e di ombre che fanno del Guarini una personalit di livello
artistico diverso dai suoi maestri.

LAnnuncio ai pastori lopera pi paesana e significativa del Guarini pittore del suolo
natio, memore degli umili pastori, dei conciatori di pelli e dei fabbricatori di cotti.
Il sogno di Giuseppe con figure solidamente costruite, essenziali, scabre, primitive.
La visione che precede la fuga in Egitto espressione di unarte che trasforma in poesia la
vita quotidiana e colloca questa violenta visone al di l delle ricerche del Ribera.
LAnnuncio a Maria, una pagina di realistica e rude poesia.
.
La Circoncisione (1635) mette ancora
pi in risalto il momento polemico della
pitturaguariniana e accosta lartista ai
ribelli naturalisti del suo tempo.
Una
delle
opere
fondamentali
delliter delGuarini in cui pi forte il
legame stilistico col Ribera come gli astanti in
secondo piano. La gamma cromatica
piuttosto vivace. Il prezioso broccato del
sacerdote inginocchiato a sinistra, dalle cifre
ampie e sontuose memoredi analoghe
soluzioni
decorative
di BattistelloCaracciolo. Anche se c una fitta
quinta di personaggi a sinistra che danno
profondit alla scena, il dipinto si concentra
sui personaggi principali la cui dimensione
occupa quasi tutto lo spazio visivo. Emergono
in
tutta
la
loropotenza
i forti
accenti ritrattistici dei volti dei protagonisti,
anchessi partecipi di quella attenzione alla
senescenza eroica introdotta dalRibera nella
pittura napoletana del primo seicento
(da Lattuada).

Particolare della Visione di


Zaccaria
La poderosa figura di popolana che allatta,
vigorosamente naturalistica, costituisce un
notevole esempio di lettura al naturale del
patrimonio
figurativo dello Stanzione (Lattuada).

____________

La Sine macula (1642), espressione di una nuova


ricerca stilistica e coloristica, in cui lartista si
distacca dalle correnti naturalistiche della pittura
napoletana e d inizio alla fase matura della sua
opera.
Opera commissionata dalla Congrega dei Bianchi annessa alla Collegiata. Olio
su tela (242x161).

Altre tele sono: LAnnunciazione, le tre pale rappresentanti la Madonna del Rosario (in S.
Domenico in Solofra, in Materdomini e in casa Di Donato) delle quali la migliore la prima,
commissionata al Guarini dalla Principessa Dorotea Orsini; due tele del soffitto di S. Agata,
eseguite subito dopo i teloni sammicheliani e commissionate dal principe
Marino Caracciolo di Avellino, il quale, dopo aver visto "con infinita meraviglia quel soffitto
bellissimo, amb averne anchegli uno di pregio non minore nella chiesa diSantAgata" (Il
taglio delle mammelle e Martirio sulle braci), dove ripresa la ricerca naturalistica degli
anni migliori che le colloca tra i capolavori; la Maddalena in estasi; ilSacrificio
dIsacco; La Vendita di Giuseppe che si riallaccia, nei colori violenti e nella vitalit delle
figure dense pittoricamente, al primitivo momento naturalistico.
Nellultimo periodo il Guarini si avvicin ancora di pi allo Stanzione con opere
che sono rielaborazioni del maestro, ma dove ci sono i segni dellantica poetica. Il Transito
di San Giuseppe (Chiesa di S. Diego in Napoli) e una sua seconda edizione nella chiesa di
S. Sossio in Serino che pu definirsi un tardo capolavoro; la Madonna del
Suffragiodella omonima chiesa di Gravina, opera forte energica, espressiva, tormentata.

Approfondisci
Cronologia guariniana
Il sonetto dedicato da Carmine Troisi all'artista

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Pagine dedicate a Francesco Guarini


Da M. Grieco, Francesco Guarini da Solofra nella pittura napoletana del 600, Avellino,
1963.
V. pure: R. Lattuada, Francesco Guarino da Solofra nella pittura napoletana del
Seicento (1611-1651), Napoli, 2000.
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Per prelievi totali o parziali citare gli studi indicati
.

Cronologia guariniana
.
19 gennaio 1611 nasce a S. Agata di Solofra da Giovan Tommaso e Giulia Vigilante.
25 febbraio 1636 viene emancipato dal padre.
3 marzo 1636 firma il contratto per i dipinti della Collegiata.
1637 firma La sacra famiglia appare a due frati carmelitani (Zurigo)
1637 firma lAnnuncio a Zaccaria della Collegiata di S. Michele Arcangelo.
1641 chiede i voti dellordine minore.
2 marzo 1642 riceve lincarico del Martirio di S. Andrea e della Resurrezione.
1642 firma lAnnunciazione della Collegiata.
1642 firma lIncontro tra SantAntonio Abate ed il centauro della chiesa di S. Antonio
abate di Campobasso.
1643 firma il S. Benedetto esorcizza un frate ossesso di S. Antonio abate di Campobasso.
5 maggio 1644 Onofrio Giliberti gli dedica la sua opera Il vinto Inferno da Maria dove egli
scrive un elogio agli Orsini.
1644 firma la Madonna del Rosario di S. Domenico di Solofra.
1645 firma la Madonna del Rosario e Santi a S. Maria Materdomini di Nocera Superiore.
23 novembre 1651 muore a Gravina.

Andrea Vaccaro, un grande pittore napoletano criticato e dimenticato


08 maggio 2014
Francesco Pipitone
I figli illustri di Napoli

Andrea Vaccaro Ges e San Giovanni il Battista: il Battesimo

Il 600 stato un secolo doro per larte pittorica della citt di Napoli, perch in quel secolo
nata la cosiddetta pittura napoletana, che si estende su un arco di tempo che va proprio dal
Diciassettesimo secolo fino alla met del Novecento. Un anno che sicuramente bisogna
ricordare il 1606, quando Caravaggio giunse nei Quartieri Spagnoli per rifugiarsi dalla
condanna a morte che lo aveva colpito nello Stato Pontificio: da allora in tutti i pi grandi pittori
napoletani sar pi o meno evidente linfluenza del pittore la cui fama era grande in tutta la
penisola italiana.
Uno degli esponenti della pittura napoletana stato Andrea Vaccaro (che si deve distinguere da
altri due artisti, padre e figlio, che portavano il suo stesso cognome, Lorenzo e Domenico
Antonio), il personaggio di cui ci occupiamo oggi per la rubrica Figli illustri di Napoli. Nato
a Napoli l8 Maggio 1604, artista quasi dimenticato, il quale ha ricevuto ben poca attenzione
dalla critica che lo ha quasi sempre liquidato come pittore abile, in grado di raggiungere alti
livelli, mamediocre, dato che non possedeva uno stile proprio, limitandosi a prendere e
rielaborare lo stile e le forme degli altri grandi artisti; un giudizio sul quale influisce il fatto di
essere stato allievo di Tommaso Passaro, un copista di Jusepe de Ribera (detto Spagnoletto
per la statura bassa e per lessere napoletano dadozione nato a Valencia). Un giudizio troppo
severo nei confronti di Andrea Vaccaro, il quale pur non raggiungendo e non avendo il talento

dei suoi pi celebri contemporanei, tra i quali Luca Giordano, Massimo Stanzione, Salvator
Rosa, Francesco Solimena e lo stesso Spagnoletto, resta uno dei pi grandi esponenti di quello
che gli studiosi chiamano naturalismo classicizzato, quella corrente cio interpreta il
naturalismo di Caravaggio in chiave classica.

Andrea Vaccaro Rebecca al pozzo

Leclettismo di Andrea Vaccaro, contraddistinto da pacatezza, regolarit, tranquillit, privo (e


questa una delle maggiori critiche rivoltegli da molti critici) dellespressivit e della sregolatezza
ad esempio di Massimo Stanzione, gli consentirono di avere molto successo in fatto di
commissioni in quel periodo che era di Controriforma Cattolica, il quale perci si conciliava
bene con le interpretazioni del Vaccaro, e i temi religiosi infatti erano quelli affrontati dal pittore
nella grande maggioranza dei casi. Un modo di dipingere perfettamente funzionale allintento
dellartista, quello di infondere la pace e la devozionenellanimo di chi guarda, spesso turbato
dal clima controriformistico di intimidazione, violenza, terrore; i dipinti di Andrea Vaccaro
erano capaci di assopire i turbamenti e le turbolenze soprattutto spirituali dei fedeli. Questo
il motivo per cui il pittore non merita assolutamente di essere considerato mediocre, dovendo
al contrario essere rivalutato; ecco perch, a mio avviso, il Vaccaro ha vinto.

Prti, Mattia, detto il Cavalier Calabrese


Enciclopedie on line

Prti, Mattia, detto il Cavalier Calabrese. - Pittore (Taverna 1613 - La


Valletta1699). Personalit complessa, ebbe una sostanziale organicit di stile. Il suo
eclettismo apparente dato, infatti, dal desiderio di raggiungere rapidamente larghi
effetti decorativi sulla traccia dei Veneti dell'ultimo Cinquecento; l'elemento vitale del
suo stile sta invece nel proporsi, con chiara visione pittorica, il fondamentale problema
chiaroscurale, che, sulle orme del Caravaggio, attraverso G. B. Caracciolo (il Battistello),
da un lato, e il migliore Guercino e il Lanfranco, dall'altro, rappresent sempre la
ragione prima della sua arte. Il suo luminismo si attua (anche attraverso complessi
propositi di composizione) sempre pi decisamente nelle tele raccolte, dove la
costrizione dello spazio sembra intensificare nella fantasia dell'artista, nello stesso
tempo, il valore chiaroscurale e il sentimento drammatico.
Quel che pi conta in lui, sempre una particolare esigenza di semplificazione, che,
provenendo dalla riforma caravaggesca, assume attraverso il Battistello una materia
pittorica pi ricca, dal Guercino invece una mobilit di chiaroscuro, del tutto diversa,
per, dalla stessa maniera del maestro. Una certa rudezza quasi paesana, unita a una
spontanea larghezza di squadro nel comporre fanno comunque di lui uno dei pi grandi
pittori italiani del Seicento.
VITA E OPEREGiunse a Roma (dopo il 1630) dove gi si trovava il
fratello Gregorio (Taverna 1603circa - Roma 1672), anch'egli pittore, il quale
rappresent per il giovane Mattia il tramite per la conoscenza della pittura bolognese
del Seicento. In un primo decennio d'attivit pare che l'artista si fosse dedicato quasi
unicamente al disegno, accanto alle fruttuose esperienze dell'affresco nella profonda
comprensione del Lanfranco, della quale sarebbero rimaste in lui tracce sicure. A

Roma, tornato dalle sue peregrinazioni artistiche nel 1640, entr in contatto con gli
ambienti dell'aristocrazia e fu insignito del cavalierato d'ubbidienza dell'ordine
gerosolimitano. Le prime opere dimostrano un'adesione al caravaggismo
nell'interpretazione di B. Manfredi e del Valentin (Partita a dama, Oxford, Ashmolean
Museum), presto arricchita dallo studio della pittura neoveneta e dall'interesse per
l'opera di G. Lanfranco, Domenichino, Guercino (Incredulit di s. Tommaso, Vienna,
Kunsthistorisches Museum; Clorinda libera Olindo e Sofronia,1640-45, Genova,
Palazzo Rosso; stendardo dell'abbazia di S. Martino, 1649, S. Martino al Cimino). Nel
periodo 1640-45 forse da collocarsi un viaggio di studio in Italia settentrionale e in
particolare a Venezia, dove P. pot avere visione diretta dell'opera di Tiziano e P.
Veronese. Degli anni Cinquanta sono importanti commissioni pubbliche (a Modena,
affreschi in S. Biagio, 1652 circa). La sua nomina nella congregazione dei Virtuosi del
Pantheon (1650) coincise con l'esecuzione degli affreschi monumentali del coro e della
tribuna di S. Andrea della Valle a Roma, che sembra fossero terminati nel 1651. Accanto
alle opere del Domenichino e del Lanfranco, le tre grandi pitture, che rappresentano il
martirio, la crocifissione e il seppellimento di S. Andrea, s'impongono per solidit tutta
nuova e larghezza di stile. La composizione in diagonale, sottolineata dai corpi, la scelta
di semplici assi prospettici, la bella materia pittorica, l'ariosit delle scene sono
elementi che pongono l'artista ben alto nell'arte del suo tempo. Nel 1653 si trasfer a
Napoli, dove rimase fino al 1660; qui esegu dipinti di matrice caravaggesca, mediata
attraverso B. Caracciolo e M. Stanzione, e studi l'opera napoletana di Lanfranco, in
uno stile sempre caratterizzato dalla libera padronanza dei diversi linguaggi acquisiti (S.
Sebastiano, Museo nazionale di Capodimonte; affreschi ex voto per la peste, 1656-59,
bozzetti al Museo nazionale di Capodimonte; ciclo di dipinti in S. Pietro a Maiella, 165759 e in S. LorenzoMaggiore, 1660). Lo stile maturo di P., in relazione reciproca con L.
Giordano, fu fondamentale per lo sviluppo della pittura tardobarocca napoletana.
Dal 1661, dopo un breve viaggio a Roma (affreschi della Stanza dell'Aria in palazzo
Pamphili a Valmontone), fu a Malta, dove ottenne il titolo di Cavaliere di grazia
dell'Ordine di S. Giovanni e divenne pittore ufficiale dell'Ordine (decorazione di S.
Giovanni a La Valletta, 1662-66). Lavor con grandissimo fervore: dipinse, con una
preparazione a olio, direttamente sulla parete, l'abside, la vlta e il lunettone della
grande chiesa di S. Giochiesa per ottenerne pi luce e maggior agio a dipingere, e vi
raffigur il Trionfo dell'ordine dei Cavalieri, scene della vita di S. Giovanni, protettore
dell'ordine, e i principali martiri-cavalieri; invi numerose tele da La Valletta in Italia,
in Spagna, in Germania; venne incaricato dalle confraternite locali e da aristocratici
committenti di dipingere i quadri d'altare per numerosissime chiese in citt e
nell'interno dell'isola. L'opera del periodo maltese, caratterizzata da una concezione
barocca dello spazio e dall'uso di un luminismo diffuso e di un colore denso (Cristo in
gloria e santi, Prado; Convito di Assalonne,Ottawa, National Gallery) si orient nella
fase tarda all'impiego di una tavolozza pi ristretta (dipinti nella chiesa di Sarria, 167678, Floriana e nell'oratorio della Decollazione, 1683, S. Giovanni, La Valletta). Opere di
P. si trovano in quasi tutte le gallerie del mondo: la sua facilit nell'impiantare larghe
tele da cavalletto e la ripetizione di schemi compositivi, con lievi varianti, in pi quadri,
gli permisero di dipingere un enorme numero di opere di carattere monumentale e
decorativo.

Francesco Di Maria
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Il Salvatore, Museo del Monte di Piet, Napoli

Francesco Di Maria (Napoli, 1623 Napoli, 1690) stato un pittore italiano del periodo barocco.

Vita[modifica | modifica wikitesto]


Francesco Di Maria nasce a Napoli nel 1623 circa, entr nella bottega del Domenichino durante il soggiorno
napoletano del pittore emiliano fra il1630 e il 1640. Lo stile classicista del maestro lo influenz fortemente in tutto
il suo periodo giovanile. Durante una permanenza a Roma, dove figura tra i soci dell'Accademia di San Luca,
venne in contatto con il gusto dei grandi barocchi della capitale dominato, al tempo, dalle opere diPietro da
Cortona e di Andrea Sacchi e fu influenzato da Nicolas Poussin.
Celebre stata la sua disputa con Luca Giordano, riportata da vari saggi storico-artistici, come quello dellAbate
Lanzi, ma soprattutto dal De Dominici nella sua Storia de pittori, scultori e architetti napoletani (1742).
Il Di Maria, divenuto accademico di San Luca, insegnante di disegno, non apprezz la svolta giordanesca di
privilegiare il colore al disegno, entrando in una disputa accademica tra i fautori della sua posizione, appoggiato
da Andrea Vaccaro con il quale fond l'Accademia del nudo, e i seguaci dello stile del Giordano che
aumentavano di numero e non rispettavano le regole imposte dal classicismo di Domenichino, ancora un faro
per il Di Maria. Lo stesso Francesco Solimena, il suo allievo pi prestigioso, lasci il Di Maria per accedere alla
bottega di Pietro e Giacomo del P, definendo Francesco Di Maria:
uomo troppo difficoltoso, e sofistico in maniera di pittura
(Bernardo De Dominici, Vite dei pittori, scultori ed architetti napoletani, 1742, p. 408)

Francesco Di Maria non esit a definire quella del Giordano:


la scuola ereticale, che faceva traviare dal dritto sentiero, con la dannata libert di coscienza
(p. 139)

Ma Luca Giordano gli rispose per le rime definendo Di Maria e i suoi seguaci "Ebrei ostinati, fissi nei rancidumi
di loro legge" (p. 139)
Tornato a Napoli ebbe commissioni per palazzi della nobilt e chiese napoletane. Un suo lavoro, a pi mani
con Fedele Fischetti e Giacomo del P, nel Palazzo Carafa di Maddaloni.
Francesco Di Maria influenz e fu amico, a Roma, di Salvator Rosa, molti suoi disegni e pitture sono presesnti
anche nelle collezioni medicee e comprate per le collezioni inglesi.
Fra i suoi allievi, oltre il Solimena, si ricorda anche Paolo De Matteis. Mor a Napoli nel 1690 e fu sepolto nella
scomparsa chiesa di San Giuseppe Maggiore.

Luca Giordano
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Pio Monte della Misericordia, Napoli -Autoritratto

Luca Giordano (Napoli, 18 ottobre 1634 Napoli, 12 gennaio 1705) stato un pittore italiano, attivo soprattutto
a Napoli, Firenze,Madrid e Roma.
conosciuto anche con il soprannome di "Luca Fapresto" ("Luca fai presto"), soprannome datogli mentre stava
lavorando nella chiesa di Santa Maria del Pianto a Napoli, quando dipinse in soli due giorni le tele della crociera.
Il soprannome era tuttavia dato anche per la sua sorprendente velocit nel copiare i grandi maestri
del Cinquecento, tra cui Raffaello e Annibale Carracci, ma guardando anche aGiovanni Lanfranco e Pietro da
Cortona.
Indice

Biografia[modifica | modifica wikitesto]


Gli inizi a Napoli[modifica | modifica wikitesto]
Luca Giordano nacque a Napoli il 14 ottobre 1634 da Antonio, modesto pittore, e da Isabella Imparato, e fu
battezzato nella Chiesa di Sant'Anna di Palazzo.

Le prime opere del Giordano risalgono agli anni '50 del XVII secolo, segnate da una profonda influenza che la
pittura napoletana sub dopo il passaggio di Caravaggio; si pensi alCristo e l'adultera (1653). Successivamente, i
biografi del tempo riferiscono che il padre lo mand a disegnare le opere pi rare delle chiese e gallerie
di Napoli e che poi lo condusse con s a Roma per farlo studiare le opere antiche e degli uomini insigni.

A Roma e Venezia[modifica | modifica wikitesto]

Crocifissione di San Andrea(1655)

Apprendista presso Josep de Ribera a Napoli per nove anni, si perfezion a Roma nel disegno. In giovane et
frequent Pietro da Cortona e altri pittori della corrente neo-veneta. Nei soggiorni di Roma entra in contatto con i
capolavori di Michelangelo, Raffaello, dei Carracci eCaravaggio, applicandosi a disegnarli. Tuttavia, non
contento di ci che gli offriva Roma, volle trasferirsi in Lombardia. Vide perci a Parma le opere del Correggio e
del Veronese.
Resta un evento, meglio contestualizzato a posteriori dalla critica, il soggiorno a Venezia (1653 e 1667): oltre
alle prime commissioni pubbliche, i quadri del Giordano risultarono "rinfrescati" dalla luce e dal colore dei quadri
dei vedutisti veneziani. Quando tra il 1662 e il 1664 il marchese Agostino Fonseca ordin sei quadri tramite i
suoi intermediari a Napoli, egli si present a Venezia con i connotati "ribereschi".
Tra la fine del 1664 e gli inizi del 1665 il Fonseca invit Giordano a Venezia. In questo viaggio di lavoro
produsse varie opere per privati e per edifici di culto, assecondando i desideri della committenza. Si procur,
inoltre, in questo periodo altre commissioni, come la pala conl'Assunzione della Vergine per la chiesa di Santa
Maria della Salute che sar eseguita nel 1667 e spedita da Napoli dove era tornato nell'estate del 1665.

Ancora a Napoli[modifica | modifica wikitesto]


Questi viaggi consentirono al pittore di approfondire la propria carica espressiva in direzione veneta e di tradurre
in pittura, con notevole fantasia e creativit, la moderna concezione barocca con la variet e la vastit della
Natura e dell'Universo, l'illimitata estensione del tempo e dello spazio, l'infinit continuit di ogni vicenda umana.
Giordano riusc a tradurre fantasticamente in trasparenze luminose e immagini variopinte l'inarrestabile
spettacolo di luci, forme e colori attraverso cui realt naturale e mondo spirituale si manifestavano agli occhi e al
cuore prima che alla mente e alla ragione; da napoletano inquieto e sognante riusc a riprodurre in pittura realt
e fantasia, natura e immaginazione, sensazioni ed emozioni.
Nel 1671 chiamato ad affrescare la cupola della Chiesa di San Gregorio Armeno, nel 1677-1678 la volta
della chiesa dell'Abbazia di Montecassino, nel 1678 la cupola di Santa Brigida, nel 1679 la navata di San
Gregorio Armeno, che richiesero la collaborazione di pi allievi e il supporto dei modelli ribereschi, rubensiani,
veronesiani e cortoneschi, che aveva sedimentato nel corso degli ultimi anni. Tra il 1663 e il 1678 molte opere di
carattere profano di Giordano furono ordinate o acquisite a Napoli da privati collezionisti italiani, fiamminghi o
spagnoli e nel 1677 diversi suoi dipinti giunsero a Firenze.
Il 19 gennaio 1664 suo fratello Nicola gli don un appezzamento di terreno dell'estensione di 5 moggia nelle
pertinenze di San Giorgio a Cremano, citt alle porte di Napoli. A questo il pittore aggiunse nel 1669 un altro
terreno di 26 moggia con casa, cantina e attrezzature vinicole, e nel 1690 fece erigere a sue spese, la cappella
di Santa Maria del Carmine sullo stesso fondo di sua propriet, a pochi metri dalla sua casa padronale
vacanziera (l'attuale Villa Marulli).

Gli anni fiorentini[modifica | modifica wikitesto]

Giove e l'Apoteosi dei Medici(Galleria di Luca Giordano di Palazzo Medici Riccardi)

L'interesse che la pittura di Giordano aveva suscitato tra gli intenditori di Firenze aveva portato Filippo
Baldinucci a richiedere all'artista laRelatione del 1681; successivamente ci furono un soggiorno a Firenze ed una
grande quantit di commissioni tra cui l'affresco nella cupola della Cappella Corsini e la decorazione, da parte
del marchese Francesco Riccardi, dei nuovi ambienti del palazzo costruito da Michelozzonel Quattrocento
per Cosimo de' Medici (Cosimo il Vecchio). I bozzetti di questo lavoro sono nella National Gallery di Londra.
I lavori iniziati nel novembre del 1682 furono interrotti nella primavera del 1683 perch Giordano dovette
ritornare a Napoli per motivi di famiglia e ripresero nella primavera del 1685.
Nella galleria di Luca Giordano, in particolare nella Glorificazione della dinastia medicea e le Vicende della vita
umana, gli episodi figurativi sono collegati sia nella narrazione che nella composizione al senso d'infinito e al

continuo spettacolo della Natura alla base del Barocco con soluzioni che Giordano trova in Pietro da
Cortona a Palazzo Pitti nelle idee espresse da Gian Lorenzo Bernini e tradotte in pittura dal Gaulli. Esse sono
caratterizzate da dilagante luminosit ed esaltante ariosit, in una situazione irreale di sogni a colori, di incanto,
di apparente naturalit, abitato da mitiche realt e da immagini fantastiche dove si concretizza un irraggiungibile
ma essenziale ideale d'arte e di vita.
Con le opere realizzate a Firenze, gli incarichi di prestigio e le commissioni da parte di collezionisti, Giordano
consegue un successo in ogni parte d'Italia e d'Europa. La sua pittura, ariosa e coinvolgente, di carattere sacro
o profano, influenzer l'attivit di molti giovani pittori sia napoletani (Francesco Solimena, Nicola
Malinconico, Paolo De Matteis) che fiorentini, veneziani e stranieri (Sebastiano Ricci, Corrado
Giaquinto, Fragonard, Goya).
Nel 1684, mentre si trovava a Napoli, affresca la controfacciata della chiesa dei Girolamini con la Cacciata dei
mercanti dal Tempio: l'opera permeata da un senso di spazialit continua e infinita, rivelata dal fluire
ininterrotto della luce attraverso la straordinaria variet dei piani prospettici.

Il periodo spagnolo[modifica | modifica wikitesto]

Particolare dell'affresco alMonastero dell'Escorial

Dopo il soggiorno a Firenze, chiamato da Carlo II alla corte di Madrid, trascorse in Spagna il decennio 16921702.
Il Monastero dell'Escorial (dove dipinse nella volta dell'Escalera con l'evento che diede occasione alla
costruzione del monastero: l'esaltazione delle gesta di Carlo V e Filippo II, sovrapposto a un lungo fregio a olio
su tela con la Battaglia di San Quintino), il Palazzo Reale di Madrid, il Palazzo Reale di Aranjuez, la chiesa di
San Antonio de los Alemanes (Madrid) e Toledo conservano parte dell'eredit artistica del pittore.
Luca Giordano fu popolare alla corte spagnola (infatti in questo periodo produce una grandissima quantit di
dipinti su tela, su rame e a fresco di soggetto sacro o profano) tanto che il re gli concesse il titolo di "caballero".

Il ritorno a Napoli[modifica | modifica wikitesto]

Il Trionfo di Giuditta (Certosa di San Martino)

Tornato a Napoli nel 1702 l'artista, quasi settantenne, continu a lavorare con lo stesso incessante furore
creativo.
Le sempre pi numerose commissioni lo indussero ad avvalersi di un'affollata bottega. Aiuti e collaboratori
sviluppavano "in grande" disegni e bozzetti forniti dal maestro, completavano opere solo iniziate da quest'ultimo,
mentre in molti casi il Giordano si concedeva di intervenire, con qualche colpo di pennello al termine del lavoro
svolto dagli allievi.
Inoltre, Giordano, continu a rinnovare la sua produzione artistica o con forti contrasti chiaro-scurali, dai toni
bruciati o caliginosi, come nelle tele alla Chiesa di Santa Maria Egiziaca a Forcella, nella chiesa dei Girolamini,
nella chiesa di Santa Maria Donnaregina Nuova e per alcune chiese romane. Oppure, si rinnov con il dilagare
di materie cromatiche sempre pi lievi e delicate, come nella decorazione a fresco del cupolino della Cappella
del Tesoro nella Certosa di San Martino, in cui raffigura il Trionfo di Giuditta al centro, ed intorno altre storie
dell'Antico Testamento.
Nel 1705, Luca Giordano mor a Napoli.

Influenze pittoriche[modifica | modifica wikitesto]

San Gennaro intercede presso la Vergine, Cristo e il Padre Eterno per la peste, 1656, (Galleria nazionale di Capodimonte - Napoli)

Le prime opere (1653), un'incisione, Cristo e l'adultera ed una tavola Guarigione dello storpio, sono influenzate
dall'opera dell'incisore, pittore e trattatista tedesco Albrecht Drer, massimo esponente della pittura
tedesca rinascimentale, in cui confluivano le innovative istanze dell'arteitaliana e quelle ormai consolidate della
tradizione pittorica fiamminga. I lavori, prima menzionati, e le grandi tele (1654) Traditio clavium eL'incontro dei
Santi Pietro e Paolo condotti al martirio di San Pietro ad Aram, risentono, invece, dell'opera di Ribera e
dell'influenza neo-veneta di Mattia Preti del primo soggiorno a Napoli (1653-1660).
Si nota poi, che la pala con San Nicola del 1655 a Santa Brigida costruita "sullo stile del grande Paolo
Veronese" e risente del neo-venetismo barocco con soluzioni che ricalcano quanto proposto da Pietro da
Cortona a Palazzo Barberini. In una delle tele di Santa Maria del Pianto, ordinate dal vicer Bracamonte come
voto per la cessazione della peste del 1656, nella fattispecie il San Gennaro intercede presso la Vergine, Cristo
e il Padre Eterno per la peste, forte il riferimento agli affreschi delle Porte di Napoli di Mattia Preti.
Nelle sue opere, Luca Giordano, sembra, quindi, voler ripercorrere l'itinerario della pittura a Napoli nel primo
periodo del secolo XVII, con l'interesse per il naturalismo post-caravaggesco, con la replica puntuale di Ribera,
quando dalla fase vigorosamente naturalista passa a quella dell'impreziosimento cromatico e dell'intenerimento
espressivo, con la disponibilit, tramite il contatto con i nuovi filoni veronesiani e correggeschi, a sperimentare,
nella capitale del vicereame, le nuove tendenze barocche in pittura senza negarsi nei suoi lavori contributi di
altre esperienze pittoriche.

Angelo Solimena
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Angelo Solimena (Canale di Serino, 17 novembre 1629 Nocera de' Pagani, febbraio 1716) stato
un pittore italiano.

Vergine col Bambino tra San Matteo e San Pietro (particolare)

Gloria del Paradiso, Cattedrale di Nocera Inferiore

Padre del pittore Francesco Solimena, detto l'Abate Ciccio (4 ottobre 1657- 5 aprile 1747), fu una delle principali
figure di artisti che hanno contribuito allo sviluppo del barocco e del rococ, divenendo uno dei pi famosi pittori
della sua epoca (titolo riconosciuto anche a livello internazionale).

Biografia[modifica | modifica wikitesto]


Angelo nacque a Canale di Serino il 17 novembre del 1629[1], da Orazio e Angela Perreca. Trascorse la la
maggior parte della sua vita aNocera de' Pagani (oggi Nocera Inferiore) dove spos, il 2 ottobre 1655 Marta
Resigniano[2] dalla quale ebbe tre figli.
Nel 1656 si rifugia a Canale di Serino per sottrarsi allepidemia di peste da cui colpita Nocera. Qui nasce il suo
primogenito, Francesco(Canale di Serino, 4 ottobre 1657 Napoli, 5 aprile 1747).
Successivamente torna saltuariamente a Nocera, finch vi si stabilisce definitivamente nel 1662 (dove risulta
nullatenente[3]). In questa citt sono nati gli altri due suoi figli: Tommaso (Nocera de' Pagani 14 marzo 1659), e
Antonia (Nocera de' Pagani, 17 gennaio 1661).
Mor a Nocera de' Pagani nel mese di febbraio del 1716

Analisi del lavoro[modifica | modifica wikitesto]


Una delle sue opere principali laffresco del Paradiso nella cupola della congrega del Santo Rosario
nella cattedrale di Nocera, che realizz, insieme al figlio tra il 1675 e il 1680. Famosa anche la Visione di San
Cirillo di Alessandria nella chiesa di San Domenico aSolofra.
Un'altra imponente serie di affreschi con le Storie di San Benedetto e il Paradiso si trovano sui soffitti della
navata maggiore e della cupola della Chiesa di San Giorgio a Salerno. Sempre per il duomo della citt campana
realizz alcuni affreschi per una cappella laterale all'altare principale.
Un altro ciclo di affreschi si trova nel duomo di Sarno. Mentre perduto il cassettonato della basilica di
Materdomini a Nocera Superiore, nel quale l'autore dipinse tra gli altri una Madonna con Bambino prendendo
come modelli la moglie Marta e il figlio Francesco[4].
Si ritiene che molte sue tele giacciano dimenticate in depositi o congreghe di varie localit campane o nella
chiesa di Sant'Antonio nella citt di Arpino (in provincia di Frosinone) che, nell'epoca del Regno di Napoli, fu per
lo stesso, importante centro industriale e strategico.

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