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1.Capaneo
Me, mi conoscete. Può essere che allora e laggiù, in quegli strac-
ci da zebra, colla barba ancora peggio rasa che d’abitudine, ed i
capelli tosati, avessi un aspetto molto diverso da oggi; ma la cosa
non ha importanza, il fondo non è cambiato.
1
Cfr. D. Scarpa, Notes on the texts, in The complete works of Primo Levi, a
cura di A. Goldstein, New York, Liveright, 2015, III, p. 2855, e vedi M.
Belpoliti, Primo Levi di fronte e di profilo, Milano, Guanda, 2015, p. 346,
per altri possibili modelli.
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Me mi conoscete. Primo Levi a teatro, Progetto teatrale ideato da Valter
Malosti con Teatro Piemonte Europa, in collaborazione con Domenico
Scarpa. Per il programma, che ha compreso anche la «condensazione sce-
nica» di Se questo è un uomo e del Sistema periodico, vedi https://www.
polodel900.it/me-mi-conoscete-primo-levi-a-teatro/.
5
P. Levi, Capaneo, «Il Ponte. Rivista mensile di politica e letteratura», XV,
11 (novembre), 1959, pp. 1440-1445. Il periodico, vivo ancora il suo fon-
datore Piero Calamandrei, aveva già ospitato, nell’agosto-settembre 1947
(III, 8-9, pp. 758-763), il racconto Ottobre 1944, comparso poi come capi-
tolo di Se questo è un uomo, Torino, Da Silva, 1947 [11 ottobre]. Due anni
dopo «Il Ponte», V, 8-9 (agosto-settembre) 1949, pp. 1170-1173, acco-
glieva l’altro racconto leviano Fine del Marinese, di argomento partigiano.
6
P. Levi, Lilít e altri racconti, Torino, Einaudi, 1981, ora in OC, II, pp.
237-412, a pp. 241-245.
7
Se questo è un uomo, versione drammatica di P. Marché, P. Levi, Torino,
Einaudi, 1966, ora in OC, I, pp. 1195-1260, a pp. 1229-1231.
8
Cfr. M. Belpoliti, Note ai testi di Lilít e altri racconti, in OC, II, p. 1792,
e vedi ivi, I, pp. 1475-1476.
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Vedi V.A. Santiloni, Lo scrittoio «plurale» di Primo Levi. Lingua e te-
stualità delle versioni di «Se questo è un uomo» per la radio e per il teatro,
Tesi di laurea magistrale, rel. F. Franceschini, correl. M. Tavoni, Univer-
sità di Pisa, a.a. 2017-2018, e, della stessa, il saggio seguente.
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L’acrostico sta per Reichssicherheitshauptamt ‘Ufficio Centrale per la
Sicurezza del Reich’.
11
Cfr. I. Tibaldi, Primo Levi e i suoi «compagni di viaggio»: ricostruzione
del trasporto da Fossoli ad Auschwitz, in Primo Levi testimone e scrittore di
storia, a cura di P. Momigliano Levi, R. Gorris, Firenze, Giuntina, 1999,
pp. 149-232, basato su L. Picciotto Fargion, Il libro della memoria. Gli
ebrei deportati dall’Italia (1943-1945). Ricerca del Centro di Documen-
tazione Ebraica Contemporanea, Milano, Mursia, 1991² (da cui cito, ri-
controllando sulle edizioni successive); la Transportliste originaria non è
conservata (ivi, pp. 46-47). Di Sonnino, cognome ebraico diffuso a Roma
ma anche a Livorno, Napoli ecc., tra i deportati ve ne sono molti, ma tra-
sportati con altri treni (ivi, pp. 554-560).
12
Vedi ivi, p. 396, e Tibaldi, Primo Levi e i suoi «compagni di viaggio»,
cit., p. 183.
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Tale documento fu consegnato da Levi, il 3 maggio 1971, al pubblico
ministero tedesco Dietrich Hölzner per l’istruttoria del processo contro
Friedrich Bosshammer, accusato della deportazione di 3500 ebrei italiani:
cfr. P. Levi, L. De Benedetti, Così fu Auschwitz: testimonianze 1945-1986,
a cura di F. Levi, D. Scarpa, Torino, Einaudi, 2015, pp. 139-143.
14
Picciotto, Il libro della memoria, cit., p. 396.
15
Cfr. Il sorpasso, regia di D. Risi, 1962, h.1.20.45-57; il proverbio suona
«L’amore per la donna è mobile come la luna, l’affetto per il fratello è
fermo come le stelle».
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Fig. 3 «Lista di 75 nomi che ho potuto ricostruire dopo il mio ritorno in Ita-
lia […], sui 95 o 96 uomini adatti al lavoro che entrarono con me nel campo di
Monowitz», compilata da Primo Levi, consegnata il 3 maggio 1971 al pubbli-
co ministero Dietrich Hölzner, per il processo contro Friedrich Bosshammer.
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La lista è compresa nella Relazione del dott. Primo Levi n. di matrico-
la 174 517 reduce da Monowitz-Buna, conservata presso l’Archivio delle
tradizioni e del costume ebraico «Benvenuto e Alessandro Terracini»
di Torino e riprodotta in Levi, De Benedetti, Così fu Auschwitz: testimo-
nianze 1945-1986, cit., pp. 31-35, e quindi in Album Primo Levi, a cura di
R. Mori, D. Scarpa, Torino, Einaudi, 2017, pp. 103-104.
17
Debbo la riproduzione e la disponibilità di questo testo alla cortesia di
Umberto Abenaim, che ne parla implicitamente nel suo libro Abenaim.
Una famiglia ebrea e le leggi razziali, Piacenza, Scritture, 20162, p. 71, ri-
preso anche in Album Primo Levi, cit., p. 104.
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Fig. 4 Relazione del dott. Primo Levi n. di matricola 174 517 reduce da
Monowitz-Buna, lista dattiloscritta stilata probabilmente a fine dicembre
1945, con trenta nominativi di detenuti costretti, nella notte tra il 17 e
il 18 gennaio 1945, alla ‘marcia della morte’ da Auschwitz, con al primo
posto «Abenaim toscano sapeva fare l’orologiaio».
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Di sostituzione della «verità dolorosa» con una «“verità” consolato-
ria» parla P. Levi, I sommersi e i salvati, Torino, Einaudi, 1986, quindi in
OC, II, pp. 1143-1276, a p. 1162-1163, in riferimento al caso di Alber-
to Dalla Volta, amico carissimo dell’autore a Monowitz, pure coinvolto
nella marcia della morte e incluso come Abenaim nella suddetta lista; i
membri superstiti della famiglia rimasero attaccati, nonostante la testi-
monianza di Levi stesso, all’idea che fosse sfuggito alle SS, si fosse salvato
con l’aiuto dei russi e stesse per ritornare. Il tema è stato trattato da Uri
Cohen, dell’Università di Tel Aviv, nella lectio magistralis False notizie
consolatorie. Primo Levi tra il mondo e il lager, tenutasi venerdì 20 set-
tembre 2019 nell’Aula Magna Storica della Sapienza (Università di Pisa),
in occasione della presentazione del volume San Rossore 1938. Contro gli
ebrei, a cura di M. Battini, G. Schwarz, Pisa, Pisa University Press, 2019.
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21
Abenaim, Abenaim, Una famiglia ebrea e le leggi razziali, cit., pp. 29-37.
22
Ivi, p. 37.
23
Ivi, p. 44.
24
Ivi, pp. 55-58.
25
Cfr. C. Forti, Il caso Pardo Roques. Un eccidio del 1944 tra memoria e
oblio, Torino, Einaudi, 1998, pp. 119, 133n, 241-242 n., con rinvio ad
Archivio della Comunità Ebraica di Pisa, filza La Comunità di Pisa sotto
il fascismo, corrispondenza tra Clara Ventura e il colonnello M.A. Vitale,
aprile 1948 e 11 gennaio 1950.
26
Abenaim, Abenaim, Una famiglia ebrea e le leggi razziali, cit., pp. 58-61.
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http://siusa.archivi.beniculturali.it/inventari-pdf/pie-vda/ComTorino.
pdf, pp. 110-115, Ospizio israelitico ora Casa di riposo (1935-1977), in
particolare nn. 521, 554 Corrispondenza (1943-1971). Vedi inoltre ad
indicem http://www.archivioterracini.it/archivio/sgprod.php?subj=p.
29
Vedi la scheda 1938/2018. A 80 anni dalle leggi razziali, nel sito http://www.
museotorino.it e Torino 1938-1945: una guida per la memoria, Torino, Istitu-
to Piemontese per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea Giorgio
Agosti, 2003, p. 19, ovi si ricordano «gli ebrei dell’ospizio di piazza Santa Giu-
lia […] la Direttrice Lidia [Livia?] Passigli e il segretario Ettore Abenaim».
30
Per le vicende di questa coppia vedi E. Pacifici, «Non ti voltare». Au-
tobiografia di un ebreo, Firenze, Giuntina, 1993; cfr. inoltre Picciotto, Il
libro della memoria, cit., pp. 95, 458 e 819-820.
31
Debbo questa precisazione a una comunicazione di Umberto Abenaim.
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Fuori, dopo il canto tragico delle sirene, era il silenzio neutro del
cielo: scialbo e lontano, pieno di minaccia. Ma a un tratto si udì
un fracasso sopra le nostre teste, e vedemmo, in cima alle scale, di-
segnarsi il contorno nero e vasto di Rappoport con un secchio in
mano. Come ci scorse, «Italiani!» gridò, e lasciò rotolare il sec-
chio con grande strepito giù per gli scalini. […] Rappoport poteva
avere allora trentacinque anni. Polacco di origine, si era laureato
in medicina in Italia, e precisamente a Pisa: donde la sua simpatia
32
Ivi, pp. 44-45 e 94, e vedi Abenaim, Abenaim, Una famiglia ebrea e le
leggi razziali, cit., p. 71.
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per gli italiani, e la sua strana amicizia per Vidal, il piccolo pisano
[nell’ed. definitiva, OC, II, p. 242, «con Valerio, che a Pisa era
nato»]. […] Viveva in Lager come una tigre nella giungla: abbat-
tendo e taglieggiando i più deboli e girando alla larga dei più forti,
pronto a corrompere, a fare a pugni, a tirar cinghia, a mentire o
a sottomettersi, a seconda delle circostanze. Della sua vita libera
aveva conservato, oltre al vigore corporale, una robusta, gioiosa
volontà di godimento e di conoscenza: ed ecco, era questa la sua
chiave, questa la ragione per cui, pur sentendo in lui un nemico,
la sua vicinanza mi è sempre riuscita gradevole (pp. 1141-1142).
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La nota è conservata, col documento sopraindicato, in Archivio gene-
rale di Ateneo dell’Università di Pisa (d’ora in poi Aupi), anno 1938, po-
sizione 7, fascicolo Studenti ebrei di nazionalità straniera (già in Archivio
di Stato di Pisa, Upi, b. 83).
37
Aupi, Minuta della lettera del Rettore dell’Università di Pisa Giovanni
D’Achiardi al Ministero dell’Educazione Nazionale in data Pisa 19 feb-
braio 1938, riprodotta in Fuori da Scuola. 1938 - studenti e docenti ebrei
espulsi dalle aule pisane, cit., pp. 74-75.
38
Pelini, Pavan, La doppia epurazione, cit., p. 44.
39
P.M. Mancarella, Sentiamo il dovere senza averne il diritto, in San Rossore
1938. Contro gli ebrei, a cura di M. Battini, G. Schwarz, cit., pp. 29-35, a p. 30.
Il dato del 1937-38 costituisce comunque un forte incremento rispetto agli
anni accademici precedenti, nei quali si oscillava attorno alle 200 unità: cfr.
Annuario della R[egia] Università di Pisa per l’anno accademico 1938-1939,
Pisa, Lischi, 1939, p. 322, Tavola 2, secondo cui gli stranieri erano 176 nel
1933-34, 209 nel 1934-35, 176 nel 1935-36, 195 nel 1936-37, con un balzo
sino a 291 nel 1937-38. Vedi anche E. Signori, Una peregrinatio academica
in età contemporanea. Gli studenti ebrei stranieri nelle Università italiane tra le
due guerre, «Annali di storia delle Università italiane», 4, 2000, pp. 139-162,
e Ead., Contro gli studenti ebrei di Pisa. Un ostracismo in anticipo, in Vite so-
spese. 1938: Università ed ebrei a Pisa, a cura di M. Emdin, B. Henry, I. Pavan,
Pisa, Pisa University Press, 2019, pp. 87-103, specie pp. 92-97.
203
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Fig. 10 Minuta della lettera del rettore dell’Università di Pisa Giovanni
D’Achiardi al Ministero dell’Educazione Nazionale, datata Pisa 19 febbra-
io 1938 e relativa al numero degli studenti stranieri ebrei, indicato in 290.
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Cfr. Pelini, Pavan, La doppia epurazione, cit., p. 45.
41
Pelini, Pavan, La doppia epurazione, cit., pp. 45-46 e n. 13; Signori, Con-
tro gli studenti ebrei di Pisa, pp. 93, 96.
42
Aupi, fascicolo Studenti ebrei di nazionalità straniera, cit.; si tratta di 9
pagine dattiloscritte numerate a matita rossa: le prime otto contengono
l’Elenco A con 230 nominativi suddivisi per nazionalità, mentre la nona
presenta un Elenco B con altri 12 nominativi; in questi due elenchi gli
studenti polacchi assommano a 213.
43
Ivi; sulle varie redazioni di tale documentazione vedi Pelini, Pavan, La
doppia epurazione, cit., pp. 48-49.
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Fig. 11 Elenco degli studenti iscritti alla Facoltà di Medicina e Veterina-
ria con indicazione della provenienza geografica, 1938.
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Aupi, fasc. Studenti ebrei di nazionalità straniera, Studenti stranieri
iscritti nel 1937-38 presso la R. Università di Pisa, p. 8.
46
Aupi, fascicolo Studenti ebrei di nazionalità straniera, Elenco nominativi
degli stranieri laureati durante l’anno 1937-38; l’elenco, datato 27 dicembre
1938, risulta predisposto, come da lettera di accompagnamento del Retto-
re (figura 13a), «in relazione alle disposizioni impartite dall’on. Ministero
[sic] dell’Educazione Nazionale con sua circolare in data 2 aprile 1938».
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Fig. 13a Lettera del Rettore Giovanni D’Achiardi, datata 29 dicembre 1938, re-
lativa all’elenco degli studenti stranieri laureati a Pisa durante l’anno 1937-1938.
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Fig. 13b Elenco nominativi degli studenti stranieri laureati a Pisa duran-
te l’anno 1937-1938, datato 27 dicembre 1938.
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Beninteso tra le vittime della Shoah ve ne sono molte con tale o simile
nome e cognome, come mostra il Central Data Base dello Yad Vashem con
oltre venti indicazioni (ma più indicazioni possono riferirsi a uno stesso in-
dividuo), nessuna delle quali tuttavia pare ricollegabile a Pisa: vedi https://
yvng.yadvashem.org/index.html?language=en&s_lastName=Rappopor-
t&s_firstName=Leon&s_place=&s_dateOfBirth.
48
Sulla questione vedi in generale M. Barenghi, Perché crediamo a Primo
Levi?/ Why do we believe Primo Levi?, Torino, Einaudi, 2013 («Lezioni
Primo Levi», 4).
49
P. Levi, Preface, in Moments of Reprieve, New York, Summit Books, 1986,
pp. 9-11; si cita dall’originale in italiano, edito in OC, II, pp. 1654-1655.
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Cfr. OC, III, pp. 101 e 1101.
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51
K.-E. Gass, Pisaner Tagebuch. Aufzeichnungen, Briefe, Heidelberg,
Lambert Scheineder, 1961, trad. it. Diario Pisano 1937-1938, con Intro-
duzione di M. Marianelli, Pisa, Nistri Lischi, 1989.
52
Pelini, Pavan, La doppia epurazione, cit., p. 49.
53
Marianelli, Introduzione a Gass, Diario Pisano, cit., p. XI.
54
Ivi, p. 91.
55
Ivi, p. 77.
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56
Ivi, pp. 58-59.
57
Cfr. Marché, Levi, Se questo è un uomo, cit., OC, I, p. 1230.
58
R. Università di Pisa, Pisa, V. Lischi & Figli, s.d. [dopo il 29 ottobre
1939, data di insediamento del rettore Breccia che vi è citato], p. 62.
59
Cfr. F. Cimini, La «Trincea della miseria». L’Ente Comunale di Assi-
stenza di Pisa (1937-1978), tesi di laurea magistrale, rel. I. Pavan, correl.
V. Forino, Università di Pisa, aa. 2013-2014, pp. 64 e 109.
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Fig. 15 Via dei Mille numeri 5-7, palazzo dei Salesiani oltre la Chiesa di
Sant’Eufrasia, prima metà del Novecento (post 1912).
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ancora dei Salesiani (figura 15) oggi sede del Centro Interdi-
partimentale di Studi Ebraici e di altre strutture universitarie,
il pensionato e convitto maschile Don Bosco per studenti uni-
versitari, progettato nel 1919, attivo nel 1927 e rilanciato negli
anni Trenta60. I Salesiani, a costo di aspre polemiche con i be-
nefattori e altre autorità ecclesiastiche, miravano a potenziare
al massimo il convitto e pensionato, in modo da «accogliere
i tanti giovani che hanno bisogno di questo servizio», come
scrivevano già nel 1919, e non avevano pregiudizi né contro gli
ebrei né contro gli stranieri61. Nel 1937 infatti, sotto la guida
di don Giovanni Montaldo, ospitarono non solo «una tren-
tina di giovani per il convegno dei Fucini», cioè gli aderenti
alla Federazione Universitaria Cattolica Italiana, e «una quin-
dicina di giovani venuti a Pisa per sostenere esami presso la
Università», ma anche «una trentina di giovani inglesi» rac-
comandati da un ispettore salesiano62. Non è dunque escluso
che coi buoni uffici di un intermediario potesse accedervi an-
che qualche polacco, tanto più se con disponibilità finanziarie
come quelle di cui doveva disporre il leviano Rappoport grazie
alle sue molte abilità.
60
Vedi l’inserzione promozionale in «Bollettino Salesiano», LI, 10, ot-
tobre 1927, p. 320, e A. Miscio, Pisa e i Salesiani. Don Bosco – Toniolo
– Maffi, Pisa, Vigo Cursi, s.d. [Introduzione datata 8 maggio 1994], pp.
141-142, 207-210 e passim.
61
Per la citazione vedi ivi, p. 141. Carlo Abenaim ricordava spesso «gli
amichetti cattolici che giocavano con lui [nel 1918, e probabilmente poco
più tardi anche col fratello Ettore] a calcio nell’oratorio dei Salesiani»,
i quali «non furono mai antisemiti» e anzi ascoltavano con interesse le
spiegazioni del ragazzo ebreo circa il suo Bar Mitzvà (Abenaim, Abenaim,
Una famiglia ebrea e le leggi razziali, cit., p. 29).
62
Cfr. Miscio, Pisa e i Salesiani, cit., p. 204.
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5. La memoria letteraria
Le due figure centrali di Capaneo sono dunque, anche per esi-
genze di riservatezza, un impasto di elementi reali e fittizi, ar-
ricchito poi dalla memoria letteraria65.
A prescindere per ora dal riferimento dantesco eviden-
ziato dal titolo, la coppia formata, nel «budello sotterraneo»
ove si trova il narratore, da uno che «cadeva continuamente»
63
Cfr. L. Gremigni, Goliardia a Pisa. Breve storia dalle origini al 1960, in
G. Gianguidi, L. Gremigni, M. Salvestroni, Goliardia a Pisa, Pisa, GLD
Libri, 2007, pp. 33-105, a pp. 95-96; R. Castelli, Pisa, il romanzo della
città, La storia, i personaggi, gli aneddoti, le emozioni, Pisa, ETS, 20192, pp.
93-95, col tariffario del casino alla Colonna di via dell’Occhio, nel 1937.
64
Marché-Levi Se questo è un uomo, cit., OC, I, p. 1230.
65
Sul «rapporto tra storia e invenzione, […] e in ultima analisi […] tra
vero e falso» in questo e negli altri racconti di Lilít vedi A. Rondini, La
scrittura e la sfida. Una lettura di «Lilít» di Primo Levi, «Studi Novecen-
teschi», XXIX, 63-64, 2002, pp. 239-276, specie pp. 239-251.
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66
Nella versione teatrale di Se questo è un uomo si legge «Sonnino si butta
bocconi a terra» (OC, I, p. 1230).
67
Il confronto tra la scena di Farinata e Cavalcante e quella di Capaneo è sta-
to sviluppato dalla critica dantesca; vedi a es. D. Alighieri, Commedia, con il
commento di A.M. Chiavacci Leonardi, Bologna, Zanichelli, 2001, p. 252,
a Inf., XIV, 70. Alla coppia di Capaneo si sarebbe tentati di accostare anche
quella della Grande Guerra di Mario Monicelli, formata da Oreste Giacovazzi
(Alberto Sordi), che si crogiola nel fango della sua ruffianeria e viltà, e da Gio-
vanni Busacca (Vittorio Gassman), che con mossa paragonabile a quella finale
del Capaneo di Levi sfida l’ufficiale austriaco, a costo di subire la fucilazione,
con le parole «mi te disi proprio un bel nient, faccia de merda!». Ma qui si
tratta di parallelismo piuttosto che di derivazione, dato che il film, presentato
a Venezia il 5 settembre 1959, esce nelle sale, con una prima proprio al Cine-
ma Ambrosio di Torino, solo il 28 ottobre seguente, in coincidenza con l’usci-
ta di Capaneo nel «Ponte» del novembre 1959. Cfr. F. Franceschini, Moni-
celli e il genio delle lingue. Varietà dell’italiano, dialetti e invenzione linguistica,
Pisa, Felici, 2014, p. 61 e vedi ivi, p. 144, per la trascrizione delle battute finali
di Oreste e Giovanni dal parlato filmico e dalle precedenti sceneggiature.
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68
Cfr. C. Collodi, Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino, illu-
strata da E. Mazzanti, Firenze, Felice Paggi, 1883, p. 171 e passim, con le
illustrazioni a pp. 173 e 188 (figura 16 e cfr. figura 8).
69
In particolare la «gente» che sconta lo stesso peccato di Capaneo, ossia
i bestemmiatori, «supin giacea» (v. 22 e cfr. Inf., X, 72), cercando di ripa-
rarsi in vario modo come mostrano le illustrazioni antiche e moderne del
canto, mentre Capaneo sembra immune dalla pena inflittagli («la pioggia
non par che ’l marturi», v. 48).
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tutti «li altri [fabbri]» (vv. 52-60). Infine, al pari del Capaneo
di Dante, quello di Levi sarà lo stesso da vivo come da morto:
la sfida lanciata nell’inferno del Lager, da cui si sente immune
(«io sono tabù, sono invulnerabile: per guastare il mio bilan-
cio, ci vorrebbero molti anni ancora di Lager, o molti giorni di
tortura»: p. 1444), si proietta nell’Inferno oltremondano per
colpire il più alto ispiratore della barbarie e dello sterminio:
«Se all’altro mondo incontrerò Hitler, gli sputerò in faccia
con pieno diritto, perché non mi ha avuto» (pp. 1444-1445)70.
Le parole ma anche l’attitudine e i movimenti dei perso-
naggi rendono chiara la corrispondenza col canto XIV dell’In-
ferno. Eppure, forse temendo che non tutti i destinatari della
versione definitiva di Capaneo la cogliessero, Levi inserisce,
dopo la battuta rivolta dal narratore in prima persona a Rap-
poport «hai dei buoni nervi», una nota chiarificatrice: «dalla
memoria liceale mi affiorava, sbiadita come da una reincarna-
zione interiore, l’immagine spavalda di Capaneo, che dal fondo
dell’inferno sfida Giove e ne irride le folgori» (OC, II, p. 244).
Accanto al fondamentale riferimento a Dante, la pri-
ma redazione di Capaneo ne presenta esplicitamente altri due.
Il primo è a François Rabelais e al Gargantua & Pantagruel
(1532-1534), che Levi aveva letto attorno al 1940 «nell’edi-
zione paterna del “Génie de France»71 e che, secondo un ricor-
70
Per quanto detto non è sostenibile l’idea che il «nome illustre» di
Capaneo possa riferirsi al (o anche al) «malcapitato Valerio» in quan-
to «nome di amara ironia per quest’uomo che cade continuamente nel
fango» (mentre Capaneo si erge nel sabbione), come proposto nel pur
notevole lavoro di G. Baldissone, L’opera al carbonio. Il sistema dei nomi
nella scrittura di Primo Levi, Milano, Franco Angeli, 2016, pp. 159-160.
71
Cfr. I. Thomson, Primo Levi. A life, London, Hutchinson, 2002, trad.
it. Primo Levi. Una vita, Torino, UTET, 2017, p. 612. Il riferimento è a
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74
Cfr., per la data, Belpoliti, Note ai testi de La Tregua, OC, I, p. 1488, e
Id., Primo Levi di fronte e di profilo, cit., p. 325: «Capaneo […] la cui pri-
ma stesura è contemporanea a La Tregua».
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Cfr. Mengoni, Primo Levi. Autoritratti periodici, cit., p. 161.
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76
Cfr. C. Mussa Ivaldi, Incontro con Primo Levi (sul recentemente edito
Sistema periodico), trascrizione dattiloscritta del dibattito tenuto presso
l’Unione Culturale Torinese il 4 giugno 1975, ora in P. Levi, Conversa-
zioni, interviste, dichiarazioni, OC, III, pp. 59-63, a p. 60. Belpoliti, Note
ai testi del Sistema periodico, OC, I, p. 1518, cita l’ipotesi che Levi potesse
«averlo già scritto [Cerio] nel 1947»; il rapporto con la rielaborazione
del libro è comunque sicuro per il fatto, ivi ricordato, che «quando aveva
aggiornato per Einaudi il capitolo L’ultimo, aveva aggiunto la storia del
commercio di Alberto», tralasciando però «quella del cerio trafficato».
77
Belpoliti, Note ai testi, cit., OC, I, p. 1522; nel dattiloscritto del Sistema
periodico predisposto per l’editore «Cerio reca […] due date, 17 dicembre
1972 e 31 dicembre 1972».
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Fig. 18 Copertina di Primo Levi, Moments of Reprieve, New York, Summit
Books, 1986.
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Come si legge nel capitolo Le nostre notti (ed. 1958, quindi OC, I, p. 180), il
«miglior amico» di Primo «è entrato in Lager a testa alta, […] ha capito pri-
ma di tutti che questa vita è guerra […]. Lo sostengono intelligenza e istinto
[…]. “Sa” chi bisogna corrompere, chi bisogna evitare, chi si può impietosire,
a chi si deve resistere» e dunque «vive in Lager illeso», al pari di Rappoport,
«pronto a corrompere, a fare a pugni, a tirar cinghia, a mentire o a sotto-
mettersi, a seconda delle circostanze», p. 1442, e dunque «invulnerabile»,
p. 1444. Differentemente da lui, però, Alberto «vive in Lager illeso e incor-
rotto» (corsivo mio) ed è «amico di tutti», mentre nel laureato polacco,
che «abbatt[e] e taglieggi[a] i più deboli», Primo e presumibilmente gli altri
detenuti «sent[ono] un nemico», pur a suo modo «gradevole» (p. 1442).
79
Cfr. P. Levi, Un discepolo, in Secondo Rinascimento. Piemonte artistico e
culturale, Torino, s.n.t. («Edito in occasione della Mostra di Arti plastiche
e figurative dedicata alla Resistenza nell’anno centenario dell’Unità d’Ita-
lia»), 1961, pp. 123-128, quindi in «La Stampa», I giugno 1975, p. 3, e
infine in Lilít, cit., OC, II, pp. 255-258. Il personaggio che dice io insegna a
Bandi, ungherese di fede comunista che esegue i compiti assegnatigli dagli
oppressori con grande impegno e scrupolo, che «lavorare così era un inutile
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81
Ivi, p. 150 e vedi ora il quadro completo delle pubblicazioni leviane di
questi otto anni nella Bibliografia di Primo Levi, a cura di D. Scarpa, OC,
III, pp. 1192-1194.
82
Prefazione a Se questo è un uomo, OC, I, p. 5 (ed, 1947) e 137 (ed. 1958).
83
Mengoni, Primo Levi. Autoritratti periodici, cit., p. 151 (corsivo mio).
84
Nell’opera di Levi altri riferimenti a questa città si trovano solo, in rap-
porto con l’episodio dantesco di Ugolino, in Breve sogno che, con sim-
metria non saprei se solo casuale, chiude Lilít e altri racconti (OC, II, pp.
408-412, a pp. 410-411): vedi l’Indice dei luoghi, a cura di R. Mori, in OC,
III, p. 1320 s.v. Pisa (non conta il cenno a una riproduzione della torre di
Pisa nel Sistema periodico, Uranio, OC, I, p. 1004).
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Alla mensa di via dei Mille, per lire 6,50. E le bistecche, ps-
za-crew cholera: bistecche di borsa nera che coprivano il piatto
(p. 1442).
85
P. Levi, I sommersi e i salvati, Torino, Einaudi 1986, ora in OC, II, pp.
1206-1207.
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86
Ivi, pp. 1155-1163, che cito direttamente indicando nel testo la pagina.
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87
M. Belpoliti, Note ai testi di Lilít e altri racconti, in OC, II, p. 1792. Si
noti che nella coeva o di poco precedente prefazione a Moments of Re-
prieve il medesimo riferimento ai «sopravvissuti ad eventi traumatici» è
seguito da un’argomentazione differente (OC, II, p. 1655).
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