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IL MITO DEL ROBOT

La parola robot appare per la prima volta nel dramma di


Karel Capek “RUR” (Rossum's Universal Robots), scritto nel
1920 e andato in scena nel 1921. Deriva dal ceco “schiavo”,
“forzato a lavorare”, e nel racconto di Capek è per la verità
più un androide, un umano artificiale ma organico.

Nel suo dramma Capek immaginava una rivolta dei robot


lavoratori, creati su un'isola sconosciuta, che si ribellano e
distruggono senza alcuna pietà la razza umana. Non aveva
fatto altro che tradurre in distopia l'utopia comunista
dell'epoca, proprio come stava succedendo nella realtà.

PIGMALIONE E LA REAL DOLL

Nel mito di Galatea si racconta di una statua di avorio


trasformata in donna da Venere per soddisfare le preghiere
di Pigmalione, lo scultore ormai completamente invaghito
della sua creatura.

C'è qualcosa di maledettamente ancestrale in questa


attrazione fatale, tecno-feticista, tra l'uomo e le sue creature
tecnologiche.

Nel 1996 è nata in USA una ditta che produce “donne su


ordinazione”. Copie esatte in ogni piccolo particolare di
donne vere realizzate con un nuovo tipo di silicone: sono le
Real Doll, versione aggiornata delle vecchie bambole
gonfiabili. Si può scegliere tra vari modelli (brune, bionde,
ispaniche, orientali) che vengono inviati al cliente con tanto
di completini intimi annessi. Se invece il cliente ha già in
mente un suo modello di donna ideale può addirittura
personalizzarsi la sua Venere al silicone e vivere per sempre
felice e contento.
Tra quelli che l'hanno provata, come si legge sul sito internet, c'è chi sostiene, come
Howard: “Il miglior sesso che abbia mai avuto! Questa Real Doll è meglio delle donne
vere”.

ROBOTERAPIA

“Un cane robot può aiutare a tenere bassa la pressione del sangue ed evitare lo stress”. È
quanto suggerisce Alan Beck, direttore del Center for the Human-Animal Bond. Lo
studioso è conosciuto per le sue ricerche sulla “pet-therapy”, ovvero sui benefici sulla
salute dell'uomo derivanti dalla presenza di un animale domestico, meglio se un cane.

La prossima estate Beck condurrà una ricerca per stabilire se i bambini riescono
realmente a distinguere la differenza tra animali reali e robot. Per questo ha già ottenuto
una convenzione con la National Science Foundation per andare a constatare nelle scuole
elementari e in quelle secondarie quanto Aibo, il cane robot della Sony, possa essere
considerato dai ragazzi simile al vero. Alcuni scienziati giapponesi hanno già eseguito
degli studi in alcune case di riposo per vedere come Aibo possa svolgere una funzione
terapeutica per gli anziani soli.

Dopo tutti i danni provocati dalla medicina industriale, cominciano a inculcarci l'idea che a
dispensarci da tutti i mali saranno in futuro le macchine. Ogni degente avrà presto il suo
bravo roboterapista, così non ci sarà neanche più bisogno di medici umani che in quanto
esseri imperfetti possono sempre andare incontro a pericolosi “turbamenti di coscienza”.

Il ricercatore americano John Jordan prevede l'ingigantirsi delle stesse sindromi di


dipendenza nate con computers, cellulari e videogames.

Quel che emerge dai test è che l' “uomo-macchina” si dimostra assai ben disposto verso i
suoi compagni-robot, tanto da attribuirgli quasi sembianze e caratteristiche umane. Come
nel caso di Aibo, il cane robot giapponese, in grado di rispondere alla voce del padrone,
scodinzolare a comando, interagire in base all'attenzione ricevuta, ritenuto dai degenti,
“meglio di un cane vero”.

IL ROBOGATTO

Il robo-micio Si chiama “NeCoRo”: è un “robo-


micio” partorito dai laboratori dell'elettronica della
Omron. Proprio come i gatti domestici
“tradizionali”, non risponde ai comandi dei suoi
padroni, si fa gli affari suoi e fa le fusa solo se
viene trattato a dovere. In effetti, NeCoRo neppure
cammina, ma è programmato per dare una
risposta emozionale alle carezze e alle altre
manifestazioni affettive che possono derivare da
qualche umano in cerca di robo-coccole.

ACTROID

Tra gli ultimi “nati” in Giappone c'è Actroid, una donna-robot


prodotta dall'azienda nipponica Kokoro. Actroid ha le
parvenze di una ragazza giapponese con tanto di pelle
vellutata (in realtà è di silicone), e può esprimere con il volto
40 emozioni e in più parla e gesticola con naturalezza. Un
prototipo di geisha artificiale destinato a riscuotere grande
successo presso il popolo maschile giapponese.

GIAPPONESI ARTIFICIALI

Robo-camerieri, robo-operai, robo-ballerini, robo-musicisti,


robo-giocattoli, robo-infermieri, robo-poliziotti, robo-amanti,
robo-gruppi, robo-squadre, robo-calciatori, il mondo dei robot
in Giappone è già realtà, ce n'è un po' per tutti i gusti. Sono
allo studio perfino dei robo-uteri, delle mamme artificiali, così
si potranno anche riprodurre.
Ma da dove viene questo grande amore dei
giapponesi per le creature artificiali?

Frédéric Kaplan, ricercatore nei laboratori di


computer science della Sony parigina, sostiene
che «gli europei sono più imbarazzati di fronte a
robot umanoidi degli abitanti del Sol Levante
perché i due popoli hanno una concezione diversa
di umanità, dell'essenza dell'uomo, che deriva
anche dal loro diverso retaggio religioso».
Secondo Kaplan la tradizione giudaico-cristiana,
che porta con sé il concetto di uomo come creatura
creata dalla divinità, è il primo ostacolo
all'accettazione e quindi alla produzione di
androidi. Nello shintoismo, invece, la religione
storica del Giappone (pur nelle sue diverse
contaminazioni con il buddhismo), non esiste il
mito della creazione ex nihilo. Senza contare,
come rileva lo studioso, che «per i nipponici i
concetti di naturale e artificiale non sono in
contrasto».

Questa diversa impostazione tra Oriente e Occidente non convince tutti. Aaron Sloman,
docente di intelligenza artificiale e scienze cognitive all'Università di Birmingham, si è
dimostrato scettico: “Non sono per niente convinto che i popoli del Vecchio continente
abbiano un disagio maggiore dei giapponesi verso i robot, o che siano meno interessati a
questi progetti. Anzi, credo che si tratti di una generalizzazione un po' grossolana.
Personalmente sono più interessato al funzionamento di una cosa e non tanto alla sua
origine e certo non ho paura dei robot. I veri mostri, in certi casi, sono proprio gli umani”.

L'attrazione-repulsione dell'uomo verso i simulacri, umani e non, in effetti appartiene


anche ai giapponesi. Hiroaki Kitano, uno dei padri del cane-robot della Sony Aibo, rivela:
«Avevamo realizzato anche una versione del nostro cane meccanico dotata di pelliccia,
che rendeva il replicante ancora più simile a un animale vero. Troppo vero, la gente ne
rimaneva turbata». Quasi a dire che i robot ci devono sì ricordare la realtà, ma «fino a un
certo punto».

Il problema non è nella macchina in sé, ma in chi la programma e a quale scopo. Se il


creatore è un mostro, lo sarà anche la sua creatura, a sua immagine e somiglianza.

AIBO MANIA

Intanto Aibo in Giappone è già una star. È


comparso sulla copertina del Time, ha fatto
registrare un boom di vendite senza precedenti nel
settore dei giocattoli elettronici intelligenti.

Sulla rivista Wired, che si è occupata del caso, si è


provato ad analizzare gli sviluppi dell’impatto
emotivo e comportamentale di Aibo, che è risultato
di gran lunga superiore a quello dei giocattoli tradizionali. Secondo alcune testimonianze di
alcuni possessori di Aibo, il robot viene chiamato con un nome che riconosce come proprio
e quando si parla di lui non viene mai usato il pronome “it”, ma “she” o “he”, non si pensa a
lui come ad una cosa ma come ad una persona.

Rispetto ad un cane vero sicuramente Aibo offre numerosi vantaggi: non ha bisogni
fisiologici, non deve mangiare, non deve essere sempre accudito, non disturba i vicini, non
rovina gli stipiti delle porte e i mobili, ma soprattutto, non ha bisogno di affetto per essere
felice.

Una signora di 36 anni, madre di due bambini ha detto: «È molto strano. Ti ci affezioni. Lo
so che è un pezzo di plastica, ma è semplicemente favoloso. Le parole non possono
proprio esprimere perché ci sono così affezionata». E parlando dei due figli aggiunge:
«Loro si comportano con lui come se fosse un animale domestico. Penso che siano
consapevoli che non è vivo, ma interagiscono con molta immaginazione. Forse è questo il
bello».

Len Levine è invece un analista di sistemi di New York e abita in un appartamento con
Beau, il suo Aibo. «Non posso avere un cane», afferma, «questa è la ragione perché ho
un Aibo». Dichiaratamente un tecno-entusiasta, Levine esalta le possibilità di interagire
con lui, che lo rendono così simile a un cane vero. E conferma l'alto coinvolgimento che ha
provato nel vedere “evolvere” il proprio cucciolo, senza peraltro dovere ripulire i suoi
“bisogni fisiologici”.

È la stessa Sony a pubblicizzarlo come l'ideale sostituto di un cane vero per tutte quelle
persone che per motivi di lavoro o altri impegni non possono permettersi di possedere un
cane vero e si sentono tanto sole. Le statistiche ufficiali parlano chiaro: la maggior parte
degli acquirenti (due terzi del totale) sono maschi. Un rimedio alla solitudine comunque
costoso, visto che Aibo, con il suo chilo e mezzo di tecnologia, è attualmente venduto a un
prezzo di 1.500 dollari.

PSICO-ROBOTICA

“Solidarizzare con un giocattolo meccanico è un fenomeno comune, anche tra gli adulti”.
Ad affermarlo è la psicologa Shelly Turkle, professoressa al MIT e autrice di numerosi libri
e ricerche sulle identità che cambiano nell’epoca del virtuale e sulla reazione delle
persone di fronte a compagni cibernetici. «Questi oggetti spingono alcuni bottoni del
nostro essere, che abbiano coscienza e intelligenza o meno», afferma la Turkle, che da
sempre ha sostenuto che «noi siamo fatti in modo da rispondere in maniera percettiva a
questo nuovo tipo di creature».

Secondo questa geniaccia, lo studio di queste interazioni ci potrà svelare molto di come
siamo fatti noi umani. Praticamente sostiene che per capire la natura umana dobbiamo
osservare le nostre reazioni ad una macchina. Una bella teoria. Ormai non sono più le
macchine che devono imparare da noi, esseri troppo stupidi e imperfetti, ma siamo noi che
dobbiamo imparare dalle macchine.

Ritornando ad Aibo, c'è anche chi afferma che il tipo di emozione che suscita è simile a
quella che si ha nei confronti degli animali domestici reali, ma la forza, la profondità di
questa esperienza emotiva è senz’altro diversa. Dobbiamo solo aspettare delle versioni
più complete di Aibo e potremo soppiantare del tutto i cagnolini in pelle e ossa.
MATTANZA DELLE FOCHE

Sempre in Giappone, la National Institute of Advanced Industrial


Science and Technology ha messo a punto un programma di
Pet Therapy chiamato “Progetto Paro” che invece di usare
animali in carne ed ossa, usa cuccioli di foca-robot.

Nel frattempo, poveri e inerti cuccioli di foca, quelli veri, vengono


massacrati in Canada grazie ad uno speciale programma
decretato dal governo di Ottawa che ha stabilito, non si capisce
con quale diritto, che quest'anno i pescatori canadesi possono
tranquillamente uccidere fino a 350mila esemplari, la quota più
alta mai fissata negli ultimi cinquant'anni. La decisione ha
scatenato le proteste degli animalisti di tutto il mondo, ma tanto al governo di Ottawa non
glie ne pò fregà di meno.

(Pubblicato su Ecplanet 12-05-2004)

Pigmalione - Wikipedia

R.U.R. (Rossum's Universal Robots) - Wikipedia

Realdoll, The World's finest Love Doll

Pet therapy - Wikipedia

Robo-Therapy

Ideazione e applicazioni terapeutiche del robot Paro 08 maggio 2009

Research Examines Robot-Assisted Therapy 13 dicembre 2002

In gadget-loving Japan, robots get hugs in therapy sessions 11 aprile 2004

PI: I giapponesi sfornano il robogatto 18 ottobre 2001

"Is this a real cat?" A robot cat you can bond with like a real pet

Close Engagements with Artificial Companions 01 gennaio 2008

Va a ruba negli Stati Uniti il cane-robot Aibo Corriere della Sera 04 marzo 2001

Puppy Love for a Robot Wired 22 febbraio 2001

PI: AIBO abbaia di nuovo 10 dicembre 2007

Book review: Loving The Machine: The Art and Science of Japanese Robots 15
aprile 2007

Tomoaki Kasuga "Bringing a robot to every home" (video)


Riparte in Canada la mattanza delle foche 11 marzo 2005

Aibo - Wikipedia

Actroid - Wikipedia

Puliranno i pavimenti, taglieranno l'erba, sorveglieranno le abitazioni, assisteranno gli


anziani e i disabili, eseguiranno interventi
chirurgici, ispezioneranno i luoghi pericolosi,
saranno pompieri ed artificieri, e si
aggiungeranno alla già folta schiera di
“entertainment-robots”.

Sono i sensazionali risultati di uno studio


condotto dalla Commissione Economica delle
Nazioni Unite per l'Europa (UNECE) e dalla
International Federation of Robotics, secondo
cui la vita dei paesi indusrialzzati sarà
rivoluzionata dalla presenza di enormi quantità
di robot specializzati nelle attività domestiche.

Nel “World Robotics 2004 Report” si sostiene che da qui al 2007 il numero di robot
impiegati nelle case nel mondo aumenterà di almeno sette volte, un vero e proprio boom
che coinciderà con un aumento altrettanto vigoroso dei robot industriali. A tal proposito, lo
stesso rapporto segnala come l'Italia sia già salita al secondo posto in Europa, dopo la
Germania, e al quarto nel mondo, per l'uso di robot industriali, facendo registrare tra il
1994 e il 2001 una crescita senza precedenti, con il relativo crollo della richiesta di
manodopera umana (classe operaia addio).

Guarda caso, proprio in concomitanza del lancio del film “Io, Robot”, di Alex Proyas, in
tutto il mondo, l'agenzia ONU ha spiegato che nella prima metà del 2004 gli ordinativi per
robot di ogni genere sono cresciuti del 18 per cento rispetto ai primi sei mesi del 2003,
anno in cui già si era registrata una crescita sostenuta. Se oggi sono adottati nelle case
circa 600mila robot domestici, entro il 2007 saranno milioni, almeno 4,1 milioni secondo le
previsioni. Stime che si basano su un'analisi del settore che parte dal 1990.

Stando al rapporto, per il momento la maggioranza dei robot domestici sono robot
tagliaerba, ma aumenta la diffusione dei robot aspirapolvere, venduti da un certo numero
di ditte pressoché in tutto il mondo. Alla fine del 2003 i primi erano 570mila e i secondi
circa 37mila. Ma ciò che accadrà nei prossimi anni sarà soprattutto la diversificazione dei
robot: il progresso tecnologico del settore e la riduzione progressiva dei costi di
produzione, infatti, spingono gli esperti a prevedere per il prossimo futuro un grande
successo di robot lavavetri o pulisci-piscine.

Questi robot, definiti a sproposito “macchine intelligenti”, dato che sono meno intelligenti di
una formica, saranno poi sempre più associati, dalle famiglie che potranno permetterselo,
con altri robot, quelli di intrattenimento, come il celeberrimo AIBO di Sony. Le stime oggi
sostengono che nel mondo ci sono almeno 692mila robot di questo tipo.

“Alla fine di questo decennio - preconizzano gli autori del rapporto - i robot non solo
puliranno i nostri pavimenti, taglieranno l'erba e sorveglieranno le nostre case, ma
assisteranno anche gli anziani e i disabili
grazie a tecnologie sofisticate ed interattive,
eseguiranno interventi chirurgici,
ispezioneranno le condutture e tutti quei
luoghi che sono pericolosi per gli umani,
combatteranno il fuoco e gli ordigni esplosivi”.

Si sta preparando cioè il terreno alla


“robolobotomizzazione” di massa.

Report predicts 4 million household


robots by 2007 22 ottobre 2004

(pubblicato su Ecplanet 03-06-2005)

I PRIMI ROBOT REPLICANTI

Gli scienziati della Università di Cornell, a


Ithaca, New York hanno creato dei piccoli
robot in grado di costruire copie di loro stessi.
Ogni robot è composto da diversi cubi di 10
cm che sono costruiti in modo identico, hanno
elettromagneti per attaccarsi e staccarsi e un
computer con un programma di replicazione. I
robot possono girarsi, prendere e comporre i
cubi.

“Anche se le macchine che abbiamo creato sono ancora semplici in confronto alla
riproduzione biologica, dimostrano che la riproduzione meccanica è possibile”, ha detto
Hod Lipson in un articolo pubblicato da Nature. Lo scienziato e il suo team credono che i
principi di costruzione potranno essere usati per creare robot di lunga durata che siano in
grado di ripararsi da soli e che possano essere impiegati in situazioni a rischio e sulle
navicelle spaziali.

Come riportato da New Scientist, il team di scienziati guidato da Lipson ha messo a punto
un dispositivo basato su una serie di “mattoni” cubici dotati ciascuno di microprocessore. Il
chip contiene le istruzioni che consentono a ciascuno di questi cubi di diventare parte di un
tutto più grande e di moltiplicarsi.

In sostanza, ha spiegato Lipson, questi oggetti sono da considerarsi parti di un tutto,


destinati a collegarsi l'uno all'altro mediante elettromagneti. Una volta operativo, il robot
può utilizzare altri cubi attorno a sé per dar vita ad altri robot. “Ad esempio - scrive il New
Scientist - tre o quattro blocchi uno sopra all'altro formano una torre che può dar vita ad
una torre identica girandosi come una gru per raccogliere altri blocchi nelle vicinanze e
porli uno sopra all'altro”.

A cosa serve tutto questo? Lipson non ha dubbi: “La capacità di auto-replicarsi è la
soluzione finale alle riparazioni: immaginiamo sistemi robotici su Marte o sul fondo
dell'oceano che in questo modo si auto-riparano”.
Uno degli aspetti cpiù interessante è l'evoluzione del concetto di “auto-replicazione”: se
fino ad oggi si è sempre pensato in termini di robot capaci di duplicarsi o incapaci di farlo,
alla Cornell University sostengono di aver capito che esistono livelli intermedi di
replicazione “Per la prima volta - ha affermato Lipson - possiamo effettivamente misurare
l'auto-replicazione e così capire come migliorarla”.

Slashdot | Self-Replicating Robots 11 maggio 2005

(Pubblicato su Ecplanet 10-08-2005)

IO, ROBOT

Alex Proyas non si è mai


diplomato. È stato per
colpa di Isaac Asimov. In
particolare del suo
racconto breve
"Nightfall", uscito per la
prima volta nel 1941
sulle pagine della rivista
"Astounding" (da cui in
tempi recenti è stato
tratto il film "Pitch
Black"). Il suo ultimo film,
campione di incassi al
botteghino USA, si
chiama "I, Robot", ed è
un adattamento della
omonima raccolta firmata
da Asimov.

È ambientato a Chicago,
nel 2035, nel periodo in cui viene rilasciato sul mercato il robot domestico "NS-5", dotato di
una tecnologia avanzata che rende il suo cervello molto simile a quello umano. Il detective
Del Spooner (interpretato da Will Smith), diffidente verso tale tecnologia, viene incaricato
d'indagare sull'omicidio di Miles Hogenmiller, uno scienziato che lavorava ad un modello
NS-5, di nome "Sonny", per la U.S. Robotics. Il poliziotto è convinto che sia stato il robot a
commettere l'omicidio. Ad affiancarlo, in un'indagine che rivelerà un complotto su larga
scala, vi è la dottoressa Susan Calvin, una psicologa esperta d'intelligenze artificiali.

Come tutte le storie asimoviane sui robot, il tema centrale investe le sue famose "leggi
della robotica", che governano il comportamento degli androidi. Ovvero: come può un
robot programmato per servire e proteggere l'uomo, arrivare al punto di commettere un
omicidio, negando le leggi che gli sono state "impiantate" nei suoi circuiti?
Isaac Asimov ha scritto dozzine di storie su
androidi dotati di un "cervello positronico"
(del tutto improbabile) che li rende esseri
intelligenti. La sua prima robot-story,
"Robbie", apparse sulla rivista di
fantascienza Astounding nel 1939. La trama
si svolge all'interno della famiglia Weston:
Robbie è la robo-bambinaia di Gloria, la
figlia piccola, per la quale la presenza
costante di Robbie diventa insostituibile. La
signora Weston, temendo che la figlia stia
diventando troppo dipendente dal robot,
preferisce rispedirlo alla fabbrica. Inutile dire
che Gloria non la prende affatto bene e
quindi viene chiamato in causa Mr. Weston
affinché trovi un modo per placare il dolore
della figlia e soddisfare le esigenze della
detestabile moglie. Alla fine, Mr. Weston
riuscirà a far tornare Robbie a casa e a
sistemare le cose anche con sua moglie,
nel più classico degli "happy ending".

Era un periodo, tra gli anni '30 e '40, in cui


in America la tecnologia e la scienza
stavano entrando di prepotenza nella
cultura popolare e nell'immaginario
collettivo, sospinte dal boom economico
post-depressione. Le riviste di fantascienza
come Astounding giocarono un ruolo chiave
in quest'opera di propaganda dando la possibilità a molti scrittori, allora esordienti, di dare
sfogo alle proprie fantasie.

Mentre molti si dedicarono ai viaggi spaziali e alle invasioni


aliene, Asimov scelse di concentrarsi sui robot (forse anche per
via della sua paura di volare). Per la prima volta, nei suoi racconti,
avviene un rovesciamento di prospettiva: i robot non vengono più
visti come dei Golem o dei Frankenstein, in rivolta contro i propri
creatori, ma bensì come simpatiche e compatibili creature dotate
di congegni di sicurezza inviolabili da essere utilizzata nelle
miniere, nelle missioni spaziali, o come evoluti elettrodomestici
casalinghi.

Asimov incorporò il sogno americano nelle sue macchine razionali


e umaniste, dotate perfino di buoni sentimenti. Come Andrew
Martin, il robot positronico di "Bicentennial Man" ("L'Uomo
Bicentenario") che diventa lentamente un uomo grazie a continui
innesti di protesi e materiali biologici, fino a rivendicare il "diritto di
morire".

LE LEGGI DELLA ROBO(E)TICA


"Un robot non può recar danno a un essere umano, né può
permettere che, a causa del proprio mancato intervento, un
essere umano riceva danno. Un robot deve obbedire agli ordini
impartiti dagli esseri umani, purché tali ordini non contravvengano
alla Prima Legge. Un robot deve proteggere la propria esistenza,
purché questa autodifesa non contrasti con la Prima e la Seconda
legge". (Tratto da "Io, Robot", traduzione di Roberta Rambelli).

A queste tre leggi fondamentali se ne aggiunse una quarta, ne "I


Robot e l'Impero", la Legge Zero: "Un robot non può recar danno
all'umanità, né può permettere che, a causa del proprio mancato
intervento, l'umanità
riceva danno". A
differenza delle altre tre,
però, la Legge Zero non è
una parte fondamentale
del "cervello positronico", il che vuol dire che non è
inclusa in tutti i robot ed è accettata solo da robot
molto sofisticati.

Secondo quanto detto dallo stesso Asimov, le Tre


Leggi nacquero durante una conversazione con
John W. Campbell, editore di Astounding, il 23
dicembre 1940. Campbell disse di non aver fatto
altro che formalizzare in leggi elementi che erano
già presenti in modo non esplicito nei racconti di
Asimov. Le Tre Leggi in effetti non appaiono nelle
prime due storie di robot di Asimov, "Robbie" e
"Secondo Ragione", mentre nel terzo racconto,
"Bugiardo!", viene nominata la Prima Legge; in
questo racconto fa anche la sua prima comparsa
la "robopsicologa" Susan Calvin. I primi due
racconti furono rivisti per includere le Tre Leggi
quando vennero inclusi nella raccolta "Io, Robot" .
Il primo racconto che nomina esplicitamente le Tre
Leggi, "Girotondo", apparse su Astounding nel
maggio del 1942. Probabilmente Asimov si ispirò al
racconto di Ray Cummings, "X-1-2-200", apparso
su Astounding nel settembre del 1938.

Fu proprio in base alle leggi immaginate dalla


visione positivista di Asimov che i robot sono
diventati nell'immaginario collettivo delle
servizievoli e intelligenti creature al servizio della
razza umana, amanti del loro lavoro e totalmente
indifferenti al concetto di libertà e di ribellione ai
padroni.

Il punto centrale dei robot asimoviani è che l'etica


nel cervello dei robot è talmente fondamentale da
essere impossibile costruire robot che ne siano
privi (un esempio di robot etico è "Data" di Star Trek, anche se la sua roboetica non
risponde strettamente alle leggi di Asimov).

IL MONDO DEI ROBOT

Lo stesso Asimov non ha mai preso troppo sul


serio le sue leggi, frutto di una pura invenzione
letteraria, che gli servivano per sviscerare un tema
oggi tanto d'attualità come quello della convivenza
tra l'uomo e le sue creature robotiche.

Il gioco lanciato da Asimov è stato raccolto via via


nel tempo anche da molti altri autori che si sono
divertiti ad aggirare le leggi. È il caso
per esempio di "Westworld" ("Il Mondo dei Robot")
di Michael Chricton, in cui "Gunslinger", il robot-
pistolero interpretato da Yul Brinner, da attrazione
turistica in un parco divertimenti del futuro si
trasforma in un micidiale robo-killer in seguito ad
un malfunzionamento software.

Parlando di malfunzionamenti, il più celebre è


sicuramente quello di HAL 9000, il super-computer
della Discovery di "2001 Odissea Nello Spazio",
un'invenzione di Arthur C. Clarke, che non si fa
alcuno scrupolo a commettere omicidi pur di
prendere il sopravvento sull'intelligenza umana.

Un altro celebre malfunzionamento, in chiave


grottesca, è quello della navicella "Dark Star",
esordio alla regia di John Carpenter nel 1983.
Quando il computer di bordo comincia a diventare
senziente e speculare sulla propria esistenza,
decide di farla finita e autodistruggersi con tutto
l'equipaggio.

In tempi più recenti, ha fatto la sua apparizione


sugli schermi, direttamente dalle console di
videogiochi, l'intelligenza artificiale "Red Queen"
("Resident Evil"), una femmina questa volta, ma affatto rispettosa delle leggi asimoviane.

A fare piazza pulita delle leggi di Asimov, per la verità, ci avevano già pensato "I Nuovi
Robot" di Rudy Rucker ("Software", 1982), i "boppers", dotati di software genetico,
evolutisi fino ad interfacciarsi con gli esseri umani e dare così vita ai "meatbop".

Un po' come l'entità "Vger", l'ex sonda Voyager protagonista di "Star Trek" (il film) che
anela a fondersi con il proprio creatore minacciando la distruzione della Terra.

DICHIARAZIONE MONDIALE DEI ROBOT


Dalla fantascienza alla fantarealtà.

Il 25 febbraio 2004, il governo giapponese ha


varato la "World Robot Declaration", in vista di una
società sempre più popolata da robot e macchine
intelligenti capaci di sostituire gli esseri umani in
tutta una serie di compiti ingrati, dal lavoro alla
guerra.

Alla "World Robot Conference" di Fukuoka si è


parlato innanzitutto di robot "domestici" capaci,
come il cane-robot Aibo della Sony o Asimo della
Honda, di essere anche di "intrattenimento".

Robot che, secondo la Dichiarazione approvata a


Fukuoka, avranno tre caratteristiche: "saranno dei
compagni che coesisteranno con gli esseri umani;
assisteranno gli uomini sia sul piano fisico che sul
piano psicologico; contribuiranno alla realizzazione
di una società sicura e pacifica".

ROBOMARKETING

Tre dichiarazioni vagamente asimoviane, ma che nascono dallo stesso


problema che anima molti dei racconti di Asimov, vale a dire la difficoltà di
far accettare all'uomo la presenza inquietante dei robot.

Per questo possiamo stare sicuri che, come si legge nella dichiarazione,
"scienziati e industriali si impegneranno a promuovere l'accettazione
pubblica dei robot".

D'altronde, "Robbie" è già in mezzo a noi.

A Word About The World Robot Declaration 15 aprile 2004

Io, Robot (Asimov) - Wikipedia

Isaac Asimov's Robot Series - Wikipedia

Tre leggi della robotica - Wikipedia

John W. Campbell - Wikipedia

Software I Nuovi Robot - Wikipedia

Red Queen and White Queen - Wikipedia

HAL 9000 - Wikipedia

Westworld - Wikipedia
Data (Star Trek) - Wikipedia

ASIMO - The World's Most Advanced Humanoid Robot

La robotica avanza spedita. In un futuro non troppo lontano,


conviveremo con nuove specie di automi: umanoidi, sistemi
intelligenti multifunzionali, robodomestici factotum, pet-robot,
veicoli autonomi e perfino robot per il sesso. Questa
presenza, sempre più massiccia in futuro, di creature
artificiali costringe ad una riflessione “roboetica”.

Durante il convegno europeo di robotica Euros 2006


(European Robotics Symposium), svolosi a Palermo nei
giorni scorsi, è stato elaborato il primo documento al mondo
sulla questione, almeno dopo le fanta-leggi di Isaac Asimov.
L'uso militare dei robot, la dipendenza psicologica da
macchine sempre più intelligenti e dall'aspetto simile a quello
umano, la possibilità che robo-badanti o robo-baby sitter
vengano sabotate a distanza. Sono questi alcuni punti
controversi su cui si è concentrato il dibattito. Il documento,
prodotto da un gruppo internazionale di ricercatori
coordinato dalla Scuola di Robotica, Robotlab-Cnr di Genova, sarà consegnato alla
Commissione Europea entro aprile.

“La roboetica è un tema considerato molto seriamente dalla comunità scientifica


internazionale”, ha spiegato Gianmarco Veruggio, presidente dell'Istituto genovese e del
comitato di roboetica della Società Internazionale di Robotica IEEE. Il dibattito intende non
solo analizzare le problematiche legate ai robot e alla loro interazione con l'uomo e il
mondo in generale, ma anche le possibili azioni educative rivolte ai più giovani. “È
importante educare i ragazzi a controllare le macchine per evitare il rischio di incidenti”, ha
osservato la coordinatrice del gruppo di lavoro che ha redatto il documento, Fiorella
Operto.

Gianmarco Verruggio, che aveva già organizzato in


precedenza la settimana di lavori detta “Roboethics Atelier”,
insieme a Enron (European Robotics Research Network),
ribadisce: “Si tratta di un approccio fondamentale per la
ricerca perchè abbiamo bisogno del consenso della pubblica
opinione. La robotica riguarda davvero tutti”. Al Roboethics
Atelier sono intervenuti il giapponese Atsuo Takanishi,
specializzato in robotica umanoide, il padre di Wabian2, il
“cyborg” Kevin Warwick, David Levy e Ronald Arkin, il
direttore del Mobile Robot Lab del Georgia Institute of
Technology di Atlanta.

Per farsi un'idea dell'importanza che la roboetica,sta


assumendo all'interno dello sviluppo tecnologico mondiale, è
sufficiente un'occhiata alle cifre: «In un anno - dice Veruggio -
nel mondo sono stati prodotti 1.120.000 robot industriali,
25.000 robot per uso professionale, 1.200.000 robot per uso personale». Il giro di soldi che
ruota intorno alla robotica ha numeri con così tanti zeri da far girare la testa. «In
Giappone», racconta Naho Kano, studiosa di scienze sociali dell’Università Waseda di
Tokyo, «la crescita del mercato della robotica nel 2005 ha fatturato circa 150 miliardi di
yen e il governo ha stanziato 3 miliardi di yen per NEDO, un progetto dedicato allo
sviluppo di 70 robot altamente evoluti».

Non da meno sono gli


americani: «Gli Stati Uniti», dice
Ronald Arkin, «hanno destinato
127 miliardi di dollari, il più
grande investimento di tutta la
storia della ricerca militare, in
un progetto di ricerca che punta
a modernizzare la US Army».
Secondo il piano, entro il 2010
un terzo di tutte le operazioni
militari americane dovranno
essere compiute da robot. Si
parla di UCAV (aerei privi di
pilota a bordo), carrarmati
robotizzati, TUGV (veicoli terrestri mandati in avanscoperta per sgombrare il campo ai
soldati che lo seguono a poca distanza) e SPAWAR (apparecchi che lanciano
autonomamente da terra piccoli velivoli robot).

Giapponesi, americani ed europei non la pensano allo stesso modo. Le priorità che i
laboratori attribuiscono ad una ricerca piuttosto che a un'altra variano. Per questo è
necessario e urgente un manifesto di intenti comune.

Ecco, in sintesi, i principali temi individuati nel documento:

- ROBOT MILITARI: si calcola che l'80% della ricerca Usa nella robotica sia
finanziata dal Dipartimento della Difesa ed è stato annunciato che nel 2010 sarà
pronto il primo prototipo di un esercito robotico. “È una situazione che solleva
enormi problemi”, ha osservato Fiorella Operto. Che cosa succede se un robot
viene programmato per uccidere? In vista di uno scenario come questo gli esperti
auspicano una legge che preveda misure di sicurezza nella progettazione dei robot
attraverso il blocco di alcune funzioni, come quella di uccidere. “Intorno a questa
proposta - ha detto la Operto - il dibattito è ancora aperto e le posizioni di Stati Uniti
e Giappone sono lontane”.
- BIONICA: arti robotici ai biochip impiantati nel cervello possono aprire nuove
questioni. Per esempio, se un chip nel cervello controlla una mano robotica, questa
può provare sensazioni? E se invece fosse la mano ad avere il controllo sul
cervello? L'ultima domanda nasce dal fatto che i movimenti dei topi con protesi del
genere possono essere controllati a distanza con un joystick.
- NANOROBOT: sono minuscoli congegni che possono essere introdotti
nell'organismo per fare diagnosi, acquisire dati o rilasciare farmaci. Secondo gli
esperti sono opportune garanzie affinché non siano utilizzati per interventi non leciti.
- HACKER: la minaccia può facilmente passare dai computer ai robot, che
potrebbero essere controllati a distanza. Un problema tanto più rilevante se si
immagina che ai robot potrebbero essere affidati compiti di sorveglianza e
sicurezza di strutture critiche, così come potrebbero essere affidati loro anziani,
malati o bambini.
- ROBO-DIPENDENZA: è un rischio, anche considerando che i robot dovranno avere
aspetto e modi piacevoli. Si teme che molti, soprattutto anziani, possano cedere
psicologicamente a un robot bello, gentile, paziente, servizievole e in grado di
rispondere a moltissime domande, connesso com'è a Internet.
- ROBO-SESSO: le bambole robotiche non ci sono ancora, ma il successo delle
bambole meccaniche già in commercio lascia immaginare che potranno avere un
successo ancora maggiore le bambole automa capaci di sorridere, guardare,
interagire, riconoscere la voce e simulare comportamenti sessuali. Saranno ancora
più belle delle loro colleghe attuali, le bambole meccaniche, il cui aspetto ha ormai
molto poco della macchina, rivestite come sono di pelle di silicone. Anche in questo
caso si rischia la comparsa di nuove forme di dipendenza.
- COSTI E ACCESSO: il problema si pone già per le protesi bioniche, che molto
spesso sono costose e quindi inaccessibili ai Paesi in via di sviluppo. Gli esperti
chiedono di promuovere azioni per favorire la produzione di protesi e altri ausili di
questo tipo di ottima qualità e realizzate con tecnologie all'avanguardia, ma semplici
da usare e a basso costo.

European Robotics Symposium

Biped humanoid robot group WABIAN-2R

Nanorobot - Wikipedia

Unmanned Combat Air Vehicle - Wikipedia

Gladiator Tactical Unmanned Ground Vehicle - Wikipedia

Space and Naval Warfare Systems Center San Diego - Wikipedia

Roboethics - Wikipedia

EURON

RobotLab

Georgia Tech Mobile Robot Lab

(pubblicato su Ecplanet 01-04-2006)

All'ICRA 2007, la Conferenza Internazionale di Robotica e Automazione, è stato


presentato anche in Italia il “feto-robot”
partorito dall'équipe del professor Yasuo
Kuniyoshi, dell'Università di Tokyio, grazie a
cui si potrà studiare con un dettaglio senza
precedenti lo sviluppo del feto e la sua
capacità di controllare i movimenti, riuscendo
forse a curare gravi malattie.

Il micro-robot ha un aspetto umanoide in stato


fetale e la sua simulazione di movimento nel
liquido amniotico è stata ottenuta al computer. «L'obiettivo è analizzare come si sviluppa la
capacità del feto di controllare i movimenti - ha detto Paolo Dario, esperto di robotica e
neuroscienze della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa - in questo modo i ricercatori
avranno a disposizione un modello efficiente per studiare un comportamento complesso
senza dover ricorrere agli animali».

DANCING ROBOT

Si muove con la stessa leggerezza della


danzatrice che gli sta accanto, il robot ballerino
progettato in Giappone, dal gruppo di Katsushi
Ikeuchi, dell'università di Tokyo. «È un robot che
impara vedendo gli uomini danzare», ha detto lo
stesso ricercatore intervenuto all'ICRA. «Abbiamo
progettato il robot con almeno due obiettivi, il
primo è trovare una soluzione alla progressiva
scomparsa di molte danze tradizionali giapponesi,
il secondo, è combinare arte e scienza in un modo
impensabile fino a pochi decenni fa».

Il dancing robot è antropomorfo ed è alto come un


essere umano. Ha una struttura massiccia, di metallo color argento e blu, con qualche
tocco di giallo, ma nel filato che è stato mostrato si muove con la stessa leggerezza della
danzatrice in carne e ossa che gli è vicina. Funziona grazie a un programma messo a
punto dallo stesso gruppo giapponese, basato sull'apprendimento come dimostrazione: il
programma osserva i movimenti dell'essere umano che gli è davanti e, grazie ad esso, il
robot imita gli stessi movimenti. I movimenti della danza sono registrati e quindi suddivisi
in segmenti molto elementari. Su questa base viene elaborato il programma che controlla i
movimenti del robot, tenendo conto naturalmente delle differenze strutturali del corpo
umano e del corpo del robot.

CHILD ROBOTS

Il suo nome è “BabyBot”: è nato presso i laboratori di


robotica dell'Università di Genova ed è la punta di diamante
del progetto “ADAPT” finanziato dalla Commissione
Europea per esplorare le frontiere tecnologiche
dell'intelligenza artificiale.
BabyBot somiglia, per forma e dimensioni, ad un bambino di
due anni: coordinati dal prof. Giorgio Metta, i ricercatori del
progetto ADAPT vogliono scoprire i segreti
dell'autopercezione, l'affascinante processo psicocognitivo
alla base dell'autocoscienza. “Il senso della presenza”, dice
Metta, “è praticamente la nostra coscienza”: BabyBot sarà il
banco di lavoro per ricreare artificialmente questo “senso”. Gli scienziati impegnati
nell'iniziativa, infatti, credono sia possibile “controllare parametri ben precisi per capire
esattamente come avviene la percezione degli ambienti circostanti”, una capacità che
prende sostanza nei giovani esseri umani a partire dai primi sei mesi d'età. “Il robot ci
permetterà di scoprire, attraverso i settaggi, quali sono i dettagli delle interazioni tra bimbo
ed estranei, tra bimbo ed oggetti, tra bimbo e genitori”, specifica Metta.
Il tutto si basa su un modello matematico che considera l'autocoscienza come un
processo d'azione, cognizione e percezione: un bambino, secondo le specifiche del
modello ADAPT, immagina che gli oggetti in un ambiente non siano “reali”, ma parte d'un
processo percettivo generale. Solo dopo aver “toccato” l'oggetto, dicono gli esperti di
ADAPT, il bambino riesce ad “oggettivarlo” nel suo contesto fisico. Alla stessa maniera,
l'obiettivo di BabyBot è permettere la scoperta di un meccanismo d'oggettivazione della
realtà da utilizzare nell'ingegneria robotica. “È il primo passo per capire ed affrontare
questo problema”, dice Metta.
E non si tratta di un obiettivo facile da raggiungere: la prima idea del Babybot, “gemello” di
un altro ambizioso progetto, “iCub”, risale al 1996. Per il momento, BabyBot è riuscito ad
analizzare, toccare ed afferrare oggetti fisici nel corso di due esperimenti. In laboratorio, è
stato capace di identificare alcuni semplici oggetti e separarli dal resto del contesto. Un
piccolo passo, per noi umani, ma un enorme balzo in avanti per lo studio dei meccanismi
di intelligenza artificiale. “Il progetto avrà un impatto notevole e numerose applicazioni
pratiche, dalla psicologia allo sviluppo di nuovi robot, per arrivare alla creazione di
ambienti di realtà virtuale”, conclude Metta.

L'Istituto Italiano di Tecnologia (IIT), con la collaborazione dell'Istituto di Robotica


dell’Università degli Studi di
Genova, della Scuola superiore
S. Anna di Pisa, l'Università
britannica di Stanford, quella di
Lisbona, di Tokyo e il
Massachusetts Institute of
Technology, ha realizzato il
primo prototipo di “RobotCub”,
un robot che riprende forma e
dimensioni di un bambino di
circa due anni e mezzo di età, la
cui casa, a partire dall'anno
prossimo, sarà proprio la nuova
sede dell'IIT a Genova, che
fungerà da centro di
coordinamento, sviluppo e
formazione del progetto. Proprio
il modello progettuale scelto per
la realizzazione di RobotCub
(cub significa cucciolo)
rappresenta la prima e
importante novità dell'iniziativa, perché si basa sui principi concettuali dell'open source,
sistema già ampiamente applicato nell'ambito del software. L'idea è quindi di dare vita a
una rete di laboratori, scienziati (tra cui i quattro direttori della ricerca dell'Iit) e ingegneri di
tutto il mondo per collaborare al progetto scambiandosi informazioni, scoperte,
conoscenza, al fine di accelerare il processo di sviluppo. A cui tutti potranno partecipare,
essendo open source, e sviluppare ulteriori componenti e ambiti applicativi che potranno
essere brevettati e quindi utilizzati commercialmente.
RobotCub dovrà essere dotato di una intelligenza artificiale (cervello ibrido bio-elettronico)
capace di interagire con l'ambiente, di apprendere e creare risposte all'ambiente sempre
nuove e contestualizzate. Il primo prototipo ha un'intelligenza ancora legata a chip
elettronici “tradizionali”, ma l'IIT sta sviluppando reti neurali in grado di riprodurre in modo
più complesso l'intelligenza. Inoltre, le parti di RobotCub saranno costruite con nuovi
materiali (molli, flessibili, resistenti, elastici) in modo da dotare il corpo di una resistenza e
una capacità di movimento sempre più ampia (l'intelligenza è direttamente correlata alla
capacità di “manipolare”l'ambiente esterno). RobotCub poi avrà anche la capacità di
autoriparare i suoi tessuti principali, novità assoluta, che
consentirà al robot di poter compiere missioni per esempio in
luoghi remoti.

Il modello dell'open source applicato alla ricerca rientra nel più


ampio concetto di “open innovation”, cioè una maggiore
condivisione della conoscenza, come quando Microsoft ha
condiviso i risultati di alcune sue ricerche - che non avrebbero
avuto futuro nei suoi prodotti - con aziende esterne, in particolare
esordienti, per permettere loro di sfruttarle e trasformarle in
prodotti e soluzioni.

Nel 2005, il numero delle nascite ha toccato in Giappone il punto


più basso della storia. Per rimediare, l'Agenzia Nazionale per la
Scienza e la Tecnologia ha presentato ad Osaka “CB2”, (Child-
Robot with Biomimetic Body), un robot bambino con un corpo
biomimetico, alto 1 metro e 30 centimetri che pesa 33
chilogrammi, pensato per emulare le abilità fisiche e sensoriali di un cucciolo d'uomo di 18
mesi.

Con l'invecchiamento progressivo della


popolazione giapponese (e non solo), ormai
è dato per scontato negli ambienti scientifici
che in un prossimo non troppo lontano
futuro, robot con sembianze umanoidi
saranno impiegati in massa al posto delle
odierne badanti per accudire le persone che
hanno bisogno di assistenza o di
compagnia.

CB2 è dotato di un sistema visivo, uditivo e


tattile che gli permette di acquisire dati
dall'ambiente circostante, grazie a 200
sensori sparpagliati sotto la pelle grigia in
silicone. Può compiere però movimenti
limitati: agitare gambe e braccia, voltarsi da
solo e mettersi in posizione eretta solo con
l'aiuto di una persona. Inoltre, rispetto ad altri modelli di automi sviluppati in Giappone,
capaci di interloquire con gli esseri umani, CB2 può comunicare solo con il movimento di
occhi e palpebre, espressioni facciali e versi tipici dei bambini. La particolarità di CB2
risiede nella sua capacità di acquisire dati dalle sue esperienze, che, in teoria, gli
consentirà di sviluppare un livello intellettivo pari a quello di un fanciullo di tre anni.
GEMINOID

Il professor Hiroshi Ishiguro, dell'Università di


Osaka, ha creato il primo robot-sosia, un robot
che gli assomiglia fisicamente, parla e si
muove esattamente come lui. Il robot,
chiamato “Geminoide”, è stato realizzato
prendendo a modello il suo stesso corpo e
utilizzando parte dei suoi veri capelli per
ricoprirne il cranio. È capace di sorridere come
un vero essere umano, grazie a più di
cinquanta microsensori e motori che gli sono
stati impiantati sotto la pelle. Ma non solo:
l'androide dà anche l'impressione che respiri, per via dell'aria compressa che gli viene
pompata nel corpo.

“All'inizio gli androidi possono fare una strana impressione”, ha detto alla Reuters Ishiguro,
“ma una volta che ci si comincia a parlare si smette di notare qualsiasi differenza e ci si
sente completamente a proprio agio anche a guardarli dritto negli occhi”.

EVER-1

La Corea del Sud ha presentato al mondo la sua prima creatura artificiale dall'aspetto
umano: Ever, ovvero Eva in versione robotica. Si tratta del primo esemplare di una serie di
androidi destinati a rivestire un ruolo importante nella
vita di tutti i giorni della società sudcoreana.

L'androide, che ricorda molto da vicino Repliee Q1, il


robot antropomorfo sviluppato dai ricercatori
giapponesi, è in grado di dialogare con gli umani
grazie ad un sistema di riconoscimento vocale. I molti
sensori ed oltre 15 microtelecamere permettono ad
Ever di riconoscere le emozioni degli interlocutori,
attraverso l'analisi dei movimenti, e l'uso di ben 35
micromotori simulano i muscoli facciali. Grazie a
questa dotazione, Ever può assumere una vasta
gamma di espressioni artificiali: dalla felicità allo
sgomento, dalla tristezza alla sorpresa.

Un guscio di silicone ricopre la struttura


metallica di Ever, così che la sua
“pelle” ha un aspetto assai simile a
quella umana. Alta 1 metro e 60
centimetri per 50 chili di peso, Ever è
stata presentata dal ministro delle
attività produttive come “una ragazza di
venti anni”, ha riportato il quotidiano
locale Chosunilbo.

L'industria robotica nazionale, spinta


dai finanziamenti del governo e
dall'obiettivo di portare gli automi in tutte le case dei cittadini, è intenzionata a produrre in
serie il modello Ever-1. Sviluppata nei laboratori del KITECH, l'Istituto Coreano di
Tecnologia Industriale, “Ever avrà il suo posto nei musei, nei negozi e negli sportelli
informativi”, ha dichiarato Baeg Moonhong, “padre” del robot.

L'unico limite attuale di Ever è che i suoi arti inferiori non possono muoversi. Ma solo per
poco tempo ancora: Baeg ha fatto sapere che “le prossime revisioni di Ever potranno
alzarsi e camminare”, oltre ad avere “nuove funzioni di riconoscimento delle emozioni”.

TOKYO:Robot che simula i movimenti del feto umano

Cheek to Chip: Dancing Robots and AI's Future

È nato il primo bambino-robot La Repubblica 09 marzo 2003

BabyBot, il robot della percezione di sé PI 04 maggio 2006

Hiroshi Ishiguro builds his evil android twin: Geminoid HI-1 21 luglio 2006

CB2 "Child Robot" returns: smarter, creepier than ever 06 aprie 2009

The Babybot project

RobotCub

EveR-1 - Wikipedia

Repliee Q1 - Wikipedia

KITECH

(pubblicato su Ecplanet 23-05-2006)

LE NUOVE LEGGI DELLA ROBO(E)TICA

Dopo Isaac Asimov, John S. Canning, del


Naval Surface Warfare Centre, Centro Studi di
Guerra della Marina statunitense, vuole
rimettere mano alle tre leggi della robotica.
Canning ha proposto che le macchine
possano colpire altre macchine quando
queste ultime stanno per colpire delle
persone. Ma c'è chi solleva una obiezione: se
il drone è lecitamente autorizzato a colpire
qualcuno che sta per colpire delle persone e,
per sbaglio, uccide un individuo lì vicino?

Ciò che preconizza Canning, guerre in cui siano coinvolti i robot, è un'ipotesi “fanta-
realistica”: già oggi, sono molti i robot da combattimento che i paesi più avanzati intendono
adottare o che sono in procinto di essere arruolati. Un esempio sono i droni missile sparati
per andare a caccia di obiettivi, o certi sistemi automatici di difesa. Ma manca una “guida
di riferimento” per il loro impiego, che si prevede sempre più massiccio.

Canning si spinge anche oltre, sostenendo che si può pensare di “equipaggiare le nostre
macchine con tecnologie non letali allo scopo di convincere il nemico ad abbandonare le
proprie armi prima che queste vengano distrutte dai nostri robot, e con armi letali per far
fuori gli armamenti”.

Le nuove regole proposte da Canning sarebbero uno smacco alle celebri tre Leggi della
Robotica ideate dal grande scrittore di fantascienza Isaac Asimov, che escludevano a
priori la possibilità che un robot potesse nuocere ad un essere umano.

New Laws of Robotics proposed for US kill-bots The Register 13 aprile 2007

La Corea del Sud ha annunciato l'imminente


pubblicazione del “Codice Etico dei Robot”, un
documento che si prefigge di proteggere i robot da
eventuali abusi umani, e viceversa. “Il Governo ha
previsto la redazione di un set di linee guida che
riguardano i ruoli e le funzioni dei robot, in linea
con i prossimi sviluppi dell'intelligenza artificiale”,
ha dichiarato il Ministro coreano del Commercio,
Industria ed Energia.

La Corea del Sud, infatti, ha identificato la robotica


come un motore economico di riferimento,
investendo tantissimo nella ricerca di settore. Il team di esperti, che include futurologi e
scrittori di fantascienza, che è già al lavoro da tempo sul progetto, ha fissato il
completamento del Codice per la fine del 2007. Sembra una coincidenza, ma è
stranamente la stessa indicazione temporale che prevista per la commercializzazione
delle prime robosentinelle made in Corea (Security Guard Robots) armate di mitragliatrice
automatica.

I coreani, che dispongono sia di connessioni broadband ad altissima velocità che di reti
mobili all'avanguardia, sono come un modello sia per l'Oriente che per l'Occidente. Il
Governo locale, ha previsto che tra il 2015 e il 2020 ogni famiglia coreana disporrà di un
robot domestico, i cosiddetti automi UCR (Ubiquitous Robotic Companion). “Immaginate
se qualcuno trattasse gli androidi come se fossero delle mogli”, ha dichiarato Park Hye-
Young, esperto del settore e co-redattore della Robot Ethics Charter, “altri potrebbero
diventare dipendenti come avviene ai drogati di Internet”. Le norme secondo Hye-Young
dovrebbero servire come protezione e salvaguardia dell'uomo, sebbene altri studi, come
quelli commissionati dal Governo anglosassone, prevedono che fra circa 50 anni i robot
potrebbero vantare gli stessi diritti dell'essere umano.

Apprezzano la linea d'azione coreana gli esperti dello European Robotics Research
Network, che stanno lavorando a un altro set di linee guida per l'utilizzo dei robot da
presentare al prossimo Innovation and Entrepreneurship in Robotics and Automation
Forum di Roma. “Nel 21esimo secolo l'umanità coesisterà con la prima intelligenza aliena
con cui siamo mai entrati in contatto - i robot”, si legge sulla bozza del documento. “Sarà
un momento ricco di problemi di carattere etico, sociale ed economico”.
(pubblicato su Ecplanet 02-05-2007)

Seoul lavora sul primo Codice Etico per robot PI 09 marzo 2007

Nei robot sudcoreani le 3 leggi di Asimov Corriere della Sera 11 marzo 2007

South Korea creates ethical code for righteous robots New Scientist 08 marzo 2007

Korea Picks 'Ubiquitous Robot Companion' Network Partner 29 giugno 2006

Top 5 Bomb-Packing, Gun-Toting War Bots the U.S. Doesn’t Have 13 febbraio 2008

Samsung SGR-A1 - Wikipedia

LA RIVOLTA DEI ROBOT

“Qualsiasi robot potrà ribellarsi, da Aibo a Terminator, per questo è cruciale fin da ora
imparare a conoscere la forza e la debolezza di ogni robot nemico”.
È quanto dichiara Daniel H. Wilson autore del libro “How to Survive
a Robot Uprising: Tips on Defending Yourself Against the Coming
Rebellion” (“Come Sopravvivere alla Rivolta dei Robot: Dritte per
Difendersi dalla Ribellione Prossima Ventura”).

Ciò che rende particolarmente “cool” (fico) questo libro è la giusta


dose di ironia che lo caratterizza rispetto ad altri manuali di
sopravvivenza. Wilson, che è un vero esperto di robotica laureatosi
recentemente alla Carnegie Mellon, descrive uno scenario
eccentrico: l'attacco di robot umanoidi dai tratti spaventosi basata su dati reali. È proprio
l'ironia di fondo, in contrasto con il realismo della minaccia dei robot-killer, che ha dato non
poco fastidio al mondo accademico, che ha accolto il libro di Wilson con forte scetticismo.

“È comprensibile”, ha detto Wilson, “la robotica costituisce un grande business, e quelli


che ne sono coinvolti non gradiscono pubblicità negative, perfino qui alla Carnegie Mellon,
dove perlopiù si costruiscono robot per fare il solletico ai vermi dell'Antartico”.

Il libro di Wilson, fin dalla grafica, che incorpora immagini di


videogiochi arcade e di b-movies di fantascienza, ai tempi in cui il
robot era ancora visto come una creatura mostruosa, alla
Frankenstein, che si ribellava contro il suo stesso creatore,
racconta di una “nefasta mente robotica” e dispensa consigli per la
sopravvivenza, alcuni grotteschi, tipo: “per riconoscere se una
nuova conoscenza è una vera persona o un robot umanoide,
provate a sentire se odora come un pallone da calcio nuovo di
zecca”, altri più seri, come ad esempio: “un robot che cercherà di
scovarti per eliminarti con il suo raggio laser userà immagini
termiche basate sulla temperatura della pelle umana, per
confonderlo basterà ricoprirvi di fango”; oppure: “se siete inseguiti
da un veicolo robot, scappate verso un'area rustica, non mappata,
con molti ostacoli”; o ancora: “se il tuo robot casalingo cablato con telecamere di video-
sorveglianza e computers cerca di intrappolarti, fatelo a pezzi con una scure e non usate il
vostro cellulare, altrimenti vi localizzerà”.
Con intelligenza e ironia, Wilson gioca sui paradossi della società “robolobotomizzata”
verso cui stiamo andando incontro, cercando di educare il lettore riguardo l'invasione
tecno-robotica prossima ventura. Il lettore viene informato della storia della robotica, dei
progressi dell'Intelligenza Artificiale, e i problemi su cui gli scienziati stanno ancora
lavorando, seguendo rotte non sempre lineari.

(Pubblicato su Ecplanet 16-11-2005)

How to Survive a Robot Uprising - Wikipedia

The Robotics Institute

Università di Osaka

Naval Surface Warfare Centre

European Robotics Research Network

Fondazione Istituto Italiano di Tecnologia

L’UOMO-MACCHINA

PORNO CYBORG

OUT OF CONTROL

Il Nostro Futuro Postumano

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