Sei sulla pagina 1di 1

Enzo Valentini

UN GENIO DI CASA
Biografia di Andrea Sacchi, pittore nettunese
(da “Nonsoloroma” dell’1/12/90)

Nel panorama artistico della Roma secentesca Andrea Sacchi, pur con la sua scarsa produzione pittorica,
rappresenta un elemento di spicco e di novità, ponendosi in contrapposizione con il barocco imperante in quel
periodo. Sua caratteristica principale è l’uso appropriato del colore, specialmente in relazione alle scale tonali del
bianco e del nero, tanto da portarlo verso il caravaggismo; esempio classico ne è «quella visione di San
Romualdo, ora alla Pinacoteca Vaticana, che per gravità, avvalendosi di un cromatismo pacato ma denso e
luminoso, sfiora il capolavoro».
Nato a Nettuno il 30 novembre 1599, Andrea Sacchi si avvicina alla pittura grazie all’interessamento del padre
che lo affida al bolognese Francesco Albano, discepolo di Annibale Carracci; già nel 1625 si fa conoscere dal
pubblico romano con il “Miracolo di San Gregorio”, destinato inizialmente alla Cappella Clementina di San
Pietro, ora nella Sala Capitolare della stessa basilica. Dopo questo inizio trionfale il Sacchi prosegue la sua
attività, operando maggiormente a Roma, nelle cui chiese e gallerie sono conservate le più belle tele dell’artista:
“La Giostra del Saracino a Piazza Navona” (1643) e la “Visita di Urbano VIII al Gesù” /1639/1641), al Museo di
Roma; “San Tommaso d’Aquino e San leone Magno”, alla Galleria Nazionale di Arte Antica; la “Morte di
Sant’Anna” (1649), nella chiesa di San Carlo ai Catinari; “San Bonaventura con la Vergine ed il Bambino” e
“Sant’Antonio resuscita un morto”, in quella di Santa Maria della Concezione; i “Fatti del Battista”, a San
Giovanni in Laterano.
Un mezzobusto di San Giovanni de la Barrière si trova poi nella chiesa di San Bernardo alle Terme, mentre alla
Galleria Borghese si può ammirare il vigoroso ritratto di monsignor Clemente Merlini (circa 1640), che risalta
«per la forza dell’indagine psicologica e la sobrietà nell’uso dei mezzi pittorici».
L’affresco raffigurante la “Divina Sapienza” (1629/1633), a Palazzo Barberini, può essere invece considerato il
manifesto programmatico del pittore nettunese, dal quale appare chiara la sua posizione anti barocca,
specialmente se raffrontato con le opere di Pietro da Cortona, esistenti nel medesimo palazzo.
Nonostante l’abilità nell’esecuzione e le notevoli qualità espressive, alla sua produzione viene però rimproverata
«la mancanza di talento creativo»; nel contempo, anche per gli elementi tizianeggianti nel “Sant’Isidoro” della
omonima chiesa, il Sacchi viene addirittura considerato il caposcuola del neo-venetismo della pittura romana
dell’epoca.
Oltre a Nettuno, la cui Collegiata di San Francesco ospita un suo quadro sull’altar maggiore, anche altre città
italiane ed europee possono vantarsi di possedere opere di Andrea Sacchi: la “Presentazione di Cristo al Tempio”
(1651), nella Galleria Nazionale dell’Umbria di Perugia; il “San Francesco in estasi”, nella Pinacoteca Comunale
di Gubbio; un “Angelo Custode”, nel Duomo di Rieti; “Atlante”, alla Royal Library di Windsor; la
“Metamorfosi di Armonillo in Limone”, presso il Cabinet des Dessins nel Museo del Louvre; il “Noè ebbro”, al
Kaiserfriedrich Museum di Berlino; esiste inoltre, a Santa Maria della Scala di Venosa, una tela attribuita al
Sacchi, raffigurante “San Francesco Saverio fra gli indigeni”.
Il Sacchi fu incaricato anche di alcuni lavori di architettura, come il restauro del Convento della Minerva o come
la ristrutturazione del Battistero di Costantino in Laterano, quest’ultima portata a termine circa dieci anni prima
della sua morte, avvenuta in Roma il 21 giugno 1661.

Potrebbero piacerti anche