Esplora E-book
Categorie
Esplora Audiolibri
Categorie
Esplora Riviste
Categorie
Esplora Documenti
Categorie
Scuole Superiori Statali della Citt di Moncalieri Istituto di Istruzione Superiore Statale Majorana Istituto Tecnico Industriale Statale Pininfarina
II
Citt di Moncalieri Assessorato alla Cultura Testimoni luoghi memorie. Viaggi di studio nei Lager nazisti 1998 - 2006 Il Progetto Memoria, il presente volume e le iniziative collegate alla ricorrenza del Giorno della Memoria, 27 gennaio 2007, sono posti sotto lAlto Patronato del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano Il volume pubblicato con il patrocinio e il contributo della Regione Piemonte e della Provincia di Torino
Comitato Promotore Lorenzo Bonardi - Sindaco di Moncalieri Mariagiuseppina Puglisi - Assessore alla Cultura Coordinamento generale e curatela del volume Lucio Monaco, Marcella Pepe, Gabriella Pernechele Produzione audiovisiva Laboratorio Multimediale dellITIS Pininfarina Francesco Martino, Carla Piana Fotografie Studenti e docenti del Progetto Memoria e Mario Pettinati Segreteria organizzativa Elena Ughetto - Dirigente Settore Cultura e Istruzione Bruna Bonaldo - Direttore Ufficio Cultura Alba Ginestrella - Ufficio Cultura Grafica e stampa Comunecazione, Bra (CN) - Gennaio 2007 Si ringraziano Giuliana Tedeschi, Eleonora Vincenti, Massimo Lajolo, Paolo Valentino
La Citt di Moncalieri si rende disponibile a regolare eventuali diritti sulle immagini riprodotte nel volume per le quali non sia stato possibile identificare la provenienza. Per i casi in cui non stato possibile ottenere il permesso di riproduzione, a causa della difficolt di rintracciare chi potesse darlo, si notificato allUfficio della propriet letteraria, artistica e scientifica che limporto del compenso a disposizione degli aventi diritto.
III
IV
Indice
PRESENTAZIONE (Mariagiuseppina Puglisi, Lorenzo Bonardi, Gianni Oliva, Umberto DOttavio, Ferruccio Maruffi) INTRODUZIONE Incontrare i luoghi (Lucio Monaco) I. II. I VIAGGI DEL PROGETTO LE GUIDE DELLA MEMORIA 1. Il contesto storico (Marcella Pepe) Il sistema concentrazionario nazista Lo sfruttamento economico dei prigionieri Cronologia della Shoah (Adriana Mogna) La Conferenza di Wannsee I campi fascisti Le leggi razziali 2. I luoghi della deportazione (Lucio Monaco) Cenni sulla storia del Lager di Auschwitz Le deportazioni dallItalia ad Auschwitz Bolzano: il Durchgangslager di Gries Il KL Buchenwald (Lucio Monaco, Marcella Pepe) Il campo di concentramento di Dachau Ebensee, Kommando di Mauthausen (Italo Tibaldi) Il Durchgangslager di Fossoli di Carpi. Cronologia Gusen I, Gusen II, Gusen III: sottocampi di Mauthausen Hartheim e il Programma di Eutanasia Linz I, II, III: sottocampi di Mauthausen Le marce della morte Il Lager di Mauthausen e lo sterminio mediante il lavoro Melk: il sottocampo di Mauthausen e il lavoro in galleria Il KZ di Mittelbau-Dora fra produzione missilistica e sterminio Il KL di Ravensbrck Il KZ di Sachsenhausen e la sua storia PERCORSI DI MEMORIA Scienza, razza, biologia: un percorso possibile (Rosella Cocciolo) Memoria ufficiale, memorie vive. Usi della monumentalit (Alessandra Matta) Il Lager come museo (Piero Cresto-Dina)
3 11
III.
IV.
TESTIMONI E MEMORIE Immagini e parole di Anna Cherchi Il racconto di Natalia Tedeschi (Studentesse dellITCS Marro) Un viaggio (Maria Clara Avalle) Pio Bigo, Memorie e testimonianze di una vita da schiavo Intervista a Giorgio Ferrero (Marcella Pepe) Marcello Martini, Fossoli 13-21 giugno 1944 Frammenti di riflessione da un viaggio a Fossoli (Studenti dellI.I.S. Majorana) Albino Moret, Dalla cattura alla liberazione Il racconto di Natalino Pia (Studentesse dellITCS Marro) Primarosa Pia, Viaggio della memoria Benito Puiatti, Ricordi di Dachau Sono stato prigioniero e bon. Ricordo di Antonio Temporini (Luisa Bonelli) Da Moncalieri ai Lager nazisti: i deportati moncalieresi (Lucio Monaco) Un ragazzo di Borgo San Pietro (Elisa Armentaro, Alessandra Gardino) I GIORNI DELLA MEMORIA. LA COMMEMORAZIONE DEL 27 GENNAIO NELLA CITT DI MONCALIERI (Mariagiuseppina Puglisi) INTITOLAZIONE DELLA SALA DEI CENTO A PRIMO LEVI (Moncalieri, 28 maggio 1999) Primo Levi tra memoria e profezia (Carlo Ossola) Primo Levi testimone del nostro tempo (Alberto Cavaglion)
165 166 168 172 174 178 184 191 195 205 208 209 217 218 221 225
V.
VI.
231 231 235 239 239 241 248 251 251 255 256 258 259 260 260 262 262 263 266 266 268 269 270
VII. APPENDICI A. ARCHIVI DELLA MEMORIA Guida allArchivio Multimediale (Pier Luigi Cavanna, Marcella Pepe) Indici Filmografia testimoni (Pier Luigi Cavanna) B. IMMAGINI DELLA MEMORIA Lavorare sulle testimonianze con le immagini e linformatica Esperienze di un Laboratorio Multimediale (Carla Piana) Compagni di un viaggio (Emanuele Cassaro e Matteo Gai) Compagni di un viaggio: fra emozioni, conoscenza e ragione (Lucio Monaco) Frammenti di memorie (Emanuele Cassaro) Le forme della memoria (Carla Piana) 44145 Anna (Michela Cane) Anna e Natalia a Ravensbrck (Carla Piana) La necessit di sopravvivere (Carla Piana) Leco della memoria. Un testimone fra i giovani (Carla Piana) Parole e Segni oltre il Tempo. Mauthausen e Gusen (Carla Piana) Ricordo di Albino Moret (Carla Piana) Matricola 0155. Un deportato inesistente (Michela Cane) Memorie di pietra (Paolo Bommino) Tracce. Unesperienza didattica di uso del Kalendarium di Danuta Czech (Lucio Monaco) Tracce (Lorenzo Anania e Mario Mancuso)
Presentazione
Il 27 gennaio 2002, nella Sala Conferenze del Real Collegio Carlo Alberto di Moncalieri, fu presentato il volume Percorsi di memoria. Viaggi di studio nei Lager nazisti 19982001, nel corso di una cerimonia ancora vivo il ricordo in cui al rilevante significato implicito si univano la valenza emotiva e una intensa commozione: quel giorno fu conferita la cittadinanza onoraria a Pio Bigo, Anna Cherchi, Albino Moret, Natalino Pia, Benito Puiatti e Natalia Tedeschi, i testimoni che avevano accompagnato il Progetto Memoria nei suoi primi quattro anni di svolgimento, di cui il libro era il racconto. Va a queste sei persone Albino, Anna e Natalia sono poi mancati il nostro pensiero e il ringraziamento pi sentito. Pur con storie personali diverse, hanno vissuto la comune orrenda esperienza della deportazione e avvertito lurgenza e la responsabilit di testimoniare e di accompagnare gli studenti nei Lager, tornando con enorme dolore e con grande determinazione nei luoghi delloffesa. Conferendo loro la cittadinanza onoraria, la Citt ha voluto segnalare fortemente non solo la profonda riconoscenza e il grande affetto nei loro confronti, ma anche ladesione convinta ai valori della libert, della democrazia, dei diritti delluomo. La continuit amministrativa e la coerenza programmatica sono stati elementi importanti per lo sviluppo successivo del Progetto Memoria che, per i contenuti, le finalit e i risultati raggiunti, devessere a buon diritto considerato uno dei punti pi importanti del nostro programma politico-amministrativo. La presentazione di quel volume, scritta nel 2001 da Carlo Novarino, allora Sindaco di Moncalieri e da Mariagiuseppina Puglisi, Assessore alla Cultura, contiene considerazioni che vogliamo anche oggi ribadire e per questo, in parte, ripubblichiamo. Il Progetto Memoria che ha interessato le Scuole Superiori di Moncalieri stato voluto e costruito per mantenere vivo il ricordo e per avere memoria del pi tragico evento che ha sconvolto il secolo trascorso, un male assoluto che ha attraversato lEuropa distruggendo ogni barriera di civile convivenza. Un male che ha prodotto abissi di dolore e devastato la dignit di tante popolazioni: la discriminazione, la persecuzione, la deportazione, la spoliazione, la sofferenza, la distruzione dei cittadini ebrei di ogni Paese dominato dal nazismo e da governi di ispirazione razzista e fascista. Un male che ha anche difficolt a trovare una voce che lo possa definire: la Shoah, lOlocausto, il genocidio, la soluzione finale. necessario riflettere su un evento di tale delittuosa portata e sulla sua inconcepibile e assurda ferocia, un evento che cresciuto e si radicato allinterno di Paesi civili, evoluti, sviluppati. Le radici di questa tragedia si trovano non solo nel disegno criminoso di alcune oligarchie, ma investono strati ampi e diffusi di societ, in un ambiente culturale conformista che per tanti motivi, anche banali e piccoli, ha reso possibile prima, tollerato poi e infine accettato lorganizzazione meticolosa e scientifica della Shoah. Pensiamo alle leggi razziali, allantisemitismo sempre pi diffuso e progressivo, con le
sue fonti anche colte e religiose. un viaggio nel cuore della cultura di una societ i cui rapporti sociali hanno permesso, se non addirittura favorito, tale delitto: un viaggio che ha solo due mete. Una la dimenticanza, bench questa possa non essere meramente il frutto di un colpevole intento di negare o di cancellare. La dimenticanza e loblio servono a stendere un velo grigio che consente di allontanare, di assolvere senza giudicare, di archiviare senza capire. una scelta riprovevole che non vogliamo percorrere perch si accantona in tal modo un male assoluto senza averne prodotto gli anticorpi, cosicch il male pu riprodursi. Laltra meta, lunica moralmente accettabile, ricordare, mantenere viva la memoria per quanto sia dolorosa, per quanto sia atroce. Questo ci che abbiamo cercato di fare con il Progetto Memoria. Mantenere la memoria di una tragedia assoluta, consci che questa non stata il frutto di un gruppo di criminali di guerra, di fanatici nazisti di un solo Paese, di un particolare e irripetibile momento. una tragedia che ha coinvolto limpegno di un grande numero di donne e di uomini con gradi e livelli diversi di consapevolezza. Si stima che oltre un milione di persone abbia dedicato alla sua attuazione la propria attivit consapevole: fra queste cera anche molta gente comune. Il piano di sterminio di un popolo a cui tanti hanno prestato la propria opera o dato il proprio consenso aveva la sua base nelle aberranti teorie razzistiche che miravano a uno Stato nuovo fondato sulla omogeneit appunto razziale: era un obiettivo rassicurante per tanti nei confronti del nuovo, del diverso, nei confronti delle insicurezze che levoluzione della modernit si portava dietro, allora come ora. Un nuovo Stato forte, autoritario, omogeneo, razzialmente capace di rassicurare gli individui fragili, intimoriti dalle forme della competizione sociale ed economica e pervasi dal timore di perdere privilegi anche piccoli, anche marginali. Quanto di questo superato e quanto invece ancora vivo e attuale? Se ci guardiamo attorno vediamo che lEuropa ancora interessata da forti inquietudini e da forme di xenofobia che serpeggiano, da manifestazioni di intolleranza religiosa: progetti politici esecrabili, tuttavia prosperi e reali. Noi sappiamo che questi progetti continueranno a sollecitare le fantasie dei pi deboli: sono risposte semplici e semplificate alle paure quotidiane di ciascuno di noi; un capro espiatorio (il diverso, lestraneo) la proposta pi facile per esorcizzare i problemi. La violenza non viene cancellata dal progresso e dalle modernizzazioni, e neppure appartiene a un passato irripetibile allontanato una volta per tutte. La violenza sempre presente nei recessi dei nostri comportamenti: una via di fuga da cui ci separano soltanto la nostra responsabilit, la nostra maturit civile e la capacit di opporci. Dobbiamo quindi conservare la memoria per imprimere nella coscienza collettiva il senso della responsabilit come valore civico e la consapevolezza della tragedia che si ripropone ove vincano complicit, silenzio, indifferenza. Dobbiamo conservare la memoria per radicare la consapevolezza del nostro passato nelle atrocit e nel qualunquismo indifferente che ha segnato la nostra storia con le leggi razziali, con i propositi collaborativi di una parte del nostro Paese, con un pesante contributo politico, istituzionale e morale allo sterminio. Non c un male assoluto che pu essere isolato una volta per sempre: c un male profondo che pu essere molto diffuso; dunque dobbiamo conservare la memoria per riaffermare il valore fondante e fondamentale dei rapporti sociali costituito dalla democrazia come sistema che si regge sul pluralismo e sul confronto fra le differenze. Alcuni anni sono trascorsi dalla scrittura di quella presentazione: ora entriamo nel decimo del Progetto Memoria, che si nel tempo consolidato ed evoluto mantenendo tuttavia ben saldo il suo impianto originario di progetto territoriale in cui istituzioni, scuole, testimoni hanno realizzato una rete virtuosa che grazie ai viaggi, ai luoghi e allo studio ha consentito ai giovani unesperienza altamente formativa e agli adulti unopportunit fondamentale nellelaborazione di una coscienza civile matura e consapevole.
Presentazione
Un programma politico che voglia includere contenuti e alti obiettivi di crescita per i singoli e per la collettivit deve sostenere progetti di studio e di laboratorio che rinforzino i giovani, ne nutrano la mente, ne arricchiscano la personalit e ne consolidino la coscienza. Questo stato il significato del Progetto Memoria, ed emblematico suggellarlo con la pubblicazione del secondo libro, cui affidiamo la documentazione di quanto stato fatto nella consapevolezza che i testi possono conservare la memoria e che la memoria il filo che deve legare le generazioni tracciando un percorso nella coscienza collettiva, perch ognuno impari a combattere lindifferenza e a ripudiare ogni forma di estremismo. Le Scuole Superiori di Moncalieri hanno in questo periodo effettuato un percorso pluriennale di studio e di analisi di testi producendo documentazione cartacea, artistica e multimediale sullesperienza vissuta a scuola e nei viaggi. Abbiamo visto centinaia di giovani lavorare con seriet e impegno sotto la guida dei loro insegnanti; lincontro con i testimoni nei luoghi della memoria stato un elemento formativo essenziale, a maggior ragione in quanto il viaggio non mai stato momento conclusivo ma passaggio intermedio per i gradi successivi della loro riflessione. I materiali di studio e le ricerche dellI.I.S. Majorana e lArchivio Multimediale dellITIS Pininfarina costituiscono un patrimonio documentale che potrebbe diventare centro di documentazione disponibile alla consultazione. Per questo esprimiamo il nostro ringraziamento pi sentito a quanti si sono impegnati in un complesso lavoro pluriennale: le istituzioni, i docenti, i testimoni, gli studenti hanno contribuito a delineare un itinerario di studio in cui lezioni, testimonianze, viaggi, documentazione sono mescolati insieme in un unico percorso della memoria che insieme storia e formazione civile. In tale contesto, le istituzioni devono sempre essere presenti a rafforzare il senso morale e civico dei giovani che devono sentire una certezza, quella di non essere soli, e devono coltivare una speranza, quella di una societ fondata sul rispetto della dignit di ogni essere umano, una societ di donne e di uomini liberi votati alla costruzione di un mondo di fratellanza tra i popoli, nel rispetto delle culture diverse e attraverso il riconoscimento della propria identit. La nostra Citt orgogliosa di avere partecipato al Progetto Memoria.
avvenuto, quindi pu accadere di nuovo: cos scriveva Primo Levi ne I sommersi e i salvati, il suo ultimo lavoro pubblicato poco prima della tragica morte. E in quella frase egli condensava il senso di una vita trascorsa nella testimonianza di ci che era avvenuto dietro i fili spinati di Auschwitz, di Dachau, di Mauthausen e degli altri luoghi di deportazione. Ci che oggi appare come unaberrazione vergognosa realmente accaduto; accaduto nella civile Europa del XX secolo; accaduto in una nazione, la Germania, che era allavanguardia scientifica e culturale del continente; accaduto che un intero popolo di decine di milioni di abitanti credesse nella superiorit della propria razza, riempisse di sangue lEuropa intera, seguisse nel suo delirio un personaggio come il caporale Adolf Hitler, che a distanza di pi di mezzo secolo a noi sembra tragicamente ridicolo. In quelle stesse pagine de I sommersi e i salvati Primo Levi aggiungeva una considerazione inquietante: i nazisti egli scriveva non erano dei mostri, non erano uomini geneticamente tarati. Erano uomini come noi, ma erano stati educati male. E una cattiva educazione di Stato, che aveva monopolizzato ogni strumento di comunicazione e di formazione, aveva insegnato a milioni di tedeschi che fosse giusto sterminare gli ebrei, i diversi, gli oppositori politici; che fossero leciti i Lager, le camere a gas, i forni crematori; che le coscienze dovessero tacere di fronte alla missione di dominio della razza ariana. Milioni di tedeschi avevano creduto a quel messaggio; oppure avevano taciuto per vilt, per interesse, per complicit; oppure ancora, non si erano opposti per debolezza. In ogni modo, essi avevano seguto sino in fondo Hitler nellavventura della guerra e nella vergogna dei Lager. In tale premessa si trova anche il senso dei percorsi didattici e dei viaggi della memoria organizzati dalla Citt e dalle Scuole di Moncalieri. Prima insegnare ai pi giovani che cosa accaduto, come accaduto, perch accaduto; poi far conoscere loro i luoghi, accompagnati dalle testimonianze dei pochi sopravvissuti; poi ancora riprendere il discorso didattico in classe. Lezioni, testimonianze, viaggi di studio mescolati insieme in un unico percorso della memoria, che insieme storia e formazione civile. Presentando il volume, che raccoglie le esperienze maturate in questi anni, non si pu non esprimere stima e riconoscenza a chi (amministratori, docenti, studenti) ha saputo sostenere uno sforzo cos qualificato e intenso. Mai pi si legge in una grande lapide di granito posta allingresso del Lager di Dachau: perch sia davvero mai pi occorre che le nuove generazioni sappiano e non dimentichino. Grazie dunque alla Comunit di Moncalieri per aver saputo lavorare in tale direzione con tanto impegno. LAssessore alla Cultura della Regione Piemonte Gianni Oliva
Presentazione
Non si scriver n si parler mai abbastanza della Shoah. In tal senso lapprezzamento per questa pubblicazione non pu che essere massimo, perch, pi del revisionismo o, peggio, del negazionismo, la riduzione della memoria, la sua perdita, a rappresentare il pi grave pericolo rispetto al periodo storico che ha visto il determinarsi di quelloscuramento umano noto come nazifascismo e che invece necessita di costante attualizzazione. Non solo per un fatto fine a se stesso, un ricordo, che gi di per s sarebbe sufficiente e necessario, ma ci che pi ci pare importante sottolineare per i valori e i riferimenti che ne derivano, linsegnamento che ne scaturisce in fatto di civilt, di valorizzazione dellintegrazione delle diverse culture, di apertura agli altri, di rispettiva contaminazione e accettazione senza cui si corre il rischio di imboccare strade che, partendo dallindividualismo e dallautoreferenzialit mali sempre pi evidenti della nostra societ contemporanea , possono portare, con il contributo di fattori sociali, politici e culturali sfavorevoli, a paurosi ritorni a tempi bui gi vissuti. Il libro Testimoni luoghi memorie, segno di un impegno che dura dal 1998, con il suo articolarsi fra ricostruzioni storiche e percorsi di viaggi, testimonianze, archivi e immagini, ci aiuta a ricordare ci che scritto in quelle tragiche pagine della Storia e ci incoraggia nel continuare a operare affinch nessuno sforzo sia risparmiato e gli orrori di cui lumanit si resa colpevole non abbiano a ripetersi. LAssessore alla Formazione professionale e allIstruzione della Provincia di Torino Umberto DOttavio
Esce a cura dellAssessorato alla Cultura della Citt di Moncalieri questa importante opera sulla memoria dei campi di sterminio nazisti. Un percorso dettagliato che si avvale di testimonianze significative. E dire che il dopo Lager era stato abbastanza mortificante allinizio. Invece con il trascorrere di questi sessantanni per il consapevole impegno delle istituzioni, specialmente in Piemonte, dove Regione, Province e Comuni si sono attivati (e fra questi proprio la Citt di Moncalieri) molto si fatto affinch dimenticanza non fosse. Quella che segue un po la storia del dopo Lager. A suo tempo avevamo testimoniato e scritto che i Lager di sterminio nazisti furono luoghi terrificanti, resi ancora pi cupi e sinistri dal fumo nero che fuoriusciva ininterrottamente dai forni crematori. I reticolati di fili spinati percorsi dallalta tensione che li circondavano erano diventati, con il trascorrere del tempo, una sorta di attrazione fatale e un ossessionante invito a farla finita. I deportati tuttavia si erano guardati bene dal toccarli, quei fili, perch il meccanismo perfetto della soppressione, invece di spegnerlo, aveva impresso a ciascuno di loro il desiderio di vivere il pi a lungo possibile. Cosicch ucciderli, e tanti ne erano stati uccisi, era servito soltanto a testimoniare lefferatezza di quel sistema e a suggellare la sua inevitabile sconfitta morale. Negli anni che seguirono superstiti e famigliari tornarono spesso a visitare i campi. I primi, per ricercare se stessi, quello che erano stati capaci di essere, per risentire quella stupefacente voglia di vivere che li aveva animati, che aveva accompagnato gli ultimi istanti dei loro compagni morti. I famigliari, per vedere i luoghi dove il loro caro era scomparso, camminare adagio sulla terra che lui, sospinto e vilipeso, aveva calpestato, sperando che nellazzurro del cielo, sul verde dei prati, sulle pareti delle baracche fosse rimasta miracolosamente impressa limmagine di un sorriso, il cenno di un possibile arrivederci. Tuttavia gli uni e gli altri non si voltarono soltanto indietro, ma restando uniti nella loro Associazione parteciparono alla vita politica, sociale e culturale del Paese. Piero Caleffi, che aveva scritto come si facesse presto a dire fame, e Francesco Albertini da Verbania si resero promotori in Parlamento della legge contro il genocidio. E lo stesso Albertini, vincendo la causa con il Governo federale tedesco per il simbolico indennizzo a favore dei reclusi nei Lager di sterminio, ottenne il riconoscimento della figura giuridica dei deportati italiani politici e antifascisti ovviando a quella dimenticanza. Italo Tibaldi si batt da par suo affinch lAssociazione Nazionale Ex Deportati fosse eretta a Ente morale. E fu eretta. Poi simpegn a ricostruire la cronologia dei trasporti, evidenziando cifre alla mano uno degli aspetti pi diabolici del sistema nazista: quello di mandare a morire uomini, donne e bambini a migliaia di chilometri di distanza dalla loro patria. Giovanni Melodia e Giorgina Bellak fin dal 60 parlarono delle donne e dei bambini nei Lager, e ancora tante volte dopo ne parl Giovanni.
Presentazione
Perch uomini, donne e bambini deportati nei Lager diventassero memoria perenne Gemma e Giacinto Guareschi, genitori di Marco, morto a Mauthausen, promossero il Monumento ai caduti italiani. Albe Steiner e Barbiano di Belgiojoso progettarono un Museo della Deportazione a Carpi e lANED allest i Memoriali ad Auschwitz e Ravensbrck. Bepi Calore, medico e partigiano Marangoni , colse un premio importante che accomunava professionalit, abnegazione e coraggio di deportato. Vincenzo Pappalettera fece uscire dal camino le memorie e le nozioni del sacrificio. Lidia Beccaria Rolfi, una donna partigiana in Mondov, fece uscire quelle delle donne di Ravensbrck, e Giuliana Tedeschi, una donna ebrea, quelle di AuschwitzBirkenau. Gino Valenzano, che aveva gi descritto linferno, raccont delluomo in quel fuoco. Quinto Osano pens ai morti e ai vivi, ai morti soprattutto, affinch emozioni e lacrime, fumo e aria restassero tracce indelebili di partecipazione e gratitudine. Teo Ducci progett e present mostre dappertutto, coniugando da par suo arte e dolore, e Primo Levi per tutta la vita fu e, anche adesso che non c pi, continua a esserlo, il Testimone Principe. Alberto Todros chi se non un architetto che era stato prigioniero a Mauthausen? diede alla Sezione Piemontese dellANED solide basi e robusti architravi di programmi e iniziative testimoniali. Molti ex riempirono pagine di storia sui campi. Bruno Vasari, che aveva preso carta e penna fin da subito, invent convegni internazionali e diede impulso alla pubblicazione del libro fondamentale curato da Anna Bravo e Daniele Jalla, La vita offesa, raccolta di testi dincontestabile valore-verit. Ci fu il processo sui crimini compiuti alla Risiera di San Sabba affinch la giustizia anzich dimentica fosse giusta, e la citt di Prato si gemell per iniziativa degli ex con la citt di Ebensee affinch la pace anzich transitoria fosse imperitura. E la Citt di Moncalieri? In questi ultimi anni, collegandosi a gruppi via via pi numerosi di insegnanti, si impegnata tantissimo nelle scuole e ha organizzato viaggi di studio nei Lager nazifascisti. Importanti restano le cittadinanze onorarie date ad alcuni sopravvissuti. Fra costoro Anna Cherchi, Natalia Tedeschi, Albino Moret non ci sono pi, ma rester il ricordo prezioso della loro presenza nelle scuole della citt. In fondo, a pensarci bene, la prima delle date storiche che hanno contrassegnato il dopo Lager fu il 9 giugno del 45 quando, appena scesi dal treno, allingresso di un bar di Via Sacchi a Torino, al nostro apparire la gente spar in fondo alla sala. Il 5 maggio di qualche anno dopo, anniversario della liberazione di Mauthausen, alcuni di noi in una sala da ballo di Corso Vittorio si chiamava Castellino ricordando quella data chiesero allorchestra di suonare Ci sposeremo a maggio con tante rose ... Prima che le danze cominciassero i ballerini si rivolsero al nostro gruppo, battendo tutti a lungo le mani. A fine ottobre del 48, al Cimitero generale, fu accolta ufficialmente la Salma del Deportato Ignoto. Per venire ai giorni nostri, quando le esequie di Natalia prima, di Albino poi e infine di Anna furono accompagnate dal Gonfalone della Citt di Moncalieri. Torino, 20 ottobre 2006 Il Presidente dellANED Regione Piemonte Ferruccio Maruffi
10
11
Introduzione
Incontrare i luoghi
Lucio Monaco Dieci anni dopo Nellarco di dieci anni 1 in Italia (ma non solo) i viaggi di studio nei Lager nazifascisti sono diventati unesperienza diffusa, caratterizzata da percorsi didattici di maggiore o minore complessit e ampiezza, non limitati allambito dellinsegnamento della storia e finalizzati alla formazione della coscienza civile. La situazione, rispetto al momento in cui abbiamo iniziato lesperienza moncalierese, quindi ben diversa: fare un bilancio significa anzitutto fare i conti con questo scarto, cos come con le trasformazioni che sono avvenute nei luoghi stessi della memoria. Non occorre per esempio riproporre linterrogativo sullutilit della educazione a partire dai luoghi2 come si proponeva, sia pure rapidamente, nel nostro volume del 2002.3 Una simile strategia conoscitiva oggi largamente consolidata, sia sul piano della riflessione teorica e metodologica sia su quello del terreno concreto e operativo: da parte di chi soggetto attivo del viaggio insomma chi lo progetta e lo organizza e da parte di chi tutela i luoghi stessi. Pu essere invece utile ribadire, in primo luogo, le caratteristiche che, attraverso inevitabili correzioni di rotta dovute al mutare dei tempi, il Progetto delle Scuole di Moncalieri possiede rispetto a iniziative apparentemente simili (e in qualche caso condotte effettivamente con gli stessi criteri); e in secondo luogo vedere come questi tratti specifici rispondono alle nuove condizioni dinsieme, che possiamo velocemente indicare nella popolarit raggiunta dallargomento con tutti i vantaggi di una conoscenza diffusa, ma anche con i problemi legati a un possibile eccesso di esposizione mediatica e nelle trasformazioni dei luoghi, spesso passati dalla forma abbandono4 a una configurazione completamente diversa, attraverso ricostruzioni o monumentalizzazioni. Il viaggio ai luoghi In prima istanza c lidea forte perch formulata sin dai primi anni, e poi sempre pi esplicitata che il viaggio non sia un momento conclusivo ma una delle tappe del processo di conoscenza, che non si esaurisce nella visita. Punto di arrivo dunque di
Consideriamo decennale la durata del Progetto, dato che il viaggio del 2007 gi stato messo in programma. N. Baiesi / G. D. Cova, Educa il luogo, in T. Matta (cur.), Un percorso della memoria. Guida ai luoghi della violenza nazista e fascista in Italia, Milano, Electa, 1996, pp. 140 sgg. 3 L. Monaco / G. Pernechele (curr.), Percorsi di memoria. Viaggi di studio nei Lager nazisti 1998-2001, Citt di Moncalieri, Assessorato alla Cultura, 2002. 4 Cfr. il saggio di N. Baiesi / G. D. Cova citato supra, nota 2.
1 2
12
unattivit di ricerca che anche progettuale, e punto di partenza per una verifica delle conoscenze acquisite e della realizzabilit del Progetto, nelle sue varie articolazioni possibili. Attraverso il viaggio, quindi, il percorso conoscitivo che proponiamo, incentrato sullideologia nazifascista e sulle sue conseguenze, si fa esperienza di laboratorio, che per cos dire precipita in realizzazioni comunicative dei tipi pi diversi: la scrittura (e questo stesso libro ne una prova, speriamo riuscita), il lavoro sulle immagini fisse disegni, fotografie, forme grafiche e in movimento (film documentari e di creazione, multimedialit), la partecipazione a mostre ed esposizioni in manifestazioni locali. Il riepilogo dei nove anni di viaggi e delle realizzazioni a essi collegate, offerto nella sezione successiva, mostra un quadro abbastanza significativo per quantit e qualit di realizzazioni: senza per dimenticare che stiamo parlando non di risultati definitivi e assoluti, ma sostanzialmente di simulazioni, valide soprattutto per il metodo impiegato che sia di ricerca storica o sociale, o di realizzazione tecnica o estetica, di valutazione delle forme di memoria piuttosto che per il prodotto in s. Conseguenza di tale impostazione che il percorso del viaggio, in genere non prefissato rigidamente ma discusso durante gli incontri di preparazione, legato allargomento specifico, quasi monografico, previsto per ogni anno scolastico: il tema centrale del lavoro di studio e approfondimento indicato in testa a ogni resoconto, nelle pagine che seguono. Fin dal primo anno sono state costruite delle guide al viaggio: queste, prima ancora che illustrare la storia specifica dei luoghi da visitare, intendono mettere i luoghi in relazione alle attivit svolte, ai progetti da realizzare, a un percorso possibile di conoscenza. Tutto questo non cos ovvio come potrebbe sembrare. In effetti, se osserviamo in quale contesto avvengano i numerosi viaggi organizzati da scuole e istituzioni (non solo intorno alla data fatidica del 27 gennaio), possiamo individuare tipologie diverse. Potremmo perfino operare una classificazione schematica muovendoci nella variet di proposte e realizzazioni attuate in luoghi e in tempi diversi, a partire allincirca dagli ultimi ventanni (e muovendo lo sguardo non soltanto alla realt italiana, ma anche a quella di molti altri Paesi europei, oltre naturalmente a Israele). C (ed una tipologia pi frequente di quanto non sembri) il viaggio premio, legato a un concorso, nazionale o locale; c il viaggio istituzionale, frutto di iniziative di singole amministrazioni ed enti territoriali, caratterizzato da momenti di maggiore ufficialit e cerimonialit; c il viaggio di istruzione (non sembri blasfemo il riferimento alla vecchia gita scolastica), momento di routine scolastica in cui la visita a un luogo di memoria tende a costituire una parentesi di riflessione (ci che non rende il viaggio meno significativo, ovviamente) in un contesto dinsieme pi vicino alle dinamiche turistiche. Crediamo che il tipo di viaggio cui si avvicinano le esperienze del Progetto Memoria moncalierese sia ancora qualcosaltro, definibile certamente come viaggio di studio, se non ci fosse un elemento in qualche modo eccedente, costituito dalla presenza in un contesto di progettualit quale quello indicato di figure-chiave della memoria, ossia i superstiti dei campi, che sempre in tutti questi anni hanno accompagnato insegnanti e studenti sui luoghi dello sterminio. peraltro vero che anche negli altri tipi di viaggio il testimone presente: ma nel caso del viaggio di studio, lo studio il rapporto con il passato e il recupero dei suoi significati si carica di una dimensione di autenticit che mobilita forze di natura emotiva (e questo un processo non privo di rischi, se lasciato senza controllo) e istanze etiche profonde, messe in gioco da eventi in cui sono coinvolti valori umani fondamentali. Anche lesperienza del
Introduzione
13
testimone e della testimonianza si collocher, come quella del contatto con i luoghi, in posizione intermedia allinterno di tutto il percorso conoscitivo proposto. Restando su un piano pi concreto, va sottolineato che questa strategia di viaggio di studio e testimonianza condivisa da numerose scuole, piemontesi e non, per iniziativa di singoli insegnanti che poi si coordinano in gruppi pi ampi, in genere con apporti interdisciplinari, di cui rimangono tracce significative in pubblicazioni, film, lavori multimediali e altro.5 Ci pare per che lesperienza di Moncalieri riesca a intrecciare il piano del viaggio di studio con quello del viaggio istituzionale perch si lega, come appare da queste pagine, al territorio tramite le attivit di laboratorio (ben visibile, questo aspetto, in alcuni viaggi, come quello esplicitamente dedicato alla deportazione dei moncalieresi del 2005, nel sesto decennale della Liberazione) e tramite un momento istituzionale di ufficialit sempre presente in ogni viaggio. Crediamo che una simile prospettiva aumenti, in qualche modo, la valenza educativa e formativa del Progetto stesso, in unottica contemporaneamente locale ed europea (e forse anche pi ampia, nelle intenzioni). Moncalieri ha avuto pochi deportati, come ricordiamo in altra parte del volume. Il coinvolgimento, negli ultimi anni, di alcuni loro famigliari, divenuti in qualche modo, nel corso dei viaggi, testimoni di secondo grado, ha fatto s che il viaggio ai luoghi abbia implicitamente ricuperato una terza tipologia di viaggio, che poi la pi antica: quella del viaggio di pellegrinaggio. Un pellegrinaggio laico, beninteso, che un ritorno dei superstiti e una ricerca, da parte dei famigliari degli scomparsi, di tracce e segni, nei luoghi, delle vite perdute. Questo tipo di viaggio, carico di memoria e di affetti quindi di emotivit , si originato nei primi anni del dopoguerra; riguarda in primo luogo i superstiti e i famigliari degli scomparsi, in genere riuniti nelle prime forme associative che solo pi avanti, negli anni 60, confluiranno in quella che oggi lANED. Si configurano in quel momento due livelli di testimonianza, che riemergeranno nelle esperienze pi vicine a noi: quella del testimone diretto, del superstite, e quella che chiameremo qui di secondo grado del famigliare. Bisogna del resto pensare che il primo pellegrinaggio probabilmente quello organizzato a Torino nellottobre 1948, che port ottanta persone a Mauthausen: Alcuni di loro, gli ex soprattutto, cominceranno a fare progetti, per far s che in futuro si moltiplichino iniziative come questa e che i campi vedano, quanto prima, crescere la presenza di uomini, di donne e di giovani, soprattutto.6 una storia ancora da scrivere, ma che ha impregnato la memoria familiare e riverbera tracce nelloggi. I viaggi scolastici ai Lager, dunque, costituiscono un dato recente ma che si riallaccia a esperienze lontane e dirette dei protagonisti stessi, vissute da loro dopo la Liberazione: anche in questo si costituisce con il passato un legame diretto e tenace.7
5 Non possibile farne un censimento completo. Segnaliamo soltanto due lavori recenti e significativi ai fini del nostro discorso: G. Restelli (cur.), Auschwitz. La barbarie civilizzata: il pi grande centro di sterminio che il mondo abbia visto, Milano, RaccoltoEdizioni, / IPSIA A. Bernocchi di Legnano, 2005; Idem, Viaggio in un mondo fuori dal mondo. Dachau. Ebensee. Hartheim. Gusen. Mauthausen, Milano, RaccoltoEdizioni / IPSIA A. Bernocchi di Legnano, 2006. 6 F. Maruffi, Laggi dove loffesa (rivisitando i luoghi della memoria), Cuneo, Ramolfo, 2001, pp. 8-9. 7 In questa chiave si possono leggere le considerazioni di Ferruccio Maruffi nella Presentazione del libro (cfr. supra, pp. 8-9).
14
Crediamo che di tutto ci si possa trovare traccia nel nostro libro quando lasciamo la parola agli studenti che riflettono sulla loro esperienza di incontri con i testimoni diretti e con i testimoni che abbiamo definito di secondo grado. I testimoni, la memoria, il territorio Altra esperienza ormai decisamente diffusa quella del rapporto con la testimonianza diretta dei superstiti tenuta sui luoghi; e del resto a questultimo decennio si addice senzaltro, a livello generale, la definizione di era del testimone. Allinizio del Progetto, i viaggi ci apparivano come resi necessari proprio dalla possibilit di visitare i luoghi, i Lager, insieme con i superstiti. Essi, oltre a rendere partecipi della loro vicenda individuale, sanno indirizzare lo sguardo verso prospettive specifiche quelle del deportato italiano, che ha una sua collocazione peculiare nelluniverso concentrazionario non sempre facili da cogliere alla luce delle spiegazioni fornite, sui luoghi, dalle guide o dai pannelli rivolti a un pubblico pi vasto. Oltre a ci, se la storia di questa attivit di testimonianza (oggi quasi scontata, ma non cos dieci o pi anni fa) una difficile storia, piena di ostacoli, reticenze e rifiuti, ed forse tutta da scrivere, la figura del testimone resta fondamentale per un incontro con quel mondo fuori dal mondo di cui Primo Levi ha tracciato una sintesi cos acuta nel suo ultimo libro, I sommersi e i salvati. Nei nostri percorsi di ricerca la testimonianza stata sempre esperita nelle due forme, quella della parola (scritta, registrata) del testimone, e quella della sua presenza fisica, in un primo tempo nelledificio scolastico, per gli incontri iniziali e la presa di contatto, poi nel viaggio e sui luoghi. E abbiamo gi sottolineato quanto sia profonda, coinvolgente e formativa (nel senso veramente pi ampio del termine) lesperienza di una visita a un Lager insieme a chi vi stato, ridotto a numero, a pezzo, e ne riemerso ne riemerge ogni volta per testimoniare con le parole, o soltanto coi silenzi, con lo sguardo, con la presenza.8 Tutto questo, per, non avvenuto, e non avviene, in modo automatico e scontato, come una certa tendenza semplificatrice sembra talvolta suggerire a livello di mass media. In realt il rapporto con il testimone bidirezionale dal testimone a chi lo ascolta, ma anche da chi ascolta al testimone e necessita di un approccio consapevole. Sulla testimonianza e sul testimone come fonte di conoscenza (e non solo storiografica), alcune cose sono cambiate negli ultimi dieci anni. Il rapporto fra storia e testimonianza, fra storia e memoria oggi affrontato in modo pi complesso, nella consapevolezza di dover superare lidea (diffusa, specie in ambito scolastico, tra gli studenti) che la seconda, pi viva, prevalga sulla prima (verso la quale spesso ripetuta laccusa di essere astratta e libresca). Nel corso dellesistenza del Progetto diventata sempre pi centrale listanza a conferire il giusto ruolo a ciascun elemento e a distinguere nella complessit delle situazioni: il testimone connota e arricchisce la conoscenza storica, se gi precedentemente la possediamo; oppure il punto di partenza per allargare la visuale fino alla conoscenza ricuperata anche da altri strumenti di lavoro (pi raramente, a tale livello, viene a costituire egli stesso lunica fonte su un determinato avvenimento, o aspetto, prima ignorato). Infine oggi il testimone consapevole del ruolo che riveste, e questo talvolta genera problemi di non facile solu8
Introduzione
15
zione. La testimonianza, anche nella situazione ideale e pi efficace che quella dellinterazione con il luogo, presuppone unallerta costante del senso critico, anzitutto ovviamente da parte del docente. Questi problemi si fanno pi acuti nella prospettiva, certo non lontana, dellutilizzazione della testimonianza viva effettuabile soltanto attraverso la sua registrazione.9 Nel nostro Progetto abbiamo seguto due strategie per fissare il rapporto con il testimone in modo da rendere pi praticabile la strada della riflessione e rielaborazione su un piano non solamente empatico o emotivo; o se si preferisce il superamento della dimensione di pura soggettivit a cui la testimonianza, da sola, rischia di rimanere confinata. La prima stata quella di fissare la testimonianza sul luogo attraverso la registrazione (cio la ripresa video) e i successivi interventi di montaggio (quindi di ri-costruzione della testimonianza) se lesperienza si calata nella successiva realizzazione di un film (si veda per questo aspetto lAppendice VII. B del libro). Certamente gli intenti in questo lavoro sono anzitutto didattici, e quindi non si pu pensare che tali materiali costituiscano dei veri e propri apporti specialistici o documentari. Tuttavia la costituzione dellArchivio Multimediale, illustrata pi avanti (nellAppendice VII. A), ha lambizione di proporre materiali utili non solo a documentare i dieci anni di attivit, ma anche le singole vicende dei testimoni che vi compaiono. La seconda si collocata sul versante della trasformazione della testimonianza in parola scritta. Si deve del resto pensare che scrivere, forse pi ancora che parlare, stato un impulso primario nei deportati sia durante la prigionia, sia allindomani della Liberazione.10 Ci piace pensare che il passaggio dalloralit alla scrittura stato, anche qui, bidirezionale: studenti che trascrivono i racconti dei testimoni, e testimoni che, forse anche dopo aver visto le proprie parole prendere forma, organizzano il loro racconto in libro.11 Le nuove scritture raccolte nel Capitolo IV del presente volume costituiscono, almeno ce lo auguriamo, un preludio a nuovi libri di memoria. Anche in questo modo, pensiamo, si pu evitare il rischio dellappiattimento, della sovrapposizione tra memoria e storia e si rinnova la possibilit di ricordare e comme9 Rinviamo alle pagine di Annette Wieviorka, Lera del testimone, trad. it. di F. Sossi, Milano, Cortina, 1999, in particolare pp. 109 sgg. 10 Laffermazione pu sembrare discutibile, ma suffragata da testimonianze capillarmente diffuse: per esempio, Orfeo Mazzoni (un deportato di Moncalieri), in unintervista del 1982 ricorda: Quando sono arrivato a casa da Mauthausen mi sono messo l e ho fatto un piccolo diario, ma il diario della, diciamo solo, della prigionia... Lho fatto perch ho fatto un diario, non un diario, ho tirato gi degli schizzi diciamo sarebbe, pi che tutto sarebbe che uno si ricorda di si ricorda dei numeri, diciamo (ADP). Pio Bigo, deportato a Mauthausen, Gusen, Linz, Auschwitz e Buchenwald, riusc a tenere un piccolo diario durante la sua permanenza a Linz, anche se poi dovette disfarsene (Il triangolo di Gliwice. Memoria di sette Lager, Alessandria, Edizioni dellOrso, 1998, p. 72). Il suo compagno di deportazione Sergio Lucco Castello stese una memoria allindomani stesso della Liberazione, allospedale di Linz. Attilio Armando, deportato a Flossenbrg, stende le sue memorie che riprender qualche anno dopo ampliandole al suo ritorno in Val di Susa (Dalla Val Sangone a Flossenbrg, Alessandria, Edizioni dellOrso, 2006). E fin qui abbiamo citato casi appartenenti alla categoria di coloro che non scrivono (cfr. P. Bigo, Il triangolo di Gliwice cit., p. 170); a maggior ragione laffermazione vale per nomi pi noti (Liana Millu, Giuliana Tedeschi, e ovviamente lo stesso Primo Levi). 11 Questo ci pare possa essere detto per Natalino Pia, che dopo la pubblicazione di un breve riassunto della sua vicenda di scampato alla ritirata di Russia e allo sterminio di Gusen (in Percorsi di memoria cit., pp. 73-74 e alle pp. 205-207 del presente volume) ha proposto il suo racconto per esteso nel volume La storia di Natale. Da soldato in Russia a prigioniero nel Lager, Novi Ligure, Joker, 2003, 20063).
16
morare affiancandosi alle forme istituzionali senza cadere in ritualizzazioni formali e in luoghi comuni mediatici. Nuove possibilit per la memoria diretta ci pare siano offerte dalla presenza dei testimoni di secondo grado di cui gi abbiamo detto. Probabilmente si tratta di un discorso ancora da affrontare e da pensare in termini teorici. La presenza, sempre discreta e mai sostitutiva, dei famigliari vogliamo qui ricordare Adriano Sattanino, i famigliari di Orfeo Mazzoni, di Pietro Paolo Bertoglio, di Antonio Temporini, la moglie e la figlia di Natale Pia (Margherita Benzi, mancata nel 2006, e Primarosa Pia) ha costituito in qualche modo un tramite empirico tra le nuove generazioni e la memoria vissuta del passato. Ma soltanto un inizio, che riteniamo debba essere ulteriormente esplorato confrontandolo anche con le esperienze legate ad altre situazioni e realt territoriali. Se poi limitiamo il discorso a Moncalieri, il legame stretto che il Progetto ha istituito con alcuni momenti celebrativi (anzitutto la ricorrenza del 27 gennaio, poi quella del 25 aprile) ed espositivi (mostre e rassegne) ha segnato in modo sempre pi marcato questi ultimi anni, come si pu notare dal riepilogo proposto pi avanti (Capitolo V) sui modi in cui le nostre esperienze si sono connesse al Giorno della Memoria. Un segno permanente quello lasciato dalle due lapidi, una posta nellatrio del Palazzo Comunale, laltra sulla scalinata di Via Monfalcone, che ricordano sia le vittime sia le attivit di memoria dei superstiti dei Lager. Un tema trasversale Il Progetto Memoria ha costituito, prima di tutto, unesperienza scolastica e didattica, e concluderemo con questi aspetti. Quando scegliemmo il termine percorsi per dare il titolo al libro che chiudeva lesperienza dei primi quattro anni era perch avevamo individuato nella storia dei Lager, della deportazione, della Shoah argomenti scomodi, inconciliati, eccedenti un nodo conoscitivo che comporta attenzione alle dimensioni letteraria, linguistica, sociologica, artistica anche per coniugare adeguatamente emozionalit e razionalit.12 Ci pare di aver proceduto con maggiore sicurezza su questo terreno, introducendo in modo pi deciso temi e metodi specifici di discipline diverse, individuate con precisione e cognizione di causa. Ci appare particolarmente evidente nellapporto (quasi unirruzione) delle nuove tecnologie digitali e multimediali e dei nuovi linguaggi. Le tecniche attuali di registrazione e manipolazione di immagini, suoni e parole permettono possibilit nuove di archiviazione e conservazione della memoria, ma anche di rielaborazione e di comunicazione delle esperienze e delle conoscenze. Nella consapevolezza che anche la multimedialit sia un modo (a sua volta trasversale e interdisciplinare, implicando diversi livelli di abilit e competenze) di trasmettere la memoria, e una modalit di comunicazione immediata ed efficace, si dato avvio a esperienze laboratoriali di questo tipo. Il coinvolgimento pi ampio si ovviamente avuto nella scuola tecnologica per definizione fra le tre, cio lITIS Pininfarina, con la partecipazione di insegnanti e specialisti informatici e unattenzione particolare alla sintassi dei linguaggi visivi e anche alla responsabilit che nasce dalle scelte formali decise nei momenti di rielaborazione dei materiali e dei
12
Introduzione
17
documenti.13 Il libro presenta quindi, oltre al suo aspetto consueto, cartaceo, costituito dalle parole stampate, alcuni saggi di tale attivit di memoria multimediale, raccolti in due DVD. Analogamente, la dimensione estetico-artistica, legata in particolare alle arti figurative in altri termini, pi chiaramente scolastici, la disciplina di disegno e storia dellarte servita a costruire una griglia conoscitiva fondante sia dei modi di vedere i luoghi, durante il viaggio, sia delle forme di documentazione, rappresentazione e interpretazione dellesperienza comunicata al ritorno. Probabilmente il risultato pi interessante raggiunto in tale ambito costituito dal lavoro sul Monumento italiano a Mauthausen, di cui riportiamo una parziale documentazione, essendo, almeno in votis, unattivit in corso dopera suscettibile di ulteriori sviluppi. Un altro approccio trasversale e, come si dice, interdisciplinare si configurato nellapertura alle scienze biologiche, con gli apporti pi recenti della genetica, per intervenire in termini specifici nella discussione sulle teorie razzistiche che stavano alla base delle legislazioni antisemite nazista e fascista e che a tratti riemergono, trasformate o mascherate, in non poche realt del mondo contemporaneo: un intervento di rigore scientifico che conferma il carattere profondamente educativo e (cosa pi importante) formativo del Progetto, per gli studenti e i docenti che vi partecipano.14 Di queste attivit, a bilancio fortemente positivo, diamo appunto conto nel volume, in una sezione apposita, perch riteniamo che il loro inserimento esplicito e strutturato costituisca un tratto originale del Progetto. Tali scelte hanno corrisposto, del resto, alle trasformazioni intervenute in questi anni nei luoghi della memoria, cui si accennava allinizio della nostra Introduzione. Nel costituirsi dei Lager (spesso, come nel caso di Bolzano, Gusen, Ebensee, di quel che ne resta, e non molto) in musei (usiamo le virgolette perch si tratta di musei particolari, com ovvio e come apparir pi ovvio a chi legger il saggio dedicato a questo problema, un saggio che ci piace pensare nato proprio dalla interazione con i nostri viaggi, specie quelli del secondo quinquennio), la forza comunicativa dellespressione estetica, che qui diventa pi esplicitamente allusiva e simbolica, ha sostituito con maggiore ricchezza di linguaggio e di significati la precedente generazione (se cos si pu chiamare) di opere monumentali e commemorative. Il caso pi emblematico forse quello del Castello di Hartheim, dove una serie di installazioni particolarmente significative contribuiscono a far emergere e a rivelarsi alla conoscenza e alla sensibilit emotiva la realt del centro di sterminio che era stata cancellata fisicamente dai nazisti, e che n la presenza di strutture commemorative n la ricostruzione archeologica riuscirebbe a restituire con la stessa intensit. Il discorso vale per tutti quei Lager in cui non solo il ricordo, ma anche la comprensione profonda degli eventi sono affidati a installazioni ed esposizioni permanenti che seguono i canoni dellarte contemporanea o delle espressioni pi di avanguardia e talvolta sperimentali.
13 14
Si vedano pi avanti le Appendici VII. A (Archivi della memoria) e VII. B (Immagini della memoria). Su questo aspetto di educazione paritaria (docenti e discenti, in una certa fase dellattivit, imparano e crescono intellettualmente in egual misura) e continua, cos come sulla strategia dei percorsi, e sul rapporto tra memoria individuale e conoscenza storica, si vedano le considerazioni di David Sorani, Dallo studio della Shoah alla passione civile, in Ha Keillah, a. XXXI-153, n. 1 / febbraio 2006, e il precedente Esistenza, memoria e storia, ibidem, a. XXX-148, n. 1 / febbraio 2005.
18
Il percorso che passa attraverso questa somma di esperienze, e che abbiamo cercato di delineare, consente di definire il Progetto Memoria come un laboratorio di pratiche conoscitive e di intervento nella realt. Di qui limportanza, per noi, delle realizzazioni successive al viaggio, e in particolare di quelle che meglio esprimono la tensione a comunicare, pi che descrizioni o racconti, le rielaborazioni personali. consueto affidare tale compito alla parola scritta; noi abbiamo cercato di farlo anche attraverso le immagini, ed per questo che nel Capitolo III viene proposta una scelta di sguardi sui luoghi della memoria, nella forma di fotografie fortemente interpretative: una scelta seguta anche da molte istituzioni museali e che pare, oggi, tra le pi adatte a comunicare ci che sembra incomunicabile.15 E questo, nella convinzione gi espressa nei Percorsi di memoria pi volte citati, e che non possiamo non ribadire, che la conoscenza piena dei Lager nazisti e di ci che hanno rappresentato dovrebbe davvero costituire, per gli uomini di oggi che vivono uninquieta modernit, una tappa obbligatoria del loro percorso di formazione civile ed etica.
15
Un esempio tra i pi riusciti E. Balawejder / T. Kranz / B. Romm, In the middle of Europe. Konzentrationslager Majdanek, Mnster, Stadtmuseum Mnster, 2001.
19
* 1
I titoli dei paragrafi che seguono riprendono i temi che sono stati di volta in volta al centro del Progetto. Lettera di Oswald Pohl a Heinrich Himmler, datata 30.4.1942 e cosiddetta Circolare Pohl. Cfr. La circolare Pohl. Lannientamento dei deportati politici nei Lager nazisti attraverso il lavoro, Milano, FrancoAngeli, 1991, p. 51. 2 A. Bravo / D. Jalla, La vita offesa, Milano, FrancoAngeli, 1986 sgg., p. 19.
20
Capitolo I
ne principale, Natalino Pia, cio quello stesso seguto dai deportati al loro arrivo, integrato con la visita del Museo e di altri settori del campo. Data la ristrettezza di alcuni locali, ci si divisi in due sottogruppi alternando per sempre gli interventi testimoniali a indicazioni storiche (specialmente sulle gassazioni dellaprile 1945, che hanno coinvolto numerosi italiani). Nel pomeriggio si visitato il Memoriale di Gusen, e si sono incontrati i rappresentanti di unAssociazione locale, attiva nella conservazione della memoria dei tre sottocampi dellarea di Gusen: lArbeitskreis fr Heimat- Denkmal- und Geschichtspflege (AHDG). Alla lettura di testi di memoria di superstiti italiani si cos affiancata la visita guidata al Memoriale e al vicino sistema di gallerie denominato Bergkristall, presso St. Georgen. La visita, accompagnata da spiegazioni e inquadramenti storici effettuati in inglese, durata fino al tardo pomeriggio. Il giorno successivo stato dedicato alla visita di Salisburgo e quindi allo spostamento a Monaco. Il 30 si svolta la visita al Lager e Museo di Dachau, con un momento ufficiale in cui il Sindaco di Moncalieri, Carlo Novarino, e lAssessore alla Cultura, Mariagiuseppina Puglisi, hanno incontrato il primo Vicesindaco di Dachau, Katerina Ernst, e Gabriella Hammermann, responsabile della ricerca presso il Memoriale di Dachau. Anche qui, oltre a brevi discorsi delle autorit, stata data la parola alle testimonianze scritte di superstiti (testi poetici di Giovanni Melodia e Nevio Vitelli),3 mentre Benito Puiatti, il testimone deportato a Dachau, ha poi guidato la visita allinsieme del campo e al Museo. Nel mese successivo un breve spazio di tempo, condizionato dalle scadenze della chiusura dellanno scolastico gli studenti hanno costruito un percorso fotografico, corredato di didascalie e commenti, attualmente conservato negli archivi delle due scuole. Un gruppo ha invece approfondito il contatto con Benito Puiatti, il testimone territorialmente pi vicino e raggiungibile, che ha poi steso una breve memoria della sua deportazione (pubblicata pi avanti, nel Capitolo IV, con il titolo Ricordi di Dachau), spinto dallintensit dellesperienza di questo viaggio e del colloquio con gli studenti.
Si possono leggere nel volume apparso nelledizione originaria in tedesco e curato da Dorothea Heiser, La mia ombra a Dachau. Poesie dei deportati, trad. it. di M. G. Camia, Milano, Mursia, 1997. Oltre alla Citt di Moncalieri e ai singoli Istituti scolastici, si menzionano il Ministero della Pubblica Istruzione (circ. 411/98), la Provincia di Torino, e la filiale di Moncalieri dellallora Istituto Bancario Sanpaolo di Torino.
21
Il viaggio si presentava complesso anche per lelevato numero dei partecipanti (76 studenti, 6 insegnanti, 2 testimoni, oltre a 2 Consiglieri comunali, Roberta Battilana e Arturo Calligaro), legato alla partecipazione di tutte e tre le Scuole Superiori Statali di Moncalieri (quindi con laggiunta, rispetto allanno precedente, dellITIS Pininfarina) e la ricerca di un percorso di visita adeguato alla testimonianza diretta: infatti due fra gli ultimi superstiti di Auschwitz in Piemonte, Natalia Tedeschi (deportata a Birkenau nel 1944) e Pio Bigo (politico spostato da Mauthausen a Monowitz nel dicembre 1944), si sono lasciati coinvolgere con grande disponibilit nellattuazione del programma. Si sono formati due gruppi di partecipanti che, essendo partiti a distanza di un giorno, hanno visitato in momenti separati le citt di Cracovia e Varsavia per poi ritrovarsi nel momento centrale del percorso di studio di Auschwitz (27 e 28 marzo). Il filo conduttore stato costituito dalla testimonianza di Natalia Tedeschi (si veda pi avanti, al Capitolo IV) e dalla memoria scritta di Pio Bigo che ha dovuto rinunciare al viaggio per unimprovvisa malattia contenuta nel suo libro Il triangolo di Gliwice5 letto dai partecipanti durante la fase di studio preparatoria. Il tipo di percorso proposto per il comprensorio di Auschwitz ha potuto cos seguire un itinerario in certo senso anomalo e inusuale, poich cominciato da Birkenau, proseguendo per Monowitz e per il tratto stradale Monowice-Gliwice, pervenendo quindi alla visita di Auschwitz I e del suo Museo soltanto il secondo giorno. Birkenau stato infatti il luogo darrivo dei due testimoni, e daltro canto sulla banchina di Birkenau si svolgeva la selezione che destinava alle camere a gas gli inabili, e al sistema dei sottocampi gli abili al lavoro. Il Lager di Birkenau, o Auschwitz II, stato cos visitato per primo, affiancando la testimonianza di Natalia Tedeschi alle spiegazioni della guida e a una breve ma intensa lettura di un semplice elenco di nomi di bambini ebrei italiani (tratto dal Libro della memoria di Liliana Picciotto Fargion)6 deportati e uccisi allarrivo a Birkenau, effettuata sulle rovine di uno dei crematori.
5 6
P. Bigo, Il triangolo di Gliwice. Memoria di sette Lager, Alessandria, Edizioni dellOrso, 1998. L. Picciotto Fargion, Il Libro della memoria. Gli ebrei deportati dallItalia. 1943-1945, Milano, Mursia, 1991, 20022.
22
Capitolo I
Nel pomeriggio si cercato di ripercorrere il tragitto della marcia della morte da Monowice a Gliwice, descritto nel libro di Pio Bigo, iniziando proprio da una visita al sito del Lager di Monowitz. Lemozione di ritrovarsi sul luogo della prigionia di Primo Levi si condensata nella lettura della poesia Buna7 presso quello che un tempo era lingresso del campo. Monowitz (Monowice in polacco) un sito difficilmente ritrovabile e visitabile, perch sono state del tutto cancellate le strutture del Lager. Solo lassistenza di uno studioso del Museo di Auschwitz, Andrzej Strzelecki, autore di studi e ricerche sulla storia del Lager, ha permesso di leggere questo e gli altri luoghi della marcia di evacuazione del campo, che si potuta seguire in dettaglio da Monowice a Neu Berun e Mikolw, e non fino a Gliwice, dato il cattivo stato della strada, in rifacimento in pi luoghi. La giornata del 27 va anche vista in funzione di una pi piena comprensione delle strutture museali di Auschwitz I, visitato il 28, strutture che com noto riguardano prevalentemente Birkenau e la storia della Shoah, e che sono state quindi analizzate come momento di sintesi di unesperienza compiuta in gran parte con la visita precedente a Birkenau e a Monowitz (e naturalmente con i lavori e le ricerche scolastiche). Sempre ad Auschwitz I si svolto un momento ufficiale con lincontro del Sindaco di Moncalieri, Carlo Novarino, e dellAssessore alla Cultura, Mariagiuseppina Puglisi, con una delegazione del Comune di Os wie cim (nome polacco di Auschwitz). Le due giornate di Auschwitz sono state efficacemente inquadrate, prima e dopo, anche dai percorsi di visita dedicati ai Ghetti di Cracovia e ai luoghi del Ghetto di Varsavia e dellinsurrezione, che hanno fornito una conoscenza diretta della storia delle comunit ebraiche polacche e della Shoah. Lo spazio di tempo che ha separato il viaggio dalla conclusione dellanno scolastico ha consentito ai docenti di coordinare un ampio quadro di realizzazioni, fra cui (oltre ai lavori propriamente scolastici) vanno citati i due video I giovani e la memoria8 e Compagni di un viaggio , 9 unesposizione fotografica, analoga a quella dellanno precedente, allestita separatamente nei tre istituti scolastici e quindi alla Biblioteca Comunale di Moncalieri, e il C D -Rom multimediale Il 900. I giovani e la memoria (1999, ITIS Pininfarina).
7 Gi in P. Levi, Losteria di Brema, Milano, Scheiwiller, 1975; poi confluita in Idem, Ad ora incerta, Milano, Garzanti, 1984. 8 1999, SVHS, col., 17, regia C. Piana (ITIS Pininfarina), presentato alla rassegna torinese Big 2000. 9 1999, VHS, col., 8, regia E. Cassaro / M. Gai (L.S. Majorana), presentato a Torino Film Festival 1999 (Scuole).
23
10 11
Cfr. supra, nota 7. Gordon J. Horwitz, Allombra della morte. La vita quotidiana attorno al campo di Mauthausen, trad. it. di G. Genovese, Venezia, Marsilio, 1994.
24
Capitolo I
accompagnati da 4 insegnanti e da un testimone, Pio Bigo, superstite di tre dei Lager visitati (Mauthausen, Gusen, Linz), oltre a 2 Consiglieri comunali (Pietro Aguiari, Arturo Calligaro) e al Presidente del Distretto scolastico 32, aggiuntosi ai patrocinatori delliniziativa. Anche in questo viaggio, per dare un respiro pi ampio (e, sostanzialmente, europeo) allesperienza, si stabilito un contatto con le organizzazioni locali che si fanno carico, non sempre senza problemi, dei luoghi di memoria. Il primo luogo visitato stato il Memoriale di Melk, raggiunto dopo aver visitato la nota abbazia, lungo un percorso che era, in parte, quello degli stessi deportati avviati a lavorare nelle gallerie vicine al campo. Il giorno dopo (6 aprile) il gruppo ha proceduto alla visita di Mauthausen, guidata e dettagliatamente illustrata anche sulla base del proprio vissuto dal testimone Pio Bigo, che si era in precedenza incontrato a lungo con studenti e insegnanti. Sempre nel campo principale si svolto lincontro ufficiale fra le autorit di Moncalieri e il Sindaco di Mauthausen. Il pomeriggio stato dedicato a una visita a Gusen (anchessa vivificata dalla testimonianza diretta) e quindi al luogo dove sorgevano i tre Lager di Linz, oggi non pi visibili, luogo ritrovato grazie alle indicazioni di Brigitte Kepplinger, dellUniversit di Linz. Accanto ad alcuni pannelli commemorativi di recente installazione, Pio Bigo ha cos potuto rievocare una parte della sua prigionia sui luoghi stessi della deportazione.
Il 7 aprile il gruppo ha raggiunto Salisburgo passando per Hartheim: qui, grazie alla disponibilit di Brigitte Kepplinger, stato visitato nonostante le difficolt legate a imponenti lavori di restauro del Castello il Memoriale dedicato alle vittime dellOperazione T4 e ai deportati uccisi nella camera a gas, anche in questo caso inquadrando il contesto storico e richiamando le letture esaminate durante il periodo preparatorio. Nella tarda mattinata si raggiunto Ebensee, dove si affiancata la te-
25
stimonianza di un deportato polacco, Wl adisl aw Zuk, che collabora con i responsabili del Memoriale, e che come Pio Bigo era stato prigioniero ad Auschwitz. La visita del sito del Lager, ricostruibile dai pochi elementi rimasti, in analogia al caso di Gusen, e le spiegazioni storiche fornite allinterno dellunica galleria oggi aperta ai visitatori hanno concluso la fase di studio del viaggio, proseguito nel pomeriggio e nel giorno seguente con una visita storica e artistica di Salisburgo. Anche in questo caso, accanto a prodotti pi legati allattivit scolastica, si possono rilevare alcune realizzazioni caratterizzanti il Progetto: i video Le forme della memoria12 e Frammenti di memorie,13 il CD-Rom multimediale Un viaggio nella memoria.14
5. Memoria e scritture
15-18 marzo 2001: viaggio di studio a Berlino, Wannsee, Sachsenhausen e Ravensbrck
Lucio Monaco Memoria e scritture stato il tema-guida del quarto anno di attivit. Scritture al plurale, per sottolineare la molteplicit dei modi di tramandare la memoria, sia da parte dei testimoni e dei protagonisti, sia da parte di chi comunica la memoria delle proprie esperienze nate, o comunque legate, a quella memoria. Scritture dunque nel senso di tracce incise con la parola scritta, o loralit raccolta e fissata con la registrazione, limmagine o la multimedialit, ultima delle scritture moderne. I percorsi nelle scritture tracciati dagli approcci di studio diversi da scuola a scuola sono poi stati riletti e, si pu dire, rivissuti nel viaggio di studio che ha avuto come meta larea di Berlino: citt della convivenza fra luoghi di memoria modernamente predisposti come lallestimento del Bebelplatz, la piazza del rogo dei libri del 1933, dove scaffali vuoti sotterranei, visibili attraverso un vetro, ricordano il gesto che avrebbe poi portato a bruciare, dopo i libri, gli uomini e documenti del passato, come i resti, per quanto modificati, dei Lager di Sachsenhausen (uno dei primi e pi importanti in territorio tedesco) e di Ravensbrck (unico Lager destinato esclusivamente alla deportazione femminile). Al viaggio hanno partecipato 54 studenti delle tre scuole, 6 insegnanti, 2 testimoni superstiti (Anna Cherchi e Natalia Tedeschi), 2 Consiglieri comunali (Arturo Calligaro, Silvia Di Crescenzo), il Presidente del Distretto scolastico 32.
12
2000, VHS, col., 20, in concorso a Sottodiciotto Filmfestival (Torino, novembre 2000) e a Torino Film Festival 2000 (Scuole) realizzato dagli insegnanti dellITIS Pininfarina e da studenti dei tre Istituti (accluso al volume a cura di L. Monaco/G. Pernechele, Percorsi di memoria. Viaggi di studio nei Lager nazisti 1998-2001, Citt di Moncalieri, Assessorato alla Cultura, 2002). 13 2000, SVHS, col., 9, regia E. Cassaro (L.S. Majorana), presentato a Torino Film Festival 2000 (Scuole). 14 2000, Laboratorio Multimediale Interscolastico presso ITIS Pininfarina.
26
Capitolo I
Gi nel pomeriggio della prima giornata, dedicato alla visita di Berlino, il percorso di tipo urbanistico-architettonico in rapporto con la storia della citt immediatamente prima, durante e dopo la guerra ha toccato in pi punti loggetto specifico del viaggio (in particolare con linstallazione di memoria del Bebelplatz ricordata sopra). Il mattino del 16 stato impegnato dalla visita al Lager di Sachsenhausen, guidata dal personale del locale Museo, con una sosta davanti ai monumenti commemorativi, alle rovine del crematorio e della camera a gas e al luogo delle esecuzioni. I partecipanti si sono divisi in due gruppi (necessit comune in tutti i luoghi di questo tipo, che richiedono raccoglimento e stretta colloquialit con chi illustra, spiega o testimonia), che hanno seguto percorsi diversi, ritrovandosi poi al Blocco Patologia: qui si svolto il momento testimonialmente pi significativo e nel contempo pi carico di emozione, quando Anna Cherchi ha raccontato sul luogo stesso dove stata torturata la sua esperienza di vittima di un esperimento medico. Nel pomeriggio si raggiunto il Museo dellOlocausto di Wannsee, visitato a piccoli gruppi coordinati dagli insegnanti dopo una dettagliata spiegazione dellevento storico e dellarticolazione del sito di memoria. Nella villa oggi trasformata in Museo dellOlocausto, gli studenti hanno cos potuto ripercorrere attraverso documenti scritti e fotografie lintera storia del Terzo Reich, della Conferenza di Wannsee, delle sue conseguenze. Il giorno 17, insieme con il Sindaco di Moncalieri Carlo Novarino e lAssessore alla Cultura Mariagiuseppina Puglisi, il gruppo ha raggiunto il Lager di Ravensbrck. La direttrice del Memoriale, Sigrid Jacobeit, ha accolto il gruppo e ha poi ceduto la parola ai Sindaci di Moncalieri e di Frstenberg per una breve cerimonia; anche questo momento ufficiale, che ormai una tradizione dei viaggi di studio nellambito del Progetto Memoria, ha avuto un particolare significato, in quanto sottolinea la volont da parte delle istituzioni di preservare la memoria dei Lager e di sostenere unesperienza di alto valore formativo per le nuove generazioni. Nel pomeriggio una parte del gruppo si trattenuta fino a sera nel Memoriale, approfondendone la visita (in particolare allarea vera e propria del campo, in fase di ristrutturazione, e alle esposizioni in corso), effettuando riprese video e soprattutto dialogando con le due testimoni, in una straordinaria e irripetibile sinergia di esperienze legate alla dimensione per molti aspetti peculiare anche al livello dei linguaggi e delle scritture della deportazione femminile. Lultimo giorno stato poi dedicato ad alcuni aspetti culturali offerti da Berlino (principalmente la Museuminsel) e al rientro. I risultati delle attivit di ricerca e dellesperienza del viaggio sono confluiti in un CD-Rom curato dal Laboratorio Multimediale Interscolastico presso lITIS Pininfarina, intitolato Memoria e scritture , come sempre sotto la supervisione tecnica di Francesco Martino e dei suoi collaboratori, e in un video, 44145 Anna.15
15 2001, Betacam, col., 16, regia M. Cane (L.S. Majorana), presentato in una sezione di Torino Film Festival 2001 e accluso al precedente volume Percorsi di memoria cit.
27
P. Bigo, Il triangolo di Gliwice. Memoria di sette Lager cit. In particolare, E. Wiesel, La notte, trad. it. di D. Vogelmann, Firenze, Giuntina, 1988; R. Antelme, La specie umana, trad. it. di G. Vittorini, Torino, Einaudi, 1969, 19972; J. Semprn, Il grande viaggio, trad. it. di G. Zannino Angiolillo, Torino, Einaudi, 1964, 19902. 18 R. Lazzero, Gli schiavi di Hitler. I deportati italiani in Germania nella seconda guerra mondiale, Milano, Mondadori,1996. 19 Si rimanda agli ultimi capitoli del Triangolo di Gliwice cit. (pp. 105-129), dove si possono ritrovare la testimonianza su Buchenwald e il racconto della sua liberazione.
17
16
28
Capitolo I
Il 1 marzo, giorno della visita al Lager di Mittelbau-Dora e alle sue gallerie, in prossimit della citt di Nordhausen, il gruppo stato guidato dal Direttore del Museo, Jens-Christian Wagner, e da Albino Moret, che aggiungeva i suoi personali ricordi sulle condizioni di lavoro e di vita dei prigionieri alla ricostruzione storica (tutta in tedesco, con traduzione simultanea) della guida. Dopo la visita del Museo il gruppo si recato sul luogo vero e non quello ufficiale con la lapide commemorativa della fucilazione dei sette alpini italiani colpevoli di sabotaggio,20 ritrovato grazie ai ricordi di Albino: qui si avuto il momento forse pi alto dellesperienza testimoniale del viaggio, documentato anche dal film di Michela Cane su Albino Moret.21 Nel Lager di Dora si svolta la cerimonia ufficiale, con gli interventi del Sindaco di Moncalieri Carlo Novarino, dellAssessore alla Cultura Mariagiuseppina Puglisi, del Vicesindaco di Nordhausen e di un funzionario del Consolato italiano di Lipsia; cerimonia che era stata anticipata il giorno prima da unanaloga commemorazione davanti al Monumento alle vittime di Buchenwald (una placca-ricordo conservata a 37, temperatura del corpo umano), a sottolineare limportanza del ruolo delle istituzioni per la conservazione della memoria. Il lavoro di riflessione sul viaggio nelle singole scuole si incentrato intorno a due metodi di ricostruzione: lesame della documentazione audiovisiva dellitinerario, a cura degli studenti del Laboratorio Multimediale Interscolastico dellITIS Pininfarina, raccolta nellArchivio Multimediale dellIstituto; la rielaborazione filmica della testimonianza di Albino Moret, nellopera gi citata di Michela Cane e nel video Ricordo di Albino Moret,22 realizzato dal Laboratorio Multimediale Interscolastico.
29
7. Memorie di pietra
25-29 marzo 2003: viaggio di studio a Mauthausen, Gusen, Ebensee
Marcella Pepe Il ritorno nellarea di Mauthausen, dopo i viaggi del 1998 e del 2000, era motivato dallo scopo di documentare lo stato delle numerose memorie di pietra erette in quel particolare luogo-museo che il campo principale: i Monumenti delle Nazioni e, soprattutto, il Monumento italiano. Di qui il tema di studio scelto. Al viaggio, preparato da un lavoro di approfondimento sulla memorialistica e sulla storiografia concernente la deportazione, hanno partecipato 54 studenti delle Scuole Superiori di Moncalieri, 6 docenti, 2 testimoni (Giorgio Ferrero, superstite di Ebensee, e Natale Pia, superstite di Gusen), Carla Piana (coordinatrice della troupe di studenti incaricati di filmare le fasi pi importanti del viaggio) e 2 Consiglieri comunali (Michele Morabito, Giuseppe Artuffo). La mattina del 26 marzo stata dedicata alla visita di Mauthausen e al suo Museo, mentre nel pomeriggio il gruppo si spostato nel campo satellite di Gusen, dove stato accolto da Martha Gammer, responsabile del KZ Gusen Memorial Committee, unassociazione che si adopera per la conservazione del sito della memoria dellarea di Gusen. Nel Memoriale di Gusen, ai piedi del forno crematorio, unico elemento conservato intatto in un sito quasi completamente snaturato, stata posata una corona. Le testimonianze di Giorgio Ferrero e di Natale Pia hanno arricchito la visita di Mauthausen e di Gusen con la forza e lautenticit della loro esperienza di deportazione. Il 27 marzo, davanti al Monumento italiano di Mauthausen, si svolta in mattinata la cerimonia ufficiale, cui hanno presenziato il Sindaco del Comune di Mauthausen, il Sindaco di Moncalieri Lorenzo Bonardi e lAssessore alla Cultura Mariagiuseppina Puglisi. Profonda commozione ha suscitato la commemorazione della ex deportata Natalia Tedeschi, accompagnatrice nei viaggi ad Auschwitz del 1999 e a Sachsenhausen e Ravensbrck del 2001, cittadina onoraria di Moncalieri, deceduta a Torino proprio nel giorno della nostra partenza. Nella giornata del 27 marzo, dopo la cerimonia, gli studenti, divisi in quattro gruppi di lavoro, si sono poi dedicati alla lettura di testimonianze su Mauthausen e a
30
Capitolo I
un lavoro di schedatura dei Monumenti prima fase di un percorso di studio proseguito nei mesi successivi seguendo queste direttive di ricerca: 1) rilievo e mappatura del Monumento italiano (15 studenti del L.S. Majorana, coordinati da Alessandra Matta, Lucio Monaco, Gabriella Pernechele); 2) schedatura dei Monumenti delle Nazioni (20 studenti delle tre scuole, coordinati da Dario Molino e Luigi Turco); 3) scelta e lettura di poesie e brani tratti da libri di memorie in alcuni luoghi-simbolo del campo, come il portone di ingresso, la cava di granito, il camino del forno crematorio (10 studenti delle tre scuole, coordinati da Marcella Pepe); 4) videoripresa dei lavori (9 studenti, quasi tutti dellITIS Pininfarina, coordinati da Carla Piana). La giornata si conclusa con una breve visita di Linz.
Testimonianza di Giorgio Ferrero a Mauthausen (marzo 2003)
Il 28 marzo stata toccata lultima meta del viaggio, il sottocampo di Ebensee: qui si svolta una cerimonia presso il Monumento eretto in memoria delle vittime dalla moglie dellindustriale Lepetit, deceduto a Ebensee, seguta dalla testimonianza di Giorgio Ferrero; poi il gruppo, guidato da Wolfgang Quatember, direttore del Widerstandsmuseum (Museo della Resistenza) di Ebensee, ha visitato le gallerie destinate da Hitler alla produzione di parti di carri armati, soffermandosi sulla mostra collocata al loro interno. Il 29 marzo, dopo una visita storico-artistica della citt di Salisburgo, iniziato il viaggio di ritorno. A fine anno scolastico gli studenti del Liceo Majorana hanno allestito per la Pinacoteca a Cielo aperto della Citt di Moncalieri (maggio 2003) la mostra Ombre del tempo, con i materiali raccolti a Mauthausen sul Monumento italiano, esposta poi nellistituto, mentre le schede dei Monumenti delle Nazioni sono state raccolte in un CD-Rom da Dario Molino. La rielaborazione filmica ha invece seguto due percorsi: la ricostruzione del viaggio e della testimonianza di Natale Pia nel video Memorie di pietra23 di Paolo Bommino, e lomaggio a Natalia Tedeschi attraverso lopera di Carla Piana, Con Anna e Natalia a Ravensbrck 2001,24 raccolta di immagini e testimonianze del viaggio del 2001 conservate nellArchivio Multimediale del Progetto Memoria.
23 2003, SVHS, col., 8, regia P. Bommino (I.I.S. Majorana Sezione Scientifica), proiettato al concorso Filmare la Storia del Museo diffuso della Resistenza, della Deportazione, dei Diritti e della Libert di Torino (22-30 giugno 2004). 24 2003, SVHS, col., 11 08, regia C. Piana, presentato il 27 gennaio 2004, in occasione della celebrazione del Giorno della Memoria, al Teatro Matteotti di Moncalieri, proiettato al concorso Filmare la Storia (2004) e accluso al presente volume.
31
32
Capitolo I
Il giorno successivo la meta stata il campo della morte, cio Auschwitz IIBirkenau, con i resti dei forni crematori e i camini delle baracche distrutte, dove evidente la scelta di far parlare i luoghi nella loro desolazione. Nel pomeriggio del 25, nonostante linclemenza del tempo, un gruppo ha seguto Pio Bigo nel sito dove sorgeva Auschwitz III-Monowitz (a 7 km dal campo principale), di cui non restano che poche vestigia: qui Pio ha raccontato il suo arrivo, il 3 dicembre 1944, e linizio della marcia della morte che lo port a Buchenwald, passando per Gliwice (17 gennaio 1945). E proprio Gliwice, il luogo dove Pio sfugg a una selezione e che d il titolo al suo libro di memorie, stata lultima tappa del nostro itinerario. Era un obiettivo che si perseguiva fin dal 1999: lindividuazione della lapide, che oggi ricorda il sito dei quattro Lager di Gleiwitz (nome tedesco di Gliwice), ha rappresentato per Pio, e per tutti noi, un momento testimoniale molto elevato e intenso. Dopo il viaggio, nella parte conclusiva dellanno scolastico, gli studenti hanno allestito mostre fotografiche, esposte alla seconda edizione della Pinacoteca a Cielo aperto della Citt di Moncalieri e poi nei rispettivi istituti, mentre un gruppo del L.S. Majorana ha rielaborato lesperienza del viaggio in un video intitolato Tracce.26
9. Resistenza e deportazione: dai campi del duce ai Lager nazisti. Percorsi della deportazione italiana
22-26 aprile 2005: viaggio di studio a Nonantola, Carpi e Fossoli, Bolzano, Mauthausen, Gusen, Hartheim, Ebensee
Marcella Pepe Il tema che si scelto di approfondire nellanno scolastico 2004-2005 riguarda le responsabilit del regime fascista nella deportazione e nello sterminio, responsabilit a lungo minimizzate e solo recentemente messe in luce dalla ricerca storica italiana. Limmagine del buon italiano e del fascismo come di una dittatura benigna ha resistito fino a pochi anni fa, favorita dal confronto con lefferatezza dei crimini nazisti,
26 2004, SVHS, col., 3, regia L. Anania / M. Mancuso (I.I.S. Majorana Sezione Scientifica), presentato a Sottodiciotto Filmfestival.
33
ma non in alcun modo giustificabile. Anche il fascismo, infatti, attu una spietata repressione politica ed elabor dal 1938 una sua legislazione razziale; anche il fascismo ebbe fin dagli esordi una sua rete di strutture di internamento di vario tipo, che si dilat con linizio della guerra raggiungendo la massima efficienza durante la Repubblica di Sal, quando il regime provvedeva con solerzia a radunare nei campi di transito e a consegnare alle SS oppositori politici ed ebrei. Grazie agli studi di storici quali Carlo Spartaco Capogreco, Costantino Di Sante, Fabio Galluccio, Michele Sarfatti,27 la tendenza autoassolutoria entrata in una crisi irreversibile. Il nostro viaggio mirava a ripercorrere idealmente quello di tanti deportati dai campi italiani ai Lager nazisti, ed ecco il motivo delle soste a Fossoli e a Bolzano prima di raggiungere Mauthausen e i suoi sottocampi. Il quarto viaggio nellarea di Mauthausen aveva per anche altri obiettivi: dare un seguito al lavoro del 2003 sulle memorie di pietra contribuendo ad accrescerle e ricordare le vittime moncalieresi, legando ancora pi strettamente il Progetto al territorio. anche questo il senso della struttura realizzata dagli studenti dellI.I.S. Majorana Sezione Scientifica e installata al Memoriale di Gusen. Al viaggio hanno partecipato 43 studenti delle Scuole Superiori di Moncalieri, accompagnati dal testimone Natale Pia, superstite di Gusen, 5 docenti e 2 Consiglieri comunali (Giuseppe Avignone e Giuseppe Artuffo). Si sono uniti al gruppo anche alcuni cittadini moncalieresi, perlopi parenti di Natale Pia e degli altri deportati moncalieresi (fra cui Adriano Sattanino, fratello di Rinaldo), a rappresentare quanto ormai sia importante e irrinunciabile per lo studio del fenomeno concentrazionario la testimonianza di secondo grado. A causa della mancanza di tempo, dovuta allintensit del programma di viaggio e al notevole interesse suscitato in tutte le sue tappe, sono state un po sacrificate le visite di Salisburgo e Innsbruck, previste rispettivamente per il 23 e il 26 aprile. Nel vero e proprio itinerario di studio si sono visitati: - nella mattinata del 22 aprile, Villa Emma, vicino a Nonantola, in provincia di Modena, dove numerosi ragazzi ebrei furono nascosti per oltre un anno e salvati cos dalla morte; poi, nel pomeriggio, il campo fascista di Fossoli, campo di transito (Durchgangslager), da cui partirono nel 1944 i trasporti di deportati italiani verso i Lager nazisti, e il Museo del Deportato a Carpi; - nella seconda giornata (23 aprile), il Durchgangslager di Bolzano-Gries, che fu campo di transito (in sostituzione di Fossoli, smantellato il 1 agosto 1944), ma anche campo di concentramento a tutti gli effetti, con propri sottocampi. Qui si svolto un incontro ufficiale con i rappresentanti delle istituzioni locali, il Senatore Lionello Bertoldi e lAssessore alla Cultura Carlo Repetto, ed stata deposta una corona ai piedi del Monumento italiano; - la mattina del terzo giorno (24 aprile), il Lager di Mauthausen, con il suo nuovo Museo e, nel pomeriggio, il principale dei suoi campi satellite, Gusen, dove il gruppo, come gi nel 2003, stato accolto dalla responsabile del KZ Gusen Memorial Committee, Martha Gammer; - nella mattinata del 25 aprile il Castello di Hartheim, sede dellOperazione
27 Si vedano nel Capitolo II le guide a I campi fascisti e Le leggi razziali con le relative bibliografie, su cui si fondata la preparazione degli studenti per il viaggio.
34
Capitolo I
T4 fino alla sua interruzione, nel 1941, e poi luogo di morte per i deportati provenienti dal complesso di Mauthausen; nel pomeriggio dello stesso giorno, Ebensee, dove il gruppo, guidato da un collaboratore di Wolfgang Quatember, direttore del KZ-Gedenksttte und Zeitgeschichte Museum Ebensee (Memoriale del campo di concentramento e Museo di Storia contemporanea Ebensee), ha visitato i resti del campo, il Museo e le gallerie. Una riflessione non secondaria indotta dal viaggio riguarda il mutamento dei luoghi di memoria nel corso del tempo, grazie alla crescente sensibilit delle istituzioni e dellopinione pubblica, sempre pi consapevoli della necessit di non dimenticare gli orrori del passato al fine di evitare il loro ripetersi. A Gusen, infatti, il Memoriale stato notevolmente ampliato rispetto al 2003, data della nostra ultima visita; quanto a Bolzano, sono stati eretti recentemente vari monumenti, non solo in Via Resia (sede del Durchgangslager), ma anche in luoghi periferici (per ricordare il lavoro forzato e le partenze dei prigionieri Adriano Sattanino e Natalino Pia al Monumento di Bolzano (aprile 2005) per la Germania), cui ci ha condotti Carla Giacomozzi, responsabile dellArchivio Storico della citt; nuovi musei sono stati allestiti a Mauthausen e a Ebensee; infine, il Castello di Hartheim, nel 2000 ancora in un totale abbandono, stato completamente ristrutturato e arricchito di dotazioni museali. La testimonianza di Natale Pia nei Lager e durante le numerose ore trascorse in pullman stata preziosa, sommessa, com nella natura della persona, ma forse anche per questo totalmente priva di retorica Museo del Memoriale di Gusen: Natalino Pia indica la sua baracca (aprile 2005) e coinvolgente nella sua autenticit. Il libro che, spinto dalla figlia Primarosa, si da poco deciso a scrivere e ha appena pubblicato,28 stato per tutti i partecipanti quasi uneco della sua voce.
28 N. Pia, La storia di Natale. Da soldato in Russia a prigioniero nel Lager, a cura di Primarosa Pia, con Prefazione e Schede sui Lager di Lucio Monaco, Novi Ligure, Joker, 2003, 20063.
35
Questanno la cerimonia ufficiale si svolta nel Monumentale di Gusen, il 24 aprile, alla presenza del Sindaco di Moncalieri Lorenzo Bonardi e dellAssessore alla Cultura Mariagiuseppina Puglisi. Lucio Monaco ha ricordato i quattro cittadini moncalieresi che, oltre al testimone e cittadino onorario Natale Pia, hanno sofferto o sono morti a Gusen: Michele Sandrone, morto a Gusen il 30 marzo 1945; Pietro Paolo Bertoglio, deportato a Ebensee il 25 marzo 1944 e morto a Gusen il 12 marzo 1945; Rinaldo Sattanino (Nando), deportato prima a Bolzano, poi a Mauthausen, morto a Gusen il 19 aprile 1945; Orfeo Mazzoni, deportato a Bolzano, a Mauthausen e poi trasferito il 20 febbraio 1945 a Gusen, dove rimase fino alla Liberazione (deceduto nel 1998). In onore dei martiri commemorati alcuni studenti del Liceo Majorana hanno deposto una installazione in terracotta realizzata da loro, che reca incisi i numeri di matricola dei caduti.29 Oltre allinstallazione appena ricordata, frutto dei due viaggi a Mauthausen (2003 e 2005) stato il DVD Parole e Segni oltre il Tempo. Mauthausen e Gusen,30 realizzato da Carla Piana con i materiali dellArchivio Multimediale del Progetto Memoria.
36
testimoniare le tracce del ricordo di Albino, sia stato proiettato un video, quello realizzato da Michela Cane dopo il viaggio del 2002.32 Non solo: dal viaggio emersa anche unaltra possibilit di attingere alla storia vissuta della deportazione, e cio luso dei testimoni di secondo grado, grazie alla presenza di Adriano Sattanino, fratello del deportato moncalierese morto a Gusen nel 45.33 Al viaggio hanno partecipato, accanto a Pio Bigo, 52 studenti delle Scuole Superiori di Moncalieri, 5 docenti, lAssessore alla Cultura della Citt di Moncalieri Mariagiuseppina Puglisi, 2 Consiglieri comunali (Giuseppe Artuffo e Giancarlo Chiapello), i parenti di Rinaldo Sattanino (il fratello Adriano, la nuora Nadia e la nipote Francesca), e una cittadina di Moncalieri. Mercoled 29 marzo stato visitato il KL Buchenwald. Allarrivo al campo, intorno al Monumento ai Deportati di Buchenwald (la lapide gi ricordata, con la temperatura costante di 37), si svolta la cerimonia ufficiale, momento ormai tradizionale dei viaggi ed evento sempre carico di significato, cui ha partecipato il Sindaco di Weimar, Volkhardt Germer. Dopo cominciata la visita, seguendo il percorso proposto da Pio Bigo. stato toccante osservare il disorientamento iniziale di Pio nel non ritrovare i luoghi vivi nella sua memoria e ora parzialmente trasformati dai lavori di conservazione e restauro del Lager. La visita proseguita nel primo pomeriggio, sempre percorrendo il cammino suggerito da Pio. Poi il gruppo si diviso per una esplorazione personale del campo e del Museo, ed ripartito alla volta di Weimar per visitare la citt con lapporto di due guide locali. Gioved 30 marzo si svolta la visita al KZ Mittelbau-Dora. Durante lo spostamento stato proiettato il video di Michela Cane su Albino Moret, come abbiamo gi detto, e qui iniziato il cammino sulle tracce di Albino, concretizzatosi nella visita al campo e alle gallerie grazie alle guide Florian Schaefer e Angela Fiedermann. Momenti particolarmente significativi sono stati la scoperta delle gallerie, la sosta alla lapide che ricorda la fucilazione dei sette alpini,34 la breve cerimonia ufficiale davanti al forno crematorio presso il Monumento ai Deportati russi e la visita al Museo. La mattinata di venerd 31 marzo stata dedicata alla citt di Erfurt, e nel pomeriggio si intrapreso il viaggio di ritorno con tappa serale a Ulm. La riflessione successiva al viaggio confluita nella rielaborazione dellintervista ad Adriano Sattanino che gi stata ricordata e nello studio del materiale video, girato dagli allievi del Pininfarina, presso il Laboratorio Multimediale, in vista di un film su Pio Bigo. 35
32 33
Cfr. supra, nota 21. Elisa Armentaro e Alessandra Gardino, della Sezione Scientifica dellI.I.S. Majorana, hanno intervistato durante il viaggio Adriano Sattanino, alla luce della nuova funzione dei testimoni di secondo grado, e hanno riportato i colloqui nellintervista di pp. 221-224, Capitolo IV del presente volume. 34 Cfr. supra, nota 20. 35 Cfr. supra, nota 31.
37
1. Il contesto storico
Il sistema concentrazionario nazista
Marcella Pepe Il Lager un simbolo centrale della storia del Novecento ed figlio della modernit, nel senso che la mostruosit dello sterminio avvenuta allinterno di una societ tecnologicamente avanzata, non in una societ arretrata. Non dobbiamo pensare ai campi di concentramento come al frutto di una degenerazione del regime nazista, ma come a un suo elemento caratterizzante: in essi si realizz pienamente la societ auspicata da Hitler. Il nuovo ordine nazionalsocialista, che si sarebbe imposto sullintera Europa in caso di vittoria della Germania nella seconda guerra mondiale, fu sperimentato su vasta scala nei campi di concentramento, dove vigeva la gerarchia delle razze e si prefigurava unumanit ridotta in condizione di schiavit. Il primo KL (Konzentrationslager)1 della Germania nazista fu Dachau, nei pressi di Monaco di Baviera, inaugurato il 22 marzo 1933, meno di due mesi dopo la nomina di Hitler a Cancelliere del Terzo Reich. Nel corso del 1933 ne nacquero circa altri 50 e vi furono imprigionati oppositori politici, asociali, criminali. Dal 1934 i KL passarono sotto il controllo della SS (Schutzstaffel, guardia del corpo di Hitler) e di Heinrich Himmler, capo della polizia del Reich. Tra il 1936 e il 1939 furono aperti nuovi campi: a Sachsenhausen, vicino a Berlino (1936); a Buchenwald, nei pressi di Weimar (1937); a Mauthausen, in territorio austriaco (1938); a Flossenbrg, presso il confine cecoslovacco (oggi Repubblica Ceca) (1938); a Ravensbrck, a Nord di Berlino, riservato alle donne (1939). In essi fu concentrata la popolazione dei KL, che allinizio della guerra era di circa 25.000 detenuti, mentre venivano chiusi quasi tutti i campi sorti disordinatamente nei primi mesi di potere dei nazisti. Con linizio della guerra (1 settembre 1939, invasione della Polonia), fu edificato in Germania un vero e proprio Stato delle SS. Il 27 ottobre 1939 fu creato il RSHA (Ufficio centrale per la sicurezza del Reich), che unificava sotto Reinhard Heydrich tutti i servizi di polizia, compresa la Gestapo, e sorsero altri campi: a Neuengamme, nei pressi di Amburgo, dove furono deportati soprattutto scandinavi (1940); a Gross-Rosen, nella Slesia inferiore (1941);
Le sigle KL e KZ (Konzentrationszentrum) sono sostanzialmente equivalenti e nel volume le adoperiamo indifferentemente. La prima era impiegata a livello ufficiale, la seconda era pi diffusa nellambito del parlato (anche Kazett, Katzettbar).
38
Capitolo II
ad Auschwitz, nei pressi di Cracovia, in Polonia (1940), campo principale e cuore di un triplice complesso, che comprende Auschwitz II-Birkenau (1941) e Auschwitz IIIMonowitz (1942); a Majdanek (1941), a Chel /mno (1941), a Bel /z ec (1942), a Sobibr (1942), a Treblinka (1942), tutti in Polonia e tutti, insieme con quello di Auschwitz II-Birkenau, campi di sterminio immediato, smantellati dai tedeschi prima della fine del 1944; a Bergen Belsen, nei pressi di Amburgo (1943); a Mittelbau-Dora nel centro della Germania, sede di fabbriche sotterranee per le armi V2 (1943), come Ebensee e Gusen (sottocampi di Mauthausen). Dallestate del 1944, lavanzata delle truppe sovietiche da Est e di quelle angloamericane da Ovest costrinse le SS a evacuare i KL a un ritmo che si fece sempre pi incalzante con il passare dei mesi. Lobiettivo era impedire che i deportati, testimoni di tanti crimini e atrocit, finissero nelle mani dei nemici del Reich. I prigionieri, gi ridotti a larve umane, furono allora trasportati verso i Lager che si trovavano nel cuore della Germania e costretti a vere e proprie marce della morte. Molti caddero sulle strade, uccisi dagli stenti, dal freddo, o dai fucili delle SS; molti altri furono lasciati morire di fame chiusi in vagoni ferroviari, o morirono una volta arrivati nei nuovi campi sovraffollati; altri ancora vennero eliminati perch non trasportabili.
Deutsche Erd- und Steinwerke e Deutsche Ausrstungswerke: fornivano materiali edilizi per il rinnovamento architettonico progettato da Albert Speer nelle grandi citt tedesche, Berlino e Norimberga.
39
Lager). Dallottobre del 1941 questi lavoratori furono impiegati anche nei settori delleconomia bellica, in aperta violazione delle convenzioni internazionali. Tra il 1940 e il 1941 i KL diventarono sempre pi dipendenti dal WVHA, ma cominciava anche a esserci un parziale impiego dei detenuti nellindustria bellica non dipendente dalla SS. Ad esempio, la scelta del sito di Auschwitz da parte della IG-Farben per la costruzione della fabbrica Buna (febbraio 1941) fu certamente determinata dalla possibilit di utilizzare come manodopera i prigionieri di quel Lager. Nel 1942 il dominio nazista raggiunse la sua massima espansione, ma lentrata in guerra degli Stati Uniti (dicembre 1941) e lestensione dei fronti richiedevano alleconomia bellica tedesca uno sforzo intenso. Era infatti fallita lipotesi strategica della guerra lampo (Blitzkrieg) e la Germania, quando ancora dominava gran parte dellEuropa, era gi allaffannosa ricerca di risorse materiali e umane per sostenere una guerra che si prolungava. Le sconfitte militari che si susseguirono a partire dalla fine del 1942 e lavvicinamento dei fronti di guerra ai confini del Reich, oltre agli attacchi aerei inglesi e americani che distrussero le citt industriali tedesche, acuirono le difficolt delleconomia nazista. Aumentava il numero dei Paesi mobilitati contro la Germania (dallautunno del 1943 ci sar anche lItalia del Regno del Sud): lesercito andava dunque potenziato, ma si dovevano anche ricostruire le fabbriche bombardate (si pens di farlo in gallerie sotterranee, puntando sul progetto della creazione di armi micidiali come i missili V1 e V2). La necessit di uomini che sostituissero gli operai tedeschi incorporati nellesercito spinse i gerarchi nazisti a rafforzare lo sfruttamento della manodopera straniera: furono cos trascinati in Germania, entro la fine del 1944, circa 7 milioni di schiavi per leconomia tedesca, cui si devono aggiungere 2 milioni di prigionieri di guerra costretti al lavoro. Le fughe e gli atti di sabotaggio di questi la-
voratori coatti erano puniti con limprigionamento nei KL. Parallelamente, a partire dallautunno del 1942, Heinrich Himmler e il WVHA di Oswald Pohl cercarono con ogni mezzo di incrementare il numero dei deportati da adibire al lavoro e di intensificarne lo sfruttamento. Tale sforzo era per in buona parte vanificato dal tasso di mortalit spaventosamente elevato allinterno dei Lager, dovuto alle condizioni di vita (freddo, sottoalimentazione) e di lavoro (turni che arrivavano a dodici ore), oltrech alle atrocit di ogni genere (dagli atti di sadismo agli esperimenti pseudoscientifici condotti su cavie umane). Si pu quindi parlare a pieno titolo di sterminio attraverso il lavoro. Le contraddizioni Nello sfruttamento dei deportati, i vantaggi degli imprenditori erano notevoli perch la tariffa che dovevano pagare ai comandanti dei campi come compenso per il lavoro di un detenuto rappresentava appena un terzo del salario di un lavoratore tedesco di qualifica equivalente. I guadagni maggiori andavano per allUfficio economico e amministrativo della SS (WVHA), che era al tempo stesso fornitore di manodopera alle industrie private (da cui riceveva un compenso) e datore di lavoro tramite le societ SS. Vi furono forti contrasti fra il WVHA e il RSHA (Ufficio centrale per la sicurezza del Reich) che perseguivano obiettivi diversi, soprattutto rispetto ai deportati razziali: lo sfruttamento produttivo (il WVHA) e lo sterminio (il RSHA). Un caso in cui la contraddizione fra lavoro schiavile e sterminio risulta evidente quello della deportazione, nellaprile del 1944, di oltre 100.000 ebrei ungheresi che avrebbero dovuto, secondo gli ordini di Hitler, essere impiegati nella costruzione di fabbriche sotterranee di aeroplani, proprio nel momento in cui pi feroce e sistematica era lattuazione della soluzione finale. Forse il fatto che i deportati razziali in gra-
40
Capitolo II
do di svolgere un lavoro produttivo siano stati almeno temporaneamente risparmiati per essere prima sfruttati fino allultima risorsa fu dovuto in parte al prevalere dellipotesi del WVHA, in una situazione che per la Germania si faceva sempre pi disperata. Le responsabilit Le responsabilit dello sfruttamento economico dei deportati, come di quello dei lavoratori stranieri e dei prigionieri di guerra uno sfruttamento tremendo che fin per coincidere con lo sterminio ricadono certamente sui gerarchi del regime hitleriano e sulla SS, ma anche in buona misura su tanti imprenditori privati tedeschi, grandi e piccoli. IG-Farben, Krupp, Siemens, BMW, Steyr, Messerschmitt, Heinkel, Volkswagen: sono soltanto alcuni fra i nomi pi noti di una lista di imprese che costruirono le loro fortune approfittando spregiudicatamente della massa di schiavi che il potere nazista metteva a loro disposizione. Nei numerosi processi del dopoguerra, infatti, saliranno sul banco degli imputati industriali e dirigenti di aziende accanto ai gerarchi nazisti.
uno sterminio per ragioni di biologia razziale che avviene nel cuore dellEuropa;
Premesse ideologiche e organizzative (1933-1939) Sono da ricercarsi nellideologia nazista e in particolare in quella di Hitler, che raccoglie alcuni aspetti della cultura nazionalista, razzista e antisemita tedesca del primo dopoguerra. Nel Mein Kampf si sostiene che la Storia sia caratterizzata da una lotta fra razze superiori destinate a vincere e razze inferiori destinate a essere sottomesse. Il futuro della Germania deve dunque essere legato alla ricerca di un Lebensraum (spazio vitale) da conquistarsi a Oriente a danno dei popoli slavi, e alla lotta radicale per estirpare il marxismo bollato come bolscevismo giudaico: mistura di antisemitismo radicale e acceso antibolscevismo mutuata da Alfred Rosenberg, teorico razzista del Terzo Reich. Il sistema ideologico-organizzativo nazista poggia inoltre su due parole dordine: il Fhrerprinzip (principio del capo) e la Volksgemeinschaft (comunit di popolo). In base al primo, un movimento politico e una nazione devono essere organizzati secondo un
41
rapporto gerarchico di subordinazione a un capo, dotato di un potere carismatico indiscusso. La comunit popolare, invece, propone lunione di tutti gli appartenenti alla razza germanica. Giunto al potere nel 1933, il nazismo prepara le misure legislative e organizzative destinate al raggiungimento di questi obiettivi. Tra il 1933 e il 1939 si preoccupa di cancellare dalla vita politica tedesca e di escludere da ogni diritto di cittadinanza gli ebrei, gli oppositori politici, gli asociali e le altre categorie di sottouomini prima menzionate: Dachau, 1933: primo campo di concentramento, allestito contro i nemici della sicurezza del Reich; eugenetica, 1933: prima legge demografica che introduce la sterilizzazione forzata e che coinvolger circa 400.000 persone; leggi di Norimberga, 1935: gli ebrei perdono la nazionalit tedesca, i diritti politici; vietati i matrimoni misti, perseguiti i contatti sessuali; arianizzazione delleconomia, 1937: gli ebrei sono costretti a rinunciare alle loro attivit industriali e commerciali; espropriazione dei loro patrimoni mediante autodenuncia; divieto di esercitare alcune professioni, medicina, avvocatura, attivit alberghiera, ogni tipo di incarico statale e direttivo; notte dei cristalli, 1938: passaggio dalla discriminazione legislativa alla violenza di massa (pogrom); incendi di sinagoghe, saccheggi, aggressioni, distruzione di negozi e case di ebrei, di cui pi di 30.000 vengono rinchiusi nei Lager, altri spinti allemigrazione; Operazione T4, 1939-1941: programma di eliminazione di malati mentali, anziani infermi, portatori di handicap fisici e mentali, neonati con malformazioni, internati in manicomi criminali. La sigla T4 deriva dallindirizzo della sede per lorganizzazione del Programma di Eutanasia, a Berlino, in Tiergartenstrasse n. 4. Il Programma provocher luccisione di circa 80.000 tedeschi per soffocamento da monossido di carbonio e rientra nel progetto nazista di miglioramento della
razza. LOperazione sar interrotta ufficialmente nel 1941 per la protesta dei famigliari delle vittime e degli esponenti delle Chiese protestante e cattolica. Ghetti / massacri allEst / campi della morte (1939-1941) Con lo scoppio della guerra il sistema concentrazionario si dilata enormemente e diventa, oltrech un ingranaggio cruciale delleconomia tedesca, lo strumento principale per il genocidio di ebrei e zingari, per lannientamento della classe dirigente polacca e dei resistenti dei Paesi occupati. 1939. Dopo loccupazione della Polonia e la sua spartizione con lURSS, il territorio viene diviso in due grandi zone: il Warthegau, annesso direttamente al Reich, e il Governatorato generale. Sono imposte subito misure per impedire agli ebrei di spostarsi, obbligandoli a portare una stella identificativa e a farsi rappresentare presso le autorit naziste dagli Judenrte (Consigli ebraici) in modo che gli ordini delle autorit tedesche siano resi operativi dagli stessi ebrei. 1940. La popolazione ebraica viene rinchiusa in ghetti circondati dal filo spinato o cintati da mura (in Polonia e in alcune citt sovietiche occupate), dov imposto il lavoro coatto senza adeguati rifornimenti alimentari e senza assistenza medica. Iperaffollate e misere anticamere della deportazione, vedranno nascere al loro interno alcune forme di resistenza (rivolta del Ghetto di Varsavia, terminata con un vero e proprio massacro nel 1943). 1941. Quando le truppe naziste invadono lURSS, viene immediatamente avviato lo sterminio degli ebrei e dei comunisti. Le Einsatzgruppen, reparti speciali al seguito della Wehrmacht, operano il massacro di pi di un milione di persone, mediante fucilazione ed eccidi di massa, e non prima di aver fatto scavare alle vittime le fosse comuni. Le operazioni sono cos efferate e sanguinose che persino i carnefici soffrono di turbe psichiche e fisiologiche; diventa inoltre sempre pi difficile, anche nei grandi spazi dellEst, occultare i
42
Capitolo II
cadaveri, mentre si delinea che tale pratica non pu essere estesa ai Paesi occidentali, fitti di citt, industrie e reti di comunicazioni. Vengono cos istituti i campi di sterminio, la cui funzione quella di uccidere in modo pulito, cio attraverso uno sterminio immediato con la gassazione. Nello stesso periodo gi in atto nei Lager lo sfruttamento economico dei deportati. La soluzione finale (1942-1945) 1942 (gennaio). Conferenza di Wannsee: si decide che lEuropa deve diventare Judenfrei (libera dagli ebrei). Ogni Paese alleato od occupato deve essere rastrellato e gli ebrei devono essere trasferiti a Est per il trattamento finale. Per gli ebrei dei ghetti si ufficializza leliminazione gi in corso, per quelli dei Paesi occidentali si decide lannientamento premeditato. 1942 (aprile). Circolare Pohl: annientamento attraverso il lavoro. Di fronte alle avvisaglie di uninversione di tendenza sul piano militare, si decide di concentrare ogni sforzo nella produzione bellica, destinando al lavoro tutti i prigionieri. I Lager si trasformano in enormi agglomerati di forza lavoro e inizia in tutta Europa la caccia agli schiavi per la guerra di Hitler. Lo sfruttamento economico: i prigionieri vengono impiegati nella costruzione di Lager, strade, in progetti di ristrutturazione edilizia, nelle industrie belliche tedesche. A prosperare sul lavoro dei deportati sono le principali industrie tedesche (Siemens, Volkswagen, Krupp, AEG, IG-Farben) che a prezzo quasi nullo comprano non lavoratori, ma Stcke (pezzi) ad altissimo ricambio. A lucrare su tale vendita la SS nella sua veste di centro di potere economico e fulcro del vastissimo circuito di corruzione che attraversa il sistema concentrazionario. Fanno parte della SS anche i medici che usano i prigionieri come cavie per i loro esperimenti scientifici.
Un sistema intricato: fino al 1945 il sistema dei campi funziona a pieno regime ed smantellato quando giungono gli Alleati, anche se cura dei nazisti in fuga distruggere quante pi prove possibili. La classificazione dei Lager (rieducazione, lavoro, sterminio), e le fasi e le finalit della deportazione (terrore interno, sterminio e sfruttamento, annientamento attraverso il lavoro), non hanno implicato uno sviluppo omogeneo e lineare: le diverse funzioni si sono intersecate, il prevalere delluna o dellaltra dipeso dallandamento della guerra, dalla lotta fra le componenti del Partito e dello Stato, o sono coesistite nella stessa struttura concentrazionaria, come ad Auschwitz, centro di sterminio e luogo di sfruttamento schiavile, esempio pi compiuto dellintreccio fra ideologia razzista e calcolo economico, assurto nel secondo Novecento a simbolo della Shoah.
Fonte bibliografica. Lo schema cronologico il frutto di una rielaborazione condotta a partire dalle pagine di A. Bravo / A. Foa / L. Scaraffia, I fili della memoria. Uomini e donne nella storia dal 1900 a oggi, Roma-Bari, Laterza, 2003, pp. 269-276, 323-341.
La Conferenza di Wannsee
Marcella Pepe La Conferenza di Wannsee fu convocata da Reinhard Heydrich, il capo del RSHA (Ufficio centrale per la Sicurezza del Reich), e si svolse il 20 gennaio 1942 in una villa situata in un quartiere residenziale signorile del sobborgo berlinese di Zehlendorf, allindirizzo di Am Grossen Wannsee nn. 56-58.1 La scelta del luogo fu probabilmente motivata da esigenze di massima segretezza: la tenuta di Wannsee apparteneva a una fondazione creata da Heydrich stesso (la Fondazione Nordhav, che si occupava di acquistare e gestire case di riposo per i membri del Servizio di sicurezza della SS
Dal 1992 la villa diventata luogo di memoria (Gedenksttte) e sede di una mostra permanente sulla Shoah.
43
e le loro famiglie), e il personale della villa offriva quindi garanzie di affidabilit. La Conferenza di Wannsee nota negli ambienti estranei alla ricerca storica come il momento in cui fu decisa la soluzione finale della questione ebraica. Tale convinzione, per, risulta ormai sbagliata: infatti, noto che al momento dello svolgimento della riunione parecchie centinaia di migliaia di ebrei erano gi stati uccisi in eccidi di massa. La Conferenza ebbe certamente un ruolo rilevante nellufficializzare e generalizzare la decisione e i metodi della soluzione finale, ma questa era gi in atto da molti mesi. Secondo Kurt Ptzold ed Erika Schwarz, autori del saggio fondamentale Ordine del giorno: sterminio degli ebrei,2 linizio dello sterminio degli ebrei va retrodatato al 22 giugno 1941, allindomani dellinvasione tedesca dellUnione Sovietica. Fino ad allora, la persecuzione nei confronti degli ebrei era stata attuata in vari modi e forme: con la definizione a mezzo decreto (leggi di Norimberga del 1935); con lesclusione dalla funzione pubblica, dalle professioni, dalle scuole; con le imposte sui patrimoni e la confisca dei beni; con larianizzazione delle imprese ebraiche; con la segregazione dal resto della popolazione in palazzi abitati solo da ebrei (soluzione adottata in Germania prima della guerra) o in appositi quartieri (i ghetti creati in Polonia dopo lo scoppio della guerra). Durante questa persecuzione decine di migliaia di ebrei avevano perso, oltre ai beni e al lavoro, anche la vita. Tuttavia il vero e proprio genocidio cominci soltanto dopo il 22 giugno 1941, a opera delle Einsatzgruppen, unit mobili di massacro che operavano nelle retrovie del fronte russo. La procedura dei massacri era standardizzata, con poche varianti. I tedeschi sceglievano un luogo per lesecuzione e preparavano una fossa comune. Prima della fucilazione, che avveniva talvolta sparando alla nuca, ma pi spesso con il tiro di squadra a distanza e
2
con le mitragliatrici, gli ebrei consegnavano gli oggetti di valore e gli indumenti. Poi cadevano nella fossa con infornate successive, secondo il sistema delle sardine: una prima infornata si faceva stendere sul fondo della fossa e veniva fucilata; la seconda si distendeva con la testa dalla parte dei piedi dei morti; alla quinta o sesta si chiudeva la fossa. Tale metodo, per, presentava alcuni inconvenienti: da un lato, numerosi soldati assistevano alle fucilazioni come a uno spettacolo, traendo godimento dalla morte (e questo era considerato un eccesso, non conforme alla disciplina e al prestigio dellesercito tedesco); dallaltro lato, gli esecutori materiali e gli stessi comandanti delle Einsatzgruppen accusavano difficolt psicologiche, avevano incubi notturni e disturbi somatici. Si cercarono allora altri metodi, meno traumatici delle armi da fuoco: prima la dinamite e poi camion speciali, vere e proprie camere a gas viaggianti (Gaswagen), in cui venivano eliminate fino a 60-70 vittime per trasporto. Ebrei uccisi dalle Einsatzgruppen entro la fine del 1941: 125.000 (Einsatzgruppe A, regione baltica) 45.000 (Einsatzgruppe B, Bielorussia) 59.000 (Einsatzgruppe C, Galizia e Ucraina) 76.000 (Einsatzgruppe D, Bessarabia)
Fonte: R. Hilberg, La distruzione degli Ebrei dEuropa, trad. it. 2 di F. Sessi / G. Guastalla, Torino, Einaudi, 1995, 1999 , p. 316.
Alle Einsatzgruppen fu anche affidato il compito di giustiziare i prigionieri di guerra sovietici, ebrei e non ebrei. Le ragioni di questo particolare trattamento erano ideologiche, oltrech razziali: lannientamento della subumanit bolscevica era considerato per il Reich un diritto naturale di difesa. Se agli ebrei si aggiungono dunque i prigionieri di guerra sovietici, le vittime della prima ondata di massacri salgono a 500.000.
K. Ptzold / E. Schwarz, Ordine del giorno: sterminio degli ebrei. La conferenza del Wannsee del 20 gennaio 1942 e altri documenti sulla soluzione finale, trad. it. di A. Michler, Torino, Bollati Boringhieri, 2000.
44
Capitolo II
Alla fine del 1941, inoltre, era gi in funzione il primo dei campi adibiti esclusivamente allo sterminio, nella localit polacca di Chel /mno, ribattezzata dai tedeschi Kulmhof, dove gli ebrei erano stipati in camion al cui interno venivano convogliati i gas di combustione del motore, ed era gi stata avviata la cosiddetta Operazione Reinhard,3 che prevedeva la costruzione dei campi di sterminio di Bel /z ec, Sobibr e Treblinka. Del resto, Hitler aveva gi in mente da tempo la possibilit di sfruttare loccasione della guerra per arrivare allo sterminio totale della razza ebraica: lo prova il profetico discorso che pronunci il 30 gennaio 1939, sette mesi prima dellinvasione della Polonia: In questo giorno, che forse non sar memorabile solo per i Tedeschi, vorrei aggiungere questo: nella mia vita, nel corso della mia lotta per il potere, spesso sono stato profeta, e spesso sono stato sbeffeggiato, in primo luogo dal popolo ebreo che ha accolto con risa le mie profezie, vale a dire che un giorno avrei assunto il comando dello Stato e, facendo ci, del popolo intero, e che fra le altre questioni avrei risolto il problema ebraico. Credo che nel frattempo la risata della iena giudea della Germania le si sia spenta in gola. Oggi sar di nuovo profeta: se la finanza ebraica internazionale dEuropa e fuori dEuropa dovesse arrivare, ancora una volta, a far precipitare i popoli in una guerra mondiale, allora il risultato non sar la bolscevizzazione del mondo, e dunque la vittoria del giudaismo, ma al contrario, la distruzione della razza giudea in Europa.4 Gli storici sono concordi nellaffermare che lo sterminio iniziato in seguito a disposi-
zioni date verbalmente da Hitler ai suoi pi diretti collaboratori, Hermann Gring e Heinrich Himmler. Entrambi istruirono Reinhard Heydrich, il capo del RSHA, lUfficio che aveva coordinato la persecuzione degli ebrei. Ma Heydrich volle unautorizzazione formale e, subito dopo linvasione dellUnione Sovietica, incaric Adolf Eichmann di redigere un testo di autorizzazione alla soluzione finale della questione ebraica da sottoporre alla firma di Gring: Autorizzazione del 31 luglio 1941 di Hermann Gring per il capo della Polizia di sicurezza e del SD, Gruppenfhrer della SS Reinhard Heydrich, a preparare una soluzione globale della questione ebraica A integrazione delle disposizioni dellordinanza del 24 gennaio 1939, nella quale La si incaricava di avviare la questione ebraica, mediante emigrazione o evacuazione, alla soluzione pi favorevole in relazione alle circostanze, con la presente Le assegno lincarico di predisporre tutte le necessarie misure per preparare dal punto di vista organizzativo, pratico e materiale una soluzione globale della questione ebraica nellarea dellEuropa sotto influenza tedesca. Tutte le altre istanze centrali devono cooperare allo scopo. Inoltre, La incarico di rimettermi al pi presto un piano complessivo dei provvedimenti da adottare riguardo allorganizzazione, lattuazione e i mezzi materiali necessari per realizzare la desiderata soluzione finale della questione ebraica.5 Quindi, il 29 novembre 1941, quando Heydrich convoc la Conferenza di Wannsee, la soluzione finale era gi in atto. La riunione, prevista per il 9 dicembre 1941, fu poi spostata al 20 gennaio 1942. Con
3 4 5
Azione o Operazione Reinhard (Aktion o Einsatz Reinhard), cos denominata in omaggio al suo ispiratore, Reinhard Heydrich. Tratto da R. Hilberg, op. cit., p. 431. K. Ptzold / E. Schwarz, op. cit., p. 79.
45
lespressione eventi improvvisi, che richiedono la presenza di una parte dei signori invitati, addotta a giustificazione dello slittamento nella seconda lettera di invito ai 14 partecipanti, Heydrich intendeva probabilmente alludere
alle prime controffensive sovietiche e alla decisione di Hitler di schierarsi a fianco del Giappone, dopo lattacco giapponese alla flotta USA (7 dicembre 1941).
I partecipanti La Conferenza di Wannsee fu detta dei Segretari di Stato in quanto vi parteciparono 9 Segretari o Sottosegretari di Stato, che rappresentavano tutti i ministeri, salvo quelli delle Finanze e dei Trasporti (non perch questi ministeri non fossero importanti nellorganizzazione della soluzione finale, ma perch Heydrich voleva discutere questioni di principio e non aspetti di ordine pratico): Wilhelm Stuckart Segretario di Stato al Ministero degli Interni Roland Freisler Segretario di Stato al Ministero della Giustizia Alfred Meyer Segretario di Stato al Ministero dei Territori orientali occupati Erich Neumann Segretario di Stato presso lUfficio del Piano quadriennale Josef Bhler Segretario di Stato del Governatorato generale Martin Luther Sottosegretario di Stato al Ministero degli Affari esteri Gerhard Klopfer Membro della Cancelleria del partito nazista e anche Oberfhrer della SS Friedrich W. Kritzinger Rappresentante della Cancelleria del Reich (in seguito Segretario di Stato) Georg Leibbrandt Accompagnatore del Segretario di Stato Meyer Cerano poi rappresentanti della SS: Heinrich Mller Adolf Eichmann Otto Hofmann Eberhard Schngarth Rudolf Lange Capo della Gestapo (Polizia segreta di Stato, Sezione IV del RSHA) Responsabile della Sezione IV B 4 Responsabile dellUfficio centrale per la razza e la colonizzazione Comandante della Polizia di Sicurezza e del SD per il Governatorato generale Comandante della Polizia di Sicurezza e del SD per la Lettonia bunale distrettuale di Gerusalemme, Adolf Eichmann volle dipingersi come un personaggio insignificante, non seduto allo stesso tavolo dei partecipanti ma in disparte insieme a una anonima segretaria; tuttavia questa autodifesa contraddetta dal passo del verbale in cui Heydrich dichiara che proprio a Eichmann sarebbero stati affidati i compiti di organizzazione e coordinamento, e che i vari addetti allo sterminio dovevano tenersi in contatto con lui. Tutti i funzionari partecipanti alla Conferenza del 20 gennaio 1942 erano al corrente dellinizio dello sterminio, essendovi gi attivamente coinvolti in quanto esperti di questioni ebraiche. Perch dunque Heydrich aveva indetto la Conferenza e li aveva convocati?
Il verbale Il piano complessivo dei provvedimenti da adottare riguardo allorganizzazione, lattuazione e i mezzi materiali necessari per realizzare la desiderata soluzione finale della questione ebraica, di cui si parla nellautorizzazione di Gring del 31 luglio 1941, rappresentato dal verbale della Conferenza di Wannsee; non esistono altri progetti pi ampi e articolati. Il documento, redatto da Eichmann seguendo le istruzioni di Heydrich, fu ritrovato nel 1947 dagli organi investigativi americani fra gli atti confiscati al Ministero degli Affari esteri del Reich. Nel processo del 1960-61, dinanzi al Tri-
46
Capitolo II
Dalla lettura del verbale emergono quattro obiettivi principali perseguiti da Heydrich, fra loro collegati: 1. chiarire che il trattamento degli ebrei era di sua esclusiva competenza amministrativa, come dimostra il fatto che avesse allegato agli inviti lautorizzazione firmata da Gring. Il verbale riporta la sua dichiarazione introduttiva: La responsabilit della soluzione finale della questione ebraica spetta, senza riguardo a questioni di confini geografici, al Reichsfhrer della SS e capo della Polizia tedesca; 2. informare i presenti della decisione di sterminare gli ebrei integralmente. Nessuno poteva pi pensare che gli ebrei sarebbero stati uccisi in gran numero: la soluzione finale riguardava tutti gli ebrei presenti sul territorio del Reich; 3. garantire un coordinamento ottimale fra le istanze centrali del Reich. A questo proposito il verbale parla di sincronizzazione delle linee di condotta; 4. risolvere il controverso problema dei Mischlinge e degli ebrei che avevano contratto matrimonio misto, per tracciare un confine netto fra deportazione e sopravvivenza e farlo rispettare dappertutto. Era importante, infatti, determinare con esattezza le persone oggetto del provvedimento. Era questo lunico punto che i partecipanti alla Conferenza dovevano affrontare, in assenza di precise direttive da parte di Hitler, che non aveva ancora deciso come comportarsi con i Mischlinge e con coloro che avevano contratto matrimonio misto, ed era pertanto disponibile a prendere in esame contributi di idee sul problema. Le proposte su questo punto occupano una parte ampia del verbale. Nel verbale, il progetto viene presentato con un linguaggio eufemistico e con parole velate: - respingimento, emigrazione, al posto di espulsione; - evacuazione, invece che deportazione; - soluzione finale, invece che sterminio;
- riduzione naturale, invece che annientamento attraverso il lavoro; - trattare (gli ebrei) in maniera adeguata per dire che dovevano essere fucilati o eliminati nelle camere a gas; - ebrei interessati al provvedimento, ovvero condannati a morte; - ripulire, setacciare, per dare lidea che si stava risanando lEuropa da parassiti; - trasportare (gli ebrei) a Est, ovvero deportarli nei campi di sterminio; - possibilit di soluzione, invece che modi di uccidere. La verit a Wannsee fu dunque pronunciata con reticenza: non si parl di campi di sterminio n di progetti di una loro costruzione; non si parl dei massacri delle Einsatzgruppen, n delle fucilazioni n dei Gaswagen; non si fece cenno agli ebrei che erano gi stati uccisi. Tuttavia, c un punto in cui il verbale non lascia adito a dubbi: quando riferisce la dichiarazione di Heydrich secondo cui neppure una cellula germinale di una nuova rinascita ebraica sarebbe sopravvissuta. E impressiona, nella sezione III del verbale, lelenco degli 11 milioni di ebrei interessati al provvedimento, divisi in base al Paese di provenienza: risulta evidente lintenzione, poi realizzata solo a met, di eliminare sistematicamente tutti gli ebrei viventi sul continente europeo. Heydrich scelse di presentare la nuova politica antiebraica della evacuazione verso lEst come la naturale continuazione della precedente politica, che tendeva a favorire lemigrazione degli ebrei, solo adeguata alle mutate circostanze; scelse quindi di non enfatizzare la rottura. Ma significativo il fatto che nessuno dei partecipanti alla riunione abbia chiesto se fosse possibile continuare a incoraggiare lemigrazione, segno che erano tutti daccordo con lidea di distruggere anche le cellule germinali di una futura generazione ebraica, e quindi con lidea del genocidio del popolo ebraico. Sulla durata della riunione il verbale non dice nulla. A Gerusalemme, durante il processo in cui comparve in veste di imputato,
47
Eichmann afferm che era durata circa unora e mezzo: quindi largomento fu trattato in modo estremamente conciso e senza difficolt, e del resto anche il verbale breve (15 pagine). Alla fine della riunione rifer Eichmann al processo Heydrich era di ottimo umore e si trattenne a bere del cognac insieme a Mller e allo stesso Eichmann. Conseguenze della Conferenza Subito dopo la Conferenza, lUfficio IV B4 del RSHA, diretto da Adolf Eichmann, eman direttive dettagliate in merito alle operazioni preparatorie per la soluzione finale perch non sfuggisse nemmeno uno degli ebrei residenti nei territori sottoposti al dominio del Reich: censimento delle vittime, confisca dei loro beni, restrizioni alla loro libert di movimento. Poi si pass allazione: dopo Chel /mno (Kulmhof), dove gi nel dicembre 1941 gli ebrei venivano uccisi nei camion a gas, sorsero i campi di sterminio di Bel /z ec (aperto nel marzo 1942), Sobibr (maggio 1942), Treblinka (luglio 1942), attrezzati con camere a gas che utilizzavano il monossido di carbonio, gi sperimentato nellambito del Programma di Eutanasia, ma non dotati di forni crematori; intanto procedevano, sotto la direzione di Rudolf Hss, i lavori per dotare di camere a gas il grande campo di sterminio di Auschwitz II-Birkenau; qui vennero eretti quattro massicci fabbricati, che contenevano camere a gas e forni crematori, e fu usato lacido cianidrico (lo Zyklon-B, un prodotto fino ad allora impiegato contro insetti e roditori); dal febbraio 1942 una raffica di provvedimenti colp gli ebrei tedeschi, i cui beni furono confiscati prima del loro trasferimento nei ghetti polacchi; fin il privilegio degli ebrei del Ghetto di Theresienstadt (Terezn), in Boemia, un ghetto speciale per anziani, invalidi di guerra o decorati e per ebrei importanti (si temevano interventi in loro favore da parte dellesercito), che fu lultima creazione di Heydrich prima della sua morte, avvenuta il 4 giugno 1942 in
seguito alle ferite riportate in un attentato: nellottobre 1942 partirono da Theresienstadt i primi convogli diretti ad Auschwitz e gi prima di quella data, a luglio, erano partiti diciotto convogli diretti a Treblinka; nellautunno del 1944 Himmler ne ordin la quasi totale evacuazione. Unaltra istituzione centrale, insieme al RSHA, fu essenziale nellattuazione della soluzione finale: il Ministero dei Trasporti, in particolare le ferrovie del Reich (Reichsbahn). Il RSHA requisiva i convogli ferroviari e pagava alla Reichsbahn una tariffa di gruppo, pari alla met del costo del biglietto di III classe (biglietto di sola andata), perch i deportati erano caricati su vagoni merci. La soluzione finale, messa dunque in atto a partire dal 22 giugno 1941 e perfezionata dopo la Conferenza di Wannsee, fu portata avanti sino alla fine della guerra. E, se vero che il 26 novembre 1944, di fronte allincalzare degli alleati a Occidente e dellArmata rossa a Oriente, il Reichsfhrer della SS Himmler ordin lo smantellamento delle installazioni di sterminio di Auschwitz, anche vero che gli ebrei continuarono a morire, dopo quella data, nelle marce di evacuazione e nei campi sovraffollati dove venivano trasportati, o fucilati o falcidiati dalla fame, dagli stenti e dalle malattie. Gli storici concordano nel calcolare in circa 6 milioni gli ebrei vittime del nazionalsocialismo.
Bibliografia. Kurt Ptzold / Erika Schwarz, Ordine del giorno: sterminio degli ebrei cit., raccoglie i documenti sulla Conferenza di Wannsee, fra cui il verbale redatto da Eichmann. Raul Hilberg, La distruzione degli Ebrei dEuropa cit., rappresenta uno dei pi completi contributi alla comprensione del meccanismo burocratico-amministrativo che ha consentito lo sterminio di sei milioni di ebrei. Sul processo ad Adolf Eichmann: Hannah Arendt, La banalit del male. Eichmann a Gerusalemme, trad. it. di P. Bernardini, Milano, Feltrinelli, 1964, e il film di Eyal Sivan, Uno specialista. Ritratto di un criminale moderno, FR./GERM./BELG./AUSTR./ISR.,1999.
48
Capitolo II
I campi fascisti
Marcella Pepe La ricerca storica contemporanea si sta orientando a contrastare lopinione, molto diffusa nel senso comune, degli italiani brava gente, umani verso le popolazioni dei Paesi invasi e vittime anchessi della dittatura di Mussolini, costretti a subire un regime vessatorio, mandati a combattere una guerra non sentita. Questa immagine buonista degli italiani, che affonda le sue radici nel Ventennio, ma perdura ed stata riproposta anche recentemente, ad esempio dal film Mediterraneo di Gabriele Salvatores (1991), fu rafforzata nellimmediato dopoguerra da una serie di fattori politici e psicologici: a) il paragone con la ferocia dei crimini nazisti, che non fu oggetto di una seria comparazione storica ma un comodo alibi, in quanto non si pu tacere che nei Paesi occupati lesercito italiano abbia attuato una politica repressiva nei confronti dei civili (devastazioni, intimidazioni, internamenti, fucilazioni di ostaggi) oltrech contro le forze della Resistenza partigiana; b) linsabbiamento dei processi contro i criminali di guerra italiani1 e dunque la mancanza di una Norimberga italiana che accertasse i misfatti delloccupazione fascista in Africa e nei Balcani; c) il fallimento dellepurazione inizialmente progettata dal governo di unit nazionale presieduto da Bonomi (luglio 1944), quindi il mancato ricambio degli apparati statali e il colpo di spugna sulle responsabilit fasciste anche ad alti livelli, in seguito allapplicazione estensiva dellamnistia concessa dal Ministro
1
della Giustizia Togliatti il 22 giugno 1946; d) le scelte dei partiti della sinistra e degli antifascisti, che preferirono sottolineare i meriti della Resistenza piuttosto che insistere sulle colpe del fascismo, e considerare il fascismo stesso come una parentesi ormai chiusa della storia italiana, in unottica di riconciliazione nazionale e di normalizzazione; e) gli oggettivi interessi degli angloamericani, in sintonia con la classe dirigente moderata italiana (dal maggio 1947 entr definitivamente in crisi lunit antifascista e De Gasperi form un governo monocolore democristiano), a ristabilire la continuit dello Stato e il ritorno allordine in una nazione di confine tra i due blocchi come lItalia, quando cominciava a profilarsi la guerra fredda; f) latteggiamento degli stessi ebrei italiani, che, pur essendo stati fra le vittime principali della dittatura, sdrammatizzarono lorigine della persecuzione, oscurata in un certo senso dalla deportazione nei campi di sterminio nazisti dopo l8 settembre 1943, e si rifugiarono in una memoria di carattere riconciliatorio.2 A questa autorappresentazione assolutoria del comportamento degli italiani corrisponde una tendenza a minimizzare le colpe del regime, visto come un totalitarismo dal volto umano, non paragonabile al nazismo o allo stalinismo. Eppure, anche il fascismo si serv sistematicamente fin dai suoi esordi della repressione politica e razziale; anche il fascismo ebbe numerose strutture di vario tipo (campi ed edifici come ex monasteri, caserme, ville) destinate allinternamento degli oppositori politici, degli stranieri, delle minoranze etniche. Oggi per i campi fascisti non sono sentiti come luoghi di memoria, e di conseguenza si trovano in uno
Fin dai mesi successivi all8 settembre, i Ministeri della Guerra e degli Affari Esteri svilupparono unazione mirata a eludere larticolo 29 dellarmistizio, che conteneva la clausola della consegna agli Alleati dei criminali di guerra. Lo fecero percorrendo contemporaneamente due strade: la presentazione di una documentazione difensiva, che ammetteva le violenze ma le giustificava come risposte alla barbarie dei ribelli, e la rivendicazione del diritto dellItalia a processare in proprio i presunti colpevoli. La strategia italiana volta a impedire lestradizione dei criminali e a rassicurare gli Alleati continu nel dopoguerra con listituzione di una Commissione dinchiesta nellaprile del 1946, ma il mutamento delle condizioni geopolitiche fece passare in secondordine la questione e, nel 1951, tutti i procedimenti aperti furono archiviati. Per un approfondimento si leggano C. Di Sante, Crimini senza giustizia n memoria in Idem (cur.), Italiani senza onore. I crimini in Jugoslavia e i processi negati (1941-1951), Verona, ombre corte/documenta, 2005, e G. Oliva, Si ammazza troppo poco. I crimini di guerra italiani. 1940-1943, Milano, Mondadori, 2006. 2 C. S. Capogreco, I campi del duce. Linternamento civile nellItalia fascista (1940-1943), Torino, Einaudi, 2004, p. 5.
49
stato di abbandono: edifici e baracche sono stati distrutti o riconvertiti ad altri usi, e soltanto qualche testimone diretto dei fatti ricorda la vicenda dellinternamento. I campi italiani ridati alla storia e alla riflessione sono, guarda caso, quelli considerati in qualche modo anche patrimonio nazista, come Fossoli di Carpi, presso Modena (primo campo di transito verso la Germania, diviso dal marzo 1944 in due settori gestiti rispettivamente dalle autorit italiane della RSI e dalla SS), dove c una baracca ricostruita e vengono effettuate visite guidate; o come la Risiera di San Sabba a Trieste (campo di detenzione di polizia, allestito dai tedeschi fra lottobre-novembre 1943 nella Zona del Litorale Adriatico), che stata dichiarata monumento nazionale nel 1965. Cerchiamo ora di ricostruire la storia dellinternamento fascista nelle sue varie fasi e tipologie. Il confino di polizia (1926-1943) Se Hitler, appena nominato Cancelliere, nel 1933, rinnov tutta la legislazione precedente, Mussolini scelse invece la via della continuit con il passato, apparentemente senza brusche rotture, utilizzando spesso le leggi vigenti in epoca liberale, ma ovviamente forzandole e snaturandole. Un esempio il confino di polizia, che derivava dal domicilio coatto di epoca liberale e, analogamente a questultimo, si fondava su misure di prevenzione decise dalla polizia, sottraendo individuazione e definizione dei comportamenti pericolosi alla legislazione e alla magistratura. Diversamente dal domicilio coatto, che era comminato prevalentemente ai delinquenti comuni con saltuarie eccezioni,3 il confino nel fascismo si applicava anche e soprattutto agli oppositori politici. La semplicit della procedura ne fece lo strumento pi adottato dal regime fascista: infatti, a differenza del Tribunale speciale, che doveva basarsi su una prova anche minima per emet3
tere una condanna, il confino prevedeva la deportazione per via amministrativa (apposite commissioni presiedute dal Prefetto decidevano le assegnazioni al confino, anzi ratificavano decisioni gi prese dal dittatore) e fu utilizzato, oltrech per gli antifascisti attivi, anche per quegli oppositori potenziali su cui non cerano prove, ma solo dicerie, come gli scontenti, i fannulloni, gli operai che si lamentavano del salario ribassato, gli scrittori, gli stessi fascisti dissidenti. Le localit scelte per il confino furono di due tipi: 1) piccole isole; 2) piccoli agglomerati dellItalia centromeridionale. Isole. Il confino nelle isole, che diventarono una sorta di carceri allaperto, riguard in particolare gli oppositori politici ritenuti pi pericolosi, cio gli attivisti di partito, e mirava a spegnere la loro capacit di resistenza e il loro ribellismo attraverso lozio forzato, le vessazioni dei carcerieri, la vita in ambienti promiscui e deprimenti. I primi confinati vennero mandati in isole gi sedi di domicilio coatto: Favignana, Lampedusa, Pantelleria, Ustica (dove fu confinato Antonio Gramsci nel 1926). A esse si aggiunsero Lipari (soppressa nel 1933 e teatro della celebre evasione di Carlo Rosselli, Emilio Lussu e Francesco Fausto Nitti, che riuscirono a raggiungere la Francia), Ponza (aperta nel 1928 e chiusa nel luglio 1939, dove fu internato nel 1935 Sandro Pertini), Ventotene (popolata dal 1939, dopo la chiusura di Ponza, da 800 confinati, fra cui Altiero Spinelli, Eugenio Colorni ed Ernesto Rossi, antesignani del federalismo europeo, che qui scrissero il Manifesto di Ventotene), lArcipelago delle Tremiti (adibito a partire dal 1937-38 a luogo di detenzione punitiva per confinati indisciplinati o incorreggibili e teatro di clamorose proteste, come quella contro limposizione del saluto romano). Agglomerati dellItalia centromeridionale. In un primo tempo erano confinati nelle localit della terraferma gli oppositori
Il domicilio coatto fu usato a fini di repressione politica nel 1894, da Francesco Crispi, e dopo i tumulti del 1898.
50
Capitolo II
considerati meno temibili, sorvegliati da podest e carabinieri, ma lincremento del numero dei confinati negli anni Trenta e il timore che le isole di deportazione non fossero sufficienti a contenerli spinsero il Ministero dellInterno a creare colonie di confino sulla terraferma anche per gli oppositori pi pericolosi. Nel 1939 a Pisticci, in provincia di Matera, fu allestita una colonia confinaria che potrebbe essere definita il primo campo di concentramento italiano, recintata, non subito ma in un secondo tempo, da filo spinato. Diretta dallimpresario Eugenio Parrini (personaggio in stretto rapporto con il Ministero dellInterno), la colonia di Pisticci fu, nelle intenzioni del regime, un esperimento a sfondo sociale per togliere i confinati dallozio e per unire alla bonifica agraria la bonifica umana:4 i confinati vennero utilizzati in lavori artigianali, agricoli (dissodarono e coltivarono terreni), edili (costruirono le infrastrutture della colonia, le casette previste dal piano di riassetto fondiario, oltre a un intero villaggio in stile fascista denominato Marconia in onore dello scienziato appena scomparso), in cambio di una paga giornaliera di 5 lire, in aggiunta alla normale mazzetta di 6 lire. La rieducazione non ebbe in ogni caso lesito sperato e nei confinati costretti a lavorare si rafforz la determinazione di opporsi al regime, come risulta dalle loro testimonianze.5 Nel 1926 i dissidenti politici confinati erano 900; nel 1943 raggiunsero quota 12.330 (su un totale di 16.876 confinati).6 Cifre sicuramente ben lontane da quelle della deportazione politica interna del nazismo. I motivi di tale differenza, lungi dal configurare una supposta dittatura benigna, sono da ricercarsi nella volont del duce di presentare agli occhi dellopinione pubblica mondiale limmagine di un antifascismo debole e di un governo che godeva di largo consenso sociale. Daltronde, gi nella
4 5 6
prima met degli anni Venti lo squadrismo fascista aveva inferto un colpo mortale al dissenso politico e numerosi antifascisti militanti erano ormai allestero. Inoltre, sui giornali di regime, la vita nelle colonie di confino era presentata in modo tranquillizzante, come una specie di villeggiatura volta soltanto a eliminare dalla circolazione chi avrebbe intralciato il cammino dellItalia verso un futuro radioso, offrendogli al contempo la possibilit di redimersi. I campi coloniali Nel 1930 lItalia realizz 15 campi di concentramento nella Libia orientale (Cirenaica), organizzati in tendopoli recintate da filo spinato (il pi duro fu quello di el-Agheila, destinato ai famigliari dei guerriglieri, dove persero la vita migliaia di libici). Alla loro chiusura, nel 1933, dei 100.000 deportati reclusi nelle tendopoli insieme con duecentomila capi di bestiame erano rimasti in vita meno di 60.000.7 Fortemente voluti da Mussolini, ordinati dal governatore Badoglio, materialmente organizzati dal generale Graziani e creati, seppur in tempi e con modalit differenti, in tutti i territori doltremare (anzitutto in Cirenaica, ma poi anche in Somalia e in Etiopia), i campi coloniali del regime fascista rappresentarono un salto di qualit rispetto alla prassi di internamento vigente in epoca liberale e furono il terreno di sperimentazione di metodi che potevano poi essere applicati nella penisola (e furono in effetti applicati soprattutto nei campi per slavi), come la legislazione razziale o il lavoro forzato o la stessa struttura in tendopoli. I campi del fascismo monarchico (1940-1943) Con linizio della guerra, nel 1940, il regime fascista cre dei veri e propri campi di internamento che si possono suddividere sostanzialmente in due tipologie:
Cos si esprime il Capo della polizia Arturo Bocchini in una relazione a Mussolini del 6 agosto 1938. Cfr. C. S. Capogreco, op. cit., p. 30. C. Ghini / A. Dal Pont, Gli antifascisti al confino (1926-1943), Roma, Editori Riuniti, 1971, p. 289. C. S. Capogreco, op. cit., p. 30. 7 Ibidem, pp. 54-55. Per unanalisi pi ampia si legga il contributo di Nicola Labanca, Linternamento coloniale italiano, nel libro a cura di C. Di Sante, I campi di concentramento in Italia. Dallinternamento alla deportazione (1940-1945), Milano, FrancoAngeli, 2001, pp. 40-67.
51
1. campi dellinternamento civile regolamentare, dipendenti dal Ministero dellInterno; 2. campi dellinternamento civile parallelo, dipendenti dal Ministero della Guerra e dal Regio Esercito. La definizione di campi di internamento si adatta ai primi, mentre per la seconda tipologia sarebbe pi appropriata la definizione di campi di concentramento. 1. I campi dellinternamento civile regolamentare. I civili internati dal Ministero dellInterno sono ulteriormente classificabili in due categorie: internati stranieri, la cui pericolosit consisteva nellessere sudditi di nazioni nemiche; internati italiani, la cui detenzione era motivata da esigenze di pubblica sicurezza. Gli ebrei si trovarono, dopo le leggi del 1938, in una condizione a met strada fra le due categorie. Le leggi razziali stabilirono che gli ebrei stranieri (tali erano considerati quelli entrati nel Regno dopo il 1919, tra cui moltissimi affluiti dalla Germania e dai Paesi sottomessi al Terzo Reich per sfuggire alle persecuzioni naziste) dovessero allontanarsi dallItalia entro il 12 marzo 1939, pena lespulsione. Sebbene per non tutti gli ebrei stranieri fossero riusciti a emigrare, la minacciata espulsione di massa non avvenne, e una circolare emanata il 20 maggio 1940 dal Ministero dellInterno li includeva fra i civili da internare. Gli ebrei stranieri furono concentrati prevalentemente nel campo di Ferramonti di Tarsia, oltrech in altri campi e in centinaia di localit destinate allinternamento libero. Anche gli ebrei italiani, una volta esclusa perch tecnicamente irrealizzabile a guerra iniziata la possibilit di una loro espulsione, vennero concentrati nei campi di Urbisaglia, Campagna e Gioia del Colle a partire dal 1941. Furono circa 400 gli ebrei italiani inter8
nati dallentrata in guerra fino al 25 luglio 1943: il numero potrebbe apparire esiguo, ma in percentuale alto, poich in Italia gli ebrei erano soltanto 46.656;8 inoltre, la motivazione principale del loro internamento era quella dellappartenenza razziale, pur non essendo chiaro se lintenzione di Mussolini fosse quella di internare tutti gli ebrei o solo quelli di reale pericolosit. La persecuzione degli ebrei in Italia tra il 1938 e il 1943 fu poco considerata dagli storici nel dopoguerra, a fronte di una forte sottolineatura della deportazione nazista nel periodo 1943-45, e anche nella memorialistica non le stato dato lo stesso rilievo. Analogamente agli ebrei, gli zingari si trovarono inclusi in entrambe le categorie. Gli zingari stranieri, che in Italia erano 25.000, tra i primi a essere sorvegliati dalla polizia fascista (fin dal 1926) per motivi di igiene pubblica e prevenzione della criminalit, furono arrestati numerosi a partire dal 1938 e respinti oltre frontiera o deportati in campi nomadi allestiti da loro stessi. Dal 1941 le carovane di zingari che affluivano in Italia dalla Croazia e dalla Bosnia-Erzegovina furono dirottate nei campi gestiti dal Ministero dellInterno a Baiano, Agnone, Tossicia, Ferramonti, Tremiti, Vinchiaturo e in diverse localit di internamento libero. Per gli zingari italiani (vittime anchessi del clima creato dalle leggi razziali bench non fossero esplicitamente menzionati in esse), i primi ordini di internamento giunsero con la circolare inviata dal Capo della polizia Bocchini ai prefetti l11 settembre 1940. Presso il Ministero dellInterno furono attivati un Ufficio internati stranieri e un Ufficio internati italiani, che ricevevano le segnalazioni dalle prefetture, dai ministeri, dalle ambasciate e dai consolati italiani, dallOvra, dalla Demorazza (Direzione generale demografia e razza). Gli arresti iniziarono nel giugno 1940, subito dopo lentrata in guerra del-
M. Sarfatti, Le leggi antiebraiche spiegate agli italiani di oggi, Torino, Einaudi, 2002, p. 10.
52
Capitolo II
lItalia, e i fermati potevano essere destinati a un campo, se ritenuti molto pericolosi, o a una localit di internamento dove vivevano non fisicamente separati dagli abitanti del posto ed erano definiti internati liberi. Come appare evidente nella tabella che segue,9 nel corso degli anni la persecuzione del internati stranieri ottobre 1940 novembre 1942 aprile 1943 4.251 (2.412 ebrei) 7.369 6.832
regime ebbe sempre pi di mira la categoria dei nemici interni, cio gli oppositori in genere, oltrech gli ebrei e gli allogeni (slavi della Venezia Giulia e tedeschi del Sud Tirolo), e numerosi internati liberi furono trasferiti nei campi.
I campi dellinternamento civile regolamentare furono ubicati nellItalia centrale e meridionale ed erano pi di 40. Oltre a quelli riportati in tabella,10 svolsero funzione di campi di internamento anche il Emilia-Romagna Toscana Marche Umbria Lazio Abruzzo-Molise 2 3 6 1 3 19
centro di lavoro di Castel di Guido (Roma) e quattro colonie di confino funzionanti: Ventotene (Lazio), Tremiti (Puglia), Pisticci (Lucania), Ustica (Sicilia).
Montechiarugolo; Scipione di Salsomaggiore Bagno a Ripoli; SantAndrea a Rovezzano; Oliveto Fabriano; Sassoferrato; Urbisaglia; Pollenza; Treia; Petriolo Colfiorito (Foligno) Fraschette (Alatri); Badia di Farfa; ex colonia confinaria di Ponza Civitella del Tronto; Corropoli; Isola del Gran Sasso; Nereto; Tortoreto; Tossicia; Notaresco; Citt SantAngelo; Casoli; Istonio; Lama dei Peligni; Lanciano; Tollo; Chieti; Agnone; Boiano; Casacalenda; Isernia; Vinchiaturo Campagna; Ariano Irpino; Monteforte Irpino; Solofra Manfredonia; Alberobello; Gioia del Colle Ferramonti di Tarsia ex colonia confinaria di Lipari
4 3 1 1
10
Rielaborazione dei dati riassunti da C. S. Capogreco, op. cit., pp. 65-66. Anche questa tabella una ricostruzione a partire dalla mappatura dei campi in calce a C. S. Capogreco, op .cit., pp. 179-247.
53
2. I campi dellinternamento civile parallelo. Teoricamente soltanto il Ministero dellInterno aveva titolarit riguardo allinternamento dei civili, ma di fatto fu il Regio Esercito a gestirlo nelle zone della ex Jugoslavia occupate o annesse nel 1941, nel contesto di unoccupazione contraddistinta da particolare violenza verso le popolazioni inermi e da intenti esplicitamente razzisti, in quanto volta oltrech contro il movimento partigiano a realizzare una sorta di pulizia etnica, in continuit con la ventennale politica del fascismo di frontiera contro le minoranze slave in Italia. Accanto a quello regolare, ci fu dunque un internamento civile parallelo. Un documento davvero impressionante la Circolare 3C-L, emanata il 1 marzo 1942 dal generale Mario Roatta, comandante della II Armata stanziata in Slovenia, che prevedeva lincendio e la distruzione di case e villaggi, nonch linternamento massiccio della popolazione maschile dai 16 ai 60 anni e, in una correzione successiva alla prima stesura, anche di donne e bambini. In base alle direttive della Circolare, che divent un riferimento per le disposizioni antiguerriglia emanate da altri generali nelle zone occupate, avrebbero dovuto essere internati operai, disoccupati, profughi, senzatetto, ex militari, frequentatori di dormitori pubblici, persone trasferitesi in Jugoslavia dalla Venezia Giulia dopo lavvento del fascismo, simpatizzanti del movimento partigiano, abitanti delle case prossime ai luoghi dove fossero stati compiuti sabotaggi, famiglie in cui risultassero assenti componenti di sesso maschile, studenti e intellettuali a prescindere dalleventuale militanza politica. Roatta prescrive la massima durezza nella repressione, raccomanda il ripudio delle qualit negative compendiate nella frase bono italiano e sintetizza lo spirito della Circolare
3C-L nel motto: non dente per dente, ma testa per dente.11 I campi previsti dalla Circolare 3C-L erano distinti in repressivi e protettivi: questi ultimi erano destinati a coloro che si presentavano spontaneamente per essere protetti dalle azioni del movimento partigiano, ma servirono in realt a tutelare spie e collaborazionisti. Tre furono le strutture principali dellinternamento parallelo situate in territorio occupato: Arbe (Rab) per il settore dellAdriatico settentrionale, cio larea di Fiume e la Slovenia, il campo pi grande e tristemente famoso, definito da molti autori jugoslavi un campo di sterminio a causa dellalta mortalit (lo storico sloveno Tone Ferenc ha documentato 1.436 morti);12 Melada (Molat) per il settore dellAdriatico centrale, cio la Dalmazia; i campi integrati di Mamula e Prevlaka per il settore dellAdriatico meridionale. Dal 1942 si svilupp anche una rete di strutture per internati jugoslavi situate in territorio italiano e allestite perlopi in ex caserme: Gonars e Visco, nel Friuli-Venezia Giulia; Monigo e Chiesanuova, in Veneto; Renicci, in Toscana; Colfiorito (gi campo di internamento civile regolamentare), in Umbria; Cairo Montenotte, in Liguria, un campo messo a disposizione dal 23 febbraio 1943 per allogeni sloveni e croati residenti nei vecchi confini del Regno: i reclusi ancora presenti nel campo dopo l8 settembre 1943 furono tutti deportati in Germania. Sulla base di fonti attendibili, soprattutto le relazioni della Croce Rossa Internazionale, si pu valutare in circa 100.000 il numero dei civili ex jugoslavi internati dallItalia fascista. Con lincremento sempre pi massiccio de-
11 Della Circolare 3C-L parla C. S. Capogreco, op. cit., pp.70-72. Si tratta di un testo diviso in 23 capitoli, parzialmente riprodotto in appendice al gi citato saggio di G. Oliva, Si ammazza troppo poco. La versione integrale consultabile presso lIntitut za Novejo Zgodovino di Lubiana. 12 T. Ferenc, Rab-Arbe-Arbissima. Confinamenti-rastrellamenti-internamenti nella Provincia di Lubiana. 1941-1943. Documenti, Drutvo piscev zgodovine NOB-Intitut za novejso zgodovino, Ljubljana, 2000, citato in C. S. Capogreco, op. cit., p. 147.
54
Capitolo II
gli internamenti, lAutorit militare cerc di fare in modo che i civili ex jugoslavi passassero sotto la giurisdizione del Ministero dellInterno. Ma la Direzione generale di Pubblica Sicurezza afferm che i propri 40 campi erano ormai saturi e che era impossibile pensare di costruirne di nuovi. Alla fine del 1942 fu raggiunto un compromesso: in attesa che il Ministero dellInterno provvedesse a edificare nuovi campi, degli ex jugoslavi avrebbe continuato a occuparsi il Regio Esercito. Il Regio Esercito e il Ministero dellInterno non erano dunque n separati n in concorrenza sulla questione dellinternamento civile. Tra la fine del 1941 e linizio del 1942, infatti, la Direzione generale di Pubblica Sicurezza riserv agli ex jugoslavi i propri campi di Casoli, Citt S. Angelo, Corropoli, Lanciano, Notaresco e Scipione; ne istitu uno nuovo a Sassoferrato; riattiv le ex colonie di confino di Ponza e Lipari. Nellaprile 1943 Mussolini, su proposta dellAlto Commissario per la Provincia di Lubiana Emilio Grazioli, dispose che i campi ubicati nella Penisola, tranne Visco, passassero in breve al Ministero dellInterno, ma con gli Alleati prossimi allo sbarco e il regime fascista ormai in crisi, lo scambio di consegne rimase sulla carta. Al momento dellarmistizio dell8 settembre 1943, dunque, i campi per slavi, sia in Italia sia nei territori occupati, erano ancora in mano allesercito. Condizioni di vita nei campi del fascismo monarchico Nei campi dellinternamento civile regolamentare la crescente penuria di cibo, la convivenza in promiscuit fra persone diversissime per et e ceto, lozio forzato (solo dal luglio 1942 fu consentito lo svolgimento di attivit lavorative allesterno del campo agli internati non pericolosi) determinarono una situazione di grande disagio. Il sussidio giornaliero (inizialmente di 6,50 lire, poi aumentato) consent negli anni 1940-41 un vitto sufficiente (anche perch cerano mense autogesti-
te), ma la successiva perdita di valore della lira fece diminuire il potere dacquisto del sussidio: si svilupp il mercato nero e gli internati cominciarono a soffrire la fame. Le giornate erano tutte uguali, scandite dagli appelli, dal pranzo, dalla distribuzione della posta (che era consentito ricevere, ma solo da famigliari, ed era sottoposta a censura), dallarrivo di nuovi internati o dalla partenza di altri. Era vietato (principale differenza rispetto agli internati liberi) avere rapporti con la popolazione locale; inoltre, era vietato leggere pubblicazioni non autorizzate e possedere apparecchi radio. La vigilanza allesterno dei campi era svolta dalla Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale e/o dai Carabinieri. Sia gli internati nei campi regolamentari sia gli internati liberi non dovettero quasi mai subire crudelt gratuite, ed eventuali azioni di questo tipo venivano disapprovate e perseguite dalle autorit superiori. Neppure gli ebrei furono sottoposti a particolari angherie, per vivevano nel timore di essere prima o poi consegnati ai nazisti. Tuttavia latteggiamento dei dirigenti e del personale di custodia divent pi duro anche nei campi regolamentari a partire dal 1942, quando vi arrivarono in gran numero deportati slavi. Nei campi per slavi dellinternamento civile parallelo le condizioni di vita furono molto pi gravose che nei campi amministrati dal Ministero dellInterno: gli internati non avevano sussidi economici n mense autogestite; venivano frequentemente alloggiati in tendopoli senza arredi e situate in riva al mare, su terreni renosi e fangosi, dove, privi di indumenti adeguati, spesso non reggevano ai rigori e allumidit dellinverno. In questi campi il sovraffollamento, la drammatica situazione igienico-sanitaria e la denutrizione generalizzata determinarono un alto tasso di mortalit. Le razioni giornaliere previste dal Regio Esercito erano di 877 calorie, corrispondenti a meno della met del fabbisogno calorico minimo di un essere umano: dunque la fame e le malattie a essa connesse
55
regnavano sovrane e, del resto, erano considerate dalle autorit militari ottime alleate per neutralizzare eventuali velleit dei prigionieri. Celebri, a questo proposito, sono le dichiarazioni del generale Gastone Gambara: Logico e opportuno che campo di concentramento non significhi campo di ingrassamento. Individuo malato = individuo che sta tranquillo. 13 I medici dellospedale di Treviso, dove erano condotti gli internati in fin di vita, restavano esterrefatti di fronte alla loro denutrizione: identici a quelli di Buchenwald li defin il Professor Menenio Bortolozzi.14 Le condizioni peggiori dal punto di vista ambientale e alimentare furono nei campi di Arbe e di Melada, ma anche nei campi ubicati in Italia il tasso di mortalit fu molto alto. I campi del fascismo repubblicano (1943-1945) Alla vigilia dello sbarco degli Alleati e del colpo di Stato15 che determin la caduta del fascismo monarchico il 25 luglio 1943, i deportati vennero trasferiti dalle isole di confino e dai campi del Sud verso lItalia centrosettentrionale, in campi ritenuti pi controllabili. In tali trasferimenti, ultime esibizioni di potere del regime ormai allo sbando, che avvenivano spesso sotto i bombardamenti alleati, parecchi furono i feriti. Il Governo Badoglio, pur affrontando la questione della liberazione dei deportati nei quarantacinque giorni precedenti larmistizio, lo fece con cautela eccessiva e la macchina burocratica si mise in moto con estrema lentezza: dal 27 luglio al 21 agosto furono necessarie sette circolari perch si dichiarassero prosciolti
gli internati di nazionalit italiana, e la liberazione degli internati stranieri, prevista esplicitamente come clausola dellarmistizio, fu ordinata solo il 10 settembre 1943, con il rischio, per gli oltre 6.000 ebrei detenuti, di cadere nelle mani dei tedeschi che avevano occupato la Penisola. Ci dimostra come lapparato burocratico del Regno dItalia fosse ancora legato al regime mussoliniano. Il 12 settembre, subito dopo lannuncio dellarmistizio, un commando di aviatori e paracadutisti tedeschi liber Mussolini dalla sua prigione a Campo Imperatore, sul Gran Sasso. Il 23 settembre il duce cre la Repubblica Sociale Italiana, schierandola a fianco dei vecchi alleati, e immediatamente, il 1 novembre 1943, il Ministero dellInterno del nuovo Stato abrog per lItalia centrosettentrionale le misure liberatorie adottate dal Governo Badoglio nellestate del 1943. La RSI non utilizz pi il confino di polizia, ma continu lapplicazione dellinternamento, indirizzandolo soprattutto contro gli oppositori politici, i partigiani, i renitenti alla leva e accentuandone laspetto punitivo. Una speciale attenzione venne dedicata agli ebrei, sia italiani sia stranieri: con lordinanza di polizia n. 5 del 30 novembre 1943, emanata dal ministro dellInterno Buffarini Guidi, venne disposto lallestimento di campi di concentramento provinciali, dove i rastrellati venivano reclusi in attesa di essere consegnati alle SS e trasportati nei Lager nazisti. I campi di transito consegnati dalla RSI ai nazisti furono quattro: Fossoli di Carpi, Borgo San Dalmazzo, Bolzano-Gries, e la Risiera di San Sabba. Essendo la Zona del Litorale Adriatico sotto amministrazione tedesca dopo
13 Ars, II, XI Corpo dArmata, b. 726, s.f. VII, nota del generale Gastone Gambara, 17 dicembre 1942, riportata in C. S. Capogreco, op. cit., p. 142. 14 Ibidem, p. 144. Capogreco cita la testimonianza del Professor Menenio Bortolozzi, tratta da R. Bolis, Chi erano quei 2.800 sloveni nel Lager fascista a Monigo, in LUnit, 25 aprile 1980. 15 Lespressione, usata da storici come M. Salvadori, E. Ragionieri, P. Spriano, C. S. Capogreco, pare appropriata anche considerando gli esiti del 25 luglio 1943; generalmente, infatti, un colpo di Stato implica lapporto delle Forze armate e non comporta un ricambio di classe dirigente (come invece accade dopo una rivoluzione): quello di Badoglio fu un governo di militari e tecnici, che doveva, nelle intenzioni, garantire la continuit con il fascismo.
56
Capitolo II
larmistizio dell8 settembre,16 la Risiera nacque verso la fine di ottobre del 1943 direttamente dallesperienza dello Einsatzkommando Reinhard (reparto operativo formato da uomini agli ordini del generale SS austriaco Odilo Lotario Globocnik, triestino di nascita, addestrati in Polonia nei campi di sterminio immediato di Treblinka, Bel /z ec, Sobibr) e fu un Lager polifunzionale: non solo di transito verso la Germania, ma di detenzione di polizia, di sfruttamento della forza lavoro prigioniera e anche di sterminio, in quanto dotato di forno crematorio.
Bibliografia. Il libro di Carlo Spartaco Capogreco, I campi del duce. Linternamento civile nellItalia fascista (1940-1943), Torino, Einaudi, 2004, stato il punto di partenza e il filo conduttore della guida, in quanto rappresenta senzaltro lopera pi completa, rigorosa e sistematica finora pubblicata sullinternamento fascista, soprattutto riguardo al periodo 194043 in cui lItalia era ancora uno Stato sovrano. Capogreco, presidente della Fondazione Ferramonti, inoltre autore di studi su singoli campi, come quelli di Ferramonti di Tarsia e di Renicci. Utili ai fini dellapprofondimento del tema sono anche i testi curati da Costantino Di Sante, fra cui si segnala larticolo Origine e sviluppo del sistema concentrazionario fascista comparso ne LUnit del 21 gennaio 2002 e il volume I campi di concentramento in Italia. Dallinternamento alla deportazione (1940-1945), Milano, FrancoAngeli, 2001. Il libro la raccolta degli atti del Convegno nazionale tenutosi presso lUniversit di Teramo nel marzo del 1998 e ripropone in modo complesso il problema della conservazione e della trasmissione della memoria, per anni colpevolmente trascurata, dei campi fascisti. Interessante anche il saggio di Fabio Galluccio, I Lager in Italia. La memoria sepolta nei duecento luoghi di deportazione fascisti, Civezzano, Nonluoghi Libere Edizioni, 2002: animato dalla volont di far conoscere questa triste storia al di l della ristretta cerchia degli studiosi, Galluccio sviluppa molti riferimenti allattualit (al rinascere di movimenti xenofobi in Italia e altrove) e alle responsabilit dei popoli, ieri come oggi. E racconta del suo viaggio sulle tracce dei campi italiani dimenticati (situati perlopi in ex monasteri, ville abbandonate, caserme), con particolare attenzione agli ebrei di ogni nazionalit in essi prigionieri. Ne risulta cos un diario tra il giallo e lautobiografia, in cui lautore confessa i propri dubbi, gli scoramenti, le frustrazioni di una ricerca che procede tra mille difficolt (pochissimi sanno o ricordano, rare sono le pur utilissime pubblicazioni di storici locali). Sul nodo dei campi per slavi o dellinternamento civile parallelo, si vedano, ancora, Carlo Spartaco Capogreco, Una storia rimossa. Linternamento dei civili jugoslavi da parte dellItalia fascista (1941-43), Annali di studi istriani e mediterranei, Koper (Capodistria), 22/2000, e Costantino Di Sante, Italiani senza onore. I crimini in Jugoslavia e i processi negati (1941-1951), Verona, ombre corte/documenta, 2005, in cui il curatore seleziona e commenta una scelta significativa di documenti sulla vicenda dei crimini italiani in Jugoslavia e dei mancati processi, argomentando con la mancanza di una Norimberga italiana il persistere dello stereotipo del bravo italiano. Unopera seria di divulgazione, che utilizza i risultati delle ricerche di Capogreco e Di Sante, oltre a contributi di altri studiosi e a materiali darchivio, il libro di Gianni Oliva, Si ammazza troppo poco. I crimini di guerra italiani. 1940-1943, Milano, Mondadori, 2006.
Due erano le Zone doperazione soggette allamministrazione tedesca e sottratte alla sovranit italiana, non a caso due zone di frontiera, destinate a essere incorporate nel Reich se la Germania avesse vinto la guerra: la prima comprendeva le province di Belluno, Trento e Bolzano (dunque anche il campo di Bolzano-Gries); la seconda comprendeva le province di Udine, Gorizia, Trieste, Fiume, Pola, Lubiana. Si veda, a questo proposito, E. Collotti, Loccupazione tedesca in Italia con particolare riguardo ai compiti delle forze di polizia, nel volume a cura di C. Di Sante, I campi di concentramento in Italia cit., p. 252.
57
Le leggi razziali
Marcella Pepe Nel 1938 il governo fascista eman le leggi razziali, proseguendo lallineamento con la politica dellalleato nazista (le leggi di Norimberga sono del 1935), iniziato dopo la stipulazione dellAsse Roma-Berlino (1936). Tra il 1938 e lestate del 1939, il Terzo Reich estese la legislazione antiebraica vigente in Germania allAustria, alla Lituania, al territorio dei Sudeti, al protettorato di Boemia, ed ebbero una propria normativa persecutoria anche Romania, Ungheria, Slovacchia. Nei primi due anni di guerra, agli Stati gi con una legislazione antisemitica si aggiunsero la Francia di Vichy (ottobre 1940), la Bulgaria (gennaiofebbraio 1941), la Croazia nata dalla disgregazione della Jugoslavia (aprile 1941), che scelsero fin dallinizio per le loro leggi il criterio classificatorio razziale tedesco e italiano, cui si uniformarono subito anche Romania, Ungheria e Slovacchia. LEuropa si ritrov cos antisemita in pieno XX secolo, a centocinquantanni dalla Rivoluzione francese e dalla Dichiarazione dei diritti delluomo e del cittadino. Lantisemitismo tradizionale e lantisemitismo moderno Occorre premettere che lantisemitismo, ovvero la pregiudiziale ostilit nei confronti degli ebrei, molto pi antico del nazismo e del fascismo e attraversa tutta la storia dellEuropa cristiana. Per i cristiani, infatti, gli ebrei erano il popolo deicida, colpevole delluccisione di Cristo. N le persecuzioni antiebraiche sono una prerogativa del XX secolo, bens una costante della storia europea a partire dal Medioevo. Fondata su accuse assurde, come quella di avvelenare i pozzi per diffondere le malattie epidemiche, la caccia allebreo ha sempre coinvolto grandi masse che si accanivano contro minoranze facilmente riconoscibili e di dimensioni troppo piccole per potersi difendere, facendone un capro espiatorio. Tuttavia, mentre lantigiudaismo tradizionale si basava su motivazioni prevalentemente teolo-
giche, quello moderno si distingue per due elementi nuovi. Uno quello biologico: esiste una razza semitica, e tale rimane a meno che non si diluisca attraverso le generazioni (quattro, secondo le leggi di Norimberga). E nella gerarchia nazista delle razze, nel nuovo ordine nazionalsocialista che prefigurava unumanit ridotta in schiavit al servizio della razza ariana dominatrice, gli ebrei erano al fondo, insieme agli zingari, agli slavi, ai neri. Il secondo elemento, cui si presta generalmente scarsa attenzione, quello politico. Nella ideologia di Hitler, ispirata ad Alfred Rosenberg, il teorico razzista del Terzo Reich, autore del libro Il mito del XX secolo (1930), lantisemitismo si coniugava con la lotta contro il marxismo, bollato come bolscevismo giudaico, e si giustificava come necessit di abbattere la cospirazione giudaica mondiale sostenuta dai cosiddetti Protocolli dei Saggi di Sion, un clamoroso falso probabilmente redatto dalla polizia zarista di inizio Novecento. Nemmeno la legislazione antisemitica in assoluto una novit del XX secolo, bench non avesse mai raggiunto prima una tale sistematicit di elaborazione (fondandosi su presupposti che pretendevano di essere scientifici) e un tale grado di ferocia nellapplicazione (ne furono vittime, secondo stime attendibili, sei milioni di ebrei), da indurre gli storici a usare termini come genocidio (dal greco ghnos, stirpe, a indicare lo sterminio di un intero popolo), Olocausto (sacrificio) o Shoah (che in ebraico significa disastro, catastrofe). Questultimo termine si affermato fuori di Israele sullonda dellemozione suscitata nel 1985 dal film Shoah di Claude Lanzmann e descrive levento dal punto di vista delle vittime, mentre Endlsung (soluzione finale) appartiene allambito burocratico e al linguaggio velato dei persecutori. La legislazione antiebraica in Germania Il 7 aprile del 1933 il Terzo Reich eman le prime leggi razziali, con cui gli ebrei tedeschi vennero esclusi da numerose professioni e as-
58
Capitolo II
sociazioni. Fu definito come non ariano chi avesse anche soltanto un nonno appartenente a una Comunit ebraica. Tale formulazione, poich valutava laspetto religioso, rischiava per di escludere dai non ariani i discendenti di ebrei secolarizzati e non soddisfaceva tutto lestablishment nazista. Fecero chiarezza le leggi di Norimberga del 1935, che aprirono la strada allo sterminio, distinguendo gli ebrei in due categorie: lebreo puro (privato di ogni diritto) e il mezzosangue, librido (Mischling), che a sua volta fu distinto in ibrido di primo grado (al 50%, di incerto destino) e in ibrido di secondo grado (al 25%, destinato allassimilazione con il popolo tedesco). Nel 1938 fu avviato il censimento degli ebrei e di tutti i loro beni e, nella notte tra il 9 e il 10 novembre (detta notte dei cristalli), si scaten il pi gigantesco pogrom che la storia occidentale ricordi, con la distruzione di 267 sinagoghe, 7.500 negozi e larresto di 26.000 ebrei. Con linizio della guerra e linvasione della Polonia (1939) le dimensioni del problema ebraico diventarono enormi. Si calcola infatti che nei territori occupati (da Oslo a Salonicco, da Parigi a Varsavia) gli ebrei fossero circa 3.000.000 e che solo nella parte della Polonia sottomessa al Terzo Reich (il Warthegau, annesso direttamente, e il Governatorato generale) risiedessero almeno 1.800.000 ebrei. Le norme emanate per escludere gli ebrei tedeschi dal consorzio civile si rivelarono di conseguenza largamente insufficienti. I nazisti provvidero allora alla creazione dei ghetti (al primo, costruito a / L dz , seguirono quelli di Varsavia, Cracovia, Lublino, Cze stochowa, Kielce, Lww), dove gli ebrei furono costretti a traslocare abbandonando le loro case e i loro beni. In seguito, dopo linvasione dellUnione Sovietica (22 giugno 1941), il problema della presenza ebraica nelle terre da germanizzare si fece sempre pi grave (erano altri 4.000.000 gli ebrei nella nuova area raggiunta dallavanzata delle truppe tedesche); fu allora che ven-
nero organizzati i gruppi di intervento (Einsatzgruppen) incaricati dei primi feroci massacri, dei quali, secondo calcoli approssimativi, furono vittime circa 800.000 persone. Contemporaneamente venivano aggiunti al gi imponente sistema concentrazionario nazista nuovi Lager adibiti allo sterminio: Auschwitz fu inaugurato il 14 giugno 1940, e nel 1941 furono aperti altri cinque campi nella zona tedesca della Polonia. Quando, il 20 gennaio 1942, nella Conferenza di Wannsee, presso Berlino, fu decisa la soluzione finale ( Endlsung ) del problema ebraico, lo sterminio era gi in atto, sia pure in forma non ancora sistematica, e si trattava soltanto di sincronizzare le linee di condotta di tutte le istanze centrali del Reich al fine di raggiungere lobiettivo in modo ottimale. Il capo del RSHA (Ufficio Centrale per la Sicurezza del Reich), Reinhard Heydrich, inform i partecipanti alla Conferenza dellintenzione di non lasciar sopravvivere neppure una cellula germinale di una nuova rinascita ebraica: tutti gli ebrei presenti sul territorio del Reich dovevano essere trasferiti nei campi dellEst europeo per subire il trattamento finale, ovvero lo sterminio attraverso il lavoro. Le nuove disposizioni giunsero ai comandanti dei KL il 30 aprile 1942 con la Circolare Pohl.
59
Campi di sterminio immediato Auschwitz II-Birkenau Majdanek Chel /mno Bel /z ec Sobibr Treblinka
Stime approssimative dei morti da 1.500.000 a 2.000.000 da 100.000 da 200.000 da 150.000 a 300.000 600.000 da 250.000 a 500.000 da 750.000 a 1.000.000
Fonte: F. Francavilla, I Lager nazisti fra repressione, sterminio e sfruttamento economico, Consiglio Regionale del Piemonte, 1982.
In Italia Precedute dal Manifesto degli scienziati razzisti (14 luglio 1938), sottoscritto da 180 scienziati e redatto (secondo i diari di Botta e Ciano) quasi completamente dallo stesso Mussolini, e da una campagna di stampa che doveva preparare il Paese alla loro ricezione, furono emanate a pi riprese, a partire dal 5 settembre 1938, le leggi razziali, cui fecero immediatamente seguito le ordinanze applicative: 5 settembre 1938: provvedimenti per la difesa della razza nella scuola italiana; 7 settembre 1938: provvedimenti nei confronti degli ebrei stranieri; 15 novembre 1938: integrazione delle norme per la difesa della razza nella scuola italiana; 17 novembre 1938: provvedimenti per la difesa della razza italiana; 29 giugno 1939: disciplina dellesercizio delle professioni da parte di cittadini di razza ebraica. Il 6 ottobre 1938 era stata approvata dal Gran Consiglio del Fascismo la Dichiarazione sulla razza. La lettura del Manifesto degli scienziati razzisti sbalordisce per limpudenza, la palese arbitrariet e linfondatezza storica di certe affermazioni che vengono presentate come scientifiche.
Alcune citazioni: Il concetto di razza concetto puramente biologico. Esso quindi basato su altre considerazioni che non i concetti di Popolo e di Nazione, fondati su considerazioni storiche, linguistiche, religiose. Per alla base delle differenze di Popolo e di Nazione stanno delle differenze di razza. La popolazione dellItalia attuale nella maggioranza di origine ariana e la sua civilt ariana []. Dopo linvasione dei Longobardi non ci sono stati in Italia altri notevoli movimenti di popoli capaci di influenzare la fisionomia razziale della Nazione []. Questa antica purezza di sangue il pi grande titolo di nobilt della Nazione italiana. tempo che gli Italiani si proclamino francamente razzisti. Tutta lopera che finora ha fatto il Regime in Italia in fondo del razzismo. Gli ebrei non appartengono alla razza italiana. Dei semiti che nel corso dei secoli sono approdati sul sacro suolo della nostra Patria nulla in generale rimasto.1 Il re Vittorio Emanuele III firm tutti i decreti; il papa Pio XI protest soltanto contro la norma che vietava i matrimoni misti, invocando il Concordato del 1929; n Pio XI n il suo
1 Il testo complessivo del Manifesto si pu leggere nel saggio di G. Israel / P. Nastasi, Scienza e razza nellItalia fascista, Bologna, il Mulino, 1998, pp. 365-367.
60
Capitolo II
successore Pio XII si pronunciarono pubblicamente su altri provvedimenti. Le leggi razziali italiane si preoccuparono in primo luogo di definire lebreo, con una casistica ancora pi minuziosa di quella delle leggi di Norimberga. Vennero considerati di razza ebraica coloro che avessero: entrambi i genitori di razza e di religione ebraica; un solo genitore di razza ebraica e laltro di nazionalit straniera; un solo genitore di razza o di religione ebraica e laltro di nazionalit italiana; madre di razza ebraica, in caso di padre ignoto. Non venne invece considerato di razza ebraica chi fosse nato da genitori entrambi di nazionalit italiana, di cui uno solo di razza ebraica, ma non appartenente alla religione ebraica. Per il fascismo, dunque, le persone erano di razza ebraica o di razza ariana. La categoria giuridica dei misti, tanto importante in Germania, in Italia non fu considerata. Per questo aspetto le leggi italiane non erano affatto pi lievi di quelle tedesche, anche se non prevedevano violenze fisiche ai danni degli ebrei e non introdussero, neppure durante la Repubblica Sociale Italiana, lobbligo di portare un segno distintivo come la stella gialla. Inoltre, le leggi razziali, nel loro insieme, stabilivano che era proibito ai cittadini italiani di razza ebraica: contrarre matrimonio con persone appartenenti ad altra razza; prestare servizio militare in pace e in guerra; esercitare lufficio di tutore o curatore di minori o di incapaci non appartenenti alla razza ebraica; essere proprietari o gestori di aziende con pi di 100 dipendenti e proprietari di terreni con un estimo superiore a 5.000 lire o di fabbricati con un imponibile superiore a 20.000 lire; avere alle proprie dipendenze, in qualit di domestici, cittadini di razza ariana;
iscriversi alle scuole di ogni ordine e grado, pubbliche o private, frequentate da alunni italiani; insegnare nelle scuole statali o parastatali di qualsiasi ordine e grado e nelle universit (con immediata sospensione dallinsegnamento o dalla libera docenza); esercitare le professioni di notaio e giornalista (per gli altri professionisti era obbligatoria la denuncia di appartenenza alla razza ebraica e liscrizione in elenchi aggiunti da istituirsi in appendice agli albi professionali). Era fatto divieto di avere alle proprie dipendenze persone di razza ebraica: alle amministrazioni civili e militari dello Stato; al Partito Nazionale Fascista; alle Province, ai Comuni e a tutti gli enti pubblici; alle amministrazioni delle aziende municipalizzate e delle aziende collegate agli enti pubblici; alle amministrazioni di imprese private di assicurazione. Cerano tuttavia categorie di ebrei cui non erano applicabili le disposizioni contro la razza: i componenti delle famiglie dei caduti nelle guerre libica, mondiale, etiopica, spagnola e dei caduti per la causa fascista; i mutilati, gli invalidi, i volontari e i decorati al valore nelle guerre sopracitate; gli iscritti al Partito Nazionale Fascista dal 1919 fino al secondo semestre del 1924; i legionari fiumani. Le leggi razziali disponevano, infine, lallontanamento dallItalia di tutti gli ebrei stranieri entro il 12 marzo 1939; quelli ancora presenti sul suolo della Penisola nel maggio del 1940 furono internati nel campo di concentramento calabrese di Ferramonti di Tarsia. Discriminare e non perseguitare era il motto iniziale di Mussolini. Tuttavia, gi nel febbraio del 1940 era stata comunicata ufficialmente allUnione delle Comunit israelitiche italiane lintenzione del regime di espellere entro dieci anni tutti gli ebrei (non solo gli ebrei
61
stranieri) dallItalia, anche se lo scoppio della guerra rese poi impossibile qualsiasi uscita, e il progetto fu accantonato nel corso del 1941. Furono invece emanate disposizioni amministrative per linternamento degli ebrei ritenuti pericolosi (maggio-giugno 1940) e per il lavoro obbligatorio (maggio 1942). Secondo Renzo De Felice (Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, Torino, Einaudi, 1993) la politica del fascismo nei confronti degli ebrei sub una svolta radicale a partire dal 1943, dopo l8 settembre e la costituzione della Repubblica Sociale Italiana, che implic la totale sudditanza del regime mussoliniano rispetto allalleato nazista. In effetti da quel momento la Milizia fascista fu attivissima nel ricercare gli ebrei per consegnarli alle SS, che li caricavano su vagoni blindati e li deportavano nel Reich (il principale campo di smistamento era a Fossoli, presso Modena). E certamente dallautunno del 1943 la discriminazione si trasform in aperta persecuzione. Lo storico Michele Sarfatti imposta per il problema diversamente.2 Secondo Sarfatti, occorre retrodatare lavvio in Italia di una vera e propria politica antisemitica e correggere lidea di un antisemitismo italiano blando e in fondo propagandistico, almeno fino alla Repubblica di Sal. Egli afferma che fin dal 1936 Mussolini aveva deciso di risolvere la questione ebraica dotando lItalia di una moderna politica antiebraica e che la decisione di promulgare le leggi razziali non fu leffetto di pressioni tedesche, bens unazione politica autonoma, sebbene correlata a fattori quali lalleanza con la Germania, la conquista dellEtiopia, lesigenza di forgiare il carattere fa-
scista degli italiani e di giungere a un totalitarismo perfetto. E fu una decisione attinente pi alla politica interna che alla politica estera, influenzata dallostilit verso le prese di posizione critiche degli ebrei contro la guerra imperiale e dalla loro solidariet nei confronti dei correligionari perseguitati dai nazisti. Insomma, le leggi avevano una finalit antiebraica, non furono un atto strumentale ad altre politiche.3 Comunque lantisemitismo fascista prepar il terreno allo sterminio deciso dalla Germania nazista, come sottolinea Liliana Picciotto Fargion.4 E lo storico Enzo Collotti fa rilevare che il compito delle SS fu enormemente agevolato dalla preesistenza di strumenti della individuazione nominativa, della localizzazione, con tanto di indirizzi di residenza e di abitazione, degli ebrei italiani e stranieri residenti in Italia [], raccolti presso le anagrafi e una serie di altri enti pubblici []. Alla stessa stregua, luso dei campi di concentramento e delle strutture di reclusione allestite dal regime fascista offr ai tedeschi la possibilit di procedere con relativa rapidit alla fase preliminare della deportazione.5 Si potrebbe dire, parafrasando Michele Sarfatti, che la politica antiebraica del regime fascista si articol in due distinte fasi, autonome ma nello stesso tempo legate luna allaltra: quella della persecuzione dei diritti (autunno 1938-estate 1943), caratterizzata dalla promulgazione delle leggi razziali, e quella della persecuzione delle vite (8 settembre 1943-25 aprile 1945), segnata per gli ebrei dagli arresti e dalle deportazioni, o dalla vita in clandestinit e dalla partecipazione alla Resistenza.6
2 Numerose sono le pubblicazioni di Michele Sarfatti sulla persecuzione antiebraica in Italia, a partire da Gli ebrei negli anni del fascismo (pubblicato nel secondo dei due volumi Gli ebrei in Italia, curato da Corrado Vivanti per gli Annali della Storia dItalia, Torino, Einaudi, 1997), cui sono seguti, sempre per la Einaudi, i saggi: Gli ebrei nellItalia fascista. Vicende, identit, persecuzione (2000); Le leggi antiebraiche spiegate agli italiani di oggi (2002); La Shoah in Italia. La persecuzione degli ebrei sotto il fascismo (2005). Si tratta di opere serie e rigorose, ma al contempo sintetiche e di scorrevole lettura, dunque particolarmente adatte al mondo della scuola. 3 M. Sarfatti, Le leggi antiebraiche spiegate agli italiani di oggi cit., p. 14 e La Shoah in Italia. La persecuzione degli ebrei sotto il fascismo cit., pp. 77-78. 4 L. Picciotto Fargion, Il Libro della memoria. Gli ebrei deportati dallItalia. 1943-1945, Milano, Mursia 2002 (edizione aggiornata rispetto a quella del 1991). Il libro cataloga tutte le vittime identificate per nome, dati biografici essenziali, notizie principali sullarresto e la deportazione o luccisione in Italia. 5 E. Collotti, Introduzione a C. Di Sante (cur.), I campi di concentramento in Italia. Dallinternamento alla deportazione (1940-1945), Milano, FrancoAngeli, 2001, p. 12. 6 M. Sarfatti, La Shoah in Italia. La persecuzione degli ebrei sotto il fascismo cit., p. 75.
62
Capitolo II
I perseguitati dalle leggi razziali italiane furono 51.100, di cui 46.656 ebrei e 4.500 non ebrei (41.300 italiani e 9.800 stranieri).7 Loperazione pi importante ai danni degli ebrei italiani, se non altro per il numero di vittime (1.023), fu quella del primo rastrellamento compiuto allalba del 16 ottobre 1943 nel Ghetto di Roma: ce ne d una stupenda, vivissima descrizione Giacomo Debenedetti in 16 ottobre 1943 (Milano, OET, 1945; Palermo, Sellerio, 1993). Tra emigrazioni, fughe, uccisioni, deporta-
zioni, il calo della popolazione ebraica in Italia dal 1938 al 1945 fu del 48%: nel 1945, infatti, i 46.656 gli ebrei presenti sul territorio italiano nel 1938 si erano ridotti a 26.938.8 Alle vittime identificate vanno aggiunti tutti coloro che furono arrestati senza lasciare traccia o non sono identificabili per nome e cognome perch entrati in Italia senza essere stati registrati alle frontiere. Si tratta di almeno altre 900-1.000 persone, che portano il totale delle vittime ad almeno 8.529.9
Le vittime identificate della Shoah in Italia furono 7.579, come appare dalla seguente tabella. arrestati e deportati arrestati e morti in Italia arrestati e scampati in Italia 6.806 322 (di essi 42 non furono in realt arrestati: si suicidarono o furono uccisi mentre sfuggivano allarresto o morirono per gravi disagi o privazioni) 451 (numero indicativo in quanto non possibile al momento elaborare tabelle complete; si tratta di evasi, di liberati o di altri casi) 7.579
totale identificati
Ibidem, p. 83. Si veda anche Idem, Le leggi antiebraiche spiegate agli italiani di oggi cit., p. 22. Dati tratti dal sito della Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea, www.cdec.it. Sul sito si possono trovare i testi delle leggi razziali dellItalia fascista, la statistica generale degli ebrei vittime della Shoah in Italia (tavole riportate dal gi citato Libro della memoria di L. Picciotto Fargion), bibliografie e strumenti. 9 http://www.cdec.it, visitato nel giugno-ottobre 2006.
8
63
viva direttamente alleconomia della SS (aziende agricole), ma soprattutto agli apparati produttivi di grandi consorzi tedeschi, di cui i pi noti sono la IG-Farbenindustrie, gli Hermann Gring Werke, la Siemens-Suckert. Si trattava di attivit legate allindustria bellica e ad alcune ricerche sperimentali: miniere di carbone, industria chimica, armamenti, edilizia. A partire dallestate 1941 il territorio di Auschwitz fu individuato anche come localit in cui collocare le strutture distruttive necessarie allattuazione della soluzione finale. Il progetto del sottocampo per prigionieri di guerra di Auschwitz II-Birkenau, risalente allinizio del 1941, fu trasformato in progetto di campo di sterminio immediato. Larea interessata era quella di Brzezinka (in tedesco Birkenau), a circa 3 km dal campo principale. I deportati (prevalentemente russi e polacchi) lavorarono alla costruzione del campo fra il marzo del 1941 e il febbraio del 1942, mentre sorgeva contemporaneamente un altro Lager (detto poi Auschwitz III) presso lo stabilimento industriale di Buna, nelle vicinanze di Monowice (Monowitz in tedesco), a circa 7 km dal campo principale. Allingegneria della guerra e dello sterminio contribuirono non solo gli imprenditori e i capitalisti tedeschi, ma anche imprese di vari Paesi, Italia compresa. Nel marzo 1942 a Roma i dirigenti della IG-Farben firmarono un accordo con un consorzio di imprese edili italiane, il Gruppo italiano, per la costruzione degli edifici della nuova fabbrica [cio Buna]; le imprese fornivano anche la manodopera. Lo storico Brunello Mantelli ha ricostruito la vicenda e ha ritrovato pure una copia del contratto, pubblicato nel 1942 a cura della Federazione nazionale fascista costruttori edili. Raggruppamenti Germania, con il nome delle aziende che vinsero lappalto.3
1 D. Czech, Genesi, costruzione e ampliamento del campo, in Auschwitz. Il campo nazista della morte, Os wie cim, Museo AuschwitzBirkenau, 1995, p. 26. 2 2 R. Hilberg, La distruzione degli Ebrei dEuropa, trad. it. di F. Sessi / G. Guastalla, Torino, Einaudi, 1995, 1999 , p. 957. 3 G. Nebbia, Lingegneria dello sterminio, in T. Bastian, Auschwitz e la menzogna di Auschwitz, trad. it. di E. Grillo, Torino, Bollati Boringhieri, 1995, p. 124; cfr. B. Mantelli, Il cantiere di Babele, in Storia e dossier, a. V, n. 44 / ottobre 1990.
64
Capitolo II
Per le uccisioni di massa i dirigenti del Lager in primo luogo il comandante Rudolf Hss sperimentarono una tecnica di gassazione diversa da quelle usate nel Programma di Eutanasia (T4) e negli altri centri di sterminio immediato. Al monossido di carbonio Hss sostitu lacido cianidrico (nome commerciale: Zyklon-B, un potente antiparassitario). Gli esperimenti furono condotti nel campo principale (Auschwitz I) a partire dallagosto 1941. In settembre, nei sotterranei del Blocco 11, fu eseguita la prima gassazione di massa: 600 prigionieri di guerra sovietici e 250 malati. Venne poi attrezzato un locale presso il crematorio: vi furono uccisi centinaia di prigionieri di guerra sovietici e, a partire dallautunno 1941, gli ebrei che arrivavano con i primi trasporti destinati allo sterminio. I trasporti giungevano in treno; le vittime venivano avviate verso il crematorio e portate nelle finte docce adiacenti. Il basso rendimento del crematorio, costruito nel 1940 per scopi pi ordinari, port al trasferimento di queste operazioni nel nuovo campo di Birkenau. Con Birkenau si venne a creare una sistematica e specifica industria di morte, organiz-
zata in fasi e suddivisioni del lavoro di tipo industriale: la disposizione dei settori, delle baracche e degli edifici, la dislocazione dei raccordi ferroviari, le attivit e i ritmi delle squadre di lavoro interne al campo furono resi funzionali al progetto di sterminare principalmente gli ebrei e gli altri gruppi giudicati inferiori (gli zingari). Nelle camere a gas erano inviati, allarrivo, i gruppi destinati alla soppressione immediata o gli inabili al lavoro (selezionati in base a criteri variabili, a seconda del momento); a essi si aggiungevano i prigionieri deperiti, malati e giudicati inutili nel corso delle periodiche selezioni. Nellestate 1942 vennero messe in funzione le prime due camere a gas (Bunker I e II), collocate in edifici rurali riadattati. I morti erano sepolti, e pi tardi incinerati, in fosse adiacenti. Lintensificazione di tale attivit distruttiva di massa port, verso la fine del 1942, a un ulteriore e pi vasto progetto, comprendente, al termine dei lavori, quattro edifici, denominati Crematorio II, III, IV, V. I primi due comprendevano camere a gas sotterranee (Badeanstalten, bagni-docce), depositi per i corpi (capacit di 2.000 cadaveri), montacarichi, forni crematori. I Crematori IV e V avevano le camere a gas in superficie e presentavano dimensioni pi ridotte. Fu perfezionata anche lorganizzazione dei convogli in arrivo. Allinizio, i treni scaricavano i deportati nei pressi del campo principale; dallestate del 1942 i convogli si fermarono allo scalo merci di Os wie cim, circa a met strada fra Auschwitz I e Auschwitz II: la selezione degli inabili al lavoro avveniva sulla banchina darrivo. Dal maggio del 1944 i convogli furono fatti arrivare direttamente a Birkenau: la selezione si teneva sulla banchina, o rampa, posta fra il settore
65
Alla fine del 1943 larea di Auschwitz presentava il seguente assetto: a) il campo principale (campo maschile), con settori per le esecuzioni, limprigionamento (Bunker), un crematorio (la camera a gas annessa aveva avuto unutilizzazione limitata dal 1942 alla primavera 1943), settori amministrativi e archivi; b) il campo di Birkenau, diviso in settori: un grande campo femminile (settori BIa e BIb), due settori maschili, un ospedale maschile e uno femminile, in cui fra laltro si svolsero efferate sperimentazioni pseudo-mediche e farmacologiche (Clauberg, Mengele) su uomini, donne e bambini, con la complicit di istituti di ricerca e di aziende farmaceutiche; il Campo per famiglie di zingari, quello per le famiglie ebraiche provenienti da Terezn, e larea dei crematori per lo sterminio immediato. Comandante del campo, fino al novembre 1943, fu lSS Rudolf Hss, poi sostituito nel momento in cui Auschwitz venne definitivamente suddiviso in tre settori: il campo principale (Stammlager), KL Auschwitz I; il KL Auschwitz II (Birkenau); il KL Auschwitz III (Monowitz) e i circa quaranta sottocampi, pi
4
o meno lontani dallarea principale. Verso lautunno-inverno 1944, anche in seguito alla grande rivolta dei Sonderkommando dei Crematori IV, V e II di Birkenau, che distrusse completamente il Crematorio IV (7 ottobre), le operazioni di sterminio immediato vennero gradatamente sospese e si avvi un progressivo smantellamento del campo, anche in considerazione della vicinanza dellesercito sovietico (attestato a 200 km di distanza). Furono predisposti piani di evacuazione del campo, con trasferimenti di prigionieri ad altri KL. Si disloc anche la maggior parte del contenuto dei magazzini (proveniente dalla spoliazione delle vittime allarrivo); vennero distrutti in parte gli archivi e si smantellarono i crematori, spostandone le parti utili in Germania e distruggendo le strutture fisse. Il Crematorio V e le relative camere a gas funzionarono al massimo del loro rendimento fino alla seconda met di gennaio del 1945.4 Lultimo tragico capitolo della storia di Auschwitz riguarda il piano di abbandono del
A. Strzelecki, Evacuazione, liquidazione e liberazione del campo, in Auschwitz. Il campo nazista della morte cit., p. 246.
maschile e quello femminile del campo. Il sistema dello sterminio mediante il gas, gi allusivamente preannunciato da Hitler nel Mein Kampf, aveva cos raggiunto il suo livello organizzativo e tecnologico pi elevato. Fra lestate del 1942 e lestate del 1944 furono mandati a morte centinaia di migliaia di ebrei dEuropa e gli zingari del Campo per famiglie di Birkenau (settore BIIe), che aveva imprigionato, fra il febbraio e il luglio 1944, pi di 20.000 uomini, donne e bambini.
66
Capitolo II
campo, messo a punto alla fine del 1944 e attuato a met gennaio 1945. Dai campi e dai sottocampi, fra il 17 e il 21 gennaio, circa 60.000 prigionieri vennero avviati in lunghe colonne appiedate verso alcuni centri ferroviari, costretti a camminare per decine e in qualche caso centinaia di chilometri. I superstiti furono caricati su vagoni ferroviari scoperti e trasportati verso altri KZ: Sachsenhausen, Bergen Belsen, Buchenwald, Dora, Flossenbrg, Dachau, Mauthausen Questi trasporti, denominati marce della morte, causarono migliaia di morti e furono accompagnati da esecuzioni individuali e di massa. Nel frattempo, ad Auschwitz, le SS distrussero i crematori e incendiarono magazzini, archivi, in alcuni casi anche le baracche con i prigionieri incapaci di marciare. Nei tre campi (Auschwitz I, Birkenau, Monowitz) erano comunque rimasti circa 7.000 prigionieri, liberati dai soldati sovietici il 27 gennaio. Il calcolo dei prigionieri passati per Auschwitz reso complesso, oltrech dalla scomparsa della documentazione, distrutta in gran parte con labbandono del Lager, dal duplice carattere (sterminio immediato e sterminio mediante il lavoro) del campo. Il numero dei prigionieri ufficialmente registrati assomma a circa 400.000 persone, di cui poco pi della met ebrei, e per il resto polacchi (140.000), zingari (21.000), prigionieri di guerra sovietici (12.000) e appartenenti a varie nazionalit. Soggetto a valutazioni anche molto distanti fra loro il numero dei non registrati (tutti ovviamente uccisi). Secondo Frantiek Piper, dei circa 1.300.000 deportati ne sopravvissero 223.000, i restanti 1.100.000 perirono nel campo, e se questo dato da considerare approssimato per difetto, allo stato attuale delle ricerche [] non vi sono elementi per affermare che una tale cifra sia stata superiore a 1.500.000 individui.5
Bibliografia. La bibliografia su Auschwitz vastissima. Oltre allormai classico volume di Hermann Langbein, Uomini ad Auschwitz. Storia del pi famigerato campo di sterminio nazista , trad. it. di D. Ambroset, Milano, Mursia, 1984, si pu segnalare la veloce ma precisa (e spesso innovativa) messa a punto di Sybille Steinbacher, Auschwitz. La citt, il Lager , trad. it. di U. Grandini, Torino, Einaudi, 2005. Fra numerosi altri testi si possono vedere: i due C D Destinazione Auschwitz (1: Verso Auschwitz; 2: La fabbrica dello sterminio), ProediCDEC, Milano, 2000; ledizione italiana del Kalendarium di Danuta Czech (reperibile soltanto su www.deportati.it; prevista unedizione a stampa, in traduzione italiana, per il 2007): una minuziosa cronologia di avvenimenti, anno per anno e giorno per giorno, con le indicazioni delle fonti, perlopi archivistiche, da cui sono desunte le informazioni; per riflessioni di tipo storiografico, che affrontano anche il problema del cosiddetto revisionismo: Giovanni Gozzini, La strada per Auschwitz. Documenti e interpretazioni sullo sterminio nazista , Milano, Bruno Mondadori, 1996; Till Bastian, Auschwitz e la menzogna su Auschwitz. Sterminio di massa e falsificazione della storia , trad. it. di E. Grillo, Torino, Bollati Boringhieri, 1996; sul funzionamento della catena dello sterminio ad Auschwitz e sul rapporto fra tecnologia e genocidio: Jean-Claude Pressac, Le macchine dello sterminio. Auschwitz 1941-1945, trad. it. di M. Chamia, Milano, Feltrinelli, 1993; per un inquadramento generale dello sterminio del popolo ebraico: Shoah. Gli ebrei e la catastrofe , Milano, Electa/Gallimard, 1995, oltre naturalmente allopera fondamentale di Raul Hilberg, La distruzione degli Ebrei dEuropa, trad. it. di F. Sessi / G. Guastalla, Torino, Einaudi, 1995, 19992 (2 voll.); anche la memorialistica richiederebbe una trattazione specifica. Non citiamo ovviamente le note opere di riferimento di Primo Levi. Ci limitiamo a segnalare: Giuliana Tedeschi, Questo povero corpo, Milano, Edit, 1946, ora ristampato in ed. anastatica (Alessandria, Edizioni dellOrso, 2005) e C un punto della terra... Una donna nel Lager di Birkenau, Firenze, Giuntina, 1988 sgg.; Liana Millu, Il fumo di Birkenau, Genova, Locatelli, 1947 e ora Firenze, Giuntina, 1986 sgg.; Charlotte Delbo, Un treno senza ritorno , trad. it. di L. Collodi, Casale Monferrato, Piemme, 2002; Pio Bigo, Il triangolo di Gliwice. Memoria di sette Lager, Alessandria, Edizioni dellOrso, 1998 sgg. Si pu avere un panorama pi completo al sito gi citato www.deportati.it.
67
totale di circa 7.500 deportati con 518 superstiti, pari a poco pi del 7%. A tale cifra vanno naturalmente sommati per completare il quadro della deportazione ebraica dallItalia, che costituisce un aspetto della Shoah i circa 1.000 ebrei deportati dallItalia verso Lager diversi da Auschwitz (Ravensbrck, Flossenbrg, Buchenwald, Bergen Belsen). Liliana Picciotto Fargion ha identificato 8.566 nominativi di persone deportate (poco pi di 1.000 superstiti alla liberazione). 1 La disaggregazione di questi dati statistici rivela aspetti impressionanti. Pi di 100 risultano i bambini di et inferiore a un anno, circa 500 quelli di et compresa fra due e dieci anni. Oltre 500 furono gli ultrasettantenni deportati.2 Diversamente dagli altri Paesi dellEuropa occidentale occupati dai nazisti, in Italia non vi fu alcuna fase preparatoria nellorganizzazione dei rastrellamenti, dal momento che le leggi razziali del 1938 avevano creato le condizioni necessarie allattuazione dei piani nazisti: in particolare, la schedatura degli ebrei, costantemente aggiornata dal regime fino al 25 luglio 1943, e la presenza di un organismo che presiedeva, dipendendo dal Ministero dellInterno, allattuazione delle norme antiebraiche, la Direzione generale per la demografia e la razza (Demorazza). Anche se fra i due regimi, fascista e nazista, non vi fu coordinamento n intenzione di continuit [...] occorre sottolineare con forza che lantisemitismo fascista prepar il terreno allo sterminio deciso dalla Germania nazista.3 La prima grande deportazione di ebrei italiani si verifica quindi a breve distanza dalla nascita della Repubblica di Sal: il 16 ottobre 1943 vengono rastrellati a Roma 1.023 ebrei, che giungeranno ad Auschwitz il 22 ottobre. Di essi, 839 saranno immediatamente elimi-
L. Picciotto Fargion, Il Libro della memoria cit., pp. 28, 34, anche se, come s detto, sul sito della Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea (www.cdec.it, visitato nel giugno-ottobre 2006) si trova laggiornamento della cifra a 8.529. Cfr. la guida Le leggi razziali, p. 62, n. 9. 2 Ibidem, pp. 26-33. 3 Ibidem, p. 810.
68
Capitolo II
nati nelle camere a gas. Fino a dicembre, le retate e gli arresti furono organizzati e gestiti dai nazisti, mentre a partire dal 1944 la situazione divenne pi complessa, e sintrecciarono, nella dinamica dei rastrellamenti e delle deportazioni, decisioni e competenze sia italiane sia tedesche. Fu creato un campo di transito a Fossoli di Carpi, presso Modena, dove i prigionieri ebrei attendevano il formarsi dei convogli per Auschwitz. Con levoluzione del conflitto, il campo fu smantellato (luglio-agosto 1944) e ne venne organizzato uno pi a Nord, il campo di transito di Bolzano. Anche di qui partirono convogli di ebrei per Auschwitz e talora per altri Lager (Ravensbrck, Flossenbrg). Altri trasporti per Auschwitz partirono dalla Zona del Litorale Adriatico. Gli ebrei erano concentrati nel Lager triestino della Risiera di San Sabba (un vecchio essiccatoio di riso situato alla periferia di Trieste), che fungeva anche da magazzino di raccolta dei beni razziati e da luogo di imprigionamento e assassinio di partigiani e antifascisti (nella Risiera fu allestito un forno crematorio, segno di una elevata mortalit). Dalla Risiera si formavano poi i convogli per Auschwitz, sovente misti (politici ed ebrei). Deportati politici italiani ad Auschwitz Un esiguo numero di politici italiani, ancora poco conosciuto, risulta immatricolato ad Auschwitz, come si potuto rilevare da quanto detto in precedenza. Si registrano scrive Liliana Picciotto Fargion da Trieste molti casi di politici deportati verso Auschwitz anzich verso i Lager tedeschi loro destinati.4 Ma Auschwitz poteva essere raggiunto anche in modo meno diretto. Si segnalano qui, a titolo desempio della complessit dei percorsi seguti, due casi: 1. un gruppo di operaie milanesi fu arrestato in occasione degli scioperi del marzo 1944. Imprigionate prima a San Vittore, poi in una ca-
serma di Bergamo, il 24 marzo partono per la Germania su un convoglio misto: in un vagone le donne (una settantina secondo la testimonianza di Loredana Bulgarelli5), negli altri gli uomini. Arrivate a Mauthausen le donne sono chiuse nella prigione del campo; non ricevono matricola, e quindi il loro passaggio non viene registrato. Il 25 aprile 1944 sono deportate ad Auschwitz, dove ricevono un numero di matricola compreso tra le serie 79000 e 81000. Alcune di loro risultano poi trasferite nel Lager di Flossenbrg, e l nuovamente immatricolate; 2. da Mauthausen, a fine novembre 1944, circa 1.120 deportati (tra loro 165 italiani, di cui 23 giunti nel Lager austriaco il 20 marzo 1944) sono spostati ad Auschwitz. Un mese e mezzo dopo, i superstiti italiani ritorneranno a Mauthausen o saranno evacuati su altri Lager (Buchenwald; solo uno, il saluzzese Armando Zoccola, sar liberato dai sovietici ad Auschwitz). un gruppo professionalmente compatto: meccanici con varia specializzazione, saldatori, elettricisti (anche se non tutti furono poi impiegati in modo coerente), che vennero mandati ad Auschwitz III per ultimare i lavori di Buna.
Bibliografia. Uno strumento fondamentale di ricerca costituito dallo studio gi pi volte citato di Liliana Picciotto Fargion, Il Libro della memoria. Altrettanto rilevante (anche se dimpianto pi discorsivo) il volume di Susan Zuccotti, LOlocausto in Italia, Milano, Mondadori, 1988. Per il tragico capitolo dei bambini deportati si veda I bambini deportati dallItalia e dal Dodecaneso, in Lidia Beccaria Rolfi / Bruno Maida, Un futuro spezzato. I nazisti contro i bambini, Firenze, Giuntina, l997, pp. 155 sgg. Sulla storia e la dinamica dei trasporti dallItalia verso i Lager nazisti si veda Italo Tibaldi, Compagni di viaggio. DallItalia ai Lager nazisti. I trasporti dei deportati 1943-1945, Milano, FrancoAngeli, 1994. La vicenda degli ebrei rifugiatisi nel settembre 1943 a Borgo S. Dalmazzo stata ricostruita da Alberto Cavaglion, Nella notte straniera. Gli ebrei di St-MartinVsubie, Cuneo, LArciere, 1991.
4 5
Ibidem, p. 867. Cfr. M. Paulesu Quercioli, Lerba non cresceva ad Auschwitz, Milano, Mursia, 1994, pp. 53-72.
69
per gli ebrei. Ebrei e zingari vennero schedati su registri a parte, ma non immatricolati (secondo le ultime ricerche avrebbero costituito circa il 10% delle 12.000 presenze nel campo). Le donne imprigionate o in transito furono circa un migliaio; si trattava di ostaggi (parenti di partigiani altoatesini), di prigioniere politiche di passaggio (destinate prevalentemente al Lager di Ravensbrck), di ebree italiane e di altre nazioni europee, quasi tutte avviate ad Auschwitz; si segnala anche la presenza di un gruppo di zingare italiane. I bambini (in numero non superiore alla ventina) erano prevalentemente ebrei e vivevano con le madri nella baracca femminile. La detenzione a Gries poteva durare da pochi giorni a molti mesi, dato il suo carattere di Lager prevalentemente di transito (Durchgangslager). A partire dal 2 febbraio 1945, i bombardamenti della linea ferroviaria impedirono le deportazioni di gruppi consistenti di prigionieri, che poterono essere avviati in Germania solo con automezzi (circa 30 persone inviate a Dachau). Pot cos salvarsi un centinaio di ebrei italiani, fra cui Giacomo Debenedetti, chazan presso la Sinagoga di Torino, arrestato mentre si prodigava per i superstiti della Comunit, ridotti a vita clandestina. Le strutture gerarchiche, che potevano coinvolgere anche i prigionieri (capilavoro, capiblocco), erano analoghe a quelle degli altri Lager, e cos pure lorganizzazione della giornata, comprendente operazioni di appello mattutino, squadre di lavoro allesterno o allinterno del campo (mediamente 10 ore lavorative), appello serale. Le squadre di lavoro esterno erano sfruttate come manodopera gratuita per lavori pesanti e pericolosi in citt e nei dintorni: produzione bellica, rimozione macerie dei bombardamenti e brillamento mine, lavori agricoli, immagazzinamento beni razziati dai nazisti. Furono anche istituiti alcuni sottocampi (in baracche, attendamenti, caserme) in varie localit altoatesine: Merano, Certosa di Val Senales, Val Sarentino, Vipiteno, Dobbiaco, Colle Isarco.
70
Capitolo II
Particolarmente dure erano le condizioni dei prigionieri giudicati pericolosi (blocchi D ed E) o rinchiusi nelle celle, esposti alle violenze continue di due guardie SS ucraine oltremodo crudeli, Michael Seifert e Otto Sain. Nel campo operava anche un comitato clandestino di resistenza, che aveva contatti con lesterno e pot agevolare numerosi tentativi di fuga, non sempre riusciti.
Bibliografia. Per una ricostruzione dettagliata si rimanda alla voce di Frediano Sessi nel Dizionario della Resistenza, a cura di E. Collotti / R. Sandri / F. Sessi, Torino, Einaudi, 2001, vol. II (Luoghi, formazioni, protagonisti), pp. 404-406.
goria pi numerosa, in quellepoca, era costituita dai cosiddetti asociali (60%), seguti dai politici (20%), dai criminali comuni (14%), dai Bibelforscher (Testimoni di Geova, 5%) e da un pi ristretto gruppo di triangoli rosa (omosessuali). Un ulteriore afflusso si ebbe con lAnschluss dellAustria (1938); da Dachau arrivarono pi di 2.000 ebrei austriaci. Altri ebrei (oltre 9.000) vi furono rinchiusi, ma per un breve periodo, in seguito alla Kristallnacht (notte dei cristalli, 9-10 novembre 1938). Con lo scoppio della guerra (settembre 1939) il KL Buchenwald accentu il suo carattere di campo di annientamento, ma si trasform poco dopo anche in luogo di produzione bellica. Nellautunno-inverno 1939, mentre la popolazione del KL toccava le 20.000 unit, fu creata una zona di attendamenti (campo tenda) presso il piazzale dellappello: deportati polacchi ed ebrei austriaci vi furono lasciati morire di fame e di freddo. Nel settembre 1940 la DAW (unindustria di propriet SS)1 install, ai margini del KL, una zona di produzione; lesempio fu poi seguto dalla Gustloff, altra industria di armamenti gestita dalla SS. Per i prigionieri inabili al lavoro in conseguenza dei maltrattamenti fu praticato, verso la fine del 1941, il sistema delle selezioni e delleliminazione nei Centri di Eutanasia istituiti per lOperazione T4 (vennero uccisi oltre 500 prigionieri, in maggior parte ebrei). Unaltra eliminazione sistematica fu quella dei prigionieri di guerra sovietici, fucilati in una zona esterna al campo, tra il 1941 e il 1943, dalla squadra SS del Kommando 99 (oltre 8.400 vittime, non immatricolate). Allinizio del 1942 risale listituzione di un settore destinato agli esperimenti medici. Un apposito settore a Nord dei blocchi ven-
Il KL Buchenwald
a) Breve storia del Lager
Lucio Monaco Il KL Buchenwald, situato nella Germania centrale, in Turingia, a breve distanza da Weimar, fu aperto il 15 luglio 1937, con il nome di KL Ettersberg, mutato in KL Buchenwald (bosco dei faggi) alla fine dello stesso mese. Un fianco della collina di Ettersberg venne disboscato dai primi 150 prigionieri, in maggioranza detenuti comuni, provenienti dal KL Sachsenhausen (sorto un anno prima). Altri deportati, in genere politici, furono trasferiti poco dopo dal KL Lichtenburg. I lavori di costruzione durarono fino al 1939, culminando nelledificazione del crematorio (inverno 1939-40). Larea recintata da pi di tre chilometri di filo spinato misurava 40 ettari. Concepito per una capienza massima di 6.000 prigionieri, il Lager ne contava 7.723 gi nellestate 1938 (tutti maschi; solo nellestate 1944 affluirono donne deportate). La cate-
71
ne poi ulteriormente recintato e adibito a campo di quarantena. In questarea, chiamata Piccolo campo (Kleines Lager), venivano anche confinati gli inabili per morirvi dinedia e di mancanza di cure (vi per fra gli altri il sociologo francese Maurice Halbwachs). Il KL sub una crescita esponenziale nel numero dei prigionieri, passando dalle 8-9.000 presenze del 1941 e 1942 alle oltre 37.000 del dicembre 1943. Furono progressivamente aperti oltre cento sottocampi (Lager dipendenti, Nebenlager), di cui alcuni confluirono nel KZ principale di Mittelbau-Dora. Lavorarono e morirono nei 129 sottocampi e nel complesso di Dora prigionieri di ogni nazionalit: fra gli italiani, molti rifugiati in Francia, deportati fra il 1942 e il 1943; militari italiani, giunti alla fine del 1943; e politici italiani soprattutto dalla Venezia Giulia nel 1944. Le prime donne deportate iniziarono ad affluire nellestate 1944: costituiranno un terzo delle presenze, su un totale, per quellanno, di oltre 60.000 deportati (solo met detenuti nel Lager principale). Il culmine del processo di sovrappopolazione del Lager si ebbe tra le due prime settimane di gennaio 1945. Lappello del 1 gennaio, infatti, registr 63.189 prigionieri maschi e 24.210 femmine; il 15, erano diventati rispettivamente 83.906 e 26.650. Su Buchenwald venivano fatti confluire i prigionieri evacuati dai Lager orientali; a sua volta la direzione del KL cerc di alleggerire questa pressione demografica insostenibile con trasporti successivi verso altri Lager (Mauthausen, Bergen Belsen). La liberazione del KL Buchenwald legata alla storia delle organizzazioni clandestine di Resistenza sviluppate gi a partire dalla fine del 1938, quando i politici tedeschi e austriaci (caratterizzati dal triangolo rosso) prendono il controllo delle posizioni prima riservate ai delinquenti comu-
ni (triangolo verde). Quando giunsero deportati di altre nazionalit prese forma lILK (Internationale Lager Komitee, presieduto dal comunista tedesco Walter Bartel, luglio 1943) che diede vita nel 1944 allIMO (Internationale Militrische Organisation), che arriv a raccogliere oltre 900 membri, di dodici nazionalit. Tale rete organizzativa, in cui confluiva anche il Comitato italiano di Solidariet coordinato da Fausto Pecorari e da Ferdinando Zidar, riusc a impedire la realizzazione del piano nazista di evacuazione, di liquidazione del campo e di uccisioni mirate di prigionieri. L11 aprile lIMO guid la rivolta che port alla liberazione del campo prima dellingresso dellesercito USA (13 aprile). Un calcolo approssimato per difetto assomma a 240.000 il totale dei deportati a Buchenwald (Lager centrale e sottocampi); di questi risultano deceduti circa 56.000 prigionieri (con un tasso di mortalit oscillante intorno al 25%. Gli italiani furono una minoranza piccola ma attiva: circa 2.500-3.000 persone, di cui, nei giorni della liberazione, 178 erano presenti nel Lager centrale. Su 2.471 nominativi sicuramente rintracciati, il totale degli italiani deceduti di 995 persone. Salvo poche eccezioni, la quasi totalit fu deportata dallarea triestina.
Monumento alle vittime di Buchenwald (febbraio 2002)
72
Capitolo II
prigionieri provenienti dalla Polonia. Inoltre cerano il complesso degli edifici dellamministrazione, le baracche delle SS, le fabbriche del campo e il camino del forno crematorio, dal quale usciva in permanenza il fumo nero dei cadaveri bruciati. Al centro, limmenso rettangolo della piazza dellappello e, intorno, il filo spinato percorso da corrente elettrica ad alta tensione. Allesterno del campo cerano le baracche, dette villette, degli ospiti speciali, tra cui lex Presidente del Consiglio francese Lon Blum e la Principessa Mafalda di Savoia. Oggi la struttura del campo pressoch intatta. Sono ancora visibili il perimetro di filo spinato, gli uffici del comando, la piazza dellappello. Le aree dove sorgevano le baracche (distrutte nel dopoguerra per motivi igienici) sono indicate da varie superfici di pietrisco. Un museo illustra la vita del campo e i suoi orrori. Levacuazione e la liberazione Negli ultimi mesi di guerra Buchenwald era sovraffollato a causa dei trasporti provenienti da altri campi, ma ormai il cerchio intorno alla Germania si stringeva sempre pi e il 5 aprile 1945, di fronte allincalzare delle truppe alleate, le SS cominciarono a evacuare il campo principale e i campi satelliti. Dei 28.250 prigionieri evacuati dal campo principale, circa 13.500 furono uccisi o morirono di stenti e di fatica nel corso dellevacuazione. Il numero complessivo di prigionieri di Buchenwald e dei campi satelliti che furono vittime dellevacuazione stimato in 25.500. Ma i nazisti non riuscirono a completare loperazione perch i membri della Resistenza clandestina, sabotando gli ordini delle SS, ne rallentarono lo svolgimento. E l11 aprile 1945, mentre molti uomini della SS si davano alla fuga, ordinarono linsurrezione e presero il controllo del campo senza attendere larrivo dellesercito americano, liberando 21.000 prigio-
R. Antelme, La specie umana, trad. it. di G. Vittorini, Torino, Einaudi, 1969, 19972, p. 15. J. Semprn, Il grande viaggio, trad. it. di G. Zannino Angiolillo, Torino, Einaudi, pp. 152, 218.
73
nieri, tra cui 4.000 ebrei inclusi circa 1.000 bambini. Gli anglomericani arrivarono il 13 aprile 1945. La Resistenza Gruppi di prigionieri organizzati erano presenti a Buchenwald fin dai primi anni della sua esistenza: ne facevano parte militanti e dirigenti del Partito Comunista tedesco. Allinizio, il loro scopo fu quello di collocare i loro membri in posti strategici per rendersi utili agli altri detenuti e aiutare i pi deboli; infatti, sino alla fine del 1938, lamministrazione interna di Buchenwald era per la maggior parte in mano ai prigionieri criminali, contrassegnati dal triangolo verde, il cui potere si esprimeva soprattutto in delazioni e in violenze nei confronti dei prigionieri a loro affidati. Quando si scopr che i triangoli verdi, insieme ad alcune SS, erano coinvolti in episodi di corruzione e in furti, lamministrazione del campo provvide a rimuovere molti di loro dai posti che occupavano e gradualmente i politici, i triangoli rossi, li sostituirono. Qualche cellula di Resistenza si preoccup altres di collocare alcuni dei suoi componenti in posizioni-chiave al fine di facilitare lattivit clandestina. Pi tardi, dopo linizio della guerra e laffluenza a Buchenwald di prigionieri politici provenienti dai Paesi occupati, si formarono pi gruppi di Resistenza sulla base della nazionalit. E a partire dallestate del 1942 si costitu un Comitato Clandestino Internazionale che riusc addirittura a creare una propria organizzazione militare: grazie al coraggioso contributo di deportati che lavoravano nelle officine e nelle fabbriche per la produzione bellica situate nei dintorni del campo, fu possibile compiere azioni di sabotaggio e trafugare parti di armi, riassemblate poi di nascosto in attesa delloccasione per usarle. Loccasione si present nei primi giorni dellaprile 1945, quando i tedeschi decisero levacuazione di Buchenwald: l11 aprile il Comitato Clan4
destino Internazionale si mise in contatto con le truppe americane, tramite unemittente costruita in segreto per chiedere aiuto, e nello stesso tempo ordin linsurrezione generale. Quando, il 13 aprile, gli Alleati giunsero a Buchenwald, il campo era gi stato liberato dagli stessi deportati ed era diretto dal Comitato Clandestino Internazionale. Leggiamo le testimonianze di Pio Bigo e di Elie Wiesel sugli avvenimenti del giorno della liberazione. Il giorno 11 aprile eravamo tutti nel campo, chi in baracca, chi nel via vai delle stradine del Lager. Il rumore delle cannonate era molto forte, a pochi chilometri. Verso le ore 10,30 lo ricordo come fosse ora le sirene suonarono lallarme, mentre due apparecchi sorvolavano il campo a bassa quota. Io e altri compagni che eravamo fuori, storditi dalle sirene, guardammo gli aerei, credendo che fossero i tedeschi venuti per distruggere noi e il Lager. Dopo un istante i velivoli ritornano per un secondo giro: noi li guardiamo e vediamo sui fianchi la stella bianca. In molti avevamo capito quel simbolo, ci siamo messi a gridare Sono loro, gli americani! Fecero diversi giri a bassa quota quasi sfiorando le garitte di guardia delle SS. L11 aprile 1945, di primo mattino, il comandante del campo aveva ricevuto una telefonata dal comando SS di Weimar (che dista nove chilometri da Buchenwald) con lordine di sterminare i prigionieri e di bruciare tutto. Il prigioniero spagnolo che era addetto come scrivano, conoscendo perfettamente il tedesco, e in contatto con lorganizzazione segreta del comitato di liberazione, avvis subito i responsabili. Poco dopo part linsurrezione dei prigionieri, a cui partecipai con Prato e Fioris. Nel pomeriggio i componenti del Comitato ci riferirono tutto quello che ho appena spiegato.4
P. Bigo, Il triangolo di Gliwice. Memoria di sette Lager, Alessandria, Edizioni dellOrso, 1998, p. 119.
74
Capitolo II
Alle dieci del mattino le SS si sparpagliarono per il campo e si misero a spingere le ultime vittime verso il piazzale dellappello. Il movimento di resistenza decise allora di entrare in azione. Uomini armati sorsero allimprovviso un po dappertutto. Raffiche, scoppi di bombe a mano. Noi ragazzi restammo sdraiati per terra nel blocco. La battaglia non dur a lungo. Verso mezzogiorno tutto era ritornato calmo; le SS erano fuggite e i resistenti avevano preso la direzione del campo. Verso le sei del pomeriggio il primo carro armato americano si present alle porte di Buchenwald.5 Esperimenti medici e crudelt Anche a Buchenwald, come in altri Lager, cera una baracca, il Block 50, dove i medici nazisti facevano esperimenti su cavie umane (inoculazione di tifo petecchiale, di colera, di difterite, di sostanze venefiche, di plasma sanguigno non fresco). Il nome di Ilse Koch tristemente famoso tra quelli dei tedeschi che hanno commesso atrocit. Ilse Koch era la moglie del comandante del campo di Buchenwald. Dopo la guerra sub due processi, uno davanti a una corte internazionale e uno nel suo Paese, in cui fu accusata di crudelt ai danni dei deportati, incluso lassassinio, ma ci per cui tutti la ricordano la sua passione per gli ornamenti in pelle umana, in particolare per i paralumi. Lasciamo la parola ai testimoni. Il socialista Bonino [] ci rifer una cosa che mi rimasta impressa a distanza di anni ed sempre presente in me come un ricordo allucinante: Ilse Koch, moglie del comandante SS del campo, amava gli abatjour costruiti con la pelle umana dei prigionieri che portavano bei tatuaggi sul corpo. La pelle veniva recuperata dai cadaveri nei
5 6 7
crematori; quando gli addetti si accorgevano di un bel tatuaggio, avvisavano gli esperti, che provvedevano alla concia per ricavarne paralumi. Anche le teste dei prigionieri che sembravano interessanti venivano vuotate e imbalsamate []. In certe occasioni, se i prigionieri con i tatuaggi erano vivi, venivano immediatamente uccisi, per poi inviare la pelle alla concia.6 Quegli occhi chiari di Ilse Koch posati sul petto nudo, sulle braccia nude del deportato che si era scelto come amante, qualche ora prima, mentre il suo sguardo gi ritagliava la pelle bianca e malsana secondo il punteggiamento del tatuaggio che laveva attirata, mentre il suo sguardo gi immaginava il belleffetto di quelle linee azzurrastre, di quei fiori o quei velieri, quei serpenti, quelle alghe marine, quelle lunghe capigliature femminili, quelle rose dei venti, quelle onde marine, e quei velieri, di nuovo quei velieri distesi come gabbiani squittenti, il loro belleffetto sulla pelle pergamenata, cui qualche trattamento chimico dava una tinta davorio, dei paralumi che schermavano tutte le lampade del suo salotto, dove, a sera, proprio l dove aveva fatto entrare, sorridente, il deportato scelto come strumento di piacere, duplice strumento, nellatto stesso del piacere, prima, e poi per il piacere ben pi durevole della sua pelle pergamenata, trattata a dovere, davorio, zebrata dalle linee azzurrastre del tatuaggio che dava al paralume un tono inconfondibile, proprio l, sdraiata su un divano, radunava gli ufficiali delle Waffen-SS, intorno a suo marito, comandante del campo, per ascoltare uno di loro che suonava al piano qualche romanza, oppure un vero pezzo per pianoforte, qualcosa di serio, un concerto di Beethoven, chiss7
E. Wiesel, La notte, trad. it. di D. Vogelmann, Firenze, Giuntina, 1980, pp. 111-112. P. Bigo, op. cit., p. 113. J. Semprn, op. cit., p. 140.
75
Gli ebrei a Buchenwald I primi ebrei tedeschi arrivarono a Buchenwald nella primavera del 1938; a loro si aggiunsero, il 23 settembre 1938, gli ebrei provenienti dallAustria e i 10.000 arrestati dopo la notte dei cristalli (9-10 novembre 1938). Il trattamento riservato agli ebrei fu, anche in questa prima fase, particolarmente crudele: lavoravano 14-15 ore al giorno, generalmente nella cava di Buchenwald, e vivevano in condizioni molto dure. Tuttavia, lobiettivo iniziale dei nazisti non era sterminarli, ma costringerli a emigrare dalla Germania. Cos, nellinverno 1938-39, furono rimessi in libert 9.370 ebrei, anche se morirono ben 600 prigionieri della notte dei cristalli. Dopo lo scoppio della guerra il numero dei deportati ebrei nel campo sal di nuovo: gi nel settembre 1939 erano circa 2.700. Poi, in seguito allordinanza emessa il 17 ottobre 1942 che prevedeva il trasferimento ad Auschwitz di tutti gli ebrei detenuti nel Reich, gli ebrei di Buchenwald tranne 204 lavoratori ritenuti essenziali furono mandati in quel Lager. Solo nel 1944 giunsero a Buchenwald trasporti di ebrei ungheresi provenienti da Auschwitz e, dopo una breve permanenza nel campo principale, la maggior parte di loro fu distribuita in vari campi satelliti e adibita alla produzione di armi. A cominciare per dal 18 gennaio 1945, quando Auschwitz e gli altri campi dellEst furono evacuati, affluirono a Buchenwald migliaia di prigionieri ebrei, sopravvissuti a una estenuante marcia della morte nella neve, durata diversi giorni e compiuta in parte a piedi in parte in carri bestiame. Fra gli evacuati cerano parecchie centinaia di bambini, che vennero alloggiati nel Block 66, eretto appositamente per loro nel Piccolo campo. Leggiamo una pagina particolarmente toccante di Jorge Semprn sullatroce morte di alcuni bambini ebrei. Era lultimo inverno di quella guerra, linverno pi freddo di quella guerra la cui conclusione stata decisa dal freddo e dal-
la neve. I tedeschi erano investiti da una grande offensiva sovietica che si rovesciava attraverso la Polonia, e facevano evacuare, quando ne avevano il tempo, i deportati che avevano radunato nei campi polacchi. [] Un giorno, in uno di quei vagoni in cui cerano alcuni sopravvissuti, quando hanno spostato il mucchio di cadaveri gelati, spesso incollati gli uni agli altri per via dei vestiti gelati e rigidi, hanno scoperto tutto un gruppo di bambini ebrei, [] circa una quindicina, che si guardavano intorno con aria stupita, che guardavano i cadaveri ammucchiati come sul ciglio delle strade sono ammucchiati a volte i tronchi dalberi gi privi di corteccia, che aspettavano di esser trasportati altrove, che guardavano gli alberi e la neve sugli alberi, che guardavano come guardano i bambini. E le SS, dapprima, sono parse seccate, come se non sapessero che farsene di quei bambini dagli otto ai dodici anni, su per gi, bench alcuni, per lestrema magrezza, per lespressione dello sguardo, sembrassero dei vecchi; [] li hanno radunati in un angolo, forse per avere il tempo di chiedere istruzioni, mentre scortavano sul grande viale le poche decine di adulti sopravvissuti di quel convoglio. [] Comunque, sono tornati in forze, con dei cani, e ridevano rumorosamente, gridavano spiritosaggini che li facevano ridere a pi non posso. Si sono disposti ad arco ed hanno spinto davanti a s, sul grande viale, quella quindicina di bambini ebrei. Mi ricordo, i ragazzini si guardavano intorno, guardavano le SS, allinizio devono aver creduto che li scortassero semplicemente verso il campo, come poco prima avevano visto fare con gli adulti. Ma le SS hanno mollato i cani e hanno incominciato a picchiare i bambini con le mazze, per farli correre, per mettere in moto quella caccia spietata sul grande viale, quella caccia inventata da loro, o che era stato ordinato loro di organizzare, e i bambini ebrei, sotto i colpi dei randelli, tirati e malmenati dai cani che saltavano in-
76
Capitolo II
torno a loro, che li mordevano alle gambe, senza abbaiare, senza mugolare, erano cani addestrati, i bambini ebrei si sono messi a correre sul grande viale, verso la porta del campo. Forse in quel momento non avevano ancora capito che cosa li attendeva, forse avevano pensato che era solo unultima angheria, prima di farli entrare al campo. E i bambini correvano, con i loro grandi berretti con lunghe visiere, infilati fino alle orecchie, e le loro gambe si muovevano goffamente, a scatti e lentamente nello stesso tempo, come al cinema quando proiettano un vecchio film muto, come negli incubi quando si corre con tutte le proprie forze senza riuscire ad avanzare di un passo, e la cosa che vi insegue vi raggiunger, vi raggiunge e voi vi svegliate col sudor freddo, e la cosa, la muta di cani e di SS che correva dietro ai bambini ebrei, ebbe presto inghiottito i pi deboli, quelli che avevano solo otto anni, forse, quelli che presto non ebbero pi la forza di muoversi, che erano rovesciati, calpestati, randellati per terra, e che restavano distesi lungo il viale, segnando coi loro corpi magri, scomposti, la progressione di quella caccia, di quella muta che si rovesciava loro addosso. E presto non ne rimasero che due, uno grande e uno piccolo, che avevano perso i berretti nella corsa disperata, e i loro occhi brillavano come scoppi di ghiaccio nei visi grigi, e il pi piccolo cominciava a perdere terreno, le SS urlavano dietro di loro, e anche i cani hanno cominciato a urlare, lodore del sangue li faceva impazzire, e allora il pi grande dei bambini ha rallentato la corsa per prendere la mano del pi piccolo, che gi inciampava, e hanno fatto ancora qualche metro, insieme, il maggiore che con la destra stringeva la sinistra del pi piccolo, diritto davanti a loro, fino al momento in cui i randelli li han8 9
no abbattuti, insieme, con la faccia contro la terra, le mani strette per sempre. Le SS hanno radunato i cani, che ringhiavano, e hanno rifatto la strada in senso inverso, sparando a bruciapelo alla testa di ognuno dei bambini caduti nel grande viale, sotto lo sguardo vuoto delle aquile hitleriane.8 Elie Wiesel, che allepoca della sua detenzione a Buchenwald aveva quindici anni, racconta ne La notte la storia della sua deportazione dalla piccola citt di Sighet, in Transilvania, ad Auschwitz e Buchenwald. Cos descrive larrivo del suo convoglio a Buchenwald: Era notte fonda. Dei guardiani vennero a scaricarci. I morti furono abbandonati nei vagoni. Soltanto coloro che potevano ancora tenersi sulle gambe furono fatti scendere. [] Lultimo giorno era stato il pi micidiale: eravamo saliti in cento in quel vagone e scendemmo in dodici, fra cui io e mio padre. Eravamo arrivati a Buchenwald. Sulla porta del campo alcuni ufficiali delle SS ci aspettavano. Ci contarono, e poi fummo condotti verso il piazzale dellappello. Gli ordini venivano dati dagli altoparlanti: In file di cinque. In gruppi di cento. Cinque passi avanti.. Io stringevo forte la mano di mio padre. Il vecchio e familiare timore: non perderlo. Accanto a noi si alzava lalto camino del forno crematorio, ma non cimpressionava pi; era molto se attirava la nostra attenzione.9
Bibliografia (a cura di Lucio Monaco) Un quadro dinsieme della storia di Buchenwald si pu ricavare dal resoconto analitico di A. Berti, Viaggio nel pianeta nazista. Trieste-BuchenwaldLangenstein, Milano, FrancoAngeli, 1989, pp. 61-92. Le memorie europee di superstiti di Buchenwald annoverano alcuni dei libri di deportazione pi noti per la qualit e la complessit dellelaborazione let-
77
teraria, ma anche i primi saggi, stesi sempre da superstiti, che indagano la struttura e i meccanismi totalitari delluniverso concentrazionario. Proprio questo infatti il titolo del breve scritto di David ditions De Rousset, Lunivers concentrationnaire, Paris, E Minuit, 1946; Luniverso concentrazionario, trad. it. di L. Lamberti, Milano, Baldini & Castoldi, 1997. A Buchenwald, per incarico della Psychological Warfare Division, aggregata alle truppe americane, un ex prigioniero austriaco, Eugen Kogon, stese un rapporto di un centinaio di fogli dattiloscritti accompagnato da oltre cento testimonianze dirette di superstiti. Da tale materiale scatur lopera di Eugen Kogon, Der SS-Staat. Das System der deutschen Konzentrationslager, Mnchen, Alber, 1946 / Dsseldorf, Schwann, 1946, ampliata negli anni successivi (lultima edizione del 1974, pubblicata dalla casa editrice Kindler di Monaco) e tradotta in francese (si veda LEtat SS, Paris, Seuil, 1970). Limportanza di questo studio, che coordina lesperienza diretta dellautore con molte informazioni sullintero sistema, notevole. Fra i testi che rielaborano la testimonianza utilizzando gli strumenti della letteratura si segnalano: R. Antelme, La specie umana, trad. it. di G. Vittorini, Torino, Einaudi, 1969, 19972, uscito nel 1947, che rievoca soprattutto lesperienza dellautore nel sottocampo di Gandersheim; D. Rousset, Les jours de notre mort, Paris, Hachette, 1993, complesso romanzo a base autobiografica che illustra con efficacia i problemi politici ed etici del progetto di organizzazione di un movimento clandestino di resistenza allinterno del Lager; J. Semprn, Il grande viaggio, trad. it. di G. Zannino Angiolillo, Torino, Einaudi, 1964, 19902, narrazione autobiografica di eccezionale valore letterario in cui, assumendo come luogo fondamentale il vagone piombato che lo trasport dalla Francia a Buchenwald, lautore ricostruisce, con flash-back e flash-forward, la propria vicenda di esilio, resistenza e deportazione; E. Wiechert, La selva dei morti. Una cronaca, trad. it. di L. Mazzucchetti, Verona, Mondadori (Arianna), 1947, un volumetto di notevole qualit narrativa, in cui la testimonianza di una pur breve prigionia nel campo raggiunge la tensione etica di certe pagine di Primo Levi. Tra i libri di testimoni che arrivarono a Buchenwald in seguito allevacuazione di Auschwitz dopo la massacrante marcia della morte, ricordiamo E. Wiesel, La notte, trad. it. di D. Vogelmann, Firenze, Giuntina, 1980, e P. Bigo, Il triangolo di Gliwice. Memoria di sette Lager, Alessandria, Edizioni dellOrso, 1998. Nellambito della memorialistica italiana, citiamo almeno: Antonino Garufi, Diario di un deportato. Da Dachau a Buchenwald comando Ohrdruf, Palermo, Gelka, 1990; Gianni Longhetto, 43936. Buchenwald gli altri e io, Verona, s. n., [1980?], con una lunga testimonianza sul Piccolo campo; Fausto Pecorari, Vita e morte, a Buchenwald, di S. A. R. la principessa reale Mafalda di Savoia-Hessen, s.l., s. n. (ma Roma, Salomone, [1945?]), breve opuscoletto di 14 pp.
78
Capitolo II
erano previste per 200 persone ciascuna. In realt questo numero fu ampiamente superato, con condizioni di sovraffollamento e di malattie tali che dopo la liberazione tutte queste costruzioni vennero bruciate (oggi sono conservati solo i perimetri delle fondamenta). Per far fronte allinnalzarsi del tasso di mortalit, si predisposero impianti di cremazione: dapprima un solo forno crematorio (installato nel 1939), poi un complesso di quattro forni ognuno della capienza di pi corpi (fino a 8). In questi locali avvenivano anche esecuzioni per impiccagione. Soltanto nel 1942 fu progettata e costruita una camera a gas, camuffata da doccia, che per non entr mai in funzione, salvo una prova di collaudo con alcune vittime. Per le eliminazioni di massa, specialmente degli inabili e dei malati, si us il Castello di Hartheim, che disponeva di una camera a gas. La funzione punitiva del campo, caratterizzata da regole spietate (punizioni corporali, mancanza di cibo, palo, impiccagioni e fucilazioni, celle di rigore nel Bunker) e da esecuzioni individuali e di massa, fu affiancata fin dallinizio dal sistema di sfruttamento della forza lavoro costituita dai prigionieri. Anche in questo, Dachau funzion da modello (tanto pi che Eicke nel 1934 divent ispettore generale dei KL). Alcuni detenuti erano impegnati nelle attivit necessarie al funzionamento e alla manutenzione del campo; altri furono trasferiti nelle fabbriche di propriet SS (la prima fu lindustria ceramica di Allach, dove sorse un sottocampo) e, con la progressione del conflitto, furono sempre pi sfruttati nella produzione bellica (BMW, Krauss-Maffei, Messerschmitt), nei sottocampi esterni (Kommandos). Alla fine del conflitto i sottocampi risultavano almeno 165, dislocati in Baviera, nel Wrttenberg e anche in area austriaca. I pi importanti, oltre ad Allach, erano quelli di Augsburg (costruzioni aeronautiche), di Kaufering, di Mhldorf, di Monaco-Riem e di Burgau (Messerschmitt), con migliaia di prigionieri. Al momento della liberazione, su un totale di circa 67.000 prigionieri presenti nel
sistema Dachau, pi della met (35.000) si trovava nei Kommando esterni. Il campo fu la sede di numerosi esperimenti medici e pseudomedici, con la complicit delle industrie farmaceutiche; migliaia di deportati furono vittime di queste pratiche crudeli e spesso inutili (esperimenti sulla malaria, sulla sopravvivenza ad alta quota e a basse temperature, sulla cancrena). Dachau funzion anche da campo di transito (sia per Auschwitz sia per altri KL) e da luogo di custodia per prigionieri speciali (politici di rilievo dei Paesi occupati, come il cancelliere austriaco Schuschnigg o litaliano Sante Garibaldi). I prigionieri in transito (specialmente ebrei e zingari) non sempre erano registrati. Con lavanzata degli eserciti alleati, Dachau divenne (insieme a Bergen Belsen e Mauthausen) uno dei punti darrivo delle marce di evacuazione dai Lager abbandonati o smobilitati dai nazisti: le cosiddette marce della morte. Un esempio: dei 5.000 evacuati da Buchenwald il 9 aprile 1945 ne arrivarono a Dachau il 28 aprile 1.600; gli altri morirono nel tragitto. A loro volta, in aprile, le SS cercarono di svuotare il campo inviando migliaia di prigionieri a Sud o verso Mauthausen; un convoglio di centinaia di ebrei fu abbandonato sulla linea ferroviaria con i portelli dei vagoni bloccati, e si lasciarono morire di fame e sete i prigionieri. Il piano di abbandono del Lager non ebbe successo anche per una serie di interventi dei prigionieri, organizzati in un comitato internazionale: essi riuscirono ad avvertire lesercito americano accelerandone lavanzata, e fu organizzata unazione armata nella stessa Dachau, in cui si sacrificarono deportati austriaci e tedeschi. Le SS abbandonarono il Lager il 27 aprile; la prima jeep americana vi entr due giorni dopo. Nel campo principale si trovavano 32.000 prigionieri: pi di 3.000 morirono nei giorni successivi. A partire dalla fine del 1940, in seguito ad accordi con la Santa Sede, tutti i preti cattolici erano stati concentrati a Dachau (Block 26 e
79
Bibliografia. Per un approfondimento della storia del Lager di Dachau si rimanda alla voce di Frediano Sessi, Dachau, in E. Collotti / R. Sandri / F. Sessi (curr.), Dizionario della Resistenza , Torino, Einaudi, 2001, vol. II (Luoghi, formazioni, protagonisti), pp. 451-454.
Block 28: il secondo era riservato ai sacerdoti polacchi; nel primo fu costruita anche una cappella). Nel campo vennero complessivamente imprigionati circa 2.700 religiosi (preti cattolici, pastori protestanti, ortodossi) di cui 700 morirono. Non tutti i preti cattolici vennero portati o trasferiti a Dachau. Ad esempio, per quanto riguarda i religiosi italiani, 32 (su un totale di 50) sono direttamente deportati, o trasferiti entro lestate 1944, a Dachau (ne sopravvivranno 27); i rimanenti, imprigionati in altri Lager, vi rimarranno fino alla morte o alla liberazione (7 superstiti al maggio 1945). I religiosi di tutta Europa deportati nei Lager nazisti sono calcolati in numero di circa 5.000. I rabbini furono tutti inviati ad Auschwitz o negli altri campi di eliminazione immediata (nessun sopravvissuto fra i 16 rabbini e chazanim deportati dallItalia). I primi italiani giunsero a Dachau nel settembre 1943: si trattava di detenuti del penitenziario militare di Peschiera. Una trentina di trasporti, perlopi da Trieste, si susseguirono fino al marzo del 1945: in prevalenza antifascisti, partigiani e rastrellati. Alla liberazione del campo, gli italiani presenti erano 3.388 (su 32.000 prigionieri): poco pi della met di quanti, allo stato attuale dei conti, vi erano stati deportati (5.000). Si calcola che passarono sicuramente da Dachau pi di 200.000 persone, con una mortalit di circa il 30%.
80
Capitolo II
talit con la conseguente sostituzione continua degli uomini deceduti a causa del lavoro, dei colpi, del freddo, della fame e dei trattamenti subiti nel campo hanno inevitabilmente determinato laumento progressivo delle dimensioni del Kommando. Il campo entr in funzione il 24 novembre 1943 con il primo convoglio di 400 detenuti e cess le sue funeste attivit il 6 maggio 1945, data della liberazione, presente, a quel momento, un effettivo di 16.650 uomini. Per Ebensee passarono approssimativamente da 25 a 30.000 prigionieri. Il numero ufficiale dei decessi registrati di 8.749 al 30 aprile 1945, ma in realt fu di quasi il doppio. Tra il 1 e il 6 maggio 1945 morirono pi di 300 detenuti al giorno. Per diversi giorni dopo la liberazione la mortalit era ancora di circa 200 decessi al giorno. Costruzione del campo Il campo fu impiantato a 5 km dal villaggio sul fianco della montagna. Allarrivo del primo convoglio, il campo non esisteva ancora e i deportati dormivano alla stazione merci di Ebensee. Di sera, dopo una giornata di lavoro trascorsa alla preparazione dei tunnel, intraprendevano la costruzione del futuro campo di Ebensee: abbattimento di alberi, livellamento del terreno, edificazione delle prime baracche in legno, dove avrebbero ben presto abitato. In dicembre, gennaio e febbraio, linverno non era ancora rigido, ma pioveva ininterrottamente. Lacqua era fredda: era neve fusa. Eravamo poco vestiti: soltanto una giacca e una camicia. Lacqua, che scorreva sui nostri corpi, ci gelava. Alla fine del mese di gennaio la prima baracca era abitabile. A quellepoca la futura piazza dellappello era ancora in uno stato indescrivibile e, con labbattimento degli alberi, il livellamento con mezzi rudimentali e la pioggia, eravamo in un mare di fango. Dovevamo rimanere per ore in questo pantano durante gli appelli del mattino e della sera. Il campo fu costruito progressivamente: ogni mese due baracche nuove entravano in funzio-
ne. Il risultato finale fu un campo di una trentina di baracche. Nel corso del 1944 furono installati i magazzini di approvvigionamento, le cucine, la baracca per la disinfezione, linfermeria, il forno crematorio. Il campo era cintato con filo spinato elettrificato ad alta tensione. Si costruirono anche, fuori del campo, baracche e villette per lalloggiamento dei nostri guardiani SS. Linsieme rappresentava il campo e i lavori svolti dai prigionieri, oltre quelli fatti nelle officine. Costruzione delle officine sotterranee Il nostro lavoro consisteva, allinizio, nellabbattimento del fianco della montagna per ottenere una superficie ben diritta. su questa facciata che, in seguito, inizieranno gli scavi per le entrate dei tunnel. Al mattino ci alzavamo alle 6 e partivamo alle 6.30, dopo aver bevuto unindefinibile acqua annerita, chiamata caff, e nullaltro. Percorrevamo a piedi il tragitto dal campo al Grande Steinbruch, l dove sarebbero dovuti nascere i primi tunnel. Si trattava di circa 4 km allandata e altrettanti alla sera per il ritorno al campo. Cominciammo lo scavo di 7 tunnel in fila. Nel marzo 1944 si aprirono i cantieri di un nuovo insieme di tunnel, il Piccolo Steinbruch, sito vicino al campo, contro la parete attigua. Eravamo soggetti alle stesse condizioni di lavoro: lunico vantaggio, ed era molto importante, era il non dover percorrere 8 km per andare e ritornare. Inoltre, essere chiamati per il lavoro al Grande Steinbruch era una punizione terribile, poich significava una morte pi rapida. Anche qui furono iniziati 7 tunnel: quindi alla liberazione esistevano complessivamente 14 entrate di tunnel. Dopo le entrate, che formavano delle volte di circa 10 m di larghezza per 4 di altezza, entravamo in vaste sale dalle dimensioni allucinanti, delle vere cattedrali: da 25 a 30 m di larghezza, 160 di lunghezza e 15 di altezza. Gallerie trasversali collegavano i tunnel fra di loro. Al termine dello scavo le sale erano interamente costruite in calcestruzzo. Saranno usate tonnellate di calce. Si ottennero diversi piani. Il pianterreno fu
81
previsto per linstallazione di macchinari vari, il primo piano per gli uffici, i servizi tecnici ecc.; lultimo piano doveva alloggiare i lavoratori delle officine. Costoro non conosceranno pi la civilt esterna, il sole, le stagioni, la vita: la schiavit pi inumana mai esistita fino alla morte. Il lavoro sotto i colpi Nel tunnel la roccia era calcarea e a mano a mano che ci si addentrava nella montagna laria diventava irrespirabile. Le esplosioni nella miniera, i gas che si ammucchiavano, la polvere fine e bianca del calcare che si alzava, facevano s che gli uomini che respiravano questa atmosfera, con i polmoni incrostati, non resistessero a lungo. I Kapo, signori del Kommando, prendevano continuamente a colpi di bastone, di cavo elettrico o a pedate tutti coloro che si trovavano sul loro passaggio per farli lavorare pi velocemente. Ma non dimentichiamo le SS, che sorvegliavano il tutto e facevano accelerare i lavori: l dove servivano tre uomini per spingere un vagoncino, ne toglievano uno, mentre i Kapo picchiavano i due rimanenti affinch riuscissero a spingere. La media del lavoro era di tre mesi continuati, al Grande Steinbruch. In seguito, con i polmoni pieni di calcare, il prigioniero, ormai divenuto scheletrico, aveva dato tutta la sua forza e, non potendo pi continuare, veniva percosso. Allora, non essendo pi in grado di lavorare, era trasportato nelle baracche in cui erano ammassati quelli in attesa della morte. Si aggiunga a tutto ci il clima. Nel marzo 1944, fecero la loro apparizione la neve e il freddo. Durante linverno cadde fino a un metro di neve. La temperatura raggiunse i -20. Ma il disagio pi terribile era il vento che si riversava nella valle. Gli uomini che lavoravano avevano diritto a un paio di mutande, una camicia, una giacca, un paio di pantaloni e, qualcuno, un cappotto e un paio di zoccoli di legno. Con il passare dei mesi e laggravarsi della guerra, gli abiti cominciarono a mancare, e ben presto
quelli che non lavoravano non ebbero pi n giacca n pantaloni n zoccoli. Si comprende allora come, vestiti soltanto con mutande e camicia, moriranno di freddo rimanendo per ore sotto tempeste di neve in attesa degli appelli. Lo spettacolo era indescrivibile. I tunnel sembravano dei formicai. Ogni uomo era occupato sia a portare via le pietre con i vagoncini sia a trasportare legna per erigere le gallerie. Si lavorava di notte e di giorno accompagnati dalle urla dei Kapo, dalle grida dei deportati, dal rumore dei martelli pneumatici. Era infernale: qui, gli uomini rimanevano a terra, colpiti a morte dai Kapo; l, cera un ferito, ferito da una pietra nel tunnel, con la testa fracassata; altrove, un detenuto colto da dissenteria che i compagni portavano via prima che i carnefici lo vedessero. Anche se si aveva un malessere passeggero, non si poteva smettere il lavoro perch, se si veniva scoperti, si era pestati a morte. Ecco linferno dove i deportati lavoravano continuamente, stanchi, nutriti a mezzogiorno con una specie di minestra che, allinizio, era composta di patate e di verdura, ma che nel 1945 consisteva di ortiche e bucce di patata. La cena della sera era ridotta a un pezzo di pane nero e una ciotola con un piccolo quadrato di margarina ogni 4 deportati; in seguito la ciotola era per 8, unicamente per quelli che lavoravano. La vita al campo Il campo, con il passare del tempo, prende landamento di una piccola citt di 400 uomini, poi si passa a 5.000, 10.000 e infine 15.000 uomini. Tutte le nazionalit europee vi sono rappresentate. Il regime interno molto diverso a seconda dei periodi; allinizio dobbiamo sistemare linterno del campo, oltre alla nostra giornata di lavoro, cio abbattere alberi, livellare il terreno, inghiaiare, ecc.; ogni capo baracca comanda ai deportati che vi abitano di effettuare questi compiti. Tra i capi dei blocchi, alcuni sono vecchi criminali o asociali, violenti e cattivi. Colpiscono a morte i deboli. Quando i lavori sono me-
82
Capitolo II
no importanti, vengono allora prolungati gli appelli del mattino e della sera per ore. Avremo appelli che variano da mezzora a 3 e anche 4 ore, sullattenti, al freddo, sotto la neve o la pioggia. Al termine, si rientrer ai blocchi. Ma non potremo fare niente, poich non ne abbiamo il diritto. Dovremo aspettare la distribuzione della minestra che si prolunga per ore, seguendo lumore del capo. In seguito, anzich il riposo tanto atteso, sar il momento del controllo dei pidocchi. Durante interminabili ore ciascuno a turno dovr essere esaminato. Frattanto, si subir il supplizio di 25 colpi sulle reni mentre tutti quelli del blocco dovranno assistere a questo spettacolo. La notte di riposo sar breve nella baracca. Le finestre resteranno aperte, anche quando far molto freddo, e dopo quattro o cinque ore di sonno ci sar il risveglio, che sar diverso a seconda dei capi dei blocchi: alcuni con lacqua e un attizzatoio, altri con forti fischi o manganellate. Dopo la distribuzione del caff, ancora lappello, poi la formazione in comando per andare a lavorare nei diversi luoghi. Ogni tanto, dopo lappello serale, ci riuniscono in semicerchio, le prime file accovacciate, le altre in ginocchio e in piedi; scorgiamo che al centro di questa siepe umana stata eretta una forca. Una SS avanza con il capo blocco, che cinforma che avranno luogo una o pi impiccagioni; il motivo sar sempre lo stesso: tentata evasione. Dovremo assistere allo spettacolo nel pi assoluto silenzio. Nel campo si trovano una prigione, i blocchi destinati agli invalidi, che sono stesi a terra senza coperte, i blocchi di sterminio e, accanto a questi, una camera fredda dove sono deposti i cadaveri prima di essere bruciati nel forno crematorio che abbiamo costruito nellagosto 1944. C anche linfermeria, ma i medici devono curare i feriti e i malati con quelle poche medicine che ricevono, senza contare la mancanza di spazio. incredibile questa sofferenza umana, questi uomini che aspettano la vita o la morte. Abbiamo anche uno stabilimento di disin-
fezione con docce, che per serviranno per uccidere. Nel periodo fra il marzo e laprile 1945 due convogli in evacuazione su Ebensee saranno quasi annientati. Riceveranno una doccia calda e fredda e dovranno aspettare nudi per diverse ore nella tempesta di neve. La mortalit registrata nellaprile 1945 stata ufficialmente di 4.500 morti. Nel 1945 i nostri effettivi aumentano a causa dellevacuazione dei campi che si trovano sui diversi fronti. In quattro mesi si passa da 10.000 a 16.500 deportati. Lalimentazione rimane sempre la stessa e ben presto le razioni diminuiscono. Poco prima della liberazione contiamo i giorni che possiamo resistere perch molto difficile sopravvivere con un nutrimento cos misero. Nellaprile 1945 la mortalit tanto intensa che si devono scavare delle fosse comuni per metterci i cadaveri, visto che il forno crematorio non pu pi bruciarli. Il campo un inferno. La morte l e si avvicina sempre pi a noi. Tutte le mattine, allappello, ci guardiamo e cerchiamo quelli che mancano. Ci osserviamo e cerchiamo di capire chi sar ancora in grado di resistere. Lorganizzazione per la sopravvivenza Solidariet non una parola vana. Si tenta tutto per cercare di aiutare i pi sfavoriti. Alcuni possono procurarsi dei rifornimenti, grazie alla loro particolare situazione di lavoro, e li mettono a disposizione per nutrire altri. Non possiamo soccorrere tutti, ma il poco che riusciamo a raccogliere permette di sostenere il morale della collettivit e non ci sentiamo abbandonati in questa marea umana che si batte per sopravvivere. La solidariet e lamicizia assumono allora tutto il loro valore. Nellaprile 1945 gli uomini sono ridotti a scheletri: sono quasi tutti nudi o mal vestiti. Il 5 maggio avverr il nostro ultimo appello prima della liberazione. Grazie allorganizzazione internazionale clandestina, molto attiva, apprendiamo che le SS hanno deciso il nostro
83
sterminio. Allappello del mattino, prima di raggrupparci sulla piazza, i responsabili internazionali di solidariet ci informano sulla necessit di armarsi di bastoni, martelli, tenaglie, ecc. per battersi, poich meglio battersi liberi che morire rinchiusi in un tunnel la cui entrata stata minata con una locomotiva imbottita di esplosivo. Eravamo stati avvertiti da un soldato della Luftwaffe. In effetti, a quellepoca, lesercito tedesco aveva sostituito una parte delle SS. Allordine di andare al tunnel, un NO! unanime fu pronunciato da tutti i deportati. Per la prima volta vedemmo i capi SS andarsene senza infierire. Rimanemmo per tutto il giorno liberi nel campo e, allindomani, 6 maggio 1945, nel pomeriggio, avvenne la liberazione del campo con lentrata di due carri americani. Eravamo liberi e stava per cominciare unaltra vita; ma a Ebensee molti non conosceranno questa gioia, perch la mortalit stata grande. Ecco, in poche parole, una memoria di Ebensee. Vico Canavese, 17.2.2000 Italo Tibaldi Torino Porta Nuova, 13.1.1944 Mauthausen, 14.1.1944 (42307) Ebensee, 28.1.1944-6.5.1945 Torino, 15.7.1945
Italo Tibaldi, autore di studi e ricerche archivistiche e documentarie sui convogli di deportati partiti dallItalia, curatore di ANED-ricerche, ha pubblicato fra laltro il volume Compagni di viaggio. DallItalia ai Lager nazisti. I trasporti dei deportati 1943-1945, Milano, FrancoAngeli, 1994; deportato a Mauthausen ed Ebensee, Vicepresidente del Comitato Internazionale di Mauthausen e svolge la sua attivit di ricerca in ambito internazionale. Bibliografia. Per la storia di Ebensee fondamentale il saggio di Florian Freund, KZ Zement Ebensee. Il campo di concentramento di Ebensee, commando di Mauthausen, e lindustria missilistica, trad. it. di E. Caserio, Burolo, ANED / LArtigiana, 1990. Un testo di memoria costituito principalmente da disegni il libro di Giovanni Baima Besquet, Deportati a Mauthausen 1943-1945, Torino, Teca, 1946 / Torino, Assessorato alla Cultura della Provincia di Torino, 1979.
84
Capitolo II
ni degli ebrei di Firenze, Siena, Bologna, Montecatini, Torino, Genova, Milano: novembredicembre 1943); sono cos predisposti dalle autorit di Sal campi di concentramento provinciali, affidati alle prefetture e diretti da funzionari di Pubblica Sicurezza o dai podest; 5 dicembre 1943: apertura ufficiale del Campo concentramento ebrei di Fossoli dove le autorit italiane prevedono di far affluire tutti gli ebrei internati nei campi di concentramento provinciali (oltre ai nuovi arrestati). Il campo gestito, con diverse competenze, dalla Prefettura e dalla Questura di Modena, e dal Podest di Carpi; larea su cui sorge il campo quella del cosiddetto Campo nuovo, facente parte del dismesso Campo per prigionieri di guerra n. 73. Era di fatto impossibile, per le ridotte dimensioni (capaci di ospitare circa 3.000 persone) internarvi tutti gli ebrei presenti in Italia (circa 35.000); a fine dicembre risultavano gi internati circa 900 ebrei; gennaio 1944: i nazisti aprono a Verona un Ufficio antiebraico della Gestapo (IV B4) con a capo Friedrich Bosshammer, funzionario dellufficio di Eichmann. Fossoli individuata come campo di transito per concentrare e poi avviare gli ebrei verso Auschwitz. Il passaggio del controllo del campo ai tedeschi avviene gradualmente tra febbraio e marzo; febbraio 1944: primi trasporti da Fossoli per Bergen Belsen, 146 persone, ebrei libici di nazionalit inglese (19,2%), e per Auschwitz, circa 650 persone, ebrei italiani (22,2%: il trasporto di Primo Levi); 15 marzo 1944: passaggio dei poteri e spartizione del campo. Larea del Campo vecchio affidata ad autorit italiane (RSI), che vi custodiscono prigionieri politici ed ebrei non destinati alla deportazione; larea del Campo nuovo gestita dai nazisti che vi custodiscono, in due aree definite, prigionieri politici ed ebrei, entrambi destinati alla deportazione. Comandanti del campo tedesco sono nominate le SS Karl Titho e Hans Haage;
5 aprile 1944: secondo trasporto per Auschwitz, circa 600-800 persone, ebrei italiani (il convoglio di Giuliana Tedeschi); 16 maggio 1944: terzo trasporto per Auschwitz, circa 600 persone, ebrei in maggioranza italiani. Secondo trasporto per Bergen Belsen, 167 persone, ebrei libici in prevalenza di cittadinanza britannica; 21 giugno 1944: primo trasporto per Mauthausen, circa 500 persone, politici italiani; 22 giugno 1944: uccisione dellantifascista Poldo Gasparotto, esponente del Partito dAzione; 26 giugno 1944: quarto trasporto per Auschwitz, circa 600 persone (cui si aggiungono altre centinaia, fino a un totale di circa 1.000, caricate a Verona); luglio 1944: i tedeschi occupano il Campo vecchio e ne assumono il controllo. I prigionieri sono inviati in Germania come lavoratori volontari, oppure rilasciati; inizia il trasferimento di prigionieri e delle strutture del Campo nuovo nel Durchgangslager di Bolzano-Gries; 12 luglio 1944: fucilazione, al poligono di Cibeno (presso Fossoli), di 67 prigionieri, partigiani e antifascisti (due riescono a salvarsi; un altro condannato, Teresio Olivelli, esponente dellAzione Cattolica, scampa alla morte nascondendosi allappello: sar poi scoperto e deportato a Bolzano e a Flossenbrg, dove morir); 1 agosto 1944: svuotamento del Campo nuovo e ultimo trasporto per Auschwitz, almeno 300-500 persone, ebrei italiani. Il pi giovane: Umberto Nacamulli, nato a Venezia il 27.4.1944. La pi anziana: Natalie Camerini, nata a Trieste il 21.12.1852. Altri deportati furono inviati a Bergen Belsen, Buchenwald, Ravensbrck; agosto-novembre 1944: larea del campo rimane sotto il controllo di militari tedeschi, mentre vi transitano i lavoratori volontari reclutati in prevalenza con rastrellamenti, da inviare in Germania; autunno 1945: nel Campo nuovo attivato
85
il Centro di raccolta dei profughi stranieri in attesa di smistamento; maggio 1947-giugno 1952: insediamento dellOpera Piccoli Apostoli e fondazione di Nomadelfia, una comunit di bambini orfani o abbandonati fondata da don Zeno Saltini (oggi attiva presso Grosseto); 1952-1965 ca.: insediamento del Villaggio San Marco, per profughi giuliani e dalmati; 1984: cessione dellarea del campo al Comune di Carpi e progettazione di recupero del sito.
Bibliografia . E. Collotti / P. Dogliani (curr.), Arbeit macht frei , catalogo della mostra tenutasi a Carpi nel 1985; il saggio di L. Picciotto Fargion, Il Libro della memoria pi volte citato; L. Klinkhammer, Loccupazione tedesca in Italia 1943-1945, trad. it. di G. Sajia Panzeri, Torino, Bollati Boringhieri, 1994; la ricostruzione spesso citata di Italo Tibaldi, Compagni di viaggio; T. Matta (cur.), Un percorso della memoria. Guida ai luoghi della violenza nazista e fascista in Italia, Venezia, Electa, 1996; gli studi di Anna M. Ori, La memoria stratificata del campo di Fossoli, in Il presente e la Storia, n. 65 / giugno 2004, pp. 125-178, e Il campo di Fossoli. Da campo di prigionia e deportazione a luogo di memoria 1942-2004, Carpi, APM,