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La memoria delle foibe e dell'esodo giuliano-dalmata.

Le rivendicazioni della
destra italiana e il dibattito nelle istituzioni europee

Mattia Vallerin1

Parola chiave
Keyword in foibe, confine orientale, memoria, Unione Europea, crimini del comunismo,
italiano anti-totalitarismo
Keyword in inglese foibe, Eastern border, memory, European Union, communist crimes, anti-
totalitarianism
Abstract
Abstract in italiano L’autore ricostruisce il dibattito politico italiano sulla memoria delle stragi delle
foibe e dell’esodo giuliano-dalmata, spiegando le ripercussioni che, fin dagli
anni Novanta, esso ha avuto nell’ambito delle istituzioni dell’Unione europea.
L’autore cita e analizza numerosi interventi fatti al Parlamento europeo da
esponenti di diversi partiti della destra politica italiana, che hanno presentato la
richiesta di collocare all’interno delle memorie dell’Unione il ricordo dei tragici
eventi vissuti dagli italiani del confine orientale. Tale rivendicazione ha potuto
inserirsi nel più ampio quadro della condanna dei crimini del comunismo,
tematica divenuta centrale dopo l’ingresso nell’Ue dei Paesi dell’Est Europa,
che ha portato l’Unione ad adottare come paradigma della memoria
l’antitotalitarismo, ovvero un paradigma basato sulla condanna sia dei crimini
nazisti sia di quelli comunisti.
Abstract in inglese The memory of Foibe and of the giulian-dalmatian exodus. The political debate
in Italy and its impact at the European Parliament.

1
Laurea magistrale in “Politica internazionale e diplomazia” presso Università degli Studi di Padova, Master di II
livello in “Public History” presso Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, e-mail mattia.vallerin@gmail.com
1
La memoria delle foibe e dell'esodo giuliano-dalmata. Le rivendicazioni della
destra italiana e il dibattito nelle istituzioni europee

Mattia Vallerin

Il ricordo delle stragi delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata è rimasto a lungo ai margini
della memoria pubblica della Repubblica italiana, incentrata, fin dall’immediato dopoguerra,
sull’antifascismo e la Resistenza. Le cose cambiarono a partire dagli anni Ottanta, quando il
paradigma antifascista iniziò ad entrare in crisi1. In questo periodo, infatti, vennero sollevate molte
polemiche nei confronti della Resistenza. Furono condannati alcuni episodi della lotta di liberazione
di cui erano stati protagonisti i partigiani comunisti e alla violenza fascista furono contrapposte le
stragi delle foibe compiute dai seguaci di Tito ai danni degli italiani che vivevano nelle regioni del
confine orientale2. Nei decenni precedenti queste tematiche erano state proposte con continuità sia
dalla stampa “moderata” sia soprattutto da quella neofascista. Ma fu negli anni Ottanta che esse
ebbero un’ampia diffusione, venendo rilanciate anche dagli organi di stampa socialisti (il quotidiano
l’“Avanti!” e la rivista “Mondoperaio”) con la finalità di mettere in discussione l’egemonia
culturale esercitata dal Partito comunista nell’ambito della Sinistra italiana3.
All’inizio degli anni Novanta, quando l’epoca della guerra fredda si stava chiudendo, il tema
della memoria delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata occupò uno spazio considerevole nel
dibattito pubblico, soprattutto per le numerose iniziative prese dal Movimento Sociale Italiano. Nel
1991, quando era iniziato il processo di disgregazione della Jugoslavia, il Msi richiese la
restituzione dell’Istria e della costa dalmata, sostenendo che i territori persi con il trattato di pace

1
Philip Cooke, L’eredità della Resistenza. Storia, cultura, politiche dal dopoguerra a oggi, Roma, Viella, 2015, pp.
239-243; Filippo Focardi, Il passato conteso. Transizione politica e guerra della memoria in Italia dalla crisi della
prima Repubblica ad oggi, in Filippo Focardi, Bruno Groppo (a cura di), L’Europa e le sue memorie. Politiche e culture
del ricordo dopo il 1989, Roma, Viella, 2013, pp. 55 e 56. Riguardo il tema delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata è
disponibile una ricca bibliografia. Fra le opere di riferimento cfr. almeno: Marina Cattaruzza, L’Italia e il confine
orientale, Bologna, il Mulino, 2007; Pierluigi Pallante, La tragedia delle foibe, Roma, Editori Riuniti, 2006; Jože
Pirjevec, Foibe. Una storia d’Italia, Torino, Einaudi, 2009; Raoul Pupo, Roberto Spazzali, Foibe, Milano, Bruno
Mondadori, 2003; Raoul Pupo, Il lungo esodo. Istria: le persecuzioni, le foibe, l’esilio, Milano, Rizzoli, 2005; Raoul
Pupo, Trieste ’45, Roma-Bari, Laterza, 2010.
2
P. Cooke, L’eredità della Resistenza, cit., pp. 239-243; F. Focardi, Il passato conteso. Transizione politica e guerra
della memoria in Italia dalla crisi della prima Repubblica ad oggi, in F. Focardi, B. Groppo (a cura di), L’Europa e le
sue memorie, cit., pp. 55 e 56.
3
P. Cooke, L’eredità della Resistenza, cit., pp. 239-243; F. Focardi, Il passato conteso. Transizione politica e guerra
della memoria in Italia dalla crisi della prima Repubblica ad oggi, in F. Focardi, B. Groppo (a cura di), L’Europa e le
sue memorie, cit., pp. 55 e 56.
2
fossero da considerare ancora italiani4. Con un gesto provocatorio Roberto Menia, attivista triestino
del partito di estrema destra, issò il tricolore sul palazzo pretorio della città slovena di Koper, l’ex
Capodistria. Nel novembre del 1992, invece, Gianfranco Fini, Segretario nazionale del partito,
ispirandosi alle gesta di Gabriele Dannunzio, che nel 1919 con una spedizione militare aveva
portato Fiume in mano italiana, raggiunse il golfo di Buccari e da una barca a vela lanciò in mare
250 bottiglie con dentro il messaggio “torneremo”. Fini non rivendicava solamente la revisione del
confine orientale ma accusava il governo allora in carica guidato da Giuliano Amato di condurre
una politica rinunciataria, non impegnandosi nel tutelare i diritti dei 350.000 italiani che Tito nel
dopoguerra aveva cacciato dalla Jugoslavia5. Infatti, i missini rivendicavano un indennizzo per le
vittime dei crimini commessi dai partigiani di Tito6.
Alle elezioni politiche del marzo 1994 il Movimento Sociale Italiano - Alleanza Nazionale
ottenne un significativo risultato e, in virtù del nuovo sistema elettorale di tipo maggioritario,
divenne un’importante componente della coalizione di centro-destra risultata vincitrice. Il partito
guidato da Fini entrò così a far parte del primo governo Berlusconi ed i suoi membri ottennero
importanti incarichi istituzionali. Fu questo il caso di Mirko Tremaglia, ex volontario della
Repubblica di Salò, che divenne Presidente della Commissione Esteri della Camera dei Deputati,
carica dalla quale in varie circostanze avanzò la richiesta di revisione del confine orientale,
provocando tensioni internazionali. Tremaglia sosteneva che, non esistendo più la Jugoslavia come
Stato unitario, l’Italia non fosse più tenuta a rispettare il Trattato di Osimo del 1975, che era stato
stipulato con il regime comunista di Tito7. Inoltre, gli esponenti del Msi – An accusavano la
Slovenia e la Croazia di non rispettare i diritti delle minoranze italiane che vivevano nei loro
territori8. L’esperienza di questo governo di centro-destra alla guida del Paese fu comunque breve,
durando solo alcuni mesi. Nel 2001, però, la coalizione guidata da Silvio Berlusconi tornò al
governo e si impegnò, come aveva già iniziato nel 1994, a proporre politiche della memoria che
scardinassero il paradigma antifascista e resistenziale. In questo quadro Alleanza Nazionale, il
partito erede del Movimento Sociale Italiano, tornò a condurre la propria battaglia per rendere i
tragici eventi del confine orientale parte integrante della memoria del Paese9. L’iniziativa più
importante in tal senso fu l’introduzione di una nuova festività nel calendario civile italiano. Il 30

4
Aram Mattioli, «Viva Mussolini!». La guerra della memoria nell’Italia di Berlusconi, Bossi e Fini, Milano, Garzanti,
2011, p. 52. Si veda anche Federico Tenca Montini, Fenomenologia di un martirologio mediatico. Le foibe nella
rappresentazione pubblica dagli anni Novanta ad oggi, Udine, Kappa Vu, 2014, pp. 80 Sgg.
5
A. Mattioli, «Viva Mussolini!», cit., p. 52.
6
A. Mattioli, «Viva Mussolini!», cit., p. 163.
7
A. Mattioli, «Viva Mussolini!», cit., p. 52.
8
A. Mattioli, «Viva Mussolini!», cit., p. 52.
9
A. Mattioli, «Viva Mussolini!», cit., pp. 157-167.
3
marzo 2004 il Parlamento approvò una legge, i cui primi firmatari erano i due esponenti di An
Roberto Menia e Ignazio La Russa, che istituì il “Giorno del ricordo” in memoria delle vittime delle
foibe e degli italiani espulsi dall’Istria e dalla Dalmazia. Per questa commemorazione veniva scelta
la data del 10 febbraio, in ricordo della giornata del 1947 in cui fu firmato il trattato di pace tra
l’Italia e le potenze alleate10. Si espresse a favore dell’approvazione della proposta di legge anche il
Partito dei Democratici di Sinistra, che dalla metà degli anni Novanta con il suo dirigente Luciano
Violante (Presidente della Camera dal 1996 al 2001) si era impegnato nel condannare il lungo
silenzio della Sinistra italiana sulle foibe.
L’istituzione del “Giorno del ricordo” ha sicuramente avuto il merito di diffondere nel Paese
una coscienza, fino ad allora mancante, riguardo le drammatiche vicende vissute dagli italiani del
confine orientale. Tuttavia, veniva proposta nel quadro nazionale una visione secondo la quale le
stragi delle foibe e l’espulsione degli italiani dall’Istria e dalla Dalmazia erano stati conseguenza
unicamente del desiderio espansionistico jugoslavo e del sentimento di odio razziale ed ideologico
che provavano i comunisti di Tito nei confronti degli italiani. Mancava quindi un’adeguata
contestualizzazione storica e la presa di coscienza del fatto che i tragici eventi ricordati si fossero
verificati dopo vent’anni di oppressione da parte del regime fascista delle popolazioni slovene e
croate che vivevano nei territori annessi all’Italia in seguito alla Prima guerra mondiale, e dopo il
periodo dell’occupazione italiana della Jugoslavia (1941-1943), nel corso del quale furono compiuti
molti crimini di guerra11. Dopo l’istituzione del “Giorno del ricordo”, per alcuni anni questa
visione, che si poneva in aperto contrasto rispetto alle memorie coltivate da Stati ex-Jugoslavi come
la Slovenia e la Croazia, fu condivisa dalle istituzioni del Paese e dalla stragrande maggioranza
delle forze politiche12. Solo nel 2009 si è prodotta una svolta, segnata da un nuovo orientamento
della politica della memoria promossa dal Quirinale sotto la Presidenza di Giorgio Napolitano. Il
Quirinale iniziò a sviluppare un impegno, proseguito nel corso degli anni, per condannare le guerre
di aggressione del regime fascista, promuovere il superamento di una memoria delle stragi delle
foibe e dell’espulsione degli italiani dall’Istria e dalla Dalmazia connotata da un punto di vista
nazionalistico ed affermare la complessità storica di queste vicende, inserendole in un quadro

10
Testo della Legge n. 92 del 30 marzo 2004: http://www.camera.it/parlam/leggi/04092l.htm (Ultima visualizzazione
novembre 2017).
11
F. Focardi, Il passato conteso. Transizione politica e guerra della memoria in Italia dalla crisi della prima
Repubblica ad oggi, in F. Focardi, B. Groppo (a cura di), L’Europa e le sue memorie, cit., p. 69.
12
Per approfondire il punto di vista sloveno si veda Marta Verginella, Il confine degli altri. La questione giuliana e la
memoria slovena, Roma, Donzelli, 2008.
4
memoriale europeo, con la prospettiva di una riconciliazione sul passato con la Slovenia e la
Croazia13.
Il tema del ricordo delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata non è stato al centro di un
grande dibattito solamente a livello nazionale, ma è stato affrontato anche nell’ambito delle
istituzioni dell’Unione Europea. Infatti, fin da metà degli anni Novanta al Parlamento europeo
diversi esponenti del centro-destra italiano, appartenenti non solo ad Alleanza Nazionale ma anche a
Forza Italia e alla Lega Nord, hanno affermato la necessità di collocare all’interno delle memorie
dell’Ue il ricordo dei tragici eventi vissuti dagli italiani del confine orientale. Le loro richieste
hanno potuto inserirsi nel più ampio quadro della condanna dei crimini del comunismo, questione
divenuta di cruciale importanza dopo l’ingresso nell’Unione di vari Paesi dell’Est Europa, che ha
portato l’Ue ad adottare un paradigma della memoria caratterizzato dall’eguale condanna dei
crimini del nazismo e del comunismo, un paradigma definibile come antitotalitario.

Le memorie a fondamento dell’Europa unita

Il processo di integrazione europea aveva preso forma come risposta ai tragici eventi della
Seconda guerra mondiale. Originariamente alla sua base fu posto il ricordo della tragica esperienza
del conflitto, che non si sarebbe più dovuta ripetere in futuro grazie alla nascita di istituzioni
comunitarie. Solo tuttavia a partire dagli anni Ottanta, e con maggiore forza a partire dagli anni
Novanta, le istituzioni dell’Unione Europea e molti leader politici dei Paesi membri hanno
sviluppato un forte impegno per costruire una memoria comune valorizzando la memoria della
Shoah come fondamento comune, come monito e baluardo a difesa dei diritti umani e della
democrazia14.
Dagli anni Novanta, dopo la fine dell’epoca della guerra fredda, una delle priorità
dell’Unione Europea fu di allargarsi ad oriente, favorendo il processo di adesione alla Comunità
degli Stati dell’Europa centrale e orientale. La realizzazione del processo di allargamento fu lunga e
complessa, concretizzandosi solo a partire dalla metà degli anni Duemila. Infatti, il primo maggio
2004 divennero membri dell’Ue dieci Stati, tra i quali otto erano dell’Europa orientale. Si trattava

13
F. Focardi, Il passato conteso. Transizione politica e guerra della memoria in Italia dalla crisi della prima
Repubblica ad oggi, in F. Focardi, B. Groppo (a cura di), L’Europa e le sue memorie, cit., pp. 76 e 77.
14
In relazione a questa tematica, oggetto di numerosi studi, si riportano alcuni riferimenti bibliografici: Malgorzata
Pakier, Bo Strath (eds.), A European memory? Contested Histories and Politics of Remembrance, New York – Oxford,
Berghahn Books, 2010; Aline Sierp, History, Memory and Trans-European Identity. Unifying Divisions, New York -
Londra, Routledge, 2014.
5
della Repubblica Ceca, dell’Estonia, dell’Ungheria, della Lettonia, della Lituania, della Polonia,
della Slovacchia e della Slovenia. Il primo gennaio 2007, invece, divennero nuovi membri
dell’Unione altri due Stati dell’Est Europa come la Romania e la Bulgaria. Il primo luglio 2013,
infine, si verificò l’ultimo ingresso di un nuovo Stato nell’Unione, quello della Croazia15.
L’ingresso nell’Ue dei nuovi Stati membri comportava il fatto che questi ultimi ottenessero
rappresentanza nelle istituzioni comunitarie, potendo porre all’attenzione generale quelle che erano
le loro esigenze in tutti gli ambiti, quindi anche nel campo della memoria. Infatti, gli Stati dell’Est
Europa contestavano le politiche della memoria dell’Unione Europea per il fatto che era data troppa
centralità all’Olocausto e contrapponevano al dramma dei campi di concentramento nazisti quello
dei gulag sovietici. Allo stesso modo criticavano la visione della Seconda guerra mondiale come
“guerra giusta” combattuta dagli Alleati contro il comune nemico nazista, ponendo l’attenzione sul
significato e sulle conseguenze che nei loro territori aveva avuto l’esperienza dell’occupazione
sovietica e dei crimini del comunismo16.
Da questo periodo ogni tentativo di sviluppare una comune memoria europea avrebbe
dovuto fare i conti con il tema della divisione del continente che vi era stata nei decenni della guerra
fredda e con le divergenti memorie che si erano sviluppate nel corso del tempo tra Ovest ed Est17.
La proposta presentata dai nuovi Stati comunitari era quindi di comparare ed equiparare le due più
grandi esperienze storicamente esistite di sistemi totalitari: quella nazista e quella comunista. Per
conseguire questo obiettivo i Paesi orientali hanno cercato di includere la condanna dei crimini del
comunismo nelle risoluzioni adottate dal Parlamento europeo sulla memoria. Nel maggio 2005
l’assemblea di Strasburgo emanò la “Risoluzione sul sessantesimo anniversario della fine della Seconda
guerra mondiale in Europa” che conteneva un riferimento al fatto che “per alcune nazioni la fine della
Seconda guerra mondiale ha segnato l’assoggettamento ad una nuova tirannia inflitta dall’Unione
Sovietica”. Era inoltre espressa consapevolezza del “profondo degrado sociale, politico ed
economico sofferto dalle nazioni rimaste prigioniere al di là di quella che sarebbe diventata la
Cortina di ferro”18. Nel primo semestre del 2008 la Presidenza di turno dell’Ue spettava alla

15
https://europa.eu/european-union/topics/enlargement_it (Ultima visualizzazione novembre 2017).
16
Maria Mälksoo, The Memory Politics of Becoming European, the East European subalterns and the Collective
Memory of Europe, “Journal of International Relations”, 2015, 15 (4), pp. 653-680.
17
A. Sierp, History, Memory and Trans-European Identity, cit., p. 133.
18
Risoluzione del Parlamento europeo sul sessantesimo anniversario della fine della Seconda guerra mondiale in
Europa l’8 maggio 1945, 2005: http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//TEXT+TA+P6-TA-
2005-0180+0+DOC+XML+V0//IT (Ultima visualizzazione novembre 2017).
6
Slovenia19. Gli sloveni cercarono di porre all’attenzione dell’Unione quelle tematiche che
ritenevano prioritarie in base alla loro storia, per questo l’8 aprile la Presidenza dell’Ue partecipò
all’organizzazione di una pubblica udienza, tenutasi a Bruxelles, avente come tema “I crimini di
genocidio, i crimini contro l’umanità ed i crimini di guerra commessi dai regimi totalitari” 20. Nel
settembre del 2008 il Parlamento, riprendendo i contenuti della “Dichiarazione di Praga sulla
coscienza europea ed il comunismo”21, che era stata l’atto conclusivo di una conferenza promossa
dal governo della Repubblica Ceca, tenutasi nel giugno dello stesso anno, adottò una dichiarazione
che proclamava il 23 agosto quale “Giornata europea di commemorazione delle vittime del nazismo
e dello stalinismo”22, in ricordo del 23 agosto 1939, il giorno della firma del patto nazi-sovietico
Ribbentrop-Molotov. Nell’ottobre del 2008, invece, l’assemblea di Strasburgo approvò la
“Risoluzione sulla commemorazione dell’Holodomor, la grande carestia artificiale del 1932-1933 in
Ucraina”, ritenuta “uno spaventoso crimine contro il popolo ucraino e contro l’umanità” compiuto
dal regime di Stalin23. Nei primi mesi del 2009, anno in cui ricorreva il ventesimo anniversario della
caduta dei regimi comunisti nell’Europa dell’Est, la Presidenza di turno del Consiglio dell’Ue spettò
alla Repubblica Ceca, che il 18 marzo organizzò un’audizione avente come tema la “Coscienza
europea ed i crimini del regime totalitario comunista: venti anni dopo” 24. Il successivo 2 aprile il
Parlamento adottò la “Risoluzione su coscienza europea e totalitarismo”, che ne riprendeva i
contenuti. Recependo le proposte avanzate da esponenti del Pse, non si limitava però a condannare
solo le esperienze del nazismo e del comunismo, ma anche le dittature fasciste, ribadendo inoltre la
specificità dell’Olocausto25.

19
Karin Liebhart, Discursive and Visual Representations of EU Presidencies: Austria, Slovenia, Czech Republic,
Hungary and Poland in Comparison, in Olga Gyarfasova, Karin Liebhart (eds.), Constructing and communicating
EUrope, Berlino – Vienna, LIT Verlag, 2014, pp. 64-67.
20
Luigi Cajani, Storia, memorie e diritto penale, in F. Focardi, B. Groppo (a cura di), L’Europa e le sue memorie, cit.,
pp. 259 e 260.
21
Dichiarazione di Praga sulla coscienza europea e il comunismo, 2008:
http://www.webcitation.org/64otCtAyz?url=http://www.victimsofcommunism.org/media/article.php?article%3D3849
(Ultima visualizzazione novembre 2017).
22
Dichiarazione del Parlamento europeo sulla proclamazione del 23 agosto come “Giornata europea di
commemorazione delle vittime del nazismo e dello stalinismo”, 2008:
http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?reference=P6_TA(2008)0439&language=IT (Ultima visualizzazione
novembre 2017).
23
Risoluzione del Parlamento europeo sulla commemorazione dell’Holodomor, la carestia artificiale del 1932-1933 in
Ucraina, 2008: http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?type=TA&reference=P6-TA-2008-
0523&language=IT&ring=P6-RC-2008-0571 (Ultima visualizzazione novembre 2017).
24
Laure Neumayer, Integrating the Central European Past into a Common Narrative: The Mobilizations Around the
‘Crimes of Communism’ in the European Parliament, “Journal of Contemporary European Studies”, 2015, 23 (3), pp.
343-363.
25
Risoluzione del Parlamento europeo su coscienza europea e totalitarismo, 2009:
http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?type=TA&reference=P6-TA-2009-0213&language=IT&ring=B6-2009-
0165#def_1_5 (Ultima visualizzazione novembre 2017).
7
L’approvazione degli atti fin qui considerati da parte del Parlamento era resa possibile dal
fatto che sulle questioni della memoria i rappresentanti dei Paesi orientali membri del Partito
popolare europeo avevano ottenuto l’appoggio della sua classe dirigente, principalmente tedesca (si
pensi alla figura di Hans-Gert Pöettering, dimostratosi molto sensibile su questi temi), riuscendo ad
orientare le iniziative di tale gruppo parlamentare, il più numeroso all’assemblea di Strasburgo. È
significativo che nel febbraio del 2004, quando era ormai imminente l’allargamento a Est
dell’Unione, nel corso del loro congresso a Bruxelles i popolari europei avessero approvato una
risoluzione con cui chiedevano al Parlamento di adottare una “dichiarazione ufficiale per la
condanna internazionale del totalitarismo comunista”, individuando anche una “Giornata delle
vittime dei regimi totalitari comunisti”26. Su questi temi si è quindi creato un vero e proprio asse tra
la Germania e gli Stati dell’Est Europa, tra i quali hanno assunto un ruolo chiave i Paesi del Gruppo
Visegrad (Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia)27. Il risultato di questi processi è stato
di portare l’Unione Europea ad adottare come paradigma della memoria non solo la Shoah ma
anche l’antitotalitarismo, ovvero un paradigma basato sull’eguale condanna dei crimini del nazismo
e del comunismo28. Si tratta di un “modello” di memoria dal carattere “passivo” poiché tende a
valorizzare le vittime ed i perseguitati mettendo invece in secondo piano il ricordo del ruolo svolto
dai movimenti della Resistenza antifascista.

26
L. Neumayer, Integrating the Central European Past into a Common Narrative: The Mobilizations Around the
‘Crimes of Communism’ in the European Parliament, “Journal of Contemporary European Studies”, 2015, 23 (3), pp.
343-363.
27
Per ulteriori informazioni sul Gruppo Visegrad si può consultare il seguente link:
http://www.visegradgroup.eu/about/history (Ultima visualizzazione novembre 2017).
28
F. Focardi, Il passato conteso. Transizione politica e guerra della memoria in Italia dalla crisi della prima
Repubblica ad oggi, in F. Focardi, B. Groppo (a cura di), L’Europa e le sue memorie, cit., p. 87.
8
Il dibattito al Parlamento europeo sulla memoria delle stragi delle foibe e dell’esodo giuliano-
dalmata

Al Parlamento europeo, sia prima che dopo l’entrata nell’Ue degli Stati dell’Europa dell’Est,
diversi esponenti politici italiani di centro-destra29 sono stati protagonisti di interventi in cui
esprimevano la necessità di condannare i crimini dei regimi comunisti, facendo direttamente
riferimento alle stragi delle foibe e all’esodo degli italiani dall’Istria e dalla Dalmazia. Essi non
hanno mancato di far valere spesso le loro rivendicazioni minacciando di ostacolare altrimenti il
processo di adesione all’Ue di Stati ex-Jugoslavi quali la Slovenia e Croazia. Negli interventi degli
europarlamentari italiani erano comunque affrontate una molteplicità di questioni legate agli eventi
storici di cui si voleva valorizzare la memoria.

La richiesta di punire i criminali jugoslavi e di risarcire gli esuli istriano-dalmati e i famigliari


delle vittime delle foibe

A partire dalla metà degli anni Novanta, quando nell’ex Jugoslavia i conflitti etnici erano
ancora in corso, alcuni esponenti italiani di centro-destra iniziarono a porre all’attenzione del
Parlamento europeo il tema del ricordo delle stragi delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata. I loro
interventi erano finalizzati a domandare un riconoscimento del dramma vissuto dagli italiani del
confine orientale ma anche la punizione dei cittadini jugoslavi che avevano commesso quei crimini
ed il risarcimento degli esuli istriano-dalmati e dei famigliari delle vittime delle foibe. Ad esempio,
il 15 marzo del 1996, Gastone Parigi, Cristiana Muscardini, Amedeo Amadeo e Spalato Ballarè
(membri del gruppo degli indipendenti, nel quale erano presenti vari deputati di destra)
presentarono un’interrogazione alla Commissione per far emergere

dopo cinquant'anni di colpevole silenzio il dramma di trecentocinquantamila dalmati, istriani e


giuliani cacciati a forza dall'italianissimo litorale adriatico tra il 1943 e il 1946 e degli oltre
diecimila loro fratelli barbaramente torturati e sepolti vivi nelle cavità carsiche della Slovenia, della
Croazia e della Venezia Giulia per mano degli aguzzini slavo-comunisti del maresciallo Tito.
Veniva inoltre sottolineato che così come il mondo civile reclamava la punizione dei criminali

29
Si tratta di esponenti di Alleanza Nazionale, della Lega Nord e di Forza Italia che a livello europeo aderivano al
Partito popolare e soprattutto a formazioni collocate più a destra come l’Alleanza per l’Europa delle Nazioni.
9
balcanici degli anni Novanta, l’Italia chiedeva che fossero puniti gli oltre ottanta assassini di allora,
già individuati dalla magistratura italiana e che ancora vivevano, con pensione di Stato, al di qua e
al di là del confine italo-sloveno ed italo-croato30.

Questa interrogazione venne ripresentata dai quattro parlamentari alcuni mesi dopo, ma la risposta
della Commissione fu di ribadire il proprio impegno in difesa dei diritti umani e la necessità di
condannare i crimini, dichiarando però al contempo di non poter affrontare le questioni sollevate31.
Il 10 ottobre del 1996 la deputata Marilena Marin (membro del gruppo di destra “Unione per
l’Europa”) propose al Consiglio di istituire una giornata europea per ricordare i crimini di guerra
presenti e passati, tra cui le stragi delle foibe32. Il 17 agosto del 2004 Roberta Angelilli, componente
del gruppo di destra “Unione per l’Europa delle nazioni”, presentò alla Commissione
un’interrogazione avente come oggetto la costituzione di un fondo di solidarietà per il risarcimento
dei beni confiscati agli esuli italiani istriano-dalmati e per il risarcimento ai famigliari delle vittime
delle foibe. L’europarlamentare sottolineava che

a causa delle note persecuzioni operate dal regime totalitario del maresciallo Tito contro gli italiani
dell'Istria e della Dalmazia, circa 350000 di essi avevano dovuto abbandonare tutti i loro beni nella
ex Jugoslavia, che furono espropriati o nazionalizzati. A fronte di questo, Angelilli chiedeva se
fosse possibile istituire un fondo di solidarietà per gli esuli italiani istriano-dalmati e per le famiglie
dei martiri delle foibe33.

Tuttavia, circa un mese dopo la Commissione dichiarava di non essere competente sulla questione,
che riguardava i rapporti bilaterali fra Italia e Slovenia34. Il 18 aprile 2012, invece, Carlo Fidanza,

30
Interrogazione scritta di Gastone Parigi, Cristiana Muscardini, Spalato Bellerè e Amedeo Amadeo alla Commissione,
1996: http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?type=WQ&reference=E-1996-0644&language=IT (Ultima
visualizzazione novembre 2017).
31
Risposte date dal Sig. Van der Broek a nome della Commissione, 1996:
http://www.europarl.europa.eu/sides/getAllAnswers.do?reference=E-1996-0644&language=IT (Ultima visualizzazione
novembre 2017) e http://www.europarl.europa.eu/sides/getAllAnswers.do?reference=E-1996-1409&language=IT
(Ultima visualizzazione novembre 2017).
32
Interrogazione scritta di Marilena Marin al Consiglio, 1996:
http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?type=WQ&reference=P-1996-2692&format=XML&language=IT
(Ultima visualizzazione novembre 2017).
33
Interrogazione scritta di Roberta Angelilli alla Commissione, 2004:
http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?type=WQ&reference=E-2004-1631&format=XML&language=IT
(Ultima visualizzazione novembre 2017).
34
Risposta del Sig. Mr. Vitorino a nome della Commissione, 2004:
http://www.europarl.europa.eu/sides/getAllAnswers.do?reference=E-2004-1631&language=IT (Ultima visualizzazione
novembre 2017).
10
Marco Scurria, Roberta Angelilli e Sergio Paolo Francesco Silvestris, componenti del gruppo del
Ppe, presentarono al Consiglio la richiesta di ritirare dalla circolazione una moneta commemorativa
emessa dalla Slovenia per celebrare il centesimo anniversario della nascita dell’eroe nazionale
Franc Rozman Stane. La richiesta era motivata dalla considerazione che questo Generale

fu membro del IX Corpus, reparto dell'esercito comunista jugoslavo di Tito che tra il 1943 e il 1945
eseguì la pulizia etnica ai danni della popolazione italiana nella zona del confine italo-slavo;
migliaia di italiani furono soppressi, molti di loro mediante fucilazione a seguito della quale i loro
corpi vennero gettati in fosse comuni dette foibe, profonde cavità naturali tipiche della zona35.

Si trattava, anche in questo caso, di una questione che la Commissione non riteneva di sua
competenza. Essa era stata posta comunque alla Commissione già nel luglio del 2011, attraverso
un’interrogazione presentata dall’europarlamentare Roberta Angelilli36. Merita infine di essere
preso in considerazione l’intervento che la deputata Alessandra Mussolini, membro del Ppe, svolse
il 10 febbraio del 2015, per ricordare che in Italia veniva celebrato il “Giorno del ricordo”

delle vittime della tragedia delle foibe e dell'esodo giuliano-dalmata, la popolazione autoctona di
lingua italiana dell'Istria, del Quarnaro e della Dalmazia conquistata dall'ex Iugoslavia dopo la fine
della Seconda Guerra mondiale.

La deputata chiedeva al Consiglio di fare pressioni affinché Italia, Slovenia e Croazia


rinegoziassero l’Accordo di Roma del 1983, formalmente decaduto, che, dando esecuzione al
Trattato di Osimo tra Italia e Jugoslavia, disponeva indennizzi per i beni immobili degli esuli
giuliano-fiumani-dalmati37.

35
Interrogazione di Carlo Fidanza, Marco Scurria, Roberta Angelilli e Sergio Paolo Francesco Silvestris al Consiglio,
con richiesta di risposta scritta, 2012: http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?type=WQ&reference=E-2012-
004025&format=XML&language=IT (Ultima visualizzazione novembre 2017).
36
Interrogazione di Roberta Angelilli con richiesta di risposta scritta alla Commissione, 2011:
http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?type=WQ&reference=E-2011-006669&format=XML&language=IT
(Ultima visualizzazione novembre 2017).
37
Discussioni parlamentari del 10 febbraio 2015:
http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?type=CRE&reference=20150210&secondRef=ITEM-
001&format=XML&language=IT (Ultima visualizzazione novembre 2017).
11
I tentativi di ostacolare i processi di adesione all’Unione Europea della Slovenia e della
Croazia

Dalla fine degli anni Novanta in diverse circostanze gli europarlamentari italiani, con i loro
interventi, cercarono di legare il tema del ricordo delle stragi delle foibe e dell’esodo giuliano-
dalmata al processo di adesione all’Ue di due Stati ex-Jugoslavi come la Slovenia e la Croazia, poi
divenuti effettivamente membri dell’Unione nel 2004 e nel 2013. Il 2 aprile del 1998 Cristiana
Muscardini, Amedeo Amadeo, Roberta Angelilli, Spalato Belleré, Marco Cellai, Sebastiano
Musumeci, Gastone Parigi, Salvatore Tatarella e Antonio Trizza (europarlamentari di destra iscritti
al gruppo degli indipendenti) sollevarono alla Commissione alcune questioni relativamente ai
negoziati di preadesione della Slovenia. Secondo i deputati

i tempi non erano ancora maturi per la rappacificazione italo-slovena. In particolare, alcune
questioni rimanevano pendenti sul piano dei rapporti bilaterali tra l'Italia e la Slovenia: restituzione
dei beni confiscati agli esuli costretti ad abbandonare la loro terra nel 1947 e riconoscimento degli
efferati eccidi fatti nelle Foibe38.

Dall’inizio degli anni Duemila fu l’esponente di spicco della Lega Nord, Mario Borghezio, a
presentare nuovamente queste istanze, anche in riferimento alla Croazia. Il 14 febbraio del 2002 egli
pose all’attenzione della Commissione un fatto accaduto nella città croata di Parenzo, dove il
Sindaco Josip Pino Maras aveva ordinato la demolizione di una lapide posta a ricordo di 94 italiani
uccisi tra il 1943 ed il 1945 dalle bande partigiane di Tito e gettati nelle foibe. L’europarlamentare
italiano chiedeva alla Commissione di tenere conto di quest’atto nel processo di allargamento
dell’Unione alla Croazia39. Il 10 marzo del 2004, quando era ormai imminente l’entrata nell’Ue di
diversi Stati dell’Europa orientale, fra cui la Slovenia, Borghezio sottolineava che nei rapporti con
Lubiana rimanevano irrisolte

38
Interrogazione scritta di Cristiana Muscardini, Amedeo Amadeo, Roberta Angelilli, Spalato Belleré, Marco Cellai,
Sebastiano Musumeci, Gastone Parigi, Salvatore Tatarella e Antonio Trizza alla Commissione, 1998:
http://www.europarl.europa.eu/sides/getAllAnswers.do?reference=E-1998-0988&language=IT (Ultima visualizzazione
novembre 2017).
39
Interrogazione scritta di Mario Borghezio alla Commissione, 2002:
http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?type=WQ&reference=E-2002-0371&format=XML&language=IT
(Ultima visualizzazione novembre 2017).
12
alcune gravi questioni, che attenevano in primo luogo ai risarcimenti morali e materiali delle vittime
dell’esodo causato dalla terribile pulizia etnica che ebbe il suo epilogo ancora nel 1975 con
l’emigrazione forzosa da alcuni comuni, come Pirano, Capodistria, Pristina (l’ex zona B), e in
secondo luogo alla memoria storica delle foibe e alla questione insoluta della tutela della minoranza
di cultura italiana e veneta40.

Stupisce nell’intervento di Mario Borghezio che egli collocasse la fine dell’esodo degli italiani
dall’Istria e dalla Dalmazia nel 1975, quando in realtà questo evento aveva sostanzialmente avuto
conclusione nel 1954. Nel 1975, il 10 novembre, invece, fu firmato il Trattato di Osimo, che
rendeva definitive le frontiere tra l’Italia e la Jugoslavia41.
Il 10 aprile 2008, quando il Parlamento fu chiamato a votare la “relazione Hannes Swoboda”
sui progressi compiuti dalla Croazia nell’ambito dei negoziati di adesione all’Ue, Borghezio
annunciò il voto negativo suo e dei colleghi della Lega Nord perché

nelle terre irredente, istriano-dalmati, Fiume, Pola reclamavano i loro diritti, i diritti calpestati a
oltre sessant’anni dalla fine della guerra. Si trattava di una piaga che andava sanata. La Croazia non
poteva continuare a rimanere sorda di fronte al grido di dolore di questi nostri connazionali che
chiedevano soltanto rispetto per la loro storia, per le loro sofferenze e per i lori diritti42.

Infine, nel dicembre del 2011, quando il processo di adesione della Croazia all’Unione Europea
stava ormai per essere portato a termine, l’esponente della Lega Nord chiese alla Commissione di
impegnarsi affinché il governo dello Stato ex-Jugoslavo arrivasse a

formulare in maniera ufficiale e solenne le scuse agli Italiani e, in particolare, agli Esuli ed ai loro
famigliari per le note vicende dell'infoibamento degli italiani, delle deportazioni nei gulag e

40
Discussioni parlamentari del 10 marzo 2004:
http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?type=CRE&reference=20040310&secondRef=ITEM-
004&format=XML&language=IT (Ultima visualizzazione novembre 2017).
41
Per quanto riguarda gli studi sul Trattato di Osimo si veda Raoul Pupo (a cura di), Osimo. Il punto sugli studi, numero
monografico di “Qualestoria”, 2, dicembre 2013.
42
Discussioni parlamentari del 10 aprile 2008:
http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?type=CRE&reference=20080410&secondRef=ITEM-
012&format=XML&language=IT (Ultima visualizzazione novembre 2017).
13
dell'espulsione forzata di centinaia di migliaia di donne e uomini colpevoli soltanto di appartenere
all'etnia italiana43.

Febbraio 2007: la crisi diplomatica nei rapporti tra Italia, Slovenia e Croazia

Il momento in cui le istituzioni del nostro Paese, con grande forza, conferirono alla memoria
delle foibe e dell’espulsione degli italiani dall’Istria e dalla Dalmazia una dimensione fortemente
nazionalista e di ostilità verso i vicini Stati ex-Jugoslavi di Slovenia e Croazia fu il 10 febbraio del
2007. Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, intervenendo allora in occasione del
“Giorno del ricordo”, dichiarò che i tragici eventi verificatisi nel confine orientale erano stati frutto
di

un’ondata cieca di violenza, di un moto d’odio, di furia sanguinaria e di un disegno annessionistico


slavo che prevalse innanzitutto nel Trattato di pace del 1947 e che assunse i sinistri contorni di una
pulizia etnica44.

Nel discorso del Presidente della Repubblica, al di là dell’opportunità di utilizzare, o meno, il


termine “pulizia etnica”, mancava qualsiasi riferimento all’annessionismo italiano del primo
dopoguerra, all’occupazione della Jugoslavia da parte dei nazifascisti a partire dal 1941 ed ai
crimini da questi compiuti verso le popolazioni locali45. Le parole pronunciate da Napolitano
determinarono una crisi diplomatica nei rapporti dell’Italia con la Slovenia e la Croazia, con dure
reazioni da parte dei Presidenti dei due Paesi, entrambi appartenenti a forze politiche di
orientamento liberale. In particolare, il Presidente croato Stjepan Mesić disse che le parole di
Napolitano sapevano di

aperto razzismo, revisionismo storico e revanscismo, aggiungendo che era molto pericoloso porre
sotto punto di domanda la validità del trattato di pace del 1947. Per questo sentiva di dover alzare

43
Interrogazione di Mario Borghezio con richiesta di risposta scritta alla Commissione, 2011:
http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?type=WQ&reference=E-2011-012004&format=XML&language=IT
(Ultima visualizzazione novembre 2017).
44
Intervento del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in occasione della celebrazione del “Giorno del
ricordo”, Palazzo del Quirinale, 10 febbraio 2007:
http://presidenti.quirinale.it/elementi/Continua.aspx?tipo=Discorso&key=930 (Ultima visualizzazione novembre 2017).
45
Guido Crainz, II difficile confronto fra memorie diverse, in Guido Crainz, Raoul Pupo, Silvia Salvatici (a cura di),
Naufraghi della pace. Il 1945, i profughi e le memorie divise d’Europa, Roma, Donzelli, 2008, pp. 188-191.
14
una voce di protesta contro ogni tentativo di mettere in dubbio le basi sulle quali è stata edificata
l’Europa unita, tra le quali l’antifascismo ha un posto di primo piano46.

Queste forti polemiche ebbero presto significativi riflessi anche nell’ambito delle istituzioni
europee. Infatti, il 23 febbraio 2007 Cristiana Muscardini, che ricopriva il ruolo di Presidente del
gruppo “Unione per l’Europa delle nazioni, presentò alla Commissione un’interrogazione per
chiedere che fossero condannate per negazionismo le dichiarazioni rilasciate dal Presidente croato
Mesić come risposta al discorso tenuto da Napolitano47. Il 23 febbraio anche Sebastiano Musumeci,
un altro membro del gruppo “Unione per l’Europa delle nazioni”, presentò un’analoga
interrogazione, sottolineando che la Croazia dimostrava ancora una volta di

non saper guardare alla propria storia in modo onesto e pacato e di non essere grado di fare i conti
con il proprio passato per affrontare serenamente il futuro, di conseguenza era doveroso chiedere
alla Croazia, Paese candidato a far parte dell'Unione Europea, di riconoscere in maniera chiara le
persecuzioni e le uccisioni di migliaia di cittadini italiani da parte dei militari di Tito48.

Rispetto a tali questioni, comunque, la Commissione rispose ad aprile dichiarandosi non competente
e auspicando il ristabilimento di amichevoli relazioni tra Italia e Croazia49.
Due anni dopo, il 10 febbraio del 2009, in occasione delle celebrazioni del “Giorno del
ricordo”, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano pronunciò un discorso in cui affermava
la necessità di ristabilire buoni rapporti con la Slovenia e la Croazia, superando le contrapposizioni
sulla memoria. Nel luglio del 2010 Napolitano diede seguito a questo percorso di dialogo
incontrando a Trieste il Presidente sloveno Danilo Türk e il Presidente croato Ivo Josipović, con i
quali assistette ad un concerto diretto dal maestro Riccardo Muti ed eseguito da un’orchestra di
musicisti dei tre Paesi. Prima del concerto, come gesto di riconciliazione, i tre Presidenti avevano
deposto una corona di fronte alla lapide che ricorda l’incendio della Narodni Dom (Casa del popolo

46
G. Crainz, II difficile confronto fra memorie diverse, in G. Crainz, R. Pupo, S. Salvatici (a cura di), Naufraghi della
pace, cit., pp. 188-191.
47
Interrogazione scritta di Cristiana Muscardini alla Commissione, 2007:
http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?type=WQ&reference=E-2007-0886&format=XML&language=IT
(Ultima visualizzazione novembre 2017).
48
Interrogazione scritta di Sebastiano Musumeci alla Commissione, 2007:
http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?type=WQ&reference=E-2007-0900&format=XML&language=IT
(Ultima visualizzazione novembre 2017).
49
Risposte date da Oli Rehn a nome della Commissione, 2007:
http://www.europarl.europa.eu/sides/getAllAnswers.do?reference=E-2007-0886&language=IT (Ultima visualizzazione
novembre 2017).
15
slovena) data alle fiamme nel 1920 dai nazionalisti italiani, poi avevano reso omaggio al
monumento che ricorda l’espulsione degli italiani dall’Istria e dalla Dalmazia50. Circa un anno
dopo, nel settembre del 2011, Napolitano e Josipović fecero visita alla città di Pola, luogo simbolo
dell’esodo degli italiani. In quell’occasione le due autorità rilasciarono una dichiarazione congiunta
per ricordare sia le vittime del fascismo italiano sia quelle della folle vendetta perpetrata dalle
autorità jugoslave51. Negli anni successivi si registrò un ulteriore consolidamento delle amichevoli
relazioni tra Italia, Croazia e Slovenia.

La richiesta di equiparare i crimini comunisti a quelli nazisti

Alcuni interventi degli europarlamentari italiani erano finalizzati a chiedere alle istituzioni
comunitarie di fare propria una prospettiva antitotalitaria e condannare i crimini del comunismo, di
cui le stragi delle foibe e l’esodo giuliano-dalmata erano un significativo esempio, ponendoli sullo
stesso piano di quelli del nazismo, come la Shoah. Da questo punto di vista è emblematico
l’intervento che il deputato Romano Maria La Russa, iscritto al gruppo “Unione per l’Europa delle
nazioni”, tenne il 26 gennaio 2005. Nell’ambito delle discussioni su antisemitismo e razzismo, egli
lodò la decisione presa dall’Ue di fare del 27 gennaio la “Giornata in memoria dell’Olocausto” ma
affermò la necessità di

ricordare e condannare allo stesso modo altri olocausti, forse meno conosciuti ma certamente non
meno gravi in considerazione dei crimini commessi contro l’umanità, ricordando insieme al popolo
ebraico anche altri popoli e minoranze etniche, anch’essi vittime di genocidi e persecuzioni, come
gli armeni e i curdi, gli italiani trucidati dal Maresciallo Tito in Istria e i milioni di innocenti
sterminati nei gulag sovietici, tra cui anche ebrei, certamente in numero non meno rilevante di
quelli uccisi dai nazisti tedeschi52.

50
F. Focardi, Il passato conteso. Transizione politica e guerra della memoria in Italia dalla crisi della prima
Repubblica ad oggi, in F. Focardi, B. Groppo (a cura di), L’Europa e le sue memorie, cit., pp. 89 e 90.
51
Dichiarazione congiunta del 3 settembre 2011 del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e del Presidente
della Repubblica di Croazia, Ivo Josipović:
http://presidenti.quirinale.it/elementi/Continua.aspx?tipo=Comunicato&key=12194 (Ultima visualizzazione novembre
2017).
52
Discussioni parlamentari del 26 gennaio 2005:
http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?type=CRE&reference=20050126&secondRef=ITEM-
008&format=XML&language=IT (Ultima visualizzazione novembre 2017).
16
Il 26 febbraio del 2010, invece, l’europarlamentare Mario Mauro, esponente del Popolo della
Libertà e membro del Ppe, presentò un’interrogazione alla Commissione per denunciare il fatto che
le vittime delle foibe erano ricordate ancora troppo poco e chiedere quali iniziative potevano in tal
senso essere promosse53. A questo proposito, ad aprile la Commissione rispose ricordando di aver
istituito il programma “Europa per i cittadini”, nell’ambito del quale era prevista l’azione “Memoria
europea attiva”, finalizzata ad incoraggiare e sostenere iniziative inerenti alla storia europea54.

Conclusioni

Dopo aver analizzato questa serie di interventi di cui, per circa vent’anni, sono stati
protagonisti gli europarlamentari italiani affiliati ai vari partiti della destra politica, si può sostenere
che essi hanno avuto il merito di portare all’attenzione delle istituzioni comunitarie il tema del
ricordo delle stragi delle foibe e dell’esodo degli italiani dall’Istria e dalla Dalmazia. Allo stesso
tempo pare opportuno considerare che queste “rivendicazioni” spesso non sono state precise dal
punto di vista storiografico e non sono state accompagnate da una contestualizzazione storica degli
eventi, che desse conto delle condizioni nelle quali i fatti si erano verificati55. Inoltre, si può
considerare che l’azione intrapresa dagli europarlamentari italiani è stata caratterizzata da un punto
di vista prettamente nazionale, emergendo chiaramente la volontà di ricordare la vicenda delle stragi
delle foibe e dell’esodo dei giuliano-dalmati unicamente dalla prospettiva memoriale italiana,
coltivando un sentimento di ostilità rispetto alle memorie conservate dalla Slovenia e dalla Croazia.
Tuttavia, negli ultimi anni, grazie al ruolo svolto dalla Presidenza della Repubblica, il nostro Paese
è arrivato a rapportarsi al ricordo delle tragiche vicende del confine orientale assumendo un punto
di vista critico verso le politiche espansionistiche del regime fascista e cercando una riconciliazione
con i vicini Stati ex-Jugoslavi di Slovenia e Croazia, sulla base della comune appartenenza all’Ue.

53
Interrogazione scritta di Mario Mauro alla Commissione, 2010:
http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?type=WQ&reference=E-2010-1049&format=XML&language=IT
(Ultima visualizzazione novembre 2017).
54
Risposta data da Viviane Reding a nome della Commissione, 2010:
http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?type=WQ&reference=E-2010-1049&format=XML&language=IT
(Ultima visualizzazione novembre 2017).
55
Mila Orlić, Poteri popolari e migrazioni forzate in Istria, in G. Crainz, R. Pupo, S. Salvatici (a cura di), Naufraghi
della pace, cit., pp. 25-41 e Raoul Pupo, Gli esodi nell’Adriatico orientale: problemi interpretativi, in G. Crainz, R.
Pupo, S. Salvatici (a cura di), Naufraghi della pace, cit., pp. 5-23. Questi due saggi sono utili per contestualizzare gli
eventi storici trattati. Quello di Mila Orlić aiuta a comprendere il dibattito che si sviluppò all’interno delle istituzioni
della neonata Repubblica socialista federale di Jugoslavia riguardo le politiche da adottare verso la minoranza italiana.
Il saggio di Raoul Pupo, invece, mette in luce come le migrazioni degli italiani dall’Istria e dalla Dalmazia negli anni
dell’immediato dopoguerra avvenissero in un contesto caratterizzato da numerosi spostamenti delle popolazioni.
17
Rispetto a questi processi che sono in atto rimane però aperta una grande questione, relativa al ruolo
che può svolgere l’Unione Europea. Infatti, bisogna chiedersi se l’Unione riuscirà a porre a
fondamento della propria identità un paradigma della memoria che non sia solamente di tipo
antitotalitario, ovvero basato per tutti gli Stati membri sulla condanna - calata dall’alto e avulsa
dalle specifiche memorie nazionali - dei crimini del nazismo e del comunismo, ma che veda l’Ue,
con le sue istituzioni, incoraggiare e sostenere i vari Paesi a sviluppare uno sguardo critico sul
proprio passato con la volontà di riconciliarsi con le nazioni vicine, evitando con ciò di coltivare
memorie rivendicative e connotate in senso nazionalista56. In questa prospettiva il ricordo delle
stragi delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata, nella sua dimensione transnazionale ed europea,
comune ad altri fenomeni del medesimo periodo come le espulsioni dei tedeschi dai Paesi
dell’Europa centro-orientale, può costituire un significativo ambito di intervento per le istituzioni
dell’Unione, soprattutto se esse sapranno adottare politiche efficaci per sensibilizzare i cittadini
degli Stati membri su queste tematiche.

56
A prefigurare un impegno di questa natura da parte delle istituzioni europee nell’ambito delle questioni legate alla
memoria è stato lo storico austriaco Markus Prutsch, che nel settembre del 2013 scrisse, su richiesta della Commissione
Cultura e Istruzione del Parlamento europeo, un importante documento, che purtroppo è stato poco preso in
considerazione. Markus Prutsch, La memoria storica europea: politiche, sfide e prospettive, 2013:
http://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/note/join/2013/513977/IPOL-CULT_NT(2013)513977(SUM01)_IT.pdf
(Ultima visualizzazione novembre 2017).
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