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Bene è dunque vero che l’anima s’unisce in Dio per affetto d’amore. Sì che volendo più virilmente
cognoscere e seguitare la verità, levando el desiderio suo prima per sé medesima, […] domandava
al sommo ed eterno Padre quattro petizioni. La prima era per sé medesima. La seconda per la
reformazione della santa Chiesa. La terza generale per tutto quanto el mondo, e
singularmente per la pace de’ cristiani, e quali sono rebelli con molta irreverenzia e
persecuzione alla santa Chiesa. Nella quarta dimandava la divina Providenzia che provedesse
in comune, ed in particulare in alcuno caso che era adivenuto (Cavallini, 1995, I)
Dell’unica vera parola, quella di Dio, è mediatrice l’anima della profetessa che,
facendosi carico dei peccati degli uomini come fece Cristo, può sperare di guidare
l’umanità alla salvezza. Nel passo seguente, si può notare l’insistenza nell’uso di
forme che afferiscono campo semantico della “parola”:
O Padre eterno, ricordato m’è d’una parola che tu dicesti, quando mi narravi alcuna cosa de’
ministri della santa Chiesa, dicendo tu che più distintamente in un altro luogo me ne parlaresti: de’
difetti che al dì d’oggi essi commettono. Unde, se piacesse a la tua bontà di dirne alcuna cosa,
acciò ch’io avesse materia di crescere il dolore e la compassione e l’ansietato desiderio per la
salute loro – perché mi ricordo che già tu dicesti che col sostenere e lagrime e dolori, sudori e con
continua orazione de’ servi tuoi, ci daresti refrigerio, riformandola di santi e buoni pastori – sì che,
acciò che questo cresca in me, però te l’adimando (Cavallini, 1995, CVIII; corsivo nostro).
Per risalire alle radici della prosa cateriniana, è necessario riflettere sui rapporti
che intercorrono tra la scrittura della santa di Siena e l’evoluzione della mistica
femminile tra Duecento e Trecento. Una figura di riferimento, in questo senso, è
senz’altro quella della terziaria francescana Angela da Foligno (1248 – 1309),
dalla quale Caterina riprende e sviluppa uno dei temi politici più importanti
all’interno della sua produzione: la denuncia della crisi della Chiesa di Roma e la
necessità di riforma del clero; tema talmente centrale nella scrittura profetica di
Caterina da valerle il titolo di “profetessa della Chiesa” (Leonardi, 2004, p. 678). Ben
prima di Benincasa, anche Angela aveva raccolto sotto la sua ala un piccolo cenacolo
di religiosi, soprattutto di ascendenza spirituale: tra questi vi era anche Umbertino da
Casale, autore dell’Arbor vitae, uno dei testi che avrebbero influenzato maggiormente
il pensiero di Caterina già al principio della sua vita religiosa – tra il 1363 e il 1364 –
tramite l’eremitano William Flete (cfr. §4.3)
Infine, per quanto riguarda l’influenza del pensiero ascetico-spirituale nel Dialogo
vanno senz’altro aggiunti gli scritti del fondatore dell’ordine dei gesuati, il beato
senese Giovanni Colombini (1304–1367). Giovanni, ricordato in particolare per le
sue Lettere, fu un modello spirituale e letterario imprescindibile per la formazione
della santa di Siena. L’Epistolario, infatti, raccoglie la corrispondenza tra Giovanni e
le benedettine di Santa Bonda di Siena, con le quali fu in contatto anche Caterina, che
si recò più di una volta al monastero per far visita alle venerate reliquie del beato
Colombini. Probabilmente, fu durante queste visite a Santa Bonda che la santa ebbe
la possibilità di leggere le epistole di Colombini. Il nome del beato era, inoltre, ben
noto tra i discepoli che si riunivano intorno Caterina: basterà ricordare, per esempio,
che il gesuato Feo Belcari, epigono della santa, fu l’autore della Vita in volgare del
Colombini, oppure che la cognata di Caterina, nonché sua affezionata fedele, Lisa
Colombini, potrebbe essere stata la cugina del beato Giovanni.
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