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➢ INTRODUZIONE A partire dai primi decenni del 600 l'Inquisizione romana si impegnò nella ridefinizione
dei modelli della cristiana perfezione. Il caso di Maddalena Ventiquattro non è un processo, ma è l'esito di
una scoperta che parte dalla sua autobiografia, rintracciata all'interno di un fondo privato, il Fondo
“Giovanni Pansa” della biblioteca “Vittoria Colonna”, presso il Museo delle Genti d'Abruzzo di Pescara.
Il manoscritto e molto di più di un racconto della vita di una nobile aquilana del 1600, è una storia che, a
partire dalla biografia di una donna, permette di portare alla luce figure del movimento quietista e reti
della cultura religiosa di quegli anni, in cui emergono tensioni tra “nuovi mistici” e Inquisizione.
Maddalena scrisse la sua biografia non per diffondere il suo pensiero, ma perché fosse lei stessa, obbligata
dal confessore, la prova vivente della sua vita; una vita che sfuggiva, per i sospetti e le influenze, al controllo
della Chiesa di Roma, che volle, alla vigilia della sua morte e in tarda età, una prova scritta.
La storia di Apollonia Ventiquattro, divenuta poi Maddalena, è il primo documento inedito, in forma di più di
300 carte rinvenute integre. Maddalena non aveva ambizioni di santità: la scomunica, che la colse quasi alla
fine della sua vita, certamente orientò la sua scrittura nella coscienza di essere emendata. Senz'altro, però,
aderì ad un preciso modello mistico. Il Sant'Uffizio iniziò a tenere sotto controllo le pratiche che si
svolgevano nella sua casa, fino a declinare come eretiche le sue azioni indagate nel tempo e pretendere, con
scomunica, una confessione in forma di biografia con il sospetto di quietismo.
Non sappiamo quali furono le fonti di formazione di Maddalena, perché non c'è traccia della biblioteca
delle clarisse che lei frequentò: è probabile, dai personaggi che cita e a cui è devota, che i direttori spirituali
che si avvicendarono al suo fianco, prima oratoriani, poi cappuccini e, infine, gesuiti e domenicani, abbiano
indirizzato la giovane donna verso una cultura che ha le sue matrici nella mistica cinquecentesca.
sicuramente Maddalena amplificò, soprattutto in età avanzata, il racconto del suo pensiero giovanile con
elementi di esaltazione personale che, a tratti, fecero vacillare il Sant'Uffizio verso una definizione di
follia. Il manoscritto è, infatti, il primo documento completo che ci parla esplicitamente del quietismo in
Abruzzo, come punto da cui si irradiano percorsi nel centro Italia, rimandando all’eco di legami quietisti
anche in Spagna e Francia.
Nella biografia estorta a Maddalena da suo padre confessore, in cambio della revoca della
scomunica, ricevuta per le sue idee e le sue azioni giudicate pericolose, c'è tutta la passione del racconto
della sua vita. non possiamo capire quanto lei stessa si sia autocensurata, ma è certo che molto ci racconta,
spesso nei dettagli, dei suoi passaggi, dei suoi incontri, del suo credo. Non c'è dubbio che il carisma di
Apollonia fu temuto: il suo essere punto di riferimento per donne, e non solo, del territorio per consigli,
medicamenti, profezie, desto sospetto e non bastarono le sue reti nella curia romana per fermare gli intenti
del Sant'Uffizio. Quasi settantenne, prossima alla morte, fu costretta a scrivere perché la sua testimonianza
potesse essere la prova della sua innocenza. In realtà Maddalena, in una scrittura colta, ironica e ricca di
particolari sui suoi ambienti, ci restituisce l'immagine di una donna fedele ai suoi sentimenti e alle sue
intenzioni.
➢ RITROVAMENTI DI TRACCE
▪ Il manoscritto e la sua storia
La biografia di Apollonia Ventiquattro, che assunse più tardi, non per sua scelta, il nome di
Maddalena non è semplicemente la storia di una donna di fine 8600 che visse nel cuore della
penisola, al confine settentrionale del Regno di Napoli, nella città dell'Aquila. È piuttosto la storia di un
panorama della religiosità e della cultura di fine 600, che interseca il rapporto tra società e
istituzioni politiche ed ecclesiastiche e innesta le svolte di nuove spiritualità che cambiarono le
osservazioni delle devozioni da parte della Chiesa. Lo scritto risale presumibilmente al 1688-1694, come la
stessa Maddalena scrive: “Con la faccia in terra me dichiaro, che dal Rev. Padre Giovanni Gerolamo Onofrio
gesuita della Compagnia di Gesù mio confessore e direttore, vengo pretesa sotto pena di scomunica, a
palesare tutta la mia vita su questo foglio”. La scrittura si concluse un anno prima della sua morte. Lei
scriveva, spesso di notte a lume di candela, gli sparsi che poi consegnava al confessore gesuita Giangirolamo
Onofrio, li riponeva in un cassetto. Non sappiamo chi abbia poi assemblato il manoscritto.
Con certezza si può dire che Maddalena fu l’autrice della sua biografia, ma verosimilmente non è la sua
grafia del manoscritto che è alla base di questa ricerca: le carte del volume del Fondo Pansa inviano ad
un’ipotesi di copia dell’originale, forse scritto dalla malata e settantenne Maddalena in carte più frettolose e
redatte in momenti diversi, che poi alla fine sono state messe insieme in un secondo momento da altri. È
certo che sia stata Maddalena, a condurre la prima scrittura della sua biografia nella fretta di voler dare
seguito alla richiesta del confessore gesuita, che nel 1688 l9aveva chiamata a dare prova del suo operato,
per lasciare traccia delle sue pratiche devozionali e di assistenza ritenute non conformi.
La fine degli anni 80 del 600 rappresenta un momento di forti tensioni dottrinarie: nel 1687 era stato
condannato all'Indice, con l'accusa di quietismo, l'oratoriano Pier Matteo Petrucci. Nel 1681 fu eletto
vescovo di Jesi e il pontefice Innocenzo XI, nel 1686, lo nominò cardinale. era questi, un esponente influente
nella corte di Roma e non fu esente dalla condanna all'Indice. Pier Matteo Petrucci fu uno dei maggiori
esponenti del quietismo in Italia, ma si mantenne su posizioni più moderate rispetto allo spagnolo
Miguel de Molinos, accusato di eresia nel 1687. Petrucci venne assolto dopo aver abiurato le proprie idee.
Nel suo ruolo di direttore spirituale Giambattista Magnante, oratoriano e confessore di Petrucci, molto
incise come direttore di coscienza sulla formazione spirituale della giovane Maddalena che, nella sua
indipendente via devozionale, rappresentò un esempio composito di religiosità femminile di fine Seicento.
Nel dorso della copertina, di epoca successiva, e a posto un ritaglio cartaceo manoscritto che reca la dicitura
«Vita di S. di Dio Maddalena Ventiquattro Terziaria Filippina». Questa indicazione, apposta da Giovanni
Pansa, sembrerebbe alludere a un riconoscimento del grado di “Serva di Dio” di cui, allo stato attuale della
ricerca, non si hanno riscontri e che appare il risultato di un'attribuzione informale di improbabile
autenticità.
▪ Apollonia e Teresa d’Avila
Le dottrine che si annoverano sotto il nome di quietismo si collegano alle condanne che
specialmente nel corso del XVII secolo furono emanate dal Sant9Uffizio, in materia di diverse forme di
preghiera e di stati spirituali, spesso identificate con i termini di “orazione di quiete” e “nuova
contemplazione”.
Maddalena nomina diverse volte nella sua biografia Teresa d'Avila; intenso è il riferimento alla
mistica spagnola alla quale Maddalena sembra volersi ispirare. Teresa de Cepeda, nel 1536, all'età di 21 anni
aveva deciso di farsi monaca. Maddalena racconta che nel 1636, esattamente un secolo dopo Teresa, lei
entra in monastero: la data non appare casuale e sembra riflettere una volontà di conformarsi al modello
teresiano. In convento Teresa attraverso circa vent'anni di pene combattimenti spirituali, solo nel
1554 sperimentò la sua “seconda conversione” e riprese a sentire la presenza di Dio nelle forme di grazie
d'unione, fenomeni mistici e miracolosi, rapimenti in un matrimonio spirituale.
La Vida di Teresa è un testo di primaria importanza nella storia della spiritualità in età moderna: il libro
appare come una biografia spirituale in cui, narrando la sua vita interiore le proprie esperienze
soprannaturali, Teresa compose un compendio di vita spirituale fornendo una guida nella pratica
dell'orazione mentale. Anche Teresa d'Avila scrive perché le viene richiesto esplicitamente dal confessore,
te come sarà un secolo dopo per Maddalena. molte sono le analogie che la storia della vita di Maddalena
Ventiquattro ha con quella di Teresa d'Avila. Maddalena subisce molto il fascino della sua figura, così come
molto attento all'opera di Teresa era il suo confessore oratoriano Giambattista Magnante.
▪ Maria Maddalena de’ Pazzi
Nell'ultimo quarto del 500 una religiosa italiana sembrava ripercorrere le orme e la fama di santità di Teresa
d9Avila. Mistica e visionaria, Maria Maddalena de9 Pazzi era fautrice di una riforma dei religiosi e della
Chiesa e sembrava incarnare il modello di santità teresiano. La riforma carmelitana, iniziata in Spagna,
trovo nella penisola italiana attraverso di lei la sua continuazione. Negli anni dell’adolescenza di
Apollonia, Maria Maddalena de’ Pazzi nel 1626 viene decretata “Santa” per volontà di Papa Urbano VIII.
la fascinazione di questo modello industria Apollonia in un monastero, a mutare il suo nome per
assecondare l’affinità elettiva che percepiva con la monaca carmelitana. A riscontrare questa
consonanza era anche il confessore Magnante, al corrente di come la vocazione religiosa di Apollonia
l'avrebbe indotta a vivere la sua fede intimamente, ma al di fuori degli ambienti claustrali.
Apollonia ebbe nella monaca Fiorentina un modello spirituale forte, al punto da accettarne il nome in
convento e da conservarlo per il resto della sua vita. Oltre al nome da lei riprese:
1. l'inclinazione alla solitudine;
2. riferiva di essere protagonista di rapimenti interiori e fenomeni mistici
3. utilizza il lessico sponsale nei continui riferimenti allo <Sposo Celeste=.
4. rigore ascetico e solitaria lotta condotta contro gli assalti dei demoni, narrata all'insegna di prove di
resistenza all'esperienza di tentazione.
Erano molte le opere che iniziavano a diffondersi tra i movimenti precursori del quietismo e che, sotto varie
forme, avevano, con ogni probabilità influenzato anche la formazione di Maddalena Ventiquattro,
donna colta e di nobile famiglia aquilana, che era entrata in contatto con l'orazione di quiete, come si
dimostra il linguaggio da lei utilizzato nella scrittura della sua biografia. La dottrina alla base del quietismo
si fonda sulla valorizzazione della mistica sull'ascesi, sulla contemplazione e meditazione. La preghiera
era la via per il raggiungimento della perfezione, aldilà delle altre vie ordinarie e della penitenza. Per
raggiungere “il puro amore di Dio” era necessario l'annichilimento di tutti i gesti interiori ed esteriori in
nome dell'abbandono assoluto.
Maddalena Ventiquattro era certamente entrata in contatto con questi sentimenti, sia con possibili letture
durante la sua permanenza nel convento delle clarisse all'Aquila, sia con la frequentazione dei padri filippini
e la pratica con i suoi confessori. Pier Matteo Petrucci, oratoriano e poi cardinale e vescovo di Jesi, già nel
1674 aveva elaborato la sua dottrina, contenuta nell'opera che raccoglieva le sue riflessioni e le molte
esperienze religiose di quei decenni e proprio per questo rappresentava la bibbia del nuovo
movimento, che si identificherà con il quietismo. Violenta fu la controversia condotta contro i quietisti in
particolare dei gesuiti. Fu una tensione che attraversò la chiesa e la corte di Roma, ma che ebbe momenti
oscillanti. Nel 1688 avvenne il processo, la condanna e la ritrattazione di Pier Matteo Petrucci. La richiesta
fatta a Maddalena dal confessore gesuita Giangirolamo Onofrio di scrivere la sua autobiografia è un
atto forzato che induce a pensare che gli ambienti ecclesiastici volessero una <prova= della sua vita, da
produrre come testimonianza di un'esistenza inquieta. Gli anni roventi di indagini e condanne nei confronti
dei quietisti furono quelli del penultimo decennio del Seicento, in cui i gesuiti, il vescovo e pure la curia
romana iniziarono a indagare su Maddalena e a revisionare la sua esistenza e il suo operato, sentiti come
potenzialmente minacciosi. La biografia, dunque, non fu un atto volontario da parte della donna, ma un atto
forzato chiesto in cambio di una minacciata scomunica.
▪ L’esperienza della scrittura
La scrittura per Apollonia è la svolta della sua vita. Nella scrittura chiarisce sé stessa, o almeno prova a farlo.
Nella biografia che le viene imposta troviamo un racconto di sé stessa a ritroso, dove le immagini
dell'infanzia si offuscano in quello che lei è poi diventata, o in quello che lei sarebbe voluta diventare.
Maddalena scrive in fretta e furia per riscattare la sua scomunica: non di meno scrive più di 600 carte, in
un'atmosfera persecutoria che ci nasconde gli esiti solo per sopravvenuta morte della donna, pochi
mesi dopo la fine della sua scrittura. Tra gli incontri che segnarono l'indirizzo dottrinario di Apollonia Ci fu
quello con il padre oratoriano Giambattista Magnante, intorno al 1640. Magnante la faceva molto scrivere:
la induceva a mandare lettere ad altri religiosi, anche se Maddalena non gradiva questi inviti, perché
sospettava che fossero un modo per controllare i suoi contenuti. Nei casi di insorgenza di fenomeni estatici
e visionari, la prima forma di coercizione è proprio la scrittura, mezzo con il quale confessori e padri
spirituali sanno di poter tenere sotto controllo le donne sospette. In questo modo i direttori delle anime si
inserivano nel più generale atteggiamento di controllo delle coscienze da parte delle autorità ecclesiastiche.
➢ CRESCERE CON <L’AMATO MIO BENE
▪ Apollonia bambina, nobile, mistica
1624 - Apollonia nacque all’Aquila nel 1624. I Ventiquattro si erano trasferiti all'Aquila alla fine del 8500,
dalla località di San Vittorino, fuori dalle mura, si erano stabiliti sopra la chiesa di San Biagio, in fondo a
piazza Duomo. Le proprietà dei Ventiquattro si collocavano, dunque, tra la fine della piazza del Duomo e la
piazza di Santa Giusta. La bambina cresce in un ambiente colto, in cui l'istruzione dei figli e delle figlie è
seguita dai precettori. La famiglia Ventiquattro abita nel quarto di Santa Giusta all’Aquila, non lontano dalla
piazza del Duomo. La prematura scomparsa della madre lasciò i bambini privi di una figura femminile: per
questo il padre prese una serva, che si occupava dell'educazione dei figli. Già intorno a sei anni aveva
dichiarato il desiderio di voler preservare la sua verginità per non avere contaminazioni che minassero la sua
esclusività con l'Altissimo. La scelta della verginità non fu solo un elemento della percezione cristiana del
corpo come strumento di redenzione e di evoluzione spirituale, ma anche una scelta di libertà dal ruolo di
mogli e madri per un individualismo volto agli studi e alla vita spirituale.
1634 - Apollonia trascorre i primi anni della sua vita con un pudore che viene esaltato nella biografia: era
repellente alla vicinanza del padre, lontana dai baci dei fratelli, asettica da tutto ciò che è maschile. All'età
di circa 10 anni la piccola Apollonia sente di voler stare “lontana dai pericoli del mondo” e sceglie di lasciare
la casa paterna per raggiungere le sorelle in convento e proseguire la sua educazione, ma, sottolinea, «non
con l'intenzione di monacarmi».
1636 - Apollonia Ventiquattro, quando entra in convento a 12 anni, cambia il suo nome di battesimo in
Maddalena, perché lì era già presente un'altra Apollonia. Per il legame spirituale che la pose in relazione
con Santa Maria Maddalena de9 Pazzi.
1648 - Apollonia, ormai Maddalena, esce dal convento. Gli spazi di vita di Maddalena si articolavano tra
l'abitazione di famiglia, posta nell'attuale palazzo Iacobucci sul corso, e le botteghe poste a fine piazza del
Duomo presso le aree della Congregazione di San Filippo Neri, molto frequentata dalla giovane soprattutto
dopo l'uscita dal monastero delle clarisse nel 1648.
1688 - Maddalena inizia a scrivere la sua biografia nel 1688, all'età di 64 anni. Il racconto della sua vita è un
percorso a ritroso con lunghi flashback sulla sua infanzia, giovinezza e maturità. Il suo non è, dunque, un
racconto neutro, ma una ricostruzione intenzionale che riflette il profilo che lei, al momento in cui scrive,
vuole dare di sé.
1694 - Muore all’età di 70 anni.
▪ In convento senza voti (1636-1648)
Non fu un inizio semplice: le vennero cambiati gli abiti e le anziane monache la intristivano; è
frequente era il desiderio di tornare a casa. Tutto cambiò quando, a 13 anni, Apollonia assunse la
comunione, il sacramento che l'avvicinò così tanto alla “Divina Maestà” da non riuscire a contenere quella
tal passione. In questo periodo di permanenza in monastero, Apollonia, con l'assistenza delle sorelle, cresce
nel convento francescano di Santa Chiara d’Aquili nella sua intimità spirituale, grazie al direttore delle
monache e a un clima di serenità che pacifica la sua severa disciplina di fede. Una mattina la ragazza viene
colta di soprassalto e: «il Nimico Infernale, invidioso della mia quiete, all'improvviso e senza occasione da
me datali, mi assali con così fiere battaglie e diaboliche suggestioni, contro la fede, contro Dio e santi da me
mai sentiti.» Apollonia, dunque, non aveva capito fino a quel momento il senso della possessione diabolica,
ma la sua crisi, anche fisica, il suo smarrimento improvviso la portarono a identificare nel Nemico
l'autore della sua tentazione, e a cercare nella figura di San Filippo Neri, sentito come una guida spirituale e
dottrinaria, la ricerca della sua salvezza. Nel 1622 c'erano state le elevazioni alla santità di Santa Teresa
d9Avila e di San Filippo Neri, entrambi acclamati da Gregorio XV, che furono due fonti importanti nella
formazione interiore di Apollonia, che considerava questo evento a sé contemporaneo.
La partecipazione di Apollonia momenti di preghiera e di studio con la maestra in convento
indussero la giovane donna a decidere di scrivere e le prime lettere che scrisse furono rivolte al padre, al
quale diceva di non voler più stare in convento, e al padre spirituale.
Nel frattempo, Apollonia si procurò strumenti di flagellazione, che le monache del convento
cercarono di negarle. La giovane scrive nella biografia che: «andavo in qualche stanza remota, di notte, con
una mia compagna che mi teneva segreta, ed ivi con la medesima cinta di ferro, mi satiavo sopra l'ardore
che sentivo e tutta mi graffiavo e piagavo e godevo di spargere sangue per amore di chi l’ha dato per me
tutto.» → Il sacrificio del corpo è condannato dalla Chiesa in quanto atto estremo.
▪ Il confessore oratoriano Giambattista Magnante
1639 - Mentre era in monastero, Maddalena incontrò Giambattista Magnante. Cominciò da allora un
rapporto spirituale intenso tra i due, destinato a durare 30 anni, fino alla scomparsa dell'oratoriano nel
1669.
GIAMBATTISTA MAGNANTE: È grazie a Giambattista Magnante che Maddalena si avvicinò alla devozione
nei confronti di Santa Teresa d'Avila e scoprì “la quiete e pace interiore”. La figura del confessore è
fondamentale per capire il rapporto di Maddalena con il quietismo. Giambattista Magnante divenne il padre
spirituale di Maddalena e ciò contribuì non poco alla sua formazione spirituale culturale, portandola a
conoscere una vasta letteratura mistica capace di metterla in relazione a S. Teresa d'Avila e S. Maria
Maddalena de9 pazzi. Il fatto che Giambattista Magnante stesse progettando la realizzazione di un
“conservatorio di vergini”, futuro conservatorio delle orsoline, riempì, in un primo momento, Maddalena di
entusiasmo: si trattava di una soluzione che le avrebbe consentito di praticare una vita devota e rimanere al
contempo estranea alla clausura. Magnante, in seguito, avrebbe proposto proprio a lei di dirigere questa
fondazione, da cui lei volle però tenersi fuori. Maddalena preferì optare per una terza via, quella della
creazione di un oratorio privato nella sua abitazione paterna. Giambattista Magnante fu una figura di spicco
della congregazione di San Filippo Neri. Magnante praticava esercizi spirituali diffusi in ambito filippino, in
particolare l'orazione, la preghiera, gli atti di penitenza e la mortificazione, ponendosi al contempo di
introdurre nuove tipologie di esercizi per i laici e gli ecclesiastici. Trascorse un periodo a Jesi, dove entrò in
contatto con il futuro cardinale Pier Matteo Petrucci, del quale fu confessore. Petrucci rilevava come il padre
aquilano avesse una «superiore cognizione delle cose appartenenti allo spirito» e fosse in grado di
comprendere l'animo umano nel profondo.
▪ La frequentazione dell'oratorio di San Filippo
Uno dei principali obiettivi che portò a termine G. Magnante fu quello di promuovere il progetto di
costruzione di una nuova chiesa per la congregazione aquilana dedicata a San Filippo Neri. Una volta uscita
dal monastero, nel 1648, Maddalena, per influenza del suo confessore, iniziò a frequentare assiduamente
gli ambienti oratoriani. In seguito all'inaugurazione e alla consacrazione della Chiesa di San Filippo Neri,
avvenuta nel 1661, si recò abitualmente nella chiesa nuova degli oratoriani, dove continuò a fare le sue
solite devozioni. Il rapporto con il suo direttore spirituale e confessore, nel frattempo, cambia. Maddalena è
presa da gran passione e Giambattista Magnante, negli ultimi anni della sua vita, la invita a rimettere le
distanze da lui: «mi disse ch’io stavo troppo attaccata con esso». Non si trattava di un percorso semplice:
forti erano i suoi combattimenti interiori per cui Maddalena inizia a cadere in quel rapporto di trasporto
intimo verso il padre spirituale. Maddalena si lega particolarmente a Giambattista Magnante, così come
avverrà anche con Giovan Pietro da Castelnuovo, che sarà, con ogni probabilità, la causa della sua
scomunica.