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Anche Caravaggio utilizza il tema di Giuditta nella sua tela, datata 1597, per una
commissione da parte di Ottavio Costa.
Caravaggio rappresenta con grande realismo la scena, dove Giuditta è intenta a
decapitare Oloferne con una scimitarra mediorientale, e vicino a le è presente la
vecchia serva, che tiene un drappo con il cesto dove porrà la testa di Oloferne.
Lo sfondo è coperto da una tenda rossa e scura e richiama ai soggetti
rappresentati. Caravaggio attualizza questa opera tramite le vesti
contemporanee di Giuditta, con colori chiari, per rimarcare la drammaticità del
momento. Lo sguardo di Oloferne è particolare, poiché l’immobilità del volto fa
intendere che sia morto, invece la rigidità dei muscoli facciali afferma il
contrario. Invece Giuditta mostra un misto tra orrore e fatica nell’uccidere
Oloferne, come se si stesse muovendo il più velocemente per andarsene via da
lui.
Ella viene rappresentata come la salvezza inviata da Dio al popolo d’Israele, e
richiama a un grande valore simbolico anche nell’età contemporanea a
Caravaggio, nel suo ruolo di salvatrice per la Chiesa. Si può ipotizzare che il volto
di Oloferne possa essere quello dello stesso Caravaggio, dove il dolore richiama al
valore della paura e dell’incertezza.
Preti
La tela fino al 1806 si trovava nella chiesa della comunità calabrese di San Domenico
Soriano a Napoli; in seguito, con l’abolizione degli ordini ecclesiasti, fu trasferita
nelle Reali Collezioni Borboniche e da queste entrò a far parte delle collezioni del
Museo Nazionale di Capodimonte, dove è ancora oggi custodita.
Una tenda semichiusa sembra fare da sipario e introdurre il riguardante all’interno di
una scena efferata, ma allo stesso tempo eroica, poiché la bella Giuditta prima
invoca per sé la protezione del Dio di Israele a salvezza delle sue genti e solo dopo
con tutta la forza di cui era capace colpì due volte Oloferne al collo staccandogli la
testa. Preti dispone in primo piano il corpo esamine del nemico sconfitto, ancora
grondante di sangue, che giace incartato tra lenzuola fra le cui pieghe si riflette la
luce; in secondo piano vi è Giuditta, che tiene in mano la testa di Oloferne appena
mozzata, la sua pelle è bianca ebano, illuminata da una luce fuori campo che,
scendendo dall’alto, la fa emergere in tutta la sua tempra e forza emotiva.
Rimane in penombra la serva, testimone di una scena che continua, nella sua
drammaticità, a essere carica di sentimenti composti e intimi. Preti, infatti, ci vuole
proiettare verso l’essenza del gesto, facendoci restare indifferenti alla morte, come
prima di lui, con la stessa tematica, avevano fatto Caravaggio e Artemisia
Gentileschi.
Goya
Il volto della giovane eroina biblica è incorniciato da lunghi capelli neri. Il seno
destro dell’eroina è coperto da un velo traslucido e dall’oro dei gioielli. Una fascia
con pietre preziose circonda il collo della giovane. Giuditta tiene la mano sulla testa
di Oloferne che si trova in basso a destra.
La figura della Giuditta biblica dipinta da Gustave Klimt ritrae una donna forte.
Inoltre la protagonista è interpretata come una provocatrice dallo sguardo lascivo.
L’interpretazione di Klimt della giovane di Betulia ne propone così un’immagine
ammiccante e sensuale. Inoltre la donna guarda con decisione di fronte a sé, verso
l’osservatore, con un’espressione di sfida. La Giuditta I è considerata dagli storici
dell’arte come una delle prime opere del periodo aureo di Gustav Klimt.
Si tratta quindi di un primo esempio del suo linguaggio semplificato e sintetico nel
quale l’oro e la decorazione hanno un’importanza fondamentale. Utilizzando questi
semplici strumenti figurativi Gustav Klimt creò il prototipo di donna-gioiello che
riscosse immediato successo. Klimt giunse a questa sintesi figurativa e formale.
Grazie!
Fatto da: Barbone e Bellini