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Università degli Studi di Udine

Corso di laurea in

Storia dell'arte e conservazione dei beni storico-artistici

TESINA

LA TOMBA DI SAN PIETRO IN VATICANO E GLI SCAVI


ARCHEOLOGICI: STORIA, CONTESTO ECCLESIOLOGICO E
OCCASIONI DI STUDIO

Studente:

Adorinni Sara

___________________
Anno Accademico 2016/17
L'elaborato si prefigge, grazie all'impiego di fonti manoscritte e a stampa di tipo storico e letterario,
di esporre le problematiche, le riflessioni e la storia concernenti la tomba primitiva di San Pietro in
Vaticano e i lavori di scavo attuatisi nella prima metà del secolo scorso, considerati il paradigma
dell'esplorazione archeologica e della lettura interpretativa accurata e scientifica dei reperti 1. Dalla
seconda metà del XIX secolo, in concomitanza con il Positivismo, corrente che intendeva
sviluppare la fiducia nella mente umana e una visione progressista della storia dell'uomo,
l'archeologia cristiana prese le distanze dall'uso che se ne faceva in funzione esclusivamente
teologica e dogmatica, specialmente come ricerca. Il singolo dato da esaminare infatti cominciò ad
essere fruito in quanto dato storico e, appellandosi a valutazioni più oggettive, si stava assistendo
alla codifica e alla definizione dell'archeologia cristiana come disciplina scientifica. Queste
tendenze e pratiche vennero favorite innanzitutto dall'operato di Giovanni Battista de Rossi, autore
dei testi intitolati Roma sotterranea e Inscriptiones christianae urbis Romae septimo saeculo
antiquiores (editi dalla Tipografia Camerale per munifica concessione di Pio IX) 2 e Giuseppe
Marchi, il suo maestro originario di Tolmezzo: i due sacerdoti, in virtù delle loro competenze, sono
stati responsabili della raccolta metodica di iscrizioni epigrafiche cristiane.
È significativo sottolineare in questa sede che le origini di questa materia hanno subìto una
strumentalizzazione. Infatti nel periodo storico della Riforma e Controriforma non solo nacque il
termine “archeologia cristiana” ma vennero scoperte le catacombe romane che vennero reputate, a
torto3, come esempio di cristianizzazione durante l'epoca apostolica, individuando una
giustificazione per sostenere il primato della Chiesa di Roma. Allo stesso modo, parlare della
sepoltura vaticana equivarrebbe a confermare l'autorità apostolica del vescovo di Roma,
specialmente in un nuovo contesto ecumenico, successivo al Concilio Vaticano I.
Che Pietro sia morto nell'Urbe, nonostante il clima polemico acceso in merito dai gruppi
anticlericali e teologi protestanti (Karl Heussi in primis, rappresentante della cosiddetta “scuola
tedesca”, aveva negato la presenza di Pietro a Roma, teoria che venne rafforzata dal “silenzio” a
riguardo nel Nuovo Testamento)4, sarebbe comprovato, per portare degli esempi, dagli apocrifi
Ascensione d’Isaia, Apocalisse di Pietro e da Clemente romano (Ad Chorinthios, 1, 56), senza
trascurare la documentazione che ci viene fornita da autorictates quali Ireneo, Tertulliano ed
Eusebio di Cesarea, che ricordano il suo arrivo a Roma sotto l'imperatore Claudio. Riguardo a

1 Alcune informazioni sono state desunte dall'insegnamento di Archeologia cristiana e medievale tenuto dalla prof.ssa
Minguzzi nell'a.a. 2016/2017 presso l'Università degli Studi di Udine.
2 Della munificenza 1864, 289; Ferrua 1984, 358
3 In realtà hanno una datazione compresa tra la fine del II e gli inizi del III secolo.
4 K. Heussi, War Petrus in Rom?, Gotha, Leopold Klotz Verlag, 1936; Dissertazioni 1852, 286; J. D. Burger, La
tombe de saint Pierre est-elle identifiee?, in “Les Cahiers de foi et verite”, 27, Ginevra, I954
questo argomento le implicazioni di tipo dottrinale sono tali da condizionare gli storici e teologi di
fede cattolica e protestante, vagliando la tesi sull'arrivo o meno del Principe degli Apostoli in
“Babilonia” (metafora usata in Pietro 5, 13) come dato morale volto a valorizzare o a destituire il
primato papale. Già dal Basso Medioevo si accese una disputa di carattere storico. Nel capitolo II
del libro V della Summa contra Catharos et Valdenses (conclusa dopo il 1244) l'inquisitore Moneta
da Cremona non solo enucleò i problemi inerenti alla creazione, all'anima e al corpo con cui si
scontravano gli eretici della Lombardia (catari, valdesi e passagini), i quali non rispettavano la
politica costantiniana e la gerarchia ecclesiastica, ma evidenziò che questi movimenti religiosi
nutrivano il dubbio sulla presenza delle ossa di Pietro come prova inconfutabile a causa della
mancanza di testimonianze scritte.
Lo stesso filosofo Marsilio da Padova nella sua opera laica Defensor pacis, dove ridimensionava il
potere temporale del Papato, non riteneva plausibile il soggiorno romano poiché non esiste certezza
in merito, additando come “leggende clericali” le affermazioni perpetuate dal mondo ecclesiastico:
per questo fu scomunicato da Giovanni XXII nel 1327 e dovette rifugiarsi dall'imperatore Lodovico
IV il Bavaro. Durante l'epoca moderna, nemmeno il luterano Uldarico Veleno, Claudio Salmasio,
erudito calvinista alla corte di Cristina di Svezia, e Federico Spanemio diedero credito al dogma 5, e
questa corrente di pensiero tornò in auge tra XVIII e il XIX secolo quando l'apologetica rinsaldò le
sue posizioni, entrando poi in crisi nella prima metà del XX secolo6.

Il gesuita, segretario di Stato e Arciprete della Basilica Vaticana Eugenio Maria Giuseppe
Pacelli venne eletto al soglio pontificio il 2 marzo 19397 con il nome di Pio XII. La ricca famiglia
Pacelli poteva contare tra i suoi appartenenti il nonno marchese Marcantonio, che aveva seguito Pio
IX a Gaeta durante il suo esilio e aveva vissuto in prima persona l'epoca della Repubblica Romana e
di Garibaldi8, oltre ad essere stato uno dei promotori della fondazione dell'”Osservatore Romano”.
Nel 1939 era deceduto Pio XI, il quale aveva espresso nel testamento, rivolgendosi al Segretario di
Stato, il desiderio di venire sepolto vicino alla tomba di Pio X, nei pressi di quella di Pietro alle
Sacre Grotte Vaticane (si veda il Discorso nell'Occasione dell'inaugurazione del monumentale

5 Ferri 1717, 721 ss.; Zaccaria 1792, 170


6 Gallina 1992, 4-5
7 Si veda per la sua figura in relazione al contesto storico G. Miccoli, I dilemmi e i silenzi di Pio XII, Milano, Bur,
2007. Nel suo primo Radiomessaggio Dum gravissimum del 3 marzo 1939 egli espresse la propria preoccupazione
per quanto si teme: «In queste ore trepide, mentre tante difficoltà sembrano opporsi al raggiungimento della vera
pace, che è l’aspirazione più profonda di tutti, Noi leviamo, supplichevoli a Dio, una speciale preghiera per tutti
coloro cui incombe l’altissimo onore e il peso gravissimo di guidare i popoli nella via della prosperità e del
progresso civile». Pio XII s.d. Egli era una persona profondamente avversa al nazismo dispotico e violento, già
duramente condannato da Pio XI il 14 marzo 1937 con l’Enciclica Mit brennender Sorge.
8 Frale 2011
sarcofago di Papa Pio XI del 9 febbraio 1941)9. Grazie all'operato del Collegio degli Architetti
della Fabbrica di San Pietro, su proposta di mons. Ludwig Kaas, dal 1936 fino al 1952 Economo e
Amministratore della Reverenda Fabbrica di San Pietro (riformata da Benedetto XV) 10 e con la
supervisione di Pio XII (in qualità di Camerlengo doveva impegnarsi a preparare il funerale del
predecessore e a sovrintendere alla realizzazione della sua sepoltura) venne abbassato il pavimento
affinché lo spazio piuttosto angusto che il Papa aveva individuato per le sue spoglie venisse
ampliato, reso maggiormente arioso e percorribile. Nel corso di questi interventi, il 18 gennaio 1941
vennero rintracciati i resti di un muro in laterizio che padre Claretta, degli Oblati di Maria Vergine,
aveva identificato come una delle traccie del Circo di Nerone, dove Pietro avrebbe subito il martirio
tra il 64 e il 67 d.C.11, quindi si decise di avviare dei sondaggi archeologici per risalire alla tomba di
Pietro sotto l'altare maggiore. Secondo la nota tradizione, la tomba di San Pietro si colloca sulla
verticale della Cupola: infatti l'estrema zona ovest della necropoli che verrà alla luce nei pressi del
Circo combacia con la parte sottostante l'opera michelangiolesca12.
Già agli inizi del XX secolo la comunità scientifica rivolse a Leone XIII la richiesta di poter
effettuare dei sondaggi e delle esplorazioni nella zona della Confessione. Nel 1920, sotto il
pontificato di Benedetto XV, Gustavo Giovannoni, architetto e membro del Collegio degli
Architetti della Fabbrica di San Pietro, in un'assemblea della Pontificia Accademia Romana di
Archeologia, organizzata in occasione del IV centenario della morte di Raffaello, aveva proposto
nuovamente di iniziare presso le Grotte degli scavi che avessero lo scopo di rilevare elementi
topografici della Basilica Costantiniana13. Nel 1925, come è documentato ne La Stampa del 23
novembre 1928, un'équipe di archeologi coordinata da Rodolfo Kanzler, abile conoscitore di arte
sacra, per verificare l'esistenza della tomba di Pietro in Vaticano, aveva iniziato a effettuare delle
indagini nella zona del Confessionale ma, a scavi da poco iniziati, la ricerca non venne completata.
Pio XII accolse nuovamente la sfida, qualificandosi come il primo ad averla voluta promuovere
nella storia della Chiesa, e scelse per presiedere agli scavi della tomba di Pietro mons. Kaas, oltre a

9 Anichini 1941, 49-61


10 Era stato anche leader del Zentrum, partito di ispirazione cattolica. La Germania del Zentrum di Bismarck riuscì
durante il pontificato di Leone XIII ad ammansire la cosiddetta Guerra di cultura (Kulturkampf). Dai primi tempi del
Kulturkampf la Germania godette di una base cattolica organizzata che produsse un partito che si dichiarava
aconfessionale. Dopo la proclamazione del dogma dell'infallibilità ciò diventò un pretesto per la guida prussiana e
per il governo cattolico di Baviera affinché si desse il via a una politica di forte pressione del governo nei confronti
della Chiesa. Da questi eventi nacque, in opposizione al dogma, la Chiesa vetero-cattolica tedesca, in seno allo
scisma dichiarato da alcuni intellettuali cattolici, tra cui Johann Joseph Ignaz von Döllinger.
11 Guarducci 2008, 1; Per la discussione sulla data del 29 giugno e sull'anno del martirio, si consulti Guarducci 1986,
832 ss.; Mozzoni 1856, 20. In Cronaca 1895, 223-224 è presente un passo dedicato alla festa di San Pietro e Paolo
del 29 giugno, che accoglie da tempo immemore fedeli e il “popolo stipato” che venera i Santi; inoltre è riportato
che Leone XIII, in una visita notturna alla Basilica, dinnanzi alla tomba del “Principe degli Apostoli” si prostrò e
pregò per due ore, benedicendo i Sacri Pallii.
12 Albani Astrusa s.d., 4
13 Zander 2012, 101
una commissione scientifica e con l'assistenza del Direttore dei Servizi Tecnici ed Economici del
Vaticano Enrico Pietro Galeazzi e del professore di Scienza delle Costruzioni a Roma Giuseppe
Nicolosi14. Ai lavori, che proseguirono ininterrottamente dal 18 gennaio 1941 fino al 1949-50 15,
vennero convocati anche Bruno Maria Apolloni Ghetti (che doveva occuparsi del rilievo dello
scavo), assistente architetto di Giovannoni; Enrico Josi, Ispettore della Pontifica Commissione di
Archeologia Sacra; i padri gesuiti Kirschbaum, professore di Archeologia all'Università Gregoriana,
e Antonio Ferrua, professo della Compagnia di Gesù dal 1936, professore al Pontificio Istituto di
Archeologia Cristiana, scrittore dal 1935 de “La Civiltà Cattolica” e autore di pregevoli scritti di
Antichistica cristiana composti nei due anni precedenti16. I sampietrini Giovanni Segoni,
caposquadra degli operai della Fabbrica di San Pietro (eletto il 19 dicembre 1951 operaio d'onore) 17,
e Giulio Migliorini, vennero affiancati dai fossori Settimio Facchinei e Oliviero Zinobile, della
Pontificia Commissione di Archeologia Sacra.
La fiducia in queste ricerche si manifestò fin dal 1940 quando il Pontefice tenne, il giorno
mercoledì 17 gennaio, un'Udienza Generale intitolata L'insegnamento perenne di Pietro vivente18
per commemorare la festa della Cattedra di San Pietro, in cui incitava i fedeli a rimanere fermi nella
fede e a non cadere negli “errori dei falsi profeti”, specialmente in un'epoca nella quale dominava lo
spirito anticlericale fascista e nazista. Proprio in quel periodo riemersero alcune teorie storiche
come quella di Lutero19, che rimarcava la negazione dell'autorità apostolica consolidata nei secoli,
proponeva il libero esame delle Sacre Scritture, negava la fondazione della Chiesa di Roma da parte
di Pietro e addirittura l'esistenza degli Apostoli. Per queste ragioni nel 1912, in una delle conferenze
della Semaine Liturgique presso l'Abbazia di Maredsous, il sacerdote parigino H. Tissier rintracciò
in Lutero un nemico per la diffusione del cattolicesimo a livello sociale, quasi a voler ricostruire,
citando altri noti “ennemis” e “puissances du mal” nella storia (l'arianesimo, il paganesimo
rinascimentale e la Rivoluzione Francese), una genealogia degli errori del mondo moderno20.
Il 13 maggio 1942 nel Radiomessaggio per il XXV della Consacrazione episcopale del Santo Padre
il Pontefice annunciò i recenti scavi nelle Grotte Vaticane 21: «[…] è per Noi, dilettissimi figli, un
gaudio tutto particolare e nuovo il potervi annunziare e farvi udire il profondo grido che, su
dall'ombra avvolgente la tomba di Pietro, si sprigiona come appello della Cristianità passata alla

14 Zander 2012, 103


15 Armellini 1942, 859-913
16 Capizzi 2001, 41
17 In una prima fase dei lavori seguì gli scavi anche Carlo Respighi, Segretario della Pontifica Commissione di
archeologia sacra.
18 Discorsi e Radiomessaggi 1941, 489-492
19 Frale 2011
20 Paiano 2000, 50
21 Atti e Discorsi 1943, 127-130
Cristianità presente, e alla Nostra voce aggiunge, con provvido accordo, la rinata sua forza
persuasiva [...] Gli scavi iniziati e proseguiti per Nostra disposizione, sebbene non ancora venuti a
termine, nelle Grotte della Basilica Vaticana, di cui già, or è più di un anno, abbiamo fatto qualche
cenno in occasione dello scoprimento del sepolcrale monumento del Nostro indimenticabile
Predecessore, non ristanno dallo spargere nuova e larga luce appunto su quei primi tempi[...] 22». Ed
è in prospettiva della “nuova e larga luce” che papa Pacelli, nel Radiomessaggio di Natale del 1942,
auspicava il rinnovamento religioso e una rinascita di tipo spirituale, accentuato ancora nel Discorso
del 10 febbraio 1952, durante la stagione preconciliare23.
Il 23 dicembre 1950 (anno giubilare) in un altro Radiomessaggio annunciò il ritrovamento della
sepoltura dell'Apostolo, lasciando aperta la questione sull'attribuzione o meno delle ossa a San
Pietro, ma specificando che gli scavi erano stati condotti secondo un attento esame scientifico.
Queste riflessioni sono state ulteriormente confermate al Congresso Internazionale delle Scienze
Storiche (CSIH) del 195524, istituito per svecchiare la storia ecclesiastica, favorire la critica storica e
rifiutare l'apologetica ottocentesca. Proprio in vista di quell'edizione Pio XII rinnovò l'adesione
della Santa Sede al CSIH, coinvolgendo anche il Pontificio Comitato di Scienze Storiche, il quale si
pone senza soluzione di continuità con i traguardi raggiunti, al fine di rinnovare la ricerca storica, da
Leone XIII, quando aveva deciso di aprire agli Studiosi l'Archivio Segreto Vaticano e aveva creato
la Commissione Cardinalizia per gli studi storici25.
Il 19 dicembre 1951 venne pubblicato (in due volumi) dal Pontificio Istituto di Archeologia
Cristiana il rapporto archeologico ufficiale Esplorazioni sotto la Confessione di San Pietro in
Vaticano eseguite negli anni 1940-1949, presentato a Pio XII e distribuito in 1500 copie.

La tomba venne rinvenuta nei pressi della Cappella Clementina lungo l'antica Via Cornelia,
nell'ager Vaticanus (sulla prima pendice del colle Vaticano), dove si estendeva la necropoli
pagana26 a cielo aperto, orientata in senso est-ovest e parallela al Circo di Nerone 27. Una delle fonti
principali per ricostruire l'aspetto topografico della sepoltura, oltre ai testi di Eusebio di Cesarea, di
Tacito (Ann. 15.39.2 e 15.44) e di Plinio (Naturalis Historia, XXXVI, 74)28 è il Liber Pontificalis

22 Discorsi e Radiomessaggi 1944, 69-85


23 Sani 2004, 170
24 Discorsi e Radiomessaggi 1952, 380; De Marco 1964, 228; Kunzle 1967, 454-460
25 Origini e sviluppo s.d.
26 Infatti le prime comunità cristiane non beneficiavano di luoghi appositi per la sepoltura, ergo le spoglie venivano
accolte presso le necropoli pagane (così come la tomba di Paolo).
27 Si veda l'esaustivo V. Capocci, Gli scavi del Vaticano alla ricerca del sepolcro di S. Pietro e alcune note di diritto
funerario romano, in “Studia et documenta historiae et iuris”, 18, 1952 per gli aspetti giuridici legati alla sepoltura
romana.
28 “Tertius est Romae in Vaticano Gai et Neronis principum circo – ex omnibus unus omnino fractus est in molitione –
quem fecerat Sesosidis filius Necoreus. Eiusdem remanet et alius centum cubitorum, quem post caecitatem visu
reddito ex oraculo Soli sacravit”.
(1.6), che cita il Palazzo di Nerone dove si troverebbe la sepoltura, e in seguito viene elaborato
anche un riferimento all'esistenza di un avello cubico in bronzo, che però non venne mai trovato
durante gli scavi29: “Qui et sepultus est via Aurelia, in templum Apollonis, iuxta locum ubi
crucifixus est, iuxta palatium Neronianum, in Vaticanum, iuxta territurium Triumphalem [...]”30.
La zona ovest di riferimento per la sepoltura è stata definita dagli studiosi come campo funebre a
inumazione “P”, dove venne scoperto un affastellamento di sepolture a fossa. Costantino, da quanto
emerge dalle Esplorazioni, tra il 321 e il 326 d.C., avrebbe fatto costruire, a nord dello spazio
destinato alle sepolture, un parallelepipedo di marmi preziosi in paonazzetto e porfido volto a
proteggere un'edicola sepolcrale31. Questo altarino, costituito da due nicchie sovrapposte e retto da
due colonnine, risulta essere addossato a un muro rosso (contemporaneo all'altarino) e fiancheggiato
da un altro muretto chiamato “G”, tramezzi i quali racchiudevano il cosiddetto “trofeo (τρόπαιον) di
Gaio”, risalente al 175 a. C. circa, come dichiarato nelle Esplorazioni32. Il trofeo venne descritto da
Gaio, presbitero e diacono, in una lettera del 199/200 33. Gaio entrò in disputa con Proclo,
montanista eretico della Frigia, poiché quest'ultimo riferì di alcune tombe di età apostolica in Asia
Minore, tra cui quella di Filippo presso la Chiesa di Gerapoli, volendo quindi sconfessare la
primazia, sulle altre, della Chiesa di Roma, in cui aveva fede Gaio, il quale citò i trofei intesi come
tombe di Paolo e Pietro34. Questo monumento venne identificato con la sepoltura primaria di Pietro
e Costantino, all'inizio del IV secolo, scelse questo luogo per edificare dal 319 35 la Basilica ad
corpus – “sulla tomba del Santo” – , prendendo la decisione di sotterrare la necropoli e di livellare il
terreno36. Secondo diverse fonti storiche l'imperatore avrebbe fatto prelevare le reliquie di Pietro nel
319 (nel 313 quelle di Paolo) dalla deposizione ad Catacumbas, portandole nel trofeo in Vaticano al
primo miglio affinché si conservassero nel tempo; si vennero a configurare uno sopra l'altro,
poggiando sul santo monumento costantiniano, gli altari di Clemente VIII (l'altare della
Confessione, nel 1594), di Callisto II (inaugurato il 25 marzo 1123) e di Gregorio Magno, della

29 Ferrua 1990, 462


30 Liverani 2001, 132-133
31 Il reliquario d'avorio paleocristiano di Samagher a Pola, sul lato posteriore, ci fornisce una rappresentazione del
monumento costantiniano, la Memoria Petri, e dell'abside della Basilica di San Pietro. Gnirs 1908, 32-39. Figg. 1-2.
32 Anche se alcuni studiosi del settore anticipano al 160/170, mentre altri posticipano al III secolo. Si veda la
ricostruzione alla Fig. 3.
33 E. di Cesarea, Storia ecclesiastica (2.25, 5–7); si veda anche Contra Symm. 1.583. Eusebio in Teofania, 47 ricorda la
teca marmorea di età costantiniana, La tomba s.d. Le diversificate testimonianze letterarie atte a testimoniare la
presenza della sepoltura di Pietro sono state analizzate e verificate sotto il pontificato di Pio XII.
34 Peterson 1952, 326-331
35 Si veda anche l'appendice della Notitia ecclesiarum Urbis Romae, del VII secolo. A differenza delle altre chiese
liturgicamente orientate (ovvero disposte a est), la Basilica paleocristiana di San Pietro, per l'aspetto morfologico,
era orientata a ovest, così come il Laterano e altri edifici sacri del IV-V secolo.
36 Il primo monumento aveva anche nel pavimento una tomba terragna, un'umile fossa, trovata inizialmente vuota.
Alfons Maria Schneider e A. von Gerkan ritengono che il monumento a Gaio sia semplicemente un cenotafio, non
associabile a una sepoltura.
fine del VI secolo. Quest'ultimo aveva collocato, temendo le incursioni barbariche, i resti di Pietro,
che fino al VI secolo si trovavano di fronte al trofeo, nel loculo marmoreo di inizio IV secolo del
muro “G”37; i Saraceni però nell'846 avrebbero saccheggiato la Basilica, accedendo al loculo e
sparpagliando i resti dell'Apostolo all'interno38, anche se forse venne salvata la croce d'oro con
un'iscrizione di Costantino e di Elena che adornava la tomba dell'Apostolo ricordata dal Liber
Pontificalis39. Infatti nel 1594 l'architetto Giacomo della Porta, mentre dirigeva i lavori per
innalzare il pavimento della Basilica Vaticana, sarebbe riuscito a scorgere il sepolcro con la croce
d'oro (corrispondente alla descrizione di Anastasio nella Vita di Silvestro) e avrebbe informato
Clemente VIII del grandioso avvenimento40. La stessa ricostruzione della Basilica di San Pietro da
parte di Giulio II aveva assunto un significato simbolico, cioè quello di legittimare con maggiore
forza il potere della Sede Apostolica attraverso l'unione con la tomba sacra. La nicchia dove risiede
il trofeo venne riusata per accogliere i pallii dei vescovi di Roma poiché dall'Alto Medioevo
continuò ad essere praticato il culto di Pietro41. Ad avvalorare questo rammentiamo che nello spazio
intorno alla tomba vennero rinvenute quasi duemila monete devozionali che rappresentano il dono
dei fedeli.
Intorno al 200 d.C. sarebbe stato aggiunto il muro esterno “G” che aveva la funzione di proteggere
il loculo marmoreo conservante le reliquie associate a Pietro. L'epigrafista Margherita Guarducci
riferì che nel biennio 1940-1942 vennero individuati nel vano dei resti umani e animali contenuti in
un tessuto purpureo tinto con la conchiglia della Siria intessuto di fili d'oro (probabilmente
significativo per la diretta associazione all'autorità imperiale); essi sarebbero poi stati prelevati da
Kaas, che li avrebbe conservati in una cassetta intercettata nel 1965 nelle Grotte Vaticane. Le ossa e
le reliquie sono state analizzate da un punto di vista antropologico ed è emerso che lo scheletro
mutilo appartiene ad uomo anziano di 60 o 70 anni. Nonostante queste dichiarazioni, l'epigrafista
ebbe uno scontro ideale con Padre Ferrua poiché, come si può rinvenire in una replica di
quarantacinque pagine al memoriale di undici scritto da Ferrua e richiesto dal Sostituto della
Segreteria di Stato Giovanni Benelli in un'udienza del 26 aprile 1969 42, Guarducci aveva sposato la
teoria secondo la quale le ossa recuperate fossero di Pietro. Il padre gesuita invece, come gli altri
collaboratori con cui aveva lavorato negli anni Quaranta, aveva liberato dall'aspetto religioso

37 Cristiani 1954, 536-541


38 Winckelmann 1784, 327-328; Grisar 1892, 25; Carcopino 1953
39 F.E. Mecchi, La tomba di San Pietro e l'iscrizione della croce d'oro postavi da Costantino e da Elena, Roma,
Tipografia Elzeviriana, 1893; Dissertazioni 1852, 286.
40 Ibidem
41 Grisar 1892, 20. Per un'attenta visione d'insieme della Confessio nel Seicento, A. Specchi, Indice della pianta e
profili della confessione di S. Pietro nel tempio vaticano sotto il ciborio, Roma, Ex Typographia Jo. Francisci
Buagni, 1694.
42 Ferrua 1995, 528
l'analisi del dato iconografico e archeologico dei reperti, dimostrando grande correttezza scientifica
e spiegando che non erano state trovate reliquie significative nella cassetta del muro “G” 43. Nelle
Esplorazioni44 infatti si ricorda che la cassetta marmorea era quasi del tutto priva di contenuto e
comunque i pochi resti ossei e umani, secondo altri studiosi, non potevano certamente indicare
l'appartenenza all'apostolo, poiché non potevano essere le ossa raccolte da Costantino.
Probabilmente, secondo Ferrua, la cassetta era servita per riportare le reliquie di Pietro dalle
catacombe di San Sebastiano al Vaticano45. Ad ogni modo, all'udienza di mercoledì 26 giugno 1968
L'autenticità delle reliquie di S. Pietro nel glorioso «trofeo» del Vaticano di Paolo VI venne
ufficializzato il ritrovamento: «Nuove indagini pazientissime e accuratissime furono in seguito
eseguite con risultato che noi, confortati dal giudizio di valenti e prudenti persone competenti,
crediamo positivo: anche le reliquie di san Pietro sono state identificate in modo che possiamo
ritenere convincente, e ne diamo lode a chi vi ha impiegato attentissimo studio e lunga e grande
fatica [...]»46.
Nel maggio 1952, durante la seconda fase degli scavi (ultimata nel 1957), il compito di decifrare e
di interpretare i graffiti sui tramezzi venne affidato, per volontà di Pio XII, a Margherita Guarducci,
la quale applicava il metodo, contestato dall'équipe precedente, della criptografia mistica, che
consiste nell'attribuire una valenza religiosa all'epigrafia secondo il codice usato dai primi cristiani
per celare il loro culto47. La parte nord del muro “G” è coperta di graffiti dei fedeli che lasciavano il
il loro ricordo durante il pellegrinaggio e che vennero reputati dal Papa e dalla studiosa come
effettiva testimonianza storica e archeologica del trofeo di Gaio e della sepoltura di Pietro 48, giacché
inneggerebbero a Maria e a Pietro. L'epigrafista inoltre notò un'iscrizione greca di sette lettere su un
pezzo del muro rosso ritrovato nel loculo marmoreo che in precedenza era stato custodito da Ferrua
(che aveva descritto l'oggetto al Congresso Internazionale di Archeologia cristiana ad Aix nel
1954)49 e poi restituito al Pontefice. Secondo Guarducci, il graffito Πετρ(ος) ενι andrebbe tradotto

43 Capizzi 2001, 45-46


44 Ferrua–Ghetti–Kirschbaum et. al. 1951, 162
45 Ferrua 1995, 529
46 Un articolo del “Foglio” del 16 maggio 2012 Che cosa c'entra la tomba del Principe degli apostoli con il potere del
mondo e l'apostasia del cristianesimo moderno? Un bel mistero, sottolinea che l'evento è accaduto “nell’annus
horribilis della peggior contestazione alla chiesa e nel momento in cui il vento impetuoso del post Concilio soffiava
più forte”.
47 Si consulti Guarducci 1959, 3 e i testi Ead. , I Graffiti sotto la Confessione di San Pietro in Vaticano, Città del
Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 1958 e Ead., La Tomba di Pietro, notizie antiche e nuove scoperte, Roma,
Studium, 1959.
48 Si veda il Discorso alle rappresentanze dei gruppi degli Istituti medi superiori di Roma ove fiorisce l'Opera
gioventù studentesca tenuto da Pio XII il 30 gennaio del 1948. Egli, al Congresso Internazionale di Epigrafia Greca
e Latina del 1957, affermò il valore di testimonianza che ha l'epigrafia per la conoscenza della Chiesa antica. De
Marco 1964, 228.
49 Ferrua 1990, 465
con la frase “Pietro è (qui) dentro”50. Kirschbaum però si mostrò in disaccordo nei confronti di
questa interpretazione; Jérôme Carcopino, latinista e archeologo, e Giovanni Pugliese Carratelli,
storico antico, lessero l'iscrizione come “Pietro manca”. A.A. De Marco sottolineò che Carcopino
nella sua personale lettura voleva trovare una giustificazione alla traslazione delle reliquie di Pietro,
tra la metà del III e l'inizio del IV secolo, altrove, quindi ad Catacumbas, e che in realtà
mancherebbe il nome di Pietro nel muro “G”51.

Il toponimo ad Catacumbas è di origine altomedievale e venne impiegato dal IX secolo con


il significato di “presso l'avvallamento/le cavità” (dal greco κατα κυμβας) per indicare le catacombe
di San Sebastiano lungo la Via Appia, presso le quali si sarebbe praticato il culto di Pietro e Paolo,
patroni della città di Roma52. È conosciuto nella storia come il posto più sacro a Roma “dopo le
basiliche del Vaticano e della Via Ostiense” dal momento che, dalla metà del III secolo, molti
pellegrini si recavano in quel luogo a ricordare e a venerare la Memoria apostolorum di Pietro e
Paolo53 (su cui era stata eretta la zona cimiteriale suburbana del primo quarto del IV secolo) 54 e la
triclia dove, secondo gli scavi del primo ventennio del XX secolo, si sarebbero svolte le agapi in
onore di Pietro e Paolo nel contesto del refrigerium, celebrato nelle catacombe sempre più spesso
con l'espansione delle comunità cristiane55. I seicento graffiti presenti nella triclia, che invocano gli
Apostoli, testimoniano l'esistenza della Memoria già tra la fine del III e i primi decenni del IV
secolo56. L'archeologa Jocelyn Toynbee concluse che i risultati degli scavi documentavano la
commemorazione del culto pre-costantiniano di Pietro sotto la Basilica di San Sebastiano 57: si
consideri che l'età costantiniana sviluppò poi la cristianizzazione e i centri di culto martiriale. La
Depositio episcoporum, ma sopratutto la Depositio martyrum e il Martyrologium Hieronymianum
sostengono che nel 258 fu celebrata una festa alle Catacombe di Pietro e Paolo al terzo miglio della

50 Ferrua 1952b, 15-29. Fig. 4


51 De Marco 1964, 161; Ferrua 1990, 465-466. Ferrua fa notare che il muro rosso nel III secolo fu oggetto di
sgrottamento nella fondazione probabilmente per facilitare il raccoglimento delle reliquie al fine di spostarle nella
Via Appia.
52 Nel XVI secolo gli eruditi, che conoscevano il termine altomedievale, applicarono il toponimo a tutto il sistema,
creando dunque un termine tecnico che si riferisse alle sepolture cristiane romane. Mancini 1923, 75.
53 Chavarra Arnau 2009,145; Notizie 1923, 3 ss.; Marucchi 1916, 54-55; Toynbee 1957, 261-270. Giovanni Battista de
Rossi, fondatore del Bullettino di archeologia cristiana, aveva ipotizzato che il luogo temporaneo per la sepoltura
degli Apostoli fosse la Platonia, ambiente che si colloca a sud-est dell'abside della Basilica, ma a fine Ottocento,
grazie agli scavi archeologici, si scoprì che essa accoglieva le spoglie del martire Quirino. Fig. 5.
54 Mancini 1923, 11. Infatti a Roma anche i martiri venivano sepolti nei cimiteri del suburbio sui quali sarebbero stati
eretti dei monumenti funerari.
55 Venne realizzata al di sopra della zona funeraria della piazzuola, di cui si fece uso fino alla metà del III secolo, dove
prendevano posto tre ipogei pagani; venne costruito anche uno spazio porticato che affacciava su un cortile grazie al
quale si accedeva a un pozzo. La triclia dunque è l'ipogeo in comunicazione con il pozzo.
56 Guarducci 1986, 812
57 De Marco 1964, 242
Via Appia58. Quando venne riesaminata la vicenda della Memoria Apostolorum alcune delle rigide
posizioni protestanti e razionaliste dovettero appoggiare la tesi cattolica 59. Secondo la teoria,
risalente al 1886, di Louis Duchesne (storico della Chiesa ed editore del Liber Pontificalis),
dell'allievo Carcopino, di Hans Lietzmann60 (docente di Storia Ecclesiastica di fede protestante a
Berlino) e secondo gli scavi sotto San Sebastiano diretti da Antonio de Waal 61 e Paul Styger tra
1915 e 1929, i resti e le reliquie di Pietro e Paolo sarebbero stati trasportati nel 258 62 per trovare
riparo, durante il clima persecutorio anticristiano di Valeriano, lungo la Via Appia. La permanenza
temporanea delle sepolture presso le catacombe di San Sebastiano sarebbe anche comprovata dagli
Acta apostolorum apocrypha e dal carme damasiano in lode di Pietro e Paolo, esposto al santuario
apostolico, che vuole confermare la loro romanità63: “Hic habitasse prius sanctos cognoscere debes
nomina quisque Pétri pariter Paulique requiris [...]”. Le reliquie di Pietro sarebbero rimaste ad
Catacumbas perché allora la Basilica costantiniana di San Pietro necessitava di circa trent'anni
ancora per essere completata64. Solo nel 336 le reliquie sarebbero state trasferite presso la
Confessione Vaticana, diversi anni dopo rispetto all'Editto di tolleranza religiosa del 31365.
D'altronde Eusebio non fece mai allusione al trasferimento dei corpi dei Santi Pietro e Paolo presso
la Via Appia e, secondo anche la Depositio Martytum, la tomba di Pietro tra il 333 e il 354 sarebbe
stata situata in Vaticano66. Negli Atti dell'Accademia dei Lincei del 1923 Gioacchino Mancini,
Ispettore dell'Ufficio Scavi di Roma e del Lazio, reputò che l'anno 258 si riferisse più che altro
all'inaugurazione della Memoria apostolorum e all'erezione della cella memoriae67. Anche lo storico
bollandista Hippolyte Delehaye, Èlie Griffe, Margherita Guarducci e Bruno Luiselli 68 non
sostenevano la tesi della traslazione dei corpi alle catacombe di San Sebastiano per dei motivi che
erano stati enumerati da Margherita Guarducci. Sotto l'impero di Valeriano non potevano venire
violate le tombe dei martiri, per trasportarne le reliquie altrove, poiché la legislazione romana
vigente lo vietava, e una festa apostolica avrebbe rivelato la località delle sepolture; non sarebbero
state rinvenute tracce visibili dei sepolcri e non vi sono cenni o notizie sul ritorno delle reliquie alle

58 Guarducci 1986, 811; Già Pio Franchi de' Cavalieri, membro della Pontificia Accademia di Archeologia, ammise
che si trattasse di una festa, indipendentemente dalla venerazione della tomba in Vaticano. Ivi, 831.
59 De Marco 1964, 154
60 Si veda Lietzmann 1923, 147-162; J. Wilpert, La tomba di San Pietro: note storico-archeologiche, Roma, Edizioni
Religiose Ferrari, 1922; Ruysschaert 1967, 268-276
61 Waal era stato autore delle biografie di Leone XIII e di Pio X, oltre ad essere stato responsabile della conduzione
degli scavi della Memoria Apostolorum tra 1892 e 1893. Waal 1892, 141 ss.
62 Altri pensatori ritenevano che la traslazione dovesse risalire al I secolo d.C.
63 Vedasi anche C. Baronio, Annales Ecclesiastici, ad. an. 284, n. 23; Bosio 1650, 286; Ferrua 1942, epigramma
numero 20
64 Gerkan 1962, 23-32
65 Carcopino 1952, 588-610; Ferrua 1952a, 35-47
66 Ruysschaert 1957, 5
67 Mancini 1923, 77
68 Si veda Luiselli1986, 843-854
sedi originarie; la triclia sarebbe stato un martyria senza reliquie (nato secondo l'epigrafista per
impulso di fedeli africani) e il verbo habitasse usato nell'epigramma di Damaso non avrebbe
valenza funeraria, bensì assumerebbe il senso più comune di “abitare da vivi” 69, quindi alludendo a
un soggiorno temporaneo o volendo esprimere un legame tra quel luogo e un episodio rilevante
della vita degli Apostoli.

Le ricerche continuano e devono essere incoraggiate poiché il dibattito storiografico


riguardo al sepolcro primitivo di Pietro e alle sue spoglie viene ancora oggi intrattenuto dagli
studiosi di storia della Chiesa, dai teologi, dagli storici dell'antichità romana e dai professionisti del
settore archeologico in ambito internazionale.
È necessario inoltre considerare che le diverse posizioni e riflessioni mutano e si arricchiscono
grazie anche a nuovi ritrovamenti, come quello a Gerusalemme, sul Monte degli Ulivi, presso il
Dominus Flevit, dove nel 1953 venne individuato un ossario di una comunità cristiana in cui
sarebbe presente la traccia in aramaico del nome antico di Pietro, Shimon Bar Yonah70.

69 Guarducci 1986, 813-820


70 B. Bagatti, S.J. Saller, J.T. Milink, Gli scavi del Dominus Flevit, Gerusalemme, Tipografia dei PP. Francescani,
1958; Carandini 2015
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REPERTORIO DI IMMAGINI

Fig. 1
Fig. 3
Fig. 4

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