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Bertrand Russell

I problemi della matematica e della filosofia

Esame di maturità - 1 luglio 2017


«Tre passioni, semplici ma irresistibili, hanno governato la mia vita: la sete d’amore,
la ricerca della conoscenza e una struggente compassione per le sofferenze dell’umanità.
Queste passioni, come forti venti, mi hanno sospinto qua e là secondo una rotta ca-
pricciosa, attraverso un profondo oceano di dolore che mi ha portato fino all’orlo della
disperazione.»

Bertrand Russell, Autobiografia, volume 1

2
Indice

Introduzione 4

1 I fondamenti della matematica 7


1.1 Il logicismo matematico di Frege . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
1.2 Il paradosso di Russell . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8
1.3 Principia Mathematica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10
1.4 I teoremi di incompletezza di Gödel . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11

2 Impegno politico 12
2.1 La Prima guerra mondiale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12
2.2 La soluzione del pacifismo e obiezione di coscienza . . . . . . . . . . . . . . . 14
2.3 Il disarmo nucleare e la guerra in Vietnam . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16

3 Filosofia e morale 17
3.1 Teoria gnoseologica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
3.2 Le opere di divulgazione e il Premio Nobel . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18

4 Immagini 20

Conclusioni 22

Bibliografia 25

3
Introduzione

Bertrand Russell è stato uno dei personaggi più importanti del ventesimo secolo, considerato
uno dei più influenti filosofi contemporanei. La sua attività spazia dalla logica matematica
alla filosofia, dalla divulgazione scientifica all’attivismo politico.
La figura di questo intellettuale, premio Nobel per la letteratura, offre una nuova chiave di
lettura per comprendere la storia contemporanea. Bertrand Russell fu uno dei protagonisti
della crisi dei fondamenti della matematica, che mise in discussione tutte le discipline scienti-
fiche, segnando la fine della filosofia positivista, e che troverà una soluzione solo con i teoremi
di Gödel. Le sue opere divulgative sono diventate esempi per le generazioni successive, dimo-
strando che i saggi scientifici e filosofici possono essere rivolti anche a un pubblico di massa.
Il suo libro I problemi della filosofia "è stato letto da generazioni di studenti e studiosi di
filosofia dentro e fuori le università."1 Nella sua vita, descritta in prima persona nell’opera in
tre volumi Autobiografia, ha attraversato i passaggi più violenti dell’epoca contemporanea,
dall’età vittoriana alla guerra in Vietnam.
Bertrand Arthur William Russell, terzo conte Russell, nasce a Ravenscroft, Galles nel 1872.
Il nonno, Lord John Russell, aveva ricoperto per due volte la carica di primo ministro (dal
1846 al 1852 e dal 1865 al 1866).
A Cambridge studia matematica, logica e filosofia, e viene in contatto con alcuni tra i più
importanti intellettuali britannici del tempo tra i quali Whitehead, Moore, Trevelyan e Key-
nes. Nel 1900 partecipa al Congresso Internazionale di Filosofia, tenuto quell’anno a Parigi,
ed è molto colpito dal seminario tenuto da Giuseppe Peano2 e dai suoi allievi. Da quel
momento in poi, per circa dieci anni, l’interesse per i fondamenti della matematica diventerà
preminente nella sua attività di ricerca.
Nel 1901 scopre il paradosso che porta il suo nome e si converte al pacifismo. Nel 1910 pub-
blica con A. N. Whitehead Principia Mathematica, e diventa insegnante di Logica e Principi
della Matematica a Cambridge. La sua attività di pacifista per opporsi all’entrata in guerra
della Gran Bretagna nel 1918 lo porta a dover trascorrere sei mesi in prigione durante il
quale scrive Introduction to Mathematical Philosophy.
Come delegato del partito laburista, si reca nel 1920 in Unione Sovietica e in Cina, e ne
riporterà le sue impressioni nell’Autobiografia. Nel 1936 pubblica Storia della Filosofia Oc-
cidentale e all’inizio della Seconda Guerra Mondiale muta le sue convinzioni in tema di
disobbedienza civile e pacifismo, e si schiera con gli interventisti per fermare l’avanzata del
nazismo.
Si dedica alla scrittura di libri di divulgazione scientifica e filosofica; la sterminata produzio-
ne scientifica comprende numerosi saggi sulla morale.
1
Introduzione al libro di John Skorupski, filosofo.
2
Spinetta di Cuneo, 27 agosto 1858 – Cavoretto, 20 aprile 1932. È stato un matematico, logico e glottoteta
italiano.

4
INTRODUZIONE 5

Nel 1950 gli viene assegnato il premio Nobel per la letteratura, quale riconoscimento ai suoi
vari e significativi scritti nei quali egli si leva in alto a campione degli ideali umanitari e
della libertà di pensiero". Nel 1955, Russell scrive assieme ad Einstein il manifesto pacifista
Russell-Einstein e nel 1966 fonda assieme a Jean Paul Sartre, il Tribunale Internazionale per
i Crimini di Guerra, per arginare gli orrori che in quegli anni stavano avendo luogo nella
guerra del Vietnam.
Russell muore a Plas Penrhyn, Penrhyndeudraeth, Galles nel 1970, dopo una vita intera-
mente dedicata alla conoscenza e alla pace.

Questo documento è stato scritto con LATEX


Capitolo 1

I fondamenti della matematica

1.1 Il logicismo matematico di Frege


Fino al XVII secolo, la matematica si occupava solo di due discipline: l’aritmetica e la geo-
metria. Le scoperte di Cartesio servirono a Newton e a Leibniz per fondare un nuovo campo
della matematica, che opera con i numeri reali, ovvero l’analisi.
Questo introduceva nella matematica degli elementi di studio nuovi, come il limite, la de-
rivata, e il calcolo infinitesimale. Essi però necessitavano di definizioni formali alle quali la
matematica classica non riusciva a soddisfare. Si imponeva cioè di dare alle definizioni di
"infinitesimo", "limite", "derivata", "integrale" ecc. una veste rigorosa, così da poter co-
struire l’intera analisi (reale e complessa) su basi solide.
Tutta la matematica dell’Ottocento è incentrata nel provvedere delle soluzioni logiche (non
assiomatiche) a questi problemi matematici. Sull’onda della filosofia positivista, i matemati-
ci dell’Ottocento cercarono di ridurre la matematica alla logica, ovvero dimostrare che tutti i
teoremi matematici sono dimostrabili a partire da un numero ristretto di proposizioni logiche
fondamentali.
Questo movimento intellettuale prende il nome di logicismo e ha tra i suoi matematici più
importanti Frege, Peano e Cantor.
La geometria era basata fino ad allora sugli assiomi posti da Euclide nel suo libro Elementi
(IV o III sec. a.C). Nel corso dei secoli molti paradossi e molte dimostrazioni errate erano
state trovate negli Elementi 1 , e per porvi rimedio David Hilbert2 scrisse la rivoluzionaria
opera Fondamenti della Geometria, nella quale sostituisce i cinque assiomi di Euclide con
venti nuovi assiomi, che evitano le contraddizioni derivanti da quelli tradizionali, ponendo le
basi di un nuovo sistema assiomatico.
Quanto avvenuto nell’ambito della geometria spinge i matematici a sforzarsi di liberare il
loro campo di studi dalle dipendenze dell’intuizione e dell’evidenza, cercando di conferire a
esso uno statuto logico rigoroso. Si tratta, in particolare di ricostruire l’analisi sulla base
di nozioni puramente aritmetiche. L’esigenza di assicurare alla matematica una fondazione
certa, incontrovertibile, è alla base di tutto quello che viene detto "programma logicista",
che ha in Gottlob Frege3 il suo esponente di punta. Questo programma si pone due obiettivi
fondamentali:
1
Ad esempio la negazione del V postulato.
2
Königsberg, 1862 – Gottinga, 1943. Matematico tedesco.
3
Wismar, 1848 – Bad Kleinen, 1925. Matematico, logico e filosofo tedesco, padre della moderna logica
matematica.

7
8 CAPITOLO 1. I FONDAMENTI DELLA MATEMATICA

a)definire in termini puramente logici i concetti della matematica pura, in particolare


quelli tradizionalmente considerati "primitivi" e irriducibili, a partire dallo stesso concetto
di numero naturale e insieme N;
b)derivare le "verità" della matematica pura da principi puramente logici e impiegando
metodi di ragionamento espliciti e trasparenti.
Frege cominciò la sua attività di ricerca partendo dagli studi di Georg Cantor sulla teoria
degli insiemi, per fondare le basi della moderna analisi, attraverso dei postulati aritmetici. A
tale scopo nel 1879 elabora un linguaggio simbolico che chiama ideografia. Voleva dimostrare
che i giudizi dell’aritmetica non sono, come aveva ritenuto Immanuel Kant nella Critica della
ragion pura, sintetici a priori, bensì analitici, e pertanto dimostrabili in modo esclusivamente
logico, cioè facendo ricorso soltanto alle regole del pensiero razionale. La definizione formale
di N, l’insieme dei numeri naturali, adottata da Frege in Grundgesetze der Arithmetik ("I
Principi dell’aritmetica") — un numero è la classe di tutte le calssi tra loro equipotenti4 —
compì un’operazione genuinamente filosofica nel far vedere che le componenti ultime della
realtà aritmetica, i numeri naturali, sono insiemi.
Nella sua Autobiografia, Russell descrive il clima intellettuale dell’ambiente matematico di
quegli anni:

«Nel luglio 1900 si tenne il Congresso Internazionale di Filosofia a Parigi. Whitehead5


e io decidemmo di prendervi parte e io accettai un invito a presentare una relazione.
[...] Il congresso segnò una svolta importante nella mia vita intellettuale perché fu in
quell’occasione che incontrai Peano. Mi resi conto che il suo metodo di notazioni forniva
quello strumento di analisi logica che per anni avevo cercato.»

1.2 Il paradosso di Russell


Tornato in Regno Unito, Russell si dedicò allo studio di lavori di Peano e iniziò una corri-
spondenza con Gottlob Frege.

All’inizio di ottobre (1900) cominciai a scrivere The Principles of Mathematics [...] In


maggio ebbi una crisi intellettuale. Cominciai a esaminare le dimostrazioni di Cantor
con grande minuzia e mi sforzai di applicarle alle classi di tutte le cose esistenti. Questo
mi portò a considerare quelle classi che non sono membri di se stesse. Trovai che in
ogni caso la risposta implica il proprio contrario. All’inizio ritenni di poter superare
abbastanza facilmente la contraddizione, e che probabilmente c’era qualche banale er-
rore di ragionamento.
Sembrava assurdo per un uomo adulto potesse perdere tempo in queste sciocchezze. Per
tutta la seconda metà del 1901 mi illusi che sarebbe stato facile trovare una soluzione,
ma alla fine di quell’anno dovetti concludere che non era cosa da poco. Di conseguenza
decisi di terminare i Principles of Mathematics lasciando in sospeso la questione.»

Autobiografia, volume 1

Bertrand Russell espose il suo problema a Gottlob Frege. In questa lettera è esposto per
la prima volta il paradosso di Russell. Leggere queste righe portò Frege a interrompere la
stesura di I principi dell’aritmetica.
4
due classi si dicono equipotenti se hanno lo stessa cardinalità
5
Ramsgate, 1861 – Cambridge, Massachusetts, 1947. Filosofo e matematico britannico.
1.2. IL PARADOSSO DI RUSSELL 9

Friday’s Hill, Haslemaere, 16 giugno 1902


«Caro collega,
io mi trovo completamente in accordo con lei in tutte le cose essenziali, particolarmente
quando lei respinge ogni momento psicologico nella logica, e quando lei ripone grande
valore formale in una ideografia per la fondazione della matematica e della logica for-
male, che, sia detto incidentalmente, è ben difficile distinguere. [...] C’è solo un punto
dove io ho incontrato una difficoltà. [...] Sia w il predicato: "essere un predicato che
non può essere un predicato di se stesso". Può w essere predicato di se stesso? Da ogni
risposta discende l’opposta. Perciò dobbiamo concludere che w non è un predicato.
Similmente non esiste (come totalità) una classe di tutte le classi che, prese ciascuna
come una totalità, non appartengano a se stesse. Da ciò traggo la conclusione che in
determinate circostanze una collezione definibile non forma una totalità.»

Bertrand Russell

Quello che è passato alla storia come "Paradosso di Russell", è in realtà un’antinomia, come
scrive lo stesso Russell in questa lettera al collega Gottlob Frege: "da ogni risposta discende
l’opposta". L’antinomia è un particolare tipo di paradosso che indica la compresenza di due
affermazioni contraddittorie che possono essere entrambe dimostrate o giustificate.
Successivamente, Russell espose la sua scoperta in maniera più comprensibile:

«L’insieme di tutti gli insiemi che non appartengono a se stessi appartiene a se stesso
se e solo se non appartiene a se stesso.»

Anche attraverso l’uso di esempi o di metafore6 :

«Alcune classi7 sono elementi di se stesse, altre non lo sono: la classe di tutte le classi
è una classe; la classe delle non-teiere [not-teapots] è una non-teiera.
Consideriamo ora la classe di tutte le classi che non sono elementi di se stessa. Se essa
non lo è, lo è [perché ogni classe non elemento di se stessa appartiene alla classe di tutte
le classi che non sono elementi di se stesse].»

In linguaggio formale:

Poniamo

R = {x|x ∈
/ x}

allora

R∈
/R≡R∈R

Che vuol dire: R è la classe di tutti gli x tali che x non è un elemento di x.
allora: R non è elemento di R se, e solo se, è elemento di R.

Questa lettera fu spedita dal giovane Russell a Frege dopo la pubblicazione del primo volume
dei Principi, e paralizzò completamente l’attività di ricerca di Frege, il quale scrisse:
6
Il paradosso del barbiere: In un villaggio vi è un solo barbiere, un uomo ben sbarbato, che rade tutti e
solo gli uomini del villaggio che non si radono da soli. Il barbiere rade se stesso?
7
Il termine classe viene usato al posto di insieme.
10 CAPITOLO 1. I FONDAMENTI DELLA MATEMATICA

«La vostra scoperta della contraddizione mi ha causato la più grande sorpesa e, sta-
rei per dire, costernazione, poiché ha scosso la base sulla quale intendevo costruire
l’aritmetica.»

E nell’epilogo del secondo volume de I principi dell’aritmetica:

«Tutti coloro che nelle loro dimostrazioni hanno fatto uso di estensioni concettuali,
classi, insiemi, sono nella mia stessa situazione. Qui non è in causa il mio metodo
di fondazione particolare, ma la possibiltà di una fondazione logica dell’aritmetica in
generale.»

Con questo articolo si apre la crisi dei fondamenti della matematica. La teoria degli insiemi
di Cantor crollò sotto il peso del paradosso di Russell e venne rinominata "Teoria ingenua
degli insiemi", in quanto soggetta a paradossi. Negli anni successivi si svilupparono altre
teorie che portarono alla "Teoria assiomatica degli insiemi".

1.3 Principia Mathematica


Nel 1903 Bertrand Russell e il filosofo Alfred North Whitehead pubblicarono Principia Ma-
thematica. Grazie a questa pubblicazione, Russell non solo ottenne una cattedra all’Univer-
sità di Cambridge, ma riuscì anche a porre rimedio all’incongruenza che la sua antinomia
aveva fatto emergere.
In Principia Mathematica, Russell espone la Teoria dei tipi : punto di partenza sono gli
elementi atomici di livello 0, che non possono essere ridotti in elementi più piccoli. Il passo
successivo sarà la costruzioni di insiemi di livello 1, ovvero insiemi di elementi tutti di livello
0.
Gli insiemi composti da: me stesso, mia madre, mio padre, da singoli individui, sono di
livello 0 ; la mia famiglia, invece, è un insieme di livello 1. Di livello 2 sarà l’insieme delle
famiglie abitanti in un blocco, di livello 3 sarà l’insieme di blocchi in una città, e così via...
Possiamo così costruire classi corrispondenti a livelli di astrazione sempre più alti. Dunque
nè alla classe totale 8 , nè alla classe di Russell 9 possiamo attribuire un tipo (o livello). Chia-
meremo dunque insiemi soltanto le classi di livello finito. Se facciamo questo, la antinomia di
Russell, così come l’antinomia di Cantor e di Burali-Forti, diventa la seguente dimostrazione
per assurdo:

è assurdo supporre che sia un insieme la classe formata da tutti gli insiemi che non
possiedono se stessi come elemento.

Esistono quindi, almeno a priori, classi di tipi:


a) classi di tipo 0, da chiamarsi insiemi, che possono essere poste a sinistra del simbolo
di appartenenza in qualche relazione elemento-insieme (a ∈ x), che possono cioè diventare
elementi costitutivi di nuovi insiemi.
b) classi di tipo 1, che chiameremo (se esistono) classi proprie.
Detta A una tale classe, @X|A ∈ X.
Non può mai comparire a sinistra del simbolo di appartenenza di Peano, ma solo a destra di
8
che ha per suoi elementi tutti gli insiemi
9
che ha per suoi elementi tutti gli insiemi che non contengono se stessi
1.4. I TEOREMI DI INCOMPLETEZZA DI GÖDEL 11

esso, perché non può essere concepito come elemento.


La stesura dei PM durò dal 1902 al 1910. Russell descrive le estati del 1903 e del 1904 come
"periodi di assoluto blocco mentale. Nel 1906 mi si chiarì la teoria dei tipi: non rimaneva
che scrivere il libro."
L’insegnamento non lasciava Whitehead abbastanza tempo libero per la stesura del ma-
noscritto, così Russell vi lavorò dal 1907 al 1910 "per dieci o dodici ore al giorno. Per il
periodo dal 1902 al 1910, il logorio dell’infelicità unito a un durissimo lavoro intellettuale fu
sfibrante."

1.4 I teoremi di incompletezza di Gödel


Si poneva dunque la questione della completezza e della coerenza del sistema formale10 propo-
sto dai P.M. Un sistema formale è completo se tutti gli enunciati sono derivabili (‘ottenibili’
e ‘dimostrabili’) al suo interno; è coerente, o non-contraddittorio, se non possono derivarsi
al suo interno enunciati contraddittori, vale a dire una proposizione e la sua negazione. Una
questione di questo tipo rientra nella metamatematica, poiché è un’indagine matematica
sulla matematica.
Il matematico tedesco D.Hilbert lanciò proprio questa sfida alla comunità dei matematici:
dimostrare la completezza e la coerenza dei P.M.
Nessuno riuscì nell’impresa proposta da Hilbert. Gödel11 , anzi, dimostrò il contrario.
Come un fulmine a ciel sereno, articolo del 1931 Sulle proposizioni formalmente indecidibili
dei “Principia Mathematica” e dei sistemi affini con cui Gödel confuta la completezza dei
Principia Mathematica di Russel, dimostrò che la coerenza di un sistema formale è indimo-
strabile all’interno del sistema stesso o, in altri termini, che non esiste un sistema formale
capace di produrre tutte le verità aritmetiche.
La dura sentenza dei teoremi di Gödel afferma che non esistono sistemi assiomatici completi,
e che ogni sistema assiomatico genera delle verità indimostrabili.

10
una formalizzazione rigorosa e completa della nozione di sistema assiomatico.
11
Kurt Gödel (1906-1978) logico e matematico statunitense di origine ceca. Laureatosi a Vienna nel 1930,
all’avvento del nazismo fu costretto, come molti altri esponenti del Circolo di Vienna cui aveva aderito,
all’emigrazione. Negli Stati Uniti insegnò presso l’Institute for Advanced Studies di Princeton, dedicandosi
oltre alla logica a studi di cosmologia. È considerato uno dei massimi logici del secolo scorso.
Capitolo 2

Impegno politico

2.1 La Prima guerra mondiale


Lo storico Eric J. Leed1 descrive l’agosto 1914 come "l’ultima grande incarnazione del ’po-
polo’ come entità morale unitaria." Dalla Restaurazione allo scoppio della Grande Guerra
l’Europa aveva vissuto un lungo periodo di pace durato quasi cent’anni.
Tuttavia, le premesse per una guerra totale erano evidenti. Uno dei primi segnali fu l’isti-
tuzione di blocchi di alleanze contrapposte (l’Entente cordiale e la Triplice intesa) composti
da stati nazionali ad Occidente e da stati multinazionali nell’Europa dell’Est. La logica dei
blocchi contrapposti, tuttavia, era considerata da molti osservatori un possibile fattore di
neutralizzazione del conflitto e di garanzie di equilibrio, perché avrebbe costretto i membri di
ciascuna alleanza ad accordarsi prima di intraprendere iniziative aggressive. Lo storico Gian
Enrico Rusconi2 ha affermato che "le tensioni tra due sistemi egemonici, unita all’instabilità
di aree regionali, con l’emergenza di fenomeni nazionalistici e terroristici, e agli altissimi
livelli di armamenti" furono i tre dati di fondo della situazione internazionale in cui maturò
la guerra.
Dopo la stesura di Principia Mathematica, Bertrand Russell si dedicò completamente al-
l’insegnamento a Cambridge e all’attività politica. Il periodo tra il 1910 e il 1914, come
scrive nella sua Autobiografia, fu di "transizione". In quegli anni Russell era già un pacifista
convinto:

«La solitudine dell’anima umana è insopportabile; nulla può penetrarvi eccetto la più
intensa forma di quel tipo di amore predicato dai grandi mistici; tutto ciò che non sorge
da questo impulso è dannoso o quanto meno inutile; ne segue che la guerra è un errore;
che l’educazione che si riceve nei grandi collegi inglesi è abominevole, che l’uso della
forza è deprecabile e che nei rapporti umani bisognerebbe riuscire a giungere nell’intimo
della solitudine che è in ciascuno e rivolgersi a quello.»

Perciò, quando il 28 luglio 1914 scoppio la Guerra, la cosa che più di tutte turbò Bertrand
Russell fu vedere che numerosi colleghi e amici si unirono con gioia all’entusiasmo che ac-
compagnò l’entrata in guerra della Gran Bretagna, il 4 agosto. Il direttore del giornale The
Nation, accettò la proposta di Russell di scrivere un articolo contrario alla partecipazione in
guerra. Il giorno dopo Russell ricevette una sua lettera che cominciava: "Oggi non è ieri..." e
1
Missoula, Montana 1942. Storico statunitense
2
Meda, 1938. Storico, politologo e filosofo italiano.

12
2.1. LA PRIMA GUERRA MONDIALE 13

continuava col dire che aveva cambiato opinione. Russell scrisse: "dovetti persuadermi che,
in generale, uomini e donne si rallegravano all’idea di fare la guerra. Osservavo le folle che
applaudivano e cercavo di comprendere i loro sentimenti."
I primi mesi della Prima guerra mondiale sono passati alla storia con il nome di "comunità
d’agosto". Fu in quei giorni, osserva lo storico Jean-Jeaques Becker3 , che "un conflitto in
parte accidentale si trasformò quasi istantaneamente in una guerra dei popoli." Ovunque
l’annuncio del conflitto fu accolto da vibranti manifestazioni di patriottismo. Con il termine
"comunità d’agosto" si andò a definire il clima di concordia nazionale che infiammò in quel-
le settimane le opinioni pubbliche europee. I francesi, su appello del presidente Raymond
Poincaré, celebrarono l’Union sacrée, la "sacra unione" di tutto il popolo francese contro il
nemico, per la difesa della patria; in Germania, tutti i partiti si unirono nella Burgfrieden,
la "pace civile", a sostegno del Kaiser e del governo. L’opinione pubblica in Gran Bretagna
esplose in una vera e propria ondata di isteria antigermanica: già il 4 agosto interminabili
file di volontari si snodavano di fronte agli uffici di arruolamento.
Leed spiega che nella Comunità d’agosto "la guerra fu vista in opposizione assoluta alla
vita sociale e come antipodi alla normale esistenza nella moderna società industriale. L’e-
sperienza comunitaria fu dominata dalla sensazione che la guerra alterasse le relazioni fra
uomini e classi sociali; e, logicamente, nell’accantonare il mondo sociale strutturato in base
alla ricchezza, allo status, alla professione".
L’Italia entrò in guerra il 24 maggio, dopo aver dichiarato la propria neutralità. Il Primo
Ministro Salandra e il ministro degli Esteri Sidney Sonnino iniziarono una serie di trattative
con l’Intesa, sebbene l’Italia facesse parte della Triplice alleanza. La decisione fu dovuta alla
promessa di annessione di Trento e Trieste in caso di vittoria e per via delle pressioni fatte
al governo dai movimenti nazionalisti, il cui scopo era quello di intaccare la leadership di
Giolitti e dei liberali. L’antigiolittismo era il punto di forza dei movimenti nazionalisti inter-
ventisti, che conquistarono le piazze, tradizionale "monopolio" delle sinistre. Le insurrezioni
interventiste dei giorni dal 10 al 16 maggio 1915 passarono alla storia con il nome coniato
dalla retorica nazionalista di "maggio radioso".
Il partito socialista italiano fu l’unico partito dell’Internazionale a votare contro l’entrata
in guerra nel 1914: tutta la tradizione pacifista del movimento socialista europeo ne usciva
clamorosamente smentita, poiché le ragioni della comunità nazionale prevalsero nettamente
su quelle della solidarietà internazionale.
D’altronde, Emilio Gentile4 scrive che "molti andarono al fronte con l’idea che avrebbero
vissuto l’eccitante esperienza di una guerra breve e rapida, una grande avventura". I più
non immaginavano che quei colpi sparati a Sarajevo 28 giugno 1914 contro l’arciduca France-
sco Ferdinando potessero provocare una "guerra di trincea e di logoramento" che si sarebbe
protratta per quattro anni. L’illusione della guerra breve derivò dal fatto che gli stati mag-
giori ritenevano che una guerra di massa, implicante la mobilitazione di milioni di uomini, un
enorme sforzo di produzione e l’interruzione degli scambi internazionali, non fosse sostenibile
a lungo e che quindi si dovesse rapidamente annientare il nemico aggredendolo.
Russell invece, intuì fin da subito quali sarebbero state le drammatiche conseguenze della
guerra. "Fino a quel momento avevo creduto che i più amassero i propri figli; la guerra mi
rivelò che coloro che li amano sono l’eccezione," scrisse.

3
Parigi, 1928. Storico francese specializzato in storia contemporanea, Prima guerra mondiale e movimento
operaio
4
Bojano, 1946. Storico italiano, studioso di storia contemporanea, in particolare del fascismo
14 CAPITOLO 2. IMPEGNO POLITICO

2.2 La soluzione del pacifismo e obiezione di coscienza


«Nel primo anno di guerra, alcuni deputati pacifisti, e due o tre simpatizzanti, comin-
ciarono a riunirsi a casa di Morrell, in Belford Square. Anch’io presi parte a quegli
incontri che sfociarono nella Unione per il controllo democratico (Union of Democratic
Control). Osservai, non senza interesse, che molti degli uomini politici, dichiaratamente
pacifisti, si preoccupavano più di sapere chi di loro avrebbe capeggiato il movimento
che non di adoperarsi in modo concreto alla guerra. Comunque costoro erano i soli con
cui potessi collaborare e facevo del mio meglio per pensare bene.»

Autobiografia, volume 2

Nell’estate 1915 Russell, di orientamento liberale, scrisse Principles of Social Reconstruction


(o Why Men Fight , come, senza il suo consenso, fu intitolato nell’edizione americana). In
esso Russell pone una filosofia della politica fondata sulla convinzione che gli impulsi sono
più determinanti dell’io cosciente nel plasmare la vita degli uomini. Divide gli impulsi in
due gruppi: impulsi possessivi e impulsi creativi, considerando più ricca di valori la vita
costruita principalmente sugli impulsi creativi. Manifestazioni degli impulsi possessivi sono,
secondo Principles of Social Reconstruction, lo Stato, la guerra e la povertà; gli impulsi
creativi, sono invece raffigurati nella educazione, nel matrimonio e nella religione. Questi
temi furono fondamentali soprattutto per le successive pubblicazioni divulgative del filosofo.
Da questo libro Russell ottenne un successo immediato, sostenuto da numerose conferenze
con cui presentava le sue idee pacifiste.
Nel 1915, quando l’America era ancora neutrale, scrisse una lettera aperta al presidente
Wilson. Con la censura allora in vigore sarebe stato vano spedire un documento simile, così
lo spedì ad una amica pacifista che lo pubblicò su quasi tutti i giornali del paese. Nella lettera
Russell non esorta gli Stati Uniti ad entrare in guerra come avverrà nell’aprile 1917, bensì
a "costringere i governanti europei a fare la pace, ma anche di rassicurare le popolazioni
facendosi garante di una pace futura"
Nel 1916, con l’istituzione del servizio militare obbligatorio, dedicò tutto il suo tempo agli
obiettori di coscienza al servizio della No-Cosnscriprion Fellowship, composta interamente da
giovani in erà per il servizio militare e da soci simpatizzanti. I membri del comitato fondatore
furono, uno dopo l’altro, messi in prigione e Russell ne divenne il presidente effettivo.

«C’era molto da fare. Si trattava di curare gli interessi individuali dei membri e, nello
stesso tempo, di tener d’occhio le autorità militari per assicurarsi che non mandassero
alcuno dei nostri in Francia, poiché gli obiettori di coscienza potevano essere condannati
a morte solo se si rifiutavano di combattere in zona di guerra.
Trascorsi tre settimane nei distretti del Galles. Trovai sempre che, in maggioranza, il
pubblico non era ostile.»

Per la No-Conscription Fellowship Russell scrisse un volantino anonimo a proposito di un


obiettore di coscienza che era stato incarcerato in violazione alla legge relativa all’obiezio-
ne di coscienza. Scrisse pertanto una lettera al Times per dichiarare l’autenticità di quel
volantino, poiché tutti quelli che venivano sorpresi a distribuirlo venivano incarcerati ("Fui
chiamato in giudizio e dovetti comparire alla Mansion House davanti al Lord Mayor; mi
difesi personalmente a lungo").
Al professore fu imposta una multa di cento sterline che si rifiutò di pagare con conseguente
pignoramento di alcuni suppellettili delle sue stanze a Cambridge per quel valore.
2.2. LA SOLUZIONE DEL PACIFISMO E OBIEZIONE DI COSCIENZA 15

«Nel frattempo a Trinity tutti gli insegnanti più giovani erano partiti per il fronte e i
più anziani non vollero essere da meno: mi tolsero l’incarico. Quando, alla fine della
guerra, i giovani tornarono, fui invitato a riprendere il mio posto ma ormai non ne
provavo più alcun desiderio.»

In un articolo pubblicato sul The tribunal giovedì 3 gennaio 1918, Russell scrisse che i
governanti, "anche fra i democratici e i socialisti", non erano contrari a sostenere ancora
la guerra, e che se si sarebbe protratta ancora a lungo sarebbe sfociata nella "rivoluzione
universale". In questo articolo, Russell sosteneva che in caso di sciopero "i soldati della
guarnigione americana in Inghilterra e in Francia sarebbero stati mandati nelle fabbriche
per sostituire gli operai, compito cui l’esercito americano è avvezzo in patria." Prosegue
spiegando che il proletariato "ha un enorme potere" e può "ottenere una pace giusta e
durevole entro un mese."
A causa di questo articolo Russell fu condannato a sei mesi di reclusione.
Durante il periodo in carcere, Russell non potette scrivere articoli di politica o di morale,
come era solito fare, ma gli fu concesso di dedicarsi a produzioni scientifiche. In questo
periodo scrisse Introduction to marhematical philosophy, "una versione quasi popolare dei
Principia Mathematica", e lo schema di Analysis of Mind. Quei mesi sono descritti nelle
memorie come "una vacanza da ogni responsabilità."
Quando Russell uscì di prigione nel settembre 1918 era chiaro che la guerra stava per finire.
Dall’Autobiografia, il filosofo racconta che la guerra cambiò molti dei suoi principi: pur
rimanendo pacifista si allontanò dall’ambiente liberale e da quello socialista. Descrivendo la
fine della Prima guerra mondiale, Russell traccia un bilancio della sua attività a sostegno
del pacifismo, comparando le sue previsioni sugli esiti della guerra con le reali e disastrose
conseguenze:

«Finita la guerra mi resi conto che tutto ciò che avevo fatto era stato perfettamente
inutile, salvo che per me stesso. Non avevo salvato una sola vita umana, né abbreviato
la guerra di un solo minuto. Non ero riuscito a far nulla per attenuare l’amarezza
del trattato di Versailles. Ma almeno non ero stato complice dei delitti delle nazioni
belligeranti e per conto mio avevo trovato una nuova filosofia e una nuova giovinezza.
Mi ero liberato del professore del puritano che ero stato. Nel giorno dell’armistizio tutti
riponevano grandi speranze nell’opera di Wilson, altri trovavano ispirazione nella Russia
Bolscevica; quando mi resi conto che nessuna di queste fonti di ottimismo avevano valore
per me, fui tuttavia capace di non disperare. Sono assolutamente convinto che il peggio
è di là da venire5 .»

Durante la Prima guerra mondiale 2.67 milioni di uomini si reclutarono volontari, altri 2.77
tra i 18 e i 41 anni d’età si arruolarono attraverso la leva obbligatoria, Military Service.
Ci furono circa 16.000 obiettori di coscienza6 tra quaccheri e pacifisti: 4.500 di loro dovet-
tero svolgere lavori utili alla nazione, come il servizio sociale o l’agricoltura; 7.000 furono
iscritti al corpo speciale Non-Combatant Corps o nella Royal Army Medical Corps. A 6.000
obiettori non fu riconosciuto il diritto di non combattere; in caso di disobbedienza li atten-
deva la corte marziale o l’imprigionamento. Durante la Seconda guerra mondiale, invece,
gli obiettori furono 60.000. Il pacifismo è stata una grande rivoluzione nel del Novecento,
5
Questo fu scritto nel 1931
6
Peter Brock, These strange criminals: an anthology of prison memoirs by conscientious objectors to
military service from the Great War to the Cold War, 2004
16 CAPITOLO 2. IMPEGNO POLITICO

tanto che molti movimenti di contestazione del secondo dopoguerra avevano nel pacifismo
uno dei loro valori. Mentre Russell operava tra gli obiettori di coscienza, nel 1915 Gandhi
si pose con chiarezza l’obiettivo dell’indipendenza del suo paese, l’India. Il metodo di lotta
utilizzato da Gandhi – il satyagraha, termine da lui coniato che significa "fermezza, forza
nella verità" – prevedeva l’esclusivo utilizzo di mezzi non violenti (come gli scioperi della
fame o il boicottaggio delle attività inglesi). I principi del satayagraha erano: proporsi un
fine giusto; minimizzare le sofferenze imposte all’avversario; cercare sempre il dialogo razio-
nale con l’avversario, non interrompere mai la comunicazione con esso; avere un obiettivo
che, alla lunga, risulti convincente anche per l’avversario. Da inglese, Russell non poteva
non pronunciarsi su un argomento così legato all’Impero Britannico e al pacifismo. Disse
che l’efficacia della resistenza passiva dipende dalla presenza di alcune virtù in coloro contro
i quali è usata: "quando gli indiani si stesero sui binari della ferrovia, gli inglesi ristettero
dal commettere la crudeltà di schiacciarli; i nazisti invece non avevano scrupoli in situazioni
analoghe".

2.3 Il disarmo nucleare e la guerra in Vietnam


All’avvento della Seconda guerra mondiale, preoccupato per l’espansionismo nazista, Ber-
trand Russell e Albert Einstein abbandonarono la posizione pacifista, concludendo che la
conquista dell’Europa da parte di Hitler sarebbe stata una permanente minaccia alla demo-
crazia: "la guerra è sempre un brutto male; in particolari circostanze, può essere il minore
tra due mali."
Negli anni ’50 si dedicò alla causa politica del disarmo nucleare e nel 1955 firmò assieme ad
altri dieci fisici premi nobel il Manifesto Russell-Einstein, rilasciato durante la conferenza di
Caxton Hall, Londra. L’incontro fu presieduto dal fisico polacco Joseph Rotblat, l’unico ad
aver abbandonato il progetto Manhattan perché "preoccupato per il futuro dell’umanità".
Divenne celebre il sit-in che tenne a Trafalgar Square nel 1961, per il quale fu nuovamente
incarcerato [Figura 1].
L’ultimo obiettivo della sua lotta pacifista fu la guerra del Vietnam, uno dei conflitti più
cruenti del Novecento. La questione vietnamita si inserì verso la fine degli anni ’50 nella
contrapposizione tra le due superpotenze della Guerra Fredda: Stati Uniti e Unione Sovieti-
ca. Gli USA insediarono un governo filo-americano nel Vietnam del sud mentre il Nord era
governato dal governo comunista di Ho Chi Minh.
All’inizio degli anni ’60 lo scontro tra i due governi scoppiò in una guerra lunga e sanguinosa,
mentre negli Stati Uniti e nel resto del mondo crebbe il dissenso nei confronti dell’intervento
americano in questa guerra. A partire dal ’67 nacque tra i gruppi studenteschi un movimento
di contestazione che ben presto si diffuse anche in Europa e vide nell’opposizione alla guerra
uno dei temi più forti della protesta. Negli ultimi anni della sua vita Russell si legò a questi
movimenti nel contestare l’intervento militare statunitense e fondò con il filosofo Jean-Paul
Sartre il Tribunale internazionale contro i crimini di guerra che si pronunciò con la condanna,
seppure simbolica, degli Stati Uniti d’America.
Capitolo 3

Filosofia e morale

3.1 Teoria gnoseologica


I risultati prodotti da Russell che hanno dato un apporto rilevante allo sviluppo della filosofia
contemporanea non si limitano a quelli inerenti alla logica matematica, sia pure importan-
tissimi, che abbiamo finora analizzato, ma si estendono, tra le altre cose, anche alla teoria
del significato e della mente e all’elaborazione di una teoria della conoscenza basata sulla
nozione di dato di senso. In questo capitolo affronteremo la teoria gnoseologica russelliana,
espressa per la prima volta in I problemi della filosofia (1912).
Per Russell la conoscenza si dà secondo due modalità: la cosiddetta conoscenza diretta, o
per acquaintance, e quella per descrizione. Si conosce un’entità X per acquaintance quando
si conosce X direttamente, e cioè quando si ha conoscenza di X senza far uso di verità o di
processi inferenziali. Si conosce, invece, un’entità X per descrizione quando X non è cono-
sciuta direttamente, ma si è in possesso di una descrizione di X e si sa che uno ed un solo
oggetto soddisfa questa descrizione [Figura 2].
Ad esempio un tavolo, come spiega ne I problemi della filosofia, appare differente da ango-
lazioni differenti e in luci differenti. L’esistenza del tavolo ci è data attraverso i sense-data,
ossia "le cose di cui abbiamo conoscenza immediata attraverso la sensazione". La conoscen-
za diretta si raggiunge attraverso i sense-data e gli universali, ovvero principi conosciuti a
priori, per "evidenza intrinseca", come la conoscenza di se stessi, delle proprie memorie e di
entità astratte.
La conoscenza degli oggetti, invece, passa attraverso la conoscenza per descrizione. Mentre
è possibile dubitare dell’esistenza del tavolo, non è possibile dubitare dei dati di senso che
sto percependo e che sembrano suggerire l’esistenza del mio tavolo. Il grande valore della
conoscenza per descrizione, risiede ovviamente nel fatto che che questa ci consente di valicare
i limiti impostici dall’esperienza.
Questa teoria, ormai ritenuta fallace dalla filosofia contemporanea, fu messa a dura prova
dalla psicologia sperimentale, e più precisamente dalla Gestalt, sviluppatasi negli anni venti
del XX secolo da Kohler, Koffka e Whrtheimer. L’idea fondamentale di questa teoria è che
la forma (Gestalt) della percezione è indipendente dalla struttura della stimolo. Esempi
classici di questa tesi sono le cosidette figure bi-stabili quali il cubo di Necker e il coniglio-
anatra. Ancora una volta i paradossi e le contraddizioni che essi generano si rivelano essere
lo strumento che spinge verso la conoscenza di una verità quanto più possibile oggettiva e
universale. Se la forma della percezione è influenzata dalla struttura dello stimolo (perché la

17
18 CAPITOLO 3. FILOSOFIA E MORALE

forma delle percezioni è influenzata anche da fattori culturali ecc...) si mette in discussione
l’esistenza di dati in senso russelliano che vengono conosciuti direttamente dal percipiente e
cioè senza far uso di verità o processi inferenziali.
Lo studente di Russell, il filosofo Ludwig Wittgenstein, criticherà la teoria gnoseologica di
Russell nell’opera Tractatus Logico-Philosophicus (1921).

3.2 Le opere di divulgazione e il Premio Nobel


Dopo l’esperienza del carcere nel 1918, Russell fece della divulgazione scientifica la sua prin-
cipale fonte di guadagno. Nonostante la sua espulsione dall’insegnamento a Cambridge,
Introduzione alla filosofia matematica si rivelò un successo, perché si proponeva di riassume-
re in maniera chiara e comprensibile a chiunque gli studi sui fondamenti della matematica e
dei Principia Mathematica. Introduzione fu l’ultimo importate libro di Russell sulla logica
matematica, perché nel 1921 e nel 1927 scrisse i libri Analisi della mente e Analisi della
materia, "un tentativo di fare una filosofia delle neuroscienze," come lo ha definito il mate-
matico e divulgatore Piergiorgio Odifreddi. Per quanto riguarda la divulgazione scientifica
una delle opere più importanti è ABC della relatività, in cui spiega in maniera chiara le
teorie del collega Albert Einstein che in quegli anni avevano scosso nuovamente il mondo
della fisica e della filosofia. "Tutti sanno che Einstein ha fatto qualcosa di sorprendente, ma
pochi sanno che cosa abbia fatto esattamente," scrive Russell nell’introduzione.
Ma Russell diventò famoso al grande pubblico soprattutto per i suoi numerosi saggi sulla
morale: i più importanti furono Matrimonio e Morale (1929) e La Conquista della Feli-
cità (1930). Russell propose un modello sociale nuovo, basato sull’apertura dei costumi
soprattutto in età giovanile, in cui è accettata la convivenza e il rapporto sessuale prima del
matrimonio con tanto di metodi contraccettivi. Questi argomenti provocatori e all’avanguar-
dia divennero oggetto di forte scandalo, mentre insegnava al New York City College nel 1940
[Figura 3]. Russell fu coerente con questa idea di morale nella sua vita: si sposò quattro
volte e dopo la Prima guerra mondiale fondò con la seconda moglie Dora Black una scuola
sperimentale per l’infanzia, la Beacon Hill School. Da questa esperienza, Russell proseguì
il lavoro psicologico cominciato con Analisis of Mind e scrisse altri testi sull’importanza
dell’educazione nell’infanzia. Altre opere sulla morale divenute popolari trattano il tema
della religione e dell’agnosticismo, come Perché non sono cristiano del 1927. La sua opera
successiva, e la più interessante della sua divulgazione, fu Storia della Filosofia Occidentale
(1944). Il Premio Nobel per la Letteratura gli fu consegnato nel 1950 "quale riconoscimento
ai suoi vari e significativi scritti nei quali egli si leva in alto a campione degli ideali umanitari
e della libertà di pensiero".
La divulgazione non fu solo la principale fonte di guadagno per Russell, ma anche un ponte
tra la ricerca e la cultura, che gli permise di avvicinare il "grande pubblico" alle sue scoperte
e al suo pensiero.
L’importanza di questo strumento di comunicazione è stata ribadita anche da Piero Ange-
la1 in un articolo2 su Treccani.it: "se si è tagliati fuori da certe conoscenze a causa di un
linguaggio specialistico, si rischia di essere amputati di una parte importante delle capacità
di capire le infinite connessioni che, in particolare, la scienza (e anche la tecnologia) conti-
nuamente crea all’interno della società e della stessa cultura." Nel corso del Novecento molti
1
Torino, 1928. Divulgatore scientifico e giornalista italiano
2
Le vie della divulgazione scientifica, 2009
3.2. LE OPERE DI DIVULGAZIONE E IL PREMIO NOBEL 19

scienziati presero esempio da Russell; il popolare libro Dal big bang ai buchi neri. Breve
storia del tempo (1988) del fisico Stephen Hawking3 è stato un vero e proprio caso letterario,
rimasto nella lista dei bestseller del "Sunday Times" per oltre quattro anni. La chiarezza
dell’esposizione scientifica ha favorito la popolarità del libro nonostante la complessità dei
temi trattati. Un altro esempio di ottima divulgazione scientifica sono i libri di Richard
Feynman4 , su argomenti riguardanti la fisica.

3
Oxford, 1942. Cosmologo, fisico, matematico e astrofisico britannico.
4
New York, 1918 – Los Angeles, 1988. Fisico e divulgatore scientifico statunitense, Premio Nobel per la
fisica nel 1965
Capitolo 4

Immagini

Figura 1. Russell a Trafalgar Square

20
21

Figura 2. Conoscenza diretta e conoscenza per descrizione

Figura 3. Lo scandalo del 1940 per la pubblicazione di Matrimonio e Morale


Conclusioni

Il valore del pensiero di Russell, e quindi la ragione per cui ho deciso di trattarlo in questo
articolo, risiede proprio nella sua universalità. Non è stato semplicemente un matematico
o un filosofo, ma anche un personaggio politico, uno scrittore Premio Nobel, un pacifista,
e molto altro. Come già accennato nell’Introduzione, la sua biografia permette di vedere la
storia del Novecento e delle scoperte matematiche da un punto di vista nuovo e più coinvol-
gente, diverso da quello che siamo abituati a conoscere nei testi scolastici.
Inoltre Russell è stato un filosofo a tutto campo, simbolo del libero pensiero. Un vero e
proprio poligrafo, come lo ha definito il filosofo Maurizio Ferraris, capace di trattare "temi
che riguardano la vita di tutti con uno stile piano, accessibile, e curato."
Il suo contributo alla matematica è stato fondamentale, sebbene i temi da lui trattati possa-
no sembrare eccessivamente astratti, senza nessun punto di contatto con la realtà. In verità
sappiamo che il valore della matematica non risiede tanto nelle applicazioni che si possono
trovare, quanto nella capacità di questa disciplina di riflettere il pensiero dell’uomo, così
come la filosofia, che nel pensiero russelliano è un tutt’uno con la logica matematica.
Nell’ultimo capitolo di I problemi della filosofia (1912), intitolato Il valore della filosofia,
Russell scrive: "di fatto, il valore della filosofia va in larga misura cercato proprio nella sua
incertezza", che ricorda la massima di Socrate "so di non sapere". Così come Russell stesso
si accorse che il paradosso che aveva scoperto è una riformulazione del paradosso del filosofo
greco Epimenide, possiamo affermare che molti problemi della matematica e della filosofia
moderna sono gli stessi che gli uomini si pongono dall’antichità, e che ancora non trovano
una soluzione.
Il fatto che la filosofia ponga degli interrogativi su argomenti che "l’uomo che non ha nean-
che un’infarinatura di filosofia" giudicherebbe ovvi o inutili, permette di vedere come anche
le cose più quotidiane "conducono a problemi ai quali possiamo dare solo risposte molto
incomplete".
Dal metodo del problem solving, sappiamo che per ogni problema possiamo giungere a una
soluzione attraverso strade diverse. L’uomo moderno è ormai soggiogato dalla necessità di
trovare delle soluzioni, mentre il valore del pensiero non sta tanto nelle risposte che riesce
a trovare, quanto nelle infinite possibilità che esso apre; un problema irrisolvibile ci mette
prima di tutto nella condizione di accettare la fallacia della nostra conoscenza, e di cercare
strade alternative, spesso spingendosi verso territori della mente non ancora battuti. Questa
spinta verso la verità deriva dalle contraddizioni che generano i paradossi e dalla necessità
di eliminarli. Se per secoli la contraddizione è stata vista come nemica del pensiero, per
la filosofia moderna (in particolare dopo Hegel) essa diventa quell’elemento di sprono che
induce l’uomo a indagare su se stesso e sulla realtà.
Perciò la filosofia permette di spostare sempre di più, sebbene di poco, il limite della cono-
scenza umana, o come lo chiama Russell stesso, "l’allargamento dell’Io". Secondo Russell

22
CONCLUSIONI 23

la filosofia va studiata non per le risposte alle domande che essa pone, ma per amore delle
domande stesse che "allargano la nostra concezione di ciò che è possibile."
Ma oltre ai problemi che implicano la logica e la filosofia, vale la pena estendere questo
concetto anche ai problemi di carattere sociale, storico; l’impegno di Russell per il pacifismo
nel fronte interno della Prima guerra mondiale dimostra che, come diceva Marx1 , "i filosofi
hanno [finora] solo interpretato diversamente il mondo; ma si tratta di trasformarlo." Per
questo motivo nella seconda metà della sua vita Russell si è occupato di problemi di carattere
morale e sociale. Facendo, poi, riferimento alla capacità di Russell di ispirare e guidare gli
allievi, basti pensare a quanto sia stato importante per Ludwig Wittgenstein, uno dei più
grandi filosofi del ’900, avere studiato ed interagito con il maestro per un considerevole lasso
di tempo.
Questo amore per la conoscenza ha portato Russell a occuparsi di insegnamento, educazione,
divulgazione scientifica, impegno politico e diritti civili, fanno di lui un modello da proporre,
a mio avviso, agli studenti nelle scuole.

1
Tesi su Feuerbach, 1845.
Bibliografia

[1] Bertrand Russell, (1950 - 1969), Autobiografia v.1, v.2.

[2] Bertrand Russell, (1912), I problemi della filosofia.

[3] Bertrand Russell, (1919), Introduzione alla filosofia matematica.

[4] Lucio Lombardo Radice, (1983), L’infinito. Itinerari filosofici e matematici d’un concetto
di base.

[5] G. Di Saverio, (2003), Dal paradiso di Hilbert all’inferno di Gödel, Tesi di Laurea, Facoltà
di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali, Università degli Studi di Perugia.

[6] Gianluigi Olivieri (2015), Bertrand Russell, APhEx, portale italiano di filosofia analitica.

[7] E. J. Leed (1985), Terra di nessuno, Esperienza bellica e identità personale nella prima
guerra mondiale

[8] Fossati, Luppi, Zanette (2009), Parlare di Storia, il Novecento e il mondo contemporaneo.

[9] Piergiorgio Odifreddi, Russell e la logica del ‘900, Rai Scuola.

[10] Ludovico Geymonat, La realtà e il pensiero.

[11] Lorenzo Pantieri e Tommaso Gordini, (2012), L’arte di scrivere con LATEX, http://
www.lorenzopantieri.net/LaTeX_files/ArteLaTeX.pdf.

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