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Ingegneria e restauro nella ricostruzione postbellica.

Gli studi di Piero Sanpaolesi per la copertura del Camposanto Monumentale di Pisa

ARIANNA SPINOSA

Ingegneria e restauro nella ricostruzione postbellica.


Gli studi di Piero Sanpaolesi
per la copertura del Camposanto Monumentale di Pisa
Lemergenza postbellica di porre rimedio al disfacimento del patrimonio
storico-artistico delle pi importanti citt italiane diventa, nella seconda met
del Novecento, anche un importante
banco di prova per lingegneria applicata al restauro architettonico. La ricostruzione intrapresa nel dopoguerra infatti ha alimentato un fiorire di interventi volti a consolidare le volumetrie monumentali, in particolare tramite limpiego
diffuso di strutture in cemento armato,
utilizzato innanzitutto per le sue caratteristiche di versatilit, di rimessa in efficienza della statica manomessa e della
capacit di adattarsi alle pi svariate
forme e strutture, al di l delle sue qualit espressive. Limpiego, a volte disinvolto, dei nuovi mezzi costruttivi si
ascrive anche alla formazione, per lo pi
di tipo ingegneristica1, di una classe di
tecnici che in questo momento si trova
ad operare nellAmministrazione delle
Belle Arti. Tra questi spicca la figura
del toscano Piero Sanpaolesi, soprintendente ai Monumenti e alle Gallerie delle
provincie di Pisa, Livorno, Lucca e Massa Carrara dal 1943 al 1960.
Il presente contributo si pone lobiettivo di indagare sul contesto storico, sulle
ragioni e i modi che hanno condotto gli
operatori del settore a prediligere negli
interventi di ricostruzione, spesso in sti-

le, limpiego di tecniche e materiali moderni, i cui esiti hanno inciso profondamente sul volto dei monumenti restaurati. La liceit o meno di questi interventi sar una questione ampiamente
dibattuta in seguito, conducendo solo nel
1964, nella Carta di Venezia, a suggerire un utilizzo pi cauto dei materiali
moderni. La ricerca condotta parte dalla nota vicenda dellincendio e della successiva ricostruzione del tetto del Camposanto Monumentale di Pisa, ponendo
lattenzione sul primo progetto, presentato dal soprintendente Sanpaolesi al Ministero della Pubblica Istruzione, ma non
realizzato, di una copertura interamente

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Fig. 1 Pisa. Camposanto Monumentale,


foto 2005

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Fig. 2 Pisa. Camposanto Monumentale,


interno del quadriportico, foto 2005

in cemento armato. La rilettura di questa prima fase della generale opera di


restauro e del dibattito che la caratterizza si fonda sulla documentazione inedita, rinvenuta presso lArchivio Centrale dello Stato2.
Piero Sanpaolesi, nominato soprintendente nel 1943, giunge a Pisa giovanissimo, ma gi dotato di un ampio bagaglio culturale e soprattutto di unapertura, dettata dalla propria esperienza di
formazione e lavorativa, verso la moderna cultura scientifica e le tecnologie
applicate al restauro. Egli aveva conseguito la laurea in ingegneria civile presso la scuola di Pisa nel 1926, la laurea in
architettura a Firenze e soprattutto aveva svolto un incessante attivit presso
la Soprintendenza ai Monumenti di Firenze, sotto legida di illustri soprintendenti come Giovanni Poggi e Carlo Calzecchi Onesti. Ci gli aveva peraltro
consentito di collaborare con uomini di
prestigio e storici, tra cui Gustavo Giovannoni, il che gli aveva dato lopportunit di approfondire lo stretto rapporto
tra conoscenze storico-umanistiche e
sperimentazioni scientifiche e, pi nello

specifico, il rapporto tra forma e struttura dei principali monumenti fiorentini


e toscani. Le sue ricerche, inoltre, durante tutta la sua attivit di restauratore
attivo sul campo e di ricercatore scientifico, prima nella Soprintendenza - dove
aveva contribuito alla nascita del Laboratorio di Restauro negli Uffizi - e poi
presso la Facolt di Architettura di Firenze, si soffermano ad indagare limpiego di soluzioni tecnico-innovative,
fornite, appunto, dallingegneria e dalle
scienze applicate, al restauro architettonico, nel rispetto delle esigenze di conservazione degli edifici storici.
Dalla consultazione dei documenti
darchivio relativi allattivit restaurativa
postbellica, in particolare nella provincia di Pisa, emerge da parte del Soprintendente una certa predilezione nelladozione del calcestruzzo armato, nelle sue
pi svariate forme e applicazioni, per far
fronte alle problematiche strutturali degli edifici in muratura: una gamma di interventi che diverranno prassi comune
nel cantiere della Ricostruzione.
Su tali premesse si inquadra lo studio e lintervento di ricostruzione della
copertura del Camposanto Monumentale di Pisa, distrutta da un incendio causato dai bombardamenti, che nellestate del 1944, il 27 luglio, si abbatterono
sulla citt durante la ritirata dei tedeschi
dagli Alleati: come noto, uno dei momenti pi tragici del conflitto bellico. La
citt di Pisa ne usc completamente distrutta, sfigurata nella sua immagine storica e tradizionale. Rappresentative dellentit dei danni sono le fotografie dello stato dei Lungarni pisani, i cui ponti,

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sempre nellestate del 1944, furono fatti


saltare dai tedeschi, coinvolgendo gran
parte del centro storico; le riprese aeree eseguite dal Comando Alleato raffiguravano il Camposanto privo del suo
tetto, configurandosi come unenorme
squarcio urbano in una delle piazze pi
famose del mondo, la Piazza dei Miracoli. Lincendio della copertura si svilupp in pochissimo tempo, essendo questa costituita da capriate in legno e rivestita in piombo, rovente al sole di luglio.
Nonostante i vani tentativi di arginarlo,
il fuoco si era esteso per tutto il Camposanto e aveva rapidamente coinvolto le
superfici affrescate del pi importante
ciclo di pittura medievale di Benozzo
Gozzoli e Antonio Veneziano, conservato
sulle pareti delle Gallerie. Mentre le fiamme cuocevano i colori degli affreschi e i
loro supporti in cannuccie, sui pavimenti delle gallerie, ricchi di lastre, sarcofagi
romani e monumenti funerari medievali, si stendeva uno strato di piombo liquefatto.
Numerose sono le testimonianze che
descrivono i momenti principali dellincendio e le difficolt dei primi soccorsi
da parte dei dipendenti dellOpera della
Primaziale, per limitare il danno e la perdita degli affreschi3. Immediato leco
sulla stampa locale ma anche internazionale4, enorme il senso di smarrimento dinanzi a tanta distruzione. Alle prime relazioni generali5 sullo stato dei
monumenti della citt di Pisa, tra cui il
Camposanto, seguirono resoconti sempre pi dettagliati e descrittivi, che il
Soprintendente inviava al Ministero, di
una situazione disastrosa e difficile da

Fig. 3 Il Camposanto dopo lincendio


del 27 luglio del 1944
(ACS, MPI, AA.BB.AA., Archivio Disegni,
(1925-60), Pisa, busta n. 29)

gestire. Allindomani degli eventi bellici


i danni erano incalcolabili. Il soprintendente Sanpaolesi, da pochi mesi insediato, si trovava nel giro di pochi giorni
a dover stabilire le linee di intervento,
secondo le priorit maggiori e le risorse
economiche a disposizione, tra laltro
scarsissime. In un clima di grandi incertezze la Soprintendenza pisana pot
contare sul supporto, soprattutto economico, del Comando Alleato, grazie allinteressamento del Capitano Dean
Keller e del Tenente Frederich Hartt dellUfficio Militare Alleato per i Monumenti6.
Il restauro del Camposanto Monumentale rimane sicuramente il caso pi
rappresentativo della ricostruzione postbellica pisana, manifesto della ripresa
non solo economica del paese ma anche culturale7. Sanpaolesi assunse un
ruolo determinante nella vicenda, soprattutto nellavviare, nonostante la vastit
dei restauri e delle ricostruzioni nelle
quattro provincie toscane, un serrato
programma dei lavori e nellimpegnarsi,
in prima persona, nella elaborazione di

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soluzioni progettuali, tra cui la ricostruzione della copertura. Le diverse fasi


del generale intervento di restauro sono
ampiamente documentate dai carteggi
rinvenuti negli archivi della Soprintendenza di Pisa e dalle pubblicazioni del
Sanpaolesi stesso sul Bollettino dArte8. Daltronde il Camposanto rappresentava un monumento nazionale della cultura artistica e architettonica del
Trecento italiano ed il Soprintendente
aveva il compito di aggiornare lopinione pubblica e i tecnici sullevolversi dei
lavori, in cui venivano impiegate ingenti
risorse del dicastero della Pubblica
Istruzione e dei Lavori Pubblici, argomentando le scelte compiute, in alcuni
casi molto dibattute.
Lintervento si muoveva nellambito delle direttive del ministero, sintetizzate da Guglielmo De Angelis DOssat,
nel ruolo di Direttore Generale delle Antichit e Belle Arti, nel famoso contributo Danni di guerra e restauro dei monumenti9: un insieme di linee guida che
descrivono un quadro operativo di intervento sul patrimonio storico-artistico,
a seconda dellentit dei danni. Pertanto il Camposanto Monumentale di Pisa,
secondo tale divisione per categorie,
rientrava in quella dei monumenti che
avevano subito danni di maggiore entit10, dove i tetti erano praticamente
scomparsi e dove si lamentavano larghi
squarci o demolizioni parziali, con
sconnessione delle strutture superstiti,
vittime di incendi. Se il De Angelis nel
suggerire gli indirizzi metodologici dellopera di restauro individuava due strade, di cui una, quella istintiva, mirava al

sostanziale ripristino delle forme perdute, laltra pi riflessiva, tendeva a non


ripetere laspetto primitivo quando di
questo ne erano rimaste pochissime
tracce. In realt, nella maggior parte dei
casi, venne percorsa la prima, dettata
dal sentimento di nostalgia verso il monumento distrutto e dalla volont di cancellare levento luttuoso della guerra che
in un momento aveva eliminato testimonianze di secoli.
Nellintervento di ricostruzione del
tetto del Camposanto Monumentale si
ravvisano, infatti, le problematiche intorno alle quali ruota tutto il dibattito della
ricostruzione postbellica, e, nella sua
soluzione finale, il fallimento, in parte,
del restauro nel riproporre rifacimenti,
intesi come ripristino delle antiche strutture demolite. Un rifacimento che si
rivolge innanzitutto al ripristino delle forme, ma che coinvolge nella questione,
lopportunit di utilizzare tecnologie
costruttive moderne, come il cemento
armato. A tal proposito richiamiamo il
noto caso della ricostruzione del Ponte
di Santa Trinita a Firenze11, che al tempo diede vita ad un vivace dibattito sulle modalit tecniche di esecuzione. Le
posizioni in quel caso furono divergenti:
contro chi sosteneva il ripristino del ponte
comera e dovera, Roberto Pane legittimava il ricorso alle moderne possibilit costruttive in quanto pi sicure e
pi comode, senza preoccuparmi delle
moralistiche obiezioni relative alla sincerit strutturale dal momento che tale
sincerit semplicemente un equivoco
estetico12. Anche Sanpaolesi fu dello
stesso parere: egli intravedeva nella pre-

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senza di unanima in cemento armato


nel famoso ponte in pietra dellAmmanati, il metodo pi sicuro, pi rapido ed
economico, anche perch era convinto
che la sua ricostruzione avrebbe comunque costituito un falso antico della struttura originaria13. Infine il ponte fu ricostruito come era anche nella sua struttura originaria14. Stessa questione si era
configurata per la ricostruzione del tetto del Camposanto di Pisa.
Qui alle prime opere di rimozione
delle macerie e recupero dei materiali
superstiti, sia dei resti dellantica struttura lignea che dei frammenti degli affreschi e dei pezzi marmorei dei monumenti funerari, segu unopera di raccolta dei dati, fotografie e documenti
darchivio, che permisero il dimensionamento della preesistente copertura, di
cui non tutti gli elementi erano quelli
originari poich la struttura era stata
sottoposta a continui restauri, integrazioni e sostituzioni, documentati negli
archivi dellOpera del Duomo. La copertura del Camposanto era costituita
da mensole di quercia sagomate e da
capriate di tipo palladiano con sovrapposti arcarecci a sezione romboidale e trapezoidale sostenuti sul piano
di falda da gattelli sagomati, travicelli e
listelli intelaiati e imbussolati in formelle
quadrilatere e da un assito di tavole unite a battente. Sopra lo scempiato erano
disposti regolini equilateri triangolari per
le giunzioni delle lastre di piombo del
manto15. Il tutto andava a comporre
una complessa orditura costituita da 66
capriate normali e 4 dangolo per 5000
mc di legname e 4000 mq di piombo per

Fig. 4 Modellino della capriata originaria


del Camposanto riprodotta dagli operai
dellOpera del Duomo per lo studio della
ricostruzione del nuovo tetto (ACS, cit. b. 29)

il manto16. Le proposte progettuali della


nuova struttura furono cos approntate
sulla base di un modellino di una capriata,
costruito per incarico della Soprintendenza da Bruno Farnesi, capo delle
maestranze dellOpera del Duomo.
Il rifacimento della copertura, sostituita temporaneamente da una provvisoria, progettata ed eseguita dal Gruppo di Fanteria che lavorava con la V
Armata17, si presentava allopinione
pubblica come un intervento prioritario,
anche perch lenorme invaso architettonico, con le sue esili quadriforme, i
lacerti degli affreschi e le sinopie rinvenute, non poteva rimanere a lungo senza una protezione dagli agenti atmosferici.
Lintervento atteso dalle direttive
ministeriali prevedeva la ricostruzione
del tetto comera e dovera. Fin dallinizio esso si indirizza verso una ricostruzione integrale della copertura secondo il primitivo disegno delle antiche
strutture18, per ristabilire innanzitutto i
rapporti dimensionali dellarchitettura del
recinto sacro, stravolti dallenorme
lacuna: altra questione per il Soprinten-

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dente era poi quella dei materiali e della


tecnologia costruttiva da impiegare.
Il Sanpaolesi gi nellottobre del
1945, spinto da una necessit urgente
del ripristino del tetto per proteggere da
ulteriori danni il complesso delle opere
darte raccolte allinterno in collaborazione con lingegnere Giancarlo Nuti,
aveva presentato al Ministero dei Lavori Pubblici un primo progetto esecutivo. Una copertura di 2016 mq costituita da una capriata palladiana con travature in cemento armato, ricoperte da
tavoloni in legno per un importo complessivo di lire 93.000.000. Nella relazione generale allegata ai grafici di progetto19 si prevedeva lesecuzione di una
grossa orditura in cemento armato ed il
ripristino di quella minore e dello scempiato in legname, secondo lantico
modello, con il reimpiego del materiale
sopravvissuto allincendio. Alla scelta
del cemento armato, molto discussa e
criticata, il Sanpaolesi, animato da una
piena fiducia verso le certezze della
scienza e delle tecnologie moderne era
pervenuto per una maggiore sicurezza
in caso di incendio e anche per le difficolt di recuperare travi di una tale portata e sezione. Egli decide per di non
lasciare a vista le membrature in cemento armato ma di rivestirle con il legno. In questo caso lesigenza di mimetizzare la nuova tecnologia costruttiva sottolinea come il progettista non
riconosce la capacit espressiva del
nuovo materiale: predilige quindi una
soluzione compromissoria, dissimulando le orditure principali con tavolame di
3 centimetri di spessore, cos da poter

ripristinare le sezioni originali, senza alterare le primitive proporzioni spaziali


dellinvaso monumentale. Nella relazione, Sanpaolesi dichiara la volont di raggiungere le medesime caratteristiche
statiche ed estetiche dellantica copertura a falda, affidandosi ad un vero e
proprio ripristino delle forme, cos come
ricostruite, sulla base dellindagine documentaria, dalla prospettiva della
capriata allegata ai grafici di progetto,
e dal modellino presentato al Consiglio
Superiore delle Antichit e Belle Arti20,
dando unassoluta priorit alla percezione visiva rispetto allautenticit strutturale. Un intervento notevole, non solo
dal punto di vista della messa in opera e
dellorganizzazione del cantiere, ma
anche per i carichi che sarebbero andati a gravare sia sulle masse murarie,
ridotte a rudere e ricostituite con muratura in mattoni di laterizio, sia, soprattutto, sulle esili colonnine in marmo delle quadrifore che vanno a comporre il
quadriportico del Camposanto pisano.
Tale sistema di copertura progettato da Sanpaolesi risente, da una parte,
dei nuovi progressi della tecnica delle
costruzioni; dallaltra, soprattutto nellesito formale, si accolla il retaggio di
una cultura classica, che si fonda sul
rispetto dellimmagine autentica, ripiegando su posizioni tradizionali e anodine21, cos come codificato nellart. V
della Carta di Atene del 193122. Il rivestimento delle travature in cemento armato con tavole di legno un espediente utilizzato in molti altri restauri del periodo: al cemento armato impiegato
nel restauro veniva assegnata una fun-

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Gli studi di Piero Sanpaolesi per la copertura del Camposanto Monumentale di Pisa

Fig. 5 Pisa, 16 ottobre 1945. Stralcio del progetto della nuova copertura in cemento armato
rivestita in legno redatto dallingegnere Giancarlo Nuti e dal soprintendente Piero Sanpaolesi
(ACS, cit. b. 29)

zione puramente strutturale23, senza cavalcare la dirompente carica espressiva che invece quel materiale aveva
manifestato nel campo dellarchitettura moderna, fin dai suoi esordi.
Una soluzione ingegneristica, dunque,
quella progettata per il Camposanto
pisano, che rispecchia un consueto impiego, fino a quel momento, del nuovo
materiale nel restauro, tramite lannegamento di strutture intelaiate nelle
murature guastate, e non pi capaci di
assolvere alla statica per cui erano state dimensionate. In sintesi al cemento
armato si demandava il compito di ossatura portante delledificio, senza esibirlo nelle sue valenze e potenzialit
anche formali: un tale artifizio viene
riproposto anche nel progetto di ricostruzione della copertura distrutta, sem-

pre a seguito danni di guerra, della chiesa di Santa Chiara a Napoli24, dove poi
si ripiega per una semplice dipintura
color legno delle travature in cemento
armato realizzate.
Anche se non si conosce nel dettaglio il parere del Consiglio Superiore delle
Antichit e Belle Arti sulla questione del
nuovo tetto del Camposanto, si pu con
certezza asserire, a fronte dei commenti
di voci autorevoli e per il successivo
svolgimento dei lavori, che lintervento
non fu accolto con entusiasmo, proprio
per il carattere troppo monumentale.
Tale constatazione denunciava peraltro
un certo attrito, che in pi occasioni sarebbe emerso, tra le scelte dellente locale, la Soprintendenza pisana, e gli indirizzi di quello statale, il Ministero della
Pubblica Istruzione. Per la vastit dei

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danni, le difficolt sul come intervenire,


infatti, tutto il restauro del Camposanto
fu accompagnato da dibattiti, malcontenti e dallistituzione di commissioni di
studio a cominciare dal tetto, come
afferma Cesare Brandi, che chi lo voleva in cemento armato e chi di legno
come era e dove era a finire al tanto
discusso strappo degli affreschi e
ricollocamento su supporti rigidi di
eternit25. Ricordiamo ancora come lo
storico Roberto Papini in una feroce
critica verso loperato della Soprintendenza pisana muoveva laccusa di eccedere con luso del cemento armato26.
Il dibattito sulla tipologia, ma soprattutto sulla struttura della nuova copertura, aveva rallentato i lavori programmati dal Soprintendente che in pi occasioni cerca di sottolineare lurgenza
e lestraneit ad eventuali prese di posizione, affermando, in un resoconto
economico del 1951, che sarebbe possibile in tale occasione rendere note le
vicende che hanno impedito una attuazione di qualche poco pi sollecita, soprattutto del tetto, ragioni ignote alla
maggior parte dei malcontenti, ai quali
pure dovrebbe essere noto che il Camposanto di Pisa equivale ad un rispettabile museo coi suoi 250 pezzi di scultura, e pi che millequattrocento metri
quadrati di affresco, circa quattromila
metri quadrati di tetto, e tutti gli accessori, nonch con la difficolt e novit
dei problemi affrontati, e si spera risolti,
come quello della struttura del tetto e
quello del restauro degli affreschi27.
Tali polemiche portarono, prima dellavvio dei lavori, ad un cambio di rotta: si

abbandon lidea dellimpiego del cemento armato per ricorrere invece ad


una struttura interamente in legno, identica alla precedente sia nelle forme che
nella materia. La ricostruzione della
copertura segu la strada del ripristino
integrale delle capriate costituite da
travi in legno, provenienti dallAustria,
con rivestimento in piombo28, secondo
il primitivo disegno, grazie ad un ingente impegno economico del Ministero dei
Lavori Pubblici, della direzione tecnica
del Genio Civile e della direzione artistica della Soprintendenza.
Se il progetto del tetto in cemento
armato si presentava troppo audace per
il Camposanto Monumentale, soluzioni
simili che prevedevano limpiego di tale
tecnica verranno invece appoggiate
positivamente dal Ministero: per le chiese pisane di San Michele in Borgo e di
San Paolo a Ripa dArno29- fortemente
danneggiate dagli eventi bellici - fu accettata la sostituzione di alcune capriate
con quelle in cemento armato. Nella
chiesa di San Michele in Borgo, sita nel
cuore del centro storico, lintervento
coordinato dalla Soprintendenza diretta
da Sanpaolesi aveva previsto il completamento del tetto30, tramite il rivestimento di n. 7 capriate in cemento armato, con tavole dello spessore di cm 3
fissate su telai di legno, onde raggiungere la sezione voluta, legate con staffature in ferro. I grafici di progetto, le
relazioni tecniche e i computi autografi31, conservati presso larchivio della
Soprintendenza a Pisa, redatti dal Sanpaolesi e dal collaboratore ingegnere
Giancarlo Nuti, riprendono, nel comples-

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Gli studi di Piero Sanpaolesi per la copertura del Camposanto Monumentale di Pisa

so, lidea per la copertura del Camposanto Monumentale, ridimensionandone la struttura. Le capriate interessate
sono quelle in prossimit del coro e del
presbiterio, la parte pi instabile delledificio, investito anchesso dai bombardamenti del 44 e restaurato secondo
lintento di conservazione delle strutture primitive che si rivelarono al di sotto
degli apparati settecenteschi
In questo caso grazie alla sapiente
opera di rimozione delle macerie e
recupero delle parti rimaste si pot procedere alla rimessa in opera delle capriate sconnesse e lo smontaggio e successivo rimontaggio di quelle superstiti,
come opera di prevenzione da nuovi
crolli. Pi tardi in una successiva riflessione sui restauri condotti durante il periodo postbellico, il professore Piero Sanpaolesi si soffermer ampiamente sulle
questioni relative ai consolidamenti strutturali, talvolta arditi ma necessari, come
parte del generale progetto di restauro,
precisando che la struttura la forma
stessa dellopera architettonica e che

ogni intervento o variazione sulla struttura quindi un intervento sulla sua forma32, poich ambedue concorrono alla
complessit del manufatto e alla definizione dellarchitettura in generale. Alla
luce delle nuove acquisizioni, il rinnovato interesse per i restauri postbellici consente non solo di approfondire le tematiche che hanno animato un periodo
di particolare importanza per levoluzione della disciplina del restauro nel corso del Novecento, ma anche di evidenziare il grande exploit delle tecniche e
dei materiali cosiddetti moderni, che in
questo momento vengono adottati con
una certa libert strutturale, ed in pochi
casi anche espressiva, sulla scia dei
grandi restauri effettuati con lutilizzo
del cemento armato realizzati tra gli anni
Venti e Quaranta del Novecento33. Loperato nel campo delle Belle Arti di personaggi come Piero Sanpaolesi, di formazione tecnico-ingegneristica innestata su di un impianto storico-umanistico,
ha permesso, inoltre, laffinamento nel
cantiere del restauro delle questioni pi

Fig. 6 - Progetto della capriata in cemento armato da rivestire in legno per la chiesa di S.
Michele in Borgo, redatto dallingegnere Giancarlo Nuti e dal soprintendente Piero Sanpaolesi
(Archivio generale della Soprintendenza per i Beni Ambientali Architettonici Artistici e Storici
per le province di Pisa, Livorno, Lucca e Massa Carrara, foglio 125, m. A :
Chiesa di San Michele in Borgo)

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propriamente strutturali, il che ha sviluppato un orientamento che tende a


conservare anzich sostituire le membrature strutturali originarie.
Studiare dopo cinquanta anni interventi come quelli esaminati, condotti da
un Soprintendente, tecnico e docente
illuminato come Piero Sanpaolesi consente, da un lato, lavanzamento della
conoscenza sulle fabbriche architettoniche restaurate e sulle loro traformazioni
e, dallaltra, pongono, oggi problemi di

conservazione che quegli edifici restaurati manifestano. Un consapevole intervento di conservazione deve infatti tener conto anche delle tracce dei restauri
col cemento armato, in quanto documento materiale delle scelte culturali
compiute, inquadrate nel proprio contesto storico, delle tecniche, dei materiali
impiegati, dei capitolati, delle maestranze, insomma di tutti quegli aspetti che
hanno caratterizzato il cantiere del restauro postbellico.

Ricordiamo nella prima met del Novecento la presenza nellAmministrazione delle Belle Arti di una
classe di restauratori di istruzione di tipo ingegneristica, tra tutti Gustavo Giovannoni, Adolfo Avena,
Gino Chierici, Ferdinando Forlati ed altri. Cfr. C. CALDERINI, Cultura e tecnica del cemento armato nel
restauro dei monumenti in Italia, in Palladio, n. 32, luglio-dicembre 2003, p. 100, nota 3.
2

Le ricerche si sono concentrate sullanalisi della documentazione autografa relativa ai carteggi della
Soprintendenza ai Monumenti e alle Gallerie di Pisa, Livorno, Lucca e Massa Carrara dal 1940 al
1960, conservati presso lArchivio Centrale dello Stato di Roma e quello della Soprintendenza per i
Beni Ambientali Architettonici Artistici e Storici per le province di Pisa, Livorno, Lucca e Massa
Carrara a Pisa.

Vedi in 35 Anniversario dellincendio del Camposanto Monumentale, Pisa, 27 luglio 1944- 27


luglio 1979, Pisa 1979.

Vedi in Le opere darte de Cimitero Vecchio di Pisa gravemente danneggiate, in Corriere di Roma
del 7 settembre 1944; I danni ai monumenti di Pisa, in Osservatorio Romano del 29 settembre
1944; I danni al Camposanto Vecchio di Pisa, in Notiziario Nazioni Unite del 23 settembre 1944.

ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO, Ministero della Pubblica Istruzione, direzione generale antichit e
belle arti, divisione II, (1940-45), busta n. 137, 6. monumenti, Pisa citt. [] Il danno maggiore
stato subito dal Camposanto vecchio che rimase incendiato per una cannonata il 27 luglio u.s. alle ore
19 circa; il fuoco sviluppatosi nella parte nord del tetto non fu potuto arginare, anche per un susseguito cannoneggiamento degli Alleati, e distrusse tutto il soffitto con linevitabile danneggiamento di
gran parte degli affreschi parietali, dei monumenti e dei sarcofaghi conservati nel medesimo., in Pisa,
13 settembre 1944, Le distruzioni della guerra a Pisa. Queste informazioni sono state trasmesse su
mia richiesta dal prof. Luigi Russo, Rettore dellUniversit di Pisa, Carlo L. Ragghianti; [] E
pervenuta a questa Soprintendenza in data 22 Settembre u.s. la lettera della Direzione Generale del 14
Settembre 1944 e la circolare allegata. Gi il Professore Brandi, reduce dalla sua visita a Pisa compiuta
l11 Settembre u.s., avr fornito a viva voce alla Direzione Generale, le prima informazioni sulla grave
situazione nella quale si trova la Citt di Pisa, ed in particolare sui danni che hanno subito i monumenti
nel periodo fra il Maggio e il Settembre 1944 durante le azioni belliche e i combattimenti che si sono
svolti a cavallo dellArno. [] Il lavoro cui attende attualmente la Soprintendenza ha per scopo oltre
che le provvisorie protezioni agli affreschi del Camposanto e lintervento di massima urgenza per la
fermatura di parti percolanti degli affreschi, anche la esecuzione di preventivi per le riparazioni

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Gli studi di Piero Sanpaolesi per la copertura del Camposanto Monumentale di Pisa

urgenti agli edifici monumentali maggiormente danneggiati., in Relazione sommaria della situazione
delle Opere darte e dei Monumenti della Soprintendenza ai Monumenti e Gallerie di Pisa, f. to il
Soprintendente, Arch. Ing. Piero Sanpaolesi (s.d.).
6

G. C. NUTI, La Copertura del Camposanto Monumentale di Pisa, in Bollettino dArte , IV 1953,


p. 322.
7

Vedi in Sanpaolesi ha ricordato il restauro del Camposanto, in La Nazione, Pisa, 17 giugno 1979.

P. SANPAOLESI, Le sinopie del Camposanto di Pisa, in Bollettino dArte, gennaio-marzo, 1948; Id.
Il restauro del Trionfo della Morte del Camposanto di Pisa, in Bollettino dArte, annoXXXV, serie
IV, 1950; Id. Le incisioni di Carlo Lasinio per gli affreschi del Camposanto di Pisa, Firenze 1950,
[con commento e note di Piero Sanpaolesi]; Id. Il restauro del Camposanto Monumentale, in P.
SANPAOLESI, M. BUCCI, L. BERTOLINI, G. RAMALLI, a cura di, Camposanto Monumentale di PisaAffreschi e sinopie, catalogo mostra, Milano 1960.
9
G. DE ANGELIS DOSSAT, Danni di guerra e restauro dei monumenti, in atti del V Convegno di Storia
dellArchitettura, Perugia 23 settembre 1948, Firenze 1957, pp. 13-28, che riprende un articolo
pubblicato per la prima volta in Lillustrazione italiana, 13, marzo 1946, pp. 212-213.
10

Cfr. E. LAVAGNINO, Cinquanta monumenti italiani danneggiati dalla guerra, Roma 1947, pp. 78-83;
E. SORBO, a cura di, Danni di Guerra, in dArchitettura, Cambiamenti di stato, n. 26 gennaio-aprile
2005, p. 171.

11

R. GIZDULICH, La ricostruzione del Ponte a S. Trinita, in Comunit, n. 51, 1967. Sul vivace
dibattito in merito alla questione della ricostruzione del ponte di Santa Trinita si veda anche G. DE
ANGELIS DOSSAT, La salvaguardia dei centri urbani dinteresse artistico, in Le vie dItalia, n. 2,
1946, ripubblicato in Palladio, nn. 29-30, gennaio- dicembre 2002, pp. 231-236; R. PANE, Il Ponte
di S. Trinita, in R. Pane, Architettura e Arti figurative, Venezia 1948, pp. 21-24; P. SANPAOLESI,
Firenze, I quartieri del Ponte Vecchio e del Ponte S. Trinita, in Palladio, n.1, 1951, p. 49. Per un
approfondimento del dibattito e delle vicende relative alla ricostruzione del ponte di Santa Trinita si
veda A. BELLUZZI, G. BELLI, Il ponte a Santa Trinita, Firenze 2003.
12

R. PANE, Il Ponte cit., p. 21.

13

P. SANPAOLESI, Firenze cit., p. 49.

14

G. DE ANGELI DOSSAT, Il ruolo del cemento nel restauro e le prospettive future, in Restauro e
cemento in architettura, a cura di G. CARBONARA, Roma 1984, II, pp. 426-428, ripubblicato in
Palladio, nn. 29-30, gennaio- dicembre 2002, p. 296.
15

G. C. NUTI, Esperienze di restauro. Il Camposanto Monumentale in C. PEROGALLI, a cura di,


Architettura e restauro, esempi di restauro eseguiti nel dopoguerra, Milano 1957, p. 145.

16

Ibidem

17

E. FRANCHI, Arte in assetto di guerra, Pisa 2006, p. 95.

18

G. C. NUTI, La Copertura cit., p. 322.

19

ACS, MPI, AA.BB.AA., Archivio Disegni, (1925-60), Pisa, busta 29. Camposanto Monumentale
di Pisa- Relazione Generale- Preventivo di spesa generale per un importo di L. 93.000.000, f.to.
lArchitetto, Giancarlo Nuti, il Soprintendente Piero Sanpaolesi. Nella cartella Provveditorato
per le Opere Pubbliche della Toscana- Soprintendenza ai Monumenti e Gallerie di Pisa- Opere
dipendenti dai danni di guerra- Progetto esecutivo -stralcio dei lavori per la copertura parziale del

1497

ARIANNA SPINOSA

Camposanto Monumentale di Pisa, per un importo di L. 58.000.000 (soluzione piombo), tratto


coperto mq. 2016 di falda. Nel fascicolo sono conservati i disegni e grafici di progetto firmati dal
tecnico incaricato, larchitetto Giancarlo Nuti ed il Soprintendente Piero Sanpaolesi: Pianta del
Camposanto Monumentale, scala 1:200, in cui segnata la parte della copertura distrutta dallincendio; Disegni della copertura, scala 1:20; Saggi alle fondazioni, scala 1:500; Progetto di calcolo di
capriata in cemento armato per la copertura del Camposanto Monumentale di Pisa; Prospettiva
della capriata. Nella relazione generale si legge Le opere previste sono state distinte nelle seguenti
categorie generali: I. Opere in muratura per un importo di L. 2.773.663; II. Opere in cemento
armato per un importo di L. 15.133.057; III. Opere di carpenteria in legname escluso il rivestimento delle strutture in cemento armato, per un importo di L. 23.060.316,50; IV. Opere di rivestimento
in legname delle strutture in cemento armato per un importo di L. 9.677.640; V. Manto di copertura
per un importo di L. 33.494.153,40; totale L. 84.138.859,90; Arrotondamento L. 61.140,10;
Imprevisti generali per lesecuzione di tutte le opere L. 8.800.000; totale generale L. 93.000.000.
20
ACS, cit. b. 29. Nel fascio sono presenti delle immagini fotografiche del modellino di una capriata
della originaria copertura costruito dalloperaio Bruno Farnesi.
21

G. DE ANGELIS DOSSAT, Il ruolo del cemento cit., p. 295.

22

Il punto V della Carta internazionale del restauro di Atene (1931) recita: Gli esperti hanno
inteso varie comunicazioni relative allimpiego di materiali moderni per il consolidamento degli
antichi edifici; ed approvano limpiego giudizioso di tutte le risorse della tecnica moderna, e pi
specialmente del cemento armato. Essi esprimono il parere che ordinariamente questi mezzi di
rinforzo debbono essere dissimulati per non alterare laspetto e il carattere delledificio da restaurare; e ne raccomandano limpiego specialmente nei casi in cui essi permettono di conservare gli
elementi in situ evitando rischi del disfacimento e della ricostruzione., tratto da E. ROMEO, a
cura di, Documenti, norme ed istruzioni per il restauro dei monumenti, in S. CASIELLO, a cura di,
Restauro criteri metodi esperienze, Napoli, 1990, p. 238.
23

C. CALDERINI, Cultura e tecnica cit., p. 98.

24
Nella disposizione della ricostruzione della copertura della chiesa di Santa Chiara a Napoli, ad un
primo progetto presentato dallingegnere Calvanese dellUfficio del Genio Civile di Napoli in cui
si associavano a capriate lignee travature in calcestruzzo armato rivestito con tavolame, nel 1947
segue, da parte del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, la proposta, appoggiata dal Soprintendente Giorgio Rosi, di ricorrere esclusivamente a capriate in c.a. rivestite di legno. Successivamente
il soprintendente Rusconi rinunzia ai rivestimenti in legno per una tinteggiatura del cemento
armato con vernice color legno. Per una ricostruzione storica degli eventi in merito alla ricostruzione del tetto della basilica di Santa Chiara si veda L. GUERRIERO, L. RONDINELLA, Le strutture in
calcestruzzo armato della copertura della basilica di S. Chiara a Napoli, in Il ciclo di vita delle
architetture in cemento armato. Lapproccio ingegneristico e le ragioni della conservazione, atti
giornata di studio, Politecnico di Torino, Castello del Valentino, 16 maggio 2007, in corso di
stampa. Vedi anche F. DELIZIA, B. DE NIGRIS, Chiesa di Santa Chiara a Napoli; restauri della
Soprintendenza ai Monumenti della Campania, 1944-1959; sistemazione esterna 1963-73, in C.
DI BIASE, a cura di, Il restauro e i monumenti. Materiali per la storia del restauro, Milano 2003,
pp. 337-354.
25

C. BRANDI, Esposti a una nuova tortura gli affreschi del Camposanto di Pisa, sul Corriere della
Sera, del 19 aprile 1961, ripubblicato in M. CORDARO, a cura di, Cesare Brandi, il restauro. Teoria
e pratica 1939-1986, Roma 1995, p. 287.

1498

Ingegneria e restauro nella ricostruzione postbellica.


Gli studi di Piero Sanpaolesi per la copertura del Camposanto Monumentale di Pisa

26

R. PAPINI, Imbalsamato sotto vetro il Campo Santo di Pisa. Leffetto delle grandi lastre di
cristallo poste a chiudere i finestroni appare decisamente negativo, senza contare linutilit della
costosissima innovazione, in Il Corriere della sera, 11 agosto 1953.

27

ACS, MPI, AA.BB.AA., divisione II (1945-55), busta n. 68.

28

Il cantiere della messa in opera della nuova copertura viene ampiamente documentato da Giancarlo
Nuti in G. C. NUTI, La Copertura cit.; G. C. NUTI, Esperienze di restauro cit.

29

Lintervento citato in C. CESCHI, Teoria e storia del restauro, Roma 1970, pp. 188- 189; G.
CARBONARA, a cura di, Restauro e cemento in architettura, Roma 1981, p. 398.

30
ACS, MPI, AA.BB.AA., divisione II, (1945-55), busta n. 67. Preventivo di Spesa per i lavori da
eseguirsi in S. Michele in Borgo. Comune di Pisa. Spesa prevista L. 2.500.000, Pisa 23 gennaio
1050. Redatto dallArchitetto Piero Sanpaolesi. F.to il soprintendente Piero Sanpaolesi.
31
I grafici di progetto della nuova copertura della chiesa di San Michele in Borgo a Pisa sono
conservati presso lARCHIVIO GENERALE DELLA SOPRINTENDENZA PER I BENI AMBIENTALI ARCHITETTONICI
ARTISTICI E STORICI PER LE PROVINCE DI PISA, LIVORNO, LUCCA E MASSA CARRARa, foglio 125, m. A :
Chiesa di San Michele in Borgo.
32

P. SANPAOLESI, Discorso sulla metodologia generale del restauro dei monumenti, Firenze 1973, p.
87, nota 41.

33

C. CALDERINI, Cultura e tecnica cit., p. 94.

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