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Appunti di tecnologia del legno

(Corso A)
Scienza
Università degli Studi di Firenze (UNIFI)
68 pag.

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Tecnologia del legno lezione 1
Legno materiale di origine biologica > prodotto direttamente dalla natura

I materiali che finora abbiamo incontrato derivano da un processo di sintesi, prodotti direttamente
dall’uomo.

Implicazioni:

- Ambientali --> ciclo del Carbonio – contrasto cambiamenti climatici – carbon sink, carbon
pool;
- Economia circolare (strategia data ai materiali, caratteristica propria del legno);
- Tecnologiche --> variabilità nelle caratteristiche del materiale.

Ogni albero produce un tipo di legno diverso, ciascuno di questi rappresenta un materiale diverso.
Ad esempio, analizzando la densità, c’è una variazione che va da 150 kg/m2 al chebracio che invece
ha una densità di 1400 kg/m2.

Implicazioni ambientali > cambiamenti climatici > l’anidride carbonica ha una funzione fondamentale
nel permettere la vita sulla Terra. L’accumolo di anidride carbonica provoca un aumento medio della
temperatura.

Tra gli assorbitori di anidride carbonica, i maggiori sono gli oceani (i quali hanno una capacità
costante di assorbimento) e le foreste. Il legno è fatto di anidride carbonica e l’assorbe.

La fotosintesi clorofiliana (carbon sink) è fondamentale nel processo di assorbimento di anidride


carbonica. Il legno rappresenta una immobilizzazione di questa. Infatti essa viene bloccata,
sottoforma di complessi stabili, nel legno. Questo è considerato un “carbon pool”.

Albero --> Carbon sink – Legno --> Carbon pool (deposito di anidride carbonica: 1,83 Kg CO2/kg
Legno)

Ecosistema foresta > accrescimento annuo (stoccaggio di CO2) - prelievo annuo (quantità pari
all’accrescimento, affinchè il sistema sia sostenibile)

Legno e prodotti derivati --> 1) Materia prima rinnovabile, 2) Fonte energia primaria rinnovabile

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Certificazione forestale del materiale di origine, Legno Certificato > a capo di questa certificazione
(quindi affinchè il percorso di prelievo di anidride sia pari all’accrescimento, quindi sostenibile)
lavorano la PEFC e la FSC.

Utilizzando legno certificato si vanno a realizzare prodotti certificati. I marchi di queste due
corporazioni dichiarano che i prodotti sono stati realizzati con materiali certificati.

L’energia rinnovabile produce delle emissioni che vanno direttamente nell’atmosfera.

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Abbiamo capito che questo sistema non funziona all’infinito e se non siamo in grado di rispettare il
processo, esso viene messo in crisi. Ridurre i consumi è sicuramente una soluzione, ma il progetto
deve soprattutto riguardare anche ciò che riguarda i servizi e il riutilizzo di un determinato prodotto.

Il concetto di sostenibilità è ambiguo: la vita umana dipende dalla stabilità del sistema appena
descritto. Lavorare sulla riduzione del consumo, sui servizi e sul riutilizzo e riciclaggio è quindi
fondamentale.

Il design ha iniziato a lavorarci attraverso la sostituzione dei materiali (es. Fratelli Campana,
Transplastic).

Vedremo che il legno ha anche dei difetti, che rendono la lavorazione della materia prima difficile se
non impossibile. Devono essere rispettate le innovazioni tecnologiche, ma sul concetto bello/brutto
si può comunque intervenire.

Il compito del designer sta nell’accettare o rifiutare i difetti, con la conseguenza di prevedere sprechi
o riutilizzo del materiale.

- Specie legnosa (seduta);


- Legno modificato (modificazione della forma e del materiale);
- Prodotto derivato.

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Tipicamente assegniamo il nome del legno a seconda dal tipo di albero dal quale questo deriva.

I nomi vengono assegnati con delle nomenclature precise:

- Denominazione scientifica: c’è una classificazione botanica binomiale, il primo nome è il


nome del genere scritto con la lettera maiuscola e il secondo nome è quello della specie, con
la lettera minuscola. Commercialmente si utilizza il nome comune, che sono moltissimi e
differenti da paese a paese, anche parlando dello stesso legno. Essi si presentano come legni
diversi.

Si viene a capo di questo problema tramite:

- Denominazione pilota. Ci sono delle normative (norme: documenti tecnici, lungo elenco di
nomi scientifici a cui si associa un solo nome comune. Tutte le norme sono indicate da un
numero. La 3917 riguarda tutti i legni di importazione tropicale. Esiste il nome pilota per ogni
legno ed esso viene stabilito dalla norma, indica in maniera univoca il tipo di legno. Si risolve
il problema della denominazione comune attraverso la nominativa che avviene tramite un
lungo elenco di nomi specifici a cui si associa uno e un solo legno.

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La numerazione indica la norma che riguarda la nomenclatura del legno (UNI perché è una
normativa italiana). Esiste un nome pilota per ogni legno ed è stabilito da una norma.

Dell’albero interessa soprattutto la parte del tronco. Sezionando trasversalmente il tronco, si


osservano delle strutture concentriche dette “anelli di accrescimento”. Questi anelli raccontano le
modalità con cui l’albero è cresciuto, essi infatti sono legati all’età dell’albero. Ogni anno si forma un
nuovo anello.

Oltre agli anelli, si osservano zone colorate diversamente. La zona interna più scura è denominata
“Durame” (la quale non ha niente a che vedere con la durezza). La parte esterna più chiara si chiama
“Alburno”. Nell’albero, queste due parti indicano zone in cui avvengono fasi diverse. La parte
interna rimane unicamente come supporto meccanico, non coinvolge fasi fisiologiche (al contrario
dell’Alburno).

Queste due zone possono talvolta non avere colori diversi:

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Durame e Alburno differenziato > colori diversi;
Durame e Alburno indifferenziato > colori uguali (non si distingue la parte in cui i due si staccano);
Durame facoltativo o falso durame > non segue una sezione circolare perfetta, profilo irregolare.

Il colore del legno deriva dal durame, quindi dalla parte centrale.

Grazie all’alternanza degli anelli di accrescimento, è possibile datare l’esistenza del legno.

Il legno è fatto dall’assemblaggio di tante strutture elementari. Ci sono molte cellule vegetali che
costituiscono la struttura del legno. Dentro queste sono vuote.

Il volume del legno è il così detto volume apparente, fatto dal volume dalla massa legnosa (struttura
cellulare) e da molti spazi vuoti. Le fasce più bianche ci raccontano che l’albero non fa sempre lo
stesso legno durante il periodo di crescita. La parte più scura, in cui si vedono le aperture cellulari,
possiamo chiamarlo legno primaverile, mentre la parte chiara è chiamata legno estivo o legno
tardivo. Ad occhio nudo riusciamo a percepire la presenza degli anelli grazie al legno tardivo. Se vado
a misurare la densità media del campione di legno che si colloca attorno ai 400 kg/m3. La densità
della parte nera è 200 Kg scarsi, mentre la parte bianca si aggira agli 800 Kg. Il legno è fatto
dall’assemblaggio di molte unità elementari, ovvero le cellule. Se voglio capire come si comporta il
legno devo capire come si comporta la cellula. Questa cellula è fatta da una parete e da uno spazio
vuoto. Sarà la struttura della parete cellulare che comporta il materiale, il resto è aria. Il primo
passaggio sarà quello di capire come questa cellula è fatta e funziona.

Per capire come si comporta il legno, devo capire come si comporta la cellula interna, la quale è
composta da una parete e da uno spazio vuoto. Sarà la struttura cellulare che determina il
comportamento del legno.

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Il legno è sempre fatto di polimeri (materiale polimerico).

Il primo gruppo di polimeri prende il nome di polisaccaridi (essenzialmente degli zuccheri). Uno degli
ingredienti principali del legno è infatti lo zucchero. Il 60-80% del peso del legno è composto da
questo gruppo.
Non esiste una specie uguale all’altra in termini di composizione, la stessa specie può variare tra casi
appartenenti ad essa.
La cellulosa è un polisaccaride specifico, il componente più importante (tanto è che ricopre il 50%).
Le Emicellulosa occupano circa il 25% del peso. L’ultima colonna è quella della Lignina, che occupa
circa il 20/30% del peso. L’ultima colonna è quella degli estrattivi, sostanze che posso estrarre dal
legno senza modificarne la struttura. Gli estrattivi escono da soli in soluzione. Questo stesso
processo ce lo beviamo quando buttiamo giù il vino, a causa della barbicazione di esso. Sono
sostanze che possono essere estratte molto semplicemente dal legno. L’ultima è la componente
inorganica, ovvero la cenere.

La cellulosa

La cellulosa è il polimero più abbondante in natura (polimero: ripetizione di tante unità di glucosio
che si attaccano l’uno a l’altra). Il glucosio è il risultato della fotosintesi. Esso è infatti il materiale di
partenza dei prodotti lignei. Nella disposizione spaziale della componente glucosio sono affiancati
degli elementi (OH) con cui le diverse molecole possono legarsi. Infatti, attraverso questi gruppi, si
formano dei legami che hanno grande energia (legame covalente, 60 calorie per Volt necessarie se
vogliamo spezzare il legame). Il cosiddetto grado di polimerizzazione della cellulosa è molto alto.

Il filamento di cellulosa è composto da particelle di glucosio legate tra loro dagli elementi OH
presenti all’estremità della disposizione spaziale.

Le singole catene formate da legami forti e legami deboli formano altri legami con altre catene. La
struttura della cellulosa, una volta formata, è estremamente ordinata e stabile.

Anisotropia > proprietà che indica un comportamento diverso nelle diverse direzioni (materiale che
acquista delle proprietà direzionali). La cellulosa ha maggior forza nella direzione longitudinale
rispetto a quella trasversale.

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Le emicellulose

La cellulosa costituisce il 50%, l’altro 50% è formato dalle emicellulose e dalla lignina.
Sono strutture simili a quelle della cellulosa ma presentano proprietà diverse. La particolarità di
queste strutture sta nella conformazione delle catene: sono più corte, il grado di polimerizzazione
non è di 3000 ma di 300 e soprattutto sono strutture nelle quali, sulla catena principali, possono
andare ad inserirsi altri pezzi di catena laterale.

Nella cellulosa, tutto è impegnato in legami dentro la molecola (senza alcun aggancio libero). Nelle
emicellulose invece alcune parti rimangono libere. Gli insiemi della cellulosa e delle emicellulose
vanno a costituire la struttura del legno.

Si crea una sorta di matrice in cui le strutture di cellulosa sono inglobate da catene di emicellulosa.
La microfibrilla cellulosa è costituita da queste matrici.

Quando l’acqua entra in contatto con le microfibrille, essa può entrare a far parte della struttura del
legno creando dei legami interni. L’acqua creerà quindi un rigonfiamento della struttura. Al
contrario, quando essa viene rimossa, provocherà un ristringimento.

Il legno nasce nell’albero, a stretto contatto con l’acqua che va a saturare la struttura
precedentemente descritta. Il rigonfiamento o il ritiro non avvengono in qualsiasi direzione, proprio
perché la struttura è anisotropa. Le variazioni fisiche trasversali saranno maggiori rispetto a quelle
longitudinali.

Questa struttura, in funzione del suo quantitativo di acqua, passa da una condizione in cui la
struttura non ha acqua (si restringe) a una in cui è presente (si rigonfia). Questo ritiro e
rigonfiamento rimane anisotropo, poiché solo trasversalmente la struttura si gonfia e si ritira. La
struttura si replica all’infinito per produrre la parete cellulare. Questa struttura è fortemente
anisotropa.

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Le variazioni fisiche e dimensionali saranno importanti trasversalmente, ma molto meno
longitudinalmente. A seconda che il mattone lo dispongo longitudinalmente o trasversalmente il suo
comportamento sarà diverso. Il parametro di qualità più importante è l’angolo di inclinazione delle
microfibre. La direzione longitudinale della cellula sarà sempre la stessa ma il comportamento
cambia rispetto alla loro inclinazione. Il modo in cui l’albero dispone i mattoncini della parete può
cambiare completamente la sua caratteristica. Chi si occupa di biomimetica ha bene in mente questa
struttura, poiché dal punto di vista meccanico regala molte informazioni.

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Tecnologia del legno lezione 2
Nelle lezioni precedenti: Origine del materiale, dell’albero sfruttiamo il tronco. La struttura del legno
è fatta da cellule, strutture elementari, fatta da pareti e da uno spazio vuoto. I polimeri che
compongono la struttura del legno ci fanno meglio comprendere la struttura della cellula.
Composizione chimica principale del legno e abbiamo descritto quella che è la struttura della
cellulosa prima e al comportamento anisotropo di quest’ultima. Struttura delle emicellulose che
compongono le strutture elementari chiamate microfibrille, composte da microfibre di cellulosa
pura, i quali vengono circondati da una matrice continua di emicellulose. L’anisotropia della struttura
ha un'influenza sull’effetto della composizione della struttura della parete cellulare. Angolo di
inclinazione delle microfibrille, a seconda di come esse si dispongono per costruire le pareti abbiamo
comportamenti diversi. A seconda di come le microfibrille si distribuiscono abbiamo un
comportamento longitudinale e trasversale diverso.

Estrattivi

Gli estrattivi sono sostanze caratterizzate da una grande mobilità, facilmente estraibili dal legno.
Si agganciano alla parete cellulare sfruttando i punti di aggancio che vengono sfruttati dall’acqua.
L’introduzione degli estrattivi ha come effetto il colore intenso di questi ultimi. In certi casi alburno e
durame possono rappresentare un colore differenziato. Il colore del durame viene conferito dagli
estrattivi. In alcune specie legnose troviamo delle concentrazioni diversamente grandi di questi
estrattivi.

Una prima proprietà importante che gli estrattivi conferiscono al legno è rappresentata dal colore,
motivo principale per cui scegliamo una specie legnosa. Gli estrattivi sono formate da molecole
complesse. Gli estrattivi appartengono ai polifenoli. I polifenoli sono sostanze tossiche per tutti gli
organismi che possono attaccare il legno. Le emicellulose sono molto appetibili da molti organismi
che ne ricavano nutrimento. Gli estrattivi aumentano la durabilità naturale, in cui la durabilità è la
capacità di resistere a organismi xinofagi. Anche le specie che presentano alburno e durame
differenziato non hanno la stessa durabilità. Quando i due elementi non sono differenziati (alburno e
durame) sono specie senza durabilità naturale. La parte di alburno non è mai durabile, solo il durame
lo è.

Un altro aspetto importante legato alla presenza degli estrattivi è quello di occupare spazi fisici,
impegnando punti di aggancio altrimenti impegnati dall’acqua. Si ha cosi una maggiore stabilità
dimensionale. Con variazioni di umidità il legno avrà minori variazioni di dimensioni. Non tutte le
specie legnose hanno uguali variazioni dimensionali. Gli estrattivi giocano un ruolo molto
importante.

Ci sono anche aspetti negativi:

Nell’incollaggio del legno una buona colla per legno forma i legami deboli che vanno a coinvolgere i
gruppi ossidrilici contenuti nella regione amorfa delle emicellulose. Anche la colla fa concorrenza
all’acqua. Non potremmo mai incollare un legno bagnato. Quando una specie ha molti estrattivi,
anche essa è molto difficile da incollare.

Un altro problema è la loro tossicità. Il tipo di danno che questi estrattivi possono produrre sono
irritazioni cutanee, fino a piccole emorragie (petè, legno africano bellissimo che ha avuto una vita
molto breve. Quando si levigava il legno, la polvere fine, entrando nel naso, provocava la fuoriuscita
di sangue). Sono state verificate delle relazioni positive tra l’esposizione prolungata alle polveri del

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legno con i tumori all’apparato respiratorio. Le polveri sottili sono polveri cosi piccole che riescono
ad entrare nella cellula tramite le pareti cellulari. L’OMS ha stilato una lista di specie potenzialmente
pericolose (quercia, dagli estrattivi tossici). Una categoria quantitativamente molto piccola riveste
un'importanza molto grande.

Differenze tra Alburno e Durame:

Durante la fase di duramificazione, l’albero introduce delle modificazioni strutturali. Cambia il modo
di comportarsi del durame. La filosofia dell’albero è quella di compartimentalizzare la zona del
durame, bloccandola con strategie varie diverse al variare del legno. La permeabilità del durame è
molto più limitata rispetto a quella dell’alburno. Il durame è poco accessibile. È difficile cercare di
portare fuori sostanze dal durame (acqua), così come portare cose dentro (vernici ecc.).

Lignina

Nella costruzione della struttura della parete, la lignina arriva più tardi.
I “pallini neri” nell’immagine sono la lignina. La struttura della parete è
completata e l’albero ci versa dentro un cemento naturale
rappresentato dalla lignina. Una volta che la struttura fibrillare della
parete, la lignina funge da elemento di ulteriore irrigidimento della
struttura della parete conferendo delle proprietà meccaniche molto
elevate (resistenza a compressione).

La parete è meccanicamente molto funzionale. La lignina non ha


nessun gruppo attivo. Tutti i legami sono impegnati all’interno della
struttura. Non si ha un comportamento igroscopico ma idrofobo.
La lignina ha un'altra proprietà: ha un comportamento spiccatamente termoplastico: riscaldandola la
lignina ha un passaggio di stato (si fissa a 140 gradi). Scaldando il legno possiamo cambiargli forma e
raffreddandolo il legno si “fissa” in quella forma. Il legante naturale è un cemento che, all’alzarsi
della temperatura, perde la sua rigidezza. La lignina si fissa all’interno della matrice interagendo NON
con la cellulosa, ma con la matrice di emicellulosa.

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L’immagine a fianco ci mostra le microfibrille. Tante di queste strutture formano la struttura
della parete cellulare. La struttura della parete è adesso completata. L’ultimo passaggio è quello di
capire come le strutture fibrillari si distribuiscono nel formare la parete cellulare. All’interno della
parete si hanno strati diversi, dovuti ai diversi posizionamenti delle microfibrille.

Nello strato s2 ci sono molte microfibrille


orientate nella stessa direzione.
Il disegno a destra ci mostra l’orientamento delle
microfibrille. L’albero sfrutta l’anisotropia
andando di volta in volta a costruire una
struttura adatta alle sue necessità. Abbiamo uno
strato interno (s1) dove ci sono poche serie di
microfibrille fortemente inclinate rispetto alla
verticale. Nello strato centrale (s2) le
microfibrille sono orientate circa parallelamente all’asse maggiore della cellula. Si crea un
parallelismo tra l’orientamento delle microfibrille e l’asse maggiore della cellula. Nello strato (s3) le
microfibrille sono nuovamente molto inclinate. In tutto questo ci interessa capire che la maggior
parte della struttura della parete principale sono circa parallele rispetto all’asse centrale della cellula.

La cellula avrà un comportamento in direzione longitudinale diverso dalle direzioni trasversali,


differenza dovuta all’orientamento delle microfibrille. La funzione degli strati s1 e s3 aiuta la cellula a
svolgere bene la sopportazione del carico (come la cintura dei body builder).
Si parla quindi di anisotropia della parete cellulare, tanti filamenti orientati in un certo modo rispetto
alla cellula. Il singolo elemento è fortemente anisotropo.

Genericamente possiamo dire che il legno è un materiale a struttura gerarchica: a seconda di quale
livello strutturale consideriamo, le proprietà del materiale cambiano (proprietà meccaniche).

Passiamo dall’aggregazione dei polimeri elementari alla formazione della parete, alla formazione
della cellula che poi organizza il tessuto, formando il legno. La resistenza meccanica della cellulosa è
molto alta.

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I principali tipi di struttura che l’albero forma si dividono in due grandi gruppi:

- Legni di conifera, o softwood (conifere: specie sempreverde come pini, abeti, cipressi ecc.).
Prende il nome di softwood poiché sono legni abbastanza leggeri;
- Latifoglie, o hardwood (latifoglie: denominazione generica che raccoglie migliaia di specie).
Per hardwood non si intendono solo i legni duri, ma le latifoglie.

Le conifere si caratterizzano per la presenza di un legno omoxido


(omogeneo). Il legno è fatto con un unico tipo di cellula che forma tutta la
struttura. Nel legno di latifoglia abbiamo una struttura che prende il nome di
eteroxila (eterogenea). Le diverse strutture si possono riconoscere
esaminando la struttura macroscopica. Di queste strutture ce ne possono
essere moltissime: ciascuna specie distribuisce i caratteri in maniera
differente, le architetture hanno differenze sul comportamento meccanico.
Si hanno tante cellule aggregate l’una all’altra con la presenza di una parete.

Relazioni Legno - Acqua: Comportamento Igroscopico

Il legame tra legno e acqua è indissolubile. Non possiamo pensare ad un pezzo di legno senza
pensare che esso sia fatto parzialmente da acqua. Il peso del legno sarà fatto in parte dalla parete
cellulare e in parte da acqua.

Il legno può contenere acqua in due forme: sottoforma di acqua libera, ovvero acqua che scorre
liberamente all’interno dei nuclei cellulari (acqua libera: non trattiene nessun legame con la struttura
del legno. L’acqua legata, o acqua di saturazione, si tratta di una frazione di acqua che può legarsi
con la struttura della parete cellulare. Questa satura la struttura della parete cellulare. L’acqua di
saturazione si attacca alla struttura sfruttando i punti di aggancio.

Le catene fibrillari contengono un certo numero di punti di aggancio liberi adatti per l’acqua. Una
volta che questa si è saturata, l’acqua scorre (acqua libera) all’interno del nucleo cellulare.

Ciascuna delle sagome rappresenta una parete


tagliata lateralmente. All’estrema sinistra la parete è
satura di acqua, cosi come il nucleo cellulare.
All’estrema destra il legno ha perso tutta l’acqua.
Questo rappresenta quello che è la situazione che
possiamo trovare all’interno del legno.
A sinistra si ha la situazione di partenza, con le pareti

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cellulari e unicellulari sature di acqua. L’albero viene tagliato, finisce la storia dell’albero e comincia
quella del legno.

Questo manifesta un comportamento igroscopico. Igroscopico vuol dire che il legno stabilisce un
equilibrio termo igrometrico con l’ambiente circostante. L’umidità del legno dipende dalle condizioni
di temperatura e umidità dell’ambiente nel quale viene a trovarsi.

L’umidità ambientale è espressa dalla umidità relativa. Il legno cerca un equilibrio determinato dalle
condizioni dell’ambiente. L’umidità relativa è uno dei tanti parametri da utilizzare per caratterizzare
l’umidità di un ambiente. L’umidità relativa è il rapporto percentuale tra l’umidità assoluta e
l’umidità di saturazione. L’umidità assoluta indica il quantitativo di vapore che possiamo avere
all’interno di un certo ambiente. Sfruttiamo l’umidità di saturazione come termine di paragone,
umidità che ci dice, data una temperatura, il contenuto massimo di umidità allo stato di vapore che
possiamo trovare in un certo ambiente. Possiamo capire se il valore di umidità assoluta è alto o
basso. Il grado di umidità assoluta non potrà mai essere superiore all’umidità di saturazione.
L’umidità relativa varia tra 0 e 100% e ci dice qual è la tendenza dell’ambiente.

Se l’umidità relativa è bassa ci troviamo di fronte ad un ambiente disposto a prendere l’umidità ma


poco disposto a cederla, e viceversa se l’umidità relativa è alta.

Riprendendo l’immagine precedente, nel caso a sinistra, se il legno viene messo in un ambiente con
umidità relativa alta il legno non perderà umidità, il legno continua a tenere il valore
indefinitamente.

Se invece spostiamo il legno ad un ambiente con umidità relativa bassa, l’ambiente può prendere
acqua ed inizierà un movimento dell’acqua dal legno verso l’esterno. La prima fazione di acqua che
se ne va è quella libera all’interno dei nuclei cellulari. Ad un certo punto raggiungiamo un punto
critico: l’acqua libera se n’è andata ma la parete cellulare è ancora satura di acqua. Si ha il punto di
saturazione delle pareti cellulari, ovvero il legno mantiene ancora tutta l’acqua all’interno delle
pareti cellulari, benché sia vuoto all’interno di essa. Cominciamo ora a perdere l’acqua all’interno
della parete, evaporando. Il legno può progressivamente restringersi.

In condizioni ambientali
normali il legno ad un certo
punto si ferma.
L’umidità di equilibrio del
legno ci dice, in percentuale,
l’intersezione tra umidità
relativa dell’aria e la
temperatura. Il valore in
rosso è l’umidità normale
(non vuol dire che queste
sono le condizioni più
frequenti. Normale deriva da
norma. C’è una norma che

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ci dice di mettere il legno in quelle condizioni, così che il legno si equilibra al 12%). Umidità relativa
del 100%, l’umidità del legno va attorno al 30%, il valore della umidità di saturazione che caratterizza
il legno quando ha perso tutta l’acqua libera ma conserva quella all’interno della parete cellulare.
L’umidità di saturazione del legno si fissa a 30% con il 70% di struttura cellulare. La temperatura ha
poca influenza sull’umidità finale del legno.

Se leggiamo la matrice sulle colonne ci accorgiamo che il legno aumenta di moltissimo il contenuto di
umidità. L’umidità relativa influenza di più l’umidità finale del legno. L’umidità del legno (condizione
iniziale) può essere estremamente variabile e talvolta superiore al 100% (dipende da quanto è il
volume occupato dalle pareti cellulari). Il punto di saturazione è fissato al 30%, l’umidità normale è
fissata invece al 12%.

Nella stagionatura il legno viene lasciato libero all’esterno, nell’essiccazione artificiale possiamo
raggiungere anche valori più bassi. Se portiamo il legno a valori bassi di umidità, nel momento in cui
cambiano le condizioni ambientali il legno tornerà ad assorbire umidità tornando alla condizione
normale. L’umidità del legno non è mai costante. Il legno continua a prendere e lasciare l’acqua per
tutto l’arco della sua vita. Il passare del tempo non significa nulla, il legno mantiene un
comportamento igroscopico per sempre. Il comportamento igroscopico non influenza soltanto la
variazione di peso ma anche di volume. Questa struttura tende a comportarsi come una fisarmonica.
Fino a che io non raggiungo il punto di saturazione, l’effetto della variazione dell’umidità agirà solo a
livello di peso ma non di volume. Se vado al di sotto del punto di saturazione continueremo con la
perdita di massa e si ha una contrazione della struttura (fenomeni di ritiro del legno). Se il legno
riprende umidità la contrazione diventerà un rigonfiamento. Al di sotto del punto di saturazione ogni
variazione avrà conseguenze sulle dimensioni del legno. Quella del legno viene definita come
umidità di equilibrio. Per quantificarla dobbiamo pesarlo, metterlo in una stufa a 100% facendo
evaporare tutta l’acqua per poi determinare il peso secco, ovvero quando il legno perde tutta l’acqua
dalle pareti cellulari.

Valori notevoli di umidità del legno

- Legno fresco (non essiccato) sempre > 30%;


- Punto di saturazione, circa 30%;
- Legno stagionato naturalmente 15-18%;
- Essiccazione artificiale > 4-6% (tipico 12%);
- Anidro o%;

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- Umidità normale (20 gradi con 65% umidità relativa) circa 12%.

In un sistema cartesiano con Volume del legno (Y) e Valori di umidità


del legno (X), abbiamo nel valore 0% il legno privo di umidità e il 30%
come punto di saturazione. Al di sopra del 30% abbiamo solo una
perdita di massa, ma con volume costante. Arrivati al 30% iniziano le
riduzioni di volume. Quando perdo altra acqua il grafico assume una
conformazione differente, in cui il volume non rimane più costante
ma diminuisce.
Si ha una retta quando due variabili agiscono allo stesso modo.
Volume e umidità sono legati tra loro tramite una relazione lineare.
Questo ci permette di dire che la variazione totale di volume (Delta V)
rappresenta il ritiro volumetrico totale, di quanta è stata la
variazione totale di volume. Una volta raggiunto il punto anidro il
volume non cambia più. La retta rappresenta la proporzionalità tra le
due grandezze.
Delta V è il risultato di ogni punto percentuale compreso tra 0 e 30.
Delta V dice che ciascun punto contribuisce per 1/30 alla variazione
volumetrica totale. (es. se ritira 5% ogni punto contribuirà per 5/30).
Il coefficiente di ritiro unitario è dato dal coefficiente di ritiro
volumetrico totale/30. Questo coefficiente ci permette di legare la
variazione di umidità del legno con la sua variazione di forma.
Possiamo così prevedere il comportamento del legno in caso di
cambiamento di umidità in cui si trova.

Anisotropo significa che si comporta diversamente con diverse dimensioni. Il ritiro di volume non è
omogeneo in tutte le direzioni. La cellula non avrà lo stesso tipo di ritiro in ogni direzione:
longitudinalmente le microfibrille stanno ferme, trasversalmente invece si rigonfiano.

Direzioni Anatomiche

Il legno è un materiale anisotropo, capiamo come lo è.

Ci sono tre direzioni che possiamo individuare nel comportamento del legno:

- Direzione longitudinale: rispetto all’asse del tronco è parallela all’asse maggiore del fusto;
- Direzione perpendicolare rispetto alla direzione longitudinale: essendo perpendicolare
assume la conformazione di un raggio (Direzione radiale);
- Direzione perpendicolare rispetto alla radiale: essendo perpendicolare rispetto al raggio è
tangente rispetto agli anelli di accrescimento (Direzione tangenziale).

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Il legno ha comportamenti diversi in base a quale direzione prendiamo in considerazione. Si dice
infatti che il legno è ortotropico, ovvero che ha proprietà materiali in un determinato punto, che
differiscono lungo tre assi reciprocamente ortogonali. In cui ciascun asse ha una duplice simmetria
rotazionale.

Se vediamo come il ritiro volumetrico si


compone, in direzione longitudinale il legno
ritira tra lo 0,1% e lo 0,6%. Su 1m abbiamo un
accorciamento di 1mm passando dal 30% di
umidità a 0%. Con un salto di 30 punti il legno si
accorcia di 1mm su un metro.
In direzione radiale il legno ritira tra i 2% e i 6%,
su un metro si parla di 2-6 cm.
In direzione tangenziale il ritiro va da 4 a 12%,
ovvero dai 4 ai 12 cm di ritiro. La direzione
tangenziale è il doppio della direzione radiale.
All’interno degli intervalli percentuali troviamo tutte le specie legnose. Un legno che ritira del 2% è
diverso da uno che ritira del 6%. Questi intervalli si riferiscono ad un salto igroscopico del 30%.
I valori di ritiro che abbiamo visto passano dal punto di saturazione fino ad uno stato anidro. Si
manifesterà una frazione che posso calcolarmi utilizzando il coefficiente di ritiro unitario, di volume o
relativo ad una direzione.

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Tecnologia del legno lezione 3

Il ritorno longitudinale è sempre ridotto in tutte le specie. Tangenziale e radiale sono i ritiri più
importanti e il loro rapporto è sempre pari a 2.

Sappiamo che T (ritiro tangenziale) è due volte R (ritiro radiale). Se isoliamo una singola cellula dal
tessuto circostante, si rimuove acqua e quindi questa si ritirerà andando a rimpicciolirsi.

In una situazione in cui il contenuto di umidità è molto alto, si trova una situazione di riposo. In
questo caso non ci sono tensioni, quindi non intervengono forze sul materiale.
Se andiamo sotto il punto di saturazione cellulare, le cellule avranno la tendenza a ritirarsi.
Non possono farlo perché sono vincolate alle altre cellule a cui sono collegate. Cominciano ad
instaurarsi all’interno delle forze che iniziano a caricare di energia il materiale. Una cellula
tenderebbe a scappare dall’altra ma tra di loro impediscono che questo avvenga.
Ad un certo punto si va a superare la forza con cui due cellule sono attaccate tra loro e queste due si
staccheranno. Questo distaccamento provocherà una fessura (detta fessurazione del ritiro) e quindi
un azzeramento delle tensioni.

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Si osserva che queste fessure hanno un
caratteristico andamento a v, sono più larghe
nelle zone più esterne rispetto a quanto lo
sono spostandosi verso il centro. L’origine
delle fessure sta nell’anisotropia trasversale
del materiale, quindi nella differenza di ritiro
trasversale e ritiro radiale.
In questi casi quindi il legno ha perso umidità
rispetto alla condizione precedente.

Se dovesse riaumentare l’umidità ambientale,


la dimensione della fessura riduce e tenderà
quindi a richiudersi senza mai farlo definitivamente.
Se si va a richiudere la fessura con della resina, si provocherà un’altra fessura nella direzione opposta
poiché il legno esercita una forza enorme. Si può intervenire solo superficialmente andando a
ricostruire la superficie.

Cosa succede se dividiamo un tronco in più tavole?

Il fatto che la tavola sia di piccole dimensioni fa sì che le


cellule cominceranno a tirare ciascuna a modo suo nelle
direzioni appropriate. Le forze che si sviluppano possono
provocare una deformazione della tavola.
Ci saranno variazioni di larghezza e di spessore.
Ciò avviene perché si seguono le caratteristiche
anatomiche del legno

Lo
schema di segagione parallela (equivalente) è
quello in alto a sinistra. Si tagliano tante tavole
dello stesso spessore finché non termina il tronco.
Facendo questo si ottengono tipi di tavole diverse,
che hanno una direzione anatomica diversa.

Tavole radiali > Lo spessore della tavola si ritira


due volte rispetto alla larghezza (perché T=2R). La
tavola diventa semplicemente più piccola, non
perde di linearità. Gli anelli sono assimilabili a tante linee verticali parallele l’una con l’altra. L’unica
tavola perfettamente radiale è quella che passa per il centro dell’albero.

Tavole tangenziali > Hanno un’anatomia diversa rispetto a quelle precedenti. In queste tavole si avrà
al centro una direzione radiale, all’estremità una direzione tangenziale. Si sviluppa una sorta di
coppia di forze e si ha quindi una contrazione in diverse direzioni. Il comportamento ottenuto è un
imbarcamento. La tavola non rimane sul piano.

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Una delle ragioni che giustificano l’essiccazione del legno è quella di contrastare l’imbarcamento.
Durante l’essiccazione, sulla parte bassa della catasta su cui vengono raccolte le tavole grava il peso
delle tavole superiori. Si possono aggiungere, sulla parte superiore, dei pesi. Se il peso è sufficiente a
contrastare la forza di deformazione delle tavole, si obbligano le tavole a rimanere sul piano.
Facendo così, quando il legno recupera umidità, non tenderà ad imbarcarsi.

Ci sono tanti tipi di deformazione (svergolamento, arcuatura, falcatura, ecc.) che le tavole possono
manifestare. Solo l’imbarcamento è legato all’anisotropia del legno.

Può succedere che si riscontri un imbarcamento anche nelle tavole radiali, in due occasioni:

- Nel caso di una barriera impermeabile tra due superfici, ci sono due condizioni di umidità
relative molto diverse (es. Infissi di casa);

La differenza con l’imbarcamento della tavola tangenziale (dovuto all’anatomia del legno e quindi
alla disposizione degli anelli) sta nel tempo necessario alla tavola a variare la propria umidità. Si parla
di imbarcamento transitorio, quindi si manifesta durante il transito di umidità.

Consideriamo due fogli di legno, diversi tra loro per anatomia.


Se incollo tra loro queste due tavole, che comportamento ci aspettiamo durante il ritiro?
Si ha un’anisotropia intrinseca e due condizioni di umidità diverse tra fuori e dentro. Si otterrà quindi
un caso di imbarcamento transitorio.

Se poggiamo una lastra di legno su una bilancia e aspettiamo l’incremento di umidità, osserveremo
una variazione di peso secondo la curva seguente:

Vediamo che ad un certo punto il legno raggiungerà una condizione di equilibrio e quindi non si
registrerà più incremento. In questo caso, lo spessore della lamina di legno era di 1 mm.

Aumentando lo spessore da millimetri a centimetri, il tempo necessario per raggiungere l’equilibrio


completo sarà di circa 30 giorni e quindi non più 40 ore. In una situazione di clima normale, non si
avrà mai una condizione stabile per un tempo così lungo.

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La variazione di umidità produce un effetto istantaneo sul legno ma sono necessari tempi molto
lunghi perché questo possa variare la sua condizione di umidità.

Per misurare l’umidità di un pezzo di legno si deve inserirlo in una stufa, essiccarlo e misurarne il
peso per poi fare la differenza. Ovviamente questo vale per pezzi piccoli.
Per misurarla in parti più grosse come tavoli o sedie, esiste uno strumento apposito che inserisce
delle punte all’interno del legno che generano tra loro un campo elettrico. Sono i cosiddetti
idrometri elettrici. Il valore è meno preciso rispetto alla misurazione gravimetrica. Il campo di
esercizio di questi strumenti è molto limitato, tra il 6 e 26% di umidità. Inoltre, questi strumenti sono
sensibili alla specie del legno.

La densità

La densità è la caratteristica che individua più proprietà del legno; infatti, è correlata a tante di esse.
All’aumentare della densità cambiano tutte le proprietà del legno.

Il significato di densità è massa volumica, quindi il rapporto tra massa e volume del corpo. Il volume
del legno è fatto dal volume cellulare e dal volume apparente (volume degli spazi vuoti).

Può essere espressa in qualsiasi espressione del peso e del volume, solitamente si usa g/cm^3 e
kg/m^3 (1 g/cm^3 = 1000 kg/m^3).

Nel caso del legno, non possiamo prescindere dal contenuto di umidità, poiché l’acqua va ad
influenzare entrambe queste grandezze. Aumenta o diminuisce sia la massa che il volume. Quindi
non si può pensare ad un unico valore di densità.

Si possono fissare alcuni valori più comuni:

- Massa volumica NORMAle, secondo la norma > Massa 12% / Volume 12%;
- Densità basale (molto usata dai produttori di carta): Massa anidra / Volume fresco.
Si mette in relazione la massa più piccola con il volume più grande e quindi è il valore più
piccolo.

Se non è specificato il tipo di densità, si ricorre al valore secondo la norma.

Classificazione delle specie:

Non tutti i legni galleggiano, si considerano


galleggianti quelli che hanno una densità fino a
800 kg/m^3.
Il campo di variazione della densità, tra i vari tipi
di legno, è molto ampio. i considerano

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Si possono classificare le specie in funzione della loro pesantezza e si possono ricavare almeno tre
classi:

- Specie leggere > fino a 500 kg/m^3;


- Specie di media pesantezza > tra 500 e 850 kg/m^3;
- Specie pesanti > sopra gli 850 kg/m^3.

C’è solo una costante tra le specie ed è la densità della parete cellulare.

Se misuro questa densità in acqua > 1520 kg/m^3;


Se misuro questa densità senza acqua > 1478 kg/m^3.

Il limite massimo teorico che possiamo raggiungere è di 1480 kg/m^3, limite fissato dalla densità
della parete cellulare.

Comportamento meccanico del legno

Tensione > Applicazione


di una forza su un corpo.
Non ci si può limitare a
descrivere la forza. La
superficie su cui questa
forza agisce caratterizza il
risultato ottenuto. Questo
è descritto dal concetto di
tensione.
Il concetto di
accorciamento relativo (ε
) è importante perché

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deve essere rapportato a quella che è la dimensione del corpo. Epsilon è un numero
puro.

Il modulo elastico è ottenuto dal rapporto tra sigma ed epsilon. Esprime la forza che si dovrebbe
applicare affinché ΔL sia uguale ad L. È una forza mai raggiungibile e ci racconta quella che è la
rigidità di un materiale e ci racconta il suo comportamento.

E si esprime con lo stesso ordine di grandezza di σ.

Il legno manifesta dei comportamenti meccanici che sono molto legati alla scala.

È importante osservare anche l’angolo con cui le microfibrille si dispongono lungo la parete cellulare.
Il valore di resistenza dipende da esso, infatti se l’angolo è molto inclinato, il valore sarà basso.

All’aumentare delle fibre, si ottiene un valore di resistenza minore. Questo perché la singola fibra è
anisotropa e quindi, aumentando la scala, cambia il discorso. Nelle fibre si trova tanta resistenza.

Osserviamo i risultati di prove eseguite su un legno di abete rosso (classe delle specie leggere).

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È importante fissare lo stesso valore di umidità e stare
attenti al fatto che non ci siano difetti.
La prova consiste nel mettere il pezzetto di legno sotto la
macchina a compressione per misurare la forza e la
deformazione del campione.
Il grafico analizza carico di compressione /
deformazione. Il carico è applicato in direzione
longitudinale, quindi in direzione della fibratura del
legno. Inizialmente si osserva un
andamento rettilineo, quindi proporzionale tra le due
grandezze. All’interno del campo di proporzionalità
(descritto da questo andamento) si presenta la legge di
Hook e, soprattutto, la deformazione è totalmente
reversibile. Questo finché ci si trova all’interno del limite
di elasticità (tratto rettilineo). Arrivati a 10000 kp,
inizia a presentarsi la deformazione e non si potrà
tornare alla forma originale. La deformazione sarà
residua.

Il campo di elasticità nel legno è basso e in breve tempo si arriva alla rottura.

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Tecnologia del legno lezione 4
Test meccanico (pressione con carico sul materiale):

Abete (700 kg/m3; 2x2x4 cm): carico fino a 1600 kg (punto dove si crea la deformazione);

Faggio (750 kg/m3; 2x2x4 cm): carico fino a 2500 kg (punto dove si crea la deformazione) > resistenza maggiore;

In entrambi si presenta inizialmente una traiettoria rettilinea fino al momento di deformazione, in cui si crea una
curva.

Compressione parallela alla fibratura > Fibre tendono a cedere verticalmente e si modifica la forma, la quale
deformazione consiste in uno “scivolamento” delle cellule.

Il confronto tra queste prove ci fa vedere l’effetto della densità sulla resistenza meccanica: più un legno è denso, più
sarà resistente; il rapporto è abbastanza lineare, raddoppia la densità > raddoppia la resistenza.

Quando si consultano le schede tecnologiche delle specie, troviamo numeri che sono stati determinati con prove di
questo tipo. Sono valori che si riferiscono a prove su legni di queste dimensioni (2x2x4 cm). Questi numeri
permettono di determinare la resistenza delle varie specie di legno.

Nel legno la dimensione di scala cambia evidentemente i parametri in gioco. Passando da un campione di piccole
dimensioni ad un campione di dimensioni normali, non ci si può portare dietro gli stessi valori. Sono numeri che
aiutano a capire la differenza di comportamento tra uno e l’altro.

Il legno è un materiale molto leggere ma che può garantire una grandissima resistenza meccanica.

Indirizzando il carico in direzioni diverse, entra in gioco il fenomeno dell’anisotropia.

Nel punto in cui la curva tende a risalire, la struttura inizia a collassare su sé stessa, stessa cosa avviene quindi a
livello cellulare (dove ogni cellula collassa l’una sull’altra).

Modulo di resistenza (legato alla forma del materiale): la sezione cilindrica è ottimale per resistere ad un carico
longitudinale. La cellula è fatta come un cilindro, la forma gli rende molta resistenza. Il risultato complessivo è
quindi una struttura resistente ad un carico longitudinale e molto fragile ad un carico trasversale: l’albero è quindi
una struttura fatta per portare un carico verticale; le componenti laterali sono infime.

Forma della cellula > Natura della parete --> queste due componenti conferiscono una anisotropia molto forte.

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Infatti, osservando il test meccanico di compressione trasversale (quindi girando il campione di 90 gradi), si nota che
il carico necessario alla deformazione è dieci volte più piccolo (170 kg/m3) di quello che serve per la compressione
longitudinale. Si osserva soprattutto come gli anelli tendano ad accartocciarsi l’uno sull’altro.

La norma dà tanta importanza al valore di umidità del campione.

Si osserva che con un salto di umidità del 10-12% la resistenza si dimezza. Da umidità normale a punto di
saturazione, il legno perde circa il 50% della sua resistenza. L’umidità influenza tantissimo la resistenza meccanica. È
anche la ragione della grande resistenza del legno.

La condizione di saturazione è la condizione nativa del legno. Quando si passa da albero a legno, si vede raddoppiare
la resistenza solo per il fatto che è stato asciugato.

Osserviamo il test meccanico precedente ma con un campione immerso nell’acqua:

Faggio > 1200 kg/m3 si deforma > la resistenza si dimezza.

Legno più secco = legno più resistente – Legno più umido = legno meno resistente

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Sulle ordinate: carico (espresso in frazione percentuale); sulle ascisse: scala temporale (logaritmica)

Si va a prendere come punto di riferimento il risultato ottenuto dopo 5 minuti, che portano il legno al 100% di
resistenza. Quindi una resistenza del legno che abbiamo determinato con le prove. Consideriamo quel valore di
resistenza come punto di riferimento.

In occasione di un carico dinamico, il legno ha un comportamento molto efficiente. Spostandosi verso i tempi più
lunghi si ha però un comportamento assai diverso.

Dopo 50 anni, il valore percentuale di carico a cui il legno si rompe è del 60%. Questo vuol dire che, se il carico di
rottura è stato di 10000 kg, il 60% è di 6000 kg. Dopo 50 anni il legno quindi si rompe e la struttura collassa su sé
stessa.

Esiste una deformatività massima: non si può applicare una deformazione che vada oltre la soglia critica. Per
raggiugere quella deformazione critica si deve applicare il carico critico.

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Nel momento in cui applico il carico, c’è una deformazione iniziale istantanea. La quantità è corrispondente alla
quantità del carico applicato.

Se il legno si comportasse come una molla, non aumentando il carico, non c’è ragione per la quale aumenti la
deformazione. Invece, succede che, con il passare del tempo, la deformazione aumenta inesorabilmente. Essa
aumenta perché il legno è un materiale detto “viscoelastico” (ci sono componenti di natura viscosa). Quindi,
per questo motivo, anche se il carico è costante, continua a prodursi la deformazione.

Si spiega quindi ciò che abbiamo visto precedetemene, ossia il collasso prodotto dal carico costante che dopo 50 anni
porta alla rottura del materiale (deformazione critica).

Il legno è un materiale che, dal punto di vista meccanico, manifesta un comportamento viscoelastico. L’aspetto
importante è quindi che il legno aumenta la propria deformazione e ad un certo momento cederà.

Es. La libreria, dopo un certo tempo che supporta lo stesso carico di libri, inizia a piegarsi (quindi deformarsi) fino a
che, dopo molto tempo, non cederà.

In una condizione ambientale normale, non ha senso pensare di avere una condizione di umidità relativa costante.
Vediamo cosa succede se, in una condizione di carico costante, si fa variare l’umidità. Si osserva nel secondo grafico
dell’immagine precedente. Si aumenta l’umidità per due volte, fino a recuperare l’umidità costante. In
corrispondenza del salto di umidità, si ha un incremento enorme della deformazione.

Ciò che stiamo descrivendo viene descritto come un comportamento meccano-sorbitivo. È un effetto viscoelastico,
in cui l’umidità svolge un ruolo importantissimo.

C’è qualcosa che rimane (che non si può spiegare …) legato all’effetto della combinazione di questi due elementi
(aumento del volume e riduzione della resistenza). Non si sa quale sia l’organismo che a livello strutturale produce
questo fenomeno.

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Se si deve progettare una sedia, non ci si pone il problema della durata del carico. Infatti, quando il legno sta al di
sotto della soglia temporale di 6-8 mesi, consideriamo solo il comportamento elastico. Quando si va oltre, dobbiamo
prendere dei provvedimenti, perché non ci possiamo permettere di arrivare alla deformazione critica. Se si applica
un carico importante, si avrà istantaneamente una deformazione superiore. Questo vuol dire accorciare il tempo di
vita della struttura che si ha in analisi. Si deve quindi applicare un carico molto più basso rispetto a quello che si vuole
evitare.

Per evitare che avvenga una deformazione, la prima cosa che possiamo fare è cambiare specie (nel caso in cui
abbiamo scelto un certo spessore) o viceversa, quindi aumentare lo spessore della specie scelta.

Il legno recupera istantaneamente la propria deformazione elastica; questo avviene grazie alla cellulosa che lo
costituisce. Nel tempo il legno continua a recuperare un’altra quota di deformazione finché, ad un certo punto, si
ferma. Questa quota che viene recuperata è una deformazione elastica di tipo ritardato. È importante osservare
come però il legno non recupera più la forma originale e quindi, ciò che rimane, è una quota di deformazione
permanente.

Il quantitativo di deformazione permanente continua ad aumentare. Si manifesta sempre lo stesso comportamento


ma, piano piano, la deformazione non reversibile aumenta. Se si continua ad accumulare deformazione, ci si porta
sempre più vicino a quella critica (dove non si vuole arrivare).

Ciò che si osserva nel grafico è il cosiddetto “accumulo del danno”. Su un numero di cicli relativamente grandi,
l’accumulo di deformazioni, ad un certo punto, produce la rottura. Infatti, questi fenomeni viscosi accumulano il
danno e portano al collasso. Ci si deve ricordare quindi della cosiddetta “resistenza a fatica”, su cui ha influenza il
numero di cicli di carico.

Elementi essenziali del comportamento meccanico del legno:

- Specie;
- Umidità:
- Comportamento nel tempo > tempi di sopportazione del carico importanti;

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Variabile importantissima: difetti del legno (nel caso di dimensioni reali, non più di piccoli campioni)

I difetti del legno riducono la resistenza del materiale.

Legato ai difetti è il concetto di qualità del legno: giudizio basato sul tipo di utilizzo che ne viene fatto.
La valutazione di un elemento, quindi di un difetto, è fortemente legato a quello che sarà l’utilizzo finale.

Anomalie e difetti non sono la stessa cosa.

Si possono avere legni colorati e non colorati. Nel caso di quelli colorati, è importante la dimensione del durame
interno. Più è ridotta l’estensione del durame, minore sarà il valore del legno (perché interessa la parte colorata, la
parte esterna ha sempre la stessa proprietà).

Il colore è soggetto a cambiare nel tempo, sia in ambienti interni (in maniera lenta e graduale) che all’esterno (più
rapidamente). La superficie del legno, soprattutto in ambienti esterni, diventa grigia ed è dovuta a cambiamenti a
livello chimico e fisico. Sotto 2-3 mm si ritrova il colore originario.
Tendenzialmente, il legno tende a diventare sempre più scuro. La variazione di colore nel tempo varia a seconda
della specie ma tutte cambiano.

Deviazione della fibratura

C'è una differenza abissale tra venatura e fibratura (così come tra vene e fibre).

La venatura è un disegno prodotto dal fatto che l’albero cresce per accrescimenti successivi.
Se si tagliano le strutture in sezioni trasversali, si osserva la venatura fatta da anelli concentrici.
Se la stessa struttura viene tagliata con un piano di sezione che passa per il centro e che individua un raggio, si
osservano delle linee verticali. Se il piano non passa per il centro, potrò vedere anche dei disegni fiammati relativi
agli anelli che lì sono terminati. L’aspetto importante è che la venatura non è niente di più che un disegno,
determinato da come gli anelli sono stati depositati dall’albero durante la crescita.

Nel caso a sinistra, il disegno è detto “rigato”. A destra, si osserva la venatura “fiammata”: la distanza tra un apice e
l’altro rappresenta il livello di accrescimento dell’albero.

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Ciò che ha un comportamento fortemente anisotropo è la cellula interna. Vogliamo capire soprattutto
l’orientamento che queste cellule hanno e lo chiamiamo “fibratura”.

La fibratura dice quindi come si dispongono gli elementi cellulari all’interno della struttura del legno e determina il
comportamento del pezzo di legno.

L’indicazione dell’andamento della fibratura all’interno del legno la raccontano le fessure da ritiro. Raccontano come
le fibre sono orientate all’interno del pezzo di legno. La resistenza massima è quindi orientata dalla direttrice
descritta dalla fibratura e non da quella della venatura (che può disorientare).

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Tecnologia del legno lezione 5
Venatura > Segno originato dall’alternanza della densità all’interno del legno
Fibratura > racconta l’orientamento delle fibre all’interno della struttura del legno,
determina il comportamento del materiale

Difetti del legno


Nodi > problema dell’uso nella trasformazione del legno, dal punto di vista estetico ma
anche prestazionale.
Il nodo non è altro che la testimonianza del fatto che l’albero presenta dei rami. Questi sono
degli elementi che sono inseriti orizzontalmente all’interno della struttura del tronco.
Il ramo presenta la chioma e fintanto che questo è vivo, il legno continua a crescere insieme
alla parte che costituisce la struttura del tronco. Questo vuol dire che non c’è continuità
presente all’interno del tronco e quello che caratterizza la struttura del ramo.
Questi rami non sono strutture permanenti, non vivono per tutto il tempo e molto spesso,
soprattutto quelli sulla parte bassa, perdono la chioma e tendono a morire. Nel momento in
cui muoiono, si interrompe il processo di formazione del legno. Questo comporta che, da un
certo momento in poi, quello che rimane del ramo diventa una sorta di corpo esterno
intorno al quale l’albero deve continuare. L’albero continua a deporre strati di
accrescimento intorno alla struttura.

La parte residua può rimanere completamente inglobata all’interno della struttura del
tronco e con il tempo si può perderne anche la traccia. Si vede come la venatura ci mostra
quale sia il percorso che compie e in quale modo l’albero tende a girare intorno al nodo.
In corrispondenza dei nodi si ha una deviazione localizzata della fibratura. Le fibre si
dispongono con un angolo molto inclinato affinché sia possibile ruotare intorno alla
presenza di questo elemento.

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Questo vuol dire che in prossimità dei nodi si hanno delle fibre con inclinazione della
fibratura molto inclinata. Quando questa zona particolare di legno sarà sollecitata con un
carico longitudinale, le fibre sono disposte parallelamente alla direzione del carico. Quando
il carico è applicato trasversalmente, le fibre sono disposte in modo trasversale. Intorno a
questi punti si generano delle zone di grande debolezza e la resistenza meccanica si riduce.
Il nodo è un problema prestazionale perché in prossimità di questo la resistenza si riduce
significativamente. In realtà, il nodo è un caso particolare di deviazione della fibratura,
quindi il difetto più importante.

Certi alberi tendono a concentrare la presenza dei rami in modo preciso.

La valutazione del difetto dipende da quello che sarà l’utilizzo che si vuole fare del legno.
Da questo deriva una serie significativa di norme di classificazione. Ci sono dei contesti nei
quali quest’ultima varia.

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Eliminando il difetto si eliminano delle porzioni dell’albero. Ecco che ci viene indicata la
perdita che si produce nell’elemento finale. Dobbiamo tener conto di questo spreco di
materiale, soprattutto nel caso in cui sia un difetto solamente dal punto di vista estetico.
Il difetto, tra l’altro, può caratterizzare e rendere unico. Perciò, se non si tratta di un difetto
prestazionale, dobbiamo cercare di evitare sprechi di materiale.

La resistenza meccanica del legno

Il discorso cambia nel momento in cui si considera la presenza di difetti nel legno. Si possono
continuare ad usare i valori che abbiamo trovato per piccoli campioni di legno che non presentano
difetti se andando a lavorare si utilizzano pezzi più grossi che presentano difetti? Ovviamente no!

In questo si inserisce un altro problema, ossia l’evoluzione dei codici di progettazione.


Questo cambiamento ha comportato che il progettista deve essere più sicuro di quella che è la
resistenza presumibile del materiale. Conoscendo le caratteristiche di un materiale, non è difficile
prevederne la resistenza. Questo non succede però per il legno e per questo è stato escluso dai
materiali da costruzione per molto tempo. Il nuovo testo ha reintrodotto il legno soltanto nel 2009.
In qualche modo il legno doveva dare le stesse garanzie che davano gli altri materiali. Si prevede che
ciascun elemento strutturale sia in qualche modo classificato, quindi dobbiamo conoscerne la
resistenza meccanica. Questo ha comportato l’obbligatorietà della cosiddetta marcatura CE.

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Tutto questo ha portato alla definizione delle cosiddette “Classi di resistenza”.

Ogni colonna si caratterizza per la presenza del cosiddetto profilo resistente. Per ogni classe, si
hanno tutti i valori di resistenza (flessione, tensione, compressione, taglio, ecc.). Le classi di
resistenza identificano un profilo resistente dove si trovano tutti i numeri che servono per
progettare.

Il progettista sceglie una classe di resistenza e sulla base di questa fa il ridimensionamento


dell’oggetto. Progettare con le tabelle delle classi di resistenza è molto facile, basta applicare i
numeri che vengono presentati in essa. Il problema è mettere in relazione il legno delle diverse
specie in queste classi.

La classificazione della classe di resistenza arriva tramite classificazione a vista, passando dalle
categorie, o classificazione a macchina.

Per prima cosa, si identificano delle popolazioni fatti da specie e provenienza. All’interno della specie
si possono fissare le dimensioni e gli elementi strutturali. Anche le dimensioni sono importanti.
Tramite classificazione a vista, si ha la possibilità di osservare solamente le caratteristiche del
materiale. Si suddividono le tavole per gruppi che abbiano caratteristiche di difetto omogenee.
In tutto l’universo di tavole che si possono ottenere, si creano insiemi di tavole diversi a seconda
dell’omogeneità dei difetti. Si divide il totale in tanti gruppi che chiamiamo “categorie”.
Si fa questo perché ci si immagina che se tutti hanno simili difetti, avranno anche simili
caratteristiche di resistenza.
È una suddivisione che viene fatta solamente attraverso l’aspetto esteriore del legno. Per fare questo
ci si affida ad una normativa che è un insieme di regole che spiegano come fare il processo di
classificazione.

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Partendo dall’esito della divisione in categorie, si prendono tanti campioni (almeno 400 pezzi per
ogni categoria) e si rompono ponendoli sotto una macchina. Si ottengono 400 valori di resistenza per
ogni categoria.

L’altezza delle colonne racconta quante travi hanno resistito ad una pressione di N MPa. Questa è
una distribuzione di frequenza e, infatti, illustra con quale frequenza si riscontrano determinati valori
di resistenza.

La resistenza può variare molto, nonostante le categorie siano il più omogenee possibile. Per
scegliere il valore adatto che dovrà rappresentare una determinata categoria si calcola il “quinto
percentivo”, quindi il valore medio di resistenza che sta al 5%. Questo vuol dire che, quando si va a
prendere un pezzo qualsiasi appartenente ad una determinata categoria, questo avrà il 95% di
probabilità di avere un valore pari o superiore a quello prestabilito (quinto percentivo).

Questi valori portano i pezzi di legno dentro le classi di resistenza.

Molto più semplice è il percorso di classificazione operato da quello a macchina. Queste ci fanno
saltare direttamente alla classe di resistenza, attraverso sistemi e principi di funzionamento diversi.
Questa macchina testa ciascun pezzo di legno e lo classifica direttamente. Il problema di questo
passaggio è il costo delle macchine, assai eccessivo e che non tutti possono permettersi.
Il risultato ottenuto porta sempre ad attribuire ciascun pezzo di legno ad una classe di resistenza e
quindi ad un profilo resistente.

Il marchio CE si trova su tutti gli elementi di legno messi in vendita. Infatti non si può lavorare un
pezzo di legno senza che di questo sia stata stimata la resistenza.

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Ciascun paese testa le proprie specie e le comunica ad un ente che comunica le classi di resistenza
affinché, in fase di progettazione, si possano lavorare regolarmente. Questa norma identifica i tipi di
legname.

Questo passaggio consente di avere dei valori di resistenza affidabili e sicuri dal punto di vista
statistico. Si può progettare in modo sicuro nonostante la variabilità del legno.

Progettare con il legno è assolutamente facile, ma attualmente soltanto 5 legnami nazionali sono
legalmente utilizzabili nelle strutture. Questi sono l’Abete, il Larice, il Castagno, il Pino laricio e il
Douglasia.

Si deve partire dai valori ammissibili, quindi quei valori che si riferiscono a legni di dimensioni
piccole, e mettersi in condizioni tali come se questo avesse il peggior difetto possibile, quindi una
forte deviazione di fibratura. Si deve quindi ridurre i valori delle tensioni ammissibili di circa 8-10
volte. Perciò, in assenza di materiale classificato, provvisoriamente si può solamente ridurre i valori
di resistenza ammissibili.

Organismi xilofagi

Funghi > Il legno perde resistenza e il colore può essere più scuro o più chiaro. Progressivamente
perde consistenza fino a provocare delle lacune o mancanze di materiale.

Sono degli organismi invisibili ad occhio nudo, appartengono ad un ordine a sé stante.


Ci interessa analizzare il ciclo fisiologico di questi organismi. Il fungo, dal corpo fruttifero, è capace di
secernere delle unità molto piccole dette “spore”, le quali si disperdono nell’ambiente.

Il fungo rimane allo stato di spora in una condizione detta “latente”. Affinché la spora possa
progredire, è necessario che incontri delle condizioni specifiche. In primo luogo, deve trovare un
substrato come può essere il legno, ricco di zuccheri ad alto valore energetico. Non è comunque
sufficiente che la spora si trovi sul legno. È necessario che anche il legno si trovi in una situazione
particolare. Una volta raggiunta questa, si avanza verso la ifa-fungina. Questo è il meccanismo con
cui il fungo attacca il legno, infatti emette delle sostanze come acidi, i quali sono capaci di
“sciogliere” la struttura della parete cellulare.

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Affinché questo avvenga, le due condizioni necessarie sono:

- Legno ad una umidità tra circa 18-40%;


- Temperature troppo fredde inibiscono l’attività del fungo.

Infatti, il fungo è aerobico, quindi necessita ossigeno, e freddoloso. Sopra il 30% iniziano dei
fenomeni di condensa a cui si trova l’acqua allo stato liquido. Se c’è acqua, si riduce il contenuto di
ossigeno e quindi, se l’ambiente diventa anaerobico, non è più adatto ai funghi. Per questo il limite
di umidità è del 40%.

Questi funghi producono degli effetti devastanti sul legno. Infatti, anche solo l’1% di perdita di massa
provoca una perdita di resistenza meccanica del 40%. Da qui si hanno i collassi delle travi, i quali
sono provocati soprattutto dalla presenza di questi organismi.

Il problema dei funghi si risolve in due modi:

- Scegliendo specie che sono di durame differenziato, particolarmente resistenti all’attacco di


questi organismi (contrariamente a quelle con durame indifferenziato);
- Sempre evitare il contatto tra legno e suolo, per qualsiasi tipo di legno.

L’attacco del fungo è facilmente bloccabile: si riesce a farlo asciugando o bagnando il legno
(conservarlo in acqua). Quest’ultimo serve a mantenere un’alta percentuale di umidità.
Per questo, se si trovano reperti storici in legno, si trovano sempre in ambienti acquosi e mai
sottosuolo.

Insetti > Possono attaccare il legno in condizioni molto diverse da quelle dei funghi.

Gli insetti, nel loro ciclo vitale, hanno varie fasi, partendo da quella di larva (o tarlo).
Proprio quest’ultima è quella che può recare dei danni al legno. Infatti, la larva morde e mastica il
legno e di questo si nutrono.

I risultati si presentano attraverso dei fori sulla superficie. Questi fori sono espressione e
rappresentano i fori di uscita dell’insetto. Quando la larva finisce il suo ciclo, si trasforma in insetto, il
quale non ha più niente da fare nel legno e quindi scava una galleria al suo interno affinché possa
uscire fuori. La femmina rideposta le uova all’interno di questo foro. La larva ha una durata di vita di
circa 5 anni, mentre quella dell’insetto dura quasi una settimana.

Il colore chiaro delle larve racconta la loro abitudine di avere un comportamento lucifugo, quindi
fuggono dalla luce. Come strategia, scavano il legno lasciando una pellicola superficiale che li copra e
che fa sì che noi non li vediamo. Il foro è solo una minima parte di quanto le larve abbiano scavato
durante tutto il loro ciclo vitale. Il foro, infatti, si chiama “foro di sfarfallamento”. La dimensione di
questo ci fa capire il tipo di insetto che da lì è uscito.

Quello più comune è l’ “amobide” e ha la capacità di attaccare il legno in qualsiasi condizione.


Ovviamente, cercano un legno che sia digeribile e quindi non attaccato da funghi o altri batteri.

Un altro è il “capricorno delle case”, detto anche “orologio della notte”, molto più grosso del
precedente. Quando morde, è facilmente udibile durante la notte e scava gallerie molto più grosse.
Questo insetto attacca solo legno recente. È un insetto pericoloso perché provoca enormi danni.

La differenza tra insetti e funghi è quella che l’insetto attacca sempre, all’interno e all’esterno e in
quasi qualsiasi condizione ambientale.

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Quando si trova un colore molto chiaro della segatura, vuol dire che il foro è stato fatto di recente e
che l’attacco è in atto. Se il colore tende ad essere più scuro, probabilmente si tratta di un attacco
avvenuto molto prima.

Termiti > La termite attacca il legno che è già attaccato dai funghi, quindi, sostanzialmente, si nutre
di questi. Molto spesso, la termite usa il legno per scavare gallerie che servono da protezioni per la
luce. Addirittura, sono capaci di creare dalla struttura sfruttando dei rimasugli delle gallerie estratte
dal legno. Le
termiti sono molto sensibili alle temperature ma estinguere il loro attacco è molto difficile. Questo
poiché, siccome utilizzando il legno come mezzo di trasporto, è difficile capire dove si trovano.

La norma UNI EN 335 è assolutamente importante.

Per ogni specie, questa norma ci suggerisce la suscettibilità di attaccabilità da funghi, insetti, parassiti
o altri organismi.

Per trattabilità si intende se quella determinata specie si lascia trattare. Ciò ci introduce a capire
quali strategie possiamo utilizzare.

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Tecnologia del legno lezione 7

Legno e Suono

Il suono è un’onda, la quale si caratterizza per alcuni molteplici parametri fisici.


Ci interessa soprattutto l’intensità del suono, data dalla frequenza con cui queste onde si
manifestano. La frequenza considera come taglio di grandezza temporale il secondo.
La frequenza indica il numero di quante onde incontriamo in un secondo.
Il nostro orecchio è tarato per sentire suoni tra i 16000 o 20000 cicli al secondo. Oltre questi, ci sono
i cosiddetti ultrasuoni, non percepibili dall’orecchio umano.

Il suono ha bisogno di un mezzo che lo trasmetta. Queste onde necessitano quindi di un


“teletrasporto”, la quale funzione è svolta dall’aria. Anche l’acqua è un trasportatore del suono e lo
stesso discorso vale per altri materiali. Anche il legno non fa differenza.

Caratteristiche acustiche del legno:

- Velocità di propagazione dell’onda sonora (velocità con cui il suono può essere trasmesso);
- Smorzamento (opposto della velocità, ci dice qual è la capacità del materiale di assorbire
l’onda acustica).

E = modulo elastico, p = densità


La velocità dipende da queste due proprietà ed è
quindi inversamente proporzionale alla densità.
Il legno manifesta una spiccata anisotropia (si può
osservare dai valori di L, longitudinale, e di T,
trasversale).
Non tutte le specie conducono allo stesso modo,
poiché le densità variano tra queste.

Elasticità e MFA: ciò che garantisce la velocità del trasporto del suono in direzione longitudinale è la
cellulosa, disposta in strutture organizzate.

Il legno stesso produce musica. Ad esempio, nel violino, il ponticello tramette la vibrazione impartita
sulle corde dall’artista alla tavola armonica, la quale viene messa in vibrazione dal piede del
ponticello. Il risultato di questa vibrazione è la compressione dell’aria contenuta all’interno della
camera dello strumento. Quest’aria esce dalle fessure e trasmette del suono, amplificabile
all’interno dell’ambiente. La tavola armonica amplifica, quindi, la vibrazione della corda, a tal punto
da poterci far udire il suono emesso (che altrimenti non sarebbe facilmente percepibile).

All’interno della struttura della parete ci sono due regioni:

- Regione paracristallina, che non ha niente a che fare con l’acqua;


- Regione amorfa, molto variabile e si lega all’acqua (influenza le proprietà del materiale).

La cellulosa è più responsabile del suono, nelle altre regioni è invece maggiormente prevalente lo
smorzamento. Infatti, all’aumentare dell’1% dell’umidità del legno, lo smorzamento aumenta quasi
del 4% e quindi cambia la modalità di vibrazione dello strumento.

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Il tempo d ritorno o di riverbero misura il tempo che l’onda sonora impiega a raggiungere la fine
della stanza e ritornare.

Renzo Piano, in un suo progetto, ottenne un risultato assurdo utilizzando 14 specie di legno diverso.
Lavorò sulla densità di queste specie in modo da far sì che la velocità di propagazione fosse quella
perfetta in modo da ridurre al minimo il reverbero.

Anche la forma del legno è fondamentale per la propagazione del suono.


Ad esempio, i pannelli fonoassorbenti hanno, innanzitutto, una struttura polimaterica, quindi
materiali con densità diversa (laddove c’è un salto di densità c’è un forte abbattimento del suono).
Inoltre, La forma di questi (presentano delle fessure) fa sì che l’onda sonora entri all’interno dei
pannelli e non riesca più ad uscire. Anche dalla forma si ritrova la proprietà anisotropa.

Legno e Calore/Fuoco

Sappiamo che il legno può essere facilmente bruciato. Da questa combustione, il legno conferisce
energia. Allo stesso tempo, può essere utilizzato per assorbire calore (infatti, è un pessimo
conduttore). Questo comporta tantissime implicazioni per il settore dell’edilizia.

Il processo di combustione va avanti per fasi diverse.

- 1 stadio: si ha la perdita dell’umidità, il legno viene riscaldato per farla evaporare;


successivamente il legno inizia a cedere chimicamente a 500 gradi F e i materiali volatili (gas)
sono vaporizzati;
- 2 stadio: oltre i 180 gradi, il legno inizia a bruciare (poiché i vapori contenevano circa il 50-
60% peso calorico del legno);
- 3 stadio: oltre i 400 gradi, inizia la combustione vera e propria del legno, privo di gas e
umidità, fino alla totale emissione di calore ed energia.

Il legno trasmette calore verso l’interno della struttura in maniera molto lenta. Gli strati interni
rimangono quindi costantemente al di sotto del valore della temperatura di combustione. Per
questo mantiene inalterate le proprietà strutturali e quindi ci vuole molto tempo prima che il legno
ceda. Più alto è il contenuto di ossigeno, maggiormente veloce si sviluppa la fiamma (infatti è una
componente fondamentale del processo di combustione).

Da un punto di vista di sicurezza, le strutture legnose risultano molto sicure e consentono a coloro
che sono rimasti bloccati in certi edifici, di uscirne in tempo prima del collasso.

Sistemi di difesa dal fuoco:

- Sistemi di protezione passiva, vale a dire rivestimenti incombustibili;


- Svolgimento di gas incombustibili, che diluendo i gas infiammabili derivanti dalla
degradazione termica del legno che ne impediscono l’accensione (es: i fosfati ammoniaci,
riscaldati oltre determinate temperature, si decompongono e sviluppano gas quali
ammoniaca che alterando la composizione della miscela combustibile/aria rendono
impossibile la propagazione della fiamma);
- Tramite inibizione delle reazioni di ossidazione in fase gassosa .

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Legno modificato

Abbiamo a disposizione delle specie legnose che non hanno le caratteristiche desiderate e per
questo decidiamo di modificarle.

Modifiche di forma

Legno curvato

Alvar Aalto ha introdotto dei nuovi processi di trasformazione della forma del legno.

La lignina ha un comportamento fortemente termoplastico, quindi vuol dire che al variare della
temperatura cambia la proprietà plastica. La lignina ha infatti una temperatura di transizione intorno
ai 140 gradi e passa dallo stato solido allo stato viscoso.

Le parti nere, raggiunti i 140 gradi, diventano liquide e quindi la struttura può diventare facilmente
modificabile nella forma. Infatti, siamo andati ad indebolire quella matrice che la manteneva rigida.
Abbassando la temperatura, la lignina recupera la sua rigidezza iniziale.

Il cambiamento di forma deve essere reso permanente. Per fare questo si incontrano due fasi:

- Prima fase: il legno, prima essiccato, viene reidratato all’interno di una struttura apposita.
Il legno viene riportato ad un alto valore di umidità. Infatti, quando il legno aumenta la
propria umidità, perde circa il 50% di resistenza.
- Seconda fase: si necessita di uno stampo, fatto da una sagoma, la quale sia capace di
generare calore poiché si deve far raggiungere al legno la temperatura di transizione.
Raggiunta questa, il legno diventa molto deformabile perché si è indebolito e la lignina cede.
Successivamente, si raffredda e, a temperatura ambiente, si genera una curvatura che risulta
permanente.

Questo processo è totalmente reversibile (non in condizioni ambientali normali). Infatti, se


riscaldiamo nuovamente il legno, possiamo tornare alla forma originale,

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Raggio di curvatura: più sottile è la struttura del legno, più facilmente possiamo modificare il legno.

Legno densificato

Si inumidisce il legno, si applicano calore e pressione. A seguito della pressione, gli ioni cellulari sono
completamente collassati e quindi si può comprimere la struttura legnosa per raggiungere i valori di
densità desiderati (non oltre il valore della parete cellulare).

Se si raffredda, la struttura densificata rimane così com’è, così rimane a condizioni ambientali.
Anche questo processo è reversibile. Si può tornare alla densità originale attraverso il cosiddetto
“recupero igro termico” (detto anche “memoria del legno”, si inserisce il pezzo di legno come se
fosse in una pentola di acqua bollente, dopo un tot di tempo tende a recuperare le dimensioni
originali, senza alcun nostro intervento).

Sono processi utilizzatissimi nelle lavorazioni dei pavimenti.

Trattamenti chimici

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Reazione di acetilizzazione

La molecola di anidride acetilica si trova naturalmente. È un trattamento che dà luogo al legno


acetilizzato e se ne sostituisce una parte con queste molecole, le quali fanno cambiare le proprietà
del legno.

Le condizioni di equilibrio si trovano nella situazione di saturazione. Sostituendo una parte di questi
gruppi, si abbassa l’umidità del legno e si riduce potenzialmente l’attacco dei funghi.

Accoya > nome commerciale che viene dato al legno acetilizzato.

Un altro trattamento del legno consiste nel Belmadur (nome commerciale).

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Trattamenti termici

Prevedono il coinvolgimento della temperatura. Serve una rimozione selettiva, quindi si perde massa
legnosa. Ciò vuol dire che, con questo trattamento, il legno perde densità.

Questo trattamento comporta uno scurimento della superficie ma anche delle parti interne.
Aumentando il calore, diventa più scuro il colore.

Il ciclo che può essere utilizzato è molto variabile, sia in termini di temperature raggiungibili e anche
in termini di esposizione ad esse. Più alta è la temperatura, minore è il tempo di esposizione e
maggiore sarà la massa persa.

Lo scurimento di colore che, naturalmente, si otterrebbe in centinaia di anni, con questo metodo si
può ottenere in brevissimo tempo.

Variabili nel trattamento:

- Temperatura --> tipicamente >160 gradi;


- Umidità
- Pressione
- Presenza di ossigeno

Si può fermare il processo laddove si ritiene di aver raggiunto un equilibrio. Più il processo è
spinto, maggiore massa si perde. Questa perdita di massa comporta sempre una perdita di

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resistenza meccanica (circa
10/20%).

Ad aumentare della perdita


di massa, si ha una
variazione del valore di
umidità all’equilibrio.

Legno di acero

E’, per eccellenza, il legno maggiormente utilizzato per la costruzione di strumenti musicali. Infatti,
ha delle ottime proprietà acustiche.

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Tecnologia del legno lezione 8
Prodotti derivati del legno

Classificazione lavorazioni del legno:

- Lavorazioni con asportazione di truciolo (Segagione);


- Lavorazioni senza asportazione di truciolo (Sfogliatura – Tranciatura);
- Sfibratura e triturazione (legno ridotto in particelle che costituiscono la base di partenza per
la realizzazione di nuovi prodotti).

Segagione

I tronchi vengono ricavati e tagliati dalle foreste, raggiungono le segherie e in esse vengono
ammassati in grandi cataste, in attesa del processo di lavorazione.

Questo processo parte, dalla prima fase, con la scortecciatura (o depezzatura). Infatti, durante il
trasporto, la corteccia riduce l’evaporazione dell’acqua e eventuali sfregiature. Il tronco, senza
acqua, è meno resistente meccanicamente e quindi opporrà minor resistenza a queste lavorazioni.
Successivamente il tronco arriva alla cosiddetta linea di segagione, ossia una linea alla base della
quale c’è una macchina che ci fa ottenere delle tavole.

Ci sono diversi tipi di sega: la più comune è la cosiddetta “sega di testa” o altrimenti detta sega a
nastro. Questa è montata su due volani che fanno girare il motore e quindi il disco della sega.
Quest’ultimo è montato su un carrello che alimenta la sega, infatti spinge il tronco verso la lama.
Questa è la tipologia più diffusa. Inoltre, la sega è molto versatile e ad ogni passaggio si può
modificare lo spessore della tavola. Infatti, consente di ottenere tanti possibili schemi di segagione.

Si utilizza lo schema di segagione B in modo tale da ottenere tutte


tavole radiali, le quali sono più stabili dimensionalmente. Questo
schema comporta tempi di lavorazione molto più lunghi e rese più
basse.

Se si vogliono ottenere più tavole in tempi molto più rapidi si utilizza il


metodo della sega multilame. Anche qua, il tronco viene spinto da un
carrello verso la batteria di lame che, con un unico passaggio,
consentono di ottenere tutta la segagione del tronco. Il vantaggio è
quindi il tempo di lavorazione, lo svantaggio è lo spessore tra le lame
che è sostanzialmente costante.

Le tavole vengono organizzate in cataste e ciascuna è separata da quella sottostante e sovrastante


da un distello di legno. Questo viene fatto per favorire la fase successiva che è quella di stagionatura
o essiccazione del legno.

Le perdite di truciolo sono nell’ordine del 10%. Le segherie infatti sprecano grandi quantità di legno,
lavorando milioni di pezzi. La resa di lavorazione, addirittura va nell’ordine del 60/70%.

L’ultima fase è quella della perdita di umidità del legno. Infatti, il legno prima di essa è ancora ricco di
acqua. Ci sono due possibilità per rimuoverla: la stagionatura e l’essiccazione.

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La stagionatura viene fatta lasciando il legno in cataste all’esterno, libero di disperdere umidità e
coperto da una semplice lamiera. Si aspetta che quindi il legno perda acqua. I tempi sono molto
lunghi e soprattutto non si può scendere al di sotto di certi valori (quindi al di sotto del valore di
umidità dell’ambiente in cui sono disposte). Con questa tecnica quindi si può ottenere un’umidità
delle tavole che varia dal 15 al 18%. Ovviamente, è un metodo gratuito che comporta solo una
grande attesa.

L’alternativa è quella proposta dagli impianti di essiccazione artificiale. Si parla soprattutto delle
cosiddette “celle ad aria calda”, ovvero camere molto grandi nelle quali si fanno entrare le cataste.
Si chiudono le porte e successivamente si può regolare la temperatura e l’umidità relativa. Questo
avviene in tempi molto rapidi, non eccessivi poiché altrimenti il legno si danneggerebbe. Siamo in
ordine di decine di giorni. L’altro vantaggio è quello di poter definire l’umidità del legno desiderata.
Tipicamente lo si porta su valori del 12%, poiché durante l’essiccazione si evitano problemi come
l’imbarcamento e perché, per essere incollato, il legno non può contenere troppa acqua.

La tavola ottenuta non è il legno d’arrivo, a meno che non si parli di legno massello (quindi travi o
tavole ottenute con la segagione). Per quanto ci riguarda, invece, queste sono la partenza per altri
prodotti.

Legno lamellare

La prima fase consiste nella giunzione longitudinale delle tavole. Per fare questo si ricava un giunto
particolare, detto “giunto a dita”, il quale richiama proprio la forma delle mani che si intersecano.
Si fa questo poiché si può aumentare la superficie di contatto delle tavole. Non solo la superficie del
legno viene modificata, ma prima di spingere le due parti di incastro, si interpone uno strato di colla.
Si ottiene una trave, fatta da tante tavole, che può essere indefinitamente lunga.

Una volta ottenute queste lunghe tavole, si fa in modo di ottenere sezioni ancora più grandi, sempre
stendendo strati di colla tra superfici e pressando.

Questa fase di pressatura può essere fatta anche attraverso tecnologie molto semplici. Oppure, si
può ricorrere a tecnologie molto sofisticate come presse e altri macchinari.

L’aspetto importante è rappresentato dalle colle che devono essere usate. Infatti, parlando di
strumenti che sono destinati a lunghi carichi, solitamente si usano le cosiddette colle fenoliche.
Queste sono colle termoindurenti e molto scure, tant’ è che si vedono linee ben visibili quando
vengono utilizzate.

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Si realizzano strutture molto resistenti ma assolutamente leggere. È questa la grande differenza che
c’è tra strutture con travi lamellari e strutture con travi ottenute tramite altre tecniche.

Il problema di queste travi sta nell’incollaggio. Infatti, la linea di incollaggio rappresenta una linea di
debolezza o potenziale cedimento. Inoltre,
se si prende una trave di legno massello si trova una presenza di tanti nodi. Qua, invece, l’effetto dei
nodi può essere totalmente o parzialmente eliminato ma, comunque, non si trova il nodo
concentrato come succede in altri casi. Poiché esso viene spartito.

Crosslam (Xlam o CLT)

Ideato alla fine degli anni ‘80, sostanzialmente è composto in maniera non troppo diversa dalle travi
lamellari. Cambia solo il fatto che, anziché travi, si producono pannelli. Questi sono composti da
strati di tavole incollate perpendicolarmente l’una rispetto all’altra.
Ogni stato presenta la fibratura disposta perpendicolarmente rispetto a quella sottostante.

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Incrociando le dimensioni della fibratura, si fa in modo tale che ciascuno strato tenda a compensare
l’altro. L’obiettivo è quello di ottenere un prodotto derivato del legno che sia non solo resistente ma
anche molto stabile dimensionalmente. Infatti, facendo così, si impedisce a tutte le tavole di
muoversi, perché sono tenute ferme dagli altri strati. Ovviamente servono almeno 3 strati di tavole,
affinché ci sia stabilità, per arrivare ad un massimo di 9.

La tabella ci ricorda che, dentro ai pannelli, possono andare tavole di legno classificato. Tutte le
tavole appartengono alla stessa classe di resistenza, così che il pannello avrà caratteristiche simili.
Questi pannelli diventano le future pareti di edifici.

Le presse utilizzate sono molto grandi, capaci di applicare la pressione necessaria e di infondere
calore in modo tale da raggiungere la temperatura critica a cui la colla si polimerizza.

Trattandosi di prodotti per uso strutturale, sono soggetti a controlli di qualità molto severi.
Sono sottoposti a prove di resistenza meccanica e a test per controllare l’incollaggio. Durante queste
verifiche, il prodotto deve dare un risultato minimo garantito, altrimenti viene rispedito indietro.
Ad ogni pannello si applica un marchio CE, il quale indica quali sono le caratteristiche meccaniche
che sono soddisfatte dal pezzo.

Attraverso questa tecnologia si possono ottenere strutture prefabbricate in legno. Tutte queste
lavorazioni possono essere fatte in fabbrica e non in cantiere. Infatti, una caratteristica fondamentale
di questa tecnica di lavorazione è la rapidità. Del resto, una volta che arrivano i pannelli, non serve
altro che assemblarli. Il tempo di cantiere è assai rapido.

Fondamentale è ricordarsi che il legno, soprattutto per ambiti strutturali, non deve stare
assolutamente a contatto con il suolo.

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Usi non strutturali

Sfruttando sempre la lavorazione lamellare e l’incollaggio, si realizzando prodotti non strutturali in


legno. Ad esempio, per la produzione di finestre, in cui gli strati sono disposti nella stessa direzione e
incollati tra loro.

In questo caso, si possono usare colle diverse, tra cui le melaniniche e viniliche.

Un altro prodotto è rappresentato dal pannello di legno massiccio (o massello). Realizzato sempre
attraverso la sezione longitudinale, si incollano i vari elementi a formare un piano unico.
Si possono modificare le tavole di ingresso ed eliminare i vari difetti.

Parquet

Gli elementi che vengono posati a terra sono derivati della segagione. La tecnica usata da sempre è
quella di ancorare il legno alla superficie del pavimento. Questo, in tempi molto antichi, veniva fatto
utilizzando dei chiodi. Recentemente, le tavolette di legno venivano incollate direttamente al piano
di calpestamento e ciò comportava che la stesura del pavimento avvenisse in fase successiva. Le
fasi di levigatura e verniciatura venivano fatte sul pavimento messo in opera e si richiedeva molto
tempo, soprattutto perché si davano più mani di vernice e serviva del tempo tra una e l’altra.

Ad un certo punto si sviluppò un metodo in cui si collega lo strato di legno nobile (specie più belle) di
spessore piccolo con degli strati di compensato, il quale ha una struttura simile a quella del CLT.
Questo stabilizza il comportamento dello strato nobile, con il risultato che il pavimento è stabile
dimensionalmente e quindi non ha bisogno di essere vincolato alla superficie di terra.
L’altro aspetto innovativo di questi prodotti sta nel fatto che possono essere prefiniti. Infatti, questi
vengono verniciati direttamente in fabbrica. Perciò, una volta che il pavimento viene montato, esso è
subito agibile e camminabile.

Adesso si trovano diverse tipologie di questo pavimento e dalle grandi varietà di prezzo.
Ci sono due variabili importanti: lo spessore dello strato nobile (dai pochi decimi di millimetri ai
centimetri) e la differenza qualitativa del compensato (che può essere realizzato in tanti diversi
metodi). Quest’ultimo, quasi sempre, è il responsabile di grossi problemi legati in questo ambito.
A volte il compensato viene tagliato per poter aumentare maggiormente la stabilità del prodotto.

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Ciliegio

Fa parte del gruppo ristretto delle cosiddette latifoglie nobili. È stato talmente tanto utilizzato che
molti agricoltori hanno iniziato a produrre piantagioni specializzate di ciliegio.

È un tipo di legno con una durabilità scarsa, quindi tipicamente per l’utilizzo interno. Ha una massa
volumica di 620 Kg/m3 e piuttosto stabile. È piuttosto costoso e molto pregiato, per questo ha dei
sostitutivi più economici. Solitamente si ricavano fogli e spessori che servono per immobilizzare altri
pannelli, difficilmente si lavora direttamente con il suo legno massello.

Faggio

Di base, ha un colore bianco. Commercialmente, si trova di un colora rosaceo. Questo perché subisce
un trattamento detto “vaporizzazione”. Infatti, le tavole e i tronchi vengono sottoposti a vapori ad
alta temperatura, poiché l’albero, crescendo, lascia sostanze di riserva che sono composte da
ammidi e che attirano gli attacchi di insetti e altri soggetti. Queste ammidi vengono portati via o con
acqua calda o con del vapore. L’effetto che si ottiene è il cambiamento del suo colore.

Il legno di faggio è molto versatile, molto pesante e assai resistente meccanicamente. È utilizzato per
le parti interne e strutturali del mobile. Si presta molto bene per essere lavorato per tornitura e
quindi per essere sagomato.

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Inoltre, il faggio è solitamente utilizzato per lavorazioni di piegatura, alla quale è molto disponibile.
Ha elevate proprietà strutturali ma è caratterizzato da una scarsa durabilità, quindi può essere
utilizzato soltanto in ambienti interni. È spesso indicato anche per la realizzazione di pavimenti.

Frassino

Un altro tipo di legno molto bianco, spesso combinato con altre specie per creare contrasti molto
accentuati. In certi casi, si può trovare il frassino colorato ma non si tratta del durame e solo in casi
sporadici. Commercialmente si parla di frassino bicolore.

È un legno con ottime caratteristiche meccaniche e soprattutto è caratterizzato da una grande


capacità a resistere a carichi dinamici (carichi di forte entità in poco tempo). Per questo, il frassino è
stato molto utilizzato per realizzare attrezzi sportivi (dalle racchette agli sci, ecc.).
Considerata una specie molto bella, è stato utilizzato soprattutto per realizzare gli interni, anche per
via della sua scarsa durabilità. Difficilmente si trova l’uso del massello, poiché è una specie molto
costosa. L’uso prevalente è quello di fogli decorativi sottili.

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Tecnologia del legno lezione 9

Sfogliatura

Processo molto lungo che si articola in diverse fasi.

In Italia, la sfogliatura viene applicata principalmente sulla specie del pioppo, che si adatta molto
bene alle coltivazioni industriali, poiché cresce molto rapidamente e raggiunge dimensioni
importanti in breve tempo. Sostanzialmente, il pioppo è una delle poche specie nazionali che viene
sfoggiata in Italia.

Una volta abbattuto l’albero, questo viene ridotto in tronchi, disposto in cataste e trasportato alla
ditta di lavorazione. Quando arriva in fabbrica, la corteccia è ancora presente perché serve a
proteggerlo e a ridurre l’umidità del tronco. Per questo, la prima fase è quella della “scortecciatura”.

Si passa poi alla “sfogliatura” vera e propria, che viene anticipata da una fase in cui i tronchi vengono
immersi per molte ore in vasche di acqua calda. Così facendo, il tronco viene reidratato e si rende
più morbido il legno, predisponendolo alla fase successiva del taglio.

Nel passaggio cruciale della sfogliatura, il tronco viene afferrato da un sistema a pressione (detto
“mandrino”) che lo fa girare e lo spinge longitudinalmente verso una lama lunga quanto i tronchi.
Questo produce dei fogli continui che prendono il nome di “sfogliati”.
La parte di scarto della sfogliatura è detta “tondello”, il quale viene espulso poiché il suo spessore è
pari a quello del mandrino e la lama non arriva a tagliarlo.

Si ottengono fogli con uno spessore che va dai 2,5 ai 3 mm. Questi sono film continui di legno, lunghi
anche diverse decine di metri.

Oltre a quello del mandrino rotante, ci sono altri sistemi di supporto ma si preferisce il primo.

Questi fogli vengono tagliati in pezzi più corti e vengono destinati alla fase successiva, la cosiddetta
“essiccazione”. Lo sfogliato infatti, quando esce dalla sfogliatura, è ancora bagnato ed è
incompatibile per l’incollaggio. Ci sono macchinari dalle grandi dimensioni, all’interno delle quali lo
sfogliato entra ed esce quasi completamente disidratato.

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Successivamente, il foglio è pronto per cominciare a costruire la struttura dei pannelli. Tipicamente,
questi sono chiamati “pannelli compensati”. Questi fogli sono incollati con delle colle
termoindurenti, fenoliche, ecc.

Dopodiché si procede alla composizione del pannello, che viene eseguita manualmente.
Questo perché si deve costituire una sorta di materasso, composto da strati uno sopra l’altro. Questi
strati devono presentare la fibratura in direzione perpendicolare l’uno rispetto all’altro. Si fa questo
perché sappiamo che in direzione longitudinale il legno è molto stabile, mentre in quella trasversale,
esso ritira molto. Si esegue questo processo perché il legno può assumere una proprietà
compensativa (per questo sono chiamati pannelli compensati). Lo spessore minimo del compensato
non sarà inferiore ad 8 mm, motivo per cui sarà costituito da almeno tre strati. Si parla di pannelli
compensati multistrato quando ci sono tanti fogli di legno disposti come descritto precedentemente.

Una volta che il pannello è composto, viene spedito alla fase di “pressatura”, la quale è radicata in
presse multimano. Una volta che la pressa viene completamente caricata, essa si chiude e inizia il
procedimento. Sono presse a caldo, quindi sfruttano il calore necessario per la presa delle colle
termoindurenti, le quali iniziano il loro compito per mezzo della pressione e della temperatura.

I pannelli possono essere soggetti a fasi in cui si migliora la qualità delle superfici. Queste avvengono
durante la cosiddetta “stuccatura”, nella quale si usano resine o mastici per stuccare le imperfezioni
che sono sorte fuori durante i processi precedenti. Inoltre, può essere presente un macchinario che
è capace di esportare la porzione in cui sono presenti dei nodi e di andare a sostituirla con parti in
cui questi sono assenti.

Le dimensioni del pannello compensato sono di 120x240 cm.

Infine, attraverso la levigatura, il pannello diventa pronto per essere commercializzato.

La funzione degli idrometri elettrici, ossia spazzole poste sopra i fogli, è quella di misurare il
contenuto di umidità presente in essi. Se questo non rispecchia lo standard, il foglio viene scartato.

Non tutti i compensati sono uguali: la differenza è caratterizzata dalla combinazione di specie e colla.
Il 90% dei compensati prodotti in Italia sono realizzati con legno di pioppo, a cambiare sono le colle
interne utilizzate.
Possiamo anche avere dei compensati persi, quindi rivestiti con altri tipi di pannelli e fogli, che fanno
sì che una superficie abbia caratteristiche diverse rispetto a quelli che costituiscono il pannello vero e
proprio.
Inoltre, ci sono casi in cui i compensati abbiano fogli esterni diversi perché esteticamente più belli
rispetto a quelli interni, quindi vengono utilizzati per allestimenti interni.
Infine, si parla anche di compensati marini: la diversità dipende sempre dalle specie (mogani,
okumè) ma soprattutto dall’utilizzo esclusivo di colle fenoliche e melaniniche, le quali vengono
utilizzate per far sì che si ottenga un prodotto in grado di lavorare in ambienti molto umidi. Sono
compensati utilizzati soprattutto in cantieristica navale.

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Utilizzo dei compensati

Un settore nel quale i compensati sono molto utilizzati è quello delle automotive. I pannelli di
compensato per automotive sono utilizzati per la costruzione degli interni di camper e caravan e di
altri veicoli ricreazionali, per sopprimere a problemi di peso e umidità.

L’altro settore è quello dell’industria nautica. Il compensato è indispensabile nella costruzione di


imbarcazioni, poiché consente realizzazioni che durano nel tempo senza deformazioni.

Un ulteriore ambito che sfrutta il loro utilizzo è quello del packaging. Tutti gli imballaggi che
richiedono un peso contenuto insieme a lunga durata nel tempo e robustezza, anche a seguito di
trasporti prolungati.

Infine, si arriva al settore degli allestimenti interni, da quelli fieristici ai negozi, ecc. I pannelli utilizzati
sono particolarmente robusti e leggeri, utilizzano specie sicuramente più belle dal punto di vista
estetico. Sono dotati di elevata stabilità dimensionale e ottima attitudine alla finitura superficiale
tramite verniciatura.

Sicuramente, la scelta del compensato trova una delle sue massime espressioni nel campo della
curvatura del legno. In questo caso, si utilizza prevalentemente il legno di faggio, la cui specie è
quella più adatta a questo tipo di lavorazione.

Per ovviare alle rotture durante la modellazione (per via della debolezza lungo la direzione
trasversale) è stato sviluppato il compensato microincisivo, il quale propone delle microincisioni che
si pongono tra uno strato e l’altro e riducono le tensioni al livello nullo. Si può quindi deformare
facilmente il legno, con la certezza di non incontrare alcuna deformazione.

LVL (Laminated Veneer Lumber)

Il processo di produzione è identico a quello del compensato. Tuttavia, quando si arriva a comporre il
pannello, anziché incrociare le direzioni della fibratura, si orientano i fogli tutti nella stessa direzione.
Si recupera quella grande resistenza longitudinale che possedeva il legno massello. Durante tutti i
passaggi della lavorazione, si riducono i difetti e si può produrre elementi di lunghezza indefinita e
resistenti longitudinalmente. Anche l’LVL tende ad avere deformazioni e imbarcamenti potenziali
poiché ha recuperato l’anisotropia originaria del legno.

Dell’LVL sono state realizzate versioni modificate per l’arredo, tant’è che esistono varianti con dei
fogli esterni disposti in direzione trasversale.

Tranciatura

Anche nel caso della tranciatura si ha una lama di grandi dimensioni. Il tronco non gira ma viene
semplicemente tagliato su una delle facce, in fogli molto sottili. Lo spessore del tranciato è
nell’ordine dei decimi di millimetri e ha la funzione di andare a mobilitare altri pannelli.

È fondamentale il sistema di appoggio, il quale è capace di andare a sollevare il tronco una volta che
questo è stato tagliato.

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Esempi di tranciato:

Nel tranciato normale, si osservano chiaramente gli anelli e le direzioni della venatura. A seconda di
come si posiziona il tronco sulla lama, si osserva il tipo di taglio effettuato (longitudinale, radiale,
ecc.). Nel caso dell’arabica, non c’è una direzione ben visibile e quindi si ottengono dei disegni molto
particolari (vedi immagini sopra).

Microlaminari

Prodotti composti da tanti tranciati di colori diversi, ricomposti, riassemblati in blocchi nella pressa e
che, se scavati con lavorazioni a controllo numerico, consentono di ottenere figure e geometrie
uniche.

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Noce

Appartiene al gruppo delle latifoglie e, in Italia, appartiene al gruppo Juglans regia. Il legno ricavato
viene indicato come “noce nazionale” e indica il tipo proveniente dall’albero di quella specie.
Si tratta di un legno differenziale, con un'ottima resistenza meccanica conferita dal suo peso
specifico. Ha un durame differenziato, scuro ma non è durabile.
Il legno di noce è la specie considerata più pregiata per la realizzazione di mobili. La sua grande
bellezza rappresenta anche il problema per questa specie. Questo perché ha fatto sì che ci sia grande
richiesta che però non può essere soddisfatta dall’offerta. Le radici, infatti, emettono sostanze
tossiche che allontanano altre specie e la propria, per questo sono piante isolate. Questo ha
fatto sì che il prezzo salisse di molto, arrivando a toccare cifre come 5000£ a km^2. Per ovviare
a questo, sono stati proposti dei sostitutivi che sono simili al noce (es. Noce butene, noce bubinga,
ecc.) e che costano meno. Ci sono specie che appartengono allo stesso genere botanico, che
vengono da diverse parti del mondo, ma che hanno strutture simili ma con prezzi nettamente più
bassi.

In Italia sono state avviate piantagioni specializzate per poter rispondere all’elevata richiesta.

È una specie che si lascia levigare facilmente ed esteticamente molto affascinante. La struttura del
noce è molto omogenea e per questo è particolarmente sfruttata per la realizzazione di sculture.

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Ontano

Specie molto leggera e dalla tessitura grossolana. La sua fortuna si accompagna a quella del ciliegio,
nel senso che alcune particolarità hanno un durame molto colorato (es. Ontano rosso).
Viene spesso impiegato per le parti interne dei mobili ed è scarsamente durabile.
Può essere utilizzato come alternativa a specie più costose ma possiede caratteristiche resistenti ed
estetiche assolutamente diverse.

Con tessitura ci si riferisce alle caratteristiche dimensionali delle cellule che costituiscono lo spessore
del legno. Ad esempio, se gli elementi cellulari sono più grossolani e la quantità occupata dal vuoto è
più grande, si parla di tessitura grossolana. L’ontano è un esempio e infatti è in parte costituito da
vuoti.

Olmo

Struttura tenue e tipo di legno molto pregiato. In passato, era una specie utilizzatissima per
realizzare i carri. In Italia ci sono diverse specie di Olmo, il Maggiore è quello che produce i fusti più
belli. Gli alberi di olmo sono spesso colpiti da una patologia che li porta a morire e per questo è una
specie che stiamo via via perdendo.

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Pioppo

Specie dalla crescita rapida, latifoglia con massa volumica non troppo eccessiva. È un legno molto
chiaro e che, durante il periodo autarchico, è stato soggetto a miglioramenti genetici con cui sono
state prodotte varianti le caratteristiche citate precedentemente.

Rendendo l’accrescimento più rapido, si è persa densità. È un legno molto versatile, tutt’ora
utilizzato per realizzare mobili e le loro parti interne. Molto sfruttato dall’industria delle cornici e dei
calzari di legno.
In Italia, è diventata la specie principale per la produzione di compensato (all’estero si utilizza la
betulla, la quale non cresce in Italia). Si importano tante specie tropicali simili al legno di pioppo,
perché hanno caratteristiche simili.
Infine, è un legno molto utilizzato nell’ambito artistico, sia per le sculture che per realizzare supporti
dei quadri.

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Tecnologia del legno lezione 10
Pannelli derivati da triturazione o sfibratura

Classificazione in base alle dimensioni delle particelle (Cippatura che riduce gli elementi in
particelle):

- Macro particelle (ordine dei cm): OSB – PARALLAM;


- Particelle di piccole dimensioni: TRUCIOLARI;
- Particelle con dimensioni di fibre: MDF.

Ciò che sta alla base di questi processi è la triturazione. I macchinari sono composti da coltelli che
riducono i tronchi in particelle di dimensioni diverse. La distanza tra un coltello e l’altro identifica le
dimensioni di queste.

Il primo prodotto è quello delle macro particelle e si identificano due tipologie: OSB (Oriented Strand
Board) e Parallam. Nel caso di questi pannelli, le dimensioni delle scaglie sono molto grandi. Infatti,
queste sono lunghe e sottili (spessore di pochi mm, lunghezza nell’ordine di una decina di cm). Le
scaglie vengono orientate in modo diverso durante la costruzione del pannello.

Nel caso dell’OSB, si trovano due situazioni: nella prima, le scaglie sono disposte casualmente, nella
seconda, la direzione della fibratura è orientata nello stesso verso e nel pannello ci sono strati che
hanno direzione perpendicolare l’uno rispetto all’altro.

Nel secondo caso, la stabilità è molto forte ma lo è anche nel primo, poiché ogni scaglia tende a
compensare l’altra e si ha un comportamento isotropo. Grande differenza la fa la colla, con la quale,
a seconda del tipo, si ottengono diverse categorie commerciali. L’OSB viene assortito in 4 gruppi: da
OSB 1 a OSB 4.

Il Parallam è costituito da scaglie di legno orientate tutte nella stessa direzione. Anche questo viene
assemblato con colle di vario tipo, preferendo quelle fenoliche. Questo strato di particelle di legno
viene pressato per formare strutture e travi. Il Parallam ha un comportamento puramente
anisotropo, soprattutto a livello meccanico. Per questo nasce soprattutto a fini strutturali.
Con il Parallam possiamo sopperire alle limitazioni dimensionali del legno massello.

In seguito al taglio dell’albero, i tronchi vengono portati al macchinario e ridotti in particelle. La


triturazione del legno viene fatta con il legno molto umido e quindi deve essere asciugato. Lo si fa
inserendo le scaglie in tubi, all’interno dei quali c’è un flusso continuo di aria anidra, la quale asciuga
le particelle. Successivamente avviene una deposizione progressiva delle particelle, le quali vengono
orientate su strati diversi, nella stessa direzione.
Lo spessore del materasso (strato complessivo costituito da tutte le particelle) è molto ampio.
Questo viene trasportato su dei rulli, i quali lo comprimono leggermente, così da conferirgli una
minima resistenza prima di essere inserito nella pressa. Dopo la pressatura, il pannello incontra dei
macchinari levigatori ed è così terminato il processo.

Una fase opzionale è costituita da un’applicazione di lamine superficiali, in modo tale da cambiare il
comportamento delle superfici.

Recentemente è stato sviluppato l’LSB, il quale possiede delle superfici migliorate. Infatti, uno dei
limiti dell’OSB è dato dalle caratteristiche di superficie. Infatti, poiché le particelle sono molto
grossolane, la superficie è sempre abbastanza irregolare. Tuttavia, è un prodotto che ha riscosso
molto successo perché ha assunto un gran valore ecologico. Gli alberi che li costituiscono son di
piccole dimensioni e questi pannelli sfruttano molto bene la materia prima.

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Per favorire l’impiego nell’arredamento, si è giunti all’LSB, il quale è un pannello OSB sulle cui facce
sono distribuite particelle di dimensioni più piccole o strati laminati che ne modificano e migliorano
le caratteristiche di superficie. Rimane comunque un prodotto molto economico.
I laminati devono essere piuttosto spessi, altrimenti le irregolarità continuano a presentarsi.

I contesti principali in cui i pannelli vengono utilizzati sono quello dell’edilizia, degli imballaggi e del
design.

Pannelli truciolari

Se riduciamo la dimensione delle particelle, passando a gruppi di fibre, si entra nella famiglia dei
pannelli truciolari (molto diffusa nell’ambito dell’arredamento per interni). La composizione del
materasso avviene in modo stratificato.
La distribuzione avviene a seconda dello spessore delle particelle: infatti, si tende a separare le fibre
in funzione della granulometria. Gli strati superiore e inferiore sono costituiti da particelle più
piccole, quelli interni da particelle più grossolane.
In questo caso, la colla gioca un ruolo fondamentale: in certi casi possiamo arrivare ad avere il 60%
della massa del pannello. Per questo, i costi delle colle diventano un fattore fondamentale e le colle
termoindurenti sono le favorite, proprio per il loro basso prezzo.

Il processo di produzione è sostanzialmente lo stesso che abbiamo visto per i pannelli precedenti.

La materia prima è costituita da legno riciclato. Questo è il prodotto per eccellenza del riciclo del
legno. Il riciclo ovviamente non avviene con zero costi energetici, infatti servono grandi risorse per
alimentare gli impianti che lo permettono.

Il pannello truciolare non conferisce garanzie tecnologiche che permettano di utilizzarlo come
sostitutivo di altri tipi di pannello. Succede che, andando a recuperare legno, il truciolare sostituisce
sé stesso e va a coprire una parte di fabbisogno che era solo limitatamente proveniente dalla

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lavorazione primaria del legno. Perciò il riciclo, attualmente, non salva il legno poiché si continua
comunque a tagliarlo.

I pannelli che derivano dal riciclo sono osservati con grande attenzione, perché derivano da vecchi
prodotti portatori di sostanze fortemente impattanti. Perciò, la fase di bonifica, necessaria per
separare ciò che non è legno, non è ancora perfettamente efficiente.

Le colle utilizzate per i pannelli truciolari non consentono di utilizzarli all’esterno. Inoltre, questi
hanno anche problemi di tenuta e depistaggio. Infine, per via della struttura grossolana, sono
difficilmente lavorabili. Il loro grande vantaggio è dato dal bassissimo costo che li caratterizza.

MDF (Medium Density Fiberboard)

Categoria dei pannelli di fibre. Il processo di distruzione delle particelle del legno è portato alle
estreme conseguenze. Si separano le fibre che costituiscono la struttura dell’albero. Questo
processo può avvenire in due modi: meccanicamente o per via chimica.

Il processo meccanico produce dei danni fisici sulle fibre, le quali perdono di resistenza. Il processo
chimico, invece, la mantiene intatta.

In questo caso, l’orientamento delle fibre è completamente casuale ed è l’unico il cui


comportamento è assolutamente isotropo (il pannello manifesta lo stesso comportamento in tutte
le direzioni).

La densità è in realtà medio-alta e si aggira intorno ai 750 kg/m^2.

L’MDF non può essere prodotto dal riciclo, poiché la fibra viene danneggiata (durante le fasi di
riciclo).

È un pannello stabile dimensionalmente e soprattutto consente di essere lavorato con operazioni di


grandissima precisione, infatti ha interessanti proprietà meccaniche (forte resistenza).
Molto spesso, per via del prezzo elevato, viene preferito il truciolare.

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Tamburati

Pannelli di composizione diversificata, hanno la caratteristica comune di avere due lamine spesse
superficiali di natura diversa (possono essere in legno o di altri materiali). Il tamburato può essere
realizzato con la struttura interna in legno massello, quindi tanti pezzetti assemblati su un piano e
quest’ultimo viene rivestito con due pannelli in superficie.
Si possono trovare anche strutture interne fatte con resine plastiche.

I tamburati sono i pannelli più utilizzati in ambito di arredamento.

Compositi Legno-plastica

Le plastiche coinvolte sono plastiche da riciclo, tipicamente polietilene. Il legno, allo stesso modo, si
presta ad essere riciclato. Alla grande densità della plastica risponde la leggerezza del legno, alla
resistenza a compressione della prima corrisponde la forte resistenza a trazione del secondo.
Per questi motivi si erano create grandi aspettative di fronte a questi materiali compositi.

Alla fine è risultata un’esperienza solo in parte soddisfacente perché questi tipi di plastiche non sono
capaci di formare legami deboli, che invece caratterizzano i comportamenti del legno.
Perciò la plastica è stata resa poco compatibile con il legno e il risultato è stata la creazione non di
nuovi materiali ma di composti in cui si mescolano le componenti e, di fatto, l’unica funzione che il
legno fosse in grado di svolgere era quella di alleggerire.
Purtroppo non si è riusciti a sviluppare prodotti su cui si potesse lavorare per migliorarne le
prestazioni.

Questi compositi si formano utilizzando una resina plastica termofusibile, la quale si presta ad essere
stampata ed estrusa. Arricchendo questa con un quantitativo variabile di fibra, carbonio e farina di
legno, attraverso i processi di estrusione e stampaggio, si ottengono dei prodotti di diverso tipo.

Il settore in cui questi sono maggiormente utilizzati è quello dell’automobile. Infatti, tutta la parte
interna delle strutture portanti automobilistiche è realizzata con questi pannelli.
L’altro settore è quello degli imballaggi, con la limitazione che il polietilene è molto sensibile
all’ultravioletto, per cui tende a modificarsi nel tempo se esposto alla luce solare.

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Specie legnose

Rovere
Legno di latifoglia che appartiene al gruppo delle querce. La rovere produce il legno più pregiato, è
una specie differenziata, il suo colore è abbastanza bruno non molto scuro. Si tratta di un legno
molto durabile e stabile dimensionalmente (per il contenuto di estrattivi) e ciò lo rende adatto anche
ad impieghi esterni. Ha grande resistenza meccanica grazie alla sua massa volumica
È un legno molto bello esteticamente che ha avuto molta applicazione per la realizzazione di mobili
anche di grande pregio, e anche per i pavimenti e produzione di infissi. Il legno di rovere ha sempre
trovato una applicazione nella costruzione dei vasi vinari (botti). Il famoso vino barrique. Gli estrattivi
contenuti nel rovere si mescolano con il vino e lo rendono più raffinato. Il tempo di vita di queste
botti è breve perché gli estrattivi si trasferiscono nel vino. Perde il suo colore naturale e diventa un
colore rosso che impregna il legno profondamente. C’è poca produzione nazionale (viene dalla
Francia o dalla ex Jugoslavia)

Robinia
Non è una specie endemica, anche se è stata introdotta e adesso si trova un po’ da per tutto. La sua
particolarità risiede nel suo grandissimo quantitativo di estrattivi. È una delle specie più idonee per
l’impiego esterno. Il durame si presenta con un colore bruno-scuro. Se viene tagliato fresco, il colore
che troveremo sarà un bruno molto tendente al verdastro: però nel giro di pochi anni il colore
cambia.
La robinia si caratterizza per eccellenti prestazioni meccaniche e viene molto usata per impieghi
strutturali, sistemi di difesa. Uno dei suoi problemi è che i suoi fusti tendono ad essere molto
incurvati. Con la robinia si facevano i chiodi di legno con cui venivano fatte le navi.

Legno di conifere

Abete bianco/rosso
Il loro nome non dipende dal colore dell’alburno/durame perché hanno due legni bianchi
differenziati. Siamo nel regno delle conifere quindi siamo davanti a legni leggeri.
L’abete bianco essendo differenziato è un legno non durabile e non trattabile, è una conifera che
caratterizza tutto l’appennino ed è una specie endemica.
Sull’abete bianco si sviluppa il centro Italia (?)
L’abete bianco tende a formare dei rami molto più grandi rispetto all’abete rosso che quindi ha
meno problemi strutturali ed estetici. L’abete rosso è una specie molto estesa in Europa centrale
fino alla Russia. Usato molto per la costruzione di strumenti musicali. Legno di risonanza (viene
definito così).

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Legno - Lezione 12 - 20 Dicembre
2021
Derivati e modificati del legno
Chemolz e Thermowood sono 2 pannelli modificati termicamente
Il Calignam è un pannello trattato termicamente e poi densificato
Il Delignit è un pannello compensato antiproiettile, che si avvicina al limite teorico della
parete cellulare (densità 1400 Kg m3 limite=1470)
I tamburati sono pannelli alleggerit
I derivati sono tanti e vari, e ognuna si adatta meglio a determinati impieghi
NON SONO MATERIALI, ma PRODOTTI

Incastri
Gli utensili per la lavorazione del legno si sono evoluti molto poco durante la storia.
Infatti adesso l’innovazione è data dai macchianri che ci danno nuove opportunità come
quelle CNC.
L’incastro da preferire sempre è quello a sfera.
Tipi di incastri:

1. Tenone e mortasa
Un incastro maschio femmina, che poi viene solitamente bloccato con dei cunei o viti.

2. Coda di rondine o farfalla


un incastro di grande precisione che ottimizza però l’attrito tra le superfici

3. Incastri a mezzo legno


Si toglie un pezzo di legno per ottenere un incastro pulito, perdo però in spessore e
quindi resistenza meccanica

4. Giunzioni semplici
Incastro semplice per colla, dove il legno è tagliato a 45 gradi

5. Finger Joint
Utilizzatissimo nel lamellare, massimizza la resistenza sia per attrito naturale, sia che
nell’utilizzo di colle

Legno - Lezione 12 - 20 Dicembre 2021 1

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6. Giunzioni per pavimenti
usata per i pavimenti galleggianti in modo da smontarli e smontarli

In realtà la colla si utilizza comunque in tutti gli incastri per massimizzare la presa essere
certi che l’incastro duri nel tempo.
Molti incastri si realizzano con il CNC per la sua precisione.
Quando realizziamo degli incastri dobbiamo stare attenti alla differenza di fibratura del legno.

Legno - Lezione 12 - 20 Dicembre 2021 2

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