convento agostiniano di Steyn, presso Gouda, dove acquista una precoce erudizione classica e approfondisce la conoscenza del grande umanista Lorenzo Valla, trovando anche manoscritti e incunaboli (prima edizione a stampa con la tecnica dei caratteri mobili) e venne influenzato nella sua formazione anche dal movimento religioso della Devotio moderna (che significa letteralmente "Devozione moderna" ossia "religiosità di nuovo tipo"), che, diffuso nei Paesi Bassi da Geert Groote nel XIV secolo, assunse come modello diretto della vita quotidiana la vita di Cristo e sostenne la lettura personale della Bibbia. A questo periodo risale, intorno al 1489, il DE CONTEMPTU MUNDI, nato da una sofferenza per i suoi superiori in convento, che non comprendono e frenano la sua passione per la poesia. Egli loda la vita solitaria dei monaci come mezzo per realizzare l'ideale umanistico della formazione di uno spirito eletto, pur non giungendo mai ad esaltare il ritiro conventuale quale espressione di una compiuta vita cristiana. Con il de contemptu mundi Erasmo si prefigge come Alter Hyeronimus. Infatti, Gerolamo diventa 1) figura/pensiero con la quale confrontarsi; 2) Gerolamo può essere il contenitore dentro il quale riversare il proprio ideale di umanista cristiano. Nonostante questo, viene ordinato sacerdote nel 1492 da Enrico di Bergen, vescovo di Cambrai, diventando suo segretario, per via della sua conoscenza del latino (la stessa cosa succede a Gerolamo). Nel 1495, con il consenso del vescovo e con un modesto sussidio, si recò a studiare presso l'Università di Parigi, che era allora la sede principale dell'insegnamento scolastico. Tra la fine dell'incarico presso il vescovo e il suo arrivo a Parigi, Erasmo terminò di scrivere l'Antibarbarorum Liber, un dialogo nel quale egli affronta il problema della convivenza della cultura classica con la fede cristiana. I motivi della decadenza dell'antica cultura sono dovuti al prevalere dei pregiudizi, nella religione cristiana, nei confronti dell'eredità classica, spesso senza nemmeno conoscerla realmente; i teologi scolastici l'hanno giudicata per lo più pericolosa per la fede, e altri hanno ritenuto che per vivere davvero cristianamente fosse necessario coltivare non le lettere, ma la virtù della semplicità. È così avvenuto che «religione e cultura in quanto tali non riescono a vivere in armonia nel modo giusto», poiché «la religione senza le bonae litterae comporta in ogni caso una certa pesante ottusità», mentre «i conoscitori delle litterae hanno una cordiale avversione della religione». Poiché Erasmo ritiene che nella cultura antica vi sia il presentimento del prossimo annuncio cristiano, una conciliazione tra fede e cultura classica è tuttavia possibile, come già Agostino e Gerolamo avevano dimostrato, ma ora è l'arroganza dei teologi moderni a renderla problematica. Erasmo rimase a Parigi fino al 1499, intendeva laurearsi in teologia, ma non riuscì nello scopo. Certamente rimase deluso dei suoi professori e della teologia scolastica deteriore che veniva insegnata. Nell'estate del 1499 lasciò Parigi per l'Inghilterra, per diventare precettore del giovane William Blount. Grazie alle conoscenze di lord Mountjoy, Erasmo venne in contatto con molti esponenti dell'aristocrazia, tra i quali Tommaso Moro (1478-1535). Si compiaceva di vedere come in Inghilterra germogliassero «ovunque abbondanti i semi della scienza antica». A Londra fu presentato al principino Enrico e, stabilitosi a Oxford, conobbe anche il teologo John Colet (1466- 1519), del quale ascoltò con grande interesse le lezioni sulle lettere di san Paolo. Si è sostenuto che il Colet abbia esercitato un influsso decisivo su Erasmo, spingendolo a quell'interesse filologico per la Bibbia che è centrale nella sua attività di studioso. In realtà John Colet non conosceva il greco e il fascino che egli esercitò sull'umanista olandese si deve probabilmente soprattutto alla qualità del suo carattere personale. Nel 1500 l'editore parigino Jean Philippe pubblicò i suoi Adagiorum collectanea, una raccolta di 818 proverbi latini e modi di dire filologicamente commentati. La raccolta si amplierà con le successive edizioni: quella del 1505, l'edizione veneziana di Aldo Manuzio, del 1508 - a partire dalla quale Erasmo comincia a inserire numerose citazioni greche - e porta il titolo Adagiorum chiliades che sarà quello definitivo anche nell'ultima edizione del 1536, pubblicata a Basilea da Johan Froben e contenente 4.151 proverbi. Nel 1504 pubblica Enchiridion, che significa manuale o anche pugnale, il cui scopo, come dichiara l'autore, è prescrivere un modello di vita cristiana. Il cristiano è concepito come un soldato che deve combattere per vivere felicemente nel mondo: egli possiede due armi, la preghiera e la conoscenza di sé. In quanto essere naturale, egli appartiene a questo mondo, ma è anche un essere spirituale, e deve pertanto innalzarsi al mondo dello spirito. Dopo un primo periodo trascorso a Torino, dove il 4 settembre 1506 si laureò in teologia, si trasferì a Bologna e di qui a Venezia. Visitò anche Padova e Siena, fu a Napoli, a Cuma e, nel 1509, a Roma. La notizia della morte del re inglese Enrico VII nell'aprile del 1509 e della prossima salita al trono di Enrico VIII, comunicatagli dall'amico Blount con un invio di denaro e il miraggio dei grandi successi che lo avrebbero atteso in Inghilterra, lo spinse a lasciare Roma. Erasmo aveva ottenuto nel 1511 una pensione e i benefici della parrocchia di Aldington, nel Kent, e grazie all'interessamento dell'amico John Fisher, vescovo e rettore dell'Università di Cambridge, d'insegnare in questa Università greco e teologia. Qui intraprese un primo studio approfondito delle lettere di san Gerolamo e del Nuovo Testamento. Nel gennaio 1514, non sopportando i colleghi di teologia di Cambridge, lasciò l'insegnamento e tornò a Londra. Si fermò per breve tempo a Lovanio e in agosto riprese il viaggio per raggiungere Basilea e accordarsi con l'editore Johann Froben per una nuova edizione ampliata degli Adagia, per quella delle lettere di Gerolamo e soprattutto per la pubblicazione del testo del Nuovo Testamento, nella versione greca e latina da lui curata con l'aggiunta dei suoi commenti. Socio di Froben è Amerbach, che aveva deciso di pubblicare le “operae omnia” dei 4 padri della Chiesa, indicati così in una lettera da papa Bonifacio VIII, Ambrogio, Agostino, Gerolamo e Gregorio Magno perché ritenute colonne portanti del cristianesimo e per la chiesa con la loro affidabilità dottrinale -nel frattempo aveva già pubblicato Ambrogio e Agostino. Erasmo ha un approccio con i testi di Gerolamo già nel 1500, volendo effettuare un commento a Gerolamo (Lettere 138-139) poi sente di dovere emendare il testo (Lettera 141), in quanto il testo di Gerolamo, essendo troppo complicato, era stato danneggiato dai copisti con i loro errori. Per questo era necessario riportare alla verità il testo, eliminando sia gli errori dei copisti e sia purificare, restituire e attribuire, meritevolmente, i testi che sono stati attribuiti a Gerolamo ingiustamente nel Medioevo. A questo proposito vi sono dei precedenti: il primo è stato Guigo di Castelle, un monaco certosino che si mise a lavorare sulle opere di Gerolamo e indicò alcune false attribuzioni; il secondo è stato Giovanni d’Andrea, che scrisse un’opera per rilanciare il culto del santo, con un elenco degli scritti. Si pensa che l’editio princeps sia quella di Teodoro de Lelli nel 1467, stampata da Sextus Riessingher a Roma, mentre nel 1468, sempre nella capitale, vi è quella di Giovanni Andrea Bucci, stampata da Sweynher e Pannartz. A spingere Erasmo nel suo lavoro è anche l’interesse bibliologico-storico ed è necessario che vi sia un manualetto che aiuti la lettura di Gerolamo per via della sua complessità. Averbach si procura tutte le opere di Gerolamo e raduna diversi dotti, che castigano/purificano le opere del santo. Questi erano: 1. 2 ebraisti, Johannes Reuchlin e Corrado Pelican 2. Un grecista, domenicano di Norimberga 3. Gregor Reisch, priore della certosa di Friburgo, che doveva pubblicare le epistole 4. Bruno, Basilio e Bonifacio, esperti di latino, greco ed ebraico e figli di Averbach Nel maggio del 1515 Erasmo scrive 3 lettere, che verranno pubblicate da Froben, finalizzate alla pubblicazione dell’edizione di Gerolamo. Le lettere 331-334-335 dell’Epistolario di Erasmo (che comprende quasi tutta la sua vita ed è un’opera fatta da 12 volumi raccolto da Allen e la moglie dal 1906 al 1958) sono destinate rispettivamente al Cardinale Raffaele Riario, al Cardinale Domenico Grimari e a Papa Leone X, al quale chiede se può dedicargli l’opera, che declina e per questo la dedica a William Waharam, arcivescovo di Canterbury. Nella lettera a Grimari Erasmo informa che sarà lui a curare le epistole e i trattati, ponendoli in un ordine tematico- che diventerà cronologico nel 1700-, poi elimina gli errori con l’aiuto dei codici e pone gli argumenta, piccoli pezzi introduttivi ad ogni opera, rinunciando ad un commento ma comunque inserendo degli scholia, note esegetiche e filologiche, e censure, sezioni dove Erasmo esprime i propri commenti sulle singole parti dei testi. Lo schema della pubblicazione del 1516, in 9 volumi, di cui Erasmo cura i primi 4, prevede: preambolo, argumenta, testo corretto, scholia e cesure. Inoltre, vengono pubblicati una vita di Gerolamo, dove viene riportata realmente la vita del santo, con tutti i pregi e i difetti dell’uomo (che sarà pubblicata da sola nel 1934 da Wallace Ferguson), e i trattari polemici del santo. Le opere falsamente attribuite al santo verranno pubblicate a sé. Erasmo, con questo schema, vuole creare una stratificazione nei lettori: 1. Il lettore più ingordo che esigente, che si becca anche i falsi gli spuri e non fa distinzioni, 2. Il lettore erudito, che è il destinatario perfetto dell’intera opera, 3. Lettore mediocriter eruditus, al quale vanno le note di commento esegetico. L’edizione sarà anche pubblicizzata alla fiera del libro di Francoforte. La Chiesa dà il compito tra il 1571-1577, a Roma, a Mariano Vittori di fare una nuova edizione di Gerolamo, per screditare il lavoro e le posizioni di Erasmo. La sua polemica contro alcuni aspetti della vita della Chiesa cattolica non nacque da dubbi sulla dottrina tradizionale né da ostilità verso l'organizzazione in sé della Chiesa, ma, piuttosto, da un'esigenza di purificare la dottrina stessa e di salvaguardare le istituzioni del Cristianesimo dai pericoli che le minacciavano, quali la corruzione, l'interesse di pontefici guerrieri come papa Giulio II all'ampliamento dello Stato della Chiesa, la vendita delle indulgenze, il culto smodato delle reliquie. Come studioso cercò di liberare i metodi della scolastica dalla rigidità e dal formalismo della tradizione medievale. Egli si riteneva un predicatore della virtù, e questa convinzione lo guidò per tutta la vita mentre cercava di rigenerare l'Europa mediante una critica profonda e coraggiosa alla Chiesa cattolica. Tale convinzione rappresenta il filo conduttore di un'esistenza che, altrimenti, potrebbe sembrare piena di contraddizioni. Tuttavia, con il passare degli anni le posizioni estremiste presero il sopravvento su quelle moderate ed Erasmo si trovò sempre più in contrasto sia con le chiese riformate che con quelle cattoliche perché entrambe erano fortemente opposte alla sua visione moderata. Morì la notte fra l'11 e il 12 luglio 1536 a Basilea, sepolto nella cattedrale ormai dedicata al culto riformato.