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COMUNITA’ MONTANA
LARIO ORIENTALE
Silvio Saglio
e le prime guide delle Grigne
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Hanno partecipato alla realizzazione di questo numero:
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S.E.L. Società Escursionisti Lecchesi
S.E.C. Società Escursionisti Civatesi
Fanno parte del gruppo di lavoro di MOdiSCA (Montagne di Scatti)
Cesare Perego (rapporti istituzionali e associazioni)
Sabrina Bonaiti (acquisizione interviste, raccolta materiale
Con il patrocinio di
documentario e fotografico)
Mirella Tenderini (raccolta materiale documentario e
fotografico)
Greta Valnegri (coordinatrice del progetto)
Alberto Benini (acquisizione interviste, raccolta materiale
documentario e fotografico)
Alberto Berti (responsabile portale e protocolli biblioteca
digitale)
Carlo Caccia (acquisizione interviste, raccolta materiale
documentario e fotografico)
Ferruccio Ferrario (acquisizione interviste, raccolta materiale
documentario e fotografico)
Renato Frigerio (raccolta materiale documentario e fotografico)
Ruggero Meles (acquisizione interviste, raccolta materiale
documentario e fotografico)
Giorgio Spreafico (acquisizione pagine storiche giornale “La
Provincia”, raccolta materiale documentario e fotografico)
Paolo Tentori (responsabile buone pratiche digitalizzazione,
registro metadati e protocolli biblioteca digitale)
Copertina:
La Grignetta e i Piani Resinelli negli anni ’30
(archivio Dario Cecchini)
aggiornamenti settimanali sul sito di MOdiSCA per anni... Museo Naturalistico del Parco Valentino ai Piani Resinelli.
Questo secondo quaderno vede la luce in coincidenza Che dire di piu? Un ringraziamento a tutti per le
con la serata di ringraziamento per tutte le persone testimonianze, per i film, le foto, i racconti, ma
che hanno fatto la storia della montagna lecchese ed soprattutto per l’entusiasmo che ci conferma che questo
hanno voluto collaborare con noi fino ad oggi e siamo lavoro resterà nella storia della gente lariana.
nell’ordine delle decine e decine di alpinisti, fotografi,
cineoperatori, storici, escursionisti, montanari.
In questo contesto si situa la testimonianza di Gastone Aldé, erede di una dinastia cresciuta sui ripidi pendii del
Monte San Martino, che ha dato lezioni di montagna anche a Casimiro Ferrari, un alpinista a cui Gastone si è legato
sulle montagne della Patagonia.
Fra i fondatori del gruppo Ragni ci sono Giulio Bartesaghi, Franco “Piccolo” Spreafico, Emilio “Topo” Ratti e
subito dietro di loro, in ordine sparso Luciano “Cianin” Riva, Giuseppe “Pepetto” Spreafico, Pierdavide “Cito”
Pennati, Giovanni “Stizza” Carcianiga, Gianfranco Anghileri, Silvio Fezzi, che ne fu il primo presidente, seguito
nel 1952 da Vasco Cocchi . Operativamente ai margini del gruppo, ma ben presente nei momenti topici, Sergio
“Lada” Ghiraldini.
Altri rincalzi sono nel 1953 Renzo Battiston e Battista Corti. Li seguono, l’anno dopo, Claudio Corti e Romano
Perego, tutti alpinisti di grande caratura e di notorietà molto inferiore ai loro meriti.
Ma le montagne, per fortuna, non sono solo di chi le vede da vicino. Anzi, viste da lontano, sembrano incantare
ancora di più.
Gli alpinisti brianzoli, milanesi o bergamaschi raccontano di essere stati quasi rapiti da questa visione che poi li
costringerà per tutta la vita a salire là dove lo sguardo era già arrivato. Abbiamo scelto di cominciare ad intervistarne
alcuni, scelti per primi, a rappresentare i loro territori.
Immaginiamo di essere in cima alla Grigna o al Resegone e di lasciar correre lo sguardo verso la pianura. Ecco là in
fondo c’è Monza; come non pensare ai “Pell e Oss”? Dalle loro fila sono usciti alpinisti come Walter Bonatti, un
mito per generazioni di scalatori che ha accettato di raccontarci la storia dei suoi inizi sulle pareti. Josve Aiazzi ci
ha invece parlato di Andrea Oggioni, suo compagno in mille avventure. La storica cordata Vasco Taldo - Nando
Nusdeo si è ricomposta per accompagnarci nella storia del gruppo e delle loro grandi scalate, mentre Florio Casati,
tra i fondatori del gruppo monzese, ci ha descritto le prime uscite sul treno delle 5.20 da Milano.
E sul treno delle testimonianze sono saliti altri alpinisti: a Milano Luciano Tenderini, a Merate Tino Albani.
A Calolziocorte si sono poi aggiunti i “bergamaschi” Andrea Cattaneo, caprinese e direttore per molti anni della
scuola “Leone Pelliccioli “di Bergamo e Mario Burini di Vercurago “il re della Spedone”, parete meglio conosciuta
con l’eloquente nome di “Fracia”.
Da Giussano, finalmente, una donna: Teresina Airoldi, che può vantare, tra le tante salite, la prima ripetizione della
via del Fratello al Badile, e che si è illuminata ricordando la sua seconda salita, ormai più che sessantenne, alla via di
Riccardo Cassin sulla Nord-est del Badile.
Abbiamo cominciato da loro e dagli archivi fotografici di Mario “Boga” Dell’Oro, Ercole “Ruchin” Esposito e di
Rocco Spini, alpinisti dell’epoca classica. Moltissimi avrebbero diritto di affiancarli: ci perdoneranno, ma da qualche
parte abbiamo dovuto cominciare. Speriamo di arrivare a tutti.
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Prove tecniche di guida: sulla “Rivista Mensile” del C.A.I.
di Carlo Caccia
Anno 1905: sulla “Rivista Mensile” del CAI, in rapida successione, appaiono due ampie monografie – I Torrioni Magnaghi di Angelo
Rossini e La Cresta Segantini di Eugenio Moraschini – che di fatto inaugurano la pubblicistica legata all’arrampicata nelle Grigne.
Entrambi gli articoli, il secondo dei quali occupa ben diciotto pagine, toccano pressoché tutti gli aspetti riguardanti i loro soggetti
e hanno verosimilmente rappresentato, trentadue anni prima della pubblicazione della guida di Silvio Saglio (che al momento
opportuno non li dimenticò), dei preziosi vademecum per coloro che intendevano affrontare quelle rocce. Il lettore e lo studioso
moderni, in quegli scritti, possono invece scoprire aspetti trascurati della storia del gruppo calcareo lecchese e poi cogliere, al di
là dello stile datato dei due autori (che non
compromette la godibilità dei testi), alcuni
elementi ancora assai attuali.
Di particolare interesse, in entrambi i contributi,
le informazioni toponomastiche. Angelo Rossini
ci informa infatti che fu Giulio Clerici, il 12 marzo
1900, a proporre all’assemblea del CAI di Milano
«di battezzare col nome del povero Magnaghi
(Carlo Magnaghi, nato nel 1851, presidente
della sezione meneghina del sodalizio alpinistico
nazionale dal 1884 al 1887, scomparso il 12
febbraio 1900, ndr) quel nudo contrafforte
roccioso» e precisa che «i presenti accolsero
con gran plauso l’idea». A proposito della
Cresta Segantini, invece, nello scritto di Eugenio
Moraschini possiamo leggere che «fu nel 1899
[...] che il geniale e valoroso alpinista Giulio
Clerici, rompendone l’assoluta castità», pensò
di “imporre” alla cresta «il nome di Giovanni
Segantini» (il famoso pittore, nato nel 1858 e
scomparso proprio nel 1899). Tanto i Torrioni
Magnaghi quanto la Cresta Segantini devono
quindi i loro nomi alla prematura dipartita di due
illustri personaggi e, soprattutto, alla premura del
Clerici.
Attenzione, però: al momento dei “battesimi”
sia i torrioni sia la cresta erano ancora inviolati
e, nel caso dei primi, il Rossini ci fa sapere
che «dubitavasi [...] che si riuscisse a domare
la rupe e che si potesse quindi dare al voto
Immagine dell’assemblea completo esaudimento». Al CAI
a tutta pagina di Milano, tuttavia, «v’erano amici affezionatissimi
tratta dalla del Magnaghi, ai quali era sacro quel voto
“Rivista Mensile” solenne, e fra quegli amici era Giacomo Casati».
del 1905 e Scattò così una «nobile gara di investigazioni e di
raffigurante il ardimenti» la cui fase iniziale, di studio, ebbe «il
versante più solo risultato [...] di persuadere gli assalitori che
domestico la fortezza fosse assolutamente inespugnabile
dei Torrioni dal versante del Canalone Porta».
Magnaghi, sul
quale vennero LA CONQUISTA DEI MAGNAGHI
tracciate le E IL CELEBRE “TRAVERSINO”
prime vie di L’attacco decisivo scattò il 15 aprile 1900,
ascensione domenica di Pasqua. Giacomo Casati, Emilio
Buzzi e Giovanni Ghinzoni, seguiti da Anacleto
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Mariani e Luigi Colombo, raggiunsero il versante orientale dei
Torrioni e lì si divisero: «La prima comitiva attaccò direttamente
le balze ripidissime della parete orientale; la seconda, con un
largo giro, si portò più in alto, verso un canale a settentrione».
Così, dopo circa un’ora, la prima cordata si ritrovò in vetta al
Torrione Meridionale mentre la seconda raggiunse la sommità
di quello Centrale. «Credevano allora gli alpinisti – continua
Rossini – di potersi riunire per inneggiare insieme alla doppia
vittoria, ma un abisso spalancato ai loro piedi li doveva fermare.
La cima della rupe [...] era in realtà divisa da un profondo intaglio
in due punte distinte». Così Casati non si sentì soddisfatto:
«Egli avrebbe dovuto superare anche il breve tratto di cresta
interposto fra le due punte e raggiungere da quella parte la punta
più elevata».
L’anno seguente, dopo aver osservato la «voragine fra i due
Torrioni», Casati si lancia nella «temuta traversata». Con
Giuseppe Gugelloni, Alessandro Bossi e Angelo Rossini (l’autore
dell’articolo), soci del CAI, e inoltre con Giuseppe Brambilla e
G.B. Robbiati, iscritti alla SEM, il nostro protagonista scende
«a due terzi dell’intaglio» e, «dopo un rapido esame dell’abisso,
audacemente spicca un salto, si aggrappa alla parete opposta,
fa un passo, poi un altro in salita, si ferma un istante e prende
a strisciare di traverso». Gli sguardi dei compagni sono fissi
su di lui, «quasi a contare le contrazioni dei suoi muscoli»,
finché con un sospiro di sollievo «Casati [...] accelera le mosse
e raggiunge la meta. Egli ha vinto, completamente vinto» e il
celebre “traversino” dei Magnaghi, destinato a diventare lo
spauracchio di generazioni di rocciatori, è realtà. Lo stesso
Rossini, in una riga e mezza da incorniciare, definisce quel tratto
«assolutamente da sconsigliare a chiunque non voglia mettere
inutilmente a repentaglio la propria vita».
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terza discesa della cresta (15 agosto 1904). discesa», Moraschini aggiunge che «essa discesa ci sembra
A questo punto, con queste parole: «L’idea di una visita alla più interessante, mentre la via di salita riesce più difficile ad
Cresta Segantini sorse in me ai primi di giugno di quest’anno essere rinvenuta da chi non l’abbia mai percorsa». Seguono una
(1905, ndr)», la narrazione di Moraschini entra nel vivo e dopo dettagliata descrizione dell’itinerario (naturalmente nel senso
una pagina in cui il nostro riferisce del suo tentativo in discesa della discesa, vista la premessa) e alcune, ancora attualissime,
dell’11 giugno 1905 (compiuto con Giuseppe Clerici e Angelo considerazioni conclusive. Moraschini, ad esempio, prima
Rossini) e poi del successo, sempre in discesa, del 29 giugno afferma che «la Cresta Segantini potrà [...] diventare una vera
successivo (Moraschini, Rossini e Aldo Casiraghi), il corsivo «8 e e grande palestra alpinistica, oltre che un superbo campo di
9 ottobre 1905» annuncia l’inizio del racconto della prima salita allenamento per più alte imprese» e poi dichiara che «non sarà
(finalmente!) della celebre cresta. L’avventura – con Moraschini, mai sufficientemente biasimata l’iniziativa di chi, allo scopo di
questa volta, c’è di nuovo Giuseppe Clerici – comincia all’una cooperare alla facilitazione delle vie belle ma alquanto astruse
di notte da Mandello e alle 7.30, dopo aver raggiunto il Colle della Segantini, credesse opportuno di farvi segnalazioni o
del Pertusio (dove oggi sorge il rifugio Rosalba), i due pionieri agevolazioni con messa di corde nei punti più difficili, o con
arrivano alla «sella erbosa posta ad oriente della Piramide posa di scale o pioli in altri punti che ora si devono girare per la
Casati»: il Colle Valsecchi. Da lì, al posto di dirigersi subito verso loro inaccessibilità». Neppure due anni dopo aver scritto queste
la vetta della Grignetta, Moraschini e Clerici salgono alcune parole, nel luglio 1907, il ventisettenne Eugenio Moraschini trovò
guglie nelle vicinanze (le attuali Torri Moraschini e il Torrione la propria fine sulla Meije, nel Delfinato: anche a lui, come al suo
Palma) e soltanto il giorno successivo partono per la meta finale, predecessore Giacomo Casati, fu fatale il candido richiamo delle
dove arrivano senza alcun intoppo alle 11.30. Così, dopo aver splendide Alpi Occidentali.
affermato che «la salita della Cresta Segantini [...] a parere del
collega Giuseppe Clerici e mio, può equivalere in difficoltà alla
L’immagine
di apertura
dell’articolo
di Eugenio
Moraschini offre
una visione di
insieme della
cresta, da un
“negativo di
O. Silvestri -
Milano”
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Fra le illustrazioni della monografia dedicata nel 1905 alla Cresta Segantini, si trova la riproduzione di questo schizzo topografico della
Grigna Meridionale, opera di Giuseppe Clerici, uno dei più profondi conoscitori della Grigna
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1917 sui uno dei contrafforti del Monte Grappa), Fasana e
Dalla guida del S.U.C.A.I. Gnesin.
a quella di Silvio Saglio Alcune fra le 24 vie menzionate sono le vere e proprie vie
normali, già all’epoca prive di qualsiasi valore alpinistico
di Alberto Benini (Casati, Palma). Per le altre ci muoviamo invece su difficoltà
mediamente di 3° grado (Campaniletto, Angelina, Magnaghi)
Solo recentemente e per merito dell’assiduo studio di Lorenzo che raggiungono, in qualche caso, anche il 4° grado/4° grado
Revojera, le vicende del S.U.C.A.I., la Sezione Universitaria del superiore (Sigaro, Fungo, Costanza). Risulta del tutto episodico
Club Alpino viene a (ri)prendere nella storia alpinistica italiana l’uso di chiodi di progressione (come nel caso del Sigaro)
il suo ruolo, soprattutto grazie al volume Studenti in cordata, mentre due itinerari, la normale alla Mongolfiera e lo spigolo S
pubblicato nel 2008 da Vivalda. dell’Ago Teresita, richiedono macchinosi artifici oggi dimenticati,
È proprio a questa istituzione che si deve, nel 1925, la come si vede dalla nota tecnica di quest’ultima salita che si
realizzazione della prima monografia uscita autonomamente riporta per il suo valore storico e la sua curiosità:
sulla Grigna Meridionale, curiosamente “appaltata” nella Dalla Direttissima per il Canalone di Val Tesa continuare dopo
realizzazione al Gruppo Amatori delle Alpi, una delle molte l’attacco della Guglia Angelina, per una decina di minuti, così
minuscole stelle che compongono,
fino all’affermazione del Fascismo Lo schizzo
la nebulosa dell’associazionismo schematico che
escursionistico-alpinistico milanese riassume la parte
che stampava un proprio giornale dal escursionistica
significativo titolo “La rupe”. della guida
La piccola (11,5 x 18 centimetri) e S.U.C.A.I del
agile guida (56 pagine in tutto, cucite e 1925. Le due sigle
racchiuse in una copertina di cartoncino Rg e RC
leggero) appare per molti versi davvero dovrebbero
moderna e fotografa, nelle parole di indicare
Gianni Barberi e negli schizzi di Angelo rispettivamente
Calegari, una Grignetta appannaggio i rifugi Grigna
esclusivo dei milanesi, dove ogni guglia e Coera
(con l’eccezione della Punta Giulia) è
stata raggiunta per la via normale.
La descrizione dei sentieri, che viene
rimandata ad un secondo volume che
non vedrà mai la luce, è sostituita da
uno schizzo schematico a doppia
pagina che segue la descrizione della
via di salita alla Torre Dito (oggi Dito
Dones), unica guglia presa in esame
non appartenete alla Grignetta vera e
propria.
Si tratta di una rassegna pressoché
completa delle vie tracciate fino ad
allora, con l’eccezione di alcune salite
dovute ad arrampicatori (sempre
milanesi) molto brillanti come
Gaetano e Antonio Polvara, Eugenio costeggiando l’intera parete E della medesima, si giunge
Fasana,Vitale Bramani, il quasi sconosciuto (e dimenticato) all’intaglio tra l’Ago e la Guglia precisamente ai piedi dello
Lucio Lucini, Arturo Andreoletti, Erminio Dones, Angelo Vassalli spigolo N di quest’ultima. Da questo punto la parete del Teresita
e Carlo Prochownick che hanno già intrapreso salite con un si presenta assolutamente verticale, qua e là leggermente
atteggiamento sportivo che va oltre la mera conquista della strapiombante, tanto che, per parecchi anni non si poté altro
singola torre, ma mira a percorsi che ne valorizzino particolari che superarla con mezzi artificiali.
strutture morfologiche. Credo opportuno descrivere qui il metodo comunemente usato
Stupisce la sistematica omissione dei nomi dei vincitori dei e che è lo stesso seguito dai primi salitori.
singoli torrioni, nemmeno raccolti in un elenco o citati in alcun Si risale il percorso in discesa della Guglia Angelina sino a
modo con le eccezioni di Dones, Vassalli (che era perito nel portarsi in quella nicchia dove si trova ben fissato il chiodo
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dell’Angelina si lascerà scorrere la corda facendo attenzione
Il tracciato di che essa fili bene senza eccessive scosse. Dal versante O
ascensione del Teresita si provvederà a ben fissare, mediante un solido
dello spigolo S chiodo, il capo della corda. Così, rapidamente, sarà fissata la
dell’Ago Teresita, corda necessaria per superare la ventina di metri che formano,
oggi via A.P.E. diciamo così, l’attacco del Teresita. Sollevandosi in parte a forza
di braccia ed in parte aiutandosi con qualche buon appiglio, o ,
meglio aiutandosi con qualche altro mezzo artificiale, si giunge
al gradino dello spigolo del Teresita.
Da questo punto la salita continua tenendo sullo spigolo S-O,
salvo qualche variante di pochi metri, si giunge in tal modo,
sempre seguendo i chiodi abbondantemente seminati, in circa
45 minuti sull’aerea vetta.
Discesa per la medesima via a rapide corde doppie. Ritornati
al gradino, l’ultimo di cordata avrà la precauzione di lanciare
fuori la corda occorsa nella salita; un chiodo saldamente infisso
servirà per l’ultima discesa.
Sarà questa la pubblicazione che aprirà la strada della grande
frequentazione della “casa comune degli alpinisti lombardi” e
suggerirà implicitamente quel fiorire di nuovi percorsi che, nella
dozzina d’anni che separa il suo apparire da quello della guida
di Silvio Saglio, faranno della Grignetta la più frequentata meta
delle montagne italiane.
Inutile qui ripercorrere per filo e per segno qui la sua
storia alpinistica che viene qui di seguito sunteggiata nelle
parole di Silvio Saglio, e per la quale si può oggi rinviare
all’approfondita trattazione che Giancarlo Mauri le sta
dedicando, puntata dopo puntata su “Vertice”, l’annuario
della sezione del C.A.I. di Valmadrera.
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compiute le più importanti arrampicate con l’impiego della
La storia alpinistica raffinata e sviluppata nuova tecnica di arrampicamento.
della Grigna A un decennio di distanza dal rito augurale della fondazione del
Club Alpino Italiano si ebbe nel 1873 la creazione della Sezione
di Silvio Saglio di Milano con primo presidente l’abate Antonio Stoppani, nato
a Lecco, il quale, ardimentoso scalatore di vette e, valentissimo
perlustratore, giovò moltissimo con la potenza persuasiva del Lo schizzo a
Il paragrafo che Saglio dedica alla storia dell’alpinismo, resterà pagina 144
per molti anni (pur nella sua laconicità) l’unico bilancio insieme suo stile, a promuovere il ferace connubio dell’alpinismo con la
scienza. della guida del
complessivo e dettagliato di quanto svoltosi sulle rocce della Grigna. Saglio. Analoghi
Lo riproduciamo proprio per questo suo valore documentario. Un anno dopo, il 17 ottobre 1874, si ebbero le prime
esplorazioni di carattere alpinistico con la salita per la via dei schizzi sono
Chignoli e la discesa per il Canalone della Grigna Settentrionale, dedicati alla
La cronaca alpinistica pur essendo limitata in relazione costiera del San
all’estensione del gruppo, ha avuto gli stessi aspetti di quella di compiute dal Gavazzi che si fece accompagnare per l’occasione
da una guida di Courmayeur e da un portatore locale. Martino, alla Gri-
altri più importanti settori della catena alpina, e sotto un certo gna Settentrio-
punto di vista ha presentato caratteri ancora più marcati e più Dovevano passare vent’anni da quella data prima che si
effettuassero altre salite di una certa importanza, quale la nale, al Nodo del
definiti. Monte Pilastro,
Vi si possono infatti distinguere i tre periodi che rispecchiano il Traversata alta delle Grigne del Ganazzoli e la conquista della
Grignetta dalla Val Scarettone, compiuta dalla guida Locatelli, alla Costiera del
reale sviluppo all’alpinismo italiano. Il primo, quello dei pionieri, Monte Palagia
va dal 1874 al 1900 con la salita dei Torrioni Magnaghi; il da Banda e da Prina.
Negli anni successivi (1895 e 1896) si riscontra il fatto curioso e da ultima alla
secondo, degli alpinisti, arriva alla Grande Guerra, e l’ultimo Catena dei Pizzi
quello del rocciatori si è andato sviluppando in questi ultimi che i nuovi tracciati prendono tutti il nome dei loro primi
salitori: così il Canalone Caimi salito da Paolo Caimi, la Cresta di Parlasco
anni con una fase più intensa nel 1933-1934, nella quale furono
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Sinigaglia percorsa da Giorgio Sinigaglia con la guida Locatelli,
Lo schizzo e il Canalone Porta rimontato da Carlo Porta con la stessa
di pag. 206 guida.
della guida del Dopo la stasi provocata dalle condizioni generali demoralizzanti
Saglio (opera di di quell’oscuro e triste periodo italico, si ebbe un forte risveglio
Binaghi) col principio del nuovo secolo (1900), in cui l’alpinismo
rappresenta lombardo per la prima volta venne a contatto con la roccia,
la parete E
e vinse il Torrione Magnaghi Meridionale (Casati - Buzzi -
del Magnaghi
Ghinzoni) e il Torrione Magnaghi Centrale (Colombo - Mariani).
Centrale.
Questo potente risveglio determinò un nuovo periodo, quello
I tracciati si
alpinistico, che si inizia nel 1901 con la traversata dei Torrioni
riferiscono alle
Magnaghi (Casati - Gugelloni - Bossi - Rossini - Brambilla -
vie Gandini (116f)
Robbati), la salita al Torrione Clerici (Dorn) e la leggendaria
e Fasana (116e)
discesa della Cresta Segantini (Casati).
Nel 1903 Porta e Buzzi compiono la scalata della Piramide
Casati, formante allora uno dei primi Torrioni della Cresta
Segantini, la quale veniva percorsa in salita due anni dopo, nel
1905, da Moraschini e Clerici.
Limitata fu l’attività del 1906 e del 1907 che vanta solo alcune
vie secondarie al Torrione Clerici, e alla Torre Cecilia, e il primo
percorso della Cresta del Giardino.
Ma la stagione del 1909 fu veramente rivoluzionaria per
merito specialmente dell’Andreoletti e del Prochownick che
divulgarono fra i nostri giovani le arrampicate dolomitiche,
vincendo lo spigolo NO della Torre Cecilia e la parete NO del
Torrione Clerici, e svilupparono nel successivo 1910 il loro ardito
programma con altre vie alla Torre Cecilia e sulla parete NO
della Piramide Casati.
L’anno dopo ancora l’Andreoletti in cordata con Berto Fanton
spinge le conquiste sul Cinquantenario e sull’Angelina, imitato
dal Fasana che inizia la sua attività con la salita della parete E
del Torrione Magnaghi Centrale e della parete NO del Torrione
Palma. Nel contempo Gnesin e Gamma tracciano una nuova
via sulla parete SE del Torrione Magnaghi Settentrionale; il
Dorn percorre lo spigolo a cui lasciò il nome; il Dones fa la
sua comparsa con la salita del canalino che separa il Torrione
(1915) con la vittoria sul Sigaro, di Fasana, Dones e Vassalli, e
Magnaghi Meridionale da quello Centrale, e il Carugati e il
con la salita al Torrione Magnaghi Meridionale per la spaccatura
Ripamonti portano a termine l’arditissima impresa del Sasso
Cavallo. O, per opera di Dones e di Vassalli.
Nel 1912 il Dones raggiunge il Campanile S. Pietro e supera i Dopo la forzata sosta imposta dalla Grande Guerra si può
Gendarmi, Gnesin e Gamma salgono la parete O del Magnaghi considerare chiuso il ciclo degli alpinisti. Quasi tutti i torrioni
Centrale, e Fasana vince la parete NE del Torrione Magnaghi sono stati saliti, e perciò alla giovane schiera che si fa avanti
Settentrionale. nell’immediato dopo guerra non resta che tracciare delle vie
Scarsa è invece l’attività del 1913; solo il Binaghi fa il suo lungo gli spigoli, le crepe, le pareti di pinnacoli già battezzati.
ingresso nel groppo con la vittoria al Torrione Vaghi. Si inizia il periodo del rocciatori nel 1919 con la salita dello
Al contrario nel 1914 si ha una notevole ripresa: Vassalli spigolo N del Teresita (Polvara - Ponti), del versante N
e Sprangher vincono la Torre Costanza; Dones e Castelli dell’Angelina (fratelli Polvara), e della parete E della Piramide
raggiungono l’Ago Teresita; Fasana, Binaghi e Maccagno Casati (Carugati - Bianchi Porro).
salgono il Fungo; Fasana, Binaghi e Prada superano il Più ricco di salite il 1923: Ferreri e Lucini scalano il Fungo
Campaniletto, la Lancia e la Torre; Carugati e Broockes da NO; i fratelli Porro percorrono la difficilissima fessura
s’arrampicano sulla Mongolfiera, e i tridentini, sfuggiti all’Austria occidentale del Casati; e Carugati, solo o con Fanny Guzzi,
(Fabbro e Paisser) e guidati dall’Andreoletti, tracciano un nuovo o Bianchi Porro traccia abbondanti vie nuove sul Palma, sul
percorso sulla parete O della Torre Cecilia. Casati, sulla Cecilia e in Val Mala.
Questa notevole attività doveva culminare l’anno appresso Nel 1924 il Fasana riprende le esplorazioni verso la Cima del
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Palone e si porta nel 1925 con Bramani sulla vasta parete del
Pizzo della Pieve, e nel 1926 con lo stesso compagno e con M. A SINISTRA:
Castiglioni sull’erbosa parete O del Pizzo. La parete E
Dopo una sosta di 3 anni, nel 1927, ritornano le nuove della Piramide
Casati nello
arrampicate sui torrioni della Grignetta. Cade la parete E della
schizzo a pagina
Torre per merito di Lucini, Fontana e Prina e nel 1928 anche la
290 della guida
parete O del Campaniletto.
del Saglio.
Col 1929 scompare l’attività degli alpinisti milanesi e si
Malgrado
fanno avanti i rocciatori lecchesi. Perego, Gandini e Ponzini
l’aspetto
trovano nei meandri del canaloni un torrione ancora vergine
severo la qualità
e lo battezzano Punta Giulia. Nel 1930 Dell’Oro, Riva e Villa
della roccia ne
di questo torrione salgono lo spigolo SO e la parete NO, e
ha decretato
Dell’Oro, Molteni e Villa tracciano un arditissimo itinerario sulla il progressivo
Mongolfiera. abbandono. Di
Nel 1931 Gandini, Galbiati e Bonaiti attaccano la parete grande interesse
storico la via
che si svolge
a un dipresso
dello spigolo
a sinistra (144
f) dedicata da
Benvenuto Basilli
e Francesco
Confortini alla
squadra d’azione
“Carnaro”
A DESTRA:
La parete est
del Corno del
Nibbio con
(da sinistra) le
vie Sant’Elia,
Comici,
Campione
SE del Torrione Magnaghi Centrale, Cassin e Riva la parete
d’Italia, Ratti,
N del Sigaro, Castiglioni, Pinardi, Ravà e Asti la parete O
Cassin e le varie
dell’Angelina, Comici e Varale la parete E dell’ Angelina, Cassin combinazioni
e Redaelli la parete SO del Palma, Dell’Oro e Villa la N della dello spigolo
Costanza, e Cassin - Dell’Oro la SSE della Corna di Medale. N. Entrambi gli
La forte attività lecchese non cessa con il 1932, perché gli schizzi si devono
arrampicatori fattisi più audaci superano la parete O del Sigaro alla penna
(Cariboni Rizieri - Vitali), la parete S del Cinquantenario (Gandini di Luigi Binaghi
- Galbiati - Gerli), lo spigolo SO del Fungo (Dell’Oro - Varale -
Comi), la parete O dell’Angelina (Dell’Oro Varale - Cassin), la
parete O della Costanza (Dell’Oro - Comi), le lontane pareti SE
del Sasso dei Carbonari (Cassin - Dell’Oro), la parete NE del
Pizzo della Pieve (Dell’Oro - Comi - Cassin) e il camino O del
Pizzo (Cassin - Comi).
Incoraggiati dai plausi della stampa, aiutati dalle autorità
politiche, incitati da buoni tecnici e addestrati dal Comici alla
nuova tecnica arrampicatoria, i giovani lecchesi compiono
nel 1933 imprese ancora maggiori e vincono: la parete NE
del Nibbio (Comici-Dell’Oro - Piloni e Cassin - Piloni - Corti),
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la parete E della Torre (Comici - Varale - Corti), lo spigolo SO portate dai lecchesi in altri ambienti dolomitici. Parini e De Tisi
La vetta della
della Torre (Piloni - Lazzeri - Nascali), la parete E del Teresita tracciano l’ultima dimenticata via alla Grignetta, la più diretta e
Grignetta
(Dell’Oro), la parete NO della Giulia (Vassena - Tentori - Piloni - la più difficile; Dell’Oro ed Esposito vincono la poderosa parete
vista da N.
Ronchi), la parete E della Costanza (Comici - Varale - Dell’Oro), O del Fiorelli; Panzeri, Galbusera e Invernizzi salgono la verticale
L’itinerario contro
la parete SSE della Corna di Medale (Cariboni Rizieri - Corti), parete SO del Torrione Magnaghi Meridionale; Cassin e Ratti,
cielo (111 m) è la
la parete S del Sasso Cavallo (Cassin - Corti), la parete NO del Pellizzari e Pifferetti trovano altre vie al Nibbio; Pozzi e Polvara
Cresta Sinigaglia.
Torrione Magnaghi Meridionale (Panzeri - Cattaneo - Tizzoni), scalano la parete S del Cecilia, e Pifferetti e Longhi risalgono da
La via di Parini e
il versante SE del Fiorelli (Corti - Riva - Cattaneo), mentre i S il Campanile S. Pietro.
De Tisi (111g) è fra
milanesi scalano lo spigolo S del Casati (Basilli - Confortini), la Per Il 1936 ben poco rimane ancora da conquistare;
le ultime tracciate
prima dell’uscita Torre Andreina. (Basilli - Dones - Panigalli), e la parete NE del l’esplorazione del gruppo può considerarsi completa e solo
della guida. Fiorelli (Parini - Basilli - Ferrari) . alle ultime vie di dettaglio si impegna un ardimentoso gruppo
Lo schizzo, come Ma il culmine dell’attività arrampicatoria si ebbe nel 1934; di comaschi; sono infatti Molteni, Valsecchi, Camporini che
altri, è dovuto nulla rimane di intentato e le vie si moltiplicano talvolta una si attaccano alla parete ESE del Clerici; Valsecchi, Camporini
a un ignoto accanto all’altra come ai Corni del Nibbio dove Cassin, Dell’Oro e Monti alla parete O del Clerici; Valsecchi e Molteni alle
disegnatore che si e Panzeri tracciano la Via Campione d’Italia; Molteni, Minola Moraschini, alla Fiamma, alla parete SO della Pala, e al versante
firma “John Nano” e Curioni la Via S. Elia; Dell’Oro e Tizzoni la via chiodata del SO del Diaz; Bernasconi e Marazzi alla parete ENE della Pala;
diedro meridionale. NelIo stesso anno si vince la Torre Gino per Bemasconi, Malinverni e Marazzi allo spigolo NO del Diaz.
lo spigolo SE (Cattaneo - Tagliabue), la parete S del Magnaghi Chiudono le arrampicate dell’anno i fratelli Pensa e Bertarini al
Meridionale (Panzeri - Galbusera - Cattaneo), lo spigolo SO Pizzo e Cattaneo, Rusconi al Torrione Tre Sassi.
della Ginetta (Cattaneo
- Menni - Varale), la
parete O della Torre
(Villa - Colnaghi); il
versante SE della
Lancia (Parini -
Orlandli) lo spigolo SO
del Clerici (Dell’Oro
- Ferrario - Giudici); la
parete O della Cecilia
(Cassin - Pozzi),
la parete NO della
Mongolfiera (Dell’Oro
- Corti); la parete S
della Costanza (Cassin
- Piloni - Lazzeri),
lo spigolo SE della
Pala (Aldeghi - Villa),
la parete SSE della
Medale (Dell’Oro -
Tizzoni - Polvara);
la parete S del
Sasso dei Carbonari
(Panzeri - Citterio -
Vitali), le anticime del
Sasso dei Carbonari
(Vinante - Puttin
- Cacciamognaga -
Enriconi), e il Canal
Grande del Pizzo della
Pieve (Cassin - Corti).
Nel 1935 si continua
l’assalto con insistenza
anche se le conquiste
sono minori e sono
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La Grigna Meridionale Un ritratto di
Mario Dell’Oro
di Mario “Boga” Dell’Oro
“Boga”
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Appunti per una biografia Gli archivi della
S.E.M di Milano
di Silvio Saglio conservano
questo bel ritratto
di Ruggero Meles
di Silvio Saglio
Silvio Saglio, chi era costui? Ai giovani che frequentano
le montagne oggi questo nome dice poco, e anche dalle
generazioni di ultraquarantenni rischia di essere ricordato
solo come un autore di belle guide ormai un po’ stagionate,
ma i sentieri che gli alpinisti percorrono e le pareti che
scalano sono stati quasi tutti imbrigliati e addomesticati
dalla fitta rete di parole e immagini del dottor Saglio.
Vale dunque la pena di conoscere meglio la sua figura.
Nasce a Novara il 21 aprile del 1896. Dopo il diploma in
ragioneria, nel 1914 si trasferisce a Milano per iscriversi
all’Università Bocconi, ma la sua vita, come quella di
milioni di altri giovani, cambia luoghi, abitudini e ritmi
allo scoppio della Prima Guerra Mondiale. Le prime
montagne le vede dunque in fiamme. Prima da soldato
semplice, poi da sottotenente del Genio. Alla fine della
guerra torna ai suoi studi e nel 1921 ottiene la laurea in
scienze economiche e commerciali iniziando subito dopo
la sua attività professionale. Ma la sua vera passione
sono le vette.
Nel 1926 si iscrive alla SEM (Società Escursionisti
Milanesi), una delle tante organizzazioni alpinistiche che,
grazie alla combinazione treno, corriera e gambe, in sole
tre ore e con meno di venti lire a testa permettono agli
infiniti “alpinisti della domenica” di mutare il ritmo della
loro vita lavorativa settimanale, lasciarsi alle spalle la
penombra e l’aria polverosa delle officine e rubare la luce
e il vento alle cime. fine settimana organizzano centinaia di scarpinatori ed
A Milano sono spuntate come funghi le associazioni arrampicatori di ogni età.
alpinistiche. Si può dire che ogni livello della complessa Gli scalatori più forti hanno fondato nel 1906 il G.L.AS.G.
stratificazione sociale della capitale lombarda vi sia (Gruppo Lombardo Alpinisti Senza Guide) con finalità
rappresentato. analoghe a quelle del torinese C.A.A.I. (Club Alpino
La sezione del CAI è stata fondata nel 1873. Il suo Accademico) nato nel 1904. La fusione dei due gruppi
nucleo forte è rappresentato da un gruppo di ingegneri e
di punta darà origine, nel 1922, al gruppo nazionale
professori della facoltà di ingegneria milanese, il famoso
degli Alpinisti Accademici. Anche gli operai hanno la loro
Politecnico, che i milanesi chiamano con orgoglio: “el
associazione, la U.O.U.E.I. (Unione Operaia Escursionisti
noster Politeknik”.
Accanto a loro ci sono eredi di nobili famiglie, come i Italiani) fondata nel 1911, caratterizzata da un curioso
fratelli Bonacossa o il conte Ugo Ottolenghi di Vallepiana. motto: ”per il monte, contro l’alcool” che rende felici
La loro prestigiosa sede si trova addirittura nella galleria anche gli imprenditori, garantendo loro manodopera
Vittorio Emanuele, nel cuore di Milano. presente e sobria il lunedì mattina quando si riaprono le
Impiegati e altre figure classificabili nel ceto medio sono officine.
invece ben inserite proprio nella SEM. Nella SEM Saglio si trova subito in ottima compagnia,
I “semini” costituiscono il gruppo più numeroso e, fedeli gli si offre l’occasione di legarsi alla corda di alpinisti
al loro motto, “..con il popolo e per il popolo…” ogni del calibro di Vitale Bramani, titolare di un negozio di
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più dignitosa nella prestigiosa collana “Guida dei Monti
In questa
immagine, d’Italia” edita dal CAI e dal Touring Club a cui terrà dietro
proveniente un’infinita teoria di guide e pubblicazioni, interrotta
dall’archivio di solo dal richiamo alle armi con il grado di capitano e il
Pino Comi, e comando di un battaglione nei giorni bui della Seconda
scattata durante Guerra Mondiale.
la lavorazione Nell’immediato dopoguerra Saglio riprende, con
della guida,
rinnovato vigore, le sue attività.
Silvio Saglio è
ritratto con alcuni Nel 1950 viene eletto presidente della SEM, carica che
arrampicatori manterrà sino alla sua scomparsa, avvenuta il 19 luglio
lecchesi che 1964 e che svolgerà con totale dedizione, mettendo a
si preparano disposizione del popolo degli alpinisti le sue competenze
all’ascensione professionali. Un’attenta gestione amministrativa del
patrimonio sociale, specialmente nei confronti dei
rifugi, porta la SEM a raggiungere una solida posizione
finanziaria.
Saglio è un uomo che non ama mettersi in mostra, che
preferisce operare nell’ombra con metodicità e cura
per offrire poi a tutti i risultati del suo lavoro. E i fatti
parlano in sua vece: 1954 acquisto del terreno adiacente
al rifugio Tedeschi in Grignone. Nello stesso anno
costruzione del rifugio Zappa. 1955: ristrutturazione ed
ampliamento del rifugio Zamboni e realizzazione del
collegamento con il rifugio Zappa. Nel 1956 ricostruzione
ed ampliamento del rifugio SEM Cavalletti ai Piani
Resinelli, 1960 ampliamento e costruzione della sala
“Erna” sempre al rifugio SEM Cavalletti.
Il suo impegno nella SEM non gli impedisce di svolgere
incarichi prestigiosi anche nel CAI, di cui sarà dapprima
Consigliere Centrale poi vice Segretario Generale ed
infine, dal 1956 al 1958, Segretario Generale. Da buon
alpinista ed escursionista sa dosare le forze e riesce a
materiali per alpinismo in via della Spiga e che diventerà dare il suo contributo in un’infinità di Commissioni.
conosciutissimo dopo l’invenzione della famosa suola, Il nudo elenco di questi oscuri incarichi è eloquente di
Ettore Castiglioni, Eugenio Fasana, Antonio Omio, per sè:
Elvezio Bozzoli Parasacchi, Ugo di Vallepiana, Leopoldo - Consigliere della Sezione di Milano dal 1945 al 1950
Gasparotto e molti altri. Le sue capacità alpinistiche - Presidente della Commissione toponomastica del CAI
non sono all’altezza dei fuoriclasse appena citati, ma la dal 1950
sua tenacia lo rende un buon secondo di cordata e gli - Presidente del Comitato delle pubblicazioni del CAI
permette di partecipare a prime ascensioni in Grigna, in - Consigliere del Movimento per la protezione della
Presolana, in Val Masino e nelle Pale di San Martino. natura dal 1952
Ma non è certo la sua abilità arrampicatoria a farlo - Segretario della Commissione organizzativa per la
emergere. Piuttosto la sua capacità di organizzare le gite spedizione Italiana al K2
sociali tracciandone, con estrema precisione, gli itinerari - Membro della Commissione per la revisione
e descrivendo mirabilmente i vari gruppi montani. toponomastica della carta d’Italia presso l’IGM.
Dai suoi schizzi e dalle sue relazioni nascono le famose - Membro della Commissione propaganda e
monografie alpinistiche, sciistiche ed escursionistiche Scialpinismo
che verranno dapprima pubblicate per ben 247 puntate - Direttore del Parco Valentino al Coltignone (Piani
su “Lo Scarpone” per prendere in seguito una veste Resinelli)
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Nel 1958 fonda la Scuola di Alpinismo della SEM, oggi Monte Rosa, CAI - TCI, 1960 (con la collaborazione di Felice
ancora oggi attiva e a lui intitolata, e che otterrà la qualifica Boffa)
di “Scuola Nazionale di Alpinismo e Scialpinismo” Monte Bianco vol. 1 (dal Col de la Seigne al Colle del Gigante),
Un simile elenco di cariche può far pensare ad un freddo CAI - TCI, 1963 (con la collaborazione di Renato Chabod e
Lorenzo Grivel)
burocrate. Niente di più sbagliato: Saglio sa come
Monte Bianco vol. 2 (dal Colle del Gigante al Col de Grapillon),
mantenere viva la sua passione primaria per la montagna
CAI - TCI, 1968 (con la collaborazione di Renato Chabod e
e la sua vocazione di autore, redattore e coordinatore di Lorenzo Grivel)
innumerevoli guide e carte toponomastiche.
Dopo la collana “Guida dei Monti d’Italia” vede la luce
“Da rifugio a rifugio” che riassume ed offre al lettore il
Collana “Da rifugio a rifugio”:
sunto delle sue infinite escursioni.
In un importante articolo dedicatogli nel numero Dolomiti Occidentali, CAI - TCI, 1949
unico “La SEM nel 2000” viene ricordato un esempio Alpi Pennine, CAI - TCI, 1951
Alpi Graie, CAI - TCI, 1952
emblematico del suo operare, raccontando che per
Alpi Retiche occidentali, CAI - TCI, 1953
preparare la guida Alpi Retiche Occidentali della
Alpi Retiche meridionali, CAI - TCI, 1954
collana “Da rifugio a rifugio” Saglio percorse in un
Dolomiti Orientali, CAI - TCI, 1955
mese dell’estate 1952 ben 400 chilometri in montagna,
portandosi sulle spalle il fardello dell’ingombrante Alpi Lepontine, CAI - TCI, 1956
attrezzatura fotografica dell’epoca e superando Prealpi Lombarde, CAI - TCI, 1957
complessivamente molte migliaia di metri di dislivello. Alpi Liguri e Marittime, CAI - TCI, 1958
A parziale riconoscimento di tutto questo gravoso e
Alpi Cozie, CAI - TCI, 1959
incessante impegno, nel 1949, viene ammesso a far
Prealpi Trivenete, CAI - TCI, 1961
parte del gruppo degli Accademici del CAI.
Fino all’ultimo ha continuato nella sua instancabile
attività di organizzatore e pubblicista. Due mesi prima
Altre pubblicazioni:
della morte, le cronache alpinistiche ricordano un suo
brillante intervento al Rifugio Zamboni-Zappa sopra Guida sciistica del Passo di Rolle e delle Pale di S. Martino, Sci
Macugnaga in occasione del 60° anniversario di CAI Milano, 1933
fondazione dello SCI-SEM. Ed è proprio sulle pendici Ortles - Cevedale - Itinerari sciistici, Sci CAI Milano, 1935
del Monte Rosa che aveva chiesto di essere sepolto Cento domeniche - Quattro settimane, Sci CAI Milano, 1937
aggiungendo, modesto e discreto, come sempre, “se la Skiführer durch die Ortles - Cevedale - Gruppe, Sci CAI Milano,
cosa non fosse stata di costo eccessivo”. 1937
La toponomastica alpina della Vallunga in “Rivista Mensile” del
CAI, agosto-settembre, ottobre, 1940
La stella delle Alpi (Edelweis) in “Rivista Mensile” del CAI marzo-
aprile 1941
Des Cabanes du CAI en général. UIAA, 1950
La catena del Monte Bianco dal Rifugio Elisabetta la Lex
LE PUBBLICAZIONI DI SILVIO SAGLIO
Blanche, CAI sottosezione Tecnomasio Milano, 1953.
I rifugi Zamboni e Zappa e il Monte Rosa, CAI Milano, 1955
Collana “Guida dei Monti d’Italia”: I rifugi del CAI, CAI, 1957
Le Grigne, CAI - TCI, 1937 Rifugi e bivacchi, CAI, 1959
Alpi Venoste, Passirie, Breonie (dal Passo Resia al Passo Gite per un anno, CAI Milano, 1960
Brennero), CAI - TCI,1939 La montagne (traduzione ed aggiornamento dell’opera
Prealpi Comasche, Varesine, Bergamasche, CAI - TCI, 1948 pubblicata sotto la direzione di Maurice Herzog), De Agostini,
Adamello, CAI - TCI, 1954 (con la collaborazione di Gualtiero 1962.
Laeng) I cento anni del Club Alpino Italiano, CAI, 1964
Alpi Orobie, CAI - TCI, 1957 (con la collaborazione di Alfredo I Pizzo di Palù m 3906 dalla Diavolezza. Monografia sci-
Corti e Bruno Credaro) CAI - TCI, 1959 alpinistica, Milano: CAI
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IL PARCO VALENTINO
IL PARCO
E IL VALENTINO
MUSEO NATURALISTICO
E IL MUSEO NATURALISTICO
Il Parco Valentino si estende su una su-
Ilperficie
Parco Valentino
di 180 ettari si estende
ai Piani suResinelli.
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perficie di 180 ettari ai Piani
percorso da diverse piste in terra battu-Resinelli. È
percorso da diverse piste in
ta e da comodi sentieri parte dei qualiterra battu-
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percorribili a tutti. parte dei quali
oggi percorribili a tutti.
Nel cuore del Parco Valentino si può vi-
Nel cuore del Parco Valentino si può vi-
sitare il museo naturalistico delle Grigne
sitare il museo naturalistico delle Grigne
che, ubicato in una bella e antica costru-
che, ubicato in una bella e antica costru-
zioneininstile
zione stilealpino,
alpino,offreoffre una
una carrellata
carrellata
su tutti gli aspetti paesaggistici
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ralistici.
ralistici.
Nelle varie
Nelle variesale
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osservano strumenti
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alpinistici, agricoli, minerari, animali im-im-
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balsamati,nonché
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collezione storica
storica
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di fotodidiSilvio
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Saglio,grande
grande conosci-
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museo oggiè èaccessibile
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par-
te dei sentieri e il Centro Servizi
te dei sentieri e il Centro Servizi Marco Marco e e
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graziealla allarealizzazione
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progetto coordinato dalla Comunità Comunità
Montana del Lario Orientale, in accordo
Montana del Lario Orientale, in accordo
con: la Regione Lombardia, la Provin-
con: la Regione Lombardia, la Provin-
cia di Lecco, il Sistema Turistico Lago di
cia di Lecco, il Sistema Turistico Lago di
Como.
Como.
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