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Erasmo nasce a Rotterdam, in Olanda, nel 1466.

Orfano di padre e di madre, entra a 12 anni nel


convento agostiniano di Steyn, presso Gouda, dove acquista una precoce erudizione classica e
approfondisce la conoscenza del grande umanista Lorenzo Valla, trovando anche manoscritti e
incunaboli (prima edizione a stampa con la tecnica dei caratteri mobili) e venne influenzato nella
sua formazione anche dal movimento religioso della Devotio moderna (che significa letteralmente
"Devozione moderna" ossia "religiosità di nuovo tipo"), che, diffuso nei Paesi Bassi da Geert
Groote nel XIV secolo, assunse come modello diretto della vita quotidiana la vita di Cristo e
sostenne la lettura personale della Bibbia. A questo periodo risale, intorno al 1489, il DE
CONTEMPTU MUNDI, nato da una sofferenza per i suoi superiori in convento, che non
comprendono e frenano la sua passione per la poesia. Egli loda la vita solitaria dei monaci come
mezzo per realizzare l'ideale umanistico della formazione di uno spirito eletto, pur non giungendo
mai ad esaltare il ritiro conventuale quale espressione di una compiuta vita cristiana. Con il de
contemptu mundi Erasmo si prefigge come Alter Hyeronimus. Infatti, Gerolamo diventa 1)
figura/pensiero con la quale confrontarsi; 2) Gerolamo può essere il contenitore dentro il quale
riversare il proprio ideale di umanista cristiano. Nonostante questo, viene ordinato sacerdote nel
1492 da Enrico di Bergen, vescovo di Cambrai, diventando suo segretario, per via della sua
conoscenza del latino (la stessa cosa succede a Gerolamo). Nel 1495, con il consenso del vescovo e
con un modesto sussidio, si recò a studiare presso l'Università di Parigi, che era allora la sede
principale dell'insegnamento scolastico. Tra la fine dell'incarico presso il vescovo e il suo arrivo a
Parigi, Erasmo terminò di scrivere l'Antibarbarorum Liber, un dialogo nel quale egli affronta il
problema della convivenza della cultura classica con la fede cristiana. I motivi della decadenza
dell'antica cultura sono dovuti al prevalere dei pregiudizi, nella religione cristiana, nei confronti
dell'eredità classica, spesso senza nemmeno conoscerla realmente; i teologi scolastici l'hanno
giudicata per lo più pericolosa per la fede, e altri hanno ritenuto che per vivere davvero
cristianamente fosse necessario coltivare non le lettere, ma la virtù della semplicità. È così
avvenuto che «religione e cultura in quanto tali non riescono a vivere in armonia nel modo
giusto», poiché «la religione senza le bonae litterae comporta in ogni caso una certa pesante
ottusità», mentre «i conoscitori delle litterae hanno una cordiale avversione della religione».
Poiché Erasmo ritiene che nella cultura antica vi sia il presentimento del prossimo annuncio
cristiano, una conciliazione tra fede e cultura classica è tuttavia possibile, come già Agostino e
Gerolamo avevano dimostrato, ma ora è l'arroganza dei teologi moderni a renderla problematica.
Erasmo rimase a Parigi fino al 1499, intendeva laurearsi in teologia, ma non riuscì nello scopo.
Certamente rimase deluso dei suoi professori e della teologia scolastica deteriore che veniva
insegnata. Nell'estate del 1499 lasciò Parigi per l'Inghilterra, per diventare precettore del
giovane William Blount. Grazie alle conoscenze di lord Mountjoy, Erasmo venne in contatto con
molti esponenti dell'aristocrazia, tra i quali Tommaso Moro (1478-1535). Si compiaceva di vedere
come in Inghilterra germogliassero «ovunque abbondanti i semi della scienza antica». A Londra fu
presentato al principino Enrico e, stabilitosi a Oxford, conobbe anche il teologo John Colet (1466-
1519), del quale ascoltò con grande interesse le lezioni sulle lettere di san Paolo. Si è
sostenuto che il Colet abbia esercitato un influsso decisivo su Erasmo, spingendolo a
quell'interesse filologico per la Bibbia che è centrale nella sua attività di studioso. In realtà John
Colet non conosceva il greco e il fascino che egli esercitò sull'umanista olandese si deve
probabilmente soprattutto alla qualità del suo carattere personale. Nel 1500 l'editore parigino
Jean Philippe pubblicò i suoi Adagiorum collectanea, una raccolta di 818 proverbi latini e modi di
dire filologicamente commentati. La raccolta si amplierà con le successive edizioni: quella
del 1505, l'edizione veneziana di Aldo Manuzio, del 1508 - a partire dalla quale Erasmo comincia a
inserire numerose citazioni greche - e porta il titolo Adagiorum chiliades che sarà quello definitivo
anche nell'ultima edizione del 1536, pubblicata a Basilea da Johan Froben e contenente 4.151
proverbi. Nel 1504 pubblica Enchiridion, che significa manuale o anche pugnale, il cui scopo, come
dichiara l'autore, è prescrivere un modello di vita cristiana. Il cristiano è concepito come un
soldato che deve combattere per vivere felicemente nel mondo: egli possiede due armi, la
preghiera e la conoscenza di sé. In quanto essere naturale, egli appartiene a questo mondo, ma è
anche un essere spirituale, e deve pertanto innalzarsi al mondo dello spirito. Dopo un primo
periodo trascorso a Torino, dove il 4 settembre 1506 si laureò in teologia, si trasferì a Bologna e di
qui a Venezia. Visitò anche Padova e Siena, fu a Napoli, a Cuma e, nel 1509, a Roma. La notizia
della morte del re inglese Enrico VII nell'aprile del 1509 e della prossima salita al trono di Enrico
VIII, comunicatagli dall'amico Blount con un invio di denaro e il miraggio dei grandi successi che lo
avrebbero atteso in Inghilterra, lo spinse a lasciare Roma. Erasmo aveva ottenuto nel 1511 una
pensione e i benefici della parrocchia di Aldington, nel Kent, e grazie all'interessamento dell'amico
John Fisher, vescovo e rettore dell'Università di Cambridge, d'insegnare in questa Università greco
e teologia. Qui intraprese un primo studio approfondito delle lettere di san Gerolamo e del Nuovo
Testamento. Nel gennaio 1514, non sopportando i colleghi di teologia di Cambridge, lasciò
l'insegnamento e tornò a Londra. Si fermò per breve tempo a Lovanio e in agosto riprese il
viaggio per raggiungere Basilea e accordarsi con l'editore Johann Froben per una nuova edizione
ampliata degli Adagia, per quella delle lettere di Gerolamo e soprattutto per la pubblicazione del
testo del Nuovo Testamento, nella versione greca e latina da lui curata con l'aggiunta dei suoi
commenti. Socio di Froben è Amerbach, che aveva deciso di pubblicare le “operae omnia” dei 4
padri della Chiesa, indicati così in una lettera da papa Bonifacio VIII, Ambrogio, Agostino, Gerolamo
e Gregorio Magno perché ritenute colonne portanti del cristianesimo e per la chiesa con la loro
affidabilità dottrinale -nel frattempo aveva già pubblicato Ambrogio e Agostino. Erasmo ha un
approccio con i testi di Gerolamo già nel 1500, volendo effettuare un commento a Gerolamo
(Lettere 138-139) poi sente di dovere emendare il testo (Lettera 141), in quanto il testo di
Gerolamo, essendo troppo complicato, era stato danneggiato dai copisti con i loro errori. Per questo
era necessario riportare alla verità il testo, eliminando sia gli errori dei copisti e sia purificare,
restituire e attribuire, meritevolmente, i testi che sono stati attribuiti a Gerolamo ingiustamente nel
Medioevo. A questo proposito vi sono dei precedenti: il primo è stato Guigo di Castelle, un monaco
certosino che si mise a lavorare sulle opere di Gerolamo e indicò alcune false attribuzioni; il
secondo è stato Giovanni d’Andrea, che scrisse un’opera per rilanciare il culto del santo, con un
elenco degli scritti. Si pensa che l’editio princeps sia quella di Teodoro de Lelli nel 1467, stampata
da Sextus Riessingher a Roma, mentre nel 1468, sempre nella capitale, vi è quella di Giovanni
Andrea Bucci, stampata da Sweynher e Pannartz. A spingere Erasmo nel suo lavoro è anche
l’interesse bibliologico-storico ed è necessario che vi sia un manualetto che aiuti la lettura di
Gerolamo per via della sua complessità. Averbach si procura tutte le opere di Gerolamo e raduna
diversi dotti, che castigano/purificano le opere del santo. Questi erano:
1. 2 ebraisti, Johannes Reuchlin e Corrado Pelican
2. Un grecista, domenicano di Norimberga
3. Gregor Reisch, priore della certosa di Friburgo, che doveva pubblicare le epistole
4. Bruno, Basilio e Bonifacio, esperti di latino, greco ed ebraico e figli di Averbach
Nel maggio del 1515 Erasmo scrive 3 lettere, che verranno pubblicate da Froben, finalizzate alla
pubblicazione dell’edizione di Gerolamo. Le lettere 331-334-335 dell’Epistolario di Erasmo (che
comprende quasi tutta la sua vita ed è un’opera fatta da 12 volumi raccolto da Allen e la moglie dal
1906 al 1958) sono destinate rispettivamente al Cardinale Raffaele Riario, al Cardinale Domenico
Grimari e a Papa Leone X, al quale chiede se può dedicargli l’opera, che declina e per questo la
dedica a William Waharam, arcivescovo di Canterbury. Nella lettera a Grimari Erasmo informa che
sarà lui a curare le epistole e i trattati, ponendoli in un ordine tematico- che diventerà cronologico
nel 1700-, poi elimina gli errori con l’aiuto dei codici e pone gli argumenta, piccoli pezzi introduttivi
ad ogni opera, rinunciando ad un commento ma comunque inserendo degli scholia, note
esegetiche e filologiche, e censure, sezioni dove Erasmo esprime i propri commenti sulle singole
parti dei testi. Lo schema della pubblicazione del 1516, in 9 volumi, di cui Erasmo cura i primi 4,
prevede: preambolo, argumenta, testo corretto, scholia e cesure. Inoltre, vengono pubblicati una
vita di Gerolamo, dove viene riportata realmente la vita del santo, con tutti i pregi e i difetti
dell’uomo (che sarà pubblicata da sola nel 1934 da Wallace Ferguson), e i trattari polemici del
santo. Le opere falsamente attribuite al santo verranno pubblicate a sé. Erasmo, con questo
schema, vuole creare una stratificazione nei lettori: 1. Il lettore più ingordo che esigente, che si
becca anche i falsi gli spuri e non fa distinzioni, 2. Il lettore erudito, che è il destinatario perfetto
dell’intera opera, 3. Lettore mediocriter eruditus, al quale vanno le note di commento esegetico.
L’edizione sarà anche pubblicizzata alla fiera del libro di Francoforte. La Chiesa dà il compito tra il
1571-1577, a Roma, a Mariano Vittori di fare una nuova edizione di Gerolamo, per screditare il
lavoro e le posizioni di Erasmo. La sua polemica contro alcuni aspetti della vita della Chiesa
cattolica non nacque da dubbi sulla dottrina tradizionale né da ostilità verso l'organizzazione in sé
della Chiesa, ma, piuttosto, da un'esigenza di purificare la dottrina stessa e di salvaguardare le
istituzioni del Cristianesimo dai pericoli che le minacciavano, quali la corruzione, l'interesse di
pontefici guerrieri come papa Giulio II all'ampliamento dello Stato della Chiesa, la vendita delle
indulgenze, il culto smodato delle reliquie. Come studioso cercò di liberare i metodi
della scolastica dalla rigidità e dal formalismo della tradizione medievale. Egli si riteneva un
predicatore della virtù, e questa convinzione lo guidò per tutta la vita mentre cercava di rigenerare
l'Europa mediante una critica profonda e coraggiosa alla Chiesa cattolica. Tale convinzione
rappresenta il filo conduttore di un'esistenza che, altrimenti, potrebbe sembrare piena di
contraddizioni. Tuttavia, con il passare degli anni le posizioni estremiste presero il sopravvento su
quelle moderate ed Erasmo si trovò sempre più in contrasto sia con le chiese riformate che con
quelle cattoliche perché entrambe erano fortemente opposte alla sua visione moderata. Morì la
notte fra l'11 e il 12 luglio 1536 a Basilea, sepolto nella cattedrale ormai dedicata al culto
riformato.

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