IL LEGNO
(aspetti biologici, anatomici e morfologici)
a cura del prof. R. Zanuttini
III^ edizione
INTRODUZIONE
Il legno ha da sempre offerto un contributo decisivo per la sopravvivenza dell'uomo e lo sviluppo del suo
processo di civilizzazione, basti pensare alla costruzione delle palafitte, alla scoperta del fuoco, alla
realizzazione dei primi strumenti per la caccia e degli attrezzi per la lavorazione del terreno o ad innumerevoli
altri esempi che evidenziano l'ineguagliabile versatilit di questo materiale nei confronti di svariati impieghi.
Nella letteratura greca antica e nella bibbia il termine "legno" era sinonimo di "materiale" ed indubbio che lo
sviluppo delle attivit agricole, artigianali e la stessa rivoluzione industriale siano stati possibili grazie all'uso
diretto o indiretto (ovvero come fonte di energia termica) del legno e dei prodotti da esso derivati.
La sua importanza e lo stretto legame con le attivit umane sono riassunti nel noto detto popolare secondo cui "il
legno segue l'uomo fin dalla culla" con il quale si intende appunto esprimere la molteplicit delle possibili
applicazioni cui destinato.
Spesso, tuttavia, il legno gode di scarsa considerazione in ambito accademico e scientifico, nonostante che molti
progettisti, non conoscendo in dettaglio le sue caratteristiche (sia come legno massiccio che sotto forma di
prodotti derivati), lo impieghino in maniera inadeguata determinando, ad esempio, sovra-dimensionamenti delle
strutture, errori nella stima delle propriet meccaniche, ecc.. Lo studio del legno, infatti, no n rientra quasi mai
(in particolare nel nostro Paese) nei Corsi universitari che trattano la scienza e la tecnologia dei materiali e
l'insegnamento della Tecnologia del legno attualmente relegato al solo Corso di Laurea in Scienze forestali
della Facolt di Agraria (presso cui peraltro di prossima attivazione anche uno specifico Corso di Diploma) ed
a qualche specifico indirizzo nell'ambito della Facolt di Ingegneria.
A parziale giustificazione di tale trascuratezza, si ritiene generalmente che, oltre a costituire un materiale
talmente tradizionale sul quale, almeno ad un primo approccio, non sembrerebbero esistere segreti, il legno pu
apparire superato da numerosi nuovi prodotti che ne farebbero relegare l'impiego ad alcuni settori specifici e
margina li. A questo proposito, la messa a punto di moderni e sofisticati materiali, come ad esempio molti
compositi, il cui ciclo di fabbricazione risulta controllato durante l'intero processo industriale, avrebbe dovuto
accelerare ancor pi la progressiva sostit uzione e scomparsa del legno in molti dei principali settori in cui esso
trova abituale impiego. Contrariamente alle suddette aspettative, e secondo attendibili dati statistici, il consumo
globale di legno e dei prodotti derivati continua, invece, a registrare un aumento quasi proporzionale
all'incremento demografico e all'evoluzione culturale della popolazione, in particolare per quanto riguarda i
settori dell'arredamento e delle costruzioni1 .
In questo contesto, due fenomeni molto importanti sono considerati i principali responsabili del rinnovato
interesse per il legno:
il forte sviluppo della scienza dei materiali e, pi in particolare, lo studio dei compositi - molti dei quali
riproducono la struttura tipica dei tessuti legnosi - che hanno permesso di conoscere meglio le caratteristiche
specifiche del legno e della numerosa classe dei suoi prodotti derivati;
il recente nuovo approccio nella pianificazione delle risorse e nella valutazione della produzione
industriale, da cui derivano una serie di considerazioni che hanno consentito al legno non solo di recuperare
importanza ma, addirittura, di assumere una posizione privilegiata nei confronti di molti materiali ad esso
alternativi.
Relativamente al primo punto, in contrapposizione ai metalli e alle loro leghe, ai polimeri sintetici ed ai
materiali di origine minerale (vetro, ceramica, pietra e calcestruzzo) che, malgrado alcune diversit specifiche,
costituiscono una categoria di prodotti abbastanza affini, in quanto omogenei, il legno e la gran parte dei
prodotti legnosi evidenziano i seguenti aspetti peculiari:
Questa tendenza evidenzia, peraltro, percentuali diverse a seconda dei Paesi considerati: in Italia, ad esempio, il legno trova impiego
per circa il 95% nel settore dell'arredamento, anche se la moderna tecnologia del lamellare ne sta favorendo una maggiore e sempre
crescente diffusione nel settore dell'edilizia strutturale.
peso volumico ridotto, i cui valori, variando da 0,1 a 1,3 risultano tra i pi bassi riscontrabili nell'ambito dei
materiali con potenzialit strutturali ovvero che sono in grado di svolgere una funzione portante (la gamma dei
valori tipici dei metalli e delle loro leghe si situa, ad esempio, ad un livello di circa 20 volte superiore);
fortissima anisotropia (prerogativa, peraltro, tipica anche dei compositi fibrosi artificiali), che si traduce nella
presenza di una direzione preferenziale lungo cui si registra una correlazione particolarmente elevata tra la
massa volumica (un tempo detta "densit") del materiale e le sue caratteristiche di resistenza meccanica;
struttura cellulare, che appare porosa ad un primo livello di osservazione macro e microscopica e fibrosa se si
considera la sua ultrastruttura;
forte igroscopicit, dovuta alla natura chimica dei componenti la parete delle cellule legnose ed indotta dalle
variazioni di temperatura e della tensione di vapore dell'ambiente esterno, i cui effetti influenzano notevolmente
sia le sue caratteristiche fisiche (massa volumica, ritiro, resistivit) che le sue propriet meccaniche (resistenza,
rigidezza, deformabilit);
natura biodegradabile, che si manifesta tramite l'azione di molti organismi del regno vegetale (batteri e funghi)
ed animale (insetti e molluschi), mentre i comuni agenti abiotici della corrosione dei metalli no n determinano, in
genere, un'influenza particolarmente negativa;
composizione chimica di base, costituita essenzialmente da carbonio, idrogeno e ossigeno (nelle proporzioni del
40-50% di carbonio, 5-6% di idrogeno e 40-46% di ossigeno) riuniti a formare vari polimeri organici, che rende
il legno una materia prima fondamentale per la produzione di cellulosa, una fonte di carboidrati per la sintesi
chimica nonch un buon combustibile;
caratteristiche estetiche particolari, legate ad alcuni aspetti cromatici e morfologici dei tessuti, per cui il legno
di molte specie presenta ampie variet di colore, venatura, tessitura e figure decorative unitamente ad un fascino
ed un calore naturale che costituiscono, molto spesso, il fattore determinante nella sua scelta per svariati
impieghi e lo rendono uno dei materiali pi apprezzati in molte applicazioni nel settore dell'arredamento e
dell'industria del mobile.
Questo insieme di propriet fa s che, a seconda dei casi, il legno risulti insostituibile per certi impieghi di
ebanisteria e liuteria, molto interessante come materiale strutturale per numerosi sistemi costruttivi, inadatto per
gli usi in cui sono richieste elevate caratteristiche di rigidezza o di durabilit o, ancora, una totale
incombustibilit.
Al di l di una miglior conoscenza delle sue caratteristiche tecnologiche, conseguente ad alcune ricerche di base
condotte, in particolare, nei Paesi ove tale risorsa naturale pi abbondante ed in cui l'economia forestale riveste
un'importanza preminente (Finlandia, Stati Uniti, Giappone, Germania e Francia), il rinnovato interesse per il
legno stato stimolato soprattutto dall' esigenza di definire una pi razionale politica delle materie prime e
dei materiali disponibili.
A questo proposito, dal momento che le specifiche tecniche richieste per un determinato impiego sono
generalmente soddisfatte da varie tipologie di prodotti tra le quali risulta possibile effettuare una scelta ( il caso
dei materiali per l'edilizia nel cui ambito , ad esempio, lecito progettare una trave in acciaio, in cemento
armato, in legno massiccio o in lamellare), gli argomenti di tipo economico sono risultati, finora e quasi sempre,
discriminanti e decisivi. La recente evoluzione della societ industriale obbliga, invece, i diversi settori
produttivi a tenere in maggior considerazione alcuni fattori che in passato erano stati completamente trascurati;
tra questi si sottolineano in particolare:
- il rischio crescente di esaurimento delle materie prime;
- il costo energetico del materiale;
- l'impatto ambientale dei processi di produzione e riciclaggio.
Universit degli Studi di Torino Facolt di Agraria
In considerazione dell'enorme quantitativo di materiali utilizzati e del continuo incremento dei consumi che si
registra di pari passo con l'aumento della popolazione e del suo tenore di vita medio, apparso, infatti, subito
evidente che alcuni prodotti di sintesi, seppure utili e particolarmente adatti in specifici settori di impiego, non
possono sostituire completamente quelli tradizionali e pi abbondanti.
Il costo energetico di un materiale, calcolato nei diversi stadi della sua produzione, posa in opera e riciclaggio,
che in passato era quasi sempre stato trascurato o considerato marginale (anche in ragione dei limitati costi
dell'energia), sta diventando sempre pi di fondamentale importanza.
Da varie parti, inoltre, viene ormai suggerito, quando non addirittura imposto, che i costi indiretti legati ai danni
di qualsiasi tipo provocati da ciascun processo industriale vengano contabilizzati nel prezzo finale del prodotto
che ne deriva (vedasi, ad esempio, l'obbligo per le societ che gestiscono le cave di sostenere le spese di
ripristino ambientale allo scadere della concessione). Di conseguenza, le scelte future non saranno pi falsate dal
profitto derivante dalla produzione di materia li di per s poco costosi ma che richiedono alla collettivit di
sopportare un costo addizionale indiretto a volte molto elevato.
E' fuor di dubbio che, in relazione ai suddetti fattori decisionali, il legno evidenzi alcuni considerevoli vantaggi.
Innanzitutto un materiale molto abbondante in vari Paesi ed interamente rinnovabile, a condizione che
vengano attuate le necessarie pratiche colturali previste da appositi piani di gestione e, ove possibile, siano
seguiti i principi dettati dall'assestamento forestale.
Il suo costo energetico particolarmente contenuto, tanto che l'energia richiesta per produrre una massa unitaria
di legname (1000 kWh/t) molto ridotta se confrontata a quella necessaria per altri materiali potenzialmente
concorrenti (l'acciaio, ad esempio, richiede circa 4000 kWh/t e l'alluminio fino a 70000). La lavorazione del
legno, inoltre, pu essere eseguita con un consumo energetico limitato sia manualmente, mediante attrezzature
semplici e rudimentali come accetta e sega, sia industrialmente, tramite impianti tecnologicamente sofisticati.
L'impatto ambientale delle attivit produttive, di posa in opera o riciclaggio risulta parimenti tra i pi ridotti (la
produzione iniziale della materia prima legno, che si realizza attraverso l'attivit fotosintetica delle piante
arboree, ha addirittura un impatto nettamente positivo).
Nell'ottica di un pi razionale impiego delle risorse e delle diverse tipologie di materiali disponibili, il legno non
pu quindi che ricoprire un ruolo di primaria importanza.
E' per indispensabile conoscere a fondo le sue caratteristiche specifiche, al fine di prevederne un impiego
ottimale in funzione dei requisiti richiesti e riconsiderare a brevissimo termine l'intera politica e
programmazione forestale mondiale e nazionale con l'obiettivo di conseguire una produzione pi adeguata ed
una migliore utilizzazione della risorsa esistente. Il nostro Paese, infatti, notoriamente impegnato sullo
scenario internazionale per la sua rilevante e qualificata attivit di trasformazione industriale (, ad esempio,
all'avanguardia nella produzione delle macchine per la lavorazione del legno, cos come in molti settori
dell'arredamento e del design ove la creativit degli ingegneri ed architetti italiani si esprime ai livelli pi
elevati) ma , purtroppo, notevolmente carente di materia prima, tanto che l'importazione di legname e dei
materiali legnosi costituisce la terza voce nel passivo della nostra bilancia commerciale dopo l'energia ed i
prodotti agro-alimentari.
Secondo una definizione di un certo effetto, il nostro Paese , infatti "ricco di boschi poveri" per cui, a causa
degli elevati costi di utilizzazione o della minor qualit degli assortimenti ritraibili, risulta spesso conveniente
importare il legname dall'estero piuttosto che usare quello di produzione interna e ci, ovviamente, non in
un'ottica di accumulo delle risorse finalizzata a garantirne una maggiore disponibilit futura. Anzi, a questo
proposito, opportuno sottolineare che, qualora non sia specificamente previsto da un razionale piano di
gestione, il mancato taglio dei soprassuoli forestali provoca un loro invecchiamento biologico cui pu
conseguire una maggior instabilit ecologica ed una minor funzionalit a cui la natura in grado di porre
rimedio con le proprie risorse solo in tempi lunghissimi e con cicli evolutivi secolari.
In funzione del clima, delle esigenze ecologiche della specie legnosa e dell'impiego finale previsto per gli
assortimenti ritraibili, gli alberi possono raggiungere la maturit con turni di soli 10 anni (per es. nei pioppeti),
ma possono anche richiederne pi di 100 (nel caso di fustaie di varie specie longeve), passando per un'ampia
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gamma intermedia caratterizzata da diverse tipologie selvicolturali (cedui, piantagioni a rapido accrescimento,
fustaie tropicali).
In ogni caso, come accade per un capitale di cui si prelevano soltanto gli interessi maturati, finch le
utilizzazioni non supereranno i loro incrementi, molti popolamenti arborei continueranno a rimanere anche una
fonte inesauribile di preziosa materia prima. Potranno, infatti, variare la composizione del soprassuolo o le
dimensioni dei fusti destina ti all'abbattimento ma, tramite un'appropriata gestione forestale, la risorsa principale
continuer a riprodursi. Anzi, ampiamente dimostrato che una gestione intensiva e corretta, se ecologicamente
sostenibile, pu determinare un aumento anche consistente della produzione legnosa senza particolari
controindicazioni di carattere ambientale.
microlamellari (commercialmente note con i termini di "LVL", abbreviazione di Laminated Veneer Lumber, o
"PLV", per Parallel Laminated Veneer) in cui la fibratura del legno risulta, invece, parallela.
La composizione e l'incollaggio di elementi in legno massiccio (listelli, tavolette, ecc..) con sfogliati sottili di
rivestimento superficiale sono alla base della produzione dei paniforti.
Elementi di dimensioni inferiori, noti con il termine collettivo di "particelle", includono unit con forma
leggermente diversa tra loro, quali ad esempio scaglie, schegge, trucioli, ecc.. Esse hanno, in genere, lunghezza
di 30 mm (a volte superiore) e vengono agglomerate a formare pannelli detti, appunto, "di particelle" (tra i quali
si annoverano, ad esempio, i waferboards, i flakeboards e i chipboards o "truciolari") che possono presentare o
meno una direzione preferenziale di orientazione dei loro elementi unitari, anche in strati diversi.
Singole fibre o fascetti di queste costituiscono, infine, le unit elementari utilizzate per realizzare ulteriori
tipologie di prodotti come, ad esempio, nel caso della carta, dei pannelli di fibre o dei compositi di tipo analogo.
Tuttavia, mentre le fibre sono anisotrope, a seconda dell'orientazione reciproca tra le suddette unit, il prodotto
finale pu risultare anch'esso isotropo nel piano del pannello oppure evidenziare propriet direzionali.
La produzione mondiale di pannelli a base di legno, che attualmente di circa 1 m3 per ogni 4 m3 di legname
segato, indica chiaramente l'importanza dei suddetti materiali derivati. Non vi sono dubbi, peraltro, che essa sia
destinata ad aumentare grazie all'uso di legname di dimensioni via via pi ridotte reso possibile dai moderni
progressi tecnologici nel settore delle macchine per la trasformazione industriale del legno, anche se, per il
momento alcuni degli impieghi citati risultano economicamente proponibili solo disponendo di assortimenti
legnosi di un certo diametro, come nel caso, ad esempio, della sfogliatura o della tranciatura.
Le attivit economiche
Le attivit economiche legate al legno, che rientrano anche sotto la denominazione di "filiera legno", possono
essere raggruppate, nel loro insieme, in quattro settori principali:
1.
2.
3.
4.
produzione legnosa;
prima lavorazione (o trasformazione);
seconda lavorazione;
commercio.
La produzione forestale concettualmente molto simile a quella di vari settori dell'agricoltura ed ha come
obiettivo principale (anche se non l'unico) la migliore utilizzazione delle potenzialit ecologiche offerte da una
determinata stazione 2 . Essa produce biomassa che viene misurata in volume apparente (o in peso) di legname
commercialmente ritraibile, in genere, al netto del volume della chioma (rami e cimale) degli alberi stessi.
Per il settore della prima lavorazione il compito prioritario quello di trasformare la materia prima legno in
"semilavorati" cio in elementi utilizzabili per le attivit produttive che seguiranno.
E' a questo livello che possono e devono realizzarsi le attivit di sintesi ed elaborazione di un materiale. Il
legno, infatti, non quasi mai utilizzato nel suo stato originario, cio esattamente come viene prodotto in
natura, ma subisce, in genere, un processo di suddivisione pi o meno accentuato (mediante un'azione di taglio)
ed un'operazione di essiccazione che determinano importanti modifiche delle sue propriet fisiche e meccaniche
(peraltro estremamente limitate a livello cellulare in confronto a quanto possibile ottenere con altri materiali
quali leghe e polimeri).
Inoltre, a partire da quegli "elementi unitari" che sono anche stati anche definiti come costituenti fondamentali
di una "tavola non periodica degli elementi legnosi di base" (toppi, travi, segati, fogli, particelle, fibre, cellulosa,
ecc..), possibile realizzare molteplici combinazio ni che, tramite un processo controllato di riaggregazione,
2
Nell'ambito delle scienze forestali tale termine indica il complesso dei fattori ambientali di un determinato sito che possono avere
influenza sull'accrescimento del soprassuolo vegetale.
conducono a materiali nuovi, le cui propriet possono essere molto diverse rispetto a quelle del legno originario
e, soprattutto, pi uniformi (vedasi, ad esempio, le strutture lamellari, i pannelli, la carta, ecc..).
L'attivit di prima trasformazione riveste, dunque, un ruolo chiave nei riguardi di una risorsa forestale
teoricamente disponibile per molti settori potenziali utilizzatori dei semilavorati che da essa possono derivare.
Le maggiori difficolt risiedono proprio in questa sua posizione strategica: chi impegnato nella prima
trasformazione del legno deve, infatti, conoscere in dettaglio le caratteristiche della materia prima, la sua qualit
e variabilit, ma deve altres tener conto delle esigenze dei settori a valle nell'ambito della filiera e dar prova di
grande ingegnosit per realizzare, a prezzi competitivi, elementi di materiali ben definiti a partire dal legname
disponibile.
La seconda lavorazione , invece, costituita da un insieme di settori produttivi la cui attivit legata solo
parzialmente alla conoscenza degli aspetti tecnologici della materia prima legno e dei materiali derivati.
Il suo obiettivo quello di realizzare prodotti che rispondano ad una domanda di mercato.
Un mobilificio, ad esempio, come qualsiasi altra industria del settore manifatturiero, ha in magazzino vari
elementi di materiali diversi che servono per l'assemblaggio di un certo prodotto finito e che sono definiti
indicandone una configurazione geometrica (caratteristiche dimensionali) ed un insieme di propriet (fisiche,
meccaniche, estetiche, prestazionali, ecc..) ritenute adatte a soddisfare le esigenze previste per un determinato
impiego. Detti elementi, quale che sia il materiale in questione (la terminologia tecnica varia in funzione del
diverso settore merceologico), potranno essere costituiti da fogli o lamine (lastre o lamiere nel caso di metallo,
tranciati nel caso del legno), elementi a sezione poligonale (per esempio, segati o pannelli), o altro.
Sostanzialmente, quindi, all'attivit di seconda lavorazione (ad esempio, nel caso di un industria del settore
dell'arredamento) interessano prevalentemente la tipologia ed il volume di questi elementi mentre viene ignorato
del tutto l'albero da cui essi provengono, cos come in un'officina meccanica, generalmente, non si sa nulla della
colata da cui sono state ricavate le barre d'acciaio in uso.
Si profila dunque l'esistenza di un rischio effettivo d'incomprensione e di interpretazioni erronee tra i settori
della produzione legnosa e della seconda lavorazione. Ci risulta ancor pi evidente oggigiorno che, a livello di
quest'ultima, si utilizzano con sempre maggior frequenza ( ci perfettamente logico ed auspicabile) i materiali
pi vari che vengono assemblati tra loro al fine di ottimizzare le caratteristiche ed il costo del prodotto richiesto.
Il commercio, infine, almeno per quanto riguarda l'Italia, e proprio in considerazione della carente disponibilit
interna di materia prima, occupa una posizione preponderante potendo, tra l'altro, intervenire al termine
dell'intera sequenza produttiva od a qualsiasi livello tra le attivit precedenti. Esso, tuttavia, implica ugualmente
la necessit da parte degli operatori di sviluppare una buona preparazione professionale che includa adeguate
conoscenze tecniche relativamente ai prodotti offerti.
Relativamente alle sue propriet intrinseche, il legno, in quanto prodotto naturale di origine biologica,
caratterizzato da un elevato grado di variabilit.
Ci dipende, innanzi tutto, dal gran numero di specie legnose esistenti che, peraltro, non esattamente noto.
Stime attendibili parlano di pi di 30000, ma la gran parte di esse vegeta nelle Regioni tropicali ove, ancor oggi,
la flora non stata completamente esplorata. Il numero delle specie botaniche il cui legname costituisce un reale
oggetto di commercio attualmente limitato ad una piccola frazione del totale, considerando, per, che la
maggior parte delle propriet meccaniche del legno sono influenzate dalla sua massa volumica, il fatto che la
Balsa, la specie pi "leggera", abbia un valore di tale caratteristica fisica pari a circa 160 kg/m3 in confronto a
quello di circa 1280 kg/m3 del Lignum vitae, una tra le specie pi "dense", evidenzia con chiarezza le possibili
differenze riscontrabili.
Oltre alle differenze di carattere genetico, la variabilit del legno delle diverse specie spesso dovuta
all'influenza di alcuni fattori di tipo ambientale e selvicolturale sull'accrescimento dei fusti arborei.
La variabilit delle caratteristiche del legno si manifesta, inoltre, non solo tra soggetti arborei di specie diverse
(variabilit interspecifica), ma ugualmente fra individui della stessa specie anche appartenenti allo stesso
popolamento (variabilit intraspecifica) e, addirittura, all'interno di uno stesso fusto, in quanto i modelli naturali
di accrescimento e l'eterogeneit anatomica che pu derivarne legano le propriet di un campione di legno alla
sua posizione radiale (intesa come distanza di prelievo rispetto al centro della sezione trasversale del tronco) ed
all'altezza lungo il fusto dal quale stato ricavato.
Per un corretto impiego del legno, pertanto, importante tener conto di tutti i vari fattori di variabilit elencati.
Nel caso, poi, di un uso strutturale opportuno che qualsiasi calcolo relativo alle caratteristiche di resistenza
meccanica del legno debba basarsi, per motivi di sicurezza, sui valori minimi registrati per la sollecitazione
considerata piuttosto che sulla media dei risultati ottenuti. Infatti, il coefficiente di variazione (ovvero lo scarto
tipo espresso in percentuale rispetto al valore medio) della resistenza del legno privo di difetti nei confronti
delle principali sollecitazioni piuttosto elevato e mediamente pari al 20%.
Un'ulteriore importante causa di variabilit dei valori di resistenza del legno la presenza di difetti quali, ad
esempio, nodi, deviazioni della fibratura ed alterazioni fungine che, proprio per tale motivo, rappresentano i
principali parametri da prendere in considerazione nella classificazione del legname per uso strutturale. A questo
proposito, il valore della tensione ammissibile a flessione per tavolame misto di Douglas e Larice, importato
dagli Stati Uniti e classificato visivamente, pu variare da 1,9 a 16,9 N/mm2 a seconda della diversa classe di
resistenza determinata dalle tipologie di difetti presenti. Per tener conto dei molteplici fattori di variabilit e
rappresentare in maniera pi corretta le reali condizioni di sollecitazione del materiale in opera, l'Eurocodice 5
(EC5) prevede, ad esempio, di utilizzare nei calcoli per la progettazione e verifica delle strutture di legno i valori
di resistenza determinati su provini di medie dimensioni presentanti difetti e di considerare come "valore
caratteristico" quello corrispondente al 5 percentile inferiore della distribuzione di frequenza della propriet in
esame.
Il legno un materiale fortemente anisotropo, nel senso che per la particolare disposizione degli elementi
cellulari che lo compongono le sue caratteristiche anatomiche e morfologiche dipendono dalla sezione
esaminata e le sue stesse caratteristiche e propriet tecnologiche sono influenzate in modo significativo dalla
direzione lungo la quale vengono rilevate.
Se il fusto di un albero viene tagliato perpendicolarmente al suo asse di accrescimento, la sezione trasversale che
ne deriva pu evidenziare una serie di anelli concentrici che rappresentano i segni dei vari accrescimenti legnosi.
Se tagliato parallelamente al suo asse di accrescimento si possono ottenere sezioni longitudinali, orientate
lungo piani normali o tangenziali ai suddetti anelli, che, pertanto, evidenziano caratteristiche specifiche.
In pratica, il legno pu essere sezionato lungo qualsiasi direzione trasversale - che corrisponde, ad esempio, alla
"testata" di un tronco o di un segato - e lungo infinite direzioni longitudinali che risultano, a loro volta, distinte
in "longitudinali radiali", "longitudinali tangenziali" o intermedie tra queste.
Ai fini della caratterizzazione delle sue propriet fisico-meccaniche ugualmente importante distinguere se
queste risultano o meno misurate secondo la direzione longitudinale, che anche detta "assiale" o "parallela alla
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fibratura", in quanto gran parte delle cellule costituenti i tessuti legnosi sono orientate in tal senso. La resistenza
del legno e la sua rigidezza (in particolare nei confronti di una sollecitazione di trazione) sono, infatti, molto
elevate parallelamente alla fibratura e molto ridotte perpendicolarmente ad essa. Al contrario, le variazioni
dimensionali che accompagnano la perdita di umidit del legno (fenomeno meglio noto come "ritiro") sono
piuttosto lievi parallelamente alla fibratura e decisamente pi ingenti lungo le direzioni radiali e tangenziali. Nel
caso, ad esempio, della resistenza e del modulo di elasticit a trazione, i valori estremi ottenuti nelle diverse
direzioni stanno tra loro nel rapporto di circa 50:1. Nel caso, invece, del ritiro, il valore in direzione assiale
trascurabile mentre quello tangenziale pu essere particolarmente elevato (in media il doppio di quello radiale e
fino a 10-15 volte superiore a quello assiale).
Il grado di anisotropia del legno pertanto notevole. Qualora venga trascurata al curvatura degli anelli di
accrescimento, esso pu, tuttavia, essere considerato un materiale ortotropo e tale approssimazione valida, a
maggior ragione, nel caso di campioni ricavati ad una certa distanza dal centro del fusto.
In ben determinate condizioni di impiego, il legno un materiale estremamente durevole.
Mobili con intarsi di notevole pregio artistico ritrovati nelle tombe dei Faraoni si sono conservati perfettamente
per oltre 4000 anni. Il clima molto secco e costante all'interno delle piramidi ha, infatti, permesso che, in tal
caso, si realizzassero le condizioni ideali per la sua preservazione da qualsiasi agente di degradamento. Anche
in Giappone, tuttavia, Paese a clima piuttosto umido, si ritrovano ammirevoli edifici sacri in legno ancora
integri dopo 1300 anni di servizio e parimenti, nel clima ancor pi rigido e severo delle montagne norvegesi,
esistono numerosi esempi di costruzioni interamente in legno (stave churches) erette da circa 800 anni e
conservatesi in ottimo stato.
Il legno , comunque, biodegradabile e se, sotto un certo aspetto, ci pu costituire un vantaggio (quando, ad
esempio, un prodotto ligneo diviene inutilizzabile e deve essere smaltito), rappresenta spesso un grave pericolo
nel momento in cui interessa, invece, la sua conservazione e durata dopo la posa in opera.
La soluzione per un'efficace prevenzione quella di creare condizioni sfavorevoli allo sviluppo degli organismi
che possono causarne il biodegradamento e che sono rappresentati principalmente da funghi e insetti. Nel caso
dei primi, ad esempio, importante mantenere il legno allo stato essiccato, evitando che la sua umidit possa
superare una certa soglia di rischio. Nel caso, invece, di alcuni insetti particolarmente dannosi, come ad esempio
le termiti, assolutamente necessario evitare il contatto del legno con il terreno.
Il legno esposto alle intemperie pu, comunque, conservare anch'esso a lungo la sua funzionalit senza
evidenziare particolari problemi qualora venga impiegata la specie pi adatta (ciascuna specie botanica , infatti,
caratterizzata da un certo livello di durabilit biologica naturale) ed i dettagli costruttivi prevedano che l'acqua
possa evacuare velocemente dalla superficie, evitando il pericolo di ristagno di umidit o di fenomeni di
condensazione che risultano dannosi specialmente in prossimit di eventuali giunzioni, cavit e nelle zone di
contatto con la muratura perimetrale.
In alternativa, contro i rischi di alterazioni fungine o di attacco da parte di insetti, possono rivelarsi efficaci vari
tipi di trattamenti preservanti.
Il legno suscettibile all'azione del fuoco, tuttavia, mentre elementi lignei di dimensioni limitate bruciano molto
facilmente, strutture di ampia sezione risultano, invece, molto resistenti.
A condizione che venga realizzata una corretta progettazione, seguiti adeguati sistemi ed idonee precauzioni
costruttive, le strutture di legno offrono un elevato grado di sicurezza nei confronti del rischio di incendio e, a
differenza di quelle realizzate con altri ma teriali, permettono di evacuare in tempo utile le aree colpite e di
intervenire opportunamente per riportare l'evento sotto controllo.
Durante le prime fasi di sviluppo di un incendio, infatti, le strutture di legno conservano la maggior parte della
loro resistenza originaria evitando il rischio di cedimenti improvvisi che spesso si verificano nel caso di altri
materiali. Ci risulta possibile per la bassa conducibilit termica del legno ed ancor pi per quella dello strato
carbonizzato che si forma sulla sua superficie al contatto con il fuoco. A questo proposito, inoltre, conoscendo la
velocit di carbonizzazione possibile stimare con buona attendibilit la sezione resistente residua dei vari
elementi che compongono una struttura lignea e stabilire a quale intervallo di tempo dall'inizio di un eventuale
incendio essa in grado di resistere.
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In quanto materiale igroscopico, il legno tende ad assorbire o a cedere umidit in una continua ricerca
dell'equilibrio con le condizioni termo- igrometriche (di temperatura e umidit relativa dell'aria) dell'ambiente
con cui a contatto.
Le variazioni di umidit del legno al di sotto del punto di saturazione, che rappresenta lo stato teorico in cui tutte
le pareti cellulari sono sature d'acqua senza che questa sia presente nelle loro cavit, hanno un'importanza
pratica su tutte le sue propriet.
Durante l'essiccazione (sia che essa avvenga mediante stagionatura naturale od essiccazione artificiale) il legno
, infatti, soggetto a fenomeni di ritiro dimensionale; viceversa, se viene messo nuovamente a contatto con
acqua od umidit elevata, subisce un rigonfiamento.
Il ritiro volumetrico totale del legno nel passaggio dallo stato fresco a quello anidro (quest'ultimo conseguibile
solo in condizioni controllate di laboratorio) varia, in funzione delle diverse specie, da circa 6 a pi del 20%.
Mediamente, circa 2/3 del suddetto ritiro si manifestano in direzione tangenziale e circa 1/3 in quella radiale,
mentre il ritiro longitudinale risulta, come gi detto, trascurabile.
Il legno in opera subisce, peraltro, variazioni di umidit tali da determinare una frazione limitata del potenziale
ritiro totale, sebbene, anche in tal caso, le sue variazioni dimensionali (unitamente ad eventuali deformazioni
indotte dalle forze in gioco) possano risultare importanti.
Per contenere l'effetto dovuto ad oscillazioni termo- igrometriche brevi e limitate possibile intervenire con
opportuni rivestimenti protettivi che, tuttavia, non consentono di evitare completamente il fenomeno. In
alternativa il legno pu subire un trattamento chimico atto a ridurne l'igroscopicit, ma ci risulta spesso troppo
oneroso per la maggior parte dei suoi comuni impieghi.
Il metodo pi semplice ed efficace per risolvere il problema delle variazioni dimensionali del legno rimane,
pertanto, quello di utilizzarlo in maniera adeguata, cercando di evitare la posa in opera di singoli elementi
massicci che presentino ampie superfici tangenziali e, ove questo non sia possibile, facendo ricorso a soluzioni
tecniche grazie alle quali gli eventuali movimenti abbiano modo di verificarsi senza determinare particolari
inconvenienti.
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Il legno un tessuto vegetale, fibroso e consistente, che costituisce la struttura portante del fusto, dei rami e
delle radici degli alberi (e arbusti) appartenenti alla sottodivisione botanica delle Gimnosperme e Angiosperme
(limitatamente alla classe delle) dicotiledoni.
Le sue funzioni nell'ambito della pianta sono soprattutto quella fisiologica di trasporto dei liquidi, meccanica di
sostegno, di accumulo di sostanze nutritive e di produzione di secrezioni di vario tipo.
Il legno che riveste una certa importanza economica, se utilizzato per scopi diversi dalla combustione,
costituisce la materia prima per molti tipi di lavorazioni industriali. Quello ricavato dai fusti delle specie
arboree (le radici non trovano impiego; i rami sono per lo pi usati come combustibile), dopo essere stato
trasformato in legname da lavoro, diventa un materiale estremamente versatile, destinato a molteplici impieghi
sotto forma di travi, segati, legno lamellare, pannelli, ecc...
Materiale legnoso si riscontra anche nei fusti di un'altra categoria di vegetali, quella delle Angiosperme
monocotiledoni che include, ad esempio, i Bamb, i Rattan e le Palme; anch'esso simile al precedente in
quanto a composizione lignocellulosica ma ne differisce sostanzialmente nella struttura anatomica.
I legnami vengono comunemente distinti in softwoods (Conifere) o hardwoods (Latifoglie). Tale
denominazione fa' riferimento alla classificazione botanica 3 degli alberi da cui essi derivano ma indica,
parimenti, una diversa struttura dei loro tessuti. In pratica, poi, i due suffissi hard e soft sono prevalentemente
usati come aggettivi riferiti alla massa volumica e non, come farebbe supporre il loro reale significato tecnico,
alla durezza del legno, anche se, sia quello che presenta la minore massa volumica che quello caratterizzato dai
suoi valori pi elevati appartengono entrambi alle Latifoglie.
La denominazione dei vari legnami, in genere, la stessa degli alberi che li hanno prodotti, tuttavia esistono
alcune eccezioni a tale regola. In ambito tecnico e commerciale, ad esempio, il loro nome solitamente riferito
alla specie botanica (es: Rovere, Farnia, Cerro, ecc..) o, meno frequentemente, al genere di appartenenza (es:
Quercia).
Tra le indicazioni terminologiche pi comunemente usate si possono, comunque, ricordare e distinguere le
seguenti:
NOME SCIENTIFICO: indica il nome della specie botanica da cui proviene il legname esprimendolo secondo
la nomenclatura binomia.
Tale nome si compone di due termini scritti e pronunciati in latino (in modo che possano essere usati e compresi
universalmente) che indicano il genere e la specie botanica e dell'iniziale o dell'abbreviazione del nome del
botanico che per primo ha descritto la specie stessa (es. Abies alba Mill.). Quest'ultima precisazione, tuttavia,
non compare generalmente nelle pubblicazioni relative agli impieghi tecnici del legno ove, al massimo, viene
usato il nome scientifico abbreviato (es. Abies alba).
Nel caso di pi specie legnose appartenenti ad uno stesso genere botanico, si usa indicare il nome del genere
seguito dalla sigla "spp." (es: Khaya spp., Pinus spp., ecc..).
NOME LOCALE: quello correntemente utilizzato nei Paesi in cui il legname stato prodotto.
Le lingue di riferimento pi comuni sono: l'inglese, il francese, lo spagnolo, il portoghese (parlato, ad esempio,
in Brasile e Angola), varie lingue o dialetti africani, asiatici e sudamericani.
NOME COMMERCIALE: quello pi ricorrente nelle contrattazioni commerciali ed spesso scelto sulla
base di criteri legati alla maggior facilit di pronuncia o memorizzazione.
Talora i nomi commerciali fanno riferimento a ben determinate caratteristiche del legno o della specie botanica
("Legno ferro", Bois de rose, Tulipier, ecc.), tal'altra a denominazioni di fantasia.
La grande maggioranza delle specie legnose appartenenti alle Conifere sempreverde, mentre nel caso delle Latifoglie
caducifoglia.
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NOME PILOTA: quello ritenuto pi adatto ad essere usato nelle diverse lingue.
Esso definito nell'ambito di un'apposita Commissione dell'A.T.I.B.T. (Association Technique Internationale
des Bois Tropicaux).
NOME UNIFICATO: quello stabilito dalle norme terminologiche nazionali.
L'elenco dei nomi unificati in uso in Italia contenuto nelle Norme UNI 2853, 2854 e 3917 che riportano anche
utili indicazioni relative alle corrispondenti denominazioni in uso nelle principali lingue straniere nonch il
nome scientifico abbreviato della specie botanica da cui proviene ciascun legname cons iderato.
Tropicali: con tale denominazione si indicano i legnami di specie botaniche che vegetano spontaneamente
nell'area geografica compresa tra i due tropici.
Talora, vengono comunque considerati "tropicali" anche i legnami di specie il cui areale naturale si estende al di
fuori di tale zona (legnami australiani, asiatici, sudamericani).
Altra dizione molto frequente e comune quella di "legnami esotici" che indica una generica provenienza da
luoghi molto lontani.
Nell'ambito della terminologia tecnico-commerciale si riscontrano, peraltro, varie possibilit di confusione ed
equivoci. Tra i molteplici esempi opportuno segnalare che:
nomi uguali spesso si riferiscono a legnami di specie appartenenti a generi botanici diversi (come, ad
esempio, nel caso del Noce del Tanganica o dei vari Mogani centroamericani, africani e asiatici).
La diminuzione della disponibilit di alcune specie botaniche ha, infatti, indotto i commercianti ad immettere
sul mercato, facendo uso di denominazioni scorrette ed arbitrarie, legnami (per lo pi esotici) che per una certa
somiglianza nell'aspetto naturale o previo idonei trattamenti artificiali (di impregnazione, verniciatura, ecc.)
riproducono, in modo pi o meno conforme, le caratteristiche morfologiche di alcuni legni pregiati. Tale pratica,
spesso si configura come un tentativo di speculazione effettuato utilizzando, al posto di questi ultimi, legnami di
specie di costo contenuto e di scarso valore intrinseco. In genere, poi, quanto pi una denominazione "di
fantasia", tanto maggiore la probabilit che possa nascondere una volont di inganno. Non sarebbe, invece,
scorretto parlare di "legno di ......", tinto in color Noce, ecc..
legnami appartenenti a specie diverse dello stesso genere botanico vengono a volte riportati sotto una
stessa denominazione commerciale (come, ad esempio, nel caso del gruppo di legnami che rientrano sotto la
denominazione comune di Yellow pines, ecc..).
A questo proposito, dal momento che legnami di specie diverse ma appartenenti ad uno stesso genere
possiedono analoghe caratteristiche morfologiche, con adeguate conoscenze di botanica ed anatomia del legno
possibile ricercare legni di specie pregiate in aree geografiche in cui essi sono ancora poco o per nulla utilizzati
(tale approccio, peraltro, da tempo seguito soprattutto nel caso di molti legnami sostitutivi del Rovere, del
Noce, ecc..). Tuttavia, se in molti casi risulta oggettivamente difficile distinguere i suddetti legnami sulla base
delle sole caratteristiche macroscopiche, occorre anche considerare che, a volte, essi possono presentare
caratteristiche tecnologiche piuttosto diverse tra loro ( il caso, ad esempio, del legno di Rovere e di Cerro).
legnami appartenenti ad una stessa specie botanica sono spesso commercializzati con denominazioni
diverse a seconda della provenienza geografica.
Soprattutto per i legnami tropicali vengono frequentemente utilizzate denominazioni molto diverse che sono
dovute per lo pi alla moltitudine di lingue e dialetti in uso nell'area geografica di provenienza (ad esempio:
Ayous, Obeche, Wawa, Samba) o ad effettive influenze di tipo ecologico, climatico e stazionale sulle
caratteristiche tecnologiche del legno (ad esempio, il Pino silvestre "di Svezia").
Altra tipica imprecisione lessicale molto comune nel commercio del legno e quella relativa al termine "essenza".
Sul vocabolario italiano, con tale denominazione si indicano "sostanze volatili, dotate di odore aromatico,
prodotte per lo pi dalla distillazione di specie appartenenti al regno vegetale". La stessa dizione stata per
impropriamente introdotta nella letteratura botanica, forestale e tecnologica come sinonimo di "specie
tassonomica". Essa un francesismo (dal francese essence = "specie legnosa", oltre che "benzina") che, se non
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crea confusione al lettore italiano, pu trarre in errore un traduttore straniero il quale, con l'impiego del nostro
vocabolario, potrebbe tradurre il termine "essenze forestali" con "ol essenziali forestali".
La questione offre lo spunto per sottolineare l'importanza di fare sempre riferimento a norme ben precise
nell'indicare e valutare qualsiasi caratteristica o propriet di un prodotto. Tra le varie tipologie di norme esistenti
(terminologiche, metodologiche, prestazionali) quelle terminologiche risultano appunto fondamentali
nell'ambito del settore del commercio e della produzione del legno in quanto, unificando i termini e le
definizioni tecniche, forniscono agli operatori un linguaggio comune consentendo, qualora regolarmente
applicate, di evitare confusioni, malintesi, contestazioni o, addirittura, controversie giudiziarie.
Al fine di evitare o ridurre al minimo le possibilit di equivoci ed incomprensioni sarebbe, pertanto, opportuno
utilizzare:
1) il NOME UNIFICATO del legname (eventualmente il NOME PILOTA se si tratta di transizioni commerciali
internazionali) o, se questo non esiste, il NOME COMMERCIALE o il NOME LOCALE di pi frequente
impiego, precisando, se possibile, il NOME SCIENTIFICO (anche abbreviato) della specie botanica da cui esso
stato ricavato;
2) la PROVENIENZA GEOGRAFICA, necessaria per giudicare se lecito attribuire al legname in esame le
caratteristiche tipiche normalmente riferibili alla specie a cui esso appartiene. Alcune caratteristiche
tecnologiche, infatti, risultano molto spesso influenzate da fattori climatici e pedologici legati alla stazione in cui
l'albero cresciuto e quindi alla sua provenienza geografica.
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Sotto la denominazione di "legno" viene comunemente intesa la materia prima fornita dai fusti degli alberi a
seguito di un'attivit vegetativa che si esplica mediante un accrescimento primario (in altezza) e secondario (in
diametro) e d luogo alla formazione di successivi strati concentrici di conoidi legnosi.
Le caratteristiche macroscopiche del legno sono quelle visibili ad occhio nudo o con una lente a piccoli
ingrandimenti (2x, 3x). Prendendo come riferimento l'asse di accrescimento di un fusto, esse variano nella loro
apparenza in funzione del piano lungo il quale il campione viene sezionato ed osservato.
A tal proposito si possono considerare tre sezioni principali:
trasversale
longitudinale radiale
longitudinale tangenziale
Tali sezioni risultano ricavate tramite un taglio eseguito lungo le tre direzioni omonime e che determina
l'ottenimento di tre superfici corrispondenti. La superficie trasversale , ad esempio, quella relativa alla testata di
un tronco, quelle longitudinali sono, invece, ben evidenti sulle superfici principali di molti prodotti derivati (ad
esempio, sui segati).
SEZIONE TRASVERSALE
La sezione trasversale di un fusto arboreo presenta, generalmente, una forma circolare sulla cui superficie, a
prima vista, spesso possibile riconoscere una porzione centrale di midollo, una intemedia di legno o xilema,
che esplica prevalentemente la funzione di trasporto della linfa grezza dalle radici verso la chioma e conferisce
rigidezza alla pianta, ed una esterna nota con la denominazione generica di corteccia.
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Anelli di accrescimento
Le piante arboree aumentano di diametro grazie all'attivit simmetrica del cambio in direzione radiale. Il fusto
modifica, cos, progressivamente nel tempo la propria forma, mentre le apposizioni successive di nuovi strati
legnosi si configurano come una serie di anelli di accrescimento, spesso ben visibili in una sua sezione
trasversale, localizzati internamente alla fascia periferica cambiale e intorno alla porzione centrale di midollo.
Tale organizzazione dipende dalle modalit di sviluppo della pianta che consistono nella sovrapposizione, per lo
pi periodica, di conoidi di accrescimento concentrici.
Tra i vari tipi di cellule che compongono il legno, quelle parenchimatiche svolgono la funzione di trasporto delle sostanze elaborate e
di accumulo delle sostanze di riserva. Le cellule parenchimatiche, come verr meglio descritto nel capitolo successivo, formano
gruppi cellulari disposti prevalentemente in direzione radiale (nel cui caso costituiscono i cosidetti "raggi parenchimatici") o assiale.
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Nei climi temperati e freddi l'attivit vegetativa degli alberi non continua ma subisce un'interruzione durante la
stagione invernale in cui le temperature raggiungono valori critici, a prescindere dal fatto che l'albero possa
apparire "sempreverde". Gli anelli di accrescimento, ad ognuno dei quali corrisponde, in molti casi, un ciclo
annuale di vegetazione che si estende generalmente dalla primavera all'autunno, costituiscono quindi una
manifestazione pi o meno regolare di un'attivit periodica riscontrabile anche in altri fenomeni naturali quali,
ad esempio, la formazione delle corna di uno stambecco.
Nel corso dell'accrescimento, inoltre, la formazione dei tessuti legnosi non omogenea ma caratterizzata da
un'intensa produzione iniziale che tende a rallentare man mano che la stagione avanza per poi arrestarsi
completamente nel tardo autunno.
Durante questo ciclo, le dimensioni e la densit delle cellule costituenti il legno possono variare in maniera pi o
meno accentuata dando origine a differenziazioni che consentono di distinguere i diversi anelli di accrescimento
e di individuare, al loro interno, due distinte porzioni di tessuti, spesso strutturalmente diverse tra loro e
caratterizzate da un diverso colore o da una diversa compattezza.
In tal caso, ogni anello di accrescimento costituito da un settore generalmente pi chiaro, meno denso, relativo
alla porzione di tessuti legnosi formatisi all'inizio della ripresa vegetativa, detto legno primaticcio, e da un
settore pi scuro e compatto, che corrisponde alla porzione di tessuti formatisi nella stagione inoltrata, noto
come legno tardivo.
Nelle Conifere, ad esempio, si formano cellule a lume ampio e pareti sottili alla ripresa dell'attivit vegetativa e
cellule schiacciate radialmente, con lume ridottissimo e pareti molto spesse verso il termine del periodo di
accrescimento annuale. Ne consegue che, ad un'osservazione macroscopica, la prima zona appare pi chiara
mentre la seconda assume una colorazione bruna (o in ogni caso pi scura), con un contrasto quasi sempre
evidente nel passaggio tra un anello di accrescimento e il successivo.
Nelle Latifoglie, alla ripresa vegetativa, la necessit di una facile e rapida circolazione dei succhi pu portare, in
alcune specie, alla formazione di cellule con lume particolarmente ampio oppure a un loro maggior numero per
unit di superficie trasversale. Caratteristica delle Latifoglie, infatti, la presenza di pori, cio piccole aperture
di forma rotondeggiante che consistono nel lume cellulare di elementi vasali (cellule adibite alla funzione di
conduzione) sezio nati trasversalmente e che in genere risultano visibili ad occhio nudo all'interno degli anelli di
accrescimento. Man mano che la stagione procede, il diametro e/o il numero di tali cellule pu diminuire e, di
conseguenza, la percettibilit dei singoli ane lli legata pi ad una differenza di compattezza che ad una diversa
tonalit di colore dei tessuti.
Sulla base della distribuzione dei suddetti pori nell'ambito di ciascun anello di accrescimento, le Latifoglie
vengono poi classificate in due categorie principali:
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Esempi di possibile distribuzione della porosit nel legno di latifoglie. (sez. trasv. 14x).
Da sinistra: anello poroso, anello semi-poroso, porosit diffusa. Da [12].
Nelle specie legnose che vegetano in climi tropicali, gli anelli di accrescimento non sono sempre ben
distinguibili ad occhio nudo e la loro eventuale apparenza generalmente dovuta a periodi di alternanza tra
stagioni piovose ed asciutte.
Nelle aree geografiche caratterizzate da un andamento costante delle precipitazioni (ad esempio, nelle foreste
pluviali equatoriali) le ragioni della presenza di anelli di accrescimento ben distinti, come a volte possibile
rilevare, non sono state, invece, ancora completamente chiarite.
Il termine di "anelli annuali", che spesso utilizzato come sinonimo di "anelli di accrescimento", non ,
comunque, corretto, neppure se limitato alle specie che vegetano nelle aree geografiche a clima temperato,
poich si possono verificare alcuni casi anomali.
Non tutte le specie legnose, infatti, rispondono in maniera identica, con le stesse modalit e con lo stesso ritmo
per quanto riguarda l'accrescimento. Talvolta, nel corso della stessa stagione vegetativa, alcune interrompono
temporaneamente l'attivit cambiale, dando origine ai cosidetti "falsi anelli" (anelli doppi, tripli); in altri casi,
possono formarsi anelli che non si estendono a tutta la sezione trasversale del tronco (anelli discontinui); in
qualche stagione, infine, pu addirittura accadere che non si verifichi alcuna formazione di anelli di
accrescimento (anelli mancanti).
Anelli di accrescimento doppi si riscontrano, soprattutto (nei Pini mediterranei, nel Cipresso ai limiti dell'areale,
nel Larice delle Alpi, nel Faggio dell'Italia centrale), quando l'attivit cambiale turbata da qualche fattore
esterno particolarmente sfavorevole, generalmente di tipo climatico (ad esempio, una siccit prolungata) o in
conseguenza di attacchi di patogeni che interessano gli apici vegetativi e provocano la riduzione della
produzione di ormoni dell'accrescimento o, addirittura, la defogliazione. In questo caso si nota un sottile strato
di cellule simili a quelle di legno tardivo, che sembrano delimitare l'anello, a cui segue una nuova formazione di
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cellule di tipo primaticcio allorch, nell'ambito della stessa stagione vegetativa, vengono ristabilite le normali
condizioni di accrescimento e l'attivit cambiale riprende regolarmente.
Anelli discontinui compaiono, per lo pi, in seguito ad un'interruzione localizzata della divisione del cambio
dovuta ad una carenza nutrizionale che si verifica, ad esempio, nel caso di alberi con chioma asimmetrica o
parzialmente danneggiata e nei soggetti stramaturi.
Le cause dell'omessa formazione di anelli risalgono, di solito, a drastiche modificazioni della morfologia o del
volume della chioma, a gravi disturbi nutrizionali, a stagioni particolarmente severe (il Larice delle montagne
bavaresi, ad esempio, sembra che perda fino a 5-6 anelli di accrescimento ogni cento).
Anelli doppi e discontinui sono, peraltro, abbastanza facilmente riconoscibili; pi difficile l'individuazione di
anelli mancanti che, spesso, pu essere rilevata solo per confronto, analizzando sezioni trasversali di fusti della
stessa specie provenienti da altre aree geografiche o da altri popolamenti.
Di conseguenza, la valutazione dell'et degli alberi fatta sulla base del conteggio degli anelli di accrescimento
deve essere sempre considerata con cautela (anche se, a volte possibile ovviare a ci potendo disporre di una
serie di dati relativi all'andamento climatico della zona).
Il conteggio degli anelli di accrescimento e la misurazione della loro ampiezza, infatti, vengono spesso utilizzati
per determinare l'et e la velocit di accrescimento degli alberi. Di tale tipo di indagini si occupano, con scopi e
metodologie differenti, la dendrocronologia e l'auxometria.
Per stimare in modo attendibile l'et degli alberi delle specie che vegetano nelle Regioni a clima temperatofreddo, deve poi essere necessariamente preso in considerazione il numero degli anelli di accrescimento visibili
in una sezione trasversale ricavata da una porzione del fusto in prossimit del terreno (ceppaia o testata di un
tronco tagliato in corrispondenza dell'inserzione delle radici). Nel caso, infatti, di un'altezza di prelievo diversa,
occorrer aggiungere un numero di anni corrispondente al periodo richiesto alla giovane pianta per raggiungere
l'altezza considerata. E' fondamentale, poi, accertarsi della presenza di eventuali falsi anelli o di anelli
discontinui.
Nei climi tropicali invece, dove la vegetazione non subisce un netto arresto, la formazione di nuovi tessuti
legnosi pu avvenire con continuit e gli anelli di accrescimento sono raramente visibili o non corrispondono ad
un ciclo di vegetazione legato all'anno solare, per cui non generalmente possibile utilizzare tale metodo per
condurre una stima attendibile dell'et degli alberi. In tal caso, gran parte delle considerazioni inerenti gli aspetti
selvicolturali si basano sul diametro dei fusti invece che su criteri cronologici e gli interventi su una stessa
particella vengono ripetuti con frequenza rego lare (ad esempio, ogni 30 anni) utilizzando le piante che hanno
raggiunto un valore diametrico minimo preventivamente stabilito a prescindere dalla loro et (come avviene
anche da noi per il trattamento selvicolturale delle fustaie disetanee).
L'ampiezza degli anelli di accrescimento pu essere notevole o limitata, a seconda che essi appaiano larghi o
stretti, ed generalmente variabile in quanto l'albero reagisce a diversi fattori endogeni ed esogeni.
Nei confronti di questa caratteristica possibile riscontrare differenze significative sia tra il legno di specie
botaniche diverse che tra quello di alberi appartenenti ad una stessa specie, come pure tra campioni prelevati da
porzioni diverse di uno stesso fusto.
L'ampiezza degli anelli risulta influenzata da fattori genetici, stazionali, climatici, nonch dall'esecuzione di
eventuali interventi colturali e da cause accidentali.
I vari fattori, poi, agiscono contemporaneamente e spesso in sinergia tra loro, mentre lo stesso accrescimento di
un anno dipende anche da quanto si verificato negli anni precedenti: un evento di particolare intensit (ad
esempio, un periodo di siccit prolungata), infatti, pu ripercuotere i suoi effetti per alcuni anni successivi.
A parit di condizioni ambientali, alcune specie possono manifestare una particolare rapidit di accrescimento,
altre possono crescere piuttosto lentamente; in alberi molto vecchi gli anelli pi esterni tendono ad avere uno
spessore particolarmente ridotto.
In genere, l'ampiezza degli anelli di accrescimento e la sua variazione nel tempo appaiono influenzate
soprattutto dalle condizioni ecologiche di accrescimento, nell'ambito delle quali la disponibilit di luce riveste
spesso un'importanza prioritaria.
In alcune Regioni, le variazioni di ampiezza degli anelli sono strettamente legate alle condizioni climatiche e, in
particolare, all'intensit delle precipitazioni ed alla temperatura registrate durante il periodo vegetativo. In tal
caso, risulta spesso possibile studiare il clima del passato e datare reperti archeologici mediante opportuni
confronti tra curve relative all'ampiezza degli anelli di un campione e curve climatiche di riferimento.
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Tale relazione migliore nelle aree geografiche dove l'accrescimento risulta condizionato da un fattore limitante
che, nelle Regioni aride, generalmente rappresentato dalle precipitazioni e, nelle Regioni fredde, dalla
temperatura.
Durame e alburno
Le cellule formate per ultime dall'attivit cambiale, quelle situate cio all'esterno della porzione legnosa
dell'albero, rimangono vitali per breve tempo e, svuotate dei contenuti cellulari, provvedono al trasporto della
linfa grezza dalle radici verso la chioma, ove l'attivit clorofilliana elabora le sostanze richieste per
l'accrescimento. Ad un certo momento, esse cessano tale funzione di conduzione subendo trasformazioni
consistenti, fondamentalmente, nella deposizione sulle loro pareti cellulari, e in parte anche all'interno del lume,
di particolari sostanze che modificano alcune importanti caratteristiche del legno stesso. Il fenomeno detto
"duramificazione " e comporta che la porzione interna del fusto pu evidenziare caratteristiche particolari
rispetto a quella periferica assumendo, in svariati casi, una colorazione diversa dalla zona pi esterna e di pi
recente formazione. Tali porzioni sono note rispettivamente come durame e alburno.
A livello cellulare e biochimico la duramificazione indotta o accompagnata dai seguenti fenomeni:
a) invecchiamento dei tessuti, per cui le cellule parenchimatiche muoiono subendo cambiamenti irreversibili
quali, in particolare, il degradamento del protoplasma (con tutte le conseguenze che da ci possono derivarne);
b) scomparsa dell'amido e sintesi di aminoacidi e prodotti di scissione pi semplici (con basso peso molecolare),
capaci di penetrare lentamente nelle pareti cellulari impregnandole.
In alcune specie legnose si nota, inoltre, un'intensa colorazione che deriva dall'ossidazione di sostanze
originariamente non pigmentate;
c) formazione, tra alburno e durame, di una "zona di transizione" ad intenso metabolismo in cui si registra
l'aumento degli enzimi idrolizzanti gli zuccheri e catalizzanti la biosintesi di polifenoli che vengono sintetizzati
a partire dai carboidrati provenienti dalla zona periferica attraverso i raggi parenchimatici. In prossimit del
bordo pi interno di questa zona, le cellule morte dei raggi costituiscono una barriera al passaggio ed alla
migrazione dei polifenoli per cui, man mano che il processo prosegue, si verifica un aumento della loro
concentrazione che, raggiungendo presto una soglia letale alle cellule parenchimatiche, induce il loro
degradamento e la conseguente formazione di un nuovo straterello di durame.
In molte specie legnose, dette "a durame differenziato", le due porzioni differiscono per il colore con cui si
presentano nelle varie sezioni anatomiche. In altre, note come specie "a durame indifferenziato", le due porzioni,
seppure diverse nelle loro funzioni e caratteristiche, hanno la stessa colorazione. I legni di Douglasia, Larice,
Pino, Rovere, Castagno, Noce, ecc.. presentano, ad esempio, una porzione centrale duramificata di colore pi
scuro rispetto a quella periferica e decisamente pi chiara di alburno. I legni di Picea, Abete, Acero, Tiglio, ecc..
non evidenziano, invece, differenze cromatiche apparenti tra le due zone.
In genere, poi, viene fatta un'ulteriore distinzione tra le specie che presentano sempre una differenziazione
cromatica (dette pertanto "a durame obbligatoriamente differenziato") e quelle che possono o meno
evidenziarla: per quest'ultime (Faggio, Frassino e Pioppo), infatti, viene usata la denominazione di specie "a
durame facoltativamente differenziato" o di "specie con falso durame".
Il durame, comunque, presente in tutti gli alberi di una certa et, indipendentemente dall'esistenza o meno di
eventuali variazioni cromatiche. La differenza tra le due porzioni legnose , infatti, soprattutto di carattere
funzionale, dal momento che, al crescere del diametro del fusto, dei rami principali e delle radici, i tessuti di pi
vecchia formazione, quelli cio corrispondenti agli anelli di accrescimento localizzati verso il centro della
sezione trasversale del fusto, smettono gradualmente di partecipare ai processi vitali dell'albero e cessano di
svolgere la funzione di conduzione e di accumulo delle sostanze di riserva provvedendo al solo sostegno
meccanico.
Tale evoluzione associata a modificazioni di carattere fisiologico, chimico e strutturale.
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In certi casi, quando il colore naturale del legno delle due porzioni rimane lo stesso, possibile usare opportuni
reagenti che mettono in evidenza parte delle suddette differenze. I composti chimici presenti negli estrattivi5
(che non sono uguali tra durame e alburno), infatti, possono dar luogo a colorazioni nettamente dis tinte pur
essendo il colore naturale del legno completamente indifferenziato. L'impiego di opportuni reagenti serve anche
per saggiare, negli alberi a durame indifferenziato, la capacit di assorbimento di liquidi o di soluzioni di vario
tipo in vista di eventuali trattamenti di impregnazione. A tale scopo, tuttavia, spesso sufficiente levigare ed
inumidire la superficie della sezione trasversale di un campione di legno essiccato (ad esempio quella di una
rotella ricavata da un tronco) e riprodurne l'aspetto con una fotocopiatrice: a causa della diversa permeabilit dei
tessuti, le due porzioni di durame e alburno evidenzieranno una diversa tonalit di colore.
Inoltre, poich la formazione di durame legata all'et dei tessuti legnosi, interessando la sezione trasversale del
fusto a partire dalla porzione pi prossima al midollo, l'ampiezza della zona caratterizzata da una diversa
tonalit cromatica diminuir progressivamente dalla base del fusto verso il cimale. La proporzione tra le due
diverse porzioni dipender, quindi, dai seguenti fattori:
specie legnosa considerata;
et del soggetto arboreo (ovvero altezza, lungo il fusto, della sezione esaminata);
condizioni di accrescimento.
Nei confronti delle propriet del legno, le principali differenze tra i tessuti di durame e alburno sono dovute al
fatto che la porzione di durame caratterizzata da una maggior massa volumica (da cui conseguono anche
resistenze meccaniche superiori) e da una minor alterabilit e facilit di degradamento da parte di funghi e
insetti che gli viene conferita dalle propriet antisettiche di molte sostanze duramificanti.
L'umidit del legno solitamente maggiore nell'alburno che nel durame (in particolare, nel legno di molte
Conifere), ma tale regola non deve essere considerata di carattere generale poich in alcune specie (ad esempio,
nei pioppi euramericani) l'umidit del durame a volte notevolmente pi elevata di quella dell'alburno.
Unitamente alla deposizione delle sostanze duramificanti si ha altres una diminuzione della permeabilit del
legno: nelle Conifere ci dovuto alla presenza di punteggiature aspirate 6 nella porzione duramificata, nelle
5
Complesso eterogeneo di sostanze generalmente presenti nel lume cellulare dei componenti anatomici del legno (in particolare nella
porzione di durame) che possono essere estratte mediante opportuni solventi. Da essi dipendono alcune caratteristiche peculiari del
legno delle diverse specie e in particolare il colore, la durabilit naturale, la tossicit delle polveri, ecc.. Per una loro descrizione pi
completa vedasi quanto riportato a pag. 46.
Le punteggiature sono minuscole aperture, di vario tipo e forma (areolate, semplici, ecc..), presenti sulle pareti laterali di molte
cellule legnose. Una punteggiatura si dice "aspirata" quando subisce modificazioni tali per cui non pi permeabile al passaggio di
liquidi.
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Latifoglie in parte conseguenza della formazione di tille, ovvero di occlusioni del lume delle cellule che
svolgono la funzione di conduzione.
Parimenti, vi pu essere una differenziazione nell'acidit (la quale pu venire misurata agevolmente mediante
rivelatori di pH) che non per univocamente diretta in un unico senso per tutte le specie giacch, per alcune
(Pioppi) l'alburno pi acido del durame, per altre (Eucalipti) risulta vero il contrario.
I succhi circolanti nell'albero, inoltre, contengono svariate sostanze (zuccheri, tannini, ecc.) - a cui possono
aggiungersene altre provenienti dalle cellule escretrici di resine o di gomme - che, quando si verifica una
diminuzione di umidit dovuta alla stagionatura o all'essiccazione artificiale, rimangono all'interno delle cavit
cellulari. Tale complesso di sostanze estraneo alle pareti cellulari e per la sua caratteristica di essere
generalmente solubile in acqua o in altri solventi, prende il nome di estrattivi. Per quanto si tratti di quantitativi
minimi, gli estrattivi ha nno grande importanza pratica perch intervengono nel processo di duramificazione
influenzando in modo determinante molte caratteristiche del legno quali, in particolare, il colore, l'odore e il
sapore, nonch la sua eventuale tossicit.
Riepilogando quanto gi detto, in relazione al processo di duramificazione, le specie legnose possono essere
divise in tre categorie:
A) Legni che presentano durame indifferenziato:
Abete rosso, Acero, ecc..
per i quali non si registrano rilevanti differenze di comportamento tra le due porzioni.
B) Legni a durame obbligatoriamente differenziato
Noce, Larice, Pini, ecc..
(netto)
Eucalipti, ecc..
(graduale)
che possono evidenziare:
1) una colorazione pi intensa e scura della zona di durame 7
- con tinte assolutamente diverse:
Ebano (alburno giallo, durame nero);
Acacia nilotica;
Tasso (alburno bruno-giallastro, durame color rosso vivo);
- ristretta alla parte centrale del fusto (Pini);
- occupante quasi tutta la sezione trasversale:
Robinia, Castagno;
Larice;
Douglasia;
2) un aumento della massa volumica del legno nel passaggio dalla porzione di alburno a quella di
durame, dovuta alla deposizione di sostanze duramificanti (fenomeno verificabile su provini attigui
presentanti un'egual ampiezza degli anelli di accrescimento ed una stessa percentuale di legno tardivo) ed
a cui consegue un aumento delle caratteristiche di resistenza meccanica del legno duramificato e, in
particolare, della sua durezza che connessa all'irrigidimento delle pareti cellulari;
3) una maggior durabilit del durame nei confronti dell'attacco da parte di funghi ed insetti, dovuta alla
scomparsa delle sostanze fermentescibili, originariamente presenti nei succhi cellulari, e dell'amido ed
alla loro sostituzione con sostanze che hanno propriet antisettiche (tannini e polifenoli);
4) una minor permeabilit del legno, dovuta alla formazione di tille negli elementi vasali di molte
Latifoglie ed alla diminuzione della possibilit di passaggio dei fluidi attraverso le punteggiature
areolate, divenute assai meno pervie in conseguenza della loro aspirazione, nelle Conifere;
5) una minor umidit del legno della porzione di durame rispetto a quella dell'alburno, anche se, a volte,
pu determinarsi un accumulo di acqua all'interno dei tessuti della porzione di legno duramificato. Non
sempre vero, infatti, che in mancanza di un flusso di soluzioni nelle cellule del durame questo debba
necessariamente essere meno umido dell'alburno (vedasi, ad esempio, il legno di Pioppo).
7
A questo proposito opportuno, tuttavia, non confondere la colorazione reale del legno con quella dovuta all'ossidazione dei succhi
cellulari fuoriusciti dalla porzione di alburno in seguito al taglio della pianta (vedasi, ad esempio, il caso del Ciliegio).
22
In sostanza, quindi, la duramificazione (da non confondere con la lignificazione) un processo fisiologico,
chimico ed enzimatico nel quale la cellulosa e la lignina delle pareti cellulari non intervengono minimamente.
Per quanto riguarda, infine, le considerazioni pratiche relative alla presenza del durame, nel caso di un fusto
arboreo esso porta a conseguenze di carattere tecnologico di notevole importanza in quanto pu influenzare in
vario modo l'impiego e le trasformazioni industriali del legno, apportando alcuni vantaggi ed alcuni svantaggi.
In linea di principio si pu affermare che il comportamento del durame tanto pi dissimile da quello
dell'alburno quanto maggiore il contenuto di estrattivi, tanto che, nel caso di durame indifferenziato (per
esempio nell'Abete rosso), a parte una diversa permeabilit dei tessuti, non possibile rilevare sostanziali
differenze di propriet o comportamento.
Tra i vantaggi si possono citare:
- il piacevole aspetto delle superfici del legno quando la porzione di durame presenta una
differenziazione cromatica;
- la maggior resistenza del durame nei confronti di eventuali alterazioni fungine e degli attacchi di
insetti, dovuta sia alla scomparsa dell'amido (fonte di nutrimento per molti agenti distruttori) che alla
presenza di tannini, polifenoli ed altri estrattivi tossici per gli organismi xilofagi;
- la possibilit, in determinati casi, di utilizzare gli estrattivi per diversi scopi industriali (estrazione di
sostanze concianti, coloranti, profumate, adesive, ecc..);
- l'aumento della durezza e delle altre caratteristiche di resistenza meccanica.
Tra gli svantaggi si devono annoverare, invece,:
23
- la minor permeabilit del legno a liquidi e gas, che causa inconvenienti o comunque rende pi lenta la
stagionatura o l'essiccazione artificiale e talora difficile o impossibile l'esecuzione di trattamenti
preservanti;
- il brusco e forte gradiente di umidit che a volte si stabilisce tra alburno e durame (per il fatto che il
primo, in genere, essicca pi rapidamente del secondo), da cui derivano tensioni interne che inducono il
durame a fessurarsi facilmente ed a manifestare vari inconvenienti durante la lavorazione;
- le variazioni di colore che gli estrattivi possono subire per esposizione all'aria ed alla luce o per l'
azione chimica di contatto con metalli o soluzioni varie;
- l'azione irritante, nociva o addirittura tossica di alcune sostanze contenute negli estrattivi;
- l'impossibilit di eseguire convenientemente l'incollaggio ed i trattamenti di verniciatura a causa
dell'azione inibente di determinati estrattivi.
Un'ulteriore caratteristica macroscopica del legno di alcune Conifere la presenza di canali resiniferi (tipica, ad
esempio, nel legno dei Pini, Abete rosso, Larice, Douglasia).
Questi sono pi numerosi e grandi nei Pini, in cui sono generalmente visibili, ad occhio nudo o con una lente,
come piccoli puntini di colore scuro o biancastro.
Nelle Latifoglie (soprattutto tropicali) si possono ritrovare, invece, canali secretori di sostanze gommose.
Tutti i legni, inoltre, posseggono raggi parenchimatici. Sulla superficie della sezione trasversale di un
campione, essi appaiono come linee radiali pi o meno sottili che si estendono, per lo pi, dalla periferia verso il
midollo e che, in alcuni casi, sono ben distinguibili ad occhio nudo per il fatto di presentare un colore
leggermente diverso rispetto ai tessuti legnosi circostanti .
La denominazione spesso usata di "raggi midollari" non corretta in quanto i raggi parenchimatici non sono
costituiti da cellule identiche a quelle del midollo (dal quale si dipartono, peraltro, brevi raggi di parenchima
primario) e non hanno sempre con esso un collegamento diretto. Man mano che il fusto aumenta di diametro,
infatti, i raggi parenchimatici tendono a divergere e, siccome per le necessit fisiologiche dell'albero non
possono essere troppo distanti tra loro, il cambio obbligato ad iniziarne di nuovi; essi, pertanto, non sono
sempre della stessa lunghezza pur avendo origine, verso l'esterno, tutti in corrispondenza del cambio.
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24
Nel legno di Conifere i raggi parenchimatici sono generalmente uniseriati e non sono, di conseguenza, visibili
ad occhio nudo.
Nel legno di Latifoglie hanno, invece, un aspetto pi vario: in alcune specie (Querce, Faggio, Platano) sono
larghi e cospicui, in altre sono molto sottili e difficili da distinguere anche con l'uso di una lente di
ingrandimento 8 . Nel legno del primo gruppo, comunque, sono contemporaneamente presenti sia raggi molto
sottili che molto spessi.
Alcuni legni evidenziano anche aggregati di cellule parenchimatiche assiali disposti in varie configurazioni
intorno agli elementi anatomici che svolgono le funzioni di conduzione e/o sostegno.
Corteccia
L'apparenza macroscopica di questo tessuto differisce in base alla specie legnosa (quella del Larice, ad esempio,
molto diversa da quella del Faggio) ed all'et della pianta.
L'aspetto superficiale della corteccia costituisce una caratteristica tipica della specie botanica e pu avere un
certo valore diagnostico ai fini del suo riconoscimento. In alberi molto vecchi la corteccia pu addirittura
superare 30 cm di spessore.
I diversi strati di accrescimento della corteccia non risultano, in genere, macroscopicamente demarcati come gli
anelli di accrescimento del legno.
Ad un'attenta osservazione, si possono rilevare due porzioni di corteccia:
una corteccia interna (di colore pi chiaro, sottile e caratterizzata da un'umidit elevata);
una corteccia esterna (pi scura, secca e suberosa).
Gli strati pi esterni della corteccia interna si modificano in un processo analogo a quello di duramificazione.
Nel contempo, gli strati pi esterni della corteccia esterna si distaccano gradualmente.
SEZIONI LONGITUDINALI
Le sezioni longitudinali danno luogo a due superfici principali caratteristicamente diverse l'una dall'altra e da
quella visibile in sezione trasversale.
Nell'osservazione macroscopica effettuata senza l'ausilio di lenti di ingrandimento (cio "ad occhio nudo"), di una generica sezione
trasversale o longitudinale di un campione di legno, i raggi parenchimatici risultano generalmente:
- invisibili, se sono mono o biseriati;
- appena percettibili, se sono costituiti da 3 a 5-7 file di cellule;
- ben visibili, se sono formati da pi di 7-8 file di cellule.
25
Nelle Querce formano le cosidette "specchiature" e danno luogo a caratteristiche figure decorative. Quando, per
la regolarit di formazione dei tessuti legnosi, il loro decorso rettilineo essi costituiscono specchiature con
bordi orizzontali e paralleli; quando, invece, i raggi sono deviati, le specchiature appaiono come macchie lucide,
discontinue ed allungate che, con un termine toscano particolarmente espressivo, vengono dette "slumacature".
La forma di queste ultime pu dipendere anche dalle modalit di taglio e cio se esso stato eseguito o meno
lungo una direzione effettivamente radiale.
26
IL LEGNO AL MICROSCOPIO
Il legno composto di una moltitudine di piccole unit, denominate "cellule"9 , il cui riconoscimento e studio
dettagliato diventato possibile solo in seguito alla scoperta del microscopio.
Hooke fu il primo ad osservare le cellule del sughero nel 1665.
Aspetto generale delle singole cellule legnose
Le singole cellule sono collegate tra loro in vari modi a formare i diversi tessuti legnosi, cio insiemi di cellule
che hanno forma, struttura e funzioni analoghe.
Mediante mezzi chimico- fisici, tuttavia, possibile sciogliere la sostanza che le cementa tenendole unite tra
loro. E' ugualmente possibile effettuare una separazione meccanica, ma tale pratica determina un gran numero di
fratture a danno delle loro pareti cellulari.
Il processo di separazione delle varie cellule noto con il termine di "macerazione".
L'osservazione microscopica di un campio ne di legno macerato 10 , effettuata anche a modesti ingrandimenti,
consente poi di rivelare le caratteristiche morfologiche tipiche delle varie cellule.
Le cellule che compongono il legno delle Conifere hanno un aspetto diverso da quelle delle Latifoglie.
Le Conifere sono composte prevalentemente da cellule di forma allungata verticalmente e tubolare, presentanti
estremit appuntite o smussate, prive di aperture apicali.
Tali cellule, dette tracheidi possono avere pareti spesse o sottili che evidenziano discontinuit pi o meno
abbondanti note come punteggiature.
Un campione di legno delle dimensioni di un centimetro cubo contiene da 350000 a 500000 cellule nel caso delle Conifere e da 2 a 3
milioni di cellule nel caso delle Latifoglie.
10
Il campione di legno da macerare viene preventivamente ridotto in frammenti della lunghezza di 1-2 centimetri e dello spessore di
circa mezzo millimetro. Tali frammenti vengono poi messi in una provetta o altro contenitore di vetro in cui viene aggiunto un
prodotto chimico. Un metodo molto semplice quello di usare una soluzione in parti uguali di acido acetico e di perossido di
idrogeno (20 vol). Il preparato viene quindi messo in stufa alla temperatura di 60 C per circa 48 ore.
Una temperatura leggermente superiore (70 C), unitamente ad una maggiore concentrazione di perossido, permette di ottenere
risultati soddisfacenti in un tempo molto inferiore (4-8 ore), a seconda della specie legnosa utilizzata.
27
Tra le tracheidi si inseriscono poche cellule parenchimatiche (peraltro riscontrabili anche nel legno di
Latifoglie) di piccole dimensioni e per lo pi a forma di prisma rettangolare. Anch'esse presentano
punteggiature.
Nel legno macerato di alcune specie si riscontra ugualmente un numero ridotto di tracheidi radiali le quali, a
piccoli ingrandimenti, possono essere confuse con le cellule parenchimatiche ma che, a differenza di queste,
hanno una forma pi irregolare e presentano punteggiature simili a quelle delle tracheidi propriamente dette.
Le cellule che caratterizzano il legno delle Latifoglie evidenziano una maggiore eterogeneit di forma e
dimensioni.
In un campione macerato sono presenti numerose cellule, munite di aperture apicali (perforazioni), note come
elementi vasali (nel cui insieme determinano la formazione di "trachee" o "pori"), nonch cellule
parenchimatiche in percentuale a volte elevata. Gli elementi vasali sono generalmente di dimensioni molto
variabili. Alcuni, infatti, sono lunghi e stretti, altri pi corti e larghi, altri ancora possono avere diametro
maggiore della loro lunghezza.
Alcune specie legnose presentano anche tracheidi che, per, risultano morfologicamente diverse da quelle che
si riscontrano nelle Conifere.
Il legno delle Latifoglie, tuttavia, costituito in prevalenza da cellule di forma allungata e stretta, con estremit
chiuse e appuntite, che hanno una certa somiglianza con le tracheidi del legno tardivo delle Conifere, rispetto
alle quali sono, per, decisamente pi corte.
Tali elementi anatomici, detti fibre , possono ugualmente avere pareti pi o meno spesse.
28
Le punteggiature sono presenti in tutte le cellule ma risultano particolarmente abbondanti lungo le pareti delle
tracheidi e degli elementi vasali.
Un'attenta osservazione mostra che esse si configurano come discontinuit a livello della parete secondaria ed
esplicano la funzione di punti di passaggio e comunicazione tra cellule adiacenti.
Al microscopio, possono risultare ben visibili in tutte le sezioni (trasversale, longitudinale radiale e
longitudinale tangenziale), ma la loro struttura pi facilmente osservabile lungo le ultime due.
Esistono due tipologie principali di punteggiature: semplici e areolate.
Ogni punteggiatura presenta, inoltre, due componenti essenziali: la camera della punteggiatura e la
membrana della punteggiatura. Quest'ultima formata dalla lamella mediana e dalla parete primaria.
Nelle punteggiature semplici la camera presenta una larghezza pressoch costante o, al limite, va solo
leggermente restringendosi o allargandosi verso il lume cellulare.
Nelle punteggiature areolate, invece, la camera si restringe pi o meno bruscamente verso il lume cellulare. In
tal caso, infatti, la parete secondaria che riveste la membrana, in corrispondenza della punteggiatura si distacca
dalla parete primaria estroflendosi a forma di volta verso il lume cellulare. Tale "innalzamento" della parete
secondaria, detto volta della punteggiatura, permette ampie aperture senza determinare un'eccessiva
diminuzione della rigidezza della cellula.
Di norma, le punteggiature risultano appaiate sulle pareti di cellule adiacenti. In tal caso si parla di coppia di
punteggiature in quanto la membrana comune composta dalla lamella mediana e dalle pareti primarie delle
due cellule adiacenti.
Due punteggiature semplici appaiate formano una coppia di punteggiature semplici e due punteggiature
areolate una coppia di punteggiature areolate.
Alcune punteggiature , dette semi-areolate, consistono in una coppia formata sia da una punteggiatura
semplice che da una areolata.
Quando, invece, una punteggiatura non trova un'apertura complementare sulla parete della cellula adiacente o si
apre su uno spazio intercellulare, viene detta punteggiatura cieca.
Da [29].
Il tipo di punteggiatura - semplice o areolata - una caratteristica peculiare delle diverse cellule legnose. Cos
sulle pareti delle tracheidi si riscontrano punteggiature areolate; le pareti degli elementi vasali e delle fibre
presentano soprattutto punteggiature areolate ma, a volte, anche semplici; le cellule parenchimatiche sono
caratterizzate esclusivamente da punteggiature semplici; infine, una punteggiatura semi-areolata si ha, quando
una cellula parenchimatica viene a trovarsi a contatto con una tracheide o con un elemento vasale.
La struttura della membrana della punteggiatura ugualmente variabile.
Nelle punteggiature areolate di molte Conifere (soprattutto nelle Pinaceae e Cefalotaxaceae) la porzione
centrale della membrana presenta un ispessimento chiamato toro.
La parte che circonda il toro detta margo, mentre il bordo pi esterno della membrana, di maggior spessore,
prende il nome di annulus.
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29
Il toro non presente nelle punteggiature areolate delle Latifoglie e neppure nelle punteggiature semi-areolate o
in quelle semplici.
L'apertura della punteggiatura verso il lume cellulare detta orifizio e pertanto la camera della punteggiatura
rappresenta lo spazio compreso tra l'orifizio e la membrana.
Nelle punteggiature delle cellule a parete molto spessa, per indicare la zona di passaggio tra l'orifizio e la
camera vera e propria, si parla anche di canale de lla punteggiatura. In tal caso, l'apertura del canale sul lume
cellulare prende il nome di apertura interna, quella sulla camera della punteggiatura detta apertura esterna.
Per campo di incrocio si intende, poi, il "rettangolo", osservabile in una sezio ne microscopica longitudinale
radiale, che le pareti orizzontali delle cellule parenchimatiche e delle eventuali tracheidi radiali (ove presenti)
formano con le pareti delle tracheidi assiali. Tale termine , in genere, riservato al legno delle Conifere.
In base al loro aspetto, le punteggiature delle cellule parenchimatiche visibili nei campi di incrocio del legno
delle Conifere possono essere cupressoidi, piceoidi, pinoidi, fenestriformi o taxodioidi e si distinguono per
quanto segue:
a) Cupressoide = punteggiatura del campo di incrocio del legno primaticcio che presenta orifizio ovoide
incluso, alquanto pi stretto dello spazio laterale, sull'altro lato, tra l'orifizio e l'areola. Tipica del genere
Cupressus.
b) Piceoide = punteggiatura con orifizio stretto e spesso leggermente debordante. Tipica del genere Picea,
del Larice e della Douglasia.
c) Pinoide = punteggiatura molto piccola che si osserva in varie specie del genere Pinus (ad esempio nel
Pino domestico e nel Pino marittimo).
d) Fenestriforme = punteggiatura caratteristicamente molto grande, con areole strette, che occupa quasi
l'intero campo di incrocio. Tipica di alcune specie del genere Pinus (la si riscontra, ad esempio, nel Pino
cembro e nel Pino strobo).
e) Taxodioide = punteggiatura con orifizio incluso grande, da ovoide a circolare, pi esteso dello spazio
laterale, sull'altro lato, tra l'orifizio e l'areola. Tipica dei generi Abies, Cedrus e Sequoia.
Da [29].
La distinzione tra le suddette tipologie pi agevole nella zona di legno primaticcio, cio dove esse appaiono
pi grandi e facilmente percettibili.
Inoltre, pur trattandosi di punteggiature semi-areolate, nei tipi fenestriforme e pinoide, le areole sono spesso
indistinte o molto sottili.
Nel legno di alcune Latifoglie (quali, ad esempio, robinia ed eucalipto) possono presentarsi le cosidette punteggiature vestite. Queste
sono punteggiature areolate in cui la camera della punteggiatura risulta totalmente o parzialmente rivestita da estroflessioni
(escrescenze) che si originano dalla parete secondaria.
30
Il funzionamento della coppia di punteggiature areolate prevede lo spostamento laterale della membrana. In
posizione normale, infatti, il toro si presenta come una lente circolare tenuta sospesa al centro della camera della
punteggiatura mentre, quando avviene, ad esempio, la fuo riuscita di acqua dalle tracheidi esso funziona come
una valvola che, occludendo uno degli orifizi, ne impedisce il passaggio alla cellula adiacente.
Tale fenomeno, noto come "aspirazione" della punteggiatura, si verifica, in genere, quando l'alburno si
trasforma in durame o durante il processo di essiccazione del legno e sembra dovuto alle elevate sollecitazioni di
trazione determinate dai menischi che si formano in prossimit degli orifizi delle punteggiature e delle soluzioni
di continuit delle membrane attraverso cui fuoriesce l'acqua (la linfa).
La presenza di punteggiature aspirate pu, tra l'altro, rendere difficile l'impregnazione del legno dei generi
Abies, Picea e Pseudotsuga.
31
L'esame delle 3 sezioni anatomiche principali consente una visione di insieme della struttura dei
tessuti legnosi mettendo in luce i caratteri morfologici della specie. Da [15].
Tracheidi
Le tracheidi delle Conifere sono elementi che si sviluppano soprattutto o esclusivamente in direzione verticale.
Solo in poche specie legnose alcune tracheidi possono, infatti, essere orientate orizzontalmente e, in tal caso,
risultano associate ai raggi parenchimatici. Le prime sono dette tracheidi assiali, le altre tracheidi radiali.
Le tracheidi assiali costituiscono fino al 95% del volume del legno delle Conifere (fino al 97,8% della sua
massa anidra). Sono cellule lunghe e strette tanto che la loro lunghezza di circa 75-200 volte il loro diametro
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32
(mediamente 100 volte). In molte Conifere, la lunghezza media di una tracheide matura varia, infatti, da 3 a 5
mm 11 ; lunghezze inferiori a 2 o superiori a 5 mm si riscontrano solo eccezionalmente.
La lunghezza delle tracheidi, molto maggiore di quella delle fibre delle Latifoglie, rende il legno delle Conifere
particolarmente adatto alla fabbricazione della carta, a cui tale caratteristica conferisce una maggior resistenza.
Inoltre, le tracheidi non presentano perforazioni in corrispondenza delle loro estremit apicali, per cui il
passaggio dei fluidi avviene pi lentamente che nei vasi delle Latifoglie.
I diametri delle tracheidi risultano mediamente compresi tra 0,02 e 0,04 mm ma possono variare da 0,015 a
0,080 mm (15-80 m) 12 .
Nell'ambito di uno stesso anello di accrescimento, la morfologia delle tracheidi nella zona di legno primaticcio
diversa da quella del legno tardivo.
Le tracheidi del legno primaticcio hanno pareti relativamente sottili, una sezione trasversale di forma subpoligonale ed evidenziano un amp io lume. Le punteggiature areolate sono tipiche di queste cellule e sono
disposte sulle loro pareti radiali per lo pi in file singole o appaiate (in particolare, nel Larice).
Le tracheidi del legno tardivo presentano, invece, pareti spesse, lumi cellulari ridotti, tendono ad avere sezione
rettangolare e ad essere pi sviluppate in direzione tangenziale. Le loro punteggiature areolate sono pi piccole e
meno numerose 13 . Le tracheidi del legno tardivo, inoltre, sono mediamente pi lunghe (fino al 10%) di quelle
del legno primaticcio.
All'esame microscopico, viste in sezione trasversale, le tracheidi appaiono di diversa forma in quanto, essendo affusolate e disposte
affiancate ma in maniera sfalsata, presentano porzioni apicali di diametro inferiore rispetto a quelle centrali.
Nelle tipiche tracheidi assiali, gli apici delle singole cellule appaiono, generalmente, arrotondati nel legno primaticcio ed affusolati in
quello tardivo. Quelli delle tracheidi primaticce si presentano, tuttavia, diversi se osservati in sezione radiale o tangenziale: per la
forma a cuneo delle cellule, nel primo caso, infatti, risultano arrotondati, nel secondo affusolati.
Il passaggio dalle tracheidi a parete sottile del legno primaticcio a quelle, a parete pi spessa, del legno tardivo
pu essere brusco o graduale.
Tale caratteristica dipende dalle diverse specie botaniche (nel legno di Larice, Sequoia e in molti Pini il
passaggio , ad esempio, brusco) ma pu essere influenzata dalle condizioni di accrescimento, dal momento che
in anelli adiacenti si possono, a volte, riscontrare differenze anche notevoli (a tal proposito, il genere botanico
Pseudotsuga presenta un passaggio brusco nel legno di Douglas di provenienza nord-americana ed un passaggio
generalmente pi graduale in quello dei fusti di Douglasia ritraibili dai rimboschimenti europei).
Anche la percentuale di tracheidi del legno tardivo, se riferita all'ampiezza totale dell'anello (in francese
texture), pu essere influenzata dalla specie legnosa e dalle sue condizioni di accrescimento.
In alcune specie legnose come, ad esempio, nella Douglasia e nel Tasso, le tracheidi presentano, inoltre,
ispessimenti elicoidali cio particolari emergenze (ad andamento spiroidale) della superficie interna delle loro
pareti che svolgono funzione di rinforzo.
11
Le dimensioni delle cellule variano, in genere, gi nell'ambito di uno stesso albero: le cellule vicine al midollo sono, ad esempio, pi
corte di quelle del legno circostante. Il prelievo del campione rappresenta pertanto un fattore molto importante nell'esame di questo
aspetto.
12
In anatomia del legno si soliti utilizzare le seguenti unit di misura:
1 m = 1 micron o micrometro = 10-3 mm = 1/1000 mm
1 nm = 1 nanometro = 10-6 mm = 1/1000 m
1 = 1 nstrm = 10-7 mm = 1/10000 m
13
E' stato riscontrato che le tracheidi del legno primaticcio del genere Picea hanno mediamente 50 (29-77) punteggiature areolate sulle
pareti radiali mentre quelle del legno tardivo ne presentano solo 15. Il loro diametro in media di 14,3 m nel legno primaticcio e
6,1 m nel legno tardivo.
Il diametro medio delle tracheidi del legno primaticcio , invece, di 36 m, quello delle tracheidi autunnali di soli 12 m.
33
Nella Douglasia tali ispessimenti sono ben sviluppati nelle tracheidi primaticce ma si riducono o scompaiono in
quelle del legno tardivo. Nel Tasso, invece, sono presenti in entrambi i tipi di tracheidi. Sporadicamente, gli
ispessimenti elicoidali compaiono anche nelle tracheidi del legno di Abete rosso, Larice e di alcuni Pini.
Da [29].
Le tracheidi radiali sono frequenti nel legno di Abete rosso, Douglasia, Larice, Tsuga, Cedro e nei Pini ma
appaiono, occasionalmente, anche nel legno di Chamaecyparis, Ginepro, Libocedro, Thuja e nei generi Abies e
Sequoia.
Esse formano, solitamente, la porzione periferica dei campi di incrocio, ai margini dei raggi (anche se, a volte,
possono trovarsi disperse tra le file di cellule parenchimatiche).
Solo in casi eccezionali possono occupare l'intero raggio.
Le tracheidi radiali sono cellule molto corte rispetto a quelle assiali; hanno, infatti, una lunghezza media di circa
0,1-0,2 mm e presentano, pertanto, una lunghezza pari a solo 5-10 volte il loro diametro. Assomigliano alle
cellule parenchimatiche dei raggi dalle quali si distinguono per avere il lume cellulare vuoto, una forma
generalmente pi irregolare (specialmente nel caso delle tracheidi marginali) e per il fatto di evidenziare piccole
punteggiature areolate sulle loro pareti.
Le pareti interne delle tracheidi radiali, inoltre, possono essere lisce o presentarsi ornate da sculture o rilievi e,
in tal caso, si dicono dentate o reticolate.
Le pareti dentate sono tipiche del legno di molte specie appartenenti al genere Pinus, per il quale costituiscono
un valido carattere di riconoscimento. Dentature meno evidenti e accentuate si possono riscontrare, tuttavia,
anche nel legno di Picea e Larice.
Nel legno di Douglasia, le tracheidi dei raggi presentano, come gi quelle assiali, ispessimenti elicoidali.
Le tracheidi non sono molto comuni nel legno delle Latifoglie. Esse appaiono, infatti, solo in poche specie e
sono considerate forme di transizione nell'evoluzione verso le fibre e gli elementi vasali.
In ogni caso, nel legno delle Latifoglie si possono riscontrare due tipi di tracheidi, vascolari e vasicentriche, che
verranno descritte successivamente.
Elementi vasali
A parte rarissime eccezioni, gli elementi vasali sono presenti solo nelle Latifoglie, nei cui tessuti legnosi un
numero indefinito di tali cellule sono collegate assialmente tra loro in modo da formare una struttura cava, di
sezione trasversale cilindrica e di lunghezza variabile, che prende il nome di vaso e nella quale le pareti
terminali dei vari componenti scompaiono totalmente o parzialmente durante il processo di sviluppo cellulare.
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34
L'area delle pareti terminali di due elementi vasali collegati assialmente detta placca di perforazione ed
costituita da particolari soluzioni di continuit, ovvero da aperture dette "perforazioni", che non vanno confuse
con le punteggiature delle pareti laterali e che possono essere "semplici" o "multiple".
Le perforazioni semplici si presentano come un'apertura singola, generalmente larga e di forma pi o meno
rotondeggiante, che evidenzia, come unica traccia dell'originaria parete di separazione, un ispessimento anulare
interno (cercine) nella zona di contatto tra due elementi vasali adiacenti.
Le perforazioni multiple consistono, invece, in aperture di varia forma e disposizione che, quando si
presentano allungate, parallele tra loro e separate da lembi residui delle pareti originarie, sono note come
"scalariformi". La presenza ed il numero delle aperture di una perforazione scalariforme hanno, tra l'altro, un
importante valore diagnostico nel riconoscimento del legno di alcune specie.
Com' facilmente visibile in un campione di legno macerato, le pareti terminali degli elementi vasali possono
essere orizzontali od oblique. Le perforazioni oblique si possono osservare molto chiaramente al microscopio,
nelle sezioni longitudinali. In tal caso, si notano bene anche le porzioni residue delle pareti terminali le quali
indicano la lunghezza dei singoli elementi che compongono un vaso 14 .
Tipica perforazione semplice (a.) e scalariforme (b.) in elementi vasali del legno
di Latifoglie. Da [12].
In sezione trasversale, i vasi appaiono come pori isolati, concatenati, multipli o disposti a grappolo e la loro
forma pu essere circolare, ellittica o irregolare.
L'allineamento di pi pori isolati pu dar luogo ad una disposizione concatenata. I pori multipli sono anch'essi
costituiti dall'aggregazione di pori isolati ma tendono ad appiattirsi lungo le linee di contatto e ad apparire come
suddivisioni di singoli pori pi larghi.
In un grappolo, pi pori sono riuniti tra loro a formare un raggruppamento irregolare.
Le dimensioni degli elementi vasali sono molto variabili; nelle Latifoglie ad anello poroso, le differenze
riscontrabili all'interno di un singolo anello di accrescimento possono essere anche maggiori di quelle esistenti
tra specie legnose diverse.
Gli elementi vasali (in particolare quelli del legno primaticcio delle Latifoglie ad anello poroso, che sono
caratterizzati da un ampio lume e pareti sottili) sono le cellule del legno che presentano le maggiori dimensioni
diametriche. Per alcuni, lo sviluppo in altezza addirittura inferiore a quello diametrico.
14
Il numero di elementi che costituiscono un vaso cospicuo. Nelle Latifoglie ad anello poroso, la sua lunghezza , a volte, pari a
quella dell'intero fusto. Nelle Latifoglie a porosit diffusa, la lunghezza massima misurata stata di 1 m. Nella maggioranza dei casi,
tuttavia, i vasi hanno una lunghezza inferiore ai 20 cm.
35
In confronto alle tracheidi, gli elementi vasali sono, pertanto, di lunghezza limitata che, in genere, compresa
tra 0,2 e 1,3 mm. Il loro diametro, invece, pu essere molto maggiore e variare da circa 0,005 a 0,5 mm (da 5 a
500 m).
Di norma, anche gli elementi vasali presentano punteggiature areolate. Le superfici interne delle loro pareti
possono, poi, ugualmente avere ispessimenti elicoidali, la cui eventuale presenza ha un notevole valore
diagnostico. Tali ispessimenti, pi comuni tra le Latifoglie delle Regioni temperate che tra quelle tropicali,
possono essere presenti in tutti gli elementi vasali (come si verifica, ad esempio, nel legno di Acero, Carpino,
Tiglio e Ippocastano) o apparire solo negli elementi vasali del legno tardivo (come nell'Olmo, Robinia e
Bagolaro).
Un'ulteriore caratteristica della superficie interna degli elementi vasali (ma anche delle tracheidi e delle fibre di
molte specie) l'eventuale presenza di uno strato verrucoso. Esso risulta, in genere, visibile solo al
microscopio elettronico, ma nel legno di alcune specie, quali ad esempio il Faggio, pu essere osservato anche
al microscopio ottico.
Nel corso del processo di duramificazione, i vasi, che hanno ormai smesso di svolgere la funzione di conduzione
attiva della linfa, possono venire occlusi da tille.
Il fenomeno della tillosi veniva in passato attribuito ad un'estroflessione della parete di una o pi cellule parenchimatiche che
circondano gli elementi vasali e che, a causa dell'instaurarsi di un gradiente di pressione penetrano, attraverso le punteggiature,
all'interno del loro lume. Pi di recente, osservazioni eseguite al microscopio elettronico hanno permesso di stabilire che sulla parete
delle cellule parenchimatiche presente uno "strato protettivo" che ricopre la membrana della punteggiatura. Quando l'elemento vasale
ha esaurito le sue funzioni di conduzione ed un processo enzimatico determina il degradamento della suddetta membrana, tale strato si
espande nel lume vasale e d inizio allo sviluppo della tilla. Le tille, quindi, sono costituite dal protoplasma delle cellule
parenchimatiche e dalle diverse sostanze che esse contenevano (amido, cristalli, resine, gomme o altro). Le loro sottili pareti possono,
poi, ispessirsi per la deposizione di una parete secondaria (a seguito di un normale processo di sclerosi), dando luogo, qualora il
fenomeno sia particolarmente accentuato, ad una forma di "cellula pietrosa" e, a volte, possono anche presentare punteggiature.
La tillosi sembra essere in stretta relazione con le dimensioni delle punteggiature. E' stato, infatti, osservato che possono formarsi tille
solo quando il diametro dell'orifizio 10 m. Non sono state, invece, riscontrate tille quando tale diametro 8 m, anche se, in tal
caso, si pu, comunque, verificare l'estrusione di materiale estraneo, che dalle cellule parenchimatiche penetra, attraverso le
punteggiature, all'interno dei vasi adiacenti.
Da [29].
Le tille sono frequenti soprattutto nel legno di molte Querce caducifoglie, nella Robinia, nel Noce, nel Castagno,
nel Teak ed in varie altre specie e pertanto la loro presenza non ha un particolare valore diagnostico ai fini del
riconoscimento microscopico15 . In aggiunta alla loro formazione normale, le tille possono comparire anche in
15
Il legno di Quercia rossa non presenta, se non molto limitatamente, il fenomeno della tillosi (non quindi adatto per costruire botti e
contenitori vinari). In esso stata osservata, tuttavia, la formazione di tille dopo l'abbattimento e durante la sua conservazione sul
piazzale di deposito. Oltre che nei vasi, la presenza di tille stata, a volte, riscontrata anche nelle fibro-tracheidi.
36
seguito a fenomeni patologici e come conseguenza di ferite, attacchi fungini od infezioni di origine batterica.
L'occlusione dei vasi, in ogni modo, ostacola il regolare svolgimento del processo di essiccazione e pu
impedire l'impregnazione del legno con antisettici od altre sostanze preservanti.
Fibre
Le fibre sono presenti solo nel legno delle Latifoglie.
Si tratta di cellule lunghe e strette che assomigliano vagamente alle tracheidi del legno tardivo.
La loro lunghezza varia in base alla diversa specie legnosa ed mediamente compresa tra 1 e 2 mm
(eccezionalmente tra 0,5 e 2,5 mm).
Il loro diametro, invece, pu variare tra 0,01 e 0,05 mm (tra 10 e 50 m).
Le fibre hanno pareti terminali chiuse, generalmente appuntite e, a volte, biforcate o dentellate.
Le pareti possono essere spesse o sottili e il loro lume stretto od ampio.
Tale variazione dipende principalmente dalla specie legnosa, ma le fibre prodotte verso il termine del periodo di
accrescimento presentano, di regola, pareti spesse e risultano appiattite tangenzialmente.
Quest'ultima particolarit pu risultare utile, a volte, nel definire il limite di un anello di accrescimento,
soprattutto nel legno di alcune specie a porosit diffusa.
Le fibre si distinguono ulteriormente in fibro -tracheidi e in fibre libriformi. La differenza consiste nelle
diverse punteggiature: le fibro-tracheidi presentano punteggiature areolate, le fibre libriformi sono caratterizzate
da punteggiature semplici (a volte, solo leggermente areolate).
Le fibre libriformi, inoltre, sono generalmente pi piccole delle fibro-tracheidi, sia in lunghezza che in diametro,
e presentano un lume cellulare molto ridotto che risulta di difficile distinzione a piccoli ingrandimenti.
La funzione primaria delle fibre quella di provvedere al sostegno meccanico della pianta. Esse, tuttavia,
(specialmente le fibro-tracheidi) possono anche partecipare alla funzione di conduzione.
Alcune fibre poi, dette settate, evidenziano, come gi visto nel caso di certe tracheidi, la formazione di sottili
pareti trasversali che attraversano il loro lume cellulare.
La percentuale di fibre varia a seconda delle diverse Latifoglie. In molte specie esse possono contribuire fino al
50% del volume totale del legno 16 .
Cellule parenchimatiche
Le cellule parenchimatiche hanno forma tipicamente prismatica nel cui ambito si possono distinguere tre
tipologie principali:
procombenti (se appaiono orientate radialmente);
16
Le differenze dipendono anche dalla velocit di accresciment o che influenza tutte le cellule del legno.
Da un'analisi effettuata su 11 specie di Querce caducifoglie americane stato, ad esempio, riscontrato che la percentuale in peso
delle fibre sul totale dei tessuti legnosi variava dal 74%, nel caso di specie a rapido accrescimento, al 38%, per quelle a lento
accrescimento, mentre quella del parenchima assiale e radiale variava, rispettivamente, dal 24 al 54% e quella degli elementi vasali
dal 2 all'8%.
37
38
Da [29].
Facolt di Agraria
39
I raggi parenchimatici del legno delle Conifere che includono canali resiniferi sono, invece, denominati
fusiformi, per il particolare aspetto che assumono se osservati in sezione tangenziale.
Esistono, infine, alcuni raggi, detti aggregati che ad occhio nudo o con l'uso di una normale lente di
ingrandimento appaiono come raggi pluriseriati e che al microscopio, in sezione trasversale o tangenziale, si
rivelano, invece, composti da pi raggi uniseriati separati tra loro da file di fibre o, a volte, da piccoli elementi
vasali. Tale tipo di raggi presente, ad esempio, nel legno di Carpino, Ontano e nelle Querce sempreverdi.
Nelle sezioni tangenziali, gli apici di tutti i raggi sono formati da una singola cellula parenchimatica e, di
conseguenza, appaiono affusolati. Nella loro porzione centrale, i raggi spesso variano di larghezza, in quanto
possono essere costituiti da una sola o pi cellule parenchimatiche (anche pi di 30). La loro altezza pu,
ugualmente, variare da una ad alcune centinaia di cellule.
Il volume del tessuto parenchimatico varia, inoltre, nelle diverse specie e tale variazione molto maggiore nel
legno delle Latifoglie che in quello delle Conifere.
Nelle Conifere, essa contenuta tra il 5 e il 10% ed i raggi sono disposti prevalentemente in direzione radiale,
formando per lo pi raggi monoseriati.
Nelle Latifoglie, il volume medio dei raggi rispetto al volume totale del legno, oscilla, invece, dal 5% (nel
Tiglio) a circa il 30% (nelle Querce caducifoglie) ed essi sono disposti sia in direzione assiale che radiale,
formando raggi uniseriati e pluriseriati.
In genere, le cellule parenchimatiche sono pi piccole delle altre cellule legnose ed appaiono dimensionalmente
simili soltanto alle tracheidi radiali.
La loro lunghezza di circa 0,1- 0,22 mm, mentre la loro larghezza varia tra 0,01 e 0,05 mm (da 10 a 50 m).
Nel materiale macerato, inoltre, praticamente impossibile distinguere le cellule parenchimatiche radiali da
quelle assiali.
In aggiunta alle normali cellule dei raggi, appena descritte, alcuni legni possono presentare cellule
parenchimatiche specializzate, per lo pi associate a canali intercellulari.
Lo stesso midollo, anch'esso di natura prevalentemente parenchimatica.
Cellule parenchimatiche anomale possono poi prodursi in conseguenza di ferite a carico della zona cambiale. In
tal caso, soprattutto nel legno di alcune specie (Betulla, Ontano, nelle Rosacee, ecc..) si pu verificare la
formazione delle cosidette tasche midollari che si presentano come piccole macchie di colore scuro costituite
da cellule parenchimatiche ricche di tannini.
La morte delle cellule parenchimatiche , infine, alla base della trasformazione del legno da alburno a durame.
La lunghezza dei canali assiali pu variare da circa 1 cm ad 1 m in base alla specie legnosa, all'et ed alla loro posizione all'interno
della pianta.
18
Sotto la denominazione di "resina" si intende una sostanza amorfa costituita da miscele complesse di composti organici spesso di
struttura non ben definita (che dal punto di vista chimico possono avere natura prevalentemente alifatica o aromatica o terpenica). La
resina viene estratta miscelata ad ol essenziali (oleoresina o balsamo), a sostanze gommose (gommoresina o resina) o, infine, come
sostanza solida e dura (ambra).
40
Tipologie di canali resiniferi visibili al microscopio sulle sezioni trasversali del legno di
Conifere. Da [15].
In genere, i canali resiniferi assiali presentano un diametro maggiore di quelli radiali, ma entrambi risultano,
comunque, collegati tra loro a formare un reticolo all'interno dei tessuti legnosi19 .
I canali resiniferi radiali sono contenuti all'interno dei raggi fusiformi.
Il diametro, il numero e la disposizione dei canali resiniferi assiali costituiscono, inoltre, valide chiavi per il
riconoscimento macro e microscopico del legno. I canali resiniferi sono, ad esempio, pi grandi e numerosi nei
Pini, con differenze anche notevoli tra le varie specie. Le dimensioni, il numero e la disposizione dei canali
resiniferi possono, tuttavia, variare tra anelli di accrescimento adiacenti ed in base alla diversa altezza nel fusto.
Lo spessore delle pareti delle cellule epiteliali ha ugualmente un importante valore diagnostico.
Le cellule epiteliali dei Pini presentano, infatti, pareti sottili che per lo pi si danneggiano ricavando le sezioni
per l'osservazione al microscopio; quelle del legno di Abete rosso, Douglasia e Larice hanno, invece, pareti
spesse.
Il numero delle cellule epiteliali che circondano un canale resinifero contenuto in un raggio fusiforme pu, a
volte, essere considerato un fattore di distinzione tra il legno di Larice (pi di 9 cellule) e quello di Abete rosso
(meno di 9 cellule). Uno studio sistematico ha per dimostrato che tale parametro non risulta sempre affidabile.
Alcune ferite a carico della zona cambiale possono, inoltre, determinare la formazione di canali resiniferi
traumatici che si differenziano da quelli normali per la diversa struttura (hanno, ad esempio, sempre cellule
epiteliali a parete spessa, anche nei Pini) e disposizione (si sviluppano solo assialmente e si presentano
generalmente localizzati).
Durante la trasformazione dell'alburno in durame, i canali resiniferi possono venire occlusi da tille. Tale
fenomeno analogo a quello che determina l'occlusione dei vasi delle Latifoglie ma si distingue per il fatto che
in questo caso le tille, derivando dalle cellule epiteliali, non devono attraversare punteggiature.
I canali secretori di sostanze gommose sono, per il legno di alcune Latifoglie, gli omologhi dei canali
resiniferi delle Conifere. Anch'essi possono essere disposti in direzione assiale o radiale (anche se raramente
sono entrambi presenti nello stesso legno) ma hanno un'origine lisigena e non sono rivestiti da cellule epiteliali.
Spesso, le cellule secretrici si ritrovano in raggruppamenti detti cisti o "tasche" e, comunque, non presentano
un'organizzazione come quella dei canali resiniferi.
I canali secretori di gomme possono ugualmente avere origine normale o traumatica. Quelli normali non sono,
tuttavia, presenti nel legno delle Latifoglie delle zone temperate che rivestono una certa importanza
commerciale (ad eccezione del caso del Ciliegio americano).
19
I canali resiniferi non formano un reticolo tridimensionale ma bidimensionale e disposto lungo un piano radiale.
Ogni canale radiale, inoltre, ha origine da uno assiale. I canali radiali continuano nella corteccia ma con cavit che non risu ltano
collegate a quelle del legno in quanto la comunicazione si interrompe a livello del cambio.
41
Gli spazi intercellulari (che sono diversi dai canali) si producono, a volte, quando il contatto tra cellule
adiacenti non abbastanza stretto.
Tali spazi sono caratteristici del legno di compressione delle Conifere, ma possono anche svilupparsi, nei tessuti
normali, tra le tracheidi o le cellule parenchimatiche assiali e radiali 20 .
Inclusi cellulari
All'interno soprattutto delle cellule parenchimatiche del legno di molte Latifoglie possibile, a volte, riscontrare
cristalli, formati in prevalenza da ossalato di calcio. A causa di una diffusione piuttosto ampia, la loro presenza,
tuttavia, non costituisce quasi mai un elemento di particolare utilit nell'identificazione microscopica del legno.
In alcune specie tropicali, poi, non raro trovare granuli/corpuscoli minerali (veri e propri granelli di sabbia)
depositati nelle cellule parenchimatiche i quali, oltre ad avere un notevole valore diagnostico, possono causare
seri inconvenienti all'atto della lavorazione del legname, smussando rapidamente i taglienti delle lame. Tali
inclusi cellulari non sono, invece, presenti nel legno delle specie vegetanti nelle Regioni temperate.
20
La morfologia degli spazi intercellulari stata particolarmente studiata nei raggi delle Querce e del Faggio. Detti spazi hanno forma
triangolare, squadrata o circolare, possono essere orientati radialmente, tangenzialmente o assialmente e si differenziano per quanto
riguarda il loro allineamento, le inter-connessioni, la presenza di eventuali rilievi, il loro contenuto ed anche in base alle diverse
specie legnose su cui si presentano. Gli spazi intercellulari risultano, generalmente, vuoti ma, a volte, possono contenere sostanze
estranee di vario tipo.
42
21
Una quantit di ceneri insolitamente elevata (a volte pari a circa 3% o superiore) pu essere riscontrata in certi legnami tropicali. A
prescindere da quelli gi ricordati, le ceneri possono contenere piccole quantit di un gran numero di altri elementi, quali ad esempio
fosforo (P), zolfo (S), sodio (Na), alluminio (Al), titanio (Ti), manganese (Mn), cobalto (Co), nickel (Ni), argento (Ag), bario (Ba),
piombo (Pb) e oro (Au). In alcune specie tropicali, peraltro, gran parte delle ceneri sono composte di silice (SiO2 ).
22
Trattamenti di vario tipo - macerazione, esposizione ad alta temperatura, alla luce, trattamenti chimici (delignificazione,
"sbianca", idrolisi), cos come la stessa azione del tempo - determinano una drastica riduzione del grado di polimerizzazione della
cellulosa.
Il grado di polimerizzazione medio della cellulosa di altri organismi vegetali simile a quello della cellulosa che compone il legno
delle piante arboree. La cellulosa , inoltre, il composto organico pi abbondante in natura.
43
Le emicellulose risultano chimicamente simili alla cellulosa in quanto sono entrambe carboidrati. Tale termine
comprende tutti i composti chimici a base di carbonio, idrogeno e ossigeno nei quali gli ultimi due elementi
sono presenti nelle stesse proporzioni in cui compaiono nella formula dell'acqua.
La separazione tra cellulosa e emicellulose resa possibile dalla loro diversa solubilit in alcali; contrariamente
alle emicellulose, infatti, la cellulosa non solubile in una soluzione al 17,5% di soda caustica (NaOH).
Le emicellulose hanno, inoltre, molecola cateniforme come quella della cellulosa (solo a volte appaiono
ramificate) ma il loro grado di polimerizzazione molto pi ridotto e, in media, circa uguale a 150-200 unit
monomeriche.
Diversamente dalla cellulosa, che composta esclusivamente da glucosio, le emicellulose includono altri
monosaccaridi. Nel legno delle Conifere le loro unit elementari sono, infatti, costituite soprattutto da mannosio
(zucchero formato, come il glucosio, da 6 atomi di carbonio) a cui si accompagna la sporadica presenza di
qualche molecola di xilosio (zucchero a 5 atomi di carbonio); nelle Latifoglie prevale, invece, di gran lunga lo
xilosio.
Le sostanze pectiche sono ugualmente carboidrati o composti di natura analoga, in quanto formati
dall'aggregazione di 20-100 molecole di acido galatturonico. Anch'esse presentano struttura filiforme e si
idratano facilmente assumendo una consistenza gelatinosa.
Tali sostanze prevalgono nei tessuti cambiali ove formano la membrana che separa le nuove derivate dalle
cellule del tessuto me ristematico.
Secondo alcuni Autori, le sostanze pectiche sarebbero assenti nel legno maturo (quello cio che ha subito il
processo di lignificazione), anche se l'opinione prevalente che siano, comunque, presenti sebbene in
proporzioni limitate. Le sostanze pectiche risultano, in ogni caso, localizzate soprattutto nella lamella mediana e
nella parete primaria.
Tutti i carboidrati (cellulosa, emicellulose e sostanze pectiche) sono anche noti con il termine collettivo di
"olocellulosa". Sulla base della diversa solubilit in una soluzione di soda caustica al 17,5% quest'ultima, a sua
volta, viene distinta in -cellulosa (insolubile e che rappresenta la cellulosa propriamente detta) ed in - e cellulosa (che sono, invece, solubili).
La lignina 23 il componente della parete cellulare che differenzia il legno dagli altri materiali cellulosici
prodotti in natura.
La lignificazione, ovvero la deposizione di lignina all'interno delle pareti, costituisce l'ultimo stadio dello
sviluppo cellulare. La lignina, infatti, prodotta esclusivamente da cellule vive ed il completamento del
processo di lignificazione coincide praticamente con il degradamento del protoplasma e con la morte della
cellula 24 .
23
Il termine pi corretto, peraltro riportato in alcuni testi di chimica e tecnologia del legno, dovrebbe essere quello di "lignine" dal
momento che tale polimero si presenta comunemente di diversa tipologia e composizione.
24
L'eccezione data dalle cellule parenchimatiche dell'alburno che conservano il loro protoplasma e nucleo anche dopo la
lignificazione.
44
E' interessante notare che la presenza di lignina sempre associata a quella della cellulosa, mentre non vero il
contrario; quest'ultima, ad esempio, presente in natura quasi allo stato puro nelle fibre del cotone.
La lignina non un carboidrato ma ha una natura prevale ntemente aromatica 25 e pu essere vista come un
complesso polimero tridimensionale costituito da monomeri collegati tra loro mediante una gran variet di
legami chimici. Il tipo di struttura chimica e la sua reattivit non sono, tuttavia, completamente cono sciute
(anche a causa di significative modificazioni strutturali che avvengono a carico della molecola durante il
processo di estrazione) e il suo isolamento rimane un problema non del tutto risolto.
In linea di massima, si ritiene che i vari polimeri siano costituiti dalla ripetizione di un monomero di base
rappresentato dall'idrossifenilpropano da cui troverebbero origine tre principali precursori individuati
rispettivamente nell'alcool coniferilico, sinafilico e cumarilico. Da queste sostanze, attraverso complesse
reazioni enzimatiche che favoriscono successivi processi di condensazione, si determinerebbe la formazione di
strutture molecolari amorfe non cristalline.
La composizione della lignina contenuta nel legno delle Conifere (lignina di tipo guiaicilico) differisce, tra
l'altro, da quella delle Latifoglie (lignina di tipo guaiacil-siringilico) e varia, soprattutto, tra le diverse specie
botaniche appartenenti a quest'ultima categoria.
Estrattivi
Il legno pu contenere varie inclusioni (soprattutto di natura organica) che sono dette collettivamente estrattivi
o "sostanze estranee alla parete cellulare". Queste, infatti, non fanno parte dei tessuti legnosi, ma risultano
depositate nei lumi cellulari e negli spazi esistenti all'interno delle pareti stesse. La prima denominazione, infatti,
fa riferimento alla possibilit (almeno parziale) di estrarli dal legno mediante acqua fredda o calda, vapore o
solventi organici come, ad esempio, il benzene, l'acetone o vari eteri ed alcoli.
Gli estrattivi includono sostanze di varia composizione chimica quali, ad esempio:
- polifenoli, che abbracciano un gruppo di composti (lignine, tannini, flavoni, chinoni, antociani, ecc..) in grado
di conferire al legno particolari caratteristiche cromatiche e di durabilit naturale;
- terpeni, che costituiscono la parte volatile e gli acidi grassi delle resine del legno e si ritrovano in abbondanza
in molte specie di Pini;
- tropoloni, strutture formate da un anello con 7 atomi di carbonio, tipici delle Cupressaceae in cui aumentano
considerevolmente la durabilit naturale del legno;
25
I composti aromatici sono derivati da una serie di idrocarburi di cui il pi semplice (e forse il pi familiare) il benzene (C6 H6 ).
45
- altri prodotti metabolici e sostanze di riserva (glucosidi, grassi, ol, ecc..), la cui presenza costituisce, invece,
un maggior rischio nei confronti degli attacchi di alcuni agenti del biodegradamento.
Nel legno delle piante arboree che vegetano nelle Regioni a clima temperato, la percentuale di estrattivi, riferita
al peso anidro del campione in esame, varia da meno dell'1% (nel legno di Pioppo) a pi del 10% (in quello di
Sequoia) .
In alcune specie tropicali, la loro percentuale, invece, pu raggiungere comunemente il 20%. Variazioni
importanti si possono, comunque, riscontrare non solo tra le diverse specie legnose ma anche all'interno di una
stessa pianta, in particolare tra la porzione di alburno e quella di durame.
Alcune sostanze inorganiche, quali, ad esempio, i sali di calcio e le inclusioni di silice, non sono solubili nei
solventi sopra menzionati ma vengono ugualmente considerate tra gli estrattivi in quanto non rientrano nella
composizione chimica di base della parete cellulare. In quest'ottica, tutti i composti inorganici presenti nel legno
(che generalmente costituiscono le sue ceneri) possono essere compresi tra gli estrattivi.
In ogni caso, anche quelli legati alla parete cellulare non partecipano come componenti strutturali della stessa.
46
Il modo in cui i diversi composti organici del legno sono organizzati all'interno della parete cellulare stato
studiato applicando varie metodologie di indagine che, pi in particolare, riguardano la microscopia a luce
polarizzata, quella a raggi x e l'uso del microscopio elettronico.
Le pi piccole unit strutturali della parete che possono essere osservabili con un microscopio elettronico sono
dette microfibrille ed appaiono come elementi grossolanamente cilindrici del diametro di circa 10-30 nm.
Di queste impossibile misurare la lunghezza, in quanto sono sempre presenti in gran numero e strettamente
ammassate le une alle altre, per cui l'osservazione di una singola microfibrilla non pu essere seguita per tutto il
suo decorso.
Le microfibrille non vanno, in ogni caso, confuse con le strutture fibrose che risultano a volte visibili al
microscopio ottico e che, in quanto aggregati di microfibrille, prendono il nome di "macrofibrille".
Ciascuna microfibrilla, a sua volta, un fascio costituito da un certo numero di molecole cateniformi di
cellulosa. Queste ultime sono generalmente disposte longitudinalmente (seguono, cio, l'asse della microfibrilla)
ma risultano parallele tra loro limitatamente ad alcune zone. In tali porzioni, che sono conosciute con il termine
di "regioni cristalline" o "cristalliti", le molecole di cellulosa appaiono reciprocamente collegate per mezzo di
legami idrogeno.
Il parallelismo delle molecole di cellulosa si alterna, poi, a zone in cui le molecole presentano una disposizione
pi irregolare, non risultando parallele tra loro e neppure strettamente legate; tali porzioni di basso ordine
molecolare sono dette "regioni amorfe o paracristalline".
Le microfibrille si sviluppano, pertanto, con un susseguirsi di regioni cristalline ed amorfe per una lunghezza
complessiva di oltre 5000 nm. In esse, le regioni cristalline presentano una lunghezza di almeno 60 nm, una
larghezza di 10 nm e uno spessore di 3 nm. Il passaggio tra regioni amorfe e cristalline graduale 26 .
Il grado di cristallinit (cio la quantit relativa di regioni cristalline ed amorfe) piuttosto variabile ma, in
genere, elevato.
Secondo alcuni Autori, circa due terzi della cellulosa pi o meno cristallina e circa un terzo amorfa; altri
ritengono, invece, che solo il 5-10% sia realmente amorfa. Va comunque tenuto presente che la misura della
cristallinit legata a difficolt di analisi e che i risultati ottenuti con i diversi metodi di indagine sono raramente
concordanti e confrontabili 27 . La cristallinit varia, poi, dal midollo verso l'esterno e tra legno primaticcio e
tardivo; sembrerebbe, inoltre, che le pareti primarie delle cellule presentino un minor grado di cristallinit e
regioni cristalline di minor dimensioni rispetto alle pareti secondarie.
Le microfibrille sono anche descritte come una struttura composta da un'anima di natura cristallina circondata da una guaina amorfa o
paracristallina 28 . Su tale modello, tuttavia, non vi un accordo generale. Secondo un'altra teoria le microfibrille sarebbero, formate da
unit filamentose di dimensioni inferiori definite "fibrille elementari". Queste avrebbero un diametro di circa 3 nm e ciascuna
deriverebbe dall'aggregazione trasversale di circa 60 catene cellulosiche. Due o pi di tali fibrille elementari sarebbero, poi, riunite in
fasci a formare una microfibrilla.
Tra le microfibrille esistono interstizi o spazi intermicrofibrillari che hanno una larghezza di circa 10 nm, mentre
all'interno delle stesse microfibrille sono presenti spazi intramicrofibrillari della larghezza di circa 1 nm.
Detti spazi sono totalmente o parzialmente occupati da sostanze di natura non-cellulosica 29 - emicellulose,
lignina, sostanze pectiche - che sono collettivamente dette "sostanze incrostanti", mentre la cellulosa costituisce
l'ossatura della parete cellulare.
26
Questo modello ultrastrutturale della parete corrisponde alla cosiddetta "teoria micellare a frange" (in cui il termine "frange" intende
descrivere il passaggio tra le regioni cristalline e amorfe all'interno di una microfibrilla di cellulosa).
Esiste, poi, un'altra teoria detta "della catena spiralata", secondo la quale le molecole cateniformi di cellulosa risulterebbero ripiegate
a formare un nastro piatto avvolto in una stretta elica. L'esistenza di catene spiralate , tuttavia, considerata improbabile.
L'allineamento parallelo delle catene appare, infatti, pi consono con le modalit di biosintesi della cellulosa e con la sua elevata
resistenza a trazione assiale.
27
La cristallinit della cellulosa decresce sotto l'azione di radiazioni atomiche (raggi gamma) ed addirittura distrutta da dosi elevate;
il legno, in tal caso, diviene fragile.
28
In base a questo mo dello di interpretazione, la parte cristallina della microfibrilla coesisterebbe con una porzione paracristallina
composta in larga massima da emicellulose. Questo concetto si distacca dalla vecchia interpretazione che voleva la microfibrilla
composta da zone caratterizzate da un diverso livello di organizzazione ed interpreta la struttura cellulare come un progressivo
passaggio da una zona cristallina ad una paracristallina di tipo eteropolimerico, assegnando una maggiore importanza al ruolo svolto
dalle emicellulose nel determinare alcune importanti propriet del legno.
29
Anche l'acqua riempie questi spazi esistenti tra e all'interno delle microfibrille. Inizialmente attratta dai radicali liberi -OH
(ossidrili) che si trovano tra i cristalliti e nelle regioni amorfe dove forma uno strato monomolecolare. Ulteriori molecole d'acqua
47
Le sostanze non-cellulosiche non formano microfibrille 30 . La lignina pu, tuttavia, essere associata alla fase
amorfa della cellulosa e le catene emicellulosiche possono, a volte, sostituire alcune catene cellulosiche di una
microfibrilla.
Le molecole delle emicellulose sono parallele a quelle di cellulosa e collegano quest'ultima e la lignina che ,
invece, amorfa.
48
Lo strato S2 molto spesso, specialmente nelle tracheidi del legno tardivo e nelle fibre. Esso composto di
varie lamelle (30-150), ciascuna dello spessore di circa 60-70 nm. Normalmente, man mano che vengono
depositate, le nuove lamelle presentano una stessa orientazione microfibrillare (non incrociata), ma sono state
anche registrate deviazioni sia nell'orientazione che nella loro direzione.
Le microfibrille presentano un alto grado di parallelismo in tutte le lamelle (con solo una lieve dispersione) e
decorrono approssimativamente parallele all'asse cellulare senza superare, in genere, un angolo di inclinazione
di 30. Le tracheidi di gran parte delle Conifere presentano un'orientazione elicoidale di tipo Z.
Lo strato S3 , generalmente, pi sottile di quello S1 ed anch'esso formato da poche lamelle (fino a 6) nelle
quali l'angolo delle microfibrille varia da circa 50 a 90 e l'orientazio ne ugualmente alternata tra il tipo S e Z
(anche se, secondo alcuni anatomisti, sarebbe solo di tipo Z). Le microfibrille presentano, inoltre, una tessitura
relativamente lassa se confrontata con quella dello strato S2 e sono spesso caratteristicamente unite a formare
aggregati che si intrecciano tra loro, di solito con un angolo di 20-30 ma, a volte, anche di 50.
In taluni casi lo strato S3 pu mancare anche se, all'osservazione con il microscopio a luce polarizzata, la
mancanza di birifrangenza dello strato pi interno non significa necessariamente che lo strato S3 sia assente. Ci
pu essere dovuto, infatti, ad un'orientazione pi ripida delle sue microfibrille.
Il passaggio tra i vari strati della parete graduale ed , peraltro, possibile riscontrare alcune lamelle con
orientazione intermedia tra S1 e S2, come pure tra S2 e S3.
L'organizzazione della parete cellulare appena descritta basata sostanzialmente su osservazioni effettuate sulle
tracheidi delle Conifere e sulle fibre delle Latifoglie.
Gli elementi vasali e le cellule parenchimatiche presentano variazioni che sono pi difficili da investigare.
Lo spessore dei vari strati della parete cellulare pu essere misurato al microscopio elettronico su sezioni
trasversali ultrasottili di tessuto legnoso.
Misurazioni eseguite su tracheidi del legno di Conifere evidenziano che la gran parte dello spessore della parete
(80% o pi) dovuto allo strato S2 32 .
Tale strato ugualmente il pi spesso anche nel caso degli elementi vasali (nel legno di Faggio, ad esempio,
costituisce il 50% circa dello spessore dell'intera parete), mentre si registrano molte eccezioni nel caso delle
cellule parenchimatiche ove, a volte, gli strati S1ed S3 risultano relativamente pi spessi dello strato S2.
L'orientazione delle microfibrille nei vari strati della parete cellulare pu essere osservata direttamente con il
microscopio elettronico, sebbene esista la difficolt di poter mettere a fuoco solo una limitata porzione della
cellula e pertanto non sempre facile riferir e l'orientazione osservata a quella dell'asse cellulare.
Gli angoli microfibrillari possono anche essere misurati con tecniche di microscopia a raggi x e a luce
polarizzata. In relazione alle propriet del legno, il dato pi importante il valore dell'a ngolo formato dalle
microfibrille dello strato S2; esso pu essere misurato anche con un microscopio ottico osservando l'inclinazione
degli orifizi delle punteggiature quando questi si presentano allungati e deviati rispetto all'asse cellulare. Tale
angolo generalmente piccolo, in quanto le microfibrille dello strato S2 risultano pressoch parallele all'asse
cellulare. Tuttavia, i valori angolari risultano influenzati dalle dimensioni della cellula, tant' che cellule pi
corte e larghe fanno registrare una maggiore inclinazione. La presenza di molte punteggiature (nel caso, ad
esempio, delle pareti radiali delle tracheidi assiali del legno delle Conifere e sulle pareti degli elementi vasali
delle Latifoglie) determina, infine, deviazioni nell'orientazione delle microfibrille ed angoli di valore pi
elevato.
Nelle tracheidi del legno primaticcio del genere Picea, sono stati rilevati i seguenti valori di spessore: parete primaria 0,23-0,34 m,
strato S1 0,12-0,35 m, strato S2 1,77-3,68 m e strato S3 0,10-0,15 m. Tali valori sono in linea con quelli riscontrati per le
tracheidi del legno primaticcio del genere Pinus; in questo caso, le pareti delle tracheidi del legno tardivo hanno, invece, fatto
registrare uno spessore totale di 6,94 m.
49
Sulla superficie di tali ispessimenti le microfibrille si presentano intrecciate come quelle dello strato S3 ma la
loro orientazione non sempre coincide.
In alcune specie legnose (Tasso) gli ispessimenti elicoidali non sono strettamente legati alle microfibrille dello
strato S3 , in altre (Douglasia, Abete rosso, Larice) presentano, invece, un'ampia base che si ancora saldamente
ad esse.
Il microscopio elettronico stato anche utilizzato nello studio delle placche di perforazione degli elementi vasali
ove stato fatto osservare che le barre trasversali delle perforazioni scalariformi potrebbero essere in stretta
relazione con le microfibrille.
50
Il contenuto di lignina rilevato nel legno primaticcio del genere Picea circa il seguente (in percentuale sul totale delle sostanze
chimiche presenti in ciascuna ubicazione): parete secondaria 22,5%, lamella mediana 49,7%, angoli cellulari 84,8%.
34
Secondo quanto viene generalmente riportato in letteratura, circa il 60-90% del contenuto totale di lignina localizzato nella lamella
mediana composta. I calcoli del contributo relativo della lamella mediana composta e della parete secondaria sul volume totale della
parete cellulare indicano, tuttavia, che, nonostante quasi tutta la lamella mediana sia costituita da lignina, la maggior parte di essa
(pi del 60% del totale) contenuta all'interno della parete secondaria. Pi in particolare, nelle pareti secondarie del legno
primaticcio del genere Picea stata riscontrata la presenza del 72% del contenuto totale di lignina e l'82% nel caso del legno tardivo,
relegando nella lamella mediana composta rispettivamente solo il restante 28% e 18%.
51
Gli estrattivi non rientrano tra le sostanze che compongono la parete cellulare. Essi risultano depositati nelle
cavit cellulari e della parete ma sono anche presenti nello strato verrucoso e, a volte, possono occupare spazi
intercellulari.
Influenza dei componenti chimici e della struttura della parete sulle propriet del legno
Il contributo dei componenti chimici del legno nei confronti delle sue propriet e dei suoi impieghi un
argomento di particolare importanza per una migliore conoscenza del materiale legno.
Come gi riferito, l'elevato contenuto di cellulosa rende il legno, innanzi tutto, una materia prima ricercata per
la trasformazione chimica nell'industria della carta e di molti altri prodotti.
Le caratteristiche di resistenza meccanica del legno sono dovute, invece, all'insieme dei suoi componenti
chimici.
La cellulosa, ad esempio, responsabile della sua elevatissima resistenza a trazione assiale per via delle sue
molecole cateniformi e della disposizione longitudinale (cio parallela all'asse del fusto) delle microfibrille che
compongono lo strato S2 (di maggior spessore) della parete secondaria 35 .
Le emicellulose e la lignina legano insieme le varie cellule e sostengono l'ossatura cellulosica, contribuendo a
determinare le particolari caratteristiche di rigidezza e resistenza a compressione del legno 36 . Esse svolgono, tra
l'altro, un ruolo importante nel processo di trasmissione e dissipazione degli sforzi mentre la loro rimozione
riduce drasticamente la resistenza del legno umido. Sperimentazioni eseguite con legno di Faggio, Betulla e
Pioppo hanno dimostrato, infatti, che la rimozione della lignina riduce la resistenza (a trazione assiale,
compressione e flessione statica) del legno umido a circa il 10-20% dei valori registrabili in condizioni normali.
La resistenza del legno successivamente essiccato ha evidenziato, invece, un recupero proporzionale alla
superficie unitaria del tessuto legnoso residuo. Il diverso comportamento del legno allo stato essiccato da quello
allo stato umido dovuto al fatto che nella prima condizione le sostanze pectiche, le emicellulose e la lignina
continuano a mantenere le varie cellule strettamente unite tra loro mentre, allo stato umido, esse non sono pi in
grado di svolgere tale funzione con la stessa efficienza per cui, venendo in parte a mancare la coesione
reciproca, si verifica una drastica perdita di resistenza. Tale fenomeno attribuibile soprattutto alle propriet
adesive della lignina. Le singole cellule, peraltro, sono soggette ad una minor riduzione di resistenza proprio
perch le sostanze leganti (in particolare la lignina) sono in gran parte localizzate all'interfaccia tra le varie
cellule.
L'igroscopicit del legno (cio l'affinit per l'acqua e gli altri liquidi polari) ugualmente dovuta alla sua
composizione chimica, in particolare alla presenza di radicali -OH liberi sulle catene di cellulosa 37 ed a quella di
altri composti idrofili come le stesse sostanze pectiche e le emicellulose.
35
La struttura microscopica del legno contribuisce alla sua resistenza tramite la morfologia (lunghezza, diametro, spessore delle pareti)
e la disposizione delle cellule che lo costituiscono.
In tale contesto, il legno un materiale composito secondo due livelli di osservazione.
A un primo livello, microscopico, molti elementi cellulari (tracheidi, fibre, ecc..) sono orientati in direzione assiale e tenuti insieme
da una matrice costituita dalla lamella mediana.
A un secondo livello, submicroscopico, le molecole lineari di cellulosa sono anch'esse generalmente disposte in direzione assiale in
una matrice di emicellulose e di lignina.
Tale organizzazione determina una notevolissima resistenza a trazione assiale - che tra l'altro di circa 50 volte maggiore a quella
rilevabile in direzione trasversale - tanto che, se rapportata al peso volumico del legno, essa addirittura superiore a quella
dell'acciaio.
L'uomo stesso ha realizzato molti prodotti sintetici ad imitazione della suddetta organizzazione naturale (cemento armato, compositi
formati da P.F.V.R. o fibre di carbonio, ecc..).
36
La lignina aumenta la resistenza del legno a tal punto da permettere che alberi di altezza anche molto elevata possano rimanere in
piedi sopportando il peso di un'ampia chioma e le sollecitazioni indotte dall'azione del vento.
37
Si ricordi, infatti, che nell'ambito della catena cellulosica, solo alcuni gruppi ossidrilici risultano impegnati nella formazione dei
legami glucosidici longitudinali, mentre i restanti sono liberi di formare legami idrogeno con altri gruppi della stessa molecola, con
quelli di molecole adiacenti o con eventuali molecole d'acqua od altre sostanze polari. In tale contesto, l'acqua diviene un elemento
costitutivo del legno stesso in quanto, nell'impossibilit pratica di utilizzarlo allo stato anidro, essa occupa uno spazio fisico
all'interno del lume e/o della sua parete cellulare (secondo alcuni Autori, il legno pu addirittura essere descritto come una
"soluzione solida").
52
In conseguenza di un aumento della sua umidit, il legno sogge tto a variazioni dimensionali che inducono il
fenomeno del rigonfiamento con uno sviluppo di forze di tale intensit da causare la rottura non solo del legno
ma anche di eventuali materiali molto pi resistenti che si oppongono alle suddette variazioni (il taglio dei
grossi blocchi nelle cave di marmo, ad esempio, in passato era effettuato tramite cunei di legno che, dopo essere
stati inseriti nelle fessurazioni del minerale, venivano opportunamente inumiditi). Ciascun monomero della
molecola cateniforme di cellulosa presenta, infatti, tre ossidrili disponibili per altrettanti legami idrogeno che
generalmente si formano per aggregazione trasversale tra catene molecolari adiacenti.
Con l'aumento dell'umidit del legno, tali siti attivi possono venire occupat i da molecole d'acqua (inizialmente
sotto forma di un sottile strato monocellulare che aumenta man mano di volume) le quali, a partire dalle regioni
amorfe, provocano una "delaminazione" tra le microfibrille e lo sviluppo di un importante rigonfiamento in
senso trasversale. Quando, invece, il legno perde umidit, parte dei siti potenzialmente attivi si saturano
reciprocamente in maniera irreversibile, per cui le curve relative a cicli successivi di desorbimento ed
adsorbimento di acqua presentano un certo grado di isteresi.
Secondo un'opinione diffusa presso molti operatori del settore, il legno stagionato naturalmente sarebbe
dimensionalmente pi stabile di quello che ha subto un trattamento di essiccazione artificiale; ci non
corrisponde al vero se l'essiccazione viene condotta razionalmente seguendo opportuni accorgimenti, tuttavia
possibile che la frequente e graduale variazione dell'umidit attorno ad un valore di equilibrio, registrabile
soprattutto nelle fasi finali del processo di stagionatura, provochi una serie di micromovimenti trasversali ("a
fisarmonica") del legno stesso che favorirebbe, per le ragioni sopra esposte, il conseguimento di una maggiore
stabilit dimensionale.
La disposizione quasi trasversale delle microfibrille degli strati S1ed S3 esercita, peraltro, un'azione vincolante e
di contenimento nei confronti delle variazioni dimensionali in quella direzione. Infatti, se tutte le microfibrille
fossero quasi parallele all'asse del fusto, come quelle dello strato S2, i movimenti del legno risulterebbero molto
pi accentuati.
Anche la lignina impartisce una certa stabilit dimensionale al legno in quanto "difende", per cos dire, la
cellulosa occupando spazi della parete che altrimenti potrebbero essere disponibili per le molecole d'acqua. Le
cellule non- lignificate presentano, infatti, un maggior rigonfiamento rispetto a quelle che hanno subito tale
modificazione chimica.
Il comportamento anisotropo del legno nei confronti del rigonfiamento (o, in caso di perdita di umidit, del
ritiro) - cio le trascurabili variazioni dimensionali in direzione assiale rispetto a quelle, molto pi elevate, che si
registrano in senso trasversale alla fibratura - fondamentalmente dovuto alla minore energia dei legami laterali
(di tipo ionico) delle mic rofibrille di cellulosa rispetto alla solidit dei legami glucosidici longitudinali (di tipo
covalente) nonch all'orientazione delle microfibrille dello strato S2 della parete secondaria.
L'angolazione delle microfibrille nello strato S2 , a questo proposito, una caratteristica del legno molto
importante nei riguardi delle sue propriet. Le deviazioni dalla direzione parallela all'asse cellulare determinano,
infatti, una variazione dei valori di rigonfiamento e di ritiro assiale ed una diminuzione della resistenza del legno
lungo tale direzione. L'angolo formato dalle microfibrille influenza, inoltre, la conducibilit termica, acustica ed
altre propriet del legno che possono risultare particolarmente importanti nel caso di alcuni sistemi di indagine
non-distruttiva connessi alla valutazione qualitativo-prestazionale di vari assortimenti o materiali derivati.
Il grado di cristallinit ha anch'esso una discreta importanza in quanto legato a molte propriet del legno, delle
fibre (singole cellule) e della carta, nell'ambito delle quali risultano particolarmente influenzate la resistenza a
flessione, il ritiro e il rigonfiamento, l'incollaggio delle fibre, la colorazione, la resistenza allo strappo e la
resistenza al degradamento chimico.
Gli estrattivi determinano, parimenti, effetti importanti e sono responsabili di alcune differenze riscontrabili tra
le varie specie legnose. Essi, infatti, possono influenzare il colore, l'odore, il gusto, la fluorescenza, la durabilit,
l'infiammabilit, le relazioni legno-acqua, l'incollaggio, la produzione di pasta- legno e altre propriet. La
presenza di estrattivi tossici, ad esempio, impartisce una maggior durabilit naturale al legno. Un legno con
relativamente pochi estrattivi pu trattenere un maggior volume di acqua all'interno delle sue cellule rispetto ad
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53
un altro con un maggior contenuto di tali sostanze, mentre la loro rimozione aumenta la capacit di imbibizione
delle cellule stesse, i valori di ritiro e rigonfiamento ed influenza le altre relazioni legno-acqua.
Alcuni estrattivi provocano, inoltre, l'usura e la corrosione dei taglienti (a volte anche a causa della loro acidit)
ed influenzano negativamente la polimerizzazione delle miscele collanti o il buon esito di alcuni trattamenti di
finitura. Il processo e le rese di produzione della pasta- legno risultano, ugualmente, molto influenzate dalla
presenza di estrattivi, che si riflette su alcune reazioni chimiche, sul consumo dei prodotti sbiancanti e dell'acqua
usata o, nel caso della resina contenuta in molti legni di Conifere, pu causare inconvenienti nei confronti del
corretto funzionamento di alcune apparecchiature.
La polvere che si origina durante la lavorazione di certi legnami, soprattutto tropicali, a causa della natura
chimica di alcuni estrattivi in essa contenuti, pu, infine, determinare seri problemi alla salute degli addetti alle
operazioni di trasformazione industriale (dermatiti, asma e altri disturbi).
Alcuni estrattivi, come ad esempio certe resine e tannini, d'altra parte, costituiscono di per s prodotti di un certo
valore commerciale.
54
Lo studio di un prodotto di origine biologica, com' il legno delle piante superiori, non completo senza la
conoscenza di come avviene la sua formazione.
Introducendo questo argomento opportuno innanzi tutto precisare che gli alberi crescono secondo due
direzioni principali, in altezza e in diametro.
In entrambi i casi, l'accrescimento ha luogo grazie alla moltiplicazione di cellule in grado di dividersi che
compongono i meristemi o tessuti di accrescimento (dal greco meristos = divisibile).
L'accrescimento in altezza, detto accrescimento primario reso possibile dall'attivit dei meristemi apicali
presenti alle estremit del fusto principale, dei rami e delle radici principali e laterali.
L'accrescimento in diametro, o accrescimento secondario, si compie invece per l'attivit di meristemi laterali
secondari, soprattutto ad opera del cambio cribro- vascolare 38 .
I tessuti prodotti dai meristemi apicali sono detti tessuti primari; quelli prodotti dai meristemi laterali tessuti
secondari.
Nella sua definizione anatomica e botanica il legno propriamente detto viene pertanto descritto come un
"insieme di tessuti di origine secondaria, a pareti lignificate, derivanti dall'attivit dipleurica del cambio, verso
l'interno della sezione trasversale del fusto".
Accrescimento primario
Nelle piante forestali (e in genere in tutti i vegetali superiori), l'accrescimento in altezza ha inizio per opera di un
gruppo di cellule localizzate in corrispondenza degli apici vegetativi che si dividono sia parallelamente sia
perpendicolarmente alla superficie dell'apice stesso e che sono collettivamente designate con il termine di
promeristema 39 . Esse mantengono la loro capacit meristematica e costituiscono il fronte di accrescimento di
un apice vegetativo.
Al procedere dell'accrescimento, le nuove cellule formatesi immediatamente a ridosso del promeristema
evolvono gradualmente nella loro forma, dimensioni e funzione per costituire tre diversi tessuti meristematici
primari:
Mediante processi di distensione e differenziazione cellulare, il primo d origine all' epidermide che consiste, in
genere, in una fascia protettiva unistratificata le cui pareti cellulari rivolte verso l'esterno del vegetale sono
impregnate di sostanze impermeabili quali, ad esempio, cutina e cere adibite a proteggere i tessuti sottostanti da
un'eccessiva perdita di umidit.
Ad eccezione delle "aperture stomatiche", l'epidermide forma, pertanto, un rivestimento continuo della pianta in
via di accrescimento e di tutto il corpo primario (se il vegetale rimane in struttura primaria).
Il procambio agisce come un complesso isolato ed elabora, verso l'esterno, aree di floema (o libro) primario e,
verso l'interno, aree di xilema (o legno) primario, le cui cellule assicurano alla pianta lo svolgimento delle
prime fasi della nutrizione e che, insieme, costituiscono i fasci cribro- vascolari aperti (cio contenenti il cambio)
da cui prender avvio la crescita secondaria.
Lo xilema primario, a sua volta costituito da protoxilema e metaxilema, ne lle Angiosperme monocotiledoni
l'unico tessuto legnoso esistente.
Lo sviluppo dei meristemi primari e secondari ed i tessuti che ne derivano comunque piuttosto diverso a
seconda che si considerino gli apici vegetativi, le radici o i primordi fogliari della giovane piantina.
38
Un secondo meristema laterale, detto fellogeno, opera a livello della corteccia determinando ugualmente un accrescimento di tipo
secondario.
39
Nelle pteridofite il promeristema pu essere costituito anche da una sola cellula.
55
Nel caso del germoglio apicale, il meristema del cilindro centrale d origine, in particolare, al midollo ed ai
raggi primari, ovvero a tessuti parenchimatici localizzati fra i diversi fasci cribro-vascolari, ma anche alla
corteccia primaria, dello spessore di poche cellule, che occupa lo spazio tra l'epidermide ed il libro primario. I
raggi, pur avendo una struttura diversa, sono collegati al midollo e svolgono la funzione di collegamento
trasversale tra le porzioni interne ed esterne dell'apice vegetativo.
Nel caso dell'apice radicale o dei primordi fogliari, tra l'epidermide e il libro primario si possono riscontrare l'endoderma (raro nei
fusti) e il periciclo (il quale, pur essendo quasi sempre presente, non facile da distinguere rispetto al parenchima corticale) che
costituiscono complessi cellulari di spessore limitato (per lo pi, pari ad una sola fila di cellule).
A questo stadio di sviluppo, procedendo radialmente dall'esterno verso l'interno, la sequenza dei tessuti che
costituiscono una sezione trasversale del fusticino la seguente:
EPIDERMIDE - CORTECCIA PRIMARIA - LIBRO PRIMARIO - CAMBIO INTERFASCIALE - LEGNO PRIMARIO - MIDOLLO
Il cambio interfasciale tende poi ad organizzarsi assai rapidamente in una zona continua (una specie di
manicotto) costituita da uno strato sottile di cellule meristematiche secondarie detto cambio o, anche, "assise
generatrice libro- legnosa", il cui funzionamento consentir la formazione di tessuti di tipo secondario (floema
verso l'esterno e xilema verso l'interno).
All'esterno del cambio si differenzia ugualmente il fellogeno o "assise generatrice subero-fellodermica" che
elaborer, a sua volta, tessuti secondari di protezione ("sughero o "fellema" verso la superficie e "felloderma"
verso l' interno della sezione trasversale). A questo proposito, con il termine di "ritidoma" viene indicato tutto ci
che sta' sopra il fellogeno e si stacca pi o meno facilmente da esso, ovvero quell'insieme di tessuti volgarmente
noti come "corteccia". L'insieme di felloderma, fellogeno e fellema anche detto periderma e, nei vegetali con
accrescimento secondario, sostituisce l'epidermide.
Accrescimento secondario
L'accrescimento secondario, in diametro, ha inizio con la formazione del cambio e la produzione, da parte di
questo, di floema e xilema secondari.
Detti tessuti si organizzano attorno al midollo e al legno e libro primari e spingono verso l'esterno il libro
primario, le formazioni di tessuto primario esterne a quest'ultimo e i tessuti derivati dall'assise suberofellodermica.
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Il cambio visibile come uno strato monocellulare di iniziali e un numero variabile di strati di cellule derivate
indifferenziate (a loro volta distinte in "cellule madri" e "cellule figlie").
Distinguere le iniziali e le loro immediate derivate praticamente impossibile e, per questa ragione, il suddetto
complesso cellulare prende generalmente il nome di regione o zona cambiale.
Nelle aree geografiche caratterizzate da un clima temperato, l'attivit del cambio discontinua e, nel corso di
ogni periodo di accrescimento, vengono elaborati uno strato di legno secondario e uno di libro secondario che si
aggiungono a quelli formatisi negli anni precedenti.
Durante la stagione di riposo vegetativo, la zona cambiale risulta relativamente compatta; le cellule che la
compongono presentano un diametro radiale esiguo e contengono un denso protoplasma.
Alla ripresa vegetativa, prima dell'inizio delle divisioni cellulari, essa si espande, le cellule rigonfiano ed
aumentano radialmente di dimensioni tanto che il lume cellulare occupato prevalentemente dal volume dei
vacuoli.
E' in questo periodo che il ritidoma pu essere eliminato con maggior facilit.
Durante la dormienza, inoltre, il passaggio tra la zona cambiale e lo xilema appare brusco, mentre nel corso del
periodo di accrescimento si presenta pi graduale.
Il cambio costituito da due tipi di cellule: iniziali fusiformi e iniziali isodiametriche o "iniziali dei raggi".
Le pi numerose sono di gran lunga le prime che, viste in sezione tangenziale, risultano appunto di forma
allungata, a differenza delle seconde che sono, invece, corte e strette.
Le iniziali fusiformi sono responsabili della formazione di tutte le cellule assiali che compongono lo xilema
(tracheidi, fibre, elementi vasali) e delle rispettive cellule assiali del floema.
Le iniziali isodiametriche danno origine al parenchima assiale ed ai raggi parenchimatici le cui derivate risultano
per lo pi allungate radialmente (cellule procombenti) ma possono anche avere forma pi tozza o presentarsi
allungate assialmente (cellule quadrate ed erette).
Dal punto di vista della loro distribuzione all'interno della zona cambiale, in molte specie legnose le iniziali
fusiformi non terminano tutte allo stesso livello di altezza ma risultano sfalsate e leggermente sovrapposte tra
loro; alcune eccezioni si riscontrano nel caso del "cambio stratificato" di certe Latifoglie.
Le iniziali della zona cambiale si dividono periclinalmente, ovvero lungo un piano longitudinale- tangenziale
parallelo allo strato cambiale, dando origine alle cellule madri dello xilema e del floema.
Queste ultime subiscono, in genere, ulteriori divisioni e le loro derivate, dette cellule figlie, si sviluppano
gradualmente negli elementi dello xilema o del floema.
Sia le iniziali della zona cambiale che le cellule madri possiedono tutti i componenti cellulari fondamentali:
protoplasma, apparato di Golgi, nucleo e cromosomi e presentano pareti sottili e non lignificate.
L'intervallo tra le divisioni cellulari successive varia nel tempo (con la stagione vegetativa) in funzione della
specie legnosa e delle condizioni ambientali.
Normalmente, inoltre, le divisioni delle iniziali cambiali (e delle cellule madri) avvengono pi lentamente
rispetto a quelle dei meristemi apicali e per tale ragione l'albero cresce molto di pi in altezza che in diametro.
Le cellule del libro e del legno che derivano da una stessa iniziale fusiforme sono inizialmente allineate
radialmente ovvero secondo la direzione che passa per il midollo. Questa disposizione si mantiene nel legno
delle Conifere mentre, in genere, scompare in quello delle Latifoglie in conseguenza dello sviluppo postcambiale di alcune cellule, quali ad esempio gli elementi vasali, che provoca distribuzioni pi irregolari nella
disposizione dei tessuti.
L'alternanza nella produzione di xilema e floema non parimenti regolare.
Nel corso di una stessa stagione vegetativa vi una maggiore attivit cambiale dalla parte dello xilema e questo,
pertanto, viene prodotto in maggiore quantit rispetto al floema 40 . Le cellule meristematiche situate dalla parte
del legno sono, infatti, suscettibili di dividersi pi volte a differenza di quelle che si trovano dalla parte del libro
in cui la divisione avviene una volta sola.
40
Le cellule che compongono lo xilema possono essere fino a 10-15 volte pi numerose di quelle del floema, ad eccezione delle specie
legnose a lento accrescimento.
57
Il meccanismo che regola l'inizio dell'attivit meristematica non ancora completamente noto. Per lo pi, si
ritiene che lo stimolo derivi da ormoni dell'accrescimento e, in particolare, dalla produzione di auxine. Sembra,
infatti, che tali ormoni aumentino nelle zone apicali del fusto; le giovani foglie hanno, ad esempio, un contenuto
elevato di auxine.
La produzione di ormoni inizia al di sotto delle gemme ed essi si diffondono verso il basso attraverso il floema ;
tale propagazione pi veloce nelle Latifoglie ad anello poroso che in quelle a porosit diffusa o nelle Conifere.
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58
E' stato, tuttavia, evidenziato che il passaggio dallo stato di dormienza a quello di attivit vegetativa pu anche
aver luogo localmente e in modo indipendente all'interno di una singola cellula o di un gruppo di cellule della
zona meristematica.
Contrariamente all'accrescimento in altezza, la divisione del cambio e quindi l'accrescimento diametrico,
sembrerebbe aver luogo successivamente e, in genere, solo dopo che iniziata l'attivit fotosintetica.
Le sostanze nutritive accumulatesi nel corso della stagione precedente possono, comunque, essere utilizzate per
la fase iniziale dell'accrescimento secondario. A questo proposito stato osservato, ad esempio, che nelle querce
caducifoglie la fogliazione avviene dopo che si sono formati gli elementi vasali del legno primaticcio.
Le nuove cellule prodotte dal cambio fanno aumentare la circonferenza del fusto, dei rami e delle radici e,
pertanto, necessario che anche la circonferenza della zona cambiale subisca un aumento.
Ci reso possibile dall'aumento del diametro tangenziale delle iniziali che, in genere, cresce con l'et
dell'albero.
Il suddetto sviluppo, tuttavia, non sufficiente. L'aumento di circonferenza della zona cambiale avviene, infatti,
in conseguenza soprattutto della formazione di nuove iniziali. Nelle Conifere e nella maggioranza delle
Latifoglie, nuove iniziali fusiformi sono, infatti, prodotte a partire da quelle gi esis tenti mediante divisioni
anticlinali pseudotrasversali ove peraltro, rispetto all'asse longitudinale delle iniziali originarie, tali divisioni
presentano un grado di inclinazione variabile. Le cellule di nuova formazione aumentano poi di dimensioni con
un accrescimento apicale intrusivo che interessa generalmente entrambe le estremit della nuova cellula fino a
che questa non raggiunge le dimensioni dell'iniziale da cui deriva.
Nelle poche Latifoglie che presentano un cambio "stratificato" le corte iniziali fusiformi si dividono, invece,
lungo un piano longitudinale radiale e le nuove iniziali non aumentano di lunghezza ma solo di diametro.
Nel corso di ciascuna stagione vegetativa, le nuove iniziali sono generalmente prodotte entro il termine della
massima attivit cambiale.
Lo sviluppo delle iniziali (e delle relative derivate) dipende dal loro contatto con i raggi, dal momento che questi
sono il mezzo attraverso cui le sostanze di riserva vengono trasferite all'interno del fusto. Un contatto
insufficiente potr, infatti, determinare l'eliminazione di qualche iniziale o, viceversa, potr indurre la
formazione di altre iniziali dei raggi che daranno poi origine a nuovi tessuti parenchimatici.
L'inizio, il termine e la lunghezza del periodo di produzione di xilema e floema da parte del cambio pu variare
da stagione a stagione, tra le diverse specie legnose ma anche nell'ambito di uno stesso fusto.
Durante una stessa stagione vegetativa, l'attivit cambiale pu venire influenzata da vari fattori ambientali quali,
ad esempio, la temperatura del suolo e dell'aria, l'intensit della luce, la lunghezza del giorno, la disponibilit di
umidit e di sostanze nutritive.
La lunghezza del giorno (fotoperiodo) sembra avere, in particolare, un ruolo importante; la cessazione
dell'accrescimento in autunno appare, infatti, strettamente legata alla brusca diminuzione delle ore di luce che si
registra in quel periodo 41 .
41
Anche altre caratteristiche delle cellule (lunghezza, diametro, spessore della parete e orientazione delle microfibrille) risultano
influenzate dalle diverse condizioni ambientali.
59
Nelle zone temperate l'attivit cambiale limitata ai mesi pi caldi e gli stessi anelli di accrescimento risultano,
in genere, distinguibili tra loro per la presenza di alcune differenze morfologiche tra le cellule del legno
primaticcio e quelle del legno tardivo.
All'inizio di ogni stagione vegetativa, infatti, quando in atto l'accrescimento in altezza, il cambio produce
cellule del legno primaticcio presentanti un maggiore diametro e tale fenomeno sembra associato a una sintesi
pi elevata di auxine. Le cellule del legno tardivo, di diametro radiale inferiore, invece, sono prodotte dopo che
terminata tale crescita in altezza e si verificata una riduzione della sintesi ormonale.
Il cambio si divide, comunque, solo durante il periodo vegetativo della pianta e, di conseguenza, ad ogni periodo
di vegetazione corrisponderanno nuovi strati di xilema e floema secondari.
Nelle zone temperate delle latitudini superiori, inoltre, il 90% circa dell'accrescimento annuale pu verificarsi
entro luglio o anche prima; in base alle diverse aree geografiche e all'altitudine, tuttavia, la cessazione della
divisione cellulare in prossimit del cambio avviene, a volte, solo tra la fine di agosto e la fine di settembre e la
deposizione della parete secondaria pu proseguire fino a ottobre.
Nelle Regioni pi calde, come ad esempio in alcune aree mediterranee, la divisione cambiale pu, nel caso di
certe specie, continuare addirittura per tutto l'anno 42 .
Il cambio un tessuto molto longevo, la cui capacit di rinnovarsi pu perdura re per centinaia o anche migliaia
di anni ( il caso, ad esempio, di alcuni alberi del genere Sequoia e del Pinus aristata della California) ed ,
inoltre, in grado di cicatrizzare ferite localizzate.
Condizioni ambientali avverse (ma anche fattori traumatici e, a volte, fattori non sempre noti) possono, tuttavia,
causare divisioni irregolari delle sue cellule, con la produzione di anomalie nella struttura del legno che ne
deriva.
Sviluppo cellulare
Le cellule prodotte dal cambio si sviluppano rapidamente dando origine al legno ed ai tessuti ad esso esterni,
ovvero a cellule in grado di svolgere le funzioni di conduzione, accumulo di sostanze nutritive, sostegno
meccanico dell'albero in piedi e protezione superficiale.
A questo proposito possibile riconoscere quattro diversi stadi di sviluppo:
1. Formazione . Consiste nella produzione di nuove cellule sulla base delle modalit di divisione del cambio
gi esaminate.
2. Accrescimento e differenziazione cellulare . Le nuove cellule si accrescono gradualmente in lunghezza e
diametro fino a raggiungere le dimensioni e la loro forma definitive. In molti casi diventano molto pi
grandi delle rispettive iniziali. Le cellule parenchimatiche normalmente non superano in lunghezza le loro
iniziali e cos succede per gli elementi vasali di molte specie legnose, ma alcuni di questi possono aumentare
di diametro in maniera notevole, specialmente nella zona di legno primaticcio dell'anello poroso.
L'allungamento delle nuove cellule consente di espletare meglio la funzione di conduzione e di supporto;
negli elementi vasali, ad esempio, tale obiettivo raggiunto con l'allineamento delle aperture delle loro
pareti terminali che permettono la formazione di un sistema vascolare molto esteso.
L'aumento diametrale delle cellule si verifica, invece, grazie alla distensione della loro parete primaria. Tale
fenomeno ha l'effetto di allentare la densit della rete microfibrillare e di determinare una nuova
orientazione delle microfibrille di cellulosa nella direzione lungo la qua le esso si verificato. La nuova
disposizione interessa soprattutto le microfibrille dello strato pi esterno della parete primaria, mentre quelle
di pi recente formazione rimangono generalmente inalterate (cio con un'orientazione pressoch trasversale
rispetto all'asse delle cellule).
L'aumento di volume delle cellule conduce, inoltre, alla formazione di vacuoli e alla restrizione del
protoplasma ad una porzione limitata del lume cellulare.
42
In quest'ambito possono verificarsi diversi casi: condizioni simili a quelle delle zone temperate (accrescimento primaverile ed
estivo); accrescimento durante due stagioni distinte (primavera e autunno) con un secondo periodo di riposo vegetativo in estate;
accrescimento dall'autunno all'inizio della primavera successiva; accrescimento durante l'intero corso dell'anno in alcune piantagioni
soggette a irrigazione.
60
3. Ispessimento della parete. Al termine dello stadio precedente i limiti esterni delle nuove cellule sono
costituiti soltanto dalla loro parete primaria e dalla lamella mediana. A questo punto interviene la
deposizione della parete secondaria ad opera del protoplasma. Lo spessore di tale parete varia a seconda
della specie legnosa, del tipo di cellula e di altri fattori; esso risulta, inoltre, diverso tra le cellule del legno
primaticcio e tardivo, specialmente nelle tracheidi delle Conifere.
L'ispessimento della parete cellulare mediante la deposizione della parete secondaria strettamente associato
alla formazione delle "punteggiature", anche se l'origine di queste risale all'epoca di formazione della parete
primaria. La parete primaria, in effetti, non viene depositata sulla lamella mediana in maniera uniforme;
alcune zone rimangono molto sottili e costituiscono le posizioni ove si formeranno i futuri orifizi delle
punteggiature. Tali zone, non essendo ugualmente interessate dalla deposizione della parete secondaria,
diventano quindi punteggiature a tutti gli effetti e la loro struttura (semplice, areolata, ecc..) dipender da
come avvenuta la deposizione di detta parete.
Secondo alcuni anatomisti, l'ultimo strato (S3) della parete secondaria sembrerebbe estendersi alla parte
interna dell'areola rivestendo, in tal modo, le cavit di questo tipo di punteggiature.
A compimento della deposizione della parete cellulare pu, inoltre, aver luogo la formazione di
"ispessimenti elicoidali".
4. Lignificazione . La lignificazione costituisce lo stadio finale dello sviluppo di una cellula legnosa. Essa
implica alcune trasformazioni chimiche a carico della parete cellulare (in particolare la deposizione di
lignina) e sembrerebbe aver inizio in prossimit degli angoli di contatto tra varie cellule adiacenti, per poi
espandersi contemporaneamente alla lamella mediana e alla parete secondaria.
A lignificazione avvenuta, in genere, il protoplasma risulta completamente consumato. Pertanto, con
l'eccezione di pochi strati di nuove cellule in fase di sviluppo e delle cellule parenchimatiche dell'alburno (e
molto raramente del durame), tutte le cellule mature del legno originatesi dal cambio sono cellule morte, in
quanto risultano prive di nucleo e di protoplasma 43 .
Lo "strato verrucoso" si forma durante questo stadio finale, quando la lignificazione completata o quasi.
Secondo alcuni Autori esso sarebbe composto da ci che rimane del protoplasma, mentre per altri avrebbe
origine prima della degenerazione di quest'ultimo.
E' opportuno notare che i suddetti stadi dello sviluppo di una cellula non risultano perfettamente separati tra
loro; la deposizione della parete secondaria pu avere inizio prima che la cellula abbia raggiunto le dimensioni e
la sua forma definitive e, parimenti, la lignificazione pu cominciare prima che al deposizione della parete
secondaria sia completata.
Questi diversi stadi procedono, tuttavia, in stretta sequenza e si concludono molto rapidamente, cio entro una
distanza dal cambio pari a poche file di cellule.
In termini di tempo stato osservato che, per le tracheidi delle Conifere, occorre normalmente un giorno per
produrre un nuovo strato di cellule e sono necessari circa 20 giorni affinch tutti gli stadi di sviluppo si
compiano in modo completo.
I vari processi di sviluppo di una cellula rispondono essenzialmente ad esigenze dell'albero in piedi. Le tracheidi
e gli elementi vasali diventano mezzi per il trasporto della linfa grezza dalle radici alla chioma e ci spiega la
loro forma allungata longitudinalmente. Tale funzione, in particolare, favorita dall'assorbimento o riduzione
delle pareti terminali degli elementi vasali.
Tra le fibre, il trasporto avviene soprattutto ad opera delle fibro-tracheidi mentre le fibre libriformi possono, in
molti casi, svolgere la funzione di accumulo di sostanze nutritive e conservare contenuti cellulari vivi
nonostante la deposizione della parete secondaria e la lignificazione.
43
E' molto importante non confondere il processo di lignificazione con quello di duramificazione. La formazione del durame frutto
di cambiamenti di natura fisiologica e strutturale ma non comporta un'ulteriore deposizione di parete cellulare n la lignificazione
della stessa. Durante la duramificazione invece possibile osservare la morte delle cellule parenchimatiche, l'aspirazione delle
punteggiature, la formazione di tille e la deposizione di estrattivi.
61
Le fibre propriamente dette, tuttavia, sono in primo luogo elementi cellulari di sostegno dei tessuti legnosi delle
Latifoglie. Nelle Conifere, le tracheidi del legno tardivo esercitano ugualmente la funzione di sostegno oltre che
quella di trasporto.
Le cellule parenchimatiche, finch restano in vita, eseguono il trasporto e l'accumulo delle sostanze elaborate.
La comunicazione tra le varie cellule avviene attraverso le punteggiature e, limitatamente ai vasi, attraverso le
"perforazioni". Essa molto efficiente per la perfetta coincidenza delle varie aperture tra cellule adiacenti.
Contemporaneamente alla produzione di nuove cellule, in certe specie legnose si formano anche "canali
intercellulari" ("canali resiniferi" nelle Conifere e "canali secretori" di sostanze gommose nelle Latifoglie).
Detti canali hanno un'origine post-cambiale. I canali resiniferi sono generalmente schizogeni (dal greco schyzo =
fendersi); essi si formano all'interno di un gruppo di cellule derivate cambiali che non si sono differenziate in
tracheidi. Il processo consiste nella scissione della lamella mediana della derivata localizzata al centro del
gruppo e nella formazione di un tessuto parenchimatico di rivestimento per la successiva divisione delle derivate
adiacenti la cavit venutasi a creare.
In passato stata anche avanzata l'ipotesi che i canali resiniferi avessero origine come conseguenza di ferite
subite dal fusto durante l'accrescimento, ma la casualit della loro distribuzione e la regolarit di formazione,
anno dopo anno, all'interno degli anelli di accrescimento delle specie legnose che li presentano rendono
insostenibile tale supposizione. In effetti, si possono riscontrare anche canali resiniferi di origine traumatica, ma
questi presentano caratteristiche peculiari che permettono di distinguerli abbastanza agevolmente da quelli di
normale formazione.
I canali secretori di gomme, invece, sono generalmente assenti nel legno delle Latifoglie dei climi temperati che
rivestono una certa importanza commerciale, mentre appaiono con maggior frequenza in varie specie tropicali.
62
I termini di "struttura" ed "organizzazione architettonica" del legno si riferiscono, generalmente, alla tipologia e
disposizione dei suoi componenti anatomici principali, considerati sotto l'aspetto fisico, chimico, macro, micro
ed ultra- microscopico.
Il legno, infatti, costituito da cellule di forma, taglia e funzioni che dipendono dal ruolo fisiologico o di
sostegno nell'albero in piedi, determinato sin dalla loro origine cambiale ma, per quanto i tessuti legnosi siano
gli stessi, le dimensioni relative e la disposizione spaziale delle varie cellule si differenziano da genere a genere
botanico e, talora, da specie a specie cos da fornire utili elementi per il suo riconoscimento.
Lo studio della struttura del legno riveste, pertanto, contemporaneamente un interesse biologico ed
un'importanza pratica per i seguenti motivi principali:
a) serve a spiegare i meccanismi di accrescimento degli alberi, potendo, in certi casi, offrire valide informazioni
sulle possibilit di migliorare la qualit della produzione legnosa ( noto, ad esempio, che il legname di Conifere
presentante anelli di accrescimento di ampiezza elevata , in genere, considerato pi scadente nei confronti delle
prestazioni meccaniche rispetto a quello con anelli "stretti");
b) aiuta a comprendere ed apprezzare meglio il comportamento del legno come materiale e consente di precisare
le relazioni esistenti tra anatomia e caratteristiche tecnologiche (per via della stretta relazione esistente tra la sua
struttura, le sue propriet ed i suoi impieghi);
c) utile nell' identificazione, descrizione e selezione dei vari legni, aspetto che interessa il commercio,
l'industria, la progettazione e l'impiego in quanto, spesso, non sufficiente conoscere il nome e le caratteristiche
tecnologiche teoriche di un determinato legno ma occorre anche saperlo effettivamente riconoscere e valutarne
le propriet effettive.
Come gi accennato, nei Paesi a clima temperato, in cui le stagioni presentano una netta differenziazione
climatica, l'attivit cambiale periodica e d origine ad anelli di accrescimento che possono presentare
differenze pi o meno marcate tra gli elementi cellulari che costituiscono la zona di legno primaticcio, formatisi
nel periodo iniziale della ripresa vegetativa, e quella di legno tardivo, formatisi successivamente durante le fasi
finali dell'accrescimento annuale.
In genere, tali differenze non sono legate tanto ad una diversa tipologia e disposizione delle cellule nell'ambito
di un singolo anello ma sono dovute, soprattutto, a variazioni delle loro dimensioni (in particolare, del loro
diametro radiale) e dello spessore delle loro pareti determinando, a seconda dei casi, differenze di colore o di
compattezza dei tessuti per cui i vari anelli di accrescimento risultano solitamente ben distinguibili tra loro e, nel
caso di una sezione trasversale intera, spesso possibile, contandone il numero, stimare l'et del campione e,
misurandone l'ampiezza, ricavare utili indicazioni sulle modalit di accrescimento dell'albero.
Esaminando attentamente, mediante l'uso di una lente di ingrandimento, una sezione trasversale di un campione
di legno "ravvivata" dall'azione di un tagliente ben affilato, inoltre possibile constatare che essa costituita da
elementi anatomici anche piuttosto diversi tra loro per quanto riguarda la forma, il diametro, lo spessore delle
pareti cellulari, ma la cui disposizione reciproca nello spazio rimane costante e caratteristica per una determinata
specie legnosa e, pi precisamente, per le specie appartenenti ad uno stesso genere botanico.
Il cambio, che ricopre tutta la superficie periferica dei tessuti legnosi, infatti costituito da iniziali di vario tipo,
ognuna delle quali d origine a un certo gruppo di cellule (elementi vasali, fibre, raggi parenchimatici, ecc..)
che, per ciascun genere botanico, sono disposte in modo predeterminato e costante.
Se esaminato tangenzialmente lungo una sezione longitudinale in prossimit delle prime derivate, il cambio
appare come una sorta di matrice che produce a sua immagine, radialmente e verso l'interno, strati successivi di
cellule legnose con modalit pi o meno simili a quelle di una fotocopiatrice.
Tale disposizione tangenziale (detta anche "piano anatomico di base" o, dagli Autori francesi, "piano legnoso")
costituisce, pertanto, un carattere sistematico in cui si evidenziano, in genere, due tipologie di elementi cellulari:
63
cellule pi o meno allungate in direzione assiale (iniziali fusiformi), da cui deriveranno le tracheidi, gli
elementi vasali, le fibre, ecc.., cio tutti quegli elementi anatomici che si sviluppano prevalentemente in
lunghezza e che sono adibiti a funzioni di conduzione e/o di sostegno;
cellule di forma quadrangolare, quasi quadrata (iniziali isodiametriche), spesso costituite da una singola fila
ma, a volte, riunite in gruppi lenticolari, anche molto pi larghi (almeno per quanto riguarda la loro porzione
centrale), che daranno origine ai futuri raggi parenchimatici.
La dimensione e la forma dei gruppi di cellule iniziali dei raggi e la loro posizione relativa (esse possono
disporsi in modo stratificato, a zig- zag, senza allineamenti privilegiati, ecc..) contribuiscono, tra l'altro,
all'identificazione del legno di certe specie, in particolare nel caso di molti legnami tropicali.
64
Nell'Abete, come in altre Conifere, si riscontrano variazioni di spessore e struttura delle pareti delle tracheidi,
tanto che quelle del legno tardivo risultano molto pi spesse, di colore pi scuro e di maggior densit rispetto a
quelle del legno primaticcio. Nel legno di Conifere, inoltre, a seconda delle diverse specie botaniche, la
transizione tra le due suddette porzioni pu evidenziare un passaggio graduale o avvenire bruscamente.
Nell'Acero montano, non si constatano, invece, sensibili variazioni legate ad una particolare differenziazione
cellulare nel corso della stagione vegetativa: in tal caso, nel passaggio dalla zona di legno primaticcio a quella di
legno tardivo, gli elementi anatomici risultano tutti apparentemente delle stesse dimensioni ed evidenziano
pareti cellulari della stessa struttura e spessore, con l'unica eccezione della presenza, a volte, di qualche strato di
cellule con parete di maggior spessore o di una sottile fascia di parenchima (detto anche "parenchima di
chiusura") depositati in corrispondenza della fascia pi esterna di legno tardivo.
Variazioni dovute all'influenza di fattori stazionali
L'influenza di alcuni fattori estrinseci sull'accrescimento degli alberi pu essere di vario tipo e riflettersi in modo
pi o meno significativo sulla formazione del legno.
Tra i fattori principali, rivestono particolare importanza quelli ecologici - dovuti ad esempio alle diverse
condizioni edafiche e stazionali (legate in particolare alla profondit ed umidit del suolo, all a pendenza del
terreno, all'altitudine e all'esposizione) in cui si sviluppano le piante, alle variazioni climatiche, ecc.. -, quelli
selvicolturali (quali, innanzi tutto, le differenze tra il governo a ceduo e a fustaia, tra fustaie naturali e artificiali,
l'influenza della densit tra le piante e dei diradamenti, ecc.) e quelli legati a componenti accidentali, ovvero
dovuti alle interazioni tra piante, ambiente ed altri organismi.
L'influenza di questi fattori, determinando variazioni di ampiezza e regola rit degli anelli di accrescimento, si
riflette poi su alcune importanti caratteristiche morfologiche del legno (in particolare sul colore, la venatura e il
disegno, visibili nelle sezioni longitudinali) e sulle sue propriet fisico - meccaniche (comportando variazioni di
massa volumica e di resistenza).
In Francia, ad esempio, le Roveri che vegetano in stazioni a bassa fertilit e presentano incrementi limitati sono
generalmente caratterizzate da legno tenero, a tessitura debole e con alburno sottile; ma, tra tutti i popolamenti
Universit degli S tudi di Torino Facolt di Agraria
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di qualit pregiata, cio in grado di fornire assortimenti da tranciatura, alcuni godono di particolare fama grazie
a certe particolarit come il colore del loro durame che sembrerebbe dipendere da un fattore pedologico legato
alla presenza nel suolo di ben determinati elementi oligominerali.
L'impatto dei fattori stazionali sulla qualit del legno, inoltre, tale che, a volte, l'"effetto stazione" supera
l'"effetto specie". Ci si verifica, ad esempio, per i legnami di alcune Conifere (Abete rosso e Pino silvestre)
vegetanti nei Paesi nordici che, spesso, si assomigliano tra loro pi di quelli di alberi della stessa specie
provenienti da stazioni di clima temperato.
Anche l'influenza dell'altitudine determina, parimenti, molte analogie tra i legni di specie diversa che vegetano
in una stessa Regione geografica (vedasi il legno di Pino silvestre, Pino uncinato e Pino cembro di molte
stazioni alpine).
Per contro, a volte, possibile riscontrare notevoli differenze anche nell'ambito di una stessa specie: il caso,
ad esempio, del legno di Pino laricio che vegeta sulle montagne della Corsica o quello proveniente da
popolamenti su terreni sabbiosi di molte stazioni continentali, in cui si potrebbe persino ritenere che si tratti di
due specie del tutto diverse tra loro. Il primo, infatti, presenta un durame di color bruno scuro ed "duro" e
"pesante", l'altro, invece, bianco- giallastro, "tenero" e "leggero".
In genere, il fattore climatico che interviene maggiormente nel condizionare l'ampiezza degli anelli quello
limitante le possibilit di vegetazione: cos, in climi caldo-aridi sar la scarsit delle precipitazioni, mentre in
climi freddi saranno le basse temperature e una limitata stagione vegetativa. In altri casi, le relazioni saranno
molto pi complesse in funzione di fattori sia favorevoli che sfavorevoli.
E' opportuno, comunque, sottolineare che le relazioni tra fattori ecologici e qualit del legno sono estremamente
complesse e che la ricerca in tal campo ancora agli stadi iniziali.
L'ampiezza degli anelli, cio il loro spessore misurato in direzione radiale , in primo luogo, un elemento
macroscopico fondamentale per poter giudicare la rapidit di accrescimento di un fusto e di formazione dei
tessuti legnosi.
Tale dipendenza non pu, tuttavia, essere stabilita in modo semplice n essere generalizzata, giacch sono troppi
i parametri che interferiscono e modificano l'andamento generale dell'accrescimento quale risulterebbe dalla
costanza (peraltro impossibile) di tutti i fattori coinvolti.
Detto accrescimento ipotetico risulterebbe forte nei primi anni (15-20), per poi decrescere lentamente sino ad
assumere una tendenza asintotica verso l'orizzontale in et assai avanzata; questa curva teorica , per, in pratica
sostituita da una linea a onde o con deviazioni aventi carattere irregolare (con picchi di massimo e di minimo) in
cui, spesso, sono riconoscibili periodismi di 11, 22 anni o che presentano altre frequenze.
L'ampiezza di ciascun anello di accrescimento dipende, infatti, dai fattori intrinseci (che intervengono sia a
livello specifico che individuale) ed estrinseci sopra elencati sull'attivit del cambio.
A tal proposito, possibile evidenziare differenze di ampiezza anche notevoli tra gli anelli che caratterizzano il
legno di una specie, magari di caratteristiche genetiche tali da conferirgli un'elevata rapidit di accrescimento,
cresciuta in pianura, su un suolo profondo e umido (Pioppo di piantagione) e quelli di una specie cresciuta,
invece, in alta montagna al limite della vegetazione arborea (Pino uncinato). Un altro possibile esempio quello
relativo alla diversa ampiezza degli anelli rilevabile nel caso di due provenienze geografiche diverse di legname
della stessa specie (ad esempio, di Douglasia).
Nei nostri climi i minimi valori di ampiezza dei singoli anelli di accrescimento (inferiori ad 1 mm di spessore) si
possono riscontrare nelle Conifere di alta montagna (Larice, Pino cembro) oppure al lembo verso mare delle
formazioni costiere aride (Ginepri); i massimi valori si hanno, invece, nei Pioppi euramericani di coltura, in cui
si superano spesso i 25 mm e, in stazioni estremamente favorevoli, in alcune Conifere esotiche utilizzate in
impianti di arboricoltura da legno (Pino radiata, Pino strobo, Douglasia), ove non sono rari incrementi annuali di
20-25 mm.
A prescindere dai fattori genetici o da quelli legati all'et della pianta, in effetti, facilmente intuibile come
alcuni fattori estrinseci, agendo sulla circolazione dell'acqua nel fusto e quindi sulla sua nutrizione, possano
esercitare, nel contempo, una notevole influenza sulla struttura e sulla quantit del legno che si forma nel corso
di una stagione vegetativa.
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L'esame di alcune caratteristiche degli anelli di accrescimento (regolarit, ampiezza e percentuale di legno
tardivo) permette spesso di conseguire, a prescindere dalla specie botanica, importanti indicazioni tecnologiche
e di poterne stimare con sufficiente approssimazione le caratteristiche fisico- meccaniche del legno, tanto che
costituisce uno dei principali parametri presi in considerazione nella classificazione visuale degli assortimenti
legnosi destinati ad impieghi strutturali.
Nel caso di molte Conifere, ad esempio, pi l'anello sottile, pi la percentuale di legno tardivo risulta elevata
ed il legname presenta una maggior massa volumica e migliori propriet meccaniche.
NellAbete rosso, unampiezza ridotta, in conseguenza della maggior importanza relativa della porzione di legno
tardivo, provoca un aumento della sua massa volumica e resistenza. Ci vero, per, solo se la suddetta
riduzione dovuta alla frugalit delle condizioni di vegetazione del popolamento (ad esempio, per linfluenza
dellaltitudine) mentre le propriet meccaniche non risultano aumentate se tale effetto legato ad un cattivo
stato fisiologico degli alberi (condizioni difficili di alimentazione, fitopatie, ecc..). Al contrario, tutto ci che
favorisce laccrescimento dellAbete rosso (fertilit del substrato pedologico, presenza di condizioni ecologiche
ottimali, diradamenti di intensit elevata, ecc..) ne riduce la massa volumica e le propriet meccaniche del legno.
La stessa cosa si verifica, almeno in parte, nel caso dellAbete bianco, ma tale specie molto meno
frequentemente coltivata al di fuori delle sue condizioni ecologiche normali, per cui il campo di variazione
dellampiezza degli anelli di accrescimento risulta, in tal caso, meno esteso.
La correlazione tra lampiezza degli anelli di accrescimento e la massa volumica/propriet meccaniche del legno
non , invece, cos netta nelle altre Conifere. In tal caso entrano in gioco molti svariati fattori tra cui, nel Pino
silvestre, la razza, le condizioni pedologiche (legate alla presenza di suolo calcareo o siliceo), ecc.. per cui il
legno di tale specie pu presentare caratteristiche tecnologiche molto diverse nelle sue varie provenienze anche
a parit di ampiezza degli anelli di accrescimento. La Douglasia conserva, comunque, discrete propriet
meccaniche anche nel caso di unampiezza elevata degli anelli di accrescimento.
Nel caso delle Latifoglie ad anello poroso, si verifica, generalmente, un fenomeno contrario e cio, pi l'anello
sottile, maggiore risulta la percentuale di legno primaticcio e minore la resistenza del materiale.
In particolare nelle Querce caducifoglie, nella Rovere, nella Farnia o nella Roverella, esiste unottima
correlazione tra la presenza di anelli di accrescimento di ampiezza ridotta e quella di una massa volumica poco
elevata, di inferiori valori di ritiro e migliori caratteristiche tecnologiche, tanto che in tal caso il legno risulta pi
apprezzato e di maggior valore economico.
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Influenza della variazionedi ampiezza degli anelli di accrescimento sulla struttura dei tessuti nel legno di Rovere. A destra, sezione
trasversale (x 10) di legno "tenero", a sinistra di legno relativamente "duro".Da [42].
Qualunque sia lampiezza degli anelli di accrescimento, la larghezza della porzione di legno primaticcio che
presenta elementi vasali di grosso diametro e determina un cerchio poroso, infatti, generalmente costante in
tutte le Querce caducifoglie. Un aumento dellampiezza conduce dunque, in prima approssimazione, ad un
aumento della larghezza della porzione di legno tardivo pi ricco di fibre e meno poroso, e di conseguenza ad un
aumento della massa volumica, dei valori di ritiro, della durezza e di altre propriet meccaniche.
Ma ci non del tutto semplice: in funzione delle diverse stazioni, la porzione di legno tardivo pu contenere
una percentuale pi o meno elevata di elementi vasali e, a tal proposito, le provenienze atlantiche di Rovere
presentano, ad esempio, una maggior frequenza di pori (nella porzione di legno tardivo) rispetto alle
provenienze pi continentali. La porosit del legno tardivo pu inoltre compensare, almeno in parte, le influenze
negative dovute allaumento dellampiezza degli anelli di accrescimento e conferire a certe Querce che
presentano anelli molto larghi (come nel caso di molte piante cresciute isolate) la stessa attitudine nei confronti
di alcuni impieghi pi nobili e remunerativi che tradizionalmente sono tipici dei soggetti ad anelli stretti.
Anche gli interventi antropici esplicantisi con tagli parziali del soprassuolo circostante l'albero in esame
possono, infine, essere denunziati da improvvise variazioni di ampiezza degli anelli di accrescimento: ci
particolarmente visibile nelle specie cosiddette "sciafile", che tollerano un forte aduggiamento (come l'Abete
bianco) e nelle matricine (Faggio, Castagno, Querce) lasciate quali porta-seme durante l'utilizzazione di molti
cedui.
Nella scelta del legno destinato ai vari impieghi quindi opportuno avere sempre ben presente che la sua
struttura, l'aspetto e le sue propriet risultano determinate sia dalle caratteristiche specifiche della specie
botanica che dalle provenienze considerate.
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DENDROCRONOLOGIA
La dendrocronologia si occupa dell'accrescimento delle piante arboree, prendendo in considerazione non solo le
modalit con cui avviene e la sua evoluzione nel tempo ma anche i fattori, soprattutto esterni (ambientali), che
lo influenzano.
Indirettamente si occupa, quindi, dell'andamento delle stagioni passate e presenti.
In origine utilizzata per stimare l'et di alberi, strutture e manufatti in legno, la dendrocronologia trova oggi
applicazione anche in altri ambiti scientifici e, in particolare, in aree disciplinari inerenti l'ecologia, la
selvicoltura, la geologia e la vulcanologia.
Essa fonda i suoi studi essenzialmente sulle caratteristiche morfologiche e densitometriche degli anelli di
accrescimento ed interpreta le loro variazioni di ampiezza considerandole come una misura del tempo
(datazione) e una registrazione delle vicende climatiche del passato.
Le dimensioni degli anelli di accrescimento (ampiezza globale, ampiezza delle porzioni di legno tardivo, ecc..)
vengono tradotte in grafici, ovvero in curve (o spezzate) dendrocronologiche riportate in diagrammi nei quali
sull'asse delle ascisse viene indicata la successione cronologica degli anni di vita della pianta e su quello delle
ordinate sono riportati i valori assoluti o logaritmici o indicizzati delle corrispondenti grandezze rilevate.
Le curve riferite all'ampiezza globale rappresentano l'andamento dell'accrescimento radiale del fusto, ossia
descrivono graficamente l'attivit vegetativa della pianta nel tempo, tracciando la storia della pianta stessa.
Infatti, morfologia, caratteristiche e dimensioni degli anelli di accrescimento sono espressione dell'attivit
cambiale dell'albero che, a sua volta, influenzata e condizionata da fattori stazionali, climatici e meteorici
esterni. Poich, inoltre, nel corso degli anni, gli andamenti climatici stagionali no n sono mai identici, gli anelli
portano nei loro tessuti l'impronta delle singole stagioni (e, di conseguenza, degli anni) durante le quali si sono
formati.
Anche se alcuni riferimenti all'influenza delle stagioni, del clima e di situazioni stazionali particolari sull'attivit di accrescimento
arboreo si ritrovano sin dall'antichit (Bibbia, Teofrasto, Plinio il vecchio, Vitrurio, Columella, Leonardo da Vinci, ecc..), fondatore
della dendrocronologia considerato l'astronomo americano A. E. Douglass che, a partire dai primi anni '20, inizi ad occuparsi di
come l'influenza dell'attivit delle macchie solari si rifletteva sull'andamento delle stagioni e di conseguenza sull'accrescimento dei
vegetali superiori.
Egli elabor successioni di valori anulari tratte da piante plurimillenarie, riuscendo a costruire curve dendrocronologiche estese a
ritroso nei secoli (fino a 3000 anni).
Le curve dendrocronologiche risultano, ovviamente, tanto pi lunghe quanto pi longeve sono le piante da cui
sono state derivate. In Nord America, ad esempio, dove il materiale longevo abbonda, sono state elaborate curve
che abbracciano un arco temporale di millenni, giungendo, nel caso del Pinus aristata Engelm., ad oltre 9000
anni addietro. Esistono, tuttavia, tecniche che permettono di costruire curve plurisecolari, prolungando a ritroso
nel tempo le curve ricavate da piante tuttora viventi o appena abbattute, mediante collegamenti "a ponte" con
curve tratte da reperti lignei via via pi antichi.
L'andamento climatico di una data area geografica determina, poi, una certa somiglianza nelle modalit di
accrescimento degli alberi che vegetano nella stessa zona, per cui diventa possibile individuare un andamento
caratteristico relativamente ad una certa specie legnosa e ad un certo al sso temporale e stabilire con buona
approssimazione se due alberi sono "contemporanei" oppure se hanno vissuto una parte della loro vita in uno
stesso periodo.
La sovrapposizione parziale di curve che presentino intervalli con andamento concorde permette, inoltre, di
ottenere informazioni relative ad un periodo pi lungo di quello registrato da ciascuna di esse singolarmente.
Poich, infatti, le piante appartenenti ad una stessa specie legnosa seguono, di norma ed entro determinati ambiti
geografici, uno stesso modello di accrescimento, attraverso appropriate metodologie biologico-statistiche
relative all'elaborazione dei parametri anulari di un numero consistente di alberi di una determinata Regione o di
un'unit ecologica ovvero mediante l'analisi di curve ricavate dall'osservazione di varie serie anulari 44 ,
possibile costruire una cronologia 45 (detta "assoluta", quando se ne conosce l'esatta collocazione temporale) che
44
Gruppo di valori parametrici di anelli annuali consecutivi, espressi graficamente in funzione del tempo.
Successione di parametri ricavata da parecchie serie anulari ed espressa in scale temporali assolute o fluttuanti. Il termine
"cronologia" pi utilizzato rispetto a quello, suo sinonimo, di "serie temporale dendrocronologica". Essa, inoltre, pu essere
45
69
rappresenta il modello, lo standard dell'andamento medio dell'accrescimento di una data specie entro un
territorio ben definito.
Una cronologia pu essere costruita a partire da vari parametri anulari (ad esempio, l'ampiezza degli anelli, la densit massima, le
dimensioni degli elementi vasali, ecc..) o da informazioni di tipo binario (come, ad esempio, il verificarsi di eventi particolari o del
passaggio del fuoco). E' possibile, inoltre, integrare un certo numero di cronologie diverse per realizzare una cronologia media relativa
ad una determinata stazione ("site chronology"), o sito ("local chronology") o Regione geografica ("regional chronology").
In Europa, si conoscono una cinquantina di curve plurisecolari di questo tipo che si riferiscono ad Abete bianco
e rosso, Larice, Pino silvestre e cembro, Faggio e Querce caducifoglie.
Si tratta, in sostanza, di curve campione (dette anche "curve di riferimento" o "curve madri"), alle quali si
adeguano gli accrescimenti annuali delle piante delle rispettive specie in un ambito geografico relativamente
circoscritto.
Cos, ad esempio, allo standard delle Querce della Germania meridionale (Standardeichenkurve) si adeguano bene le querce francesi e
buona parte di quelle italiane, ma non altrettanto quelle della Germania nord occidentale.
Non tutte le specie arboree forniscono indicazioni precise, univoche e chiaramente interpretabili. Alcune, pi
"sensitive", reagiscono agli stimoli esterni con intensit e puntualit, altre, "compiacenti", rispondono in modo
apparentemente disforme, non puntuale e non sempre chiaro.
Ottime indicazioni sono fornite da Abete bianco, Larice, Pino cembro, Rovere, Roverella e Farnia, Olmo,
Faggio ed Ontano mentre quelle relativa ad Abete rosso, Cipresso, Acero e Pioppo appaiono di pi difficile
interpretazione.
Non tutte le piante della stessa specie, inoltre, sono ugualmente indicative sotto il profilo dendrocronologico, per
cui risulta molto importante la scelta della stazione nella quale effettuare il campionamento. Generalmente, una
pianta da' indicazioni precise e marcate, soprattutto agli effetti dendroclimatici, qua nto pi si trova ai limiti del
suo areale di vegetazione naturale. Inoltre, l'intensit delle reazioni pu variare in funzione
- dell'origine (gamica, agamica);
- dello stato sociale (pianta isolata, dominante, sottoposta);
- della stazione (terreno superficiale, profondo, umido o asciutto);
- del microclima;
- dei trattamenti selvicolturali pregressi.
Sulle curve di riferimento, possibile inserire curve non datate (serie cronologiche fluttuanti), estratte da
manufatti o reperti lignei di epoca ignota, e, mediante confronti visuali e/o strumentali (guidati da appositi
applicativi informatici), incardinare curve con estremi ignoti, non quotate e fluttuanti nel tempo, sulle
corrispondenti curve di riferimento. Mediante tale operazione, detta anche di sincronizzazione o
"crossdatazione " risulta, pertanto, possibile definire l'ambito temporale nel quale vissuta la pianta da cui stata
ricavata una trave, un segato o un determinato manufatto ligneo e, in definitiva, datare un campione che
contenga una serie di almeno 50 anelli di accrescimento consecutivi (requisito necessario per raggiungere una
buona attendibilit statistica).
A questo proposito, tuttavia, opportuno chiarire che, nel caso della datazione di manufatti lignei, la
dendrocronologia pu offrire valide indicazioni soltanto sul terminus post quem (o sul terminus a quo) il quale
non corrisponde, necessariamente, all'anno di produzione del campione in esame. In pratica, possibile definire
soltanto l'anno in cui la pianta morta e cio in cui, presumibilmente, stata abbattuta. L'artigiano o l'artista,
infatti, pu avere riutilizzato legnami tagliati tempo prima (soprattutto nel caso di interventi di restauro) o pu
aver lasciato stagionare il pezzo per anni o, ancora, pu aver asportato una porzione di legno pi esterno,
eliminando un certo numero di anelli periferici (maggiormente soggetti al rischio di biodegradamento).
In quest'ultimo caso, per il legno di alcune specie, sono note formule dedotte da osservazioni empiriche che
legano il numero degli anelli di accrescimento della porzione di alburno all'et del tronco e al numero degli
anelli duramificati. Altre formule si limitano, invece, a indicare il campo di variazione del numero di anelli di
alburno in funzione dell'et o di classi d i et. Nota l'estensione temporale dell'alburno si pu, quindi, stimare la
continua (se riferita a valori annuali consecutivi) o discontinua (se riferita soltanto ad alcuni valori annuali), nel qual caso si tratta di
uno skeleton plot, termine con il quale viene definito un metodo di indagine preliminare che consiste nell'esaminare visivamente una
sequenza di parametri anulari e nel rappresentarne graficamente il profilo mettendo in evidenza gli anelli pi caratteristici ed
annotando altre indicazioni utili.
70
sua estensione spaziale tenendo conto del temperamento e del profilo del fusto della specie in esame, dell'et
della pianta, dell'ampiezza degli anelli corrispondenti agli ultimi dieci o venti anni di accrescimento.
In alcuni casi, con le indagini dendrocronologiche, anche possibile ricavare interessanti indicazioni sulla
provenienza dei legnami (tramite, ad esempio, la correlazione tra la distanza del baricentro delle curve madri e
quello delle singole curve in funzione dei valori di concordanza).
I continui progressi nel settore dell'informatica e lo sviluppo di moderne tecniche di elaborazione statistica
hanno, peraltro, consentito di estendere ulteriormente le applicazioni delle indagini dendrocronologiche e
dendroclimatologiche. In questo contesto, sono state eseguite datazioni di campioni lignei risalenti al 6000 a. C.
che sono risultate accurate quanto quelle con il radiocarbonio.
Nelle ricerche dendrocronologiche, il problema principale riguarda il rilevamento delle grandezze significative
che, pi in particolare, sono rappresentate dai seguenti parametri: ampiezza globale dell'anello, ampiezza delle
zone primaticce e/o tardive, percorsi anulari.
Le osservazioni vengono, generalmente, eseguite su sezioni trasversali e radiali (rotelle) del fusto o su carotine.
Le misurazioni richiedono, talvolta, una preparazione della superficie del campione da effettuare con tecniche
varie e pi o meno sofisticate che spaziano dalla piallatura o levigatura (pi facilmente realizzabili nel caso di
legno essiccato), alla colorazione con idonee soluzioni e reagenti.
E' preferibile eseguire le misurazioni su sezioni trasversali, meglio ancora se queste sono tanto estese da
consentire la ripetizione dei rilievi lungo pi direttrici, ma si pu utilizzare proficuamente anche la sezione
radiale che, tuttavia, implica valutazioni pi laboriose e, a volte, meno precise.
Non sempre, per, possibile prelevare campioni da osservare in laboratorio, specialmente nel caso di manufatti
di particolare interesse artistico, per i quali un simile intervento potrebbe alterarne la qualit, la funzionalit o la
struttura originaria. In tal caso, si opera sul posto, con l'impiego di lenti di ingrandimento, trascrivendo subito i
valori letti oppure registrandoli con apparecchiature adeguate. Quando non possibile effettuare una
misurazione diretta, si riportano su carta trasparente o su fogli di acetato, appoggiati alla sezione in esame, i
percorsi anulari e le ampiezze rilevate lungo una o pi direttrici, eseguendo posteriormente, a tavolino, le
misurazioni richieste.
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Per il rilievo degli anelli in posizioni difficili o su manufatti inamovibili si possono, poi, utilizzare calchi
provvisori in sostanze plastiche o calchi definitivi in resine di vario tipo.
In alcuni casi favorevoli (con superfici piane e venatura del legno marcata), pure possibile la datazione su
fotografia mentre, recentemente, stata anche prospettata la possibilit di rilievi fotogrammetrici, che
permettono una visione tridimensionale.
E' indubbio che nel doppio passaggio si moltiplica la possibilit di errore, ma scienza ed esperienza attenuano
questo rischio. Inoltre, nelle ricerche dendrocronologiche, pi che il valore assoluto delle ampiezze hanno
significato la successione delle stesse ed i rapporti tra ampiezze successive. In particolare, agli effetti delle
datazioni e delle sincronizzazioni tra le varie curve, importante stabilire l'andamento ascendente o discendente
dei singoli tratti, cio dei vari intervalli della curva. Infatti, sia nelle sincronizzazioni visuali, effettuate facendo
scorrere semplicemente le singole curve sulla curva campione, sia in quelle eseguite al calcolatore, elemento
fondamentale la coincidenza dei segni di accrescimento in vari intervalli (ove, per avere una certa sicurezza
statistica, si richiede una percentuale minima di sovrapposizione).
Per incardinare le singole curve alla curva campione, si utilizzano anche altri elementi che, a volte, sono
sufficienti, da soli, a garantire l'attendibilit di una sincronizzazione e, quindi, di una datazione. Si tratta di
singoli anelli particolarmente significativi (anello caratteristico 46 ), di un stagione vegetativa (anno
caratteristico 47 ) od una sequenza di anelli (segnatura 48 ) particolare.
Le curve dendrocronologiche sono, comunque, caratterizzate anche da indici e parametri statistici che servono a definirne il tipo e che
49
assumono, a seconda degli obiettivi previsti, vario significato (media, scarto tipo, sensitivit media , ecc..).
Nel caso di pi curve provenienti da soprassuoli della stessa specie legnosa, al fine di valutare speditamente l'omogeneit e la
significativit delle curve medie eventualmente ricavate e per confrontare le diverse curve, si utilizzano, poi, altri parametri.
50
Tra questi, risultano particolarmente importanti ed utili il trend , che si riferisce ad una varianza di frequenze molto corte dello
51
spettro, con lunghezza d'onda pi ampia della lunghezza della serie anulare ed il coefficiente di concordanza ovvero la misura della
corrispondenza esistente, di anno in anno, tra andamenti di un determinato intervallo (trend degli intervalli) di due cronologie, basata
sulla concordanza del segno della variazione (positivo, nullo o negativo).
Si definisce, poi, lunghezza periodale il numero di anni consecutivi durante i quali l'accrescimento radiale (variazione di ampiezza
degli anelli) mantiene lo stesso segno, ossia in cui la curva risulta continuamente ascendente o discendente. A tal proposito, si
distinguono lunghezze uniannuali, biennali, triennali, ecc.. Poich, poi, nelle Regioni temperate l'accrescimento radiale delle piante
arboree dimostra una certa inerzia, cio il segno ascendente o discendente viene generalmente mantenuto per pi anni consecutivi, la
presenza di gruppi di lunghezze uniannuali acquista un importante significato diagnostico ai fini delle sincronizzazioni e
52
dell'individuazione della funzione di autocorrelazione . Cos, ad esempio, nel ventennio 1560-1580 gli Abeti rossi delle Alpi sono
caratterizzati da sequenze di 10-20 lunghezze periodali uniannuali mentre il Faggio in Europa aumenta la percentuale di lunghezze
uniannuali da occidente ad oriente, ossia in relazione alla maggior continentalizzazione del clima.
46
Anello particolare, facilmente distinguibile in una sequenza, che sotto il profilo morfologico pu essere caratterizzato da varie
tipologie: anello mancante, falso anello, anello iniziale di una brusca variazione di accrescimento, presenza di legno di reazione,
ferite, canali resiniferi di origine traumatica, tessuti presentanti particolarit cromatiche.
47
Anno nel quale sono stati riscontrati numerosi anelli caratteristici in molti campioni del gruppo di alberi considerato.
48
Sequenza di anni od intervalli caratteris tici (secondo gli Autori europei) o sequenza o gruppo di parametri anulari particolari e
databili, identificabile visivamente (secondo gli Autori americani).
49
La sensitivit media , ad esempio, definita dalla media della sommatoria del rapporto fra la differenza e la somma dei valori di
ampiezza di due anelli di accrescimento consecutivi diviso 2. La sensitivit media generale di una curva cio data dalla formula:
MS (Mean Sensitivity) = [(x2 - x1)/(x2 + x1 )/2]/n-1
ed indica la reattivit della pianta, ovvero la significativit della curva (alta sensitivit: MS superiore a 0,300; media: MS intorno a
0,200; bassa: inferiore a 0,100).
50
In una serie temporale basata sull'ampiezza degli anelli, il trend pu essere legato alla variazione del potenziale di accrescimento
dell'albero determinato dall'aumento di et dello stesso, ad alterazioni successive verificatesi a carico del popolamento forestale, a
modificazioni geologiche o a cambiamenti climatici molto graduali.
51
Percentuale dei casi in cui la variazione dell'ampiezza anulare fra due anelli consecutivi ha lo stesso segno nelle curve considerate.
Con percentuale pari al 100% tutti gli intervalli sono ascendenti, con percentuale uguale allo 0% tutti gli intervalli sono discendenti.
52
Risultato della stima di coefficienti di autocorrelazione per un definito intervallo ed espressione di tali coefficienti in funzione
dell'intervallo stesso. A questo riguardo, infatti, l'andamento climatico stagionale di un determinato anno t ha un importante effetto
sull'ampiezza dell'anello di accrescimento corrispondente a quello stesso anno, ma pu anche influenzare l'ampiezza degli anelli
successivi per un numero di anni k. Pertanto, l'ampiezza dell'anello corrispondente all'anno t-1 statisticamente legata a quella
dell'anello dell'anno t. Questo effetto definito e modellato matematicamente come funzione di autocorrelazione dell'ampiezza
dell'anello.
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Altre importanti applicazioni riguardano i rilievi densitometrici, fondati sulla permeabilit dei tessuti legnosi
alle radiazioni. E' noto, infatti, che il legno costituito, fondamentalmente, da carbonio, idrogeno e ossigeno,
elementi a bassa massa atomica e che, pertanto, si lascia attraversare dai raggi x. Sottoponendo a radiazioni un
campione contenente pi anelli (a tale scopo vanno bene, ad esempio, carotine del diametro di 4,5 mm)
possibile rilevare una sequenza con grado di annerimento diverso a seconda dell'assorbimento dei settori
attraversati dai raggi. Si ottiene, cos, un profilo densitometrico con bande di colore pi o meno scuro connesse
con l'alternanza delle porzioni di legno primaticcio e tardivo degli anelli di accrescimento.
Dal confronto con campioni di riferimento, di densit nota, si pu risalire, quindi, alla massa volumica dei
singoli settori degli anelli e, con i valori ricavati, costruire curve densitometriche che rappresentano le
variazioni nel tempo della massa volumica tra gli anelli e quelle registrate nell'ambito di uno stesso anello.
Poich, a parit di specie legnosa, la massa volumica dei tessuti dipende dall'andamento delle stagioni, le curve
densitometriche estese negli anni offrono valide indicazioni sulle stagioni del passato, permettendo di stimare come le curve cronologiche con le quali si integrano - le vicende climatiche, la storia delle piante e
caratterizzando anni, decenni, interi secoli: a tal proposito si parla anche di curve xilocronologiche .
Dalla seconda met degli anni '80, l'analisi densitometrica pu avvalersi anche di strumenti in grado di eseguire
misurazioni "quasi non distruttive" ovvero che provocano danni ancora inferiori a quelli registrabili a seguito
dell'estrazione di carotine con una trivella di Pressler. Tra questi, il Resistograph (o Densitomat) misura la
resistenza alla penetrazione nel legno che incontra una speciale sonda cilindrica, dello spessore di circa 3 mm e
della lunghezza di 50 cm, quando viene inserita nel campione ad una velocit nota e costante. In tale fase,
vengono registrate eventuali differenze di resistenza dovute sia a tessuti legnosi ammalorari (ad esempio, per la
presenza di marciumi interni circoscritti) sia alla diversa massa volumica tra le porzioni di legno primaticcio e
tardivo nel passaggio tra i vari anelli e nell'ambito di uno stesso anello di accrescimento. Il piccolo foro prodotto
durante la penetrazione viene, tra l'altro, richiuso quasi istantaneamente dal ritorno elastico del legno dopo la
fuoriuscita del punzone. A condizione che venga usato correttamente, lo strumento fornisce, pertanto, utili
indicazioni ai fini di una valutazione qualitativa del campione in esame tanto che, pur essendo stato realizzato,
almeno inizialmente, per eseguire indagini di tipo fitosanitario sulle alberature stradali, pu trovare impiego nel
collaudo di assortimenti legnosi, durante le transazioni commerciali, o per ispezioni in situ di elementi strutturali
lignei in opera. Elaborazioni informatiche degli sforzi registrati, unitamente allo studio di correlazioni esistenti
con i risultati di alcune determinazioni fisico- meccaniche di laboratorio, permettono di ottenere stime
densitometriche statisticamente significative e preziose informazioni circa le caratteristiche di accrescimento e
la distribuzione tra legno primaticcio e tardivo.
Quando si eseguono studi di carattere dendrocronologico , comunque, necessario raccogliere il maggior
numero di informazioni relative ai campioni da esaminare.
Infatti, quanto pi circoscritta la probabile collocazione temporale degli stessi, tanto minore, statisticamente,
il rischio di sincronizzazioni erronee e tanto maggiore, di conseguenza, l'affidabilit delle datazioni eseguite.
In particolare, poi, quando si vogliono trarre indicazioni di carattere climatico, non sono importanti solo le
notizie documentarie e storiche, ma anche le informazioni relative a temperamento, areale, forme
dendrometriche, condizioni stazionali (anche presunte).
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Ai fini di un'adeguata descrizione tecnologica e di un corretto confronto tra i vari legni, in aggiunta a quanto gi
analizzato macroscopicamente, necessario prendere in considerazione altre importanti caratteristiche
morfologiche ed estetiche quali, in particolare:
colore e lucentezza
odore e sapore
tessitura
fibratura
venatura
disegno
figure o effetti decorativi.
A queste opportuno aggiungere la massa volumica e la durezza, in quanto caratteristiche fisiche valutabili
con metodi particolarmente semplici che consistono rispettivamente nel maneggiare un campione per stimarne
la densit e nello scalfire la sua superficie con l'unghia del pollice o con un punzone.
E' lecito, inoltre, affermare che le cause che conferiscono un aspetto decorativo ad un generico campione di
legno possono essere svariate ma dipendono fondamentalmente dalla specie legnosa a cui esso appartiene e dalla
sua costituzione istologica.
Di seguito vengono considerati, sinteticamente, i principali fattori responsabili delle suddette caratteristiche del
legno.
Colore
Il legno pu presentare tonalit di colore che variano dal bianco - latte, come nell'alburno di varie specie, al neroinchiostro del durame dell'Ebano.
Due fattori principali intervengono nella determinazione cromatica dei tessuti legnosi:
1) il colore proprio delle pareti cellulari, che nel legno di recente abbattimento di tonalit bianco - giallognola;
2) il colore delle sostanze non facenti parte delle pareti cellulari, cio dei componenti estranei alle pareti,
solubili (estrattivi, grassi, resine) o insolubili (sostanze proteiche ed inorganiche), spesso presenti
- nei succhi;
- nelle secrezioni;
- all'interno del lume;
- negli spazi intercellulari;
- negli interstizi della parete.
Se le suddette sostanze extraparietali sono incolori, la tonalit di insieme sar ancora bianco -giallognola, in caso
contrario sar quella propria dei composti in questione o quanto meno potr risultare da essi influenzata.
In ogni caso, per dare un giudizio obiettivo sul colore naturale del legno, occorre considerare un campione allo
stato "fresco" ed immune da alterazioni fungine.
Con il processo di duramificazione, inoltre, il contenuto di sostanze estranee alle pareti pu venir modificato in
quantit e composizione determinando, spesso, una differenziazione cromatica della porzione di durame.
Il colore del legno una caratteristica variabile nel tempo, per esposizione alla luce ed all'aria (a causa di azioni
fotochimiche, perdita di umidit, ecc..) o per contatto con l'acqua (nel caso, ad esempio, delle scandole utilizzate
per la copertura di tetti, soggette a dilavamento).
Sotto l'azione dei raggi ultravioletti, la lignina (che li assorbe in maniera maggiore rispetto alla cellulosa)
subisce una lenta ossidazione che determina la formazione di tonalit giallo -brune facilmente osservabili in
legni chiari come Acero, Betulla, Abete, Frassino. Pertanto, nei depositi di legname e prodotti derivati, i bancali
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degli assortimenti pi pregiate (ad esempio i tranciati) vengono protetti, per lo pi, con un foglio di polietilene
di colore scuro o con tessuti che non lasciano filtrare la luce solare.
Le alterazioni indotte dalla luce dipendono principalmente dalla sua lunghezza d'onda che inversamente proporzionale alla quantit
di energia trasmessa. Infatti:
E =
dove
h = costante universale di Planck, pari a 6,6 10-27 erg/sec;
= lunghezza d'onda.
Lo spettro ultravioletto ( corte) d origine, infatti, ad alterazioni cromatiche superiori a quelle determinate dallo spe ttro visibile (
medie ) e dall'infrarosso ( lunghe). A questo proposito, l'atmosfera assorbe i raggi UV assai pi facilmente della luce visibile e
dell'IR, tranne in alta montagna dove l'influenza dei raggi UV maggiore. Tale fatto serve, in laboratorio, per realizzare condizioni di
invecchiamento accellerato mediante apposite lampade UV.
Legni esposti per lungo tempo all'azione della luce e dell'aria possono subire una vera e propria "carbonizzazione", passando attraverso
varie tonalit di grigio fino al nero carbone (vedasi, ad esempio, il colore del legno delle vecchie baite in montagna).
Il problema delle possibili alterazioni di colore con il tempo di notevole importanza nell'industria del mobile e dell'arredamento. A
questo proposito, due esempi particolarmente significativi sono quelli del legno di
Mansonia (o Bet)
e di
Padouk
ma lo stesso fenomeno si verifica anche nel Ciliegio (attualmente molto usato nel settore dell'arredamento) ed in molti altri casi pi o
meno noti.
In quest'ambito, un ulteriore problema ancora in attesa di soluzione la necessit di "fissare" nel tempo il colore impartito al legno con
metodi industriali (che consistono, generalmente, nell'applicazione di tecniche di impregnazione della cellulosa simili a quelle adottate
per la colorazione dei tessuti).
Altri fattori o trattamenti che possono determinare una modificazione pi o meno intensa del colore del legno
sono i seguenti:
Reazioni chimiche , i cui effetti sono, a volte, ben visibili sulle sezioni trasversali di fusti appena abbattuti,
ove possibile riscontrare che l'alburno pi scuro del durame a causa dell'ossidazione all'aria dei succhi
circolanti (come, ad esempio, nel caso del Ciliegio che pu presentare durame di colore rosso pallido e
alburno grigio scuro) o, ne l caso di specie ad alto contenuto di tannini (in particolare nelle Querce
caducifoglie e nel Castagno), ove il contatto del legno allo stato fresco con materiale ferroso (ad esempio,
schegge di proiettili o i taglienti delle macchine utensili per la lavorazione del legno) determina lo sviluppo
di colorazioni nero-azzurrastre causate da reazioni chimiche tra il metallo ed i tannini.
Attacchi fungini, che rappresentano una causa piuttosto frequente di alterazione del colore del legno. A tal
proposito possibile distinguere tra:
a) funghi cromogeni, la cui azione dovuta allo sviluppo sulla superficie o nel lume delle cellule che
compongono i tessuti legnosi di micelio intensamente colorato e tale da provocare, per l'estrema
sottigliezza dei suoi filamenti (ife), fenomeni di diffrazione della luce ed un danno solitamente
limitato all'aspetto estetico del legno 53 .
Un esempio classico quello della Ceratostomella pilifera o di specie fungine affini, appartenenti
agli Ascomiceti, che danno origine ad una colorazione azzurra, verde o nerastra a carico di legni di
varie Conifere e soprattutto dell'alburno dei Pini (fenomeno noto con il termine di "azzurramento");
53
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b) funghi carigeni, che alterano, invece, la parete cellulare degradandone i componenti chimici
principali e provocando una sensibile modificazione strutturale del legno.
Tali organismi, appartenenti generalmente ai Basidiomiceti, causano, per lo pi, la cosidetta "carie
bianca"54 e, durante le prime fasi di attacco, possono determinare alterazioni cromatiche tipiche per
le quali si usano denominazioni particolari come, ad esempio, "rosatura" dell'Abete e "grigiatura"
del Faggio.
Vaporizzazione a temperatura elevata, nel caso, ad esempio, del legno di Faggio che, originariamente di
colore biancastro, assume, dopo tale trattamento, un colore grigio-rossastro pi o meno intenso.
Esposizione a fumi ammoniacali, che scurisce il legno di Rovere e, nel caso del Larice esposto al sole,
preclude il passaggio a tonalit bruno -rossastre facendolo tendere ad un colore grigio-chiaro.
Trattamento con acqua di calce Ca(OH)2 , che rende pi rosso il Ciliegio e pi scuro il Noce, (veniva
eseguito, in passato, quando il legno di Noce era particolarmente apprezzato nelle tonalit pi scure).
Contatto con alcune miscele collanti o mastici sintetici (stucchi) a reazione basica, che nel caso del
legno di Quercia, Noce, Castagno e Mogani provoca macchie scure pi o meno intense sulla superficie del
pezzo.
Il colore del legno pu, inoltre, apparire notevolmente diverso sotto l'azione di radiazioni UV ( 360 m) date
dalla lampada di Wood (in alcuni legni, tra l'altro, essa determina una fluorescenza che pu essere utile per il
riconoscimento e per rilevare la presenza di attacchi fungini in atto).
Descrivere a parole la molteplicit di tinte riscontrabile nei legni naturali presenta un'indubbia difficolt. Da
tempo si auspica l'adozione di una raccolta unificata di tonalit cromatiche, codificate con sigle o numeri
(peraltro gi utilizzate per i suoli e le vernici) a cui corrispondano adeguate descrizioni.
La colorazione del legno pu essere:
a)
- naturale uniforme;
b)
- naturale a strisce o con variegature;
c)
- alterata da agenti fisico-chimici o biologici
per cui legni rimasti per secoli in ambiente umido e fuori dal contatto con l'aria subiscono alterazioni
fisico-chimiche da cui conseguono cambiamenti del loro colore naturale. Essi sono particolarmente
apprezzati per impieghi decorativi, per realizzare piccoli oggetti di fantasia e per intaglio. Tra i vari
esempi si ricordano i fusti di Cryptomeria e Zelkova, rimasti per secoli sotto frane o immersi in acqua,
il cui legno ha assunto una colorazione bruno-azzurrastra o verdognola e il legno di varie Querce
sommerse nei laghi e nei letti dei fiumi (soprattutto in Polonia), particolarmente ricercato per la
produzione di liste per pavimenti, tranciati per mobili, ecc..;
d)
- artificiale
che risulta applicata sia per fare apparire pregiati legnami e semilavorati di specie correnti, sia perch
l'odierna produzione in serie richiede un'uniformit di tinte ottenibile soltanto con il ricorso a
trattamenti di colorazione artificiale. Questi ultimi possono consistere nella penetrazione di sostanze
coloranti a carico degli strati pi esterni del legno o nell'applicazione di prodotti che permettono di
ottenere il colore desiderato (mediante impregnazione, verniciatura o laccatura). In alcuni casi, inoltre,
la colorazione artificiale viene eseguita per conferire al legno tonalit e disegni inconsueti (azzurro,
verde, rosso), anche mediante la successiva ricomposizione e lavorazione di fogli preventivamente
trattati. A questo proposito, dall'originario brevetto fineline si sviluppato un importante settore
industriale i cui prodotti sono noti con i termini di "legno ricostituito, precomposto o multilaminare".
54
77
I colori naturali variano entro limiti molto estesi, nell'ambito dei quali possibile riscontrare svariate tonalit, ad eccezione soltanto del
verde smeraldo e dell'azzurro (che per si possono rilevare, ad esempio, nei legni attaccati da funghi).
Alcuni tra i colori pi frequenti del legno fresco sono:
Bianco: Pioppo, Betulla, Aceri, Abete
(legni normalmente di altro colore possono divenire bianchi in certe fasi del degradamento da alterazioni fungine come, ad
esempio, nel caso del Faggio attaccato da Chondrostereum purpureum e da altri agenti responsabili della carie bianca).
Giallo: Frassino, Tiglio e molti legni tropicali (Ramin, ecc..).
Arancione: Ontano appena tagliato (con la stagionatura tende al rosato).
Roseo: Ilomba, Okoum, Lauan.
Rosso: Sequoia, Larice, Ciliegio, vari Mogani, Padouk.
Violetto: Palissandro.
Nero: Ebani.
Bruno: il colore del legno pi frequente in natura, soprattutto per le Latifoglie.
Colori variegati: Liriodendro (variegature o macchie di color porpora, verde o nerastro su sfondo giallo-bruno);
Teak (variegature bruno-nerastre o verdastre su sfondo giallo-bruno);
Limba (variegature grigio-nerastre su sfondo giallo-bruno o chiaro);
Palissandro (bande violacee o nerastre su sfondo bruniccio o rossastro);
Zebrano (bande bruno rossastre su sfondo bianco-giallastro o giallo -bruno);
Noce (variegature brune o violacee su sfondo bruniccio o bronzeo);
Olivo (bande bruno-nerastre o violacee su sfondo giallastro).
Le sostanze che determinano le colorazioni specifiche dei vari legni, se presenti in quantit apprezzabili e
facilmente estraibili con adatti solventi, possono servire come coloranti naturali e, in passato, sono state
largamente impiegate a tale scopo (Campeggio, Brasiletto, Sandalo, Fustetto vecchio).
Lucentezza
Per lucentezza si intende un particolare fenomeno ottico legato essenzialmente alla riflessione della luce su una
superficie liscia e ben levigata (ottenibile, ad esempio, a seguito delle lavorazioni di piallatura, levigatura, ecc..).
Essa costituisce un fenomeno fisico complesso legato, in particolare, al rapporto tra il flusso di luce riflesso
nella direzione del fascio incidente e la quantit di radiazione diffusa in tutte le altre direzioni e pu essere
ulteriormente distinta in:
- generale;
- a "specchiature".
Un tipico esempio di lucentezza quello delle specchiature dovute alla presenza dei raggi parenchimatici sulle
superfici radiali del legno.
Quando i raggi sono grandi e ben visibili ad occhio nudo (come, ad esempio, nel Faggio, Platano e Querce)
determinano, sulle superfici radiali, caratteristiche "specchiature" (note anche con il termine inglese di ray flecks
e con quello francese di mailles) che, pur potendo fornire un certo effetto decorativo, risultano distanziate e non
conferiscono una particolare lucentezza alle superfici del legno. Queste ultime possono apparire lucide e chiare
su sfondo opaco (nel legno delle Querce) oppure lucide e di colore pi scuro dello sfondo (nel Faggio e
Platano). Raramente, per, le specchiature decorrono a guisa di nastri paralleli. La naturale irregolarit
dell'andamento dei raggi parenchimatici, da' luogo, per lo pi, ad un insieme di tracce che, conferendo alla
superficie in questione un disegno irregolare, interrompono la monotonia dello sfondo.
Se, invece, i raggi sono sottili ma molto numerosi e ravvicinati (come nell'Acero, Ciliegio, Larice e in alcuni
legni esotici di colore chiaro) possono produrre il cosidetto "aspetto sericeo" per indicare il quale si utilizzano
anche i termini di silver grain (in inglese) e bois soyeux (in francese).
La minore o maggiore lucentezza dipende, inoltre, dall'angolazione della luce incidente rispetto alla direzione
della fibratura del legno. A questo proposito, nel caso di una fibratura regolare si evidenzia una colorazione
omogenea in tutti i punti, che si modifica, sempre restando omogenea, al variare dell'angolo tra la superficie e la
luce incidente. Se la fibratura si presenta, invece, con andamento variabile da un tratto all'altro ne deriva
un'alterna nza di zone a lucentezza diversa da cui si originano effetti decorativi particolari quali, ad esempio, il
rigatino e la marezzatura.
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Altro elemento caratteristico di alcuni legnami l'aspetto oleoso e grasso delle loro superfici lavorate come, ad
esempio, possibile rilevare nei legni di Teak e di Iroko.
Tale fenomeno dovuto all'affioramento di ol, cere o altre sostanze contenute nei lumi cellulari e costituisce un
elemento importante ai fini dei possibili impieghi del materiale. Infatti, i legni che evidenziano tale particolarit
presentano in genere buone caratteristiche di impermeabilit e di durabilit naturale (anche se, a volte, alcune
sostanze possono risultare incompatibili con l'applicazione di determinate vernici, adesivi o trattamenti di
finitura).
Odore e sapore
Come nel caso delle considerazioni fatte per il colore, i tessuti legnosi non hanno, di per s, alcun odore e sapore
ma trasmettono tali sensazioni in funzione della presenza di particolari sostanze estranee alle loro pareti cellulari
(i cosiddetti estrattivi).
Anche per l'odore, inoltre, importante che venga preso in esame materiale di recente abbattimento o
lavorazione.
Hanno odore caratteristico i legni di:
Cipresso
Cedro
Ginepro
Pino cembro
Libocedro
Chamaecyparis
Thuya
Abete bianco
(odore di "cane bagnato")
Pioppo euramericano
(odore acre di fermentazione)
Castagno e Quercia
(odore astringente per la presenza di tannini)
Ramin
(odore sgradevole, acido e piccante)
Robinia
(odore di fagiolini)
Teak
(odore di cuoio)
Sapele
(profumo dolce e gradevole, a differenza del Sipo che inodore)
Palissandro di Rio
(profuma di rosa, per cui anche noto come "bois de rose")
Canforo
(Cinnamonum canphora, legno dell'Estremo Oriente dall'odore caratteristico)
Ramnus alaterno
(odore sgradevole; detto anche "legno puzzo")
Alcuni legni possono avere determinati sapori che sono per lo pi forniti da sostanze solubili.
Tra essi si ricordano, in particolare:
Chamecyparis
contiene princip di sapore amarissimo.
Liriodendro
ha un sapore piccante.
Liquirizia
arbusto della famiglia delle leguminose; se ne consumano i rizomi.
Polveri tossiche
Svariati legni, che in pezzi finiti non hanno alcun odore particolare, durante la lavorazione possono sviluppano polveri irritanti per le
mucose nasali ed altre parti del corpo.
Molte specie, sopratutto tropicali, contengono, infatti, sostante tossiche (stilbeni, lignani, alcaloidi, ecc..) che, solubilizzandosi a
contatto con il sudore della pelle o con le mucose delle vie respiratorie e dell'apparato digerente possono provocare disturbi pi o meno
gravi.
In alcuni casi, esse hanno determinato vere e proprie malattie professionali, tanto che in molti Paesi industrializzati stata addirittura
vietata la segagione di certi legnami.
Relativamente ai problemi legati alle polveri tossiche del legno, esistono tre principali meccanismi patologici:
a) tossico-sistemico
secondo il quale, una volta assorbite per via cutanea, congiuntivale, respiratoria o digerente, dette polveri entrano in circolazione e si
diffondono nell'organismo;
b) irritativo
per cui si determina un'azione localizzata di contatto;
c) allergico
79
in base al quale, previo un primo contatto con l'allergene, si ha una risposta continua del soggetto ad ogni successivo ritorno della
causa.
Un'ulteriore causa degli effetti deleteri che si registrano, a volte, durante le lavorazioni di certi legnami la granulometria delle polveri
che si sviluppano a seguito dell'azione di taglio (e, in particolare, nelle operazioni di refilatura, piallatura, e levigatura). A tal proposito
possibile riscontrare:
polveri di diametro compreso fra 3 e 10 m, che possono essere trattenute da adeguati filtri nasali;
polveri di dimensioni inferiori a 3 m, che possono penetrare negli alveoli polmonari anche se si usano i suddetti filtri.
Tra i vari effetti del contatto con polveri tossiche si annoverano:
- vertigini, nausea, cefalea, disturbi della vista, aritmie cardiache;
- oculo-riniti, asme bronchiali, bronchiti croniche;
- alveoliti polmonari e tumori nasali.
Tessitura
La tessitura del legno un'importante caratteristica morfologica rilevabile sulle sezioni trasversali e
longitudinali.
Essa si riferisce alla grandezza degli elementi cellulari costituenti i tessuti e, in particolare, al diametro degli
elementi vasali del legno delle Latifoglie.
A tal proposito possibile riscontrare:
- legni a tessitura fine, nei quali, ad occhio nudo, non possibile distinguere nessuna singola cellula
(Bosso, Carpino, Faggio);
- legni a tessitura media, nei quali i tessuti non appaiono del tutto compatti, anche se non sono visibili
singoli elementi anatomici (Pioppo, Noce);
- legni a tessitura grossolana, nei quali si vede agevolmente la presenza di grossi elementi vasali del
legno primaticcio (Querce, Olmo, Castagno, Frassino ed altre Latifoglie ad anello poroso).
Fibratura
La fibratura una caratteristica morfologica delle sezioni longitudinali del legno e si riferisce alla direzione
prevalente lungo la quale sono disposti gli elementi anatomici principali (tracheidi per le Conifere, fibre ed
elementi vasali per le Latifoglie). Nel descrivere l'andamento della fibratura di un legno viene fatta, in genere, la
seguente distinzione:
fibratura diritta, quando detti elementi sono paralleli all'asse principale del fusto;
fibratura inclinata o deviata od elicoidale 55 (destrorsa o sinistrorsa), quando gli elementi cellulari
risultano variamente inclinati rispetto all'asse di accrescimento del fusto;
fibratura intrecciata o incrociata, quando gli elementi cellulari sono inclinati ma con andamento
discordante in periodi di accrescimento successivi;
fibratura ondulata, quando gli elementi cellulari si presentano allineati secondo ondulazioni parallele e
regolari;
fibratura irregolare, quando gli elementi cellulari risultano irregolarmente e variamente disposti.
La fibratura ben evidente in un frammento di legno spaccato perch, in tal caso, la separazione indotta dal
tagliente ha seguito l'andamento generale delle cellule che, a differenza di quanto avviene in un pezzo di legno
segato e piallato, si separano senza frattura delle singole unit.
Da parte di molti operatori del settore, il termine "fibratura" viene spesso confuso con quello di "fibra" che
indica, invece, un singolo elemento cellulare della lunghezza massima di 2-3 mm.
Nei testi stranieri la fibratura detta
55
A volte viene usato anche il termine "fibratura spiralata" che per non corretto dal momento che la spirale giace in un piano mentre
l'elica (cos come questo tipo di orientamento della fibratura) giace nello spazio.
80
56
- grain, in inglese , che per non deve essere tradotto con "grana" (termine usato per indicare l'aspetto della superficie di
pietre e minerali);
- fil, in francese, che non va, invece, confuso con il termine grain, usato per indicare la tessitura del legno (grain fin indica, ad
esempio, la tessitura fine di alcuni assortimenti di Rovere da tranciatura). In francese, inoltre, il termine texture si riferisce al
rapporto tra l'ampiezza della porzione di legno tardivo e quella complessiva di un generico anello di accrescimento.
Venatura
La venatura costituisce un'ulteriore caratteristica morfologica ben visibile sulle sezioni longitudinali del legno di
alcune specie. Essa si riferisce all'alternanza delle porzioni di legno primaticcio e tardivo nell'ambito degli anelli
di accrescimento e pu essere:
- molto evidente o mediamente evidente, come ad esempio nelle Conifere (ad eccezione del Cipresso) e
nelle Latifoglie ad anello poroso ove, in funzione dell'ampiezza degli anelli di accrescimento, che pu
variare da specie a specie e dipendere da influenze climatiche e stazionali, viene ulteriormente distinta in
larga, media o stretta;
- poco evidente;
- per nulla evidente.
In sezione radiale, la successione delle zone di legno primaticcio e tardivo si presenta come un insieme di linee
parallele.
Nel legno di Conifere la zona tardiva ha una tonalit di colore diversa rispetto alla zona primaticcia,
determinando la comparsa di strisce parallele alternativamente chiare e scure.
Nelle Latifoglie ad anello poroso la zona di legno tardivo si presenta, invece, come una striscia compatta mentre
quella di legno primaticcio appare solcata longitudinalmente da fini striature cave date dagli elementi vasali di
maggior diametro.
Nelle altre Latifoglie, in cui gli elementi vasali del legno primaticcio sono invisibili ad occhio nudo od appaiono
uniformemente distribuiti in tutto l'anello di accrescimento (Carpino, Faggio, Pioppo, ecc..), la venatura
incospicua e non o poco evidente .
In sezione tangenziale, a causa della naturale rastremazione dei fusti, le strisce date dalla successione degli
anelli tendono a convergere verso l'alto.
Alcune specie tropicali presentano, poi, una venatura particolare. Tra queste
Palissandro di Rio e Zebrano
evidenziano, nella sezione trasversale, una successione anulare di zone cromaticamente ben
distinguibili che determina la presenza di una venatura sulle superfici longitudinali (trattasi
di colorazioni scure probabilmente connesse ad influenze climatiche);
Weng
evidenzia una successione di zone anulari di diverso colore (bruno chiaro e nerastro) che
dipende dalla presenza di bande parenchimatiche circolari pi chiare alternantesi con il
tessuto meccanico normale di colore nerastro.
Disegno
Il disegno una caratteristica tipica del legno delle sole specie che presentano venatura ben evidente - come, ad
esempio, la maggioranza delle Conifere e le Latifoglie ad anello poroso - e consiste nell'aspetto assunto dalla
venatura sulla superficie delle sezioni longitudinali.
In tal caso, sulle superfici radiali, il disegno permette di evidenziare un'alternanza di strisce verticali di colore
chiaro e scuro o di diversa compattezza (la cui ampiezza dipende da quella degli anelli di accrescimento annuali)
e viene pertanto detto "rigato".
Sulle superfici tangenziali, se i fusti sono diritti e regolari, si possono distinguere strisce leggermente
convergenti e raccordate da archi di parabola che determinano un disegno detto "fiammato".
56
I termini straigth grain e cross grain sono usati, ad esempio, per indicare rispettivamente quando nel compensato la fibratura degli
strati esterni parallela o perpendicolare alla dimensione maggiore del pannello.
81
Se, invece, i fusti sono curvi o caratterizzati da protuberanze ed irregolarit varie (in quanto hanno, ad esempio,
un midollo eccentrico) il disegno, soprattutto nel caso degli sfogliati, si presenta con un'estrema variet di strisce
formanti delle specie di "isole" che ricordano la rappresentazione cartografica delle curve di livello.
Queste indicazioni consentono, tra l'altro, di identificare immediatamente se un segato stato ottenuto mediante
segagione radiale o tangenziale 57 .
Influenza della direzione di taglio e dell'orientazione della fibratura sul disegno visibile sulle
superfici dei prodotti legnosi. Da [15].
Nell'ambito degli effetti decorativi legati al disegno pu essere considerato anche il caso di quei legni che
consentono di ottenere un aspetto "rustico" in cui l'elemento caratterizzante la presenza di grossi nodi
fortemente colorati unitamente ad una venatura evidente (vedasi, ad esempio, molti assortimenti di Pino cembro
e di altre Conifere).
Nei legni che presentano venatura evidente ed anelli di accrescimento di particolare ampiezza, il disegno pu
essere maggiormente evidenziato mediante un trattamento di sabbiatura che consiste nel proiettare, con
pressione elevata, una finissima polvere silicea sulle superfici, soprattutto tangenziali, del legno. Tale
operazione logora la zona primaticcia dell'anello pi di quella tardiva dando luogo ad un particolare effetto
decorativo.
57
Al fine di stabilire in maniera corretta se si tratta di un segato radiale o tangenziale (in particolare nel caso di legname con venatura e
disegno poco evidenti) , comunque, consigliabile osservare ed eventualmente misurare l'angolo che le tracce degli anelli di
accrescimento formano, in sezione trasversale (ovvero in corrispondenza di una testata), nell'intersezione con la superficie (faccia)
inferiore del pezzo in esame. A questo proposito, una tavola tangenziale sar caratterizzata da un angolo 45, una tavola radiale da
un angolo 80; angoli compresi tra i suddetti valori sono riferibili, invece, a tavole ricavate con un taglio eseguito lungo sezioni
intermedie.
82
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Caratteri inconsueti
In alcuni legnami di importazione possibile riscontrare caratteri inconsueti. Tra questi rientrano:
- canali laticiferi, o altri canali comunque di origine schizogena, orientati per lo pi in direzione radiale e frequenti nel legno di
Jongkong (ove, a causa delle loro notevoli dimensioni diametriche, possono essere scambiati per perforazioni di insetti) e di
Jelutong;
- floema incluso, porzioni librose riunite in isole circondate da tessuto meccanico o in bande perimetrali intercalate ad esso;
- dimples, ingrossamento, curvatura o deviazione irregolare delle tracheidi della porzione di legno primaticcio di alcuni Pitch-pines
(Pinus contorta, Pinus ponderosa, ecc..).
84
SEMILAVORATI DECORATIVI
Con i termini "piallaccio" o "impiallacciatura" si intende un sottile foglio di legno di spessore uniforme prodotto
tramite la sfogliatura o, pi comunemente, la tranciatura di porzioni di tronchi (toppi) o squadrati di specie per
lo pi pregiate ed in grado di evidenziare caratteristiche decorative.
Gli assortimenti utilizzati per la produzione di impiallacciature sono, infatti, selezionati sia sulla base di criteri
dendrometrici, sia in relazione ad aspetti qualitativi inerenti alcune caratteristiche estetiche o la struttura dei
tessuti legnosi (quali, ad esempio, il colore, la regolarit e l'ampiezza degli anelli di accrescimento) e, salvo rare
eccezioni, non devono presentare difetti visibili esternamente.
Alla prima lavorazione segue un processo di essiccazione ed alcune operazioni di preparazione e di eventuale
giunzione laterale dei bordi, quindi le impiallacciature sono generalmente utilizzate, sotto forma di fogli (interi o
giuntati) di dimensione adeguata, come materiale di rivestimento che viene applicato, mediante incollaggio, ad
un supporto costituito da un pannello a base di legno (compensato, paniforte, pannello di particelle o di fibre).
L'aspetto estetico rilevabile sulla superficie del prodotto finito - noto anche con la denominazione di "placcato" dipende essenzialmente dal colore e dal disegno fornito dalla venatura del legno. Quest'ultimo, tuttavia,
influenzato dalle modalit di taglio adottate per ricavare le singole impiallacciature e da quelle con cui stata
eseguita la giunzione reciproca delle stesse (necessaria per realizzare fogli giuntati di dimensioni adeguate),
nonch dalle operazioni di finitura (levigatura e verniciatura) del pannello che ne deriva.
A questo proposito, in funzione delle caratteristiche tecnologiche del legno usato e del disegno che si intende
ottenere, le imp iallacciature possono essere prodotte tramite sfogliatura, tranciatura orizzontale, verticale o
rotativa.
Metodi di lavorazione
Al fine di ottenere i vari disegni decorativi vengono utilizzati cinque metodi di lavorazione principali, in quanto
uno stesso assortimento legnoso, tagliato secondo angolazioni diverse, consente di produrre impiallacciature di
aspetto peculiare.
Di seguito viene riportata una breve descrizione delle suddette modalit di taglio 58 :
1. sfogliatura tradizionale ("rotary cutting"):
si basa sull'impiego di un toppo scortecciato che, fissato centralmente ai
mandrini di una sfogliatrice, viene fatto ruotare contro un sistema tagliente
formato da un coltello e da una barra di pressione (non indicata nella figura) in
movimento di traslazione verso il centro del toppo. L'azione simultanea della
rotazione del pezzo e dell'avanzamento degli organi taglienti permette di
ottenere un nastro continuo di sfogliato dal quale, previo sezionatura parallela
alla fibratura del legno (detta "taglierinatura"), potranno essere eliminati
eventuali difetti e prodotte le singole impiallacciature.
Dal momento che, in questo caso, il taglio del legno avviene lungo la direzione
tangenziale, ovvero seguendo pi o meno fedelmente lo sviluppo degli anelli di
accrescimento, la superficie delle impiallacciature, anche per la naturale rastremazione del fusto, presenter
un disegno "fiammato" e piuttosto variegato.
I fogli ricavati tramite sfogliatura, inoltre, sono caratterizzati, generalmente, da una notevole larghezza
individuale e, in assenza di difetti, possono raggiungere singolarmente le dimensioni della superficie del
pannello al quale verranno applicati, senza necessit di ricorrere ad una loro giunzione laterale.
58
E' opportuno ricordare che, in molti casi, la lavorazione di sfogliatura o tranciatura prevede che gli assortimenti debbano
preventivamente subire un trattamento di vaporizzazione.
85
86
87
a disposizione parallela (detta anche "a correre", "slip matched" o "slide matched"),
che si attua disponendo le strisce a stretto contatto laterale prelevandole
sequenzialmente da uno stesso pacco in modo che il bordo longitudinale di
destra di una qualsiasi di esse risulti accostato al bordo di sinistra di quella
immediatamente seguente, realizzando cos la ripetizione costante
dell'effetto decorativo visibile sulla loro superficie. Tale modalit di
accoppiamento risulta possibile per qualsiasi impiallacciatura ma
generalmente praticata per i tranciati ottenuti tramite lavorazione sul quarto o, in ogni caso che presentano
un disegno rigato;
Sono, infine, possibili varie altre modalit di lavorazione in grado di far risaltare
l'effetto decorativo delle impiallacciature.
Tra le molte si segnalano quelle che prevedono un accostamento e giunzione:
Universit degli S tudi di Torino Facolt di Agraria
88
89
Generalit
Riuscire ad identificare un campione di legno dallo studio della sua anatomia un compito di interesse
scientifico e nello stesso tempo pratico. Il riconoscimento del legno pu sembrare un problema relativamente
semplice, ma sufficiente pensare all'elevato numero di specie legnose esistenti, oltre trentamila, a fronte di
poche decine di caratteri anatomici validi, cio costanti e tipici di una specie, per capire il perch della mancata
identificazione in certi casi della specie e, a volte, anche del genere botanico di appartenenza. Pur restringendo
l'ambito di indagine alle sole piante in grado di fornire assortimenti legnosi, grazie all'apporto delle foreste
tropicali, cos ricche di specie legnose differenti, si avr sempre l'imbarazzo della scelta tra alcune migliaia di
possibilit.
In realt non esistono metodi di supporto semplici e completamente soddisfacenti pe r risolvere un problema cos
complesso tuttavia, il ricorrere ad essi una necessit inderogabile quando si tratta di identificare legni poco
comuni.
I metodi impiegati per il riconoscimento di un legno sono andati lentamente evolvendosi nel tempo.
Inizialmente, quando il numero delle specie conosciute ed utilizzate era ristretto, gli anatomisti erano in grado,
grazie alla loro esperienza, di riconoscere i vari legni basandosi soprattutto sulle caratteristiche
macroscopiche 59 e, in particolare, sull'aspetto del ritidoma (colore, screpolature, ecc..).
Successivamente, cominciarono a comparire ed a essere sempre pi usate le chiavi dicotomiche, che
consentivano, anche a chi non possedeva una vastissima esperienza, di pervenire all'esatta identificazione di una
certo legno, a condizione di saper riconoscere bene i caratteri anatomici impiegati nella costruzione di quella
data chiave. Naturalmente il confronto fra il campione in esame e un campione autenticato della specie legnosa
indicata dalla chiave costituiva sempre la prova della verit. Attualmente le chiavi dicotomiche, soprattutto se
limitate ai legni che crescono in determinate zone geografiche, sono ancora largamente utilizzate.
Un altro metodo che ha incontrato grandi consensi e che risulta anch'esso, tuttora, ampiamente usato quello
delle schede perforate (perforated card system).
Infine, poich il numero delle specie legnose di interesse commerciale andato sempre pi aumentando, anche
nel riconoscimento del legno si cercato di utilizzare le potenzialit offerte da appositi programmi di
informatica.
Operazione preliminare all'impiego di uno qualsiasi dei suddetti metodi la descrizione chiara e dettagliata delle
caratteristiche diagnostiche sulla base delle quali verr costruita una data chiave dicotomica, saranno preparate
le schede perforate o sar introdotta nel calcolatore la descrizione delle singole specie. Tali caratteristiche
risultano tanto pi valide quanto pi sono chiaramente individuabili e oggettivamente stimabili.
Numerose sono le liste di caratteri anatomici impiegate nella costruzione di chiavi dicotomiche. Una maggior
omogeneit, si riscontra fra i vari sistemi di schede perforate, tuttavia, mancando un'univocit, si resa
necessaria la redazione di una nuova lista delle caratteristiche da usarsi per la descrizione informatizzata del
legno (in particolare, di quello delle Latifoglie), tenendo conto anche della capacit del calcolatore di
immagazzinare un maggior numero di caratteristiche rispetto a quelle praticamente "annotabili" sui bordi delle
schede perforate.
Chiavi dicotomiche
Il metodo di supporto pi largamente impiegato nel riconoscimento del legno quello basato sulle chiavi
dicotomiche.
Esso consiste nella scelta continua tra successive coppie di caratteri (o condizioni) che si escludono
mutualmente (ad esempio: presenza od assenza) e che, disposte in un ordine rigorosamente stabilito dal
costruttore, guidano "passo dopo passo" l'utilizzatore della chiave all'identificazione del legno in esame.
59
Come avviene ancora adesso da parte di molti collaudatori dell'industria di trasformazione o di commercianti di legname. Si tenga,
tuttavia, presente che, per l'elevata variabilit delle caratteristiche del legno, anche l'aspetto esterno del ritidoma pu differire in
funzione di vari fattori tra i quali, ad esempio, la diversa provenienza del tondame.
90
Una chiave di riconoscimento deve pertanto essere pratica, precisa ed obbiettiva. Spesso l'Autore la trova utile
per il proprio uso personale mentre la stessa pu risultare non adatta per altri.
In effetti, nel costruire una chiave, bisognerebbe considerare sia i mezzi d'indagine a disposizione di chi la dovr
utilizzare, sia la terminologia adottata, che deve essere chiaramente comprensibile.
Molto importante anche la sua precisione, per cui si dovr fare ricorso a caratteri che sono sempre presenti,
senza alcun dubbio, nel legno di una determinata specie legnosa (cos ad esempio caratteri come il colore che
varia con lo stato di stagionatura del legno e con l'et della pianta da cui il campione stato prelevato, sono
indicazioni di larga massima e non sempre oggettive).
I caratteri utilizzati nella costruzione delle chiavi sono, infatti, principalmente, caratteri anatomici, mentre l'uso
di alcune caratteristiche fisiche per lo pi limitato ai casi in cui esse permettono una netta ed oggettiva
suddivisione dei vari legni.
Come primo passo occorre separare i due gruppi delle Conifere e delle Latifoglie, operazione estremamente
agevole poich l'osservazione della sezione trasversale del campione consente, anche a piccoli ingrandimenti, di
rivelare senza eccessive difficolt se si tratta di un legno omoxilo (Conifere), cio prevalentemente formato
dallo stesso tipo di cellule, oppure eteroxilo (Latifoglie), formato da vari tipi di cellule diverse tra loro.
Successivamente dovranno essere prese in considerazione altre caratteristiche che permetteranno di restringere
sempre pi il gruppo delle possibili specie legnose, fino ad individuarne una singola.
Dato il numero elevato di specie legnose esistenti ed il ridotto numero dei caratteri anatomici utilizzabili,
impossibile pensare di costruire un'unica chiave dicotomica per tutti i legnami del mondo in quanto, il gran
numero di suddivisioni necessarie derivante dall'organizzazione del sistema, costringerebbe ad utilizzare
caratteri anatomici non ben definiti o poco costanti che se, in teoria, sembrano permettere tali suddivisioni, in
pratica, sono fonte di errori.
Una chiave dicotomica, quindi, tanto pi valida quanto pi limitato il numero delle specie legnose per le
quali stata costruita. Si riscontrano, pertanto, chiavi dicotomiche per i legni delle specie botaniche che
vegetano in un dato Paese, per quelli delle specie appartenenti ad una data famiglia, per un ben definito gruppo
di legnami commerciali. La validit di una chiave dipende, inoltre, dalla scelta dei caratteri anatomici di
riferimento, che devono essere ben definiti ed il pi possibile costanti all'interno delle singole specie legnose,
nonch dall'ordine con cui tali caratteri sono stati utilizzati nell'ambito della chiave stessa.
Una volta pervenuti all'identificazione del campione, sempre utile controllare il risultato mediante il confronto
con un campione di legno di sicura identificazione, appartenente alla stessa specie a cui si ritiene appartenga
quello in esame. A tal fine perci necessario poter disporre di una xiloteca, cio di una raccolta di campioni di
legno preventivamente identificati con assoluta certezza.
Anche se l'esame macroscopico (ad occhio nudo o con l'aiuto di una lente) non conduce sempre, specialmente
per chi non ha molta dimestichezza con esso, alla sicura identificazione del campione, sempre molto utile,
permettendo di restringere il campo del successivo esame microscopico.
Per questo motivo consigliabile far precedere la chiave dicotomica per il riconoscimento microscopico del
legno, da quella analoga per il riconoscimento macroscopico, anche se quest'ultima spesso si ferma a gruppi di
specie, in quanto non esistono altre caratteristiche "oggettive" tali da consentire ulteriori suddivisioni 60 .
Naturalmente, vivamente consigliabile, soprattutto per chi si trovi alle prime esperienze con l'indagine
anatomica del legno, eseguire sempre l'esame microscopico del campione, a conferma di quanto individuato
macroscopicamente.
Le chiavi dicotomiche, poi, possono venire stampate risultando di facile diffusione oltre che di immediata e
semplice consultazione. Proprio questi vantaggi rendono tuttora valido il loro impiego, a tal punto che sono stati
costruiti appositi programmi informatici per aiutare gli anatomisti nella costruzione delle loro chiavi.
In ogni chiave dicotomica l'ordine da seguire nell'impiego dei vari caratteri rigidamente fissato. Ci
rappresenta una grossa limitazione che spesso impedisce di utilizzare in maniera adeguata alcuni aspetti
anatomici ben evidenti del campione in esame, in quanto tali caratteri possono, ad esempio, essere presi in
considerazione dalla chiave solo dopo che stata operata una certa suddivisione sulla base di altri meno
chiaramente rilevabili. Inoltre, un legno che ha subito profonde modificazioni chimico- fisiche presenta spesso
60
A questo proposito opportuno precisare che alcuni legni, pur avendo una struttura anatomica simile (spesso sia dal punto di vista
macroscopico che microscopico) hanno, in realt, ca ratteristiche tecnologiche molto diverse tra loro (vedasi, ad esempio, il Cerro e la
Rovere).
91
caratteri non sempre attendibili (quali, ad esempio, il peso volumico ed il colore di un legno fossile o attaccato
da funghi), oppure altri molto piccoli la cui presenza od assenza non sempre costante (come, ad esempio, le
fibre settate o le punteggiature vestite in un legno pietrificato). Pertanto, se l'analisi di tali caratteri prevista
nella fase iniziale di una chiave dicotomica, essa non potr venire utilizzata per l'identificazione di legnami
fossili, attaccati da funghi o pietrificati.
Un'altra grossa limitazione delle chiavi dicotomiche la loro assoluta mancanza di elasticit, dal momento che,
se una chiave stata costruita per un certo gruppo di legni, praticamente impossibile aggiungerne
successivamente altri senza doverla rifare completamente.
Recentemente, al fine di superare, almeno in parte, i problemi legati all'assoluta rigidit circa l'ordine da seguire
nell'esame delle varie caratteristiche, sono state realizzate chiavi dicotomiche basate su un certo numero di
caratteri facilmente ed oggettivamente rilevabili. Esse riuniscono tutte le specie il cui legno presenta quel
determinato carattere che d il titolo alla chiave. In tal modo stato possibile far s che:
- il numero delle specie botaniche che compongono ogni chiave sia piuttosto limitato;
- la caratteristica anatomica pi evidente nel campione in esame possa essere subito utilizzata, restringendo il
campo di indagine al solo gruppo di legni che la presentano.
Schede perforate
Le schede perforate sono supporti cartacei con i margini percorsi da una serie di fori, a ciascuno dei quali, in
base ad una codificazione prestabilita, corrisponde una data caratteristica descrittiva del legno. In questo
sistema, ogni scheda rappresenta una specie legnosa. L'attivazione di una scheda, cio l'operazione mediante la
quale, al suo interno, vengono riportate le peculiarit del legno della specie a cui essa si riferisce, si effettua con
un'apposita pinza e consiste nel trasformare il foro corrispondente, ad esempio, ad un determinato carattere
anatomico in una "fessura", aprendolo verso l'esterno. Poich il numero dei fori contenuti sui margini limitato,
sulla scheda vengono annotate eventuali ulteriori informazioni relative a quel legno e che possono dimostrarsi
utili nel caso in cui alcuni caratteri siano comuni a pi di una specie botanica.
Inoltre, quando nell'ambito di una data specie uno o pi caratteri non sono costanti, per evitare che tale
variabilit possa condurre ad un'identificazione errata, vengono attivate pi schede.
Se la presenza di un carattere assume un'importanza particolare ai fini dell'identificazione di quel legno, questa
pu essere evidenziata sottolineandone il numero corrispondente; al contrario quando un carattere presente, ma
non ben sviluppato, il numero corrispondente pu essere racchiuso fra parentesi.
L'insieme delle schede attivate costituisce l'archivio dei dati, all'interno del quale si operer la ricerca ogni volta
che si dovr identificare un campione. Per praticit, poich malagevole maneggiare molte schede
Universit degli S tudi di Torino Facolt di Agraria
92
contemporaneamente, conviene tenerle separate per aree geografiche con l'unico inconveniente di dover attivare
pi schede per quelle specie caratterizzate da un vasto areale di vegetazione.
Effettuata l'analisi del campione e rilevate le sue caratteristiche pi evidenti, si sceglie liberamente quella che
appare pi significativa ed utile per effettuare una prima selezione.
Preso dallo schedario il mazzo di schede, si introduce quindi un lungo ferro da calza nel foro corrispondente al
carattere considerato; sollevando il mazzo con il ferro da calza, si provoca la caduta delle schede nelle quali il
foro aperto mentre le altre rimangono trattenute dal ferro. In pratica, mediante questa semplice operazione
possibile individuare e separare tutti i legni che presentano quella determinata caratteristica.
Raccolte ed impacchettate nuovamente le schede cadute, avendo cura di far corrispondere i fori contrassegnati
dallo stesso numero (per rendere rapida tale operazione ed evitare che eventuali schede vengano allineate
capovolte, lo spigolo in alto a destra delle schede risulta opportunamente tagliato), si ripete l'operazione con una
seconda caratteristica, scelta sempre liberamente tra quelle del legno in esame. Si procede cos di seguito finch
non resta che un'unica scheda e si consegue l'identificazione del campione in esame che dovr necessariamente
appartenere alla specie corrispondente alla scheda rimasta.
A volte, per, pu capitare che, dopo aver utilizzato tutte le caratteristiche rilevate sul campione e codificate nei
fori delle schede perforate, rimanga pi di una scheda. Anche in questo caso pi sfavorevole, l'identificazione
risulter, comunque, facilitata essendo il campo ristretto a poche specie simili. Infatti, utilizzando caratteristiche
meno significative e pi soggettive, o confrontando il campione con altri precedentemente identificati,
corrispondenti alle schede rimaste, si potr pervenire, nella maggior parte dei casi, alla soluzione del problema.
Il sistema delle schede perforate fu messo a punto, per la prima volta, da Clark nel 1938; con qualche modifica
riguardante le caratteristiche codificate nei fori, venne successivamente adottato da altri anatomisti quali, ad
esempio, Philipps (1941), Normand (1946), Cozzo (1950), Mensu (1954), Brazier e Franklin (1961). Riguardo a
tale sistema, il lavoro di maggior rilievo quello compiuto da Metcalfe e Chalk che nel 1950, durante la
compilazione della loro Anatomy of the dycotiledons, prepararono 3096 schede perforate.
Attualmente non esiste una raccolta univoca e completa di schede perforate; quelle utilizzate nei vari Istituti di
ricerca differiscono spesso per le caratteristiche codificate e poste lungo il margine 61 .
Il principale vantaggio del sistema delle schede perforate rispetto alle chiavi dicotomiche consiste nel fatto che
l'operatore libero di scegliere l'ordine da seguire nell'esaminare le varie caratteristiche anatomiche rilevabili
sul campione in esame. Il sistema di schede perforate infatti un sistema a "entrata multipla" (multiple-entry
key).
Per i motivi precedentemente esposti, questa libert di scelta particolarmente ut ile nell'analisi di campioni di
legni fossili o alterati, ad esempio, da attacchi fungini.
A differenza delle chiavi dicotomiche che, una volta costruite, non permettono l'inserimento di ulteriori specie
legnose, ulteriore vantaggio del sistema a schede perforate la possibilit di poter continuamente aggiungere
nuovi legni,. Caratteristica negativa , invece, il limitato numero di caratteri che possono essere inseriti lungo i
margini di ciascuna scheda. Altri inconvenienti sono rappresentati dal fatto che le schede, se usate con una certa
frequenza, si deteriorano facilmente (anche se possibile "plastificarle") ed, infine, dal numero limitato di
schede (specie legnose) che possono venir "maneggiate" contemporaneamente.
Programmi informatici
L'idea di utilizzare i sistemi informatici nell'identificazione del legno non certo recentissima, ma il lavoro ed il
costo necessari per "computerizzare" le varie caratteristiche del legno ne hanno ritardato la pratica applicazione
impedendo di divenire un normale metodo di indagine per gli anatomisti.
Il merito di aver rotto definitivamente gli indugi senz'altro di Miller che, nel 1979, present al congresso
IAWA62 un articolo in cui illustrava le reali possibilit di impiego dell'elaborazione elettronica nel
61
In realt, i vari sistemi non differiscono sostanzialmente tra loro, tuttavia, mancando un'unificazione delle schede, viene precluso il
vantaggio di poter inserire sic et simpliciter in un'unica raccolta tutte le schede compilate dai vari anatomisti.
93
riconoscimento del legno, usando un programma messo a punto da Morse nel 1974 al Forest Products
Laboratory di Madison, Wisconsin, negli Stati Uniti.
Questo programma, all'epoca alquanto complesso, implicava la necessit di una revisione di fondo e
ridescrizione delle caratteristiche dei vari legni, per cui alcuni anatomisti ne auspicarono la realizzazione di un
altro che permettesse il semplice trasferimento all'elaboratore delle caratteristiche anatomiche riportate lungo i
margini delle schede perforate. Tale programma stato realizzato da Pearson e Wheeler che rielaborarono i dati
anatomici delle schede perforate compilate da Metcalfe e Chalk nel 1950, successivamente modificate ed
ampliate, e che costituivano il maggior complesso di schede esistenti. Tuttavia, un'apposita Commissione
dell'AIWA, costituita con lo scopo preciso di studiare il tipo di programma pi idoneo per il riconoscimento del
legno, decise di adottare il programma di Morse che, sfruttando la capacit dell'elaboratore elettronico di
manipolare una gran quantit di dati, utilizza un numero di caratteristiche molto maggiori di quelle che
materialmente possibile collocare lungo i bordi delle schede perforate.
E' questo un vantaggio da non trascurare quando ci si trova a dover scegliere tra alcune migliaia di specie
legnose. Inoltre, l'assenza di un sistema di schede perforate universalmente riconosciuto avrebbe ugualmente
richiesto la compilazione di una nuova lista di caratteri anatomici.
Con il sistema informatico, i caratteri di un dato legno, opportunamente codificati, vengono inseriti
nell'elaboratore che li riunisce in matrici di dati (data matrix) che possono essere assimilate a singole schede
perforate. Il programma riconosce, poi, la presenza di una caratteristica dalla sua posizione all'interno della
matrice.
I caratteri codificati ed utilizzati nel programma di Morse, sono di tre tipi: dicotomici (dychotomus characters),
multistato (multistate characters) e quantitativi (quantitative characters).
I caratteri dicotomici sono coppie di caratteri o situazioni alternative che, di solito, si presentano sotto forma di
domanda "vero o falso ?".
Ogni carattere dicotomico pu avere 5 risposte.
Ad esempio il carattere:
perforazione scalariforme con oltre 20 barre
perforazione scalariforme con meno di 20 barre
prevede le seguenti possibilit:
sconosciuto (unknown), cio il carattere non stato esaminato in quella determinata specie legnosa;
la 1a proposizione corretta (first state applies), cio il legno presenta perforazioni scalariformi con pi di
20 barre;
variabile (both states apply), cio quella specie legnosa ha sia perforazioni scalariformi con pi di 20 barre,
sia perforazioni scalariformi con meno di 20 barre;
La 2a proposizione corretta (second state applies), cio il legno di quella specie ha perforazioni
scalariformi con meno di 20 barre;
nessuna delle due proposizioni applicabile (neither state applies), cio quel dato legno non ha perforazioni
scalariformi, ma presenta perforazioni semplici.
Poich, durante il processo di identificazione, scelta una caratteristica anatomica, verranno selezionate tutte le
specie legnose presentanti quel carattere (anche se in maniera variabile) e quelle in cui esso stato classificato
"sconosciuto", opportuno limitare quanto pi possibile il numero dei caratteri "sconosciuti".
I caratteri multistato sono quei caratteri di un legno che possono presentarsi sotto varie forme (nel programma
di Morse si possono avere 6 forme indipendenti pi le loro combinazioni).
Ad esempio, il colore del durame potr venire classificato come: 1) marrone, 2) rosso, 3) giallo, 4) bianco o
grigio, 5) con venature, 6) diverso dalle caratteristiche elencate, oppure potr risultare dalla combinazione di due
di esse: rosso- marrone; giallo con venature, ecc..
62
International Association of Wood Anatomist, Rijksherbarium, Schelpenkade, Leiden, The Neherlands. L'Associazione
Internazionale degli Anatomisti del Legno fu fondata nel 1931 con lo scopo di promuovere la conoscenza dell'anatomia del legno in
ogni suo aspetto. L'associazione opera attivamente per l'unificazione della terminologia e dei caratteri da usare in anatomia del legno.
Essa, inoltre, pubblica la rivista quadrimestrale The IAWA Bulletin.
94
I caratteri quantitativi possono indicare un campo numerico di variazione, oppure un valore esatto. Ad
esempio, il diametro massimo e minimo dei vasi od il loro valore medio.
L'elaboratore, oltre alla capacit di analizzare e maneggiare centinaia di specie legnose con incredibile velocit
ed essere una chiave a "molte entrate" come il sistema delle schede perforate, presenta un ulteriore vantaggio:
pu essere, a scelta e di volta in volta "monotetico" o "politetico", cio pu essere programmato a vari livelli di
variabilit.
Il modo monotetico tipico delle chiavi dicotomiche o delle schede perforate, in cui le unit tassonomiche
vengono eliminate alla prima differenza rilevata tra le caratteristiche del campione in esame e quelle indicate dal
sistema.
Nel modo politetico, invece, devono essere riscontrate un certo numero di differenze, stabilito di volta in volta
dall'operatore, fra le caratteristiche del campione e quelle delle unit tassonomiche proposte dal sistema prima
che queste ultime vengano eliminate.
Sia nel programma di Morse che in quello di Pearson e Wheeler , infatti, possibile scegliere il livello di
variabilit ed anche modificarlo nel corso del processo di identificazione.
Per quanto riguarda la computerizzazione delle singole specie legnose, un apposito Comitato dell'IAWA stato
incaricato di redigere una lista unificata delle caratteristiche anatomiche da utilizzare per l'identificazione delle
Latifoglie tramite sistema informatico. La lista che stata adottata quella presentata da Miller, che tiene conto
delle caratteristiche anatomiche gi impiegate da vari Autor i nella costruzione delle schede perforate cercando,
ove possibile, di adattarle. Resta da completare l'enorme lavoro di revisione delle caratteristiche anatomiche di
migliaia di specie legnose, eseguito su materiale di sicura identificazione e la loro ridescrizione secondo la lista
di Miller.
In conclusione, il sistema informatico costituisce un'eccellente banca-dati per tutti gli anatomisti impegnati nel
lavoro di identificazione, che pu essere consultata ogni volta che ci si trova di fronte a campioni di legni poco
usati o di cui si ignora la provenienza e che richiederebbero, per la loro identificazione, grande dispendio di
tempo ed energie. Esso, tra l'altro, pu permettere anche ad anatomisti privi di grande esperienza, di pervenire
all'identificazione di legni difficili.
La disponibilit di un programma informatico consente, inoltre, di poter condurre l'indagine in senso inverso e
cio in modo tale che, sulla base della descrizione di alcune caratteristiche del legno correlate al
soddisfacimento di specifiche esigenze (di tipo estetico, commerciale, tecnologico, prestazionale, ecc..) risulti
possibile ottenere un elenco di specie legnose che meglio si adattano ad un determinato impiego. A questo
proposito, anche grazie ai pi recenti sviluppi dell'info rmatica, sono stati messi a punto sistemi interattivi e
multimediali di banche-dati, disponibili su dischetti o CD-ROM, relative ai principali legnami del mondo (sia
delle specie tradizionali che di quelle L.K.S. o Lesser Known Species). Essi consentono di effettuare ricerche e
confronti basati su vari criteri (, ad esempio, possibile la visualizzazione dell'aspetto estetico delle superfici dei
semilavorati, il reperimento di notizie sulle fonti di approvvigionamento, la descrizione delle caratteristiche
fisico-meccaniche del legno selezionato, l'elencazione di eventuali sostituti, ecc..) e, in sostanza, di reperire utili
informazioni di supporto al processo decisionale per molti professionisti interessati all'impiego del legno.
L'esperto anatomista, che grazie alla sua professionalit e competenza in grado di rilevare correttamente le
caratteristiche macro e microscopiche del legno e di valutarne l'importanza rimane, comunque, qualsiasi sistema
venga usato, l'elemento indispensabile per poter eseguire e conseguire l'esatta identificazione di un campione.
95
La conoscenza dei metodi per identificare il legno delle diverse specie botaniche non riguarda soltanto gli
studiosi e gli specialisti di anatomia ma anche estese categorie di tecnici e di operatori commerciali che possono
servirsene sia per controllare e collaudare forniture ed opere realizzate sia come guida nei casi pi difficili e
meno comuni, nei quali non sono sufficienti la pratica e la loro esperienza corrente.
Sarebbe, infatti, inutile conoscere in dettaglio propriet, dati tecnici, impieghi e costi dei vari legnami, se poi si
dovesse dubitare che l'opera o la fornitura siano state eseguite proprio con il legno della specie prevista e non
con un altro, a prescindere dal fatto che esso possa essere pi o meno simile a quello effettivamente indicato.
E' indubbio che il riconoscimento empirico derivante dall'osservazione dell'aspetto macroscopico del legno,
sebbene possa essere fonte di errori, costituisce, per chi abitualmente ha a che fare con tale materiale, il
principale sistema di identificazione, in quanto semplice ed immediato.
Il metodo scientifico, basato per lo pi sull'analisi di caratteristiche morfologiche, anatomiche e fisiche, tuttavia,
l'unico che possa guidare sistematicamente il tecnico e lo studioso facendogli rilevare quell'insieme di caratteri
differenziali di cui il pratico quasi inconsciamente si serve.
Il riconoscimento del legno pu essere conseguito indirettamente tramite l'identificazione dell'albero da cui esso
proviene grazie, ad esempio, all'analisi di alcune caratteristiche botaniche o morfologiche. E' noto, infatti, che il
fiore costituisce il fattore chiave per il riconoscimento sistematico delle piante in piedi ma, d'altra parte, esso
permane sulla pianta per un tempo limitato. In altri casi, ci si pu basare su alcune particolarit delle foglie, dei
frutti, delle gemme, del profilo della chioma o del cimale o sull'aspetto esterno della corteccia (ritidoma). A
questo proposito, ad esempio, tra le Conifere, il Larice, l'Abete rosso ed alcune porzioni del fusto di Pino
silvestre presentano un ritidoma caratteristico mentre, tra le Latifoglie, le specie facilmente riconoscibili per tale
particolarit sono ancor pi numerose potendo annoverare tra esse la Sughera, la Betulla, il Ciliegio, il Platano,
il Castagno, il Faggio, il Noce, ecc..
L'identificazione, inoltre, pu giovarsi di alcune informazioni accessorie e, pi in particolare, di toponimi, della
diffusione della specie botanica nel luogo ove il campione stato prelevato, della conoscenza di alcune
caratteristiche tecnologiche come la massa volumica e la durezza nonch degli impieghi cui un certo legno viene
tradizionalmente adibito. In altri casi poi possibile pervenire al riconoscimento del legno mediante un'analisi
chimica dalla quale si pu rilevare, ad esempio, la presenza di particolari sostanze contenute nei tessuti
xilematici, ovvero usufruire della facolt che hanno certi legni di evidenziare variazioni cromatiche per effetto
di taluni reagenti63 .
Nella maggioranza dei casi, tuttavia, ci si trova a dover affrontare il riconoscimento del legno sotto forma di vari
assortimenti (tondame o toppi depositati all'imposto, presso le banchine portuali o sul piazzale delle industrie di
trasformazione), semilavorati (travame, segati, ecc..), manufatti finiti o in opera (componenti di strutture, reperti
lignei, ecc..), nei quali le suddette indicazioni non sono presenti o rilevabili.
In tale contesto, la conoscenza della struttura anatomica del legno delle varie specie e l'esame microfotografico
delle sezioni anatomiche principali, concentrando l'attenzione su alcune particolarit che il legno presenta,
permettono spesso di giungere alla sua identificazione anche senza aver necessariamente maturato nozioni
botaniche approfondite.
Se l'identificazione di alcuni legni abbastanza semplice, soprattutto se limitata a quelli pi comuni ed a loro
determinate provenienze, il problema diviene pi complesso quando l'indagine si estende ad un numero
maggiore di specie. La soluzione poi ancor pi difficile, e talora incerta per gli stessi laboratori specializzati,
quando si tratti di riconoscere specie esotiche o della distinzione tra legni poco diversi tra loro.
Mentre alcuni legni, infatti, evidenziano caratteristiche macroscopiche tali da renderne immediato il
riconoscimento con un'attenta osservazione ad occhio nudo (come, ad esempio, il Faggio), ci non sufficiente
per la maggior parte dei legnami, soprattutto di quelli tropicali, per i quali l'analisi macroscopica deve essere
63
Il legno di Pino silvestre di provenienza scandinava contiene, ad esempio, una particolare sostanza chimica (il 3 carene) che gli
conferisce una maggior durabilit naturale nei confronti dei funghi carigeni; inoltre, a causa dei diversi tannini presenti, l'estratto
acquoso del legno di Cerro trattato con FeCl3 si colora in verde, quello di Rovere, Farnia o Roverella in azzurro.
96
accompagnata da quella microscopica onde poter sperare di pervenire, se non sempre alla sicura identificazione
della specie, almeno al genere di appartenenza.
A complicare maggiormente le cose interviene la variabilit dovuta alla natura biologica del legno, in
conseguenza della quale esso pu presentare caratteristiche diverse anche nell'ambito della stessa specie.
Si possono riscontrare, infatti, variazioni della struttura del legno dovute sia a fattori ecologici quali il clima, il
suolo, ecc.., sia a fattori interni dipendenti dall'et dell'albero e dall'altezza lungo il fusto in corrispondenza della
quale stato prelevato un certo campione. Caratteristiche come, ad esempio, l'ampiezza degli anelli di
accrescimento ed il rapporto fra legno primaticcio e tardivo possono essere solo indicative in quanto dipendono
pi dall'influenza della stazione in cui sono cresciuti gli alberi che non da particolarit intrinseche alla specie
legnosa.
All'aumentare dell'et non si assiste soltanto al fenomeno della duramificazione della parte pi interna del tronco
ma si evidenziano, ugualmente, variazioni dimensionali per quanto riguarda il diametro dei vasi, la lunghezza
delle fibre e delle tracheidi. Inoltre, specie presentanti raggi eterocellulari nel legno giovanile possono avere
raggi omocellulari nel legno adulto e, con l'et, pu variare anche la larghezza dei raggi (espressa in numero di
file di cellule parenchimatiche di cui sono composti). Infine, alcune delle caratteristiche pi evidenti o
facilmente rilevabili quali il colore, la venatura e la massa volumica possono variare alquanto anche all'interno
della stessa specie, in dipendenza della stazione ove la pianta cresciuta, della stagionatura, del piano di taglio,
ecc..
Per una corretta identificazione opportuno che i campioni provengano da piante adulte e che siano stati
prelevati non troppo vicino al centro del fusto n in prossimit dell'inserzione di rami, avendo cura che non
presentino tessuti cicatriziali, tasche di gomma o resina ovvero facendo attenzione che il loro legno risulti, da un
punto di vista strutturale, del tutto normale.
Solo raramente un dato carattere cos tipico che la sua sola presenza consente l'immediata identificazione della
specie; normalmente, infatti, dall'esame di vari caratteri che possibile giungere, gradualmente e per
esclusione, al riconoscimento del legno.
Se possibile esaminare un'intera sezione trasversale di un albero, occorre innanzi tutto osservare se vi una
netta differenza di colore fra la zona pi interna, di legno pi vecchio e "maturo", che costituisce la porzione di
"durame" e la zona pi esterna, di pi recente formazione, dell'"alburno". Nel considerare questo aspetto
bisogna per tenere presente che, anche in piante che presentano una duramificazione marcata dal punto di vista
cromatico, tale colorazione comincia ad aver luogo solo quando la pianta non pi giovane, e che, con l'et,
varia il rapporto fra durame ed alburno. Inoltre, alcune specie, come il Faggio, il Frassino ed il Pioppo, possono
presentare, saltuariamente, la parte centrale del tronco ben differenziata (tale particolarit detta "cuore rosso"
nel Faggio, "cuore nero" nel Frassino e "cuore bruno o verdastro" nel Pioppo).
Infine, nell'osservare la testata di un albero abbattuto di recente, occorre fare attenzione a non confondere la
colorazione naturale del legno con quella dovuta all'ossidazione dei succhi che si trovano nell'alburno, per cui
pu verificarsi il caso che la zona esterna appaia pi scura di quella interna, ma sufficiente asportare una
sottile rotella perch si possa ripristinare la reale situazione cromatica.
A volte, per l'identificazione possono risultare utili l'olfatto (fra i legni "nostrani" caratteristico e l'odore del
legno di Cipresso), anche se il legno perde gran parte del suo odore con la stagionatura, il gusto, in quanto
sapori particolari possono essere conferiti al legno da sostanze solubili mentre l'odore gli deriva da sostanze
volatili, la tessitura, cio la grandezza degli elementi cellulari costituenti i tessuti, la lucentezza ed il colore che
per tende a variare con la stagionatura.
Un tronco, poi, pu essere tagliato secondo piani perpendicolari al suo asse di accrescimento, oppure paralleli ad
esso e passanti o meno per il centro della sua sezione trasversale, dando origine a sezioni e superfici
rispettivamente trasversali, longitudinali radiali e longitudinali tangenziali.
Poich, inoltre, il legno un materiale eterogeneo, formato cio da cellule orientate in modo ben definito, la sua
struttura si presenter diversa in ognuno dei tre piani, per cui sempre necessario specificare il tipo di sezione
che si sta' analizzando.
97
1) sezione trasversale
2) sezione longitudinale radiale
3) sezione longitudinale tangenziale
Principali sezioni anatomiche di un campione di legno. Da [29].
Per l'analisi momentanea di una sezione non necessario trattarla con sostanze coloranti, ma sufficiente porla
su un vetrino portaoggetti aggiungendovi una goccia d'acqua o meglio, poich l'acqua evapora molto
rapidamente rendendo il preparato non pi osservabile dopo pochi minuti, usando un mezzo meno volatile
Universit degli S tudi di Torino Facolt di Agraria
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come, ad esempio, una soluzione di acqua e glicerina al 50% che permette anche una migliore osservazione in
quanto ha un elevato indice di rifrazione.
Per poter effettuare un'accurata analisi delle strutture cellulari del legno, occorre invece evidenziarle mediante
idonee colorazioni e poi fissare le sezioni fra due vetrini ricorrendo all'impiego di qualche goccia di balsamo del
Canada o di Euparal.
Tra le varie colorazioni utilizzate nei laboratori, una di quelle che meglio permettono di osservare la struttura
microscopica del legno la "colorazione al verde iodio" (da: Normand, Manuel d'identification des bois
commerciaux).
Con essa, le sezioni microscopiche vengono inizialmente poste per circa mezz'ora in ipoclorito di sodio - in
maniera da eliminare i numerosi depositi di amido, gomme od altre sostanze -, successivamente, vengono lavate
in vari bagni di acqua distillata e, dopo un passaggio di qualche secondo nell'acido acetico, vengono lasciate
alcuni minuti a bagno nel colorante, che una soluzione composta di 1 g di verde iodio, disciolto in 30 cc di
acqua distillata, a cui vengono aggiunti 70 cc di alcool etilico. Infine, per eliminare l'eccesso di colorante e
disidratarle completamente, le sezioni vengono immerse in vari bagni di alcool etilico, l'ultimo dei quali formato
da alcool etilico assoluto e, dopo un ultimo passaggio in xilene (o xilolo), vengono montate sui vetrini con
balsamo del Canada.
Tale tipo di colorazione elimina, per, dalle cellule i loro contenuti, che in certi casi possono risultare utili ai fini
del riconoscimento del legno, per cui, a volte, conviene usare la "colorazione alla safranina" che, lasciando
inalterati i contenuti cellulari, colora in rosso vivo tutti i tessuti legnosi.
In tal caso le sezioni vengono poste per qualche istante in una soluzione di parti uguali di safranina (1% di
safranina in polvere sciolta in alcool etilico a 50) e acqua di anilina (5 g di anilina sciolti in 85 cc di acqua
distillata a cui si aggiungono 10 cc di alcool etilico). Successivamente vengono passate nell'alcool cloridrico (99
cc di alcool a 50 ed 1 cc di acido cloridrico), per eliminare l'eccesso di colorante, poi nell'alcool assoluto, nello
xilene ed, infine, vengono montate sui vetrini con il balsamo del Canada.
I legni di Conifere presentano tutti, fondamentalmente, una struttura molto simile con poche differenze rilevanti,
per cui occorre porre particolare attenzione ai dettagli, ricorrendo al microscopio per riuscire ad identificarli.
Se il campione da esaminare rappresentato dalla sezione trasversale di un fusto (testata o rotella) si dovr
innanzi tutto verificare, soprattutto con l'ausilio di una lente di ingrandimento, l'eventuale presenza di canali
resiniferi.
Poi occorrer osservare se il durame s i presenta o meno differenziato dall'alburno, dato questo che permette di
restringere notevolmente il campo di indagine e, in caso affermativo, rilevare il rapporto fra le due zone e le
rispettive tonalit cromatiche.
Si analizzer quindi l'ampiezza degli anelli di accrescimento e l'ampiezza del legno tardivo rispetto a quello
primaticcio, ponendo particolare attenzione nell'osservare se il passaggio fra le tracheidi di quest'ultimo e quelle
tardive brusco o graduale.
Eseguite queste osservazioni, se non si ancora pervenuti al riconoscimento del campione, occorrer procedere
all'indagine microscopica, osservandone le sottili sezioni prelevate lungo i tre piani anatomici principali ed
iniziando sempre lo studio dalla sezione trasversale.
Sezione trasversale
Nella sezione trasversale, le tracheidi si presentano come cellule sub-poligonali a pareti pi o meno spesse ed a
lume cellulare pi o meno ampio.
I canali resiniferi verticali, qualora presenti, appaiono come grossi "buchi" di forma da circolare a poligonale,
mentre le cellule parenchimatiche, formanti i raggi, sono visibili come stretti cordoni di cellule.
Le cellule parenchimatiche assiali, se presenti, hanno forma simile alle tracheidi, ma con pareti pi sottili e lume
cellulare contenente sostanze di colore scuro.
Universit degli S tudi di Torino Facolt di Agraria
100
Per quanto riguarda i canali resiniferi, le osservazioni non dovranno limitarsi a rilevarne l'eventuale presenza,
ma anche le dimensioni, la posizione all'interno degli anelli di accrescimento e lo spessore delle pareti delle
cellule epiteliali secretrici che li circondano, anche se quest'ultima caratteristica risulta, spesso, pi facilmente
rilevabile osservando, in una sezione tangenziale, i canali resiniferi orizzontali posti all'interno dei raggi.
Nella sezione trasversale inoltre interessante notare l'ispessimento delle pareti delle tracheidi del legno tardivo
ed il loro numero, che pu variare da 2-3 file di cellule ad oltre la met dell'anello di accrescimento (fra i
legnami pi comuni, il Larice, la Douglasia, i Pitch-Pines presentano, ad esempio, una zona di legno tardivo ben
marcata).
Volendo definire con maggior dettaglio le osservazioni necessarie per l'indagine macroscopica ed il successivo
esame microscopico di un campione di legno di Conifera, si riporta il seguente schema di riferimento:
ESAME MACROS COPICO
Il legno di Conifere, essendo omoxilo, caratterizzato da pochi elementi anatomici ed in particolare:
dalla presenza di tracheidi (elementi anatomici che, rispetto ai vasi delle Latifoglie, se osservati con una
lente di ingrandimento, presentano una sezione sub-poligonale, un lume pi ridotto e pareti cellulari pi
spesse);
Universit degli S tudi di Torino Facolt di Agraria
101
dalla presenza di raggi parenchimatici di tipo esclusivamente mono o biseriato, per cui se il campione in
esame presenta grossi raggi ben visibili ad occhio nudo, non potr essere di Conifera);
da anelli di accrescimento ben marcati (ad eccezione di rari casi come, ad esempio, nel legno di Cipresso).
Caratteri anatomici e propriet utili per il riconoscimento macroscopico del legno di Conifere:
Sezione trasversale
a) Alburno e durame
b) Anelli di accrescimento
c) Canali resiniferi
d) (Odore)
ESAME MICROSCOPICO
Caratteri anatomici da osservare ai fini del riconoscimento microscopico del legno di Conifere:
Sezione trasversale
a) Canali resiniferi
b) Tracheidi
102
Nel caso delle Latifoglie, un attento esame macroscopico del campione molto importante in quanto da esso si
possono ricavare utili elementi diagnostici.
Per prima cosa occorre osservare l'eventuale presenza di anello poroso, formato dagli elementi vasali di maggior
diametro del legno primaticcio che appaiono disposti a cerchio (riscontrabili ad esempio nelle Querce
caducifoglie, nel Castagno, nel Frassino ecc..), poi se l'alburno ed il durame sono differenziati, il colore del
legno e la sua tessitura e quindi se i raggi parenchimatici sono visibili ad occhio nudo (tra i legni pi comuni
presentano tale particolarit le Querce, il Faggio ed il Platano).
Sezione trasversale
Passando all'esame del campione al microscopico, nella sezione trasversale si osservano per primi gli elementi
vasali e precisamente la forma della loro sezione (che pu essere circolare, ellittica o poligonale), le loro
dimensioni, se vi una forte differenza tra il diametro di quelli del legno primaticcio e tardivo, il numero e la
distribuzione di questi ultimi all'interno dell'anello di accrescimento (numerosi e distribuiti in ogni anello
annuale a forma di cono capovolto nelle Querce caducifoglie, meno numerosi e disposti secondo linee oblique
nel Castagno 64 ; numerosissimi ed in bande tangenziali ondulate nell'Olmo, ecc..).
64
103
Tipo di elementi
vasali
Minuti
Piccoli
Medi
Grandi
Dimensione
(diametro)
Inferiore a 100 m
Tra 100 e 200 m
Tra 200 e 300 m
Superiore a 300 m
Descrizione
Visibili con lenti
Difficilmente visibili ad occhio
nudo
Facilmente visibili ad occhio nudo
Chiaramente visibili ad occhio nudo,
tanto da formare striature nelle
sezioni longitudinali
Tessitura del
legno
Molto fine
Fine
Media
Grossolana
Naturalmente, al fine di conseguire valori statisticamente significativi, le dimensioni degli elementi vasali
dovranno risultare dalla media di 50-100 misurazioni 65 .
Sempre relativamente agli elementi vasali, opportuno osservare se essi contengono, ed in quale misura, tille.
Passando poi all'esame dei raggi occorre rilevare quali tipi sono presenti: monoseriati, pluriseriati od aggregati
(questi ultimi sono visibili, ad esempio, nel legno di Carpino ed Ontano) e l'eventuale presenza di cristalli
contenuti nel lume delle cellule parenchimatiche, anche se tale caratteristica, essendo riscontrabile in molte
Latifoglie, ha un valore diagnostico limitato.
Di grande importanza diagnostica , infine, la presenza, la quantit e, soprattutto, la disposizione del parenchima
assiale (se cio prevalentemente di tipo paratracheale o apotracheale).
In sintonia con quanto fatto precedentemente, si riporta lo schema di riferimento per l'esecuzione dell'analisi
macro e microscopica di un campione di legno di Latifoglie:
65
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ESAME MACROSCOPICO
Il legno di Latifoglie, essendo eteroxilo, caratterizzato dalla contemporanea presenza di pi tipologie di
elementi anatomici ed in particolare:
dalla presenza di vasi, spesso anche di grosso diametro e, generalmente, ben visibili ad occhio nudo che, se
osservati con una lente di ingrandimento, presentano, rispetto alle tracheidi delle Conifere, una sezione
circolare od ellittica, lume pi ampio e pareti cellulari di spessore ridotto;
dalla presenza di raggi parenchimatici anche di tipo pluriseriato (a seconda delle specie legnose), per cui se
il campione in esame presenta grossi raggi ben visibili ad occhio nudo, non potr che essere di legno di
Latifoglie;
da anelli di accrescimento spesso poco marcati.
Caratteri anatomici e propriet utili per il riconoscimento macroscopico del legno di Latifoglie:
Sezione trasversale
a) Elementi vasali
Formanti o meno anello poroso.
Frequenza e distribuzione dei vasi tardivi all'interno
dell'anello di accrescimento.
(Eventuale presenza di tille).
b) Alburno e durame
Eventuale differenza cromatica.
Rapporto tra le due porzioni.
(Colore).
c) Raggi parenchimatici
Visibili o meno ad occhio nudo.
d) (Lucentezza)
e) (Massa volumica)
f) (Odore)
ESAME MICROSCOPICO
Caratteri diagnostici utili per il riconoscimento microscopico del legno di Latifoglie:
Sezione trasversale
a) Elementi vasali
b) Raggi parenchimatici
c) Parenchima assiale
b) Raggi parenchimatici
c) Cristalli
105
Bibliografia di riferimento
[1] AA.VV. Architectural veneer. Documentazione tecnica informativa realizzata da "David R. Webb Co., Inc."
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BOis en LORraine. Raccolta delle dispense dei corsi svolti presso l'"Ecole d'hiver sur le bois" ad Albe F, 1983.
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