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Secondo Platone la crisi etico-politica deriva in primo luogo da una crisi intellettuale, ossia si ha la necessità
di una riforma globale dell’esistenza umana. Questa si può ottenere soltanto con una rinnovata filosofia che
poi si sappia tradurre in una rivoluzione culturale e in un progetto politico radicalmente riformatore
dell’ordine esistente. Da ciò l’idea platonica di una politica ‘filosofica’, che si configura come la condizione
preliminare di ogni politica concreta che voglia veramente migliorare lo Stato.
In conclusione, Platone registra la crisi della propria epoca in modo filosofico e ritiene che soltanto nuove
certezze di pensiero possano offrire solidi basi per una riedificazione esistenziale e politica dell’uomo.
2. La vita
Platone è nato ad Atene nel 427 a.C. da famiglia aristocratica. A vent’anni incominciò a frequentare Socrate
e fu tra i suoi discepoli fino alla morte del maestro. Nella Lettera VII Platone disse che avrebbe voluto
dedicarsi alla politica. Questo non accadde perché con la condanna di Socrate e la sua morte lo colpirono
come una giustizia imperdonabile e come una condanna generale della politica del tempo. Da allora, la
filosofia gli apparve come la sola via che potesse condurre l’uomo singolo e la comunità verso la giustizia.
Lui non parla dei viaggi che fece dopo la morte di Socrate; ci dice soltanto del viaggio che fece nell’Italia
meridionale, dove conobbe le comunità pitagoriche, e in particolare a Siracusa, dove strinse amicizia con
Dione, cognato di Dionigi il Vecchio, tiranno della città. Si dice che per mezzo di questo, Platone sia
addirittura stato venduto come schiavo a Egina. Alla morte di Dionigi il Vecchio, Platone fu richiamato da
Dione a Siracusa, alla corte del nuovo tiranno Dionigi il Giovane, perché desse il proprio consiglio per la
riforma dello Stato. Più tardi, però, dei disagi tra Dionigi e Dione (che fu mandato in esilio) resero inutile
ogni intervento nella politica di Platone. In seguito lo stesso Dionigi lo richiamò a corte (361 a.C.) ma non ci
fu nessun accordo tra i due e così Platone lasciò Siracusa e tornò ad Atene. Qui morì a 80 anni nel 347 a.C.
Fonti antiche ci riferiscono anche che Platone tenne anche dei corsi intitolati Intorno al Bene, che non volle
mettere per iscritto. In queste cosiddette “dottrine non scritte” egli sviluppava una sorta di metafisica, a
sfondo pitagorico, fondata sui concetti di Uno e di Diade.
La fedeltà all’insegnamento e alla persona di Socrate è il carattere dominante dell’intera attività filosofica
di Platone. C’è da ricordare che non tutte le dottrine filosofiche di Platone possono essere attribuite a
Socrate, anzi le dottrine tipiche e fondamentali del platonismo non hanno nulla a che fare con la lettera
dell’insegnamento socratico. Si può dunque affermare che la ricerca platonica tende a configurare come
uno sforzo di interpretazione della personalità filosofica di Socrate.
Questi due filosofi sono accomunati principalmente dalla stessa voglia del dialogare, ossia la concezione
della filosofia come sapere “aperto”. La stessa convinzione che ha trattenuto Socrate dallo scrivere ha
dunque spinto Platone a adottare e a mantenere la forma dialogica nei suoi scritti. Il dialogo riproduce
l’andamento stesso della ricerca, che procede lentamente e faticosamente, di tappa in tappa, e soprattutto
riproduce quel carattere di socialità e comunanza che rende solidali gli sforzi degli individui che coltivano la
filosofia. Questa concezione del filosofare come dialogo, ha fatto sì che egli abbia di fatto praticato e vissuto
la filosofia come una ricerca inesauribile e mai conclusa, ossia come un infinito sforzo verso una verità che
l’uomo non possiede mai totalmente, ma sulla quale è doveroso continuare incessantemente a interrogarsi.
MTO E FILOSOFIA
Una delle caratteristiche salienti dell’opera platonica è l’uso dei miti, ossia di racconti fantastici attraverso
cui vengono esposti concetti e dottrine filosofiche. I miti (la motivazione e il significato per cui essi sono
stati fatti) platonici costituiscono tuttora un dibattito acceso tra gli studiosi. Si può dire che il mito ha due
significati:
1. senso: il mito è uno strumento di cui il filosofo si serve per comunicare in maniera più accessibile e
intuitiva le proprie dottrine.
2 senso: il mito è un mezzo di cui si serve il filosofo per poter parlare di realtà che vanno al di là dei limiti
cui l’indagine rigorosamente razionale può spingersi.
Si può notare che il mito platonico ha senso solo se visto in stretta connessione con il discorso filosofico, in
rapporto al quale riveste un valore persuasivo e complementare. Inoltre, l’uso dei miti, se da un lato rende
più difficile l’interpretazione della filosofia platonica, dall’altro lato conferisce al platonismo un aspetto
suggestivo, che ha contribuito alla sua fortuna presso un pubblico più vasto.
Lorenzo Marcia