2
Indice
Introduzione 4
2 Impegno politico 12
2.1 La Prima guerra mondiale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12
2.2 La soluzione del pacifismo e obiezione di coscienza . . . . . . . . . . . . . . . 14
2.3 Il disarmo nucleare e la guerra in Vietnam . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16
3 Filosofia e morale 17
3.1 Teoria gnoseologica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
3.2 Le opere di divulgazione e il Premio Nobel . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18
4 Immagini 20
Conclusioni 22
Bibliografia 25
3
Introduzione
Bertrand Russell è stato uno dei personaggi più importanti del ventesimo secolo, considerato
uno dei più influenti filosofi contemporanei. La sua attività spazia dalla logica matematica
alla filosofia, dalla divulgazione scientifica all’attivismo politico.
La figura di questo intellettuale, premio Nobel per la letteratura, offre una nuova chiave di
lettura per comprendere la storia contemporanea. Bertrand Russell fu uno dei protagonisti
della crisi dei fondamenti della matematica, che mise in discussione tutte le discipline scienti-
fiche, segnando la fine della filosofia positivista, e che troverà una soluzione solo con i teoremi
di Gödel. Le sue opere divulgative sono diventate esempi per le generazioni successive, dimo-
strando che i saggi scientifici e filosofici possono essere rivolti anche a un pubblico di massa.
Il suo libro I problemi della filosofia "è stato letto da generazioni di studenti e studiosi di
filosofia dentro e fuori le università."1 Nella sua vita, descritta in prima persona nell’opera in
tre volumi Autobiografia, ha attraversato i passaggi più violenti dell’epoca contemporanea,
dall’età vittoriana alla guerra in Vietnam.
Bertrand Arthur William Russell, terzo conte Russell, nasce a Ravenscroft, Galles nel 1872.
Il nonno, Lord John Russell, aveva ricoperto per due volte la carica di primo ministro (dal
1846 al 1852 e dal 1865 al 1866).
A Cambridge studia matematica, logica e filosofia, e viene in contatto con alcuni tra i più
importanti intellettuali britannici del tempo tra i quali Whitehead, Moore, Trevelyan e Key-
nes. Nel 1900 partecipa al Congresso Internazionale di Filosofia, tenuto quell’anno a Parigi,
ed è molto colpito dal seminario tenuto da Giuseppe Peano2 e dai suoi allievi. Da quel
momento in poi, per circa dieci anni, l’interesse per i fondamenti della matematica diventerà
preminente nella sua attività di ricerca.
Nel 1901 scopre il paradosso che porta il suo nome e si converte al pacifismo. Nel 1910 pub-
blica con A. N. Whitehead Principia Mathematica, e diventa insegnante di Logica e Principi
della Matematica a Cambridge. La sua attività di pacifista per opporsi all’entrata in guerra
della Gran Bretagna nel 1918 lo porta a dover trascorrere sei mesi in prigione durante il
quale scrive Introduction to Mathematical Philosophy.
Come delegato del partito laburista, si reca nel 1920 in Unione Sovietica e in Cina, e ne
riporterà le sue impressioni nell’Autobiografia. Nel 1936 pubblica Storia della Filosofia Oc-
cidentale e all’inizio della Seconda Guerra Mondiale muta le sue convinzioni in tema di
disobbedienza civile e pacifismo, e si schiera con gli interventisti per fermare l’avanzata del
nazismo.
Si dedica alla scrittura di libri di divulgazione scientifica e filosofica; la sterminata produzio-
ne scientifica comprende numerosi saggi sulla morale.
1
Introduzione al libro di John Skorupski, filosofo.
2
Spinetta di Cuneo, 27 agosto 1858 – Cavoretto, 20 aprile 1932. È stato un matematico, logico e glottoteta
italiano.
4
INTRODUZIONE 5
Nel 1950 gli viene assegnato il premio Nobel per la letteratura, quale riconoscimento ai suoi
vari e significativi scritti nei quali egli si leva in alto a campione degli ideali umanitari e
della libertà di pensiero". Nel 1955, Russell scrive assieme ad Einstein il manifesto pacifista
Russell-Einstein e nel 1966 fonda assieme a Jean Paul Sartre, il Tribunale Internazionale per
i Crimini di Guerra, per arginare gli orrori che in quegli anni stavano avendo luogo nella
guerra del Vietnam.
Russell muore a Plas Penrhyn, Penrhyndeudraeth, Galles nel 1970, dopo una vita intera-
mente dedicata alla conoscenza e alla pace.
7
8 CAPITOLO 1. I FONDAMENTI DELLA MATEMATICA
Autobiografia, volume 1
Bertrand Russell espose il suo problema a Gottlob Frege. In questa lettera è esposto per
la prima volta il paradosso di Russell. Leggere queste righe portò Frege a interrompere la
stesura di I principi dell’aritmetica.
4
due classi si dicono equipotenti se hanno lo stessa cardinalità
5
Ramsgate, 1861 – Cambridge, Massachusetts, 1947. Filosofo e matematico britannico.
1.2. IL PARADOSSO DI RUSSELL 9
Bertrand Russell
Quello che è passato alla storia come "Paradosso di Russell", è in realtà un’antinomia, come
scrive lo stesso Russell in questa lettera al collega Gottlob Frege: "da ogni risposta discende
l’opposta". L’antinomia è un particolare tipo di paradosso che indica la compresenza di due
affermazioni contraddittorie che possono essere entrambe dimostrate o giustificate.
Successivamente, Russell espose la sua scoperta in maniera più comprensibile:
«L’insieme di tutti gli insiemi che non appartengono a se stessi appartiene a se stesso
se e solo se non appartiene a se stesso.»
«Alcune classi7 sono elementi di se stesse, altre non lo sono: la classe di tutte le classi
è una classe; la classe delle non-teiere [not-teapots] è una non-teiera.
Consideriamo ora la classe di tutte le classi che non sono elementi di se stessa. Se essa
non lo è, lo è [perché ogni classe non elemento di se stessa appartiene alla classe di tutte
le classi che non sono elementi di se stesse].»
In linguaggio formale:
Poniamo
R = {x|x ∈
/ x}
allora
R∈
/R≡R∈R
Che vuol dire: R è la classe di tutti gli x tali che x non è un elemento di x.
allora: R non è elemento di R se, e solo se, è elemento di R.
Questa lettera fu spedita dal giovane Russell a Frege dopo la pubblicazione del primo volume
dei Principi, e paralizzò completamente l’attività di ricerca di Frege, il quale scrisse:
6
Il paradosso del barbiere: In un villaggio vi è un solo barbiere, un uomo ben sbarbato, che rade tutti e
solo gli uomini del villaggio che non si radono da soli. Il barbiere rade se stesso?
7
Il termine classe viene usato al posto di insieme.
10 CAPITOLO 1. I FONDAMENTI DELLA MATEMATICA
«La vostra scoperta della contraddizione mi ha causato la più grande sorpesa e, sta-
rei per dire, costernazione, poiché ha scosso la base sulla quale intendevo costruire
l’aritmetica.»
«Tutti coloro che nelle loro dimostrazioni hanno fatto uso di estensioni concettuali,
classi, insiemi, sono nella mia stessa situazione. Qui non è in causa il mio metodo
di fondazione particolare, ma la possibiltà di una fondazione logica dell’aritmetica in
generale.»
Con questo articolo si apre la crisi dei fondamenti della matematica. La teoria degli insiemi
di Cantor crollò sotto il peso del paradosso di Russell e venne rinominata "Teoria ingenua
degli insiemi", in quanto soggetta a paradossi. Negli anni successivi si svilupparono altre
teorie che portarono alla "Teoria assiomatica degli insiemi".
è assurdo supporre che sia un insieme la classe formata da tutti gli insiemi che non
possiedono se stessi come elemento.
10
una formalizzazione rigorosa e completa della nozione di sistema assiomatico.
11
Kurt Gödel (1906-1978) logico e matematico statunitense di origine ceca. Laureatosi a Vienna nel 1930,
all’avvento del nazismo fu costretto, come molti altri esponenti del Circolo di Vienna cui aveva aderito,
all’emigrazione. Negli Stati Uniti insegnò presso l’Institute for Advanced Studies di Princeton, dedicandosi
oltre alla logica a studi di cosmologia. È considerato uno dei massimi logici del secolo scorso.
Capitolo 2
Impegno politico
«La solitudine dell’anima umana è insopportabile; nulla può penetrarvi eccetto la più
intensa forma di quel tipo di amore predicato dai grandi mistici; tutto ciò che non sorge
da questo impulso è dannoso o quanto meno inutile; ne segue che la guerra è un errore;
che l’educazione che si riceve nei grandi collegi inglesi è abominevole, che l’uso della
forza è deprecabile e che nei rapporti umani bisognerebbe riuscire a giungere nell’intimo
della solitudine che è in ciascuno e rivolgersi a quello.»
Perciò, quando il 28 luglio 1914 scoppio la Guerra, la cosa che più di tutte turbò Bertrand
Russell fu vedere che numerosi colleghi e amici si unirono con gioia all’entusiasmo che ac-
compagnò l’entrata in guerra della Gran Bretagna, il 4 agosto. Il direttore del giornale The
Nation, accettò la proposta di Russell di scrivere un articolo contrario alla partecipazione in
guerra. Il giorno dopo Russell ricevette una sua lettera che cominciava: "Oggi non è ieri..." e
1
Missoula, Montana 1942. Storico statunitense
2
Meda, 1938. Storico, politologo e filosofo italiano.
12
2.1. LA PRIMA GUERRA MONDIALE 13
continuava col dire che aveva cambiato opinione. Russell scrisse: "dovetti persuadermi che,
in generale, uomini e donne si rallegravano all’idea di fare la guerra. Osservavo le folle che
applaudivano e cercavo di comprendere i loro sentimenti."
I primi mesi della Prima guerra mondiale sono passati alla storia con il nome di "comunità
d’agosto". Fu in quei giorni, osserva lo storico Jean-Jeaques Becker3 , che "un conflitto in
parte accidentale si trasformò quasi istantaneamente in una guerra dei popoli." Ovunque
l’annuncio del conflitto fu accolto da vibranti manifestazioni di patriottismo. Con il termine
"comunità d’agosto" si andò a definire il clima di concordia nazionale che infiammò in quel-
le settimane le opinioni pubbliche europee. I francesi, su appello del presidente Raymond
Poincaré, celebrarono l’Union sacrée, la "sacra unione" di tutto il popolo francese contro il
nemico, per la difesa della patria; in Germania, tutti i partiti si unirono nella Burgfrieden,
la "pace civile", a sostegno del Kaiser e del governo. L’opinione pubblica in Gran Bretagna
esplose in una vera e propria ondata di isteria antigermanica: già il 4 agosto interminabili
file di volontari si snodavano di fronte agli uffici di arruolamento.
Leed spiega che nella Comunità d’agosto "la guerra fu vista in opposizione assoluta alla
vita sociale e come antipodi alla normale esistenza nella moderna società industriale. L’e-
sperienza comunitaria fu dominata dalla sensazione che la guerra alterasse le relazioni fra
uomini e classi sociali; e, logicamente, nell’accantonare il mondo sociale strutturato in base
alla ricchezza, allo status, alla professione".
L’Italia entrò in guerra il 24 maggio, dopo aver dichiarato la propria neutralità. Il Primo
Ministro Salandra e il ministro degli Esteri Sidney Sonnino iniziarono una serie di trattative
con l’Intesa, sebbene l’Italia facesse parte della Triplice alleanza. La decisione fu dovuta alla
promessa di annessione di Trento e Trieste in caso di vittoria e per via delle pressioni fatte
al governo dai movimenti nazionalisti, il cui scopo era quello di intaccare la leadership di
Giolitti e dei liberali. L’antigiolittismo era il punto di forza dei movimenti nazionalisti inter-
ventisti, che conquistarono le piazze, tradizionale "monopolio" delle sinistre. Le insurrezioni
interventiste dei giorni dal 10 al 16 maggio 1915 passarono alla storia con il nome coniato
dalla retorica nazionalista di "maggio radioso".
Il partito socialista italiano fu l’unico partito dell’Internazionale a votare contro l’entrata
in guerra nel 1914: tutta la tradizione pacifista del movimento socialista europeo ne usciva
clamorosamente smentita, poiché le ragioni della comunità nazionale prevalsero nettamente
su quelle della solidarietà internazionale.
D’altronde, Emilio Gentile4 scrive che "molti andarono al fronte con l’idea che avrebbero
vissuto l’eccitante esperienza di una guerra breve e rapida, una grande avventura". I più
non immaginavano che quei colpi sparati a Sarajevo 28 giugno 1914 contro l’arciduca France-
sco Ferdinando potessero provocare una "guerra di trincea e di logoramento" che si sarebbe
protratta per quattro anni. L’illusione della guerra breve derivò dal fatto che gli stati mag-
giori ritenevano che una guerra di massa, implicante la mobilitazione di milioni di uomini, un
enorme sforzo di produzione e l’interruzione degli scambi internazionali, non fosse sostenibile
a lungo e che quindi si dovesse rapidamente annientare il nemico aggredendolo.
Russell invece, intuì fin da subito quali sarebbero state le drammatiche conseguenze della
guerra. "Fino a quel momento avevo creduto che i più amassero i propri figli; la guerra mi
rivelò che coloro che li amano sono l’eccezione," scrisse.
3
Parigi, 1928. Storico francese specializzato in storia contemporanea, Prima guerra mondiale e movimento
operaio
4
Bojano, 1946. Storico italiano, studioso di storia contemporanea, in particolare del fascismo
14 CAPITOLO 2. IMPEGNO POLITICO
Autobiografia, volume 2
«C’era molto da fare. Si trattava di curare gli interessi individuali dei membri e, nello
stesso tempo, di tener d’occhio le autorità militari per assicurarsi che non mandassero
alcuno dei nostri in Francia, poiché gli obiettori di coscienza potevano essere condannati
a morte solo se si rifiutavano di combattere in zona di guerra.
Trascorsi tre settimane nei distretti del Galles. Trovai sempre che, in maggioranza, il
pubblico non era ostile.»
«Nel frattempo a Trinity tutti gli insegnanti più giovani erano partiti per il fronte e i
più anziani non vollero essere da meno: mi tolsero l’incarico. Quando, alla fine della
guerra, i giovani tornarono, fui invitato a riprendere il mio posto ma ormai non ne
provavo più alcun desiderio.»
In un articolo pubblicato sul The tribunal giovedì 3 gennaio 1918, Russell scrisse che i
governanti, "anche fra i democratici e i socialisti", non erano contrari a sostenere ancora
la guerra, e che se si sarebbe protratta ancora a lungo sarebbe sfociata nella "rivoluzione
universale". In questo articolo, Russell sosteneva che in caso di sciopero "i soldati della
guarnigione americana in Inghilterra e in Francia sarebbero stati mandati nelle fabbriche
per sostituire gli operai, compito cui l’esercito americano è avvezzo in patria." Prosegue
spiegando che il proletariato "ha un enorme potere" e può "ottenere una pace giusta e
durevole entro un mese."
A causa di questo articolo Russell fu condannato a sei mesi di reclusione.
Durante il periodo in carcere, Russell non potette scrivere articoli di politica o di morale,
come era solito fare, ma gli fu concesso di dedicarsi a produzioni scientifiche. In questo
periodo scrisse Introduction to marhematical philosophy, "una versione quasi popolare dei
Principia Mathematica", e lo schema di Analysis of Mind. Quei mesi sono descritti nelle
memorie come "una vacanza da ogni responsabilità."
Quando Russell uscì di prigione nel settembre 1918 era chiaro che la guerra stava per finire.
Dall’Autobiografia, il filosofo racconta che la guerra cambiò molti dei suoi principi: pur
rimanendo pacifista si allontanò dall’ambiente liberale e da quello socialista. Descrivendo la
fine della Prima guerra mondiale, Russell traccia un bilancio della sua attività a sostegno
del pacifismo, comparando le sue previsioni sugli esiti della guerra con le reali e disastrose
conseguenze:
«Finita la guerra mi resi conto che tutto ciò che avevo fatto era stato perfettamente
inutile, salvo che per me stesso. Non avevo salvato una sola vita umana, né abbreviato
la guerra di un solo minuto. Non ero riuscito a far nulla per attenuare l’amarezza
del trattato di Versailles. Ma almeno non ero stato complice dei delitti delle nazioni
belligeranti e per conto mio avevo trovato una nuova filosofia e una nuova giovinezza.
Mi ero liberato del professore del puritano che ero stato. Nel giorno dell’armistizio tutti
riponevano grandi speranze nell’opera di Wilson, altri trovavano ispirazione nella Russia
Bolscevica; quando mi resi conto che nessuna di queste fonti di ottimismo avevano valore
per me, fui tuttavia capace di non disperare. Sono assolutamente convinto che il peggio
è di là da venire5 .»
Durante la Prima guerra mondiale 2.67 milioni di uomini si reclutarono volontari, altri 2.77
tra i 18 e i 41 anni d’età si arruolarono attraverso la leva obbligatoria, Military Service.
Ci furono circa 16.000 obiettori di coscienza6 tra quaccheri e pacifisti: 4.500 di loro dovet-
tero svolgere lavori utili alla nazione, come il servizio sociale o l’agricoltura; 7.000 furono
iscritti al corpo speciale Non-Combatant Corps o nella Royal Army Medical Corps. A 6.000
obiettori non fu riconosciuto il diritto di non combattere; in caso di disobbedienza li atten-
deva la corte marziale o l’imprigionamento. Durante la Seconda guerra mondiale, invece,
gli obiettori furono 60.000. Il pacifismo è stata una grande rivoluzione nel del Novecento,
5
Questo fu scritto nel 1931
6
Peter Brock, These strange criminals: an anthology of prison memoirs by conscientious objectors to
military service from the Great War to the Cold War, 2004
16 CAPITOLO 2. IMPEGNO POLITICO
tanto che molti movimenti di contestazione del secondo dopoguerra avevano nel pacifismo
uno dei loro valori. Mentre Russell operava tra gli obiettori di coscienza, nel 1915 Gandhi
si pose con chiarezza l’obiettivo dell’indipendenza del suo paese, l’India. Il metodo di lotta
utilizzato da Gandhi – il satyagraha, termine da lui coniato che significa "fermezza, forza
nella verità" – prevedeva l’esclusivo utilizzo di mezzi non violenti (come gli scioperi della
fame o il boicottaggio delle attività inglesi). I principi del satayagraha erano: proporsi un
fine giusto; minimizzare le sofferenze imposte all’avversario; cercare sempre il dialogo razio-
nale con l’avversario, non interrompere mai la comunicazione con esso; avere un obiettivo
che, alla lunga, risulti convincente anche per l’avversario. Da inglese, Russell non poteva
non pronunciarsi su un argomento così legato all’Impero Britannico e al pacifismo. Disse
che l’efficacia della resistenza passiva dipende dalla presenza di alcune virtù in coloro contro
i quali è usata: "quando gli indiani si stesero sui binari della ferrovia, gli inglesi ristettero
dal commettere la crudeltà di schiacciarli; i nazisti invece non avevano scrupoli in situazioni
analoghe".
Filosofia e morale
17
18 CAPITOLO 3. FILOSOFIA E MORALE
forma delle percezioni è influenzata anche da fattori culturali ecc...) si mette in discussione
l’esistenza di dati in senso russelliano che vengono conosciuti direttamente dal percipiente e
cioè senza far uso di verità o processi inferenziali.
Lo studente di Russell, il filosofo Ludwig Wittgenstein, criticherà la teoria gnoseologica di
Russell nell’opera Tractatus Logico-Philosophicus (1921).
scienziati presero esempio da Russell; il popolare libro Dal big bang ai buchi neri. Breve
storia del tempo (1988) del fisico Stephen Hawking3 è stato un vero e proprio caso letterario,
rimasto nella lista dei bestseller del "Sunday Times" per oltre quattro anni. La chiarezza
dell’esposizione scientifica ha favorito la popolarità del libro nonostante la complessità dei
temi trattati. Un altro esempio di ottima divulgazione scientifica sono i libri di Richard
Feynman4 , su argomenti riguardanti la fisica.
3
Oxford, 1942. Cosmologo, fisico, matematico e astrofisico britannico.
4
New York, 1918 – Los Angeles, 1988. Fisico e divulgatore scientifico statunitense, Premio Nobel per la
fisica nel 1965
Capitolo 4
Immagini
20
21
Il valore del pensiero di Russell, e quindi la ragione per cui ho deciso di trattarlo in questo
articolo, risiede proprio nella sua universalità. Non è stato semplicemente un matematico
o un filosofo, ma anche un personaggio politico, uno scrittore Premio Nobel, un pacifista,
e molto altro. Come già accennato nell’Introduzione, la sua biografia permette di vedere la
storia del Novecento e delle scoperte matematiche da un punto di vista nuovo e più coinvol-
gente, diverso da quello che siamo abituati a conoscere nei testi scolastici.
Inoltre Russell è stato un filosofo a tutto campo, simbolo del libero pensiero. Un vero e
proprio poligrafo, come lo ha definito il filosofo Maurizio Ferraris, capace di trattare "temi
che riguardano la vita di tutti con uno stile piano, accessibile, e curato."
Il suo contributo alla matematica è stato fondamentale, sebbene i temi da lui trattati possa-
no sembrare eccessivamente astratti, senza nessun punto di contatto con la realtà. In verità
sappiamo che il valore della matematica non risiede tanto nelle applicazioni che si possono
trovare, quanto nella capacità di questa disciplina di riflettere il pensiero dell’uomo, così
come la filosofia, che nel pensiero russelliano è un tutt’uno con la logica matematica.
Nell’ultimo capitolo di I problemi della filosofia (1912), intitolato Il valore della filosofia,
Russell scrive: "di fatto, il valore della filosofia va in larga misura cercato proprio nella sua
incertezza", che ricorda la massima di Socrate "so di non sapere". Così come Russell stesso
si accorse che il paradosso che aveva scoperto è una riformulazione del paradosso del filosofo
greco Epimenide, possiamo affermare che molti problemi della matematica e della filosofia
moderna sono gli stessi che gli uomini si pongono dall’antichità, e che ancora non trovano
una soluzione.
Il fatto che la filosofia ponga degli interrogativi su argomenti che "l’uomo che non ha nean-
che un’infarinatura di filosofia" giudicherebbe ovvi o inutili, permette di vedere come anche
le cose più quotidiane "conducono a problemi ai quali possiamo dare solo risposte molto
incomplete".
Dal metodo del problem solving, sappiamo che per ogni problema possiamo giungere a una
soluzione attraverso strade diverse. L’uomo moderno è ormai soggiogato dalla necessità di
trovare delle soluzioni, mentre il valore del pensiero non sta tanto nelle risposte che riesce
a trovare, quanto nelle infinite possibilità che esso apre; un problema irrisolvibile ci mette
prima di tutto nella condizione di accettare la fallacia della nostra conoscenza, e di cercare
strade alternative, spesso spingendosi verso territori della mente non ancora battuti. Questa
spinta verso la verità deriva dalle contraddizioni che generano i paradossi e dalla necessità
di eliminarli. Se per secoli la contraddizione è stata vista come nemica del pensiero, per
la filosofia moderna (in particolare dopo Hegel) essa diventa quell’elemento di sprono che
induce l’uomo a indagare su se stesso e sulla realtà.
Perciò la filosofia permette di spostare sempre di più, sebbene di poco, il limite della cono-
scenza umana, o come lo chiama Russell stesso, "l’allargamento dell’Io". Secondo Russell
22
CONCLUSIONI 23
la filosofia va studiata non per le risposte alle domande che essa pone, ma per amore delle
domande stesse che "allargano la nostra concezione di ciò che è possibile."
Ma oltre ai problemi che implicano la logica e la filosofia, vale la pena estendere questo
concetto anche ai problemi di carattere sociale, storico; l’impegno di Russell per il pacifismo
nel fronte interno della Prima guerra mondiale dimostra che, come diceva Marx1 , "i filosofi
hanno [finora] solo interpretato diversamente il mondo; ma si tratta di trasformarlo." Per
questo motivo nella seconda metà della sua vita Russell si è occupato di problemi di carattere
morale e sociale. Facendo, poi, riferimento alla capacità di Russell di ispirare e guidare gli
allievi, basti pensare a quanto sia stato importante per Ludwig Wittgenstein, uno dei più
grandi filosofi del ’900, avere studiato ed interagito con il maestro per un considerevole lasso
di tempo.
Questo amore per la conoscenza ha portato Russell a occuparsi di insegnamento, educazione,
divulgazione scientifica, impegno politico e diritti civili, fanno di lui un modello da proporre,
a mio avviso, agli studenti nelle scuole.
1
Tesi su Feuerbach, 1845.
Bibliografia
[4] Lucio Lombardo Radice, (1983), L’infinito. Itinerari filosofici e matematici d’un concetto
di base.
[5] G. Di Saverio, (2003), Dal paradiso di Hilbert all’inferno di Gödel, Tesi di Laurea, Facoltà
di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali, Università degli Studi di Perugia.
[6] Gianluigi Olivieri (2015), Bertrand Russell, APhEx, portale italiano di filosofia analitica.
[7] E. J. Leed (1985), Terra di nessuno, Esperienza bellica e identità personale nella prima
guerra mondiale
[8] Fossati, Luppi, Zanette (2009), Parlare di Storia, il Novecento e il mondo contemporaneo.
[11] Lorenzo Pantieri e Tommaso Gordini, (2012), L’arte di scrivere con LATEX, http://
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