Sei sulla pagina 1di 161

LEsagono

Benedetta Napolitano
GIORNALISTA - PUBBLICISTA

L Esagono

Tutti i diritti riservati

con il patrocinio del

Benedetta Napolitano

A mio figlio Antonio e alla memoria dei miei amati nonni.

Sii sempre leale e gentile con il prossimo tuo: ogni persona che incontri sta combattendo, come te stesso, una meravigliosa ma dura battaglia!
(Benedetta Napolitano)

LEsagono

Presentazione
LEsagono la prima testimonianza autentica di come i sei Comuni del Baianese siano stati da sempre una sola etnia malgrado i virtuali limiti territoriali che gli uomini hanno loro imposto. Solo campanilismi sterili e mentalit retrograde hanno tentato di dividere questo nostro popolo e tuttora ne rallentano uno sviluppo pi moderno. Lapprofondimento della storia di ognuno dei sei comuni evidenzia tutti questi caratteri unitari nellambito dellarea avellana anche se, per il Litto di Mugnano del Cardinale, permane qualche dubbio dovuto alla sua origine sannita per la particolare ubicazione montana. Tale discorso unitario inequivocabile e si evidenzia specialmente nei caratteri folkloristici, economici (agricolo, silvo-pastorali) e nelle attivit commerciali. Per la prima volta abbiamo la testimonianza vera di come sei popoli parlino una sola lingua, evidenziano una unica origine, hanno una sola cronaca negli stessi momenti storici. Benedetta Napolitano con una ricerca semplice, evidenziando per la prima volta le abitudini pi comuni, ha realizzato un pregevolissimo lavoro che deriva da un serio impegno, diligente e certosino. Altra qualit dellopera la facilit di fusione tra avvenimenti importanti della nostra storia ed episodi comuni della nostra vita quotidiana, che vengono presentati con semplicit esemplare e ricchezza di particolari come tutto ci che appartiene al nostro patrimonio culturale. Quante attivit, mestieri, personaggi superati dal correre del tempo e dalla trasformazione di una societ moderna che ci erano sfuggiti ora ritornano nella loro integrit, nel loro essere perch la nostra memoria li aveva solo accantonati. Dopo la lettura dellopera un entusiasmo di operosit nuova e di nuovo impegno generoso invade gli amanti della Storia del territorio per realizzare una nostra societ migliore e pi vivibile: La Citt del Baianese da sempre teorizzata. Tale idea-progetto si concretizza per la prima volta e sembra a portata di mano, diventa un messaggio persuasivo per gli uomini forti e determinati della nostra area. Storie talora gi note, ricche di un insolito servizio fotografico, diventano un messaggio nuovo specialmente per i pi giovani e per ogni tipo di operatore pubblico. Riferimenti concreti di questo progetto nellultimo arco di tempo risultano il Piano sociosanitario previsto dalla legge 328/2000 che vede Mugnano capofila; il P.I.T. (Piano Integrato Territoriale) per lo sviluppo degli interessi archeologici monumentali che vede Avella come capofila; lunione dei Comuni per una migliore efficienza e funzionalit dei servizi che vede il Comune di Baiano Comune trainante. Sono questi i fatti e le promesse concrete per una nuova realt intercomunale della nostra area e per collaudare la nuova classe dirigente ai tempi moderni. E limpegno politico con tali obbiettivi diventa pi serio e responsabile. Prof. Giovanni Colucci Sindaco di Mugnano del Cardinale

Benedetta Napolitano

Introduzione
Finalit Il presente libro si rivolge in particolar modo ai giovani: gli uomini di domani. Essi dovranno misurarsi con problematiche complicatissime ma piene di stimoli. La globalizzazione delleconomia, della politica e del terrorismo. La risoluzione dei problemi ambientali e di quelli etici e pratici- posti dallavanzare delle biotecnologie. Dovranno saper cavalcare il progresso tecnologico per la ricerca di nuove fonti energetiche che rendano sostenibile -e compatibile con lambiente- lindispensabile aumento di produttivit, necessario per fronteggiare le emergenze e le necessit dei paesi meno sviluppati. Forse alcuni di loro andranno nello spazio. Altri dovranno combattere con disoccupazione e disagi sociali. In ogni caso, si troveranno a vivere in una civilt dai mutamenti rapidi e imprevedibili. In tale frenetica realt c il concreto rischio di perdersi, perci importante soprattutto per chi non avesse la fortuna di avere un credo filosofico, politico o religioso- di avere un punto di riferimento che possa fungere da ncora e al quale approdare per riprendere fiato. La riscoperta delle proprie radici, dellambiente naturale, delle proprie tradizioni pu forse- servire a rigenerare le forze. Questo mio lavoro senza troppe pretesevuole essere un piccolo, piccolissimo contributo mirante a far conoscere meglio le nostre radici. Mi auguro, perci, che questa mia fatica possa essere utile anche per le informazioni storiche, naturalistiche e statistiche che racchiude- a un discreto numero di giovani e di studenti. Esso, infine, vuole stimolare i politici di turno ad impegnarsi maggiormente per la costituzione di una Citt del Baianese, per poter affrontare in maniera pi efficace i vari problemi che ci attanagliano. Argomenti trattati La prima parte del libro costituita da un rapido excursus storico, dalla preistoria fino ai giorni nostri, che vuole mettere in evidenza storia e il destino comuni dei paesi che costituiscono lesagono. Indi, segue una dettagliata trattazione della storia dei singoli comuni e delle loro principali espressioni folkloristiche, il tutto corredato con interessanti foto, molte delle quali inedite. E stata aggiunta, poi, una scheda dei dati salienti di ogni Comune e lannotazione delle sue principali risorse naturalistiche. Segue la sezione riguardante lultimo secolo, in cui vengono descritti i modi di vita del secolo scorso, alcune credenze ed usanze, i principali antichi mestieri ed alcuni dei giochi dellepoca. Per completezza di trattazione sono stati aggiunti alcuni cenni ambientali, con una rapida disamina della flora e della fauna presenti nel nostro territorio, ed alcuni grafici e tabelle statistiche riguardanti gli aspetti demografici e produttivi del nostro mandamento.

LEsagono

Metodologia Raccogliendo lesortazione di alcuni stimati amici, stata aggiunta in appendice una bibliografia essenziale, il cui scopo quello di indicare al lettore alcune pubblicazioni che hanno trattato argomenti di cui si parlato nel presente libro: la loro citazione non deve, pertanto, essere intesa come un elenco di fonti da cui si sarebbero attinte le informazioni. Da dove provengono, quindi, le notizie riportate nella presente pubblicazione? La risposta che, in questo libro come nel precedente (La Citt del Baianese), allapproccio metodologico della cosiddetta ricerca (su vari testi e documenti, e loro citazione) stato preferito -tutte le volte che era possibile- quello dellinchiesta di tipo giornalistico-divulgativo. Per quanto concerne -ad esempio- la parte archeologica, pur avendo preso visione delle pregevoli pubblicazioni del Gruppo Archeologico Avellano e della Cooperativa Territorio-Ambiente di Avella, stato dato maggiore peso alle osservazioni e ai sopralluoghi effettuati in prima persona nei principali siti archeologici, in compagnia di persone esperte del settore (tra le quali cito la mia figlioccia e amica Elisabetta Vitale, archeologa). Per quanto riguarda la storiografia locale, ho attinto -prevalentemente- dallimponente archivio di mio zio, don Giovanni Picariello (curatore de La Valle munianense ed autore di Mugnano del Cardinale nel tempo), oltre che -naturalmente- dagli scritti del celeberrimo Antonio Iamalio, che fu insigne professore presso il Liceo-Ginnasio Alessandro Manzoni di San Pietro a Cesarano, a Mugnano del Cardinale (e dal quale tutti gli Storici locali -indistintamente- hanno attinto), cercando -comunque- di leggere gli eventi locali tenendo conto del contesto storico generale. Per la parte riguardante gli antichi mestieri e le tradizioni dellarea Baianese, ho preferito effettuare interviste dirette alle persone pi anziane (a cominciare dai parenti pi vicini), effettuando anche registrazioni digitali di varie testimonianze, cunti e filastrocche (che potranno eventualmente essere utilizzate per la futura realizzazione di un cd-rom multimediale). Per gli aspetti ambientali e naturalistici ho utilizzato il materiale fornitomi da mio marito (dottore in Scienze e Tecnologie Agrarie) e le preziose indicazioni del geologo e amico Stefano Lanziello, di Baiano. Anche per i dati statistici e demografici, pur avendo preso visione di alcuni lavori (come il Piano di Sviluppo socio-economico della nostra Comunit Montana), ho preferito consultare direttamente le fonti primarie: annuari ISTAT, Informatore Statistico Campano, Banca Dati Demografica Evolutiva, Camera di Commercio, Uffici Comunali e del Ce.S.A. (Centro di Sviluppo Agricolo) di Baiano. Le foto, a parte quelle scattate personalmente durante i vari sopralluoghi (quella dello scheletro a pag.25 stata addirittura scattata da mio figlio Antonio), provengono in gran parte dalla fototeca de La nuova Gazzetta. Altre sono state fornite da alcuni amici e dai vari fotografi della zona, alcune sono giunte in redazione via e-mail. Ringraziamenti. Oltre alle persone gi citate, ringrazio per il materiale fornitomi: il carabiniere Renato Mone di Avella, larmiere Stefano DApolito di Sperone, il prof. Felice Colucci (ex Sindaco di Baiano), i coniugi Rita Severo e dott. Vincenzo Marsella di Mugnano, la dott.ssa Caterina De Laurentis di

Benedetta Napolitano

Baiano, il prof. Carmine Montella di Baiano. E, poi, i fotografi: Pierluigi Postiglione di Baiano (che ci ha fornito anche alcune foto dellarchivio di don Pietro Foglia, di Baiano), Antonio Montuori di Sirignano, Vincenzo DApolito di Mugnano, Mimmo Liguori di Avella. Ricordo la grande gentilezza e disponibilit di Armando Sodano di Sperone, del prof. Rino Conte di Avella, grafico e impaginatore de Il Meridiano e, insieme ad essi, di tutte le persone che hanno subto con pazienza , benevolenza e cortesia le mie interviste. Esprimo, poi, la mia riconoscenza agli UTC dei sei Comuni del mandamento per il materiale fornitomi (cartine e dati statistici). Ringrazio, inoltre, il collega giornalista Enzo Pecorelli, il prof. Carmine Strocchia e la dott.ssa Grazia DApolito per la cortese e preziosa lettura delle bozze. Ringrazio, ancora, mio marito per il decisivo e paziente aiuto datomi nella fase di impaginazione del testo, e lAmministrazione Comunale del mio paese nato che, ancora una volta, ha ritenuto di ospitare la presentazione di una mia pubblicazione nel corso dellimportante manifestazione culturale Arte Sotto le Stelle. Un doveroso e sentito ringraziamento va -infine- al Prof. Giovanni Colucci, Sindaco di Mugnano del Cardinale e illuminato uomo di cultura, per le belle parole usate nella presentazione del presente libro. A tutti i lettori auguro che gli argomenti trattati in questo libro possano, in qualche modo, accrescere la loro conoscenza del nostro territorio, stimolando nei pi giovani la voglia di attivarsi socialmente e politicamente per realizzare, come simbolicamente rappresentato in copertina, un moderno Esagono poggiante sui valori storici e culturali delle nostre tradizioni. Lautrice Benedetta Napolitano

LEsagono

Paleolitico - Osci - Volsci - Sanniti- Etruschi - Hyria - Novla

Storia e destino comuni


La valle del Baianese, nonostante i capricci del complesso vulcanico VesuvioMonte Somma-Campi Flegrei, stata abitata dalluomo sin dalle epoche preprotostoriche. Interessanti tracce di insediamenti umani preistorici sono state rinvenute nel territorio di Avella, prevalentemente lungo il corso del torrente Clanio. Le testimonianze pi antiche risalgono, addirittura, al Paleolitico Superiore (VIII millennio a.C.), cio a circa 10.000 anni fa. Esse si riferiscono, con ogni probabilit, a gruppi tribali costituiti da pochi individui. Per la costituzione di un primo vero agglomerato urbano, sempre ad Avella, bisogner attendere il IX-VIII secolo a.C.. Notizie antecedenti la fondazione di Roma (753 a.C.) sono, comunque, incerte e avvolte dallimpenetrabile nebbia dei secoli. Si ritiene che, gi prima del V secolo a.C., questo territorio sia stato abitato da antiche popolazioni, come gli Osci, i Volsci, i Sanniti, le cui origini sono antecedenti agli stessi Etruschi (questi ultimi, secondo accreditati Studiosi, si stanziarono pi a Nord e non si sarebbero mai spinti sino ad Avella) e ai Romani, e che interagirono, talora bellicosamente, talora pacificamente, tra di loro e con le prime colonie Greche calcidiesi. Un presunto (non ufficiale) ritrovamento di una pipa in bucchero di chiara foggia etrusca (cfr. il capitolo su Avella) farebbe supporre, in disaccordo con quanto sopra riportato, che lantica Avella abbia avuto anche unepoca etrusca. Ci concorderebbe con quanto riferito da alcuni Studiosi del XVII secolo a proposito del rinvenimento, sullaltura del Morricone (a Mugnano del Cardinale), di alcuni reperti (poi scomparsi) attribuibili alla misteriosa civilt etrusca. Poco plausibile, infine, appare una ermetica teoria presentata in una recente pubblicazione, che confonde la citt osca di Hyria (o Yria) con una mitica Avella fondata da Enea. In realt, a detta di importanti Studiosi, pi probabile che Hyria si debba identificare con la vecchia Nola. La produzione di alcune monete (didrachme, vedi foto a pagina seguente) emesse attorno al IV secolo a.C., prima Avella. Localit Fontanelle da Hyria e Novla (=Nola, citt Zona abitata fin dal Paleolitico nuova) e poi solo da Novla, 7
Storia e destino comuni

Campania Felix - Romani - Ville prediali - Abella romana

Benedetta Napolitano

farebbe pensare che si trattasse della medesima citt. Avella fu alleata di Nola e, insieme ad essa, si oppose a quelle popolazioni sannitiche che, dagli appennini, volevano espandersi verso la piana campana. Durante la seconda guerra sannitica, Nola ed Avella si opposero Monete coniate ad Hyria ai Romani . Avella, poi, nel 339 a.C. si pose sotto la protezione di Roma come Civitas foederata. Il nostro territorio pur facendo parte della Campania felix (si veda la mappa al termine dellintroduzione), luogo di villeggiatura dei Romani dellepoca classica, non poteva competere, com ovvio, con le bellezze naturali ed ambientali della costa e delle isole campane, largamente preferitegli dagli antichi Romani. Ciononostante, come si ben compreso in queste poche righe, esso fu ugualmente importante dal punto di vista militare, data la sua posizione strategica per il controllo della direttrice di collegamento tra la pianura campana e la valle del Sabato. Studiando gli eventi dei nostri luoghi ci si rende conto che, quantomeno nel periodo pi antico, la storia dei nostri paesi finisce per coincidere per grandi linee con quella di Abella, lantichissima citt di Avella (al cui capitolo, per evitare inutili ripetizioni, si rimanda). Da questa vetusta citt, pi antica della stessa Roma, sono derivati, direttamente o indirettamente, gli altri cinque comuni. Quadrelle e Sperone sarebbero coevi di Avella romana, della cui struttura militare facevano parte integrante. Quadrelle (Oppidum quadrellarum), doveva essere la fabbrica di grossi giavellotti quadrangolari, detti appunto quadrlle, che venivano incatramati, incendiati e lanciati da apposite catapulte contro gli elefanti degli invasori. Probabilmente, esse furono usate contro Pirro, re dellEpiro (odierna Albania), nella battaglia di Benevento del 275 a.C., e contro il generale cartaginese Annibale, nella battaglia di Zama del 202 a.C.. Sperone, presumibilmente, costituiva lavanguardia, la punta pi avanzata del territorio della citt romana. Baiano, Mugnano e Sirignano sarebbero sorti da antiche ville prediali, insieme ad altri centri abitati poi scomparsi, come ad esempio Camillanum (che doveva
Storia e destino comuni

LEsagono

Visigoti - Vandali - Turchi - Bizantini

trovarsi fra Mugnano ed il bosco di Arciano). Ci concorda con gli studi del Flechia, secondo cui nel napoletano tutti i nomi di localit terminanti in ano o in iano, deriverebbero dal nome del proprietario di una qualche villa prediale. Nell82 a.C., durante la guerra sociale, Abella e i suoi casali furono conquistati da Silla, che li assegn alla 47a Legione Romana (Trib Galeria). Il dittatore romano, dopo aver occupato Avella con le sue truppe, vi aveva stabilito una colonia militare (oppidum), aveva sottratto i terreni ai vecchi proprietari e li aveva distribuiti ai suoi veterani (dai quali proviene il cognome Vetrano, cos diffuso nei paesi del baianese). Nel 31 a.C., Augusto, dopo la vittoria di Anzio, intraprende una politica di pacificazione sociale. A livello locale, egli concede una certa autonomia alle popolazioni assoggettate e ridona la municipalit ad Avella. Inoltre, cerca sia di favorire lintegrazione con le popolazioni locali sia di promuovere la permanenza e la sussistenza dei suoi fedeli guerrieri, con la concessione di terreni. Essi, perci, richiamano le loro famiglie, ricercano le zone pi salubri dellager pubblicus e vi costruiscono le loro ville prediali. Queste, com noto, non erano luoghi di villeggiatura ma fattorie, dove i nobili romani abitavano e si allenavano alle armi, circondati dai loro schiavi e liberti. Esse erano costituite dalla casa padronale, dalle dimore della servit, dalle tettoie per il ricovero degli animali e dai magazzini per le derrate alimentari. Di forma quadrangolare, con al centro un grosso spiazzale (di due o tremila metri quadrati) e provviste di un pozzo o di una cisterna centrale. Dopo la caduta di Roma -e quindi di Avella- le plebi, per sfuggire alle vessazioni delle diverse popolazioni barbariche, trovarono rifugio nelle caverne dei monti vicini (Summonte, Campimma, Litto, Montevergine, di San Michele, dei Santi, del Monaco ed altre). Solo con lavvento dei Normanni, nella seconda met dellXI secolo d.C., essi ridiscesero a valle o in collina e, raccogliendosi attorno alle antiche ville prediali, diedero origine a vari agglomerati urbani. Le nostre zone furono invase prima dai Visigoti di Alarco (410 d.C.) e poi dai Vandali di Genserico (455 d.C.). Nel 589 d.C. entrarono a far parte del Ducato di Benevento retto dal longobardo Autari. Avella, facendo parte del gastaldato di Nola, con la Divisio Ducatus dell849 tra Radelchi e Siconolfo, fu assegnata al principato di Salerno, diventandone uno dei punti strategici, essendo posizionata al confine tra i ducati di Napoli e di Capua ed il principato di Benevento. I territori dellagro baianese furono, poi, conquistati dai Turchi (Saraceni) nellanno 884 e dai Bizantini di Napoli nell887. In seguito, passarono prima al Principato Normanno (1075) e, successivamente, agli Svevi di Federico II (si vedano, ancora una volta, i capitoli su Avella e sugli altri singoli comuni). Avella, Sperone e Baiano proseguirono insieme la loro storia. Mugnano del Cardinale, Quadrelle e Sirignano legarono le loro sorti al feudo di Monteforte 9
Storia e destino comuni

Bagliva - Via Regia delle Puglie - Cenobio di S. Pietro a Cesarano Benedetta Napolitano

(1272), per poi ritornare, grazie a Nicol Orsini, Conte di Nola, nuovamente a far parte della Baronia di Avella (insieme anche a Monteforte). Nel quattrocento, Mugnano del Cardinale, chiamato allora Mugnano di Montevergine passa a far parte della Commenda di Montevergine, separando nuovamente il proprio destino da quello di Avella e godendo dei numerosi vantaggi che gli derivarono dallappartenere ad unimportante Istituzione Ecclesiastica (ci fino al 1511, quando pass alla Casa dellAnnunziata di Napoli). Nel 1510, Enrico Orsini, conte di Nola, istituisce a Baiano, la Bagliva (o Corte Baiulare), che vi rester fino al 1861 (anno dellUnit dItalia). Questa istituzione, detta anche Baliva o Baliato, comprendeva sia le funzioni giudiziarie sia quelle di imposizione e riscossione dei tributi. Il baricentro amministrativo da Avella veniva dunque a spostarsi a Baiano, cui, da quel momento, tutti gli abitanti del comprensorio dovevano far capo per le varie incombenze impositive e giudiziarie. Lapertura (1757) della Via Regia delle Puglie (ex Strada di Terra di Lavoro, attuale Strada Statale 7 bis), fatta costruire da Carlo III di Borbone, che aveva lasciato Avella fuori dal suo tracciato, diede a Baiano lopportunit di accrescere ulteriormente la sua importanza nei secoli successivi. E noto, infatti, che la rete viaria precedente si sviluppava secondo due direttrici. Un primo tracciato, quello pi importante, protetto da ben due castelli, partiva da Roccarainola, passava davanti Monteforte. Fontana Carlo-III al castello medioevale di Avella, quindi per lantico borgo di Sirignano (localit San Ciliesto) e per Quadrelle, per poi inerpicarsi verso il castello svevo del Litto, di Mugnano del Cardinale, e proseguire verso Montevergine. Un secondo tracciato, pi a valle, collegava Nola con Monteforte passando per Sperone (molto pi allinterno, rispetto alla Nazionale) e poi puntava verso la base di Arciano, passando per lesterno di Baiano e tra gli antichi abitati di Pontem Mianum (poi divenuta Mugnano del Cardinale) e Camillanum (oggi scomparso). Nel frattempo, nel 1641, a Mugnano del Cardinale, era stato fondato il Cenobio di San Pietro a Cesarano che, nei secoli seguenti, rappresent il centro morale e culturale della valle del baianese. Alcuni Cronisti dellepoca ci raccontano che, durante i secoli XVII e XVIII, le nostre contrade furono colpite da unimpressionante serie di eventi nefasti. Epidemie di peste, nel 1635 (probabile coda della pestilenza del 1629 descritta
Storia e destino comuni

10

LEsagono

Editto di Saint-Cloud - Epidemie

dal Manzoni ne I promessi Sposi) e nel 1656. Eruzioni vesuviane che ricoprirono le nostre terre di ceneri e lapilli (e, nel 1631, anche di alghe e pesci cotti). Nel 1640 uninvasione di cavallette distrusse i raccolti e provoc una grave carestia, cui seguirono altre numerose eruzioni, inondazioni e more di persone e di animali. Limpressionante sequenza di epidemie era dovuta, oltre che alla malnutrizione, alle miserrime condizioni igieniche in cui versavano i centri abitati in quellepoca storica. Tornando al XVII secolo, conviene ricordare che, allepoca, vi era labitudine di seppellire i morti (almeno quelli appartenenti ai ceti pi elevati) allinterno di chiese, monasteri e cappelle cimiteriali. In queste ultime, i corpi venivano tumulati, nella nuda terra, in semplici fosse poste sotto il pavimento. Le chiese pi grandi erano provviste di sotterranei, ai quali si accedeva tramite un botularium (una grossa lastra di Scolatoi o cantarelle marmo che fungeva da chiusura). Le salme venivano poste sedute in nicchiette a forma di sedili dette cantarelle. Successivamente le ossa venivano raccolte in un ossario posto generalmente dietro labside. Chiese e cappelle cimiteriali erano provviste di sfiatatoi che, soprattutto nei periodi pi caldi, esalavano pestiferi e malsani effluvi che favorivano, insieme alle scorrerie dei topi, le frequenti epidemie. Solo con leditto napoleonico di Saint-Cloud (promulgato in Francia il 12 giugno 1804 ed esteso in Italia il 5 settembre 1806) si pose fine a questa usanza e si cominciarono a costruire i primi cimiteri fuori dai centri abitati. Facciamo, ora, un salto di qualche altro decennio e arriviamo alla Rivoluzione Francese (1789), i cui princpi, diffusi da Napoleone Bonaparte in tutta Europa, localmente portarono alla disintegrazione della potente barona di Avella. Nel 1806, il regno di Napoli, tolto a Ferdinando IV di Borbone, fu dato, com noto, prima a Giuseppe Bonaparte, fratello maggiore di Napoleone (che eman la legge che aboliva la feudalit) e, pi tardi, quando questi divenne re di Spagna (1808), a Gioacchino Murat, cognato dellimperatore (che rese operativa tale legge). Ogni feudo, perci, veniva ad essere diviso in tre parti: un terzo andava al vecchio feudatario; un terzo agli istituendi comuni; un terzo al demanio statale 11
Storia e destino comuni

Brigantaggio - Giacobini e Sanfedisti

Benedetta Napolitano

per poter procedere alla lottizzazione e allassegnazione a prezzi modici ai contadini e ai privati. Spesso i poveri cafoni e i bifolchi, non avendo alcun potere di acquisto, funsero da prestanomi per borghesi, mercanti ed altri galantuomini che, con pochi spiccioli, costituirono o consolidarono le proprie fortune. Molte delle famiglie agiate dei nostri paesi acquisirono in tale modo le proprie ricchezze. I primi ad approfittare di questa legge furono i cittadini di Avella (1809), seguiti da quelli di Baiano (1810), di Sirignano, di Mugnano, di Quadrelle e, per ultimo (1836) di Sperone. Furono assegnate ad Avella le propriet di Bosco di Ciesco, del Castello, delle Lenze, di Campo di Volpe e Sopraciesco. A Baiano andarono Arciano, Campimma, Carbonara, Santo e Briganti catturati dalla Guardia Nazionale Torone. Mugnano ebbe il Litto. Sirignano ottenne il Tuoro e Sperone la Paradina. La legge eversiva della feudalit, ottima nelle intenzioni, nella sua applicazione pratica fin per ridurre alla fame le popolazioni rurali. La borghesia, come abbiamo visto, aveva usurpato alle plebi le quote di terreni baronali loro spettanti. Inoltre, queste ultime avevano perso, improvvisamente, il diritto degli usi civici (raccolta di legna e castagne, uso di pascoli e di seminativi), giacch i terreni erano divenuti di propriet o dei comuni o della ricca borghesia (i galantuomini). I popolani pi deboli e timorosi si rassegnarono ad una vita miserevole ma i pi ribelli si organizzarono in bande armate (le comitive) e diedero vita al fenomeno del brigantaggio (che poi doveva far sentire maggiormente i suoi effetti nel 1848 e negli anni a cavallo dellUnit dItalia). In questa prima fase (1817) lagro baianese era controllato dalle bande di Tuppillo (al secolo Giuseppe Caruso fu Antonio di Sirignano), Francesco Napolitano (alias Romaniello) e Francesco Abbate di Domenico, di Avella. Nella confusa situazione politica di quel periodo avvenne, a Mugnano del Cardinale, un importante episodio storico: un sanguinoso scontro tra giacobini e sanfedisti (1799). In quelloccasione i mugnanesi (presumibilmente appoggiati dal Clero, solidale con i Borboni) si schierarono contro i repubblicani (ndr. limportante episodio sar trattato, per evitare ripetizioni, nel capitolo di Mugnano). In seguito al congresso di Vienna (1814-1815) che, dopo la caduta di Napoleone, stabiliva il ripristino delle leggi e degli ordinamenti in vigore prima del 1789, il Regno di Napoli fu restituito a Ferdinando IV di Borbone, che rinunci al duplice titolo di Re di Napoli e di Sicilia, per assumere quello di Ferdinando I, re delle Due Sicilie, trasferendo la capitale da Palermo a Napoli. Il tentativo di restaurazione
Storia e destino comuni

12

LEsagono

Societ segrete - Unit dItalia

del vecchio ordinamento comport, ovunque, la ribellione delle popolazioni e sorsero un po dappertutto le societ segrete (come la Carboneria). Ai primi di luglio del 1820 le guarnigioni di Nola e di Avellino, per opera di due ufficiali di cavalleria, Michele Morelli e Giuseppe Silvati, e del prete Luigi Minichini, inalberarono il vessillo dei Carbonari (azzurro, rosso e nero), e al grido viva il Re e la costituzione di Spagna mossero verso Napoli. A capo degli insorti si mise il generale Guglielmo Pepe (che aveva gi militato con Murat) con parte della guarnigione di Napoli. Il 13 di luglio Ferdinando di Borbone giur sul Vangelo la liberale costituzione di Spagna. I Onorificenza di Cavaliere di Vittorio Veneto ( prima guerra mondiale), concessa a nostri compaesani, in quella De Rosa Domenico di Sirignano occasione, si dimostrarono imbelli e timorosi e non si aggregarono allesercito del Minichini, con la cocente delusione di Nicola Luciano, di Avella, fervente carbonaro. Facciamo un altro salto e arriviamo allunificazione dItalia. Il 18 febbraio 1861 si inaugur a Torino il primo Parlamento italiano, e il 14 marzo Vittorio Emanuele fu proclamato re dItalia. Le condizioni delle popolazioni rurali, per, non migliorarono in seguito a questo importante avvenimento politico. Semplicemente i nuovi padroni (i liberali), presero il posto dei vecchi (i galantuomini) e si appropriarono dei beni demaniali. Quindi, mentre con i Borboni (Ferdinando II), in seguito ai moti del 1820 e del 1848 e con lo scopo di tenere sotto controllo il fenomeno del brigantaggio, le affamate popolazioni rurali avevano riavuto parzialmente gli usi civici (legnatico, erbatico, fogliatico, soccida e castagnatico), con lUnit dItalia avevano visto peggiorare la loro condizione. Il nuovo governo, infatti, per far fronte alle nuove spese necessarie per la ristrutturazione del nascente Stato Unitario, non aveva trovato di meglio che svendere i beni ecclesiastici. Ci aveva determinato un ulteriore impoverimento delle classi 13
Storia e destino comuni

Il brigantaggio nel Baianese

Benedetta Napolitano

pi deboli (perdita delluso, tollerato, dei fondi ecclesiastici) e la reazione (pi o meno palese) di gran parte del Clero. A livello locale, questo comport la recrudescenza del brigantaggio (soprattutto fra il 1861 e il 1865) che, questa volta, fu sfruttato dai Borboni (Franceschiello), i quali, cavalcando il malcontento popolare, speravano in una insurrezione dellintero territorio di Terra di Lavoro, che ridesse loro il trono (magari a Caserta). Questa seconda fase del fenomeno del brigantaggio ebbe, nellagro baianese, i suoi maggiori esponenti nei fratelli Giona e Cipriano La Gala (di Nola), che avevano posto le loro basi sui Monti di Avella e sul Massiccio del Taburno. Questi scorridori (come venivano anche chiamati), che giunsero a formare un piccolo esercito di oltre trecento armati, non si limitarono solo a togliere ai ricchi per dare ai poveri ma, come riportano alcuni atti ufficiali dellepoca, commisero numerosi misfatti ai danni delle popolazioni di Sirignano, Quadrelle, Avella e Moschiano non disdegnando frequenti sortite nel Sannio e nella provincia di Terra di Lavoro. Questa sanguinaria banda di briganti venne sgominata in una cruenta battaglia, il 18 dicembre 1861. I fratelli La Gala riuscirono, per, a mettersi in salvo e, quasi a voler confermare i loro rapporti col clero, ripararono nello Stato Pontificio. Pi piccole, ma non meno feroci, furono le comitive di Antonio Manfra di Monteforte, e quelle di Nicola Picciocchi di Baiano, di Francesco Abbate e di Giuseppe Lauria. La pi temibile fu, probabilmente, quella di Angelo Bianco, detto Turri Turri, di Mugnano del Cardinale, che si rese responsabile, tra laltro, delluccisione del patriota quadrellese Andrea Mattiis, e che terrorizz la banda musicale di Avella (per il solo fatto che i suonatori, come i garibaldini, portavano un berretto rosso). Questa banda di delinquenti sanguinari fu presto sgominata dalla Guardia Nazionale (cfr. capitolo su Mugnano). Baiano. Anni 50 Molti briganti nostrani, secondo quanto ci tramandano i cronisti dellepoca, godettero della Baiano.21.04.1933. Cerimonia di simpatia e della protezione consegna del libretto di pensione delle popolazioni locali. E noto, infatti, che le carbonaie (le donne che dai boschi di Campimma, Litto e Tora, portavano a dorso di muli il carbone nei vari paesini) erano il tramite con il quale i signorotti filoborbonici fornivano di provviste e di munizioni la banda di
Storia e destino comuni

14

LEsagono

Emigrazione - Nascita del mandamento - Circumvesuviana - Fascismo

Nicola Picciocchi. E risaputo, inoltre, che essi ebbero anche il sostegno delle suore del monastero di Santa Filomena: la madre superiora, suor Concetta Attanasio (che aveva personali vincoli di amicizia con i borboni) fu addirittura arrestata per questo. Vale la pena ricordare che unaltra conseguenza delle condizioni miserevoli di quel periodo fu una prima ondata migratoria (1860-1886) che interess le nostre popolazioni fino al 1914 (prima guerra mondiale). Questo primo flusso migratorio si diresse, prevalentemente, verso gli Stati Uniti dAmerica. I nostri paesi, gi compresi nella provincia di Terra di Lavoro (lattuale provincia di Caserta), distretto di Nola (uno dei cinque in cui si divideva la provincia), circondario di Bajano (uno degli otto in cui si divideva il distretto) passano, dopo il 1861, con lUnit dItalia e con il conseguente nuovo assetto politico e amministrativo, prima al Sannio e, poi, alla provincia di Principato Ulteriore (o Principato Ultra), distretto (o circondario) di Avellino, mandamento di Bajano. Da tale ripartizione amministrativa deriva, quindi, il termine mandamento comunemente usato da tutti gli abitanti del baianese per definire lintero circondario, lesagono dei sei comuni. Esso, infatti, (Legge Rattazzi,1859) indicava una circoscrizione amministrativa intermedia tra il circondario e il comune, in vigore fino al 1923. L11 luglio 1885 fu inaugurata la ferrovia Napoli-Nola-Bajano, mentre i collegamenti con Avellino avvenivano tramite rocambolesche corse di robuste diligenze trainate da temerari cavalli. Come gi anticipato, la fine del XIX secolo e linizio del XX (fino alla prima guerra mondiale) videro Baiano. Anni 50. le prime emigrazioni di massa (a cui poi dovevano seguire, mezzo secolo dopo, quelle del secondo dopoguerra). Durante lera fascista le nostre popolazioni, a detta dei nostri nonni, videro migliorare per alcuni aspetti la loro situazione (maggiore ordine, istruzione, prime pensioni, refettori dellE.C.A.), ma dovettero anche subire la tracotanza dei podest e degli squadristi. I gruppi pi esagitati erano quelli di Mugnano del Cardinale che, in pi di unoccasione, ebbero dei violenti scontri con i loro compagni di partito di Baiano. In alcune occasioni, ci furono anche delle revolverate. Quando, il primo settembre 1939, lesercito di Hitler aggred la Polonia, molti napoletani temettero, a ragione, linizio della seconda guerra mondiale. Circa 15
Storia e destino comuni

Gli sfollati - Seconda guerra mondiale

Benedetta Napolitano

duecento famiglie, pari ad un migliaio di persone, giunsero a Baiano grazie alla linea ferroviaria della circumvesuviana. Si trattava, quasi sempre, di famiglie di commercianti o dellalta e media borghesia. Persone agiate e professionisti che portarono una ventata di innovazione nei piccoli paesi del comprensorio baianese. Rimasero per pochi mesi, fino a gennaio del 1940. Poi, illusi dalla politica di non belligeranza di Mussolini, ritornarono a Napoli. Ma quando, nel giugno del 1940, lItalia entr in guerra a fianco della Germania, ci fu un nuovo e pi consistente arrivo di napoletani. Ma il fenomeno degli sfollati, come testimoniano i nostri compaesani pi anziani, assunse dimensioni drammatiche nellautunno del 1942. I frequenti bombardamenti di tedeschi ed americani sulla citt partenopea provocarono morte e distruzione, spingendo i nostri amici napoletani ad abbandonare la citt per rifugiarsi nei paesini di provincia, dove potevano sentirsi pi al sicuro e nelle cui campagne potevano trovare pi facilmente di che sfamarsi. La popolazione del mandamento di Baiano si triplic. Intere famiglie, composte spesso di otto o dieci persone, si rassegnarono a vivere in ununica stanza. La solidariet dei nostri compaesani fu concreta e discreta e dur circa tre anni. Ma, naturalmente, gli sfollati napoletani si diedero da fare per proprio conto e singegnarono nella coltivazione dei campi, nel commercio e nel contrabbando (della pasta e del grano provenienti dalla provincia di Foggia; dei salumi nostrani e delle sigarette -rispettivamente- verso e da Napoli). Purtroppo, il sovraffollamento e le scarse condizioni igieniche che ne derivarono provocarono linsorgenza di gravi epidemie di vaiolo e di tifo, difficili da fronteggiare per la carenza di medicinali. Nel mese di settembre del 1943, il mandamento conobbe, in maniera ancora pi diretta, gli orrori della guerra. Il 18 di quel mese i cacciabombardieri americani, nellintento di scacciare i tedeschi, sganciarono alcune bombe su Baiano, provocando 18 morti e numerosi feriti. Anche su Mugnano del Cardinale fu sganciata qualche bomba che, per fortuna, o per intervento di Santa Filomena, manc lobbiettivo. Segu la mobilitazione generale della impaurita popolazione che, ripetendo il percorso fatto dai loro antenati per sfuggire agli invasori medioevali, si rifugi sulle montagne circostanti. La gente fuggita sulle colline, non potendo portare con s tutti i suoi averi e volendoli proteggere dalle razzie dei tedeschi e dai numerosi sciacalli, li nascondeva nei posti pi impensati, li murava nei piccoli vani (mandrilli) dei forni a legna o li calava nei pozzi e nelle cisterne.
Storia e destino comuni

16

LEsagono

Dopoguerra - Voto alle donne - Primo sciopero del Baianese

I soldati tedeschi, allo scopo di rallentare lavanzata dellesercito degli Alleati, fecerono saltare alcune abitazioni presso il ponte del Cardinale, a Mugnano. Minarono la strada nazionale (nei pressi della curva ove ora si trova la clinica Villa Maria) e posero la loro artiglieria nella zona del Fusaro di Avella: il nostro comprensorio stava per diventare, suo malgrado, teatro di una violenta battaglia, ma un provvidenziale e violento nubifragio, tra il 2 e il 3 ottobre 1943, spazz via gran parte dellartiglieria della retroguardia teutonica, demoralizzando i tedeschi che decisero di abbandonare le loro postazioni. Ai primi di ottobre di quello stesso anno, due colonne di soldati americani, una proveniente da Monteforte e laltra da Summonte, scesero a liberare i nostri paesi dai tedeschi occupando, a loro volta, i migliori palazzi di Mugnano del Cardinale, Baiano e Avella. Qui posero la loro artiglieria, sullo stesso suolo che, nel 1976, ci avrebbe restituito lanfiteatro romano. Altri campi militari alleati furono posti a Baiano, a Sperone (marocchini) e ad Avella (inglesi), ove costruirono la piscina del Fusaro. Loccupazione alleata si protrasse per circa un anno e i nostri intraprendenti compaesani stabilirono proficui rapporti commerciali (contrabbando) con i soldati alleati. Alcune vecchiette raccontano anche di alcuni casi di ragazze che familiarizzarono eccessivamente con i soldati. Nel dopoguerra cominci lemancipazione femminile nel baianese. Com noto, le donne poterono votare per la prima volta solo nelle amministrative della primavera del 1946 (D.L.luogotenenziale n.23 del 2 febbraio 1945) e, subito dopo, nel Referendum Istituzionale del 2 giugno 1946. Il 18 aprile 1948 (prime elezioni politiSperone. Radio Lem. 1976. che) a Sirignano, unico fra i paesi del mandamento, vinsero le sinistre e le neovotanti donne, insieme agli uomini, presero parte ad una rumorosa sfilata per tutto il circondario. Mugnano del Cardinale, in quei tempi, si caratterizz invece per una costante e netta prevalenza delle destre. Ebbene, negli anni 1948-1950, vi fu il primo vero sciopero del mandamento di Baiano. Protagoniste furono le operaie delle fabbriche di ciliegie ( e cirasare), guidate dallallora giovanissimo comunista Stefano Vetrano, che sarebbe poi diventato deputato della Repubblica. Unaltra tappa importante del nostro mandamento fu lapertura, nel 1965, del casello dellautostrada di Baiano (A-16), che miglior in maniera 17
Storia e destino comuni

I gruppi musicali - Le radio private - Tele Baiano - I giornali locali Benedetta Napolitano

considerevole i nostri collegamenti con il resto del Paese. I mitici anni 60 e il boom economico, sfiorarono appena i nostri paesini. Ci furono alcuni gruppi musicali (The Florials, I Dolci Pensieri ed altri) e ci fu anche una certa ripresa delleconomia, dovuta soprattutto alle rimesse degli emigranti (da Francia, Svizzera e Germania) e degli operai che Sirignano. 1981. Post-terremoto. si erano trasferiti nel Nord Propriet Saveriano.Via Nazionale. industrializzato. Gli anni 70, gli anni di piombo, videro -anche da noi- qualche arresto di persone appartenenti ai NAP (nuclei armai proletari) o vicini ad altri movimenti terroristici (brigate rosse). Ma si tratt solo di qualche caso isolato. Nacquero numerose radio private (Radio Lem di Sperone, Radio Mandamento di Baiano, ed altre). La prima ed unica televisione privata del comprensorio fu Telebaiano (1982-1994) del maresciallo Peppe Esposito. Ad un secolo di distanza dalla fondazione del primo periodico del baianese ( La favilla del 1882) videro finalmente la luce alcuni giornali locali (lAlba, la Voce) che ebbero vita molto breve (ad essi sono seguiti, in tempi pi recenti Il Meridiano, del Prof. Pierino Luciano di Avella, e La nuova Gazzetta del dott. Pellegrino De Rosa, di Sirignano). In seguito al terremoto del 23 novembre 1980, che funest lAlta Irpinia, e a quello del 14 febbraio 1981 (con epicentro tra i Monti di Avella) i nostri paesi subirono danni di media entit. Pi dannosa delle stesse scosse telluriche fu la gestione del post-terremoto che, se da un lato, con la ricostruzione offr un po di respiro alla anemica economia locale, dallaltro produsse, in nome di una presunta rimodernizzazione, la scellerata distruzione di graziosissimi centri storici e di importanti ed imponenti edifici, che avrebbero potuto essere invece conservati e valorizzati. Dal punto di vista ecclesiatico, i paesi del baianese, hanno fatto parte della Diocesi di Avella (che comprendeva anche Roccarainola) fino a circa la met del XIII secolo. Poi passarono (tra il 1215 e il 1264) alla Diocesi di Nola (II decanato). Il nostro mandamento, storicamente, culturalmente e, finanche, linguisticamente, ha maggiori affinit col napoletano che con lentroterra irpino. Ci, insieme ad altre considerazioni di ordine politico e
Storia e destino comuni

18

LEsagono

Il Baianese oggi - Citt del Baianese - Provincia di Nola - CDR

amministrativo, ha spinto negli ultimi anni alcuni politici locali a caldeggiare la possibilit della istituzione di una provincia di Nola, nella quale entrare a far parte -per avere maggior peso politico- non come singoli comuni ma, tutti insieme, come Citt del Baianese. Le ultime vicende (costruzione del CDR al confine di Avella) hanno, infatti messo in evidenza ancora una volta il fatto che i sei comuni divisi non godono, attualmente, di alcuna considerazione sia da parte della Provincia sia della Regione.
A proposito della mancanza di iniziativa dei nostri politici in sede amministrativa, si tramanda il seguente divertente aneddoto: Un nostro ex Consigliere Provinciale, uomo simpaticissimo e stimato professionista, o perch privo di idee o per educazione, non aveva mai osato prendere la parola durante le sedute del Consiglio Provinciale. Naturalmente, per questo motivo era aspramente criticato dagli avversari politici. Ma un bel giorno, nellultima seduta del Consiglio Provinciale, tra la sorpresa generale, si alz di scatto in piedi e, puntando minacciosamente lindice contro lesterefatto e sorpreso Presidente Provinciale, url: ma la volete chiudere o no quella benedetta finestra dietro le spalle; non vedete che c corrente?.

Esistono (cos si dice) la Comunit Montana Vallo di Lauro e Baianese, il Parco Regionale del Partenio (che comprende Avella, Baiano, Quadrelle e Sirignano) e i PIT (piani integrati territoriali) ma, al momento, non si apprezza nessun loro effetto positivo sulleconomia o sullambiente. Nel 2002, il mandamento del Baianese non pi terra di emigranti. Esso, anzi, accoglie -secondo alcune stime sicuramente pi veritiere degli ultimi dati ISTATcirca trecento extracomunitari, provenienti in gran parte dalle sponde meridionali del Mediterraneo e dai Paesi del vicino est europeo (Polonia, Ucraina, Romania). Un consistente numero di persone provenienti dallhinterland partenopeo si sta trasferendo nei paesi del baianese, ove possibile trovare abitazioni a prezzo pi conveniente e, soprattutto, un ambiente pi tranquillo. Ma la nostra non uneconomia ricca. I nostri problemi sono quelli tipici delle zone interne non industrializzate e incapaci di valorizzare le loro risorse ambientali che, tra laltro, nel frattempo vanno degradandosi. Periodicamente si ha notizia di rifiuti (pi 2002. Il costruendo CDR o meno tossici) interrati, pi o meno clandestinamente, in vari siti (vallone Acquaserta di Quadrelle, Panoramica di Avella, Fossa di Mugnano, Vasca tra Avella e Sperone). Il fenomeno droga in preoccupante aumento. Urgono seri e decisivi provvedimenti. 19
Storia e destino comuni

Foto satellitare e coordinate geografiche del mandamento

Benedetta Napolitano

9 3

Rare foto satellitari del nostro territorio (sotto) e della piana campana (in alto)
1-Complesso vulcanico Monte Somma - Vesuvio; 2-Monti Lattari (Penisola Sorrentina); 3- Monti di Sarno; 4- Monti di Lauro; 5- Monti di Avella; 6- Massiccio del Taburno; 7- Avellino; 8- Cis di Nola; 9- Alenia di Pomigliano dArco; 10- Mandamento di Baiano. Le coordinate del nostro mandamento (riferite a Baiano) sono: 405700 latitudine Nord e 14 37 00 longitudine Est 9 3 8 4

10 5

Storia e destino comuni

20

LEsagono

Origini del nome Abella - La citazione nellEneide

Avella
Avella si chiamava, anticamente, Abella. Questo nome deriverebbe, secondo alcuni Autori, da Aberula, termine osco che significherebbe citt del cinghiale (aper in latino). Tale ipotesi sarebbe avvalorata dal fatto che nellattuale stemma civico (detto dagli avellani pi anziani affettuosamente o puorco) si trova raffigurato proprio un cinghiale con lAppennino sullo sfondo. Secondo altri, il nome della citt proverrebbe da Abblona, citt delle mele, toponimo indoeuropeo derivante da Apfer o Apple. Altri, ancora, ritengono che esso derivi da Abel, campo erboso, nella lingua di una popolazione anatolica di razza semitica che sarebbe capitata dalle nostre parti fuggendo dai Caldei, dopo la guerrra di Troia. La stessa popolazione si sarebbe spinta, successivamente, nellentroterra irpino e vi avrebbe fondato Abellinum, il primo nucleo della moderna Avellino. Alcuni Studiosi ritengono -infine- che il nome Abella possa derivare da avellere, verbo latino che significa sradicare, spazzare via; in riferimento al forte vento di tramontana che sferza le nostre terre nelle stagioni invernali ed autunnali. Lipotesi che Abella significasse semplicemente poco incline alla guerra non viene generalmente accettata, anche in considerazione dellindole fiera dellantico popolo avellano. Secondo la leggenda, Avella sarebbe stata fondata da balo, alleato di Turno (re dei Rtuli) che si opponeva ad Enea sbarcato sulla costa laziale. Virgilio, infatti, nellEneide (libro VII, 733-743) racconta quanto segue:
Nec tu carminibus nostris indictus abibis, (733) Oebale, quem generasse Telon Sbethide nympha Fertur, Teleboum Capreas cum regna teneret, iam senior; patriis sed non et filius arvis contentus late iam tum dicione tenebat Sarrastis populos et quae rigat aequora Sarnus quique Rufras Batulumque tenet atque arva Celemnae et quos maliferae despectant moenia Abellae, (740) Teutonico ritu soliti torquere cateias, tegmina quis capitum raptus de subere corex, aerataque micant peltae, micat aereus ensis.. (743) N di te tacer nel mio canto; balo nato da Telon unito ormai vecchio alla Ninfa Sebtide quando su Capri regnava coi suoi Teleboi; ma il figlio non pago dei campi paterni gi dominava i Sarrasti e i campi che il Sarno attraversa, le genti di Btulo, di Rufra e Calemma e quelle che le mura di Abella ricca di mele guardano in basso dallalto; usano lanciare cate al modo Teutonico e copre il lor capo corteccia strappata dal sughero e brillan gli scudi di bronzo, le spade di bronzo.

21

Avella

Gli insediamenti umani preistorici

Benedetta Napolitano

Da questa descrizione del sommo poeta si evince che gli antichi avellani usavano lanciare le cate, una sorta di sottili giavellotti legati da una fune che ne consentiva il recupero, e che si coprivano il capo con corteccia di quercia da sughero. Ma gli archeologi e i paleontologi ci rivelano che il territorio dellodierna Avella era abitato dalluomo ancora prima. Fin dalle ere pre-protostoriche. Numerosi ritrovamenti risalgono, infatti, al Paleolitico Superiore (VIII millennio a.C.), al Tardo Neolitico (IV millennio a.C.) e allEt del Bronzo (XIV secolo a.C.). In particolare, il sito Presunta pipa etrusca (in bucchero) archeologico individuato in localit Mulino S.Antonio, alle sorgenti del torrente Clanio, ha restituito una serie di significativi reperti che suggeriscono antichi rapporti delle popolazioni indigene con altri nuclei preistorici, anche notevolmente distanti dalla valle baianese. Infatti, accanto a ceramica figulina con decorazione dipinta databile a circa seimila anni fa (Tardo Neolitico), sono state rinvenute alcune asce di selce importate dal Gargano, asce in pietra verde provenienti dalle regioni alpine e strumenti in ossidiana, originaria delle Eolie (Lpari) e dellisola di Palmarola. Lo studio della sequenza stratigrafica, effettuato in vari siti del territorio avellano (lungo il Vallone Serroncello, localit Fusaro, Fontanelle, Caravatta, Campopiano, Mulino S.Antonio ed altre) ha posto in evidenza lalternanza di alcuni paleosuoli con eventi vulcanici vesuviani e flegrei. Strati di materiale vulcanico (pomici, lapillo, ceneri) e strati di dilavamento si alternano ad antichi suoli (paleosuoli) che ci hanno restituito resti di animali (cervi, orsi, caprioli, tartarughe, cinghiali e cos via) e primitivi manufatti. Questi reperti rappresentano unulteriore conferma di come questo territorio sia stato costantemente abitato dalluomo, nonostante i numerosi e devastanti eventi eruttivi subiti. Inoltre (secondo una notizia non confermata), alcuni intraprendenti avellani avrebbero calato una telecamera con relativo faretto allinterno di una fossa del terreno, riuscendo ad osservare, in tal modo, una grotta con allinterno primitive pitture rupestri. La persistenza delluomo in questo territorio dovuta alla presenza di numerose grotte, alla ricchezza di selvaggina e di vegetazione e, soprattutto, alla presenza
Avella

22

LEsagono

Il torrente Clanio - I Sanniti - I Greci - La Civitas foederata

di un importante corso dacqua: il Clanio. Questo torrente, a giudicare dalle incisioni e dalle grotte che ha lasciato lungo il suo corso, alcune migliaia di anni fa doveva avere una portata dacqua ben pi consistente di quella attuale e doveva essere, presumibilmente, navigabile tramite zattere e canoe almeno in alcuni tratti. Esso ha rappresentato unimportante via naturale di popolamento, di comunicazione e di interscambio dellintera area, mettendo in comunicazione le coste del Tirreno (ove termina il suo corso, nei pressi della foce del fiume Volturno) con lentroterra campano, Alto Clanio favorendo (come risulta da recenti scavi nellarea a sud dei Regi Lagni) laddensamento di insediamenti umani lungo tutta la direttrice fluviale. I primi villaggi sorsero sulle alture del Clanio circa mille anni prima di Cristo. Ma il primo vero e proprio agglomerato urbano si fa risalire, comunemente, a prima del secolo VIII a.C. (quindi, ad ancora prima della fondazione di Roma, che la tradizione fa risalire al 21 aprile del 753 a.C.). Avella fu, quindi, Greca Calcidiese, Osca, Etrusca, Sannita e Romana (oltre che, in epoche successive, Normanna e Saracena). Greci ed Etruschi provenivano dalla costa tirrenica, mentre i Sanniti provenivano dallentroterra. I primi, come testimonianza della loro presenza, lasciarono oggetti e manufatti simili a quelli rinvenuti ad Ischia (Pithecusa) e a Cuma; i secondi lasciarono alcune sepolture, cinturoni e vasi a vernice nera, sulle colline del Clanio. Avella era diventata un luogo di incontro (e di scontri) tra le popolazioni provenienti dalla valle del Sabato e quelle della piana campana. I Sanniti Caudini la fortificarono con solide mura in opus incertum, cio con blocchetti irregolari di tufo. Essa fece, poi, parte della Lega Sannitica, insieme a Nola. In seguito, apparvero i Romani, che vi si insediarono per la sua importante posizione strategica. Nel 339 a.C. si pose sotto la protezione di Roma come Civitas foederata. Nell87 a.C. venne distrutta dai Sanniti. Fu, poi, municipio e, pi tardi, vi venne insediata una colonia da parte di Silla, dittatore romano (82 a.C.). Avella riacquist una rinnovata importanza tra la fine del periodo repubblicano e linizio dellet imperiale (circa 2000 anni fa). Fu, infatti, menzionata da importanti Autori classici tra cui -come abbiamo visto- Virgilio, che la cita nellEneide fra coloro che si allearono con Turno (re dei Rtuli), contro Enea. 23
Avella

Invasioni barbariche - Abella romana

Benedetta Napolitano

Plinio la nomina per le noccile, Nucae Abellanae. Anche Diocleziano la ricorda nel suo editto, sempre per gli stessi frutti (Nucium Abellanorum). Lantica Abella sub le invasioni barbariche e fu saccheggiata dai Visigoti, guidati da Alarico, nel 410 d.C., e da Genserico re dei Vandali e degli Alari, nel 455 d.C.. Successivamente fu devastata dalla guerra gotico-bizantina. Nel VII secolo d.C., sub la dominazione prima dei Goti e poi dei Longobardi. Questi ultimi vi costruirono il castello, non in legno, come facevano in altre parti dItalia ma in pietra, sfruttando evidentemente la manodopera locale gi esperta in tali costruzioni; essi diffusero la coltivazione dellalbero di tiglio, che adoravano. Avella fu assalita dai Saraceni nell884 d.C. e nell887 d.C. fu presa dai Bizantini di Napoli, guidati da Atanasio II. Nel 937 d.C., secondo quanto riportato nella Chronica Monasterii Casinensis, in seguito a una scorreria degli Ungari, Avella fu distrutta insieme con Cimiterium (Cimitile) e Sarno. Con la caduta della longobardia minore, nellXI secolo divenne normanna. Fu feudo dei baroni normanni, e angioini, per poi passare ai conti Orsini, Doria, Cattaneo, Spinelli Del Balzo, Janvilla, Caracciolo, Pellegrino, Loffredo, ad Aspreno Colonna Doria del Carretto e ai Toledo, ultimi discendenti baronali. Si ipotizza che nel XIV secolo, sotto Nicola Janvilla, sia stata coniata anche una moneta: un tornese in rame recante al dritto una croce patente ed al rovescio il Castello con la legenda De Avelle do 2. Abella Romana Abella romana era situata nella zona di San Pietro e aveva sei porte: Porta Casale, verso Tufino; Porta di Corte nel territorio di Sperone; Porta Ventura nei pressi di Via Carmignano; Porta di Ponte, verso Est; Porta Riva nella zona di San Pietro; Porta Castello nei paraggi della chiesa di San Giovanni. La disposizione urbanistica di Abella romana si pu intuire dalla disposizione delle strade dellattuale centro storico della moderna Avella che, purtroppo,
Avella

Le due facciate del monolitico Cippus Abellanus

24

LEsagono

La scacchiera ippodomea - Il cippus abellanus

stata costruita in gran parte sulla citt antica. E risaputo che i Romani costruivano le loro citt e i loro accampamenti militari in maniera molto caratteristica. Avella. Localit San Nazzaro. Vi era un asse principale, Tomba romana con scheletro sempre orientato da Est ad Ovest, detto decumanus major, affiancato da due strade parallele secondarie, una per lato (decumani minori). Dallasse principale si dipartivano, poi, i cardini, disposti trasversalmente ai primi e in numero variabile. Questa particolare disposizione detta a scacchiera ippodomea, derivava dal modo in cui laugure (lindovino, interprete del volere degli dei ) delimitava il templum celeste (uno spazio circoscritto della volta celeste in cui leggere i presagi). Corso Vittorio Emanuele corrisponderebbe al decumanus major. I cardines, partendo da piazza Municipio, sarebbero, sulla sinistra: via Roma, viale San Giovanni, via Santa Croce, via Foro Avellano, via Molino e sulla destra: via Carmignano, via Cardinale DAvanzo, Via A. Buongiovanni, via San Nicola e via Cancelli. Probabilmente Piazza Municipio doveva essere lo stadio, mentre le necropoli erano poste fuori la citt (Localit S.Nazzaro e S.Paolino). Il Cippus Abellanus E, forse, il reperto archeologico pi importante di Avella, per il contributo determinante dato alla conoscenza della lingua osca. E costituito da una pietra calcarea (larga m. 0,81 ed alta m. 1,83), risalente presumibilmente al II sec. a.C. e recante uniscrizione scolpita su due lati. Questo reperto rappresenta uno dei pi importanti documenti epigrafici in lingua osca, dai pi ritenuta unemanazione della lingua etrusca, risalente al periodo successivo alla seconda guerra punica; vi si trovano anche alcuni termini greci e latini. Esso, secondo i primi archeologi che lhanno studiato, era conficcato a terra come confine, probabilmente allaltezza del ponte di Schiava (frazione di Casamarciano e di Tufino). Liscrizione, scolpita su entrambi i lati, risale probabilmente al II secolo a.C. e riporterebbe i termini dellaccordo tra Abella e Nola per la regolarizzazione delluso comune del tempio di Ercole (non ancora riporta25
Avella

Lanfiteatro romano

Benedetta Napolitano

to alla luce) e delle aree circostanti, adibite a mercato. Lipotetica esistenza di questo tempio sarebbe avvalorata da un recente ritrovamento (in localit Montagnola, al confine tra Monumenti Funerari (incustoditi) Avella, Schiava e Visciano) di due statuette bronzee raffigurante il forzuto dio. Altri archeologi, recentemente, hanno messo in dubbio sia loriginaria localizzazione del Cippus sia il fatto che, ad Avella, sia mai realmente esistito un tempio dedicato ad Ercole. Il Cippus Abellanus fu rinvenuto secondo alcuni Autori nel 1685 tra le rovine del castello. Secondo altri, fu scoperto nel 1745 dal prete mugnanese don Pasquale Bianco. Sembra, comunque, che fu il Remondini (ma non c accordo neppure su questo) a portarlo, nel 1750, presso il Seminario Vescovile di Nola, ove ancora si trova. Nel 1984, durante uno scavo in localit San Pietro, stata rinvenuta una seconda iscrizione osca, composta da tre frammenti. LAnfiteatro romano Fu portato alla luce solo nel 1976. Si trova nella zona detta di San Pietro, nellimmediata periferia della citt. Ha un diametro massimo di 90 metri. Per grandezza e periodo di costruzione pu paragonarsi a quello di Pompei. E tra i pi antichi della Campania, fu costruito tra il Struttura di un anfiteatro I secolo a.C. ed il II secolo 1) arena. 2) fossa per la custodia di fiere e attrezzature. d.C.. Venne edificato in se- 3) canale di deflusso delle acque. 4) podio. guito alla guerra sociale e il 5) ingresso per animali. 6) vomitori. 7) corridoi anulari. successivo insediamento di 8) meniani. 9) matroneo. 10) velario. una colonia da parte di Silla. Esso sorgeva allestremit orientale del decumanus maior (attuale corso Vittorio Emanuele), allaltro capo del quale era il foro (nelle
Avella

26

LEsagono

I mausolei

vicinanze dellattuale piazza San Pietro). Realizzato in opus reticulatum di tufo, ha forma ellittica, a doppia arcata. La struttura appoggiata in parte alle mura perimetrali dellantica citt, e in parte ad un pendio naturale. La cavea presenta tre ordini di gradinate: lima, media e summa cavea; di questultima rimane solo qualche traccia. Contrariamente ad altri anfiteatri pi recenti non presenta sotterranei o cunicoli. InolAnfiteatro tre, lasse maggiore si presenta traslato rispetto allo schema urbano con cui si svilupp la citt di Abella. Lanfiteatro presenta dei piccoli tempietti dedicati ad Ercole, davanti ai quali si soffermavano a pregare i gladiatori prima dellinizio dei combattimenti. Allarena si accedeva attraverso due porte principali: la porta triumphalis, orientata in direzione della citt, e dal lato opposto la porta libitinensis, dalla quale venivano portati via i gladiatori morti in combattimento. Una terza porta, ad ovest, era riservata ai giudici di gara. LAnfiteatro venne distrutto dai Sanniti nell87 a.C. e poi fu ricostruito. Era sicuramente accessibile nel periodo medioevale, poich allinterno del perimetro della sua arena sono state trovate alcune tombe risalenti a tale epoca. Le pietre di tufo che costituivano le gradinate, nei tempi passati, sono state asportate ed utilizzate per altre costruzioni. Presumibilmente, inoltre, lanfiteatro veniva allagato utilizzando le acque del vicino torrente Clanio in occasione di rappresentazioni di battaglie navali (naumache). Mausolei I mausolei Sono tombe romane (epigee) o monumenti funerari risalenti al periodo compreso fra il I sec. a.C. e il I sec. d.C.. Risultano posizionati sulle pi importanti vie di comunicazione che collegavano la citt di Abella con Suessola (Acerra) e Calatia (Maddaloni), Abellinum (Avellino) e lantica Nola, o nei pressi di ville rustiche. 27
Avella

Il castello medioevale

Benedetta Napolitano

Ad Avella, i mausolei sono sparsi un po dovunque quasi sempre incustoditi e in rovina. Addirittura, alcuni di essi venivano utilizzati dagli agricoltori del posto, come cisterne o come case rurali: i meglio conservati sono quelli in localit Casale. I monumenti sono costituiti da due corpi sovrapposti, con pianta inferiore quadrangolare e superiore circolare o poligonale, terminante in cuspide o sormontata da unedicola. Sono costruiti in opus incertum e rivestiti con stucco. Allinterno situata una camera sepolcrale in cui veniva collocata lurna con le ceneri del defunto. I mausolei appartenevano, naturalmente, ai ceti sociali pi elevati e al cosiddetto ordo. Il castello medioevale ( Castello Longobardo, Castello Normanno o di San Michele).

Pianta della fortificazione


A- Ingresso al borgo B- Ponte elevatoio C- Cinta muraria interna (longobarda) D- Cinta muraria esterna (normanna) E- Cisterna di raccolta dacqua piovana F- Cappella G- Donjon normanno (castrum) H- Torrione o Mastio angioino I- Torretta aragonese

Secondo la tradizione (ma non tutti concordano) esso sorgerebbe sulle rovine di un antichissimo tempio pagano consacrato ad Ercole. Nel suo genere, tra i meglio conservati dellItalia meridionale. Costruito in posizione strategica, a 320 metri sul livello del mare, su una collinetta a nord-ovest della citt, domina la valle sottostante e consente di godere del panorama fino al golfo di Napoli. E raggiungibile grazie a una strada carrabile che, attraversato il torrente Clanio, si inerpica per la collina fino al Piano della Calcara, ove sincontrano i primi ruderi. Caratteristica peculiare di questa fortezza sono la tecnica di costruzione e i materiali usati. La manodopera locale dellepoca, costituita da contadini abilissimi a costruire i muri a secco delle campagne, ma poco avvezzi a realizzare grandi strutture, costrinse i costruttori ad utilizzare blocchi irregolari di pietra
Avella

28

LEsagono

Le cinte murarie - Il mastio - Il donjon

calcarea locale tenuti insieme da malta, disposti secondo una tecnica costruttiva che richiama, vagamente, lopus incertum. Attualmente restano due cinte murarie degradanti sul pendio della collina. Quella esterna, normanna, di forma rettangolare, costituita da solide mura (1,5 metri di spessore) intervallate da otto torri quadrangolari. Queste, a due livelli, sono munite di strette fessure per la difesa ed ornate con merlature guelfe, che ne favoriscono la difesa dallalto. Questa prima linea di difesa racchiude unarea di circa 4 ettari e presenta, nella parte in basso a destra, unapertura che consentiva lingresso al borgo. La cinta muraria interna, pi antica (VII sec d.C.), di forma ellittica, corrisponde al primo inseUn mosaico avellano diamento longobardo e racchiude unarea di circa 1,2 ettari. Essa comprende dieci torrette difensive (sei di forma tondeggiante e quattro di forma quadrata). Le torrette potevano ospitare, al massimo, due difensori. Nella parte alta della collina si elevano le strutture meglio conservate e pi imponenti della fortificazione: il torrione (mastio o maschio) svevo-angioino, alto venti metri, e il massiccio donjon normanno. Nel lato est della fortificazione, tra il torrione e il donjon, si apriva lingresso principale del castello, costituito da unapertura a sesto acuto, protetta da un ponte elevatoio (di cui non vi pi traccia). Erano presenti anche una cisterna di circa 10 x 8 metri per lato e una cappella. Alcuni avellani pi anziani sostengono, infine, che vi sia un cunicolo sotterraneo che condurrebbe fino allaltura delle Forestelle. 29
Avella

Il cippo onorario - Laquedotto romano

Benedetta Napolitano

In un documento spagnolo del 1529 esso descritto come Forteleza con una tierra iunta disabitata; sobre un monte sta el castillo, mal tratado aunque antiguamente era bello y grande. Un altro documento del 1603, cos parla del castello: ...sopra un monte dalla parte di occidente (vi ) lo castello con la cittadella e palazzo... nel quale vi una torre grande con cortiglio. Una Tombe ipogee sala con otto camere in piano e molta altra comodit. Questa cittadella murata con dodici altre torrette attorno dette mure ... e dentro vi sono circa cento fochi distrutti e disabitati. Vi anco la Parrocchia e cisterna grandissima ... (e, inoltre) vi si ponevano i carcerati di mala vita.... Il castello venne abbandonato nel 1371 ma, poi, fu fatto restaurare nel 1533 da Pietro Spinelli. A partire dal 1986, la struttura stata interessata da vari interventi di restauro. Gli ultimissimi lavori hanno portato alla luce alcuni ruderi che, a quanto sembra, rappresenterebbero ci che rimane di alcuni locali adibiti a stalle. Il Cippo onorario L.E. Invento. E un blocco di pietra calcarea databile attorno al 170 a.C. dedicato a Lucio Egnazio Invento. Su di un lato, visibile uno schema dellanfiteatro (con ima, media, summa cavea e la doppia arcata) e, sullaltro, due lottatori. LAcquedotto romano (o di San Paolino). E un acquedotto a cielo aperto, le cui vestigia sono ancora visibili lungo il torrente Clanio (in particolare in localit Capo di Ciesco). Esso comprendeva due diramazioni: una, posta pi in alto, che andava verso Roccarainola, e laltra, pi in basso, che forniva Avella e giungeva sino a Nola. Lacquedotto di San Paolino, fu costruito gratuitamente dagli Avellani (410 d.C.) su richiesta di San Paolino, per approvvigionare Cimiterium (Cimitile). Successivamente stato adibito per la funzionalit dei quattro mulini lungo la strada che ora costeggia il fiume Clanio.
Avella

30

LEsagono

Mosaici - Aree sacre - Ritrovamento fossili marini

Acquedotto romano (ponte)

Altri reperti Delle Terme sono state rinvenute solo misere tracce in via Foro Avellano, sempre nei pressi del fiume Clanio. Il Teatro non ancora stato portato alla luce; alcuni pensano che doveva trovarsi nel territorio divenuto ora del comune di Sperone. Nessuna traccia stata rinvenuta di Ginnasio, Pretorio e Piscina. Sono stati invece riportati alla luce importanti mosaici, come quello di Edipo che uccide Laio del I sec., (ora al Museo Nazionale di Napoli) ed altri rinvenuti (nel 1965) in Vico Luciano e in Via Cancelli. Tombe ipogee, sepolte, monumenti e interessanti corredi funerari sono stati portati alla luce in localit San Paolino (Circumvallazione, Via Fusaro), in localit San Nazzaro e in altri numerosi siti. Altri scavi hanno portato alla luce pezzi di antiche strade un po dovunque. Ugualmente importanti sono i reperti archeologici riguardanti vasi di argilla figulina (di influsso greco ed etrusco) e vari oggetti ornamentali: bracciali, fibule e ventagli. Non mancano vasi dipinti e monete, come ben sanno i tombaroli nostrani. Inoltre, due Aree Sacre sono state individuate in localit ben precisate: sul Colle del Seminario e a Campopiano. La prima localit, nota anche per il ritrovamento di fossili di organismi marini risalenti a ben 125 milioni di anni fa (cretacico), una collinetta posta al limite tra i comuni di Avella, Tufino e Roccarainola. La seconda localit rappresentata 31
Avella

Il misterioso santuario di Ercole e la presunta pipa etrusca

Benedetta Napolitano

da un bassopiano che si estende dalle colline di San Cataldo e delle Forestelle fino a raggiungere i primi contrafforti dellappennino. In tali aree sono stati rinvenuti manufatti risalenti a varie epoche storiche, a partire dallVIII secolo a.C.. Nel 1996, al confine del Comune di Tufino (nei pressi della localit Schiava), in seguito ai lavori di costruzione del metanodotto italo-algerino, vennero alla luce i resti di una villa romana. Si pensa che in quella zona (ponte di Schiava) si trovi, coperto da pochi metri di terra, limportante Santuario di Eracle (per i greci) o Ercole (per i romani), a cui fa riferimento il Cippus Abellanus. E stato gi detto che accreditati Studiosi Vaso Avellano. Regolarmente registrato. sembrano dubitare dellesistenza di tale santuario, Proveniente da una collezione privata. ritenendo che il tesaurus per le offerte al dio potesse essere costituito anche da una semplice urna di piccole dimensioni, non necessariamente collocata in un tempio. Ma insistenti voci di paese, non confermate, riportate per pura cronaca, insistono nel ritenere che il sottosuolo di Avella sia molto pi interessante di quanto gli archeologi ufficiali sembrano o vogliano lasciar credere. Ma non dato sapere di pi. Su questi argomenti permane un silenzio da tomba (romana). Anzi, da tombarolo. Non sono improbabili, infine, futuri (o passati, ma non ufficiali) ritrovamenti di tombe dellet sannitica, come quelle gi portate alla luce nel vicino agro nolano. Altre voci riferiscono, insistentemente, di ritrovamenti di un grossa pipa, forse etrusca, in bucchero (si veda la foto ad inizio capitolo, pervenuta via e-mail alla redazione de La nuova Gazzetta). Si tratta solo di uno scherzo o di un importante ritrovamento? Ogni lettore potr farsi una sua personale idea. Ma, nel caso che il reperto sia originale e veramente proveniente da Avella, cosa mai potevano fumare gli antichi avellani (etruschi o osci), visto che il tabacco stato portato in Europa dopo la scoperta dellAmerica (12 ottobre 1492)? Forse la spiegazione deve essere ricercata in una certa raffigurazione su di un misterioso e inafferrabile vaso (della cui reale esistenza non vi sono prove certe) rappresentante un uomo intento a cogliere foglie di vite. E, se si fosse trattato non di un disegno di una vite ma di una stilizzazione della cannabis? (*) Al di l della fondatezza di tale ipotesi, resta certo che i ritrovamenti casuali (per lo pi in cantieri edili) e non, hanno alimentato un intenso e assai prospero commercio clandestino di reperti di ogni tipo.
Avella

32

LEsagono

Alcune vecchie foto di Avella

Chiesa della SS.ma Annunziata e Convento dei frati minori

Chiesa di Santa Marina e Collegiata di San Giovanni Battista (si noti il ponte a tre arcate sul Clanio e il passaggio in pietra)

Piazza municipio 1920

(*) non la Cannabis


indica, naturalmente, che giunse in Europa solo qualche millennio dopo, ma la Cannabis Sativa, da fibra e da granella, che pur avendo una minore concentrazione di THC risulta ugualmente allucinogena, e che da sempre presente in Europa.

Giardino Livia Colonna. Statua del Dio Nilo. Avella

33

La sede del Vescovato - Il Papa di Avella - Alcune chiese

Benedetta Napolitano

Avella: i beni architettonici La Chiesa di San Pietro, risalente al 1300, nellantichit fu la cattedrale di Avella e sede del suo antico vescovato, che comprendeva anche gli attuali comuni di Baiano, Mugnano del Cardinale, Sperone, Quadrelle, Sirignano e Roccarainola. La prima citazione nota del 1308 (come risulta dal libro delle Decime ecclesiastiche). A tre navate, fu costruita sulle rovine di un palazzo gentilizio romano, nella zona dellantico foro avellano. Lo stile della costruzione romanico con influenze arabo-normanne. La chiesa com oggi risale al XVII secolo. Sullingresso situato un bassorilievo marmoreo dellet imperiale, proveniente dal monumento sepolcrale di Lucio Sitrio Modesto. Una cappella annessa custodisce un bellaltare in marmo con colonne in porfido di colore verde antico e, alle spalle di questo, un sarcofago sul quale incisa in esametri latini unappassionata e bella iscrizione a Prenestina, consorte di Veio, che testimonia la fede dellautore nellimmortalit dellanima. La Chiesa della SS.ma Annunziata, ad una sola navata, annessa al convento dei Frati Minori Osservanti, inizialmente fu dedicata alla Vergine degli Angeli e, nel 1725, fu intitolata alla SS.ma Annunziata. Edificata tra il 1580 e il 1589, presenta un soffitto a cassettone e dipinti di Giuseppe Castellano. Vi si conserva gelosamente una Convento dei Frati Minori. Porticato. deposizione in legno che si dice copia del Rubens, un SantAntonio da Padova della scuola Salernitana, un bellissimo Crocefisso, un coro ligneo di G. Del Tito del 1625. Il suo chiostro sorretto da colonne monolitiche, alcune delle quali provengono da palazzi o monumenti romani. Esso venne poi abbellito da A. Buongiovanni, artista avellano, con scene raffiguranti la vita di San Francesco. Al centro del chiosco, nel 1653, fu fatta scavare una cisterna da padre Giuseppe di Fontanarosa. La Chiesa parrocchiale di S. Marina e Collegiata di San Giovanni Battista, fu costruita nel 1798 su una preesistente basilica paleocristiana che era stata fatta edificare dallavellano Papa Silverio, nel VI secolo d.C.. Un documento del 1324 ricorda il titolo della chiesa di S.Marina, che sorgeva ad Ovest dellattuale campanile. Nello stesso sito vi erano anche lantica Collegiata e la Cappella
Avella

34

LEsagono

Palazzo Ducale - Giardino Livia Colonna

dellImmacolata. Successivamente queste furono abbattute perch in pessimo stato e al loro posto venne edificata lattuale costruzione. Di stile vanvitelliano, caratterizzata dal campanile isolato, con il particolare castello campanario originario in legno. A croce latina, ad una sola navata, fu abbellita da Papa Onorio e da San Gregorio. Notevoli laltare maggiore in marmi policromi e il sarcofago del cardinale Bartolomeo DAvanzo. Nella sacrestia custodita una tavola di Cristo che versa sangue e su cui si legge liscrizione Detius Tramontos facebat (1581). Custodisce alcune tele settecentesche di N. Malinconico e O. Fischetti. La torre campanaria, restaurata nell800, presenta i resti di alcuni affreschi tardo-trecenteschi. Di notevole interesse sono le acquasantiere del 1501, probabili resti dellantica basilica fondata da Papa San Silverio. Altre chiese Tra le altre chiese, degna di menzione senzaltro la Chiesa San Romano, che conserva una tavola su fondo dorato del XV secolo e un quadro della Madonna di scuola leonardesca. Sulla destra della sua facciata situato il campanile sorretto da unarcata sotto cui passa la strada. Da segnalare, ancora, la graziosa chiesetta detta dei sette preti (gi nota come Cappella di S. Maria delle Grazie e, poi, della SS.ma Visitazione di Maria), la piccola chiesina di Santa Candida, e la Chiesa del Purgatorio (frazione di Avella), ove si possono ammirare una scultura in marmo con un angelo benedicente, unedicola sacra rappresentante lAnnunciazione e il soffitto dipinto raffigurante la SS.ma Trinit, la Vergine e le anime purganti (oltre al ritratto del canonico Domenico Viola, che nel 1745 prese possesso della Chiesa e la ingrand). Complesso Palazzo Ducale-Giardino Colonna. Di notevole interesse Livia Colonna. architettonico il Palazzo Ducale Alvarez De Toledo e il retrostante bel giardino vanvitelliano, detto di Livia Colonna. Il palazzo, oggi di propriet del comune di Avella, situato al centro della cittadina. Fu sede del Museo Archeologico di Avella, realizzato nel 1969. E un esempio di rara bellezza architettonica della prima met del XVI secolo. Ha pianta longitudinale e presenta ai lati due torrette. Nel giardino, allitaliana, presente una fontana marmorea 35
Avella Giardino

Grotta di San Michele - Avella moderna

Benedetta Napolitano

rappresentante il dio Nilo Palazzo Ducale (secondo altri, il fiume Clanio). Vi sono anche due peschiere a forma di rettangolo lobato, in mezzo al quale era presente un gigantesco platano secolare di cui oggi non rimane che il tronco rinsecchito. Siepi di bosso delimitano i quattro viali ortogonali e le gradevoli aiuole. Il palazzo appartenne agli Spinelli, ai Cattaneo, agli Orsini e ai Colonna. Conservato egregiamente fino alla morte del suo ultimo proprietario, conte Alvaro Alvarez De Toledo, fu danneggiato dal sisma dell80 e dallincuria. E stato da poco completato un accurato restauro dellintero complesso architettonico. La Grotta di San Michele Euna chiesa rupestre risalente al medioevo (VIII sec. d.C.). Un tempo era abitata da monaci eremiti. Fu ricavata in una grotta naturale di Grotta di San Michele origine carsica, internamente risulta divisa in tre cavit fra loro comunicanti, dette dellImmacolata, del Salvatore e di San Michele. In questultima presente un baldacchino barocco (1816) e, sopra laltare, la statua dell Arcangelo. Vi sono, inoltre, numerosi affreschi di argomento religioso di chiaro influsso greco-bizantino (IX-XIV secolo d. C.). Oggi chiusa ai visitatori ma, pare, che stiano per partire i lavori di restauro (nellambito dei P.I.T., Piani Integrati Territoriali), grazie anche allinteressamento della Curia Vescovile di Nola, proprietaria dellantro. Anni addietro vi si svolgevano suggestive cerimonie nella notte di Natale. Avella moderna E nata dalla fusione di almeno quattro piccole borgate, presenti gi nel XIII secolo: Cortalpini, Farra, San Pietro e Cortabucci. Infatti, almeno fino ai primi anni 20, questi quattro agglomerati erano chiaramente individuabili sulle piantine catastali dellepoca. Solo successivamente sono andati a confluire, lentamente, in un unico grosso agglomerato urbano.
Avella

36

LEsagono

O laccio dammore

Avella: il folklore
La rappresentazione dee misi, la farsa de A zeza, i balli e le musiche de O laccio dammore, erano spettacoli itineranti legati ai festeggiamenti del carnevale. Queste manifestazioni folkloristiche -ad esclusione di qualche lodevole eccezione- non vengono pi rinnovate ormai da molti anni.

Della Zeza e dei misi verr riferito nel capitolo di Sirignano, ove si assistito ad un recupero di queste tradizionali rappresentazioni. O laccio dammore ricomparso, in termini piuttosto semplificati e rimaneggiati, in alcune sfilate di Carnevale tenutesi negli anni scorsi a Baiano. Ma la tradizione del laccio (o palo) dammore era particolarmente viva ad Avella, almeno fino agli anni 70 (foto sopra). A memoria dei pi anziani, il ballo del laccio vero e proprio era preceduto, di norma, da altri tre balli: il primo di questi rappresentava lincontro tra i ragazzi e le ragazze e mimava alcuni cenni di corteggiamento; il secondo, un ballo in cerchio con un passamano, simboleggiava la ritrosia della ragazza; il terzo, in cui lo spasimante -fattosi coraggio con un buon fiasco di vino- porta la serenata alla sua bella che accetta il corteggiamento, costituito da una vivace polka. Lintreccio del laccio dammore, infine, rappresentava lepilogo del matrimonio. In altri anni, O laccio dammore veniva rappresentato solo limitatamente allultimo movimento: lintreccio, vero e proprio. Questa ballata popolare rappresenterebbe, secondo gli Autori pi eruditi, un antico rito propiziatorio degli antichi popoli di agricoltori e di pastori del mediterraneo. Si tratta di una danza popolare attorno a un palo, dominato dal segno del sole nuovo, dal quale 37
Avella

O Fucarone - Il maio - I battenti

Benedetta Napolitano

pendono 24 nastri policromi che -nel corso della danza- vengono incrociati, formando varie figure geometriche. Il Fucarone di San Sebastiano si tiene il 20 gennaio, in occasione dei festeggiamenti del Santo Patrono. In tale occasione, normalmente, vengono anche tagliati e messi in vendita degli alberi (maio), ma questultima tradizione ha unimportanza piuttosto secondaria e non raggiunge gli apici del maio baianese. Semplicemente, lalbero pi alto viene eretto in piazza e attorno ad esso viene acceso un fal. In occasione dei festeggiamenti di San Pellegrino (25 agosto), si organizzano delle sfilate di battenti che si portano (a piedi) fino ad Altavilla Irpina. In passato, come gi ricordato altrove, la notte di Natale si svolgevano delle suggestive cerimonie nella Grotta di San Michele.
Avella, cos come gli altri paesi del mandamento, ha subto negli ultimi anni gli influssi della globalizzazione del folklore. Ormai (ad Avella e altrove) si organizzano sagre prive di qualsiasi tradizione e di qualsiasi collegamento con le potenzialit del territorio. Di tali manifestazioni, che esulano dagli scopi di questo libro, non verr dato alcun cenno. La modella Lucia Barba, di Avella. Ha partecipato alle fasi finali del concorso di Miss-Italia Edizione 2001, classificandosi fra le pi belle ragazze dItalia.

Clanio

Avella

38

LEsagono

Dati essenziali

AVELLA
Abitanti: 7.674 Avellani (al 21.10.2001) Superficie territoriale: 3.038 ettari Altitudine sul livello del mare (min/max): 126/1.591 m Altitudine sito casa comunale: 207 m slm Scuole:

Asilo nido (statale) Scuole Materne (statali e non statali) Scuole Elementari (statali e non statali) Scuole Medie Inferiori (statali) Scuola Media Superiore: Istituto Professionale

Strutture sportive:
-

Stadio Comunale, Campo da Tennis/calcetto. Palestre: scuole medie e scuole elementari.

Informazione e cultura:
Il Meridiano -Periodico fondato dal prof. Pierino Luciano (con sede a Nola); Clanion edito dal Gruppo Archeologico Avellano; Biblioteca Comunale, curata dal prof. Nicola Montanile; Biblioteca dei Frati Minori, ubicata nel Convento SS.ma Annunziata con vari manoscritti e testi di rilievo. Antiquarium- Museo paleontologico ed archeologico (reperti locali).

Cittadini illustri:
* Papa Silverio, nato ad Avella e fatto morire di fame, nel giugno del 538 d.C., dal generale bizantino Bellisario, nell isola di Ponza ; * Cardinale Bartolomeo DAvanzo (1835), gi Vescovo di Castellaneta, di Calvi e di Teano; * Frate Giovanni Trottola, celebre matematico del XVII secolo nonch insigne musicista; * Maria Giovanna Teresa Doria del Carretto, duchessa di Tursi e principessa di Avella (1745), edific un edificio carcerario in cui stabil la divisione degli uomini dalle donne.

Attivit economiche:
Industrie boschive (produzione legna da ardere); Industrie trasformazioni alimentari (cherry, maraschino); Aziende zootecniche: apicoltura - allevamento di bufali, ovini e caprini; Agricoltura: olivicoltura e corilicoltura; Turismo: ristorazione - alberghi (uno); Industria produzioni elettroniche; Industrie metalmeccaniche artigianali (tornitori); Terziario: piccoli negozi - nessun supermercato; Produzione orafa; Edilizia.

Misericordia del Baianese; Expo Citt di Avella: fiera dell industria, commercio, agricoltura e servizi (lultima edizione non ha avuto luogo per problemi organizzativi). - Scouts - Stazione dei C.C. Per altri dati demografici e statistici consultare il capitolo aspetti demografici

39

Avella

Iinerari naturalistici

Benedetta Napolitano

Avella: risorse ambientali


Bosco del Ciglio Grazioso bosco di faggi e cerri, di circa 50 ettari di superficie. A circa 12 Km dallabitato. Vi si accede tramite la strada sterrata Castellone. Cerreto Serra-Palumbo Castagneto da frutto, con estensione di circa 15 ettari. Ideale per la raccolta dei funghi. Sito nella localit omonima. E raggiungibile tramite la strada Percicati-Cucciarda, a circa 7 Km dallabitato. Cognulo Area di circa 6 ettari di estensione, ad unaltitudine di 600 metri slm, comprendente sia conifere che latifoglie e tratti rocciosi di unaspra bellezza E raggiungibile tramite la strada asfaltata Panoramica, a circa 5 Km dallabitato. Forestella Bosco ceduo di castagni, comprendente unintera collinetta di circa 60 ettari. Vi si accede tramite la strada per Campopiano, a circa 2 Km dallabitato. Pianura Faggeto di circa 50 ettari di estensione, posto ad unaltitudine di circa 800 metri slm. Vi si accede tramite la strada asfaltata Panoramica, a circa 12 Km dallabitato. Pineta del Fusaro Sita nella localit omonima. E costituita da unarea adibita a verde attrezzato dellestensione di circa 3 ettari. Ideale per pic-nic. A circa 1,5 Km dal centro abitato. Salmola Circa 10 ettari di conifere e latifoglie, con ampi tratti rocciosi e soleggiati. A 600 metri slm, vi si accede tramite la strada Patricciano, a 6 Km dal centro abitato. Vallone Serroncello-Fontanelle e torrente Clanio Vallone dalla bellezza selvaggia con scoscesi rupi rocciose ai lati del torrente. Vi una caratteristica fonte di freschissima acqua. Sono stati realizzati di recente gradevoli spazi di verde attrezzato. In questa zona sono venute alla luce tracce dei primi insediamenti umani. Cascata di Acquapendente Grotta di San Michele Formazione carsica, costituita da tre cavit. Custodisce alcuni affreschi di epoca bizantina. Grotta di Camerelle di Pianura Vi si accede tramite una stretta buca del terreno. Si apre alla quota di 900 metri, sul fianco orientale del Vallone S. Egidio, in prossimit della fontana di Pianura. Si estende per circa 150 metri. Grotta degli Sportiglioni Si estende per circa 120 metri. Nel corso dell800 stata depredata di gran parte delle sue stalattiti e stalagmiti (note come pietra di Avella). Situata pi a monte delle grotte di San Michele, lungo il Vallone Serroncello. Importante dal punto di vista biologico perch in essa vivono tre specie saprofaghe endemiche (un acaro, un collembolo e un coleottero).

Avella

40

LEsagono

Itinerari turistici

Monti Avella

Acquapendente

Grotta di Camerelle di Pianura Grotte di S. Michele


sezione

pianta

Il castello negli anni 50

Il castello sullo sfondo del Vesuvio-Monte Somma


sezione

Grotta degli Sportiglioni

pianta

41

Avella

Le origini del nome

Benedetta Napolitano

Baiano
Secondo alcuni Studiosi il nome di Baiano deriverebbe da praedium Vallejanum (Villa di Valleo) oppure da praedium Badianum (Villa di Badio), da cui per corruzione fonetica si giunse a Vallejanum, Bajetaum ed infine a Baianum. Poich nello stemma del comune c una lettera V che inquadra un cervo, si pu ipotizzare che Baiano sia derivato dal nome di Valleo, uno dei pi insigni cittadini della vicina urbs Abella, vissuto ai 1911 tempi del basso Impero e discendente da una nobile e potente famiglia romana. Ma non escluso che Baiano, come riportato in una precedente pubblicazione (La Citt del Baianese, di Napolitano e De Rosa) possa derivare semplicemente da Baianum, ovvero da Baia, la famosa localit flegrea, costantemente presentata -nelle fonti antiche- come un luogo di delizie, a caratterizzare il quale si uniscono le bellezze naturali, la presenza di sontuose ville e di grandiosi impianti termali e la dolce vita che vi si svolgeva. Si potrebbe ipotizzare, quindi, che Baiano fosse un luogo di delizie per gli antichi avellani o che la villa prediale, da cui esso prese origine, derivasse da un qualche importante personaggio originario o proveniente da Baia, limpero dei vizi. Della localit flegrea, Varrone nelle sue Satire dice: L non solo le vergini divengono un bene comune, ma molti vecchi ringiovaniscono e numerosi fanciulli si effeminano. Marziale cita la localit termale ammonendo che: A Baia una donna arriva come una Penelope e ne riparte come unElena, a sottolineare come neanche la pi virtuosa delle donne riuscisse a sottrarsi alle lusinghe della costa flegrea. Secondo questa ipotesi, quindi, Baiano doveva essere ben pi di un semplice casale di Avella. Ricco, un tempo, di importanti rovine. Infatti, secondo quanto riportato da Gianstefano Remondini, in alcune opere datate 1785-1797, Baiano viene indicato come: vetusta e popolata terra (2273 ab.), in cui si veggono anche delle vestigia di antichi monumenti, infrante colonne, tronchi busti, e sminuzzate lapidi di marmo. La lettera V presente nello stemma di Baiano, di per s non costituisce alcuna prova in nessun senso, in quanto potrebbe essere,
Baiano

42

LEsagono

Insediamenti preistorici - Invasioni barbariche - Bagliva

semplicemente, il numero cinque in latino e stare a significare che Baiano era, in ordine di tempo, il quinto possedimento di Avella, o il quinto casale che si era venuto a costituire. Di origini antichissime, questa cittadina presenta tracce di insediamenti umani risalenti allet neolitica. Databile allet del Ferro (VIII-VII secolo a.C.) una necropoli, con tombe a fossa, rinvenuta allaltezza della localit Cava, al confine col comune di Avella. Durante la guerra sociale, questo casale fu conquistato da Silla che lo assegn alla 47 Legione Romana (82 a.C.). Nellanno 79 a.C. fu saccheggiato dallesercito di Spartaco. Sotto limperatore Augusto, nella divisione amministrativa della penisola italiana, venne assegnato alla trib Galeria. Segu, poi, le vicende della vicina Avella. Caduto lImpero Romano, questo nucleo abitato and soggetto a numerose incursioni barbariche (Alarico nel 410 d.C. e Genserico nel 455 d.C.). Insieme ad Avella nel 589 d.C. entr a far parte del Ducato di Benevento, retto dal longobardo Autari. Dopo nuove invasioni barbariche (prima i Saraceni e poi gli Ungari) il casale pass al principato di Salerno e nel 1075 fu aggregato al Principato Normanno. Considerato ancora de pertinentiis Avellarum nel XIII secolo, il casale di Baiano viene citato in privilegi di Papa Celestino nel 1197, di Papa Innocenzo III nel 1203, in quelli 1981 dellImperatore Federico II di Svevia nel 1250 e di Papa Urbano IV nel 1264. Gi nel 1210, comunque, cessa di essere casale di Avella e comincia ad essere tassato a parte. Dopo la dominazione normanna pass sotto il controllo degli Svevi di Federico II. Nel 1371 la Regina Giovanna I don il territorio di Baiano, insieme a quello di Avella, a Nicola Jamnvilla, conte di S. Angelo dei Lombardi, la cui famiglia ne ebbe il possesso fino al 1427 allorch il feudo fu tolto a Marino Jamvilla dalla Regina Giovanna II che nel 1431 ne fece dono a Ser Giovanni Caracciolo. Questultimo lo concesse alla sorella Isabella dalla quale pass, per matrimonio, a Raimondo Orsini. Nel 1510 Enrico Orsini, conte di Nola, vi istituisce la Bagliva o Corte Baiulare e la dona, per compensarne i servigi, a Tommaso Mastrilli, nobile nolano, la cui famiglia lamministra fino al 1594, anno in cui essa viene ceduta ad Ottavio 43
Baiano

Epidemie - Il suicidio delle suore - Affrancamento da Avella

Benedetta Napolitano

Cattaneo. Poi, con decreto reale del 9.9.1605, fu assegnato alla Baronia di Avella, retta da Don Giovanni Andrea Doria. Il XVII secolo fu per Baiano (come per gli altri borghi della zona) particolarmente funesto a causa di unepidemia diffusasi nel 1635 e per la peste del 1656 che ne decim la popolazione. Il successivo e consistente incremento demografico si ebbe soprattutto grazie allaccoglimento di numerosi fuoriusciti dal Regno napoletano, alla fine dello stesso secolo. Sembra che, nel corso del XVII sec., in un monastero di Baiano, si sia verificato un misterioso suicidio di massa, in cui furono coinvolte alcune decine di suore (La Carit di Giulia, di Fabio Romano - Ed. Intra Moenia, Napoli. pag.368). Alla fine del XVIII secolo Baiano risultava appartenere ancora ai Doria, con Maria Giovanna moglie di Francesco Sforza Visconti marchese di Caravaggio, che esercit il proprio potere fino allabolizione della feudalit. Il territorio di Baiano acquist lautonomia da Avella tra la fine del XVII e il principio del XVIII sec., ad ogni modo prima del 1726 quando ottenne, con decreto reale, luso civico del bosco di Arciano. Nel 1757, il passaggio della Via Regia delle Puglie (fatta costruire da Carlo III di Borbone) costitu per Baiano un altro piccolo passo verso lemancipazione da Avella, rimasta fuori dal tracciato dellimportante via di comunicazione. La definitiva autonomia fu raggiunta agli inizi dellOttocento. In quel periodo, con lemanazione della legge eversiva della feudalit da parte di Giuseppe Bonaparte (1806) e a seguito della ripartizione dei beni baronali da assegnare in propriet ai singoli comuni, si originarono, tra questi, aspre contese. La commissione feudale fu molto benevola con Baiano, attribuendogli le propriet di Arciano, Santo, Campimma, Carbonara e Torone. Questa situazione demaniale fin per privilegiare il paese, favorendone la successiva e continua crescita dimportanza. Come avvenne per gli altri comuni vicini, esso fu incluso nella provincia di Terra di Lavoro (lattuale provincia di Caserta) e compreso nel distretto di Nola (uno dei cinque in cui si divideva la provincia), circondario di Bajano (uno degli otto in cui si divideva il distretto). Dopo il 1861, con lUnit dItalia e il conseguente nuovo assetto politico e amministrativo, passa alla provincia di Principato Ulteriore (o Principato Ultra),
Baiano

44

LEsagono

Brigantaggio - Ferrovia - Il quartiere e Vesuni

distretto (o circondario) di Avellino, mandamento di Bajano. In quel periodo (come abbiamo gi visto nel capitolo Storia e destino comuni, e al quale si rimanda) il territorio fu interessato dal fenomeno del brigantaggio. Nel 1888, il Principe di Sirignano, Giuseppe Caravita, vi fonda la Cassa Popolare Agricola di Baiano (primo istituto di credito in provincia di Avellino). Nel corso del XIX secolo Baiano and incontro ad un forte incremento demografico, divenendo il centro pi popoloso della zona. L11 luglio 1885 fu inaugurata la ferrovia Napoli-Nola-Bajano. Il paese fu interessato da un consistente fenomeno migratorio, nei periodi tra il 1860 e il 1866 e, pi tardi, tra il 1887 e il 1914, quando si verific il grosso dellemigrazione italiana. Durante la seconda guerra mondiale, nei mesi di settembre ed ottobre 1943, Baiano sub alcuni bombardamenti aerei, cui segu una mobilitazione generale della popolazione che, ripetendo il percorso fatto dai suoi antenati per sfuggire agli invasori medioevali, si rifugi sulle montagne circostanti. In seguito ai terremoti del 23 novembre 1980 e del 14 febbraio 1981 sub danni abbastanza seri. Pi grave ancora fu la gestione del post-terremoto. Molti centri storici ed edifici importanti furono distrutti, come -ad esempio- il solidissimo edificio scolastico (posto a sinistra, nella foto sopra, e nella foto a pag.48).
Monumento dei caduti in guerra

Caratteristico il quartiere antico di Baiano detto di e Vesuni (i Visoni). Di sicuro, questo nome non ha nulla a che vedere con i simpatici animali da pelliccia. Alcuni Autori sostengono che esso possa derivare dai volti non proprio da fotomodelli dei villici che vi abitavano nei secoli scorsi, deformati dagli stenti e dalle malattie. Questa fantasiosa versione non appare del tutto condivisibile. Pi plausibile si pu ritenere la versione del prof. Galante Colucci, secondo cui il nome proverrebbe da una divinit osca, chiamata Vesuna o Venusia, alla quale -forse- era stato eretto un tempio nel caratteristico e antico quartiere. Questa affascinante ipotesi non , per, suffragata da prove documentarie n da rinvenimenti di ruderi. Pare pi probabile, invece (cfr. Napolitano-De Rosa, op.cit.), che in questo antico agglomerato urbano ci fosse un tempio dedicato a Giano bifronte. Come del resto appare probabile che ve ne fosse uno pi importante sulla montagna 45
Baiano

La lastricatura del corso - Il miracolo del 1700

Benedetta Napolitano

di Arciano (=Arx Janui, 1930 altura di Giano). Questa divinit viene solitamente rappresentata con due grossi faccioni, da cui, appunto, Vesuni. Tale ipotesi se mbra essere avvalorata dal fatto che, secondo quanto riferiscono i pi anziani, molti antichi portali del quartiere dei Vesuni, presentavano in corrispondenza della chiave di volta (la parte superiore dellarco), leffige di grossi capoccioni, scolpiti nella bianca pietra calcarea o nel pi friabile e nero piperno. Diversi elementi fanno ritenere che Baiano, in passato, dovesse essere particolarmente soggetto agli eventi alluvionali. Lo stesso Corso, doveva essere stato, in tempi remoti, poco pi che un lagno. Infatti, durante i lavori del 1930, con cui si costru una parziale rete fognaria e si provvide alla lastricatura delle strade principali, con basolato di pietra vulcanica (basalto), furono rinvenute sotto il piano stradale dellattuale Corso le cosiddette catene: lastre di pietra calcarea usate per imbrigliare il deflusso delle acque. Inoltre, antichi cronisti riportano che Baiano: ... situato in luogo piano, (era) soggetto a continue alluvioni, per le grandi acque che calano da Summonte, dalla montagna della Tora, e dalle altre di Quadrelle e Monteforte.... I pi anziani, a tale proposito, raccontano che il tratto di strada che si trova fra la casa comunale e il monumento ai caduti veniva chiamata o malepasso, proprio per indicarne la pericolosit durante le piogge. E noto, infine, che fino alla met del secolo scorso durante la stagione invernale gli studenti che uscivano dal vecchio edificio scolastico (demolito dopo il terremoto del 1980) venivano aiutati a guadare la strada tramite un piccolo carretto. Secondo una leggenda, fu proprio a causa di un miracolo occorso durante unalluvione che venne eretto il Santuario di Santo Stefano Protomartire. Il titolo della suddetta chiesa viene ricordato fin dal 1308, nel libro delle Decime Ecclesiastiche. Essa sorge su una vecchia Cappella cimiteriale, ad ununica navata, successivamente ampliata ed elevata al rango di Chiesa Madre, in seguito ad un miracolo avvenuto nei primi decenni del 1700. Si tramanda che, mentre i fedeli erano riuniti nella vecchia Chiesa Madre di Santa Croce per una funzione religiosa, si scatenasse un temporale cos violento da trasformare in una vera e propria fiumana la strada antistante la chiesa e in
Baiano

46

LEsagono

Le varie chiese - Leremo di Ges e Maria - I Sabbah

palude i terreni retrostanti. Ebbene, sembra che, mentre i fedeli intrappolati si preparavano al peggio, un provvidenziale raggio di luce penetrato attraverso una vetrata dellabside, illuminasse un quadro di Santo Stefano e, riflettendosi su di esso, indicasse ai presenti la via della salvezza. I Baianesi gridarono al miracolo e vollero che a Santo Stefano, divenuto protettore del paese, fosse edificata una chiesa. Cos, lantica Cappella cimiteriale, ampliata a tre navate e ristrutturata, divenne la nuova Chiesa Madre dedicata a Santo Stefano Protomartire. Il quadro del Santo fin, poi, a Sirignano dove probabilmente ancora si trova. Da alcuni documenti storici, conservati nella Curia nolana, si apprende che questa chiesa funzionava da Parrocchiale gi alla fine del 1586 (anno della visita pastorale di Mons. Scarampi). La statua di Santo Stefano risale al 1750. Il Santuario fu restaurato nel 1920. La Chiesa della Confraternita di Santa Croce, dalla pregevole facciata in stile gotico, conserva un dipinto su tavola raffigurante lInvenzione della Santa Croce, del 1610, realizzato da Pompeus Landolfus e pregevoli stucchi seicenteschi. La Chiesa dei SS. Apostoli Giacomo e Filippo viene citata per la prima volta nel 1324. Presenta il caratteristico portone dingresso rivestito di lastre metalliche, risalente al 1794. Allinterno si pu apprezzare il pulpito in legno, con un affresco raffigurante la Madonna delle Grazie e la pala dellaltare maggiore con un dipinto su tela siglato Galasso, raffigurante la Vergine col Bambino tra i SS. Apostoli Filippo e Giacomo e le anime purganti. La Cappella della SS.ma Annunziata, del Seicento, caratterizzata dalla notevole e pregiata struttura architettonica esterna, in piperno (pietra lavica). Nel quartiere dei Vesuni possibile ammirare la graziosa Chiesa di San Giacomo, recentemente restaurata. Ancora pi recententemente (marzo 2002) sono stati riaperti, dopo un certosino restauro, anche leremo e la chiesetta di Ges e Maria, che verranno gestiti per 99 anni dalla Curia Vescovile di Nola. Su questo colle, dal 1400 al 1700, prima ancora che si chiamasse Ges e Maria, si dice che furbi accattoni esercitassero la stregoneria e messe sataLeremo prima del restauro niche (sabbah), per ap47
Baiano

SantAlfonso dei Liguori

Benedetta Napolitano

profittarsi degli ingenui contadini e pastori. Riti magici, vino, orge e qualche erba medicinale consentivano a stregoni e fattucchiere di plagiare e di sfruttare i poveri villici. Il fenomeno era diffuso in forma e misura diverse in tutti i paesi vicini, in particolare a Quadrelle e ad Avella. SantAlfonso dei Liguori (che fu, tra laltro, lautore di Tu scendi dalle stelle, la celeberrima canzoncina di Natale) combatteva tenacemente queste pratiche sataniche. Perci, trovandosi in missione a Nola nel dicembre del 1756, venne in carrozza ad Avella e poi a Baiano. Qui, dopo aver predicato nella Chiesa di Santa Croce, chiese ed ottenne che sul menzionato colle venisse edificata una chiesetta da dedicare a Ges e Maria. Questa fu costruita tra il 1756 e il 1759 sui vecchi ruderi di un precedente eremo (risalente al IV sec. d. C.). In seguito allUnit dItalia (1861) e alle leggi che prevedevano la vendita dei beni ec1918-19 clesiastici, la piccola chiesetta venne abbandonata, fu imposto il divieto di culto e le due statue di Santa Lucia e di SantAniello furono portate in paese nella parrocchia di Santo Stefano.
Si noti la fontana davanti alledificio scolastico. Essa fu successivamente spostata nella piazza IV novembre e sostituita dal monumento ai caduti.

1937

Baiano

48

LEsagono

Alcune foto di Baiano

Chiesa di Santa Croce

e Vesuni

anni 30

e Vesuni

49

Baiano

Il maio - Il mito di Cibele - Le passiate a Montevergine

Benedetta Napolitano

Il folklore baianese
Le manifestazioni popolari pi tipicamente baianesi sono concentrate nel periodo natalizio. Esse si fondano su tradizioni ataviche e pagane, successivamente cristianizzate dalla lungimirante politica del clero.
Il periodo natalizio, infatti, coincide -grosso modo- con il solstizio dinverno (21 dicembre), quando il sole sembra fermarsi nel cielo (da cui il nome solstizio) e le ore di luce giungono al minimo. Le antiche religioni, pi sensibili ai ritmi della natura, festeggiavano in questo periodo la ripresa del ciclo astronomico. I romani, ad esempio, celebravano il Natalis Solis in onore del dio Mitra (personificazione del sole). In tali credenze pagane, inoltre, affondano presumibilmente anche le radici dei focaroni, con cui gli antichi cercavano -ritualmente- di contrastare lavanzare delle tenebre.

La festivit del maio baianese si svolge nel giorno di Natale e consiste, essenzialmente, nellofferta a Santo Stefano Protomartire, protettore di Baiano, dellalbero pi maestoso (maius=pi grande) del bosco di Arciano.
Si tratta (analogamente alla festa dei gigli di Nola) della trasposizione religiosa di unantica festa pagana dedicata a Cibele; divinit della Frigia, il cui culto si diffuse prima in Grecia, poi, fra il IV e il III secolo a.C., nella Magna Grecia e, successivamente, nella nostra regione. Sul Monte Partenio (Montevergine) sorse un tempio dedicato alla grande madre Cibele, che venne chiamato Parthenios (da vergine) dai greci e Cibellinus dai romani. I festeggiamenti della dea si celebravano in primavera con riti orgiastici ed erano intrecciati con il culto di Attis, il giovane tanto amato dalla dea e da questa trasformato poi in pino. Per ricordare questo giovane nume, il 22 marzo ( giorno successivo allequinoziodi primavera), si portava in processione un grande pino che, essendo sempreverde, simboleggiava limmortalit (o, pi precisamente, la morte e la rinascita) di Attis. I giorni successivi erano dedicati a festeggiamenti dal rituale spiccatamente orgiastico e lascivo, con cui le plebi partecipavano alla ripresa vegetativa (primavera) della Natura e al rinnovo di tutto il Creato. Nei secoli seguenti il culto di Cibele si indebol sino a sparire del tutto. Sulle rovine dellantico tempio, sembra tra il VI e il XII secolo d.C., si insedi e si consolid una comunit cristiana e venne edificata una cappella dedicata alla Vergine, da cui prese origine lattuale Santuario di Montevergine. La festa pagana, per, sopravvisse ed il vecchio albero di pino venne sostituito da grossi alberi, dalla indiscutibile simbologia fallica, che fino al 1700 venivano portati per le strade di Nola, prima di essere cristianizzati ed essere trasformati nei pi famosi e pittoreschi gigli dedicati a San Paolino. A Baiano la festa del maio venne traslata dallinizio della primavera al mese di dicembre, a Natale. La tradizione pagana legata ai riti orgiastici e gaudenti di Cibele sembra per riemergere, in maniera presumibilmente pi casta e in chiave pi ecologica, nelle antelucane passiate a Montevergine, che hanno luogo nei mesi di maggio e di settembre, in cui schiere di ragazzi e ragazze dei centri del Baianese sincamminano, nottetempo, per i sentieri montani, alla volta del Santuario di Montevergine in allegra, rumorosa e goliardica compagnia.

Baiano

50

LEsagono

E messe e notte - Processione del Bambin Ges

I preparativi della grande festa collettiva del maio iniziano con la Novena di Natale, consistente nelle cosiddette messe e notte, che si celebrano alle cinque di mattina, dal 13 dicembre -giorno di Santa Lucia- fino alla vigilia di Natale. Gruppi di ragazzi e ragazze, una volta finita la messa, fanno il giro del paese cantando- oltre alle classiche canzoni natalizie- la pi tipica Oi Stefan (vedi a pag. seguente) La sera della vigilia, dopo il tradizionale cenone, dal centro storico di Baiano (quartiere Vesuni), ove allestito un piccolo presepe, parte la processione del Bambin Ges. Una folta folla di fedeli segue la processione (senza prete)

E mascarielli erano costituiti da una chiave femmina e da un chiodo tenuti insieme da uno spago. Nel foro della chiave veniva messa della polvere da sparo e poi il chiodo. La percussione del mascariello contro un muro, dal lato del chiodo, provocava il botto.

per le strade del paese, tra musiche e spari di tradizionali fucili ad avancarica (schioppi, o scuppette, e archibugi) impropriamente denominati carabine, di tracchi e (una volta) di mascarielli. La processione si conclude nella Chiesa di Santa Croce, dove il parroco accoglie i fedeli e celebra la Santa Messa. Alle cinque del mattino successivo (giorno di Natale), nella Chiesa di Santo Stefano Protomartire, si celebra la Messa che si conclude con la benedizione di attrezzi, carabine e delle squadre di persone (una volta quasi tutti boscaioli) che si recheranno a tagliare il maio nel bosco di Arciano. Qui giunti (a bordo di camionette, e poi a piedi) gli uomini scelgono lalbero di castagno pi bello e pi grande e vi incidono le lettere S.S.(iniziali di Santo Stefano) ed esplodono alcuni colpi in segno di festa. Fattosi ormai giorno, il maio viene abbattuto e sfrondato (lasciando -per- la frasca apicale) per poi essere trasportato fino a valle, insieme a tutti i rami ed alle srcine e sarcinelle (fascine) raccolte sul posto. Giunti al paese, fra un 51
Baiano

Spartito di Oi Stefan

Benedetta Napolitano

3) Sotto braccio, a ccore a ccore mbri-

acat e passione, nce ne jamme o fucarone chesta sera Stefa-

n. E l nnanz a chellu fuoco, ie te giuro tutto bbene, tut-

tammore che me vene da stu core mio, pe tte. E... viene, s --

--- ecc..

Questa canzone , composta nel 1928 per una donna (Stefanina), divent poi linno di Santo Stefano.

Baiano

52

LEsagono

Carabine

indescrivibile tripudio di spari e botti di ogni genere, uniti ai canti dedicati al Santo, si unisce al corteo lAntico Gruppo Avancarica Baianese (fondato nel 1993). I proprietari delle carabine (alcune delle quali sono vere e propri pezzi dantiquariato) danno vita, quindi, ad una spettacolare gara di abilit. Le vecchie carabine borboniche vengono caricate (anteriormente) con polvere nera (di tipo Antico Gruppo Avancarica Baianese rinculante e non esplosiva, come ci assicura larmiere Stefano Lippiello). Per ovvii motivi di sicurezza, la carica viene effettuata solo con polvere da sparo, senza aggiungere le palle di piombo. Lo sparo produce una vera spettacolare fiammata, seguita da una vera e propria nuvola di fumo. Moschetto Il forte rinculo dellarma viene attenuato da un sapiente Moschettone degli ussari movimento rotatorio delle braccia, talora un tantino Trombone della marina esagerato dalla estrosit e dalla sensibilit coreografica dello sparatore. Il maio, portato con un Alcune repliche di armi borboniche ad avancarica, carro trainato da cavalli, sul realizzate dallarmeria Lippiello Stefano di Sperone piazzale antistante il Santuario, viene innalzato -a mo di obelisco- con una complessa e spettacolare operazione. La base del maio viene fatta scivolare dal carro direttamente nellapposita buca al centro della piazza, mentre robuste funi vengono calate dalla sommit della facciata della Chiesa e legate allestremit del lungo tronco. Altre due funi (che lo tengono dritto) vengono tirate lateralmente. Indi, il grande albero viene issato a forza di braccia e con una tecnica collaudata per decenni. Secondo una tradizione che si 53
Baiano

La raccolta delle srcine

Benedetta Napolitano

tramanda da padre in figlio, un agile e temerario giovanotto si arrampica -poifino in cima al maio per liberarlo dalle funi. Fino ad una decina di anni fa, a questo punto seguiva un enorme fragore prodotto dagli spari di fucili e doppiette caricati a pallini, diretti contro la cima del maio. Lo scopo era quello di colpire alcuni barattoli che venivano appesi alla frasca apicale. In seguito questa tradizione venne abbandonata e si cominci a sparare solo verso i rami. Oggi, non viene pi consentita n luna n laltra usanza, per comprensibili motivi di sicurezza. Ma ci non impedisce ai focosi baianesi di far esplodere le trecce di fuochi pirotecnici appese precedentemente allimponente albero di castagno. A circa unora di distanza dallinnalzamento del maio, un centinaio di ragazzi e ragazze (ancora praticamente a digiuno) cominciano a girare per tutta Baiano per fare incetta di fascine, pezzi di vecchi mobili e di quantaltro possa fungere

Foto dei primi del 900

Fontana Vecchia

Baiano

54

LEsagono

Il fucarone - I battenti - Fontana Vecchia - Ges e Maria - Carri

da combustibile per il fucarone (fal) che sar acceso in serata. Il tutto viene portato, in varie riprese, nello spiazzale antistante il Santuario. Ma al gruppo dei giovani raccogli-legna non viene consegnata solo della legna: al loro festoso passaggio, tra canti, balli e spari di tracchi, la gente cala dai balconi decine di panettoni e di bottiglie di spumante, ai quali la squadra di raccoglitori non manca di rendere onore. Allegramente rifocillati, i giovani continuano il loro giro fino ad incontrarsi, nella piazza del municipio, con gli sparatori di carabine. Questi gli impediscono scherzosamente il passaggio, dando vita ad una pittoresca esibizione di spari con la carabina. I raccoglitori, per farsi strada, rispondono con scariche di tracchi e di rauti. E una vera e propria battaglia fino allultimo granello di polvere pirica! In serata, sempre nello spiazzale del Santuario di Santo Stefano, viene finalmente acceso un suggestivo fucarone, tuttintorno al maio (ma a una certa distanza). I Baianesi, naturalmente, non si lasciano sfuggire questa occasione per dare vita ad un nuovo tripudio di spari e tracchi. Anticamente le donne usavano portare a case un p di brace del focarone, poich ritenevano che il fuoco del fucarone fosse sacro. Il giorno seguente (26 dicembre) il giorno di Santo Stefano e i festeggiamenti proseguono con la processione e, al pomeriggio, con la vendita del maio. La caratteristica principale del maio baianese resta, comunque, la sentita e totale partecipazione popolare allevento folkloristico-religioso pari, per intensit, solo alla manifestazione dei battenti di Santa Filomena, di Mugnano del Cardinale. Altre tradizioni da segnalare sono: la sfilata dei battenti, che si tiene il 3 di agosto; le scampagnate del mercoled in Albis a Fontana Vecchia e le gite fuori porta del marted in Albis allameno eremo di Ges e Maria. In passato si svolgeva a Baiano anche unimportante Festa del vino. Nellultimo decennio, infine, si tengono a Baiano delle manifestazioni carnevalesche di buon livello, comprendenti sfilate di carri allegorici e balli (vi sono stati anche dei tentativi di riproposizione del laccio dammore).

55

Baiano

Manifestazioni folkloristiche

Benedetta Napolitano

Baiano

56

LEsagono

Altri contributi fotografici

FESTA DEL VINO

1921

Sopra. 1910.E Stefanini. Fanfaretta di Santo Stefano: suonava delle marcette durante il maio. Sotto. La Villa Comunale di Baiano La Casa Comunale Il monumento dei caduti

57

Baiano

Dati essenziali

Benedetta Napolitano

BAIANO
Abitanti: 4.658 Baianesi (al 21.10.2001) Superficie territoriale: 1.225 ettari Altitudine sul livello del mare (min/max): 174/796 m Altitudine sito casa comunale: 191 m slm Scuole:
Asilo nido (non statale) Scuole Materne (statali e non statali) Scuole Elementari (statali) Scuole Medie Inferiori (statali)

Strutture sportive:
Stadio Comunale, Campo da Tennis/calcetto. Palestre: scuole medie e scuole elementari. Moderno Palazzetto dello Sport.

Informazione e cultura:
Biblioteca Comunale

Cittadini illustri:
* Mons. Agnello Renzullo, Vescovo di Nola e poi di Filadelfia; * Prof. Vincenzo Bocciero, avvocato e parlamentare, direttore archivio di Stato di AV; * Dott. Giuseppe Lembo, finanziere, uomo politico e medico; * Avv. Giuseppe Lippiello, amministratore comunale e provinciale; * Canonico Don Stefano Boccieri, professore al Seminario Vescovile di Nola, parroco di Santo Stefano, cameriere segreto soprannumerario di Sua Santit presso il Vaticano, autore di un saggio agiografico su Santo Stefano e di due raccolte di novelle.

Attivit economiche:
Industrie boschive (produzione legna da ardere); segheria legno tropicale Industria trasformazioni del nocciolo (clamorosamente sfuggita alle rilevazioni del Piano di Sviluppo della Comunit Montana) Aziende zootecniche: bovini, ovini e caprini; Agricoltura: olivicoltura e corilicoltura; Turismo: ristorazione ; Industrie metalmeccaniche artigianali (tornitori); Terziario: piccoli negozi e supermercato; Produzione componenti elettriche ed elettroniche; Artigianato: produzione di sporte Edilizia. Per altri dati demografici e statistici Comando di Compagnia dei Carabinieri; consultare il capitolo aspetti demografici Casa di Cura Villa Maria; Guardia medica, medico condotto ASL; Caserma Guardia di Finanza; Uffici del Corpo Forestale dello Stato; Sede del Ce.S.A. (Centro di Sviluppo Agricolo, ex-Ispettorato Agrario, gi Ce.Zi.Ca); Sede della Comunit Montana (la sede operativa stata trasferita a Quadrelle); Capolinea della Circumvesuviana (1885) - Casello Autostrada A-16 (1965).

Varie:
-

Baiano

58

LEsagono

Itinerari naturalistici

Baiano: risorse ambientali


Bosco di Arciano Sito nella localit omonima, a circa 400 m slm, bosco di ceduo castanile di circa 200 ettari. Accesso dalla strada Carcara e dalla via omonima, a circa 3 km dallabitato. Vi crescono ottimi funghi. Questo bosco, a lungo conteso fra Mugnano e Baiano ha pi volte, con i suoi castagni, sottratto alla morsa della fame e del freddo i nostri avi. Inoltre, famoso fra i fitopatologi di tutto il mondo perch proprio qui, per la prima volta in Italia fu rinvenuto un pericoloso fungo (microscopico) parassita: lagente del cancro della corteccia del castagno, ora sotto controllo. Casone-Arciano Boschetto di conifere di circa 3 ettari. Piano della Cisterna Vasto altopiano di circa 20 ettari di castagneto da frutto. Ideale per funghi, a circa 8 km dallabitato.

Foto aerea del 1996

59

Baiano

Le origini del nome - Il castello del Litto - La Villa Caesarana

Benedetta Napolitano

Mugnano del Cardinale


Il toponimo Mugnano deriverebbe, secondo alcuni Autori, dalla divinit Giove Ammone di cui, anticamente, doveva sorgere un tempio alle falde del colle del Litto (Lyctus). Secondo altri, invece, esso proverrebbe da Munianus, una villa prediale appartenuta ad un romano di nome Munio. E certo, comunque, che Mugnano abbia origini molto antiche. Infatti (cfr. Napolitano e De Rosa, op. cit.), antichi Studiosi riferiscono che, ai loro tempi (fine 700), era ancora possibile osservare i ruderi delle torri con gli spalti e le torricelle avanzate sulla scoscesa del burrone di Pontemiano detta la difesa, e le mura di cinta ed alcuni tratti di un cunicolo. E, riferendosi alla localit Litto, ci tramandano che: veggonsi i ruderi di molte fabbriche (fabbricati) Castello Svevo del Litto. Ruderi. vestigi di antica gran torre, di alcuni molini ad acqua e poco distante una sorgente di acque leggere, salubri e limpidissime. Si ritiene che il castello svevo del Litto (ora ridotto ad un misero ammasso di ruderi), sia stato edificato su una pi antica fortificazione di epoca romana, a sua volta eretta sui resti di una precedente fortezza fatta costruire dai Greci Calcidiesi (provenienti dalla citt cretese di Lyctos e che avevano stabilito una potente colonia a Cuma), i quali fra il V e il IV secolo a.C. colonizzarono i territori di Nola, Avella, Avellino e Benevento. Quasi sicuramente Mugnano ebbe anche unera Sannitica. Esistono, poi, incontestabili evidenze di una Villa Caesarana, di epoca romana, che sorgeva sullaltura del Morricone, sul sito che poi sarebbe stato utilizzato per la costruzione della chiesa dei SS. Pietro e Paolo, prima, e del Cenobio di San Pietro a Cesarano, poi. Secondo quanto tramandano antichi Studiosi, durante i lavori di costruzione di questo monastero (1641) furono rinvenute alcune tubature in piombo che dovevano far parte, evidentemente, dellimpianto termale della villa gentilizia. Nel corso degli stessi lavori sarebbe stata rinvenuta anche una statua in marmo, raffigurante un vitello, prontamente distrutta perch ritenuta leffige di un idolo pagano. Fu ritrovato anche un bassorilievo rappresentante il prosperoso seno delle dea Cerere e i numerosi serpenti che lo circondavano.
Mugnano del Cardinale

60

LEsagono

Pontem Mianum - Camillanum - Rione Archi - Pupianum

Nel 1749, dallo stesso sito archeologico emersero altre importanti tracce dellantica Villa romana. Nel giardino del convento furono rinvenuti un mosaico e alcune fondamenta di mura. Ci si accorse, inoltre, che i pilastri laterizi che reggevano le volte dellantichissima chiesa dei SS. Pietro e Paolo (risalente al VI secolo d.C.) altro non erano che i resti dellantica Villa Caesarana.

S. Pietro a Cesarano

Infine, antiche ed autorevoli fonti documentarie assicurano che, a Mugnano del Cardinale, siano stati : ... in ogni tempo scoverti e poi distrutti per ignavia o ignoranza, sepolcri laterizi, con entro scheletri e monete e vasi fittili e idoletti e fibule e anelli, e tanti altri oggetti di non dubbia antichit osca, etrusca, greca e romana. Viene comunemente accettata la tesi che lattuale Mugnano del Cardinale derivi dalla confluenza di pi nuclei abitati, di origine ed et diverse: Litto, rione Cardinale, rione Archi, Pontem Mianum (o Pontem Mignanum) e Camillanum. Questultimo nucleo abitato si trovava tra lattuale Mugnano del Cardinale e il bosco di Arciano (zona della Circumvallazione o Via San Silvestro). Di esso fatta menzione in un privilegio di Papa Urbano IV del 1264 (cfr. capitolo su Quadrelle). Ponte Miano era posto oltre il cimitero del paese, andando verso Monteforte, nella zona della prima grande curva (o ponte e vascio), dallaltra parte del vallone della Difesa. Esso, in antico, costituiva il confine tra i possedimenti di Avella e quelli del santuario di Cibele (nda. futura Montevergine) e, nel medioevo, tra il feudo avellano e quello di Monteforte. Sembra che da qui, nei primi anni del 1200, quaranta famiglie si trasferissero a Mugnano (il cui nucleo primitivo probabilmente gi esisteva). Tra Pontem Mianum e rione Archi, doveva esistere un altro piccolo agglomerato detto Pucciano (Pupianum). Esso era situato nella zona dellodierno cimitero, 61
Mugnano del Cardinale

Le origini

Benedetta Napolitano

fatto costruire nel 1856. Il rione Archi che tanto ha fatto discutere (e, inspiegabilmente, finanche litigare) gli Storici locali, deve presumibilmente il suo nome al fatto che si trova su una piccola salita (Arx = altura). La prima notizia documentata (pergamena n. 219 dell Archivio di Montevergine) dellesistenza di Mugnano del Cardinale, risale al 1135. Altre pergamene, di Pontem Mianum epoche diverse -conservate nel medesimo Monastero Verginiano- sembrano far riferimento a Mugnano del Cardinale, definendolo Fundum mammulleianum. Litto e Ponte Mignano (o Ponte Miano) furono di propriet di Riccardo I Scillato, sotto lalta signoria del feudatario di Monteforte, perlomeno dal 1272. Nel 1312 il feudo fu ceduto allAbbazia di Montevergine in cambio di altre terre che i monaci possedevano a San Marzano (San Mauro). Per la precisione lo scambio avvenne con San Mauro e i molini di Nocera. Questa permuta fu voluta dal monastero di Montevergine per gestire direttamente le lucrose entrate delle taverne, delle bettole e dei luoghi di ristoro posti lungo la strada che passava per Mugnano e Monteforte, e lungo quella che passava per il Litto, che -dopo nove miglia di sentiero tra i boschigiungeva sino a Montevergine. Nicol Orsini, conte di Nola, ottenne in fitto le terre di Litto, Pontemiano e Quadrelle, ed alla fine del trecento le incorpor nella baronia di Avella, unitamente a Monteforte. Le sorti di Mugnano, frattanto organizzato a Universitas (ndr. una sorta di comune), si intrecciano con quelle di Raimondo Orsini, marito di Isabella Caracciolo ed alleato di Marino della Leonessa in una guerra alla Bada di Montevergine. Il Papa Martino V scomunic gli usurpatori e fece restituire tutti i possedimenti alla Bada. Allora Mugnano, chiamato Mugnano di Montevergine, divenne un feudo dellAbbazia di Montevergine e fu indicato nei documenti con la dicitura: homines casalis Mugnani. Nel quattrocento, lAbate feudatario Palamides lo cedette al Cardinale Ugone Lusignano, cognato della regina Giovanna II, e Mugnano entr a far parte della Commenda di Montevergine. La Commenda era un istituto ecclesiastico grazie al quale una chiesa o un beneficio privi di titolare venivano affidati, raccomandati, ad un importante personaggio.
Mugnano del Cardinale

62

LEsagono

Procaccia - San Gennaro

Il Cardinale Commendatario governava Mugnano tramite i suoi delegati, monaci anchessi, e Giovanni dAragona commendatario tra il 1466 e il 1485, figlio del re Ferdinando DAragona, fece costruire il palazzo del Cardinale. Il centro abitato assunse, cos, il nome di Mugnano del Cardinale. Successivamente il palazzo cardinalizio venne trasformato in una grande foresteria, denominata il Procaccia. (In tempi a noi pi vicini esso fu utilizzato, prima come deposito di carbone e, poi, come sala cinematografica, denominata Cinema Partenio).

Procaccia

Storici dellepoca narrano che, prima che fosse costruita la Via Regia delle Puglie, qui (davanti al Procaccia) terminava la strada rotabile in piano, e cominciava la mulattiera, che, ripida e sassosa, ma confortata da svariati spettacoli naturali e bellissimi paesaggi, si inerpicava su per le balze e per le forre del celebre Partenio. Qui si lasciava la vettura per la cavalcatura, e viceversa. Di qui ...nel verno del 1497 (pass) una nobile schiera di Cavalieri napoletani, per venire incontro e scortare il cardinale Alessandro Carafa, arcivescovo di Napoli, il quale reduce dal Santuario (di Montevergine), recava seco le preziose reliquie di San Gennaro, guadagnate a quei monaci riluttanti. Era il 13 gennaio, e nel rigido e sereno meriggio invernale fu visto dai monti di Mugnano, bianchi di neve, discendere (per la mulattiera) in lungo ordine 63
Mugnano del Cardinale

San Pietro a Cesarano

Benedetta Napolitano

serpeggiante il sontuoso corteo. La notte del 13 gennaio del 1497, le sacre spoglie di San Gennaro, sostarono nel menzionato palazzo dAragona del rione Cardinale. Nel 1511 la commenda di Montevergine pass alla Casa dellAnnunziata di Napoli (A.G.P., Ave Grazia Plena) per circa 300 ducati. Nel 1641 -come gi accennato- venne fondato (dal prete missionario Michele Trabucco) il Cenobio di San Pietro a Cesarano, dei Padri Pii Operai. Questo Istituto esercit una funzione altamente morale sulle popolazioni di queste contrade, tra il Seicento ed il Settecento, quando epidemie e carestie funestavano queste terre. Lapertura della Via Regia delle Puglie (1757), costitu un decisivo fattore di crescita economica per Mugnano del Cardinale, che divenne un importante crocevia commerciale tra le Puglie e Napoli. Da Mugnano venivano esportati i salumi in Puglia e da qui giungevano formaggi, olio e bovini. Risalgono a quellepoca i primissimi salumifici artigianali, mentre per le prime vere industrie bisogner aspettare i primi del Novecento. Altre attivit di una certa importanza erano, come nei paesi limitrofi, la sericoltura (allevamento del baco da seta), la coltivazione della canapa da fibra, lallevamento del bestiame e lo sfruttamento dei boschi per legnami, carbone e castagne. Nel Palazzo dAragona (o del Cardinale) venne istituito un ufficio postale e una delle pi importanti barriere daziali del Regno, che raccoglieva dazi, tasse e balzelli di tutte le provincie dellentroterra. Perci, tale palazzo venne da quel momento chiamato del Procaccia. Bettole, osterie, industrie e attivit di ogni tipo sorsero lungo limportante arteria stradale e molte case gentilizie furono costruite in quellepoca di vero e proprio boom economico. Nel 1799 al passo del Gaudo (tra Mugnano e Monteforte) e al ponticello del rione Cardinale si svolse unimportante e cruenta battaglia tra giacobini repubblicani e sanfedisti realisti, di cui opportuno dare qualche cenno.
Mugnano del Cardinale

64

LEsagono

1799: scontro tra Giacobini e Sanfedisti

Nel convento di San Pietro a Cesarano era stato confinato, fin dal 1793, il sacerdote calabrese Don Antonio Jerocades (uno dei maggiori esponenti del movimento massonico e giacobino meridionale), che con il suo indiscutibile carisma aveva raccolto proseliti in tutti i paesi della valle. Quando, il 23 gennaio 1799, in seguito agli eventi della Rivoluzione Francese, lesercito Francese entr a Napoli e vi proclam la Repubblica, i patrioti mugnanesi, guidati da Jerocades, furono i primi in Irpinia ad istituire il Municipio repubblicano e le milizie civiche, e a piantare (nel rione Archi) lAlbero della Libert (simbolo della repubblica partenopea). Come sempre succede nelle rivoluzioni, vi furono anche violenze e saccheggi incontrollati. Nel nostro mandamento erano presenti, comunque, anche numerosi realisti filoborbonici. Tra questi opportuno menzionare Michele Mario Bisesti di Mugnano del Cardinale; Pietro Foglia di Baiano; i sacerdoti Michele dAcierno e Biagio Cassese (a Sirignano) e don Saverio Bisesti (del Cardinale), che, segretamente, si preparavano alla restaurazione della monarchia. Avvenne che il 7 maggio i francesi ritirarono da Napoli gran parte delle loro truppe per mandarle al Nord a soccorrere i soldati impegnati contro gli austrorussi, abbandonando la repubblica partenopea (mai richiesta n eletta dal popolo). Vi furono insurrezioni un po dovunque, spesso, soffocate nel sangue. Il generale repubblicano Agamennone Span (il giorno 20 o 21 maggio) pass una prima volta per Mugnano (ove venne accolto con grandi onori) per raggiungere le Puglie e ricongiungersi con la colonna del generale Federici. Ma, giunto ad Avellino, ebbe notizia che Foggia era stata presa dallesercito sanfedista del cardinale Ruffo, perci decise di ritornare a Napoli. La notizia della sconfitta dei Repubblicani a Foggia, giunta a Mugnano la sera del 27 Via Casa Canonico. 1918. maggio, mise in azione tutti i 65
Mugnano del Cardinale

Il Santuario di Santa Filomena

Benedetta Napolitano

reazionari filoborbonici, che discesero armati a Sirignano, Avella, Baiano, Sirignano, Sperone (allora ancora casale di Avella), dando una caccia spietata ai repubblicani e abbattendo ovunque lAlbero della Libert per sostituirlo con la Croce della Santa Fede. La plebe tutta e gran parte dei repubblicani si affrettarono a cambiare bandiera e a ridiventare filoborbonici. Il giorno seguente (28 maggio), il generale Span, ignaro di quanto accaduto, ritorn verso Mugnano ma fu attaccato allaltezza del Maisone e sub ingenti perdite. Riusc ad entrare a Mugnano e ad operare una rappresaglia. Ma una moltitudine di profughi proveniente da Montoro, Sanseverino e Mercogliano, giunse in soccorso ai Mugnanesi e li riforn di armi e munizioni. Costoro si riorganizzarono e scacciarono i repubblicani di Span. Inoltre, una parte di essi (raggiunti dai realisti di Baiano e di Sirignano) si andarono ad appostare sul ponticello del Cardinale e qui prepararono unaltra micidiale imboscata ai giacobini. Rione Cardinale Secondo le fonti storiche, la battaglia primi del 900 dur circa cinque ore e non meno di cinquecento uomini rimasero sul campo, numerosi furono anche i feriti. Il generale Span riusc, travestito, a mettersi in salvo ma la colonna campana da lui comandata, composta da circa ottocento soldati, era stata completamente annientata. Nel combattimento si distinse, tra i realisti, il mugnanese Camillo Speltra. Non tutti i mugnanesi cambiarono bandiera. Si tramanda, infatti, che quando il 10 giugno giunse, diretto a Napoli, il cardinale Ruffo, un certo Antonio Napolitano, di indubbia fede repubblicana, dallalto della sua abitazione allaltezza del ponte Figlioline (nel rione Archi), ebbe laudacia di sparare un colpo di schioppo in direzione del menzionato cardinale, senza per colpirlo, e di riuscire a fuggire verso il bosco di Arciano, per riapparire solo nel 1806, quando ritornarono i francesi. Famosissimo il Santuario di Santa Filomena, la cui storia inizia alla fine del secolo XVI, quando la comunit mugnanese, con il ricavato del taglio della selva demaniale delle Vallicelle, diede inizio alla costruzione della chiesa di Maria Santissima
Mugnano del Cardinale

66

LEsagono

Santa Filomena

delle Grazie che, circa due secoli dopo, sarebbe divenuta il Santuario della giovane Martire, onorata e venerata in tutto il mondo. In origine, ledificio religioso aveva un solo bellissimo campanile, posto sul lato est. Alto pi di 58 metri, a terrazze quadrate fino a circa la met dellaltezza, la parte superiore di forma ottagonale, terminante con una cupoletta a pera, portante in cima una palla di bronzo dorato, a sua volta sormontata da una banderuola e dalla croce. Il 30 maggio 1673 il campanile fu danneggiato gravemente da un fulmine, ma fu prontamente ricostruito. Ma ci che non riuscirono a fare gli eventi naturali (come spesso accaduto nella storia di Mugnano e dellintero mandamento) lo fecero gli uomini. Infatti, tra il 1850 e il 1860, per volere del marchese dAvalos, la chiesa della Madonna delle Grazie fu restaurata e il bellissimo campanile fu abbattuto non per essere ricostruito comera, ma per essere sostituito dalle due, modestissime, torri campanarie che ancora oggi si vedono. Il 25 maggio 1802, durante gli scavi nelle catacombe di Priscilla, a Roma, fu rinvenuto il corpo di una giovanissima martire, di circa dodici o tredici anni: Santa Filomena. Don Francesco De Lucia (1772-1847), sacerdote pio e colto di Mugnano, trovandosi a Roma l8 luglio 1805, chiese e (grazie alla mediazione del suo amico Mons. Bartolomeo De Cesare, Vescovo di Potenza), ottenne, dal Papa Pio IX, il corpo della Santa bambina. Il 10 agosto 1805 le reliquie della Santa fecero il loro ingresso trionfale e miracoloso nella citt di Mugnano del Cardinale. Le cronache raccontano che ...allarrivo delle Sacre reliquie, al Cardinale di Mugnano, un avvenimento straordinario sconvolse lentusiasmo della folla: un vento impetuoso si scaten allimprovviso per placarsi di colpo quando il pio sacerdote Don Francesco De Lucia esort la folla a non aver paura perch si trattava del vano tentativo delle forze del male che tentavano, inutilmente, di ostacolare larrivo della Santa. Con la meraviglia di tutti, le candele ardenti davanti allurna della Martire non furono spente dal forte vento. Numerosi altri miracoli, verificatisi successivamente, contribuirono alla repentina diffusione del culto della Maria Cristina di Savoia Santa in tutto il mondo. 67
Mugnano del Cardinale

Maria Cristina di Savoia - Papa Pio IX - Post-terremoto del 1980 Benedetta Napolitano

Giunsero a Mugnano, per adorare la Santa, vescovi, arcivescovi e, il 7 novembre 1849, lo stesso Pontefice Pio IX, per essere stato guarito da una grave malattia. Vi vennero, inoltre, limperatrice del Brasile Maria Teresa; la regina Maria Isabella moglie di Francesco I; la regina di Francia Amalia Borbone moglie di Luigi Filippo; la regina Maria Cristina di Sardegna vedova di Carlo Felice, linfante di Spagna; il re Ferdinando II e la sua prima moglie Maria Cristina di Savoia (poi diventata beata), che volle farvi costruire uneducandato. Grazie alla devozione per Santa Filomena, Mugnano fu citato da alcuni grandi scrittori come Alessandro Dumas e Marino Moretti (la cui madre, di nome Filomena, era devota della giovane Martire). Nel 1838 venne costruito lo stradone, in terra battuta. Nel 1847 il re delle Due Sicilie, Ferdinando II, devotissimo di Santa Filomena (si narra che venne a Mugnano non meno di una settantina di volte) fece allargare e pavimentare questo grande viale, abbellendolo da due filari di alberi di tiglio. Fu allargata la piazza, che allepoca era occupata da rurali casamenti e fu costruito un imponente edificio che ospit per alcuni anni le suore della Carit (e che poi divenne Palazzo Rega). Questo edificio occupava langolo formato dal lato est della parte alta dello stradone e dal lato sud della piazza. Il 7 novembre1849, il papa Pio IX, da un balcone di questo edificio benedisse la folla acclamante. L11 gennaio 1853, sorse, attiguo al Santuario, il maestoso edificio a tre piani che poi ospit lIstituto Maria Cristina di Savoia (e, negli anni 70 del XX secolo, il Liceo Scientifico P.S. Mancini, sezione distaccata di Avellino). Le suore della Carit vi si trasferirono immediatamente, abbandonando il vecchio edificio che, verso il 1870, fu acquistato con tenue pecunia dal Senatore Giuseppe Rega. Questultimo edificio avrebbe poi avuto una lenta decadenza, fino ad essere completamente distrutto dagli eventi postsismici del terremoto del 1980.
Palazzo Rega

Mugnano del Cardinale

68

LEsagono

Un prodotto da valorizzare: il salame tipo Napoli

Il salame di Mugnano
A Mugnano del Cardinale si producono salumi da tempo immemorabile, quantomeno fin dallepoca romana. E risaputo, infatti, che i Romani (che colonizzarono anche questo territorio) conoscevano bene le tecniche di conservazione delle carni tramite essiccamento, salagione e affumicamento. In passato, si producevano salumi, a livello casalingo, in tutti i paesi del mandamento. Antichi Cronisti ci informano di un fiorente commercio di salumi mugnanesi con le lontane Puglie, gi nel corso del XVI secolo. I primi veri e propri salumifici sorsero, per, solo agli inizi del XX secolo, a Quadrelle. Mugnano del Cardinale divenne lindiscussa patria dei salumi nostrani solo nel corso del secondo dopoguerra. Vi operano, attualmente, circa una dozzina di aziende a carattere prevalentemente artigianale. Parte di esse stanno tentando, con gli auspici dellamministrazione comunale, di riunirsi in un consorzio che possa tutelare la Logo del Consorzio tipicit del prodotto, favorire la realizzazione di impianti di dimensioni pi adeguate alle mutate esigenze produttive e mettere in atto tutte le politiche (economiche e di marketing) necessarie per dare un nuovo impulso a questo importante settore produttivo. Si stima che il fatturato annuo del comparto si aggiri attorno agli 80 miliardi di vecchie lire (circa 40 milioni di euro). Nel comprensorio non esiste una suinicoltura locale, per cui la materia prima deve essere acquistata altrove. Alcuni salumifici adoperano ancora carne fresca, altri solo mezzene congelate. Attualmente, vengono lavorate circa 3000 tonnellate di carne suina, acquistata al nord Italia o allestero (Francia, Germania, Austria, Inghilterra e Spagna), al prezzo di circa 2,50 euro al chilogrammo. I prezzi di vendita allingrosso si aggirano attorno ai 4,50 euro al chilo mentre quelli al consumo variano tra i 7,50 e i 9,50 euro al chilo. Qualche salumificio adopera, nellimpasto, anche carne proveniente da tagli pi nobili (coscia e longissimus dorsi) che solitamente vengono utilizzati per la produzione, rispettivamente, di prosciutto e di coppa (o capocollo). In questo caso, la consistenza del salame si avaffumicamento vicina a quella della soppressata. 69
Mugnano del Cardinale

La tipicit del salame di Mugnano del Cardinale

Benedetta Napolitano

Normalmente, per linsaccaggio e suppressatare viene utilizzato lintestino tenue di bovino (raramente quello di suino), in nessun caso vengono adoperati budelli artificiali. A Mugnano del Cardinale si producono vari tipi di salumi (pancetta, salsicce, capicolli, salami, soppressate e prosciutti) ma il prodotto principe , senzaltro, il cosiddetto salame di Mugnano o salame tipo Napoli, dalle particolari caratteristiche organolettiche e gastronomiche. La tipicit del prodotto deriva dai tagli di carne impiegati, dalla specificit delle formulazioni (rapporto tagli magri/tagli adiposi, quantit di cloruro di sodio, nitrato di potassio o salnitro, spezie, tipo e quantit di zuccheri), dallimpiego di microrganismi autoctoni (lattobacilli, micrococcae, lieviti, enterobatteri non patogeni), dalla tradizionale tecnica di asciugamento con fumo e, soprattutto, dalla particolare lavorazione artigianale, eseguita dalle espertissime insaccatrici o suppressatare.
A proposito della presunta loquacit delle simpaticissime suppressatare, i mugnanesi hanno coniato il proverbio: E suppressatare: comme taglian e suppressat, accuss taglian pure e cristian che -tradotto lliberamente- sta a significare: cos come tagliano i salami, cos tagliano (con la loro affilatisima lingua) pure le persone. Un possibile sviluppo del comparto salumiero potrebbe essere quello di creare ex novo altri prodotti che, in futuro, diventeranno tipici. Ad esempio, si potrebbero allevare razze suine pi rustiche (come la Casertana, la Cinta Senese, la Siciliana ed altre), che possano pascolare e grufolare liberamente, castagne, radici ed altro. Con la macellazione di tali animali si possono ottenere prodotti dal gusto particolare che possono trovare una loro collocazione negli agriturismi e in una cucina rurale orientata al soddisfacimento di un turismo di nicchia. Il tradizionale salame di Mugnano, pur con lindispensabile adeguamento delle strutture, dovrebbe continuare ad essere prodotto e stagionato in maniera tradizionale: modernizzare troppo la produzione potrebbe condurre alla perdita delle caratteristiche organolettiche del prodotto.. (dagli appunti del dott. agr. Pellegrino De Rosa)

quann saccirev o puorco

Mugnano del Cardinale

70

LEsagono

La sfilata dei battenti

Il folklore mugnanese
La tradizionale sfilata de E Va t t i e n t i e S a n t a Filumena, risalente al 1934, rappresenta la manifestazione folkloristica pi importante di Mugnano del Cardinale. I battenti sono vestiti con maglia e pantaloni bianchi adornati con una fascia rossa (vedi foto) e rigorosamente a piedi scalzi. Ma, contrariamente a quanto farebbe pensare il nome, i battenti nostrani (intelligentemente) non si flagellano affatto, come invece fanno i flagellanti o e fuienti di altre zone del meridione dItalia. Le manifestazioni di Mugnano del Cardinale (e degli altri centri del mandamento) sono molto pi solari e allegre. Ciononostante, levento molto sentito dai fedeli. Questa tradizionale marcia si tiene la seconda domenica di agosto, in occasione dei festeggiamenti di Santa Filomena (amatissima dai mugnanesi, almeno quanto la Madonna delle Grazie, che la Patrona di Mugnano del Cardinale). Si tratta di un miscuglio tra sacro e profano che, talora, assume interessanti aspetti sociologici e antropologici che andrebbero meglio analizzati.

71

Mugnano del Cardinale

I battenti: la prima squadra

Benedetta Napolitano

Prendono parte a questa manifestazione persone di ogni et e di ogni estrazione sociale; lo studente, loperaio, il politico, il collaboratore ecologico e anche qualche piccolo delinquente che mentre prepara unaltra malefattaspera, con questa performance atletico-religiosa di farsi perdonare di quelle precedenti. Vi partecipano anche alcuni vecchietti, che nei giorni normali si aiutano col bastone, ragazzi e ragazze nel pieno del loro vigore fisico e solo per qualche metro- minuscoli bambini, anche di pochi mesi- portati teneramente in braccio dai loro sudatissimi pap. Lo spettacolo veramente suggestivo. Un vero e proprio sciame di persone parte da Cimitile e -a piedi scalzi sullasfalto roventeavanza per chilometri, sotto il sole cocente e senza interrompere mai il passo, per giungere dopo circa tre ore di marcia al Santuario della Santa. A Mugnano vi sono due squadre di battenti. La prima squadra, pi numerosa, composta da quasi un migliaio di fedeli. Prima di giungere al Cardinale si unisce, in coda al corteo, la cosiddetta barca (un quadro di Santa Filomena posto su una piattaforma abbellita da colonne e nastri), portata a spalla da alcuni battenti (che, a differenza di tutti gli altri, indossano fasce azzurre). Quando i primi battenti giungono al ponticello del Cardinale, viene sparata una prima scarica di fuochi pirotecnici a cui fa seguito una seconda salva di colpi allorquando essi giungono ai piedi Santa Filomena dello scalone del Santuario. Qui i battenti si inginocchiano per alcuni minuti, in segno di devozione. Poi sempre in ginocchio- salgono lo scalone e strisciano fino allurna della Martire ove depongono dei ceri (alcuni dei quali di diMugnano del Cardinale

72

LEsagono

La Seconda squadra - Il gemellaggio con Altavilla Irpina

mensioni veramente ragguardevoli). A distanza di circa mezzora, giunge la seconda squadra composta da circa trecento battenti. La sfilata si conclude verso mezzogiorno e ad essa segue la celebrazione della Santa Messa. Gi in mattinata, verso le nove, erano giunti i battenti di San Pellegrino da Altavilla Irpina. E, dopo di loro, quelli di Bitonto (Bari). Negli ultimi anni, i battenti di Altavilla hanno arricchito la coreografia, portando sulle spalle -per la salita dello stradone- una piattaforma con sopra una ragazzina di dodici-tredici anni, che rappresenta Santa Filomena (la Santa Bambina). I battenti di Santa Filomena, a loro volta, ricambiano la visita a San Pellegrino, il 24 agosto. Ad Altavilla Irpina, entrano prima i battenti Mugnano del Cardinale, poi le due compagnie provenienti da Avella, seguite da quelle di Roccarainola, di Manocalzati, e, per ultima, da quella di Altavilla.

73

Mugnano del Cardinale

Il maio

Benedetta Napolitano

A Mugnano del Cardinale, come in tutti i paesi del mandamento, si perpetua anche la tradizione del maio. Il 10 gennaio, verso le sei mattina, i membri del Comitato per i festeggiamenti di Santa Filomena, partecipano alla Santa Messa e ricevono la benedizione del Rettore di Santa Filomena, don Giovanni Braschi, che uscito dal Santuario- benedice anche gli autocarri e le attrezzature. La colonna di automezzi viene scortata dalla banda musicale fino al rione Cardinale, dopodich si porta in montagna (localit Litto, Cerreta, Faitiello) per andare a caricare i mai, gi tagliati da qualche giorno. Normalmente, vengono abbattuti circa una decina di alberi. Essi non vengono innalzati, ma sono semplicemente venduti per contribuire alle spese per la Festa di Santa Filomena. Dopo aver caricato i mai sui camion, gli uomini si trattengono in montagna per partecipare ad un luculliano banchetto a base degli ottimi e tipici salumi locali, innaffiati con generose quantit di buon vino. Verso le cinque o le sei del pomeriggio, preceduta dal crepito di tracchi, rauti e castagnole, e dallo strombazzare dei clacson, giunge in paese la colonna di camion carichi di alberi che sporgono oltre la motrice, come canne di grossi cannoni. Sul primo automezzo del corteo, generalmente, prendono posto alcuni musicanti, muniti di tamburi, trombe e piatti che intonano ritmiche canzoni napoletane. Gli altri uomini, armati di sacchi a tracolla pieni di trik-trak, lanciano fuochi artificiali tuttintorno. Dopo aver attraversato la Nazionale, la chiassosa e festante colonna di automezzi imbocca lo stradone e giunge nella piazza adiacente al Santuario, dove gli imponenti alberi vengono scaricati per poi essere venduti. In certi anni (vedi foto sopra), alcuni mai vengono tirati a forza di braccia, per brevi tratti.
Mugnano del Cardinale

74

LEsagono

O fucarone - Ges e Maria - Arte sotto le Stelle

Il fucarone a Mugnano del Cardinale viene acceso il 13 dicembre, giorno di Santa Lucia. Per quanto riguarda le festivit religiose dobbligo citare quantomeno la festa di SS. Maria delle Grazie, la Patrona di Mugnano. A questa Santa i mugnanesi sono cos legati da fare il possibile -da qualsiasi parte del mondo si trovino- per essere presenti a Mugnano nel giorno della celebrazione della festa (2 luglio). Una tradizione ancora viva quella delle scampagnate a Ges e Maria, una chiesetta del XV secolo, situata in collina. Il marted in Albis intere famigliole o comitive di giovani, partecipano prima al rito religioso che si celebra nella graziosa chiesetta da poco restaurata e poi si trattengono a prender parte a tavolate nelle campagne circostanti o a romantiche ed ecologiche escursioni alla pineta di San Pietro o, pi sopra, allacqua del Litto. Negli ultimi anni, al rione Cardinale, sta prendendo piede la simpatica usanza di allestire -nel periodo natalizio- un grazioso presepe. Tutti si augurano che questa bella iniziativa possa prendere piede e perpetuarsi di anno in anno, migliorando sempre di pi. In occasione del Carnevale anche a Mugnano si svolge la farsesca celebrazione del funerale del Re Carnevale. A Mugnano del Cardinale questa tradizione risale agli inizi del secolo, quando le soppressatare, le operaie addette alla lavorazione dei salumi, la organizzavano come una sorta di rito propiziatorio di un futuro anno felice e laborioso. Esse partecipavano al rito vestite di nero, piangendo, urlando e disperandosi naturalmente per finta- per la morte di Carnevale. Negli ultimi anni, purtroppo, anche questa tradizione andata affievolendosi, come accade un p ovunque nel mandamento, a beneficio delle tante sagre e delle feste dimportazione (del tipo di Halloween, di origine celtica-statunitense, che ricorre la notte tra il 31 ottobre e il primo novembre).
Da menzionare la rassegna culturale Arte Sotto le Stelle, che si svolge nei primi giorni di settembre, nel caratteristico quartiere di Cordarura. Questa suggestiva manifestazione, la prima del genere nel mandamento di Baiano, nata nel 1997, per volont dellAssessore Prof. Stefano DApolito e del Sindaco Prof. Giovanni Colucci. Durante i cinque giorni della manifestazione si tengono convegni, rappresentazioni teatrali, mostre di opere darte, presentazioni di libri e incontri con importanti personaggi nazionali ed internazionali (ad esempio il regista Ettore Scola, nel 2000, e il presidente Biagio Agnes, nel 2001), grazie anche alla fattiva collaborazione del collega giornalista dott. Enzo Pecorelli. Uno degli scopi di questa importante manifestazione il recupero del centro storico e delle tradizioni delle nostre terre.

75

Mugnano del Cardinale

Il brigante Turri Turri

Benedetta Napolitano

Il palazzo del Cognulo

Turri Turri Angelo Bianco (Alias Turri Turri). ... Era stato condannato per un omicidio a scopo di furto, aveva passato una decina di anni in carcere, ed era stato liberato nel gennaio 1859. Era ancora sottoposto a sorveglianza speciale con obbligo di presentarsi ogni giorno al capo-urbano di Mugnano; ma Turri Turri profitt dei disordini successivi allimpresa garibaldina, e si dette alla macchia con altri mugnanesi. [...] Turri Turri, che dai Borbone non aveva avuto che processo e carcere, improvvisatosi campione borbonico, andava in giro impugnando una bandiera borbonica. Riusc a formare una banda di circa trecento briganti. In un giorno dellagosto del 1862 ferm una carrozza proveniente da Avellino, e chiese ai quattro viaggiatori atterriti: viva chi? Uno di essi rispose viva Vittorio Emanuele. Turru Turri spian la carabina e lo fulmin. Gli altri tre, vista la fine del loro compagno di viaggio, si affrettarono a rispondere viva Francesco. Le milizie mandamentali di Baiano ed una compagnia di bersaglieri si misero alla caccia dei briganti su per le montagne mugnanesi. Il generale Pinelli che comandava la divisione di Nola ed era rigido esecutore degli ordini di Cialdini, quando perlustrava la via delle Puglie, se incontrava una persona che non sapesse l per l dare ragione della sua presenza, non esitava a comandare ai suoi soldati: Fusil, fusil. La popolazione era stretta tra i briganti e la legge marziale. Un brigante della banda di Turri Turri, incontrata una ragazza mugnanese che era stata fidanzata e che lo aveva lasciato, non esit a puntare contro di lei il suo schioppo e la stese a terra. Turri Turri aveva un macabro capriccio, bruciare i baffi o la barba delle persone, perch barba e pizzo potevano significare simpatia per Vittorio Emanuele. Altra sua impresa: simbatt nella banda musicale di Avella; i bandisti avevano ununiforme con berretto rosso; il rosso garibaldino faceva infuriare Turri Turri, che sequestr berretti e strumenti. Poi la schiera si assottigli ma il capo rap Filomena di Pietro, una bella massarotta mugnanese, la port in montagna e la possedette, sotto gli occhi dei suoi fratelli, Raffaele e Filomeno della Mammana. La donna e i suoi fratelli per vendicare loltraggio uccisero Turri Turri; gli segarono la testa mentre dormiva. Era la fine di dicembre 1862. I superstiti furono catturati e passati per le armi un mese dopo, il 31 gennaio 1863. (La presente nota stata tratta da: G. De Matteo Brigantaggio e Risorgimento - legittimisti e briganti tra i Borbone e i Savoia A. Guida Editore, Napoli.2000) Mugnano del Cardinale

76

LEsagono

Dati essenziali

MUGNANO del Cardinale


Abitanti: 4.910 Mugnanesi (al 21.10.2001) Superficie territoriale: 1.214 ettari Altitudine sul livello del mare (min/max): 223/1.406 m Altitudine sito casa comunale: 280 m slm Scuole:
Scuole Materne (statali e non statali) Scuole Elementari (statali) Scuole Medie Inferiori (statali)

Strutture sportive:
Stadio Comunale, Campo da Tennis/calcetto. Palestre: scuole medie e scuole elementari.

Informazione e cultura:
Biblioteca Comunale Centro Informagiovani

Cittadini illustri:
* Rev. don Paolo DIppolito, Superiore della congregazione dei Preti Missionari di San Pietro a Cesarano, nel 1697; autore della biografia del rev. don Michele Trabucco; * Senatore Giuseppe Rega, deputato e senatore del Regno, contribu allo sterminio del brigantaggio nel nolano. Dopo il 1860 fece istituire a Mugnano una Scuola Normale femminile, annessa al Santuario di Santa Filomena; * Don Francesco De Lucia, primo rettore del Santuario di Santa Filomena, port a Mugnano le sacre spoglie della Santa bambina; * Avv. Camillo Renzi, Commissario di Pubblica Sicurezza ad Aosta, Comandante delle guardie del corpo di Sua Altezza Reale Maria Jos. Patriota e partigiano; * Michele Criscuolo (1881-1911), pittore.

Attivit economiche:
Produzione salumi tipici (salame di Mugnano, salame tipo Napoli); Industrie trasformazione alimentari (funghi, pomodori, ciliege, albicocche, sottaceti); Industrie boschive (produzione legna da ardere); Industria tessile; Agricoltura: olivicoltura e corilicoltura; Allevamenti ovini; Per altri dati demografici e statistici Turismo: ristorazione; consultare il capitolo aspetti demografici Terziario: piccoli negozi e supermercato; Artigianato: produzione di ceramiche; Edilizia.
Monete fatte coniare nel 1869, dal mugnanese don Santo Bellusci. Valevano una giornata di lavoro.

Varie:
-Casa per anziani

La foto ci stata fornita dal -Festival prof. Giovanni Colucci, canoro voci nuove Sindaco di Mugnano del Cardinale.

77

Mugnano del Cardinale

Itinerari naturalistici

Benedetta Napolitano

Mugnano: risorse ambientali


Faio della Toppa Grazioso bosco di faggi di circa 50 ettari situato a 1150 m slm. E raggiungibile tramite la strada del Litto, a 12 Km dallabitato. Cerreta Di circa 40 ettari, situato nella localit omonima a 650 m slm. Si accede dalla strada del Litto, a 9 Km dallabitato. Morricone Bosco di ceduo di castagno di circa 30 ettari di estensione. Vi si accede dalla strada del Litto, a circa 4 km dal centro abitato. Faitiello Bosco di ceduo castanile di circa 20 ettari. In prossimit della fossa. Vi si accede dalla strada del Litto. Difesa Ceduo castanile, posto alla quota di circa 500 metri slm, di circa 25 ettari di superficie. Anche questo bosco si trova in prossimit della fossa. Pineta di San Pietro Situata in localit San Pietro-Vallicelle-Morricone, ricca di conifere. Estesa circa 20 ettari. E raggiungibile tramite la strada del Litto, a 1,5 Km dallabitato. Fontana del Litto e faggeta Ottima meta per scampagnate. Nei boschi circostanti, facendosi spazio tra le verdi felci, possibile trovare castagne, porcini e fragole. Lacqua leggerissima e fresca. Qui, ad appena 700m slm, si trovano robusti alberi di faggio, relittuali, testimoni di un clima pi freddo di quello attuale. Valle fredda Unestesa faggeta e unacqua buonissima e freddissima. Fossa Formazione carsica originatasi, presumibilmente, dal crollo della volta di una grotta sotterranea a sua volta originatasi da una dolina. Purtroppo, oggigiorno, essa parzialmente riempita da ogni sorta di rifiuti. Vedi foto a pag. 139.

Mugnano del Cardinale

78

LEsagono

Le origini del nome - Le prime citazioni

Quadrelle
Si ritiene che il paese di Quadrelle (cos come anche Sperone) sia coevo di Avella romana, in quanto costituiva una struttura finalizzata alla sua difesa. Il suo nome deriverebbe, infatti, come stato gi detto altrove, da Oppidum quadrellarum, dal nome di grossi giavellotti incendiari che, avvolti in stoppa e pece, venivano lanciati a mezzo di catapulte contro i fianchi degli elefanti. Secondo tale ipotesi, a Quadrelle doveva esistere una fucina per la forgiatura delle temibili armi sopra descritte. Secondo unaltra ipotesi il nome deriverebbe da un castello a forma quadrangolare, eretto dai Normanni sui resti dellantica fabbrica. Questa ipotesi sembra trovare conferma nelle quattro torri presenti nello stemma civico. Ma il castello in esso rappresentato potrebbe essere anche il vecchio Castello svevo del Litto, nellattuale territorio di Mugnano del Cardinale (di cui Quadrelle in epoca normanna, sec. XI d.C., era un casale). Il 26 ottobre del 1254, probabilmente, a Quadrelle sost il re Giardino Pagano. Prospetto e pianta. Manfredi di Svevia, reduce dallincontro di Ceprano con il Papa Innocenzo IV. Il nome di Quadrelle appare, per la prima volta, in un privilegio di Papa Urbano IV del 1264 (Mastrullo, Monte Vergine sacro;Napoli, 1663; pag.459) che testualmente recita: In Diocesi nolana, homines redditus quo habetis in Casali, quae Muniarum, Camillarum, Quadrellas et Siriniarum vulgariter nuncupantur... Successivamente, ritroviamo Quadrelle in un rogito del gennaio del 1282. Secondo alcuni Autori, nel 1297, il casale fu concesso da Carlo II DAngi a Tommaso Scillato, nobile salernitano cortigiano della Magna Curia. Secondo altri Studiosi, Quadrelle sarebbe gi stato in possesso di Riccardo I Scillato (almeno dal 1272) sotto lalta signoria del feudatario di Monteforte. Comunque sia, alla morte di Tommaso, il suffeudo di Quadrelle and al figlio Riccardo II, il quale nel 1312 (come abbiamo visto a proposito di Mugnano) cedette allAbbazia di Montevergine (distante solo nove miglia di sentiero monta79
Quadrelle

Da grancia a Comune

Benedetta Napolitano

no) Quadrelle e Mugnano (il Litto e Pontemiano), ricevendo in permuta altre terre che questa possedeva nella zona dellagro nocerino-sarnese. I monaci qui stabilirono una grancia (ovvero una costruzione in cui essi lavoravano e custodivano le derrate alimentari), probabilmente sul fabbricato sorto sullantica fucina di quadrlle. Fra i servizi feudali che si dovevano prestare ai monaci, i vassalli del Casale di Quadrelle avevano lobbligo di: consegnare il legnatico a settembre di ogni anno; di portare al monastero le pale che dovevano servire a raccogliere la neve, che poi veniva pigiata e trasformata in ghiaccio, conservato per i periodi estivi nelle fosse montane (nevane o neviere); di fornire i cerchi di legno per le botti ed i tinacci sia di Montevergine che del Loreto. LAbate di Montevergine rimase feudatario di Quadrelle fino al 1431, anno in cui i Cardinali Commendatari spogliarono lAbate dei suoi feudi e se ne impossessarono. Inizialmente, essi vivevano a Napoli, ma successivamente (al tempo del loro settimo rappresentante) si stabilirono al rione Cardinale, a Mugnano del Cardinale. Nel secolo XIV, sui ruderi della grancia (sorta, secondo alcuni Autori, su una torre dellipotetico castello Giardino Pagano. Esedra. normanno, da non confondere con il castello svevo del Litto) fu costruito un Palazzo Baronale (oggi di propriet della famiglia Pagano). Nel 1515 il feudo passa alla Santa Casa dellAnnunziata di Napoli, la quale invia a Quadrelle, col compito di amministrare i suoi beni, una casata fedele e blasonata alle sue dipendenze, concedendole in cambio titoli e terre. Nel 1599 fu edificata la Chiesa dellAnnunziata, dagli artistici altari, e un imponente acquedotto in muratura per lacqua potabile, in comune con Mugnano. E in questa fase che nella storia di Quadrelle compaiono le prime famiglie nobili residenti. Agli inizi del XVII sec., i Barile, nobile famiglia napoletana, acquistano in Quadrelle una casa con giardino da identificarsi con lantica sede di propriet abbaziale. Da sito agricolo legato a necessit produttive, il giardino comincia ad assumere il carattere di luogo di ornamenti e di delizie che conserva ed accresce con i successivi proprietari: D. Paolo Braccio, barone di Cutignano, D. Francesco Emanuele Pinto, principe di Ischitella e, dal 1773 a tuttoggi, la famiglia Pagano.
Quadrelle

80

LEsagono

Il giardino Pagano

Il palazzo, a pianta quadrata con cortile centrale nella originale edizione seicentesca, ha subto nel tempo notevoli trasformazioni tra cui la demolizione del volume sulla strada per la creazione di una piazzetta. Il giardino, pur non avendo ricevuto lordinaria manutenzione (al punto che oggi i manufatti architettonici mostrano un avanzato stato di degrado) ha per conservato gli elementi delloriginaria edizione: la geometria, le fontane, il confine murato, gran parte delle specie botaniche. Esso ha una estensione di 3500 mq frazionati in quattro riquadri e in un boschetto sul lato nord. Tre fontane in grotte ed edicole sono collocate in aderenza al muro di fondo; una quarta circolare allincrocio dei due viali mediani. Poggi e Quadrelle. Propriet Sebastiano Schettino. Ruota in pietra. sedili punteggiano, LAutrice durante il sopralluogo ai resti del mulino ad acqua. infine, le prospettive pi significative dei viali. Gli elementi architettonici sono realizzati con strutture in pietrame calcareo e tufaceo, rivestiti di intonaco e piastrelle maiolicate. Lapparato decorativo ottenuto mediante stucchi, frammenti di schiuma di lava, di alabastro, di corallo, di vetro, di conchiglie, tutti concorrenti a comporre figure e spartiti architettonici. Il patrimonio botanico oggi esistente comprende monumentali lecci plurisecolari accanto a bossi, mirti, lauri, pervinche, palme e alberi da frutta. Gli impianti idraulici, oggi del tutto inattivi, sono tuttavia presenti e potenzialmente efficienti per alcuni tratti. E presente un leccio plurisecolare gi esistente nel seicento. Il simbolismo nel giardino svelato da una piccola scultura marmorea. Essa raffigura un mascherone (poi trafugato) dalla cui bocca sgorgava acqua, inscritto in un ovale alla cui sommit appare la testa di un monaco incorniciata dal cappuccio del saio. Iconografia legata alloriginale propriet abbaziale del luogo. Nel 500 il passaggio a famiglie nobiliari porta alla rimozione del simbolismo religioso e alla sostituzione con figurazioni naturalistiche, astronomiche e demoniache. Il polo della morte riassunto visivamente dalla 81
Quadrelle

I primi fuochisti - I primi salumifici

Benedetta Napolitano

ricorrente figura del cipresso, ma il giardino anche frutteto, dunque elemento di vita; nel giardino, lacqua compone giochi e spazi di frescura per divenire poi una fonte per gli abitanti di Quadrelle. Unantica fonte, generata dal monte Campimma, ha alimentato dalle origini fino agli anni 30 le fontane del giardino. Nel cellaio del palazzo fino al 700 gli abitanti del paese attingevano lacqua, poi erogata da una fontana costruita nella piazzetta antistante dal principe di Ischitella. Singolare e densa di significati la tradizione popolare che assegna allacqua dellantica fonte virt terapeutiche, per cui la modesta fontanella evoca un rapporto ancestrale e simbolico con questa acqua, quando essa era elemento di gioco e di frescura, ma anche, in senso letterale, fonte di vita. Quadrelle stato, da sempre, terra di abilissimi artigiani pirotecnici. Gi in alcuni documenti del 1844, infatti, si legge che quelli che senza permesso traggono in aria folgori o altri fuochi artificiali saranno multati di 15 carlini e di due giorni di prigionia. Quadrelle, inoltre, la vera patria del salame nostrano. Proprio qui infatti, ancor prima di quelli pi famosi di Mugnano del Cardinale, sorsero i primissimi salumifici artigianali del nostro mandamento.

Mascherone, ora trafugato, una volta situato nel Giardino Pagano

anni 50
Cappella Fiordelisi e resti Chiesa di S. Giovanni Battista

1925. Piazzetta antistante il Palazzo Pagano

Quadrelle

82

LEsagono

Maio - fucarone - Vient e terra - Cumanna patr

Il folklore quadrellese
La manifestazione folkloristica pi importante di Quadrelle il maio di SantAntuono, SantAntonio Abate, il protettore degli animali e dei contadini. In questo giorno (il 17 gennaio), una dozzina di persone, autorizzate dal Comune, si portano nei boschi circostanti (Litto, Vallefredda) per tagliare alcuni grossi alberi. Vista la presenza, a Quadrelle, di due famiglie di abilissimi pirotecnici, ai partecipanti alla festa non mancano certo i botti di qualsiasi forma e grandezzza. E, considerata la presenza di alcuni importanti salumifici, di sicuro non mancano soppressate e salami. I mai giungono in paese verso le 17, trascinati da camion e da camionette per essere lasciati ncopp o ponte, lo spiazzo che copre il torrente Rio secco. I fusti non vengono innalzati ma sono semplicemente venduti per contribuire con il ricavato alle spese dei festeggiamenti. Esiste anche lusanza do fucarone, che viene preparato il giorno prima dai ragazzi che raccolgono la legna e le fascine, in paese e per le campagne. Tra le fiamme del grande fal vengono lanciate petardi, botte a muro e grosse cipolle esplosive.
I pi anziani narrano di un certo vient e terra (vento di terra), un personaggio un p sempliciotto e molto corpulento, che pare avesse delle capacit psicocinetiche. Quando questi si arrabbiava, cominciava a soffiare e a roteare vorticosamente le braccia fino a richiamare un fortissimo vento che sollevava le gonne delle donne e, a volte, gli faceva cadere dalla testa le conche di rame piene dacqua. Si racconta, inoltre, un episodio che sarebbe accaduto nella prima met del secolo scorso. Una giovane donna di Quadrelle diventava ogni giorno sempre pi triste e depressa perch gli mancava tantissimo il suo giovane marito, emigrato da alcuni anni in America. Nelle lettere che gli giungevano il marito la invitava a farsi forza; alla fine i loro sacrifici sarebbero serviti a migliorare la loro posizione economica: egli sarebbe tornato e avrebbero potuto, finalmente, acquistare un vascio (nda basso: piccola casa a piano terra) e un pezzetto di terra. Ma la donna voleva rivedere ad ogni costo il suo amato marito. Una persona del luogo, notando la sofferenza della giovane sposa, la avvicin e -dopo essersi fatta giurare di mantenere il segreto- gli propose uno stupefacente metodo per fargli rivedere il marito. Questa persona possedeva il libro cumanna padr (Comanda Padrone); un libro di magia bianca e di magia nera. Fecero il rito, recitarono le parole e, mentre le compagne di lavoro della giovane donna la vedevano lavorare ai salami (in uno dei primissimi salumifici casalinghi di Quadrelle), il suo corpo etereo, sul dorso di un caprone, giunse in un batter docchio in America, dal marito. Questi (visto anche il diverso fuso orario) stava dormendo profondamente. La donna lo tocc, lo accarezz, gli

83

Quadrelle

Quadrelle ieri ed oggi

Benedetta Napolitano

diede un calcio per farlo svegliare ma riusc solo a farlo muovere leggermente nel sonno. Delusa, ritorn indietro. Ancora pi amareggiata. Chiss quale fu il prezzo di questo servigio del demonio! Di certo, i pi vecchi raccontanno che -quando qualcuno gli chiedeva: ... mi racconti di come andasti in America sulla capra? la donna, ormai vecchia, mandava violentemente a quel paese il malcapitato che aveva osato ricordargli quel grave sbaglio di giovent.

Chiesa SS.ma Annunziata

Anni 70 Ponte dellAcquaserta

Ponte dellAcquaserta

Il maio tirato a forza di braccia Giardino Pagano

Acqua della fica

Quadrelle

84

LEsagono

Dati essenziali - Itinerari naturalistici

QUADRELLE
Abitanti: 1.574 Quadrellesi (al 21.10.2001) Superficie territoriale: 692 ettari Altitudine sul livello del mare (min/max): 270/1.368 m Altitudine sito casa comunale: 300 m slm Scuole:
Scuole Materne (statali e non statali) Scuole Elementari (statali)

Strutture sportive:
Stadio Comunale, Campo da Tennis/calcetto. Palestre: scuole elementari.

Informazione e cultura:
Biblioteca Comunale

Cittadini illustri:
* Andrea Mattis, fervente patriota, venne ucciso dalla banda di Turri Turri * rev. don Beniamino Masucci, insigne professore di latino e greco

Attivit economiche:
Produzione salumi tipici (salame tipo Napoli); Industrie trasformazione alimentari (ciliege, cioccolato); Industrie boschive (produzione legna da ardere); Agricoltura: olivicoltura e corilicoltura; Allevamenti ovini; Per altri dati demografici e statistici Terziario: piccoli negozi; consultare il capitolo aspetti demografici Artigianato: fabbriche di fuochi artificiali; Edilizia. E lunico paese del mandamento che non dispone di unedicola; Sede operativa della Comunit Montana Vallo di Lauro e Baianese; Sede del GAL (gruppo di azione locale); Sede volontari della Croce Rossa.

Varie:

Risorse ambientali
Travertone-Rocche Bosco di faggi di circa 25 ettari situato su un territorio scosceso ed irto, ideale per funghi. E raggiungibile tramite la strada panoramica di Sirignano. Vallicelle-Morricone Circa 10 ettari di conifere e latifoglie. A circa 450m slm. Vi si accede dalla strada del Litto di Mugnano del Cardinale. Vallefredda Bosco di castagni, aceri e cerri secolari. Estensione: circa 25 ettari. Ideale per campeggi e pic-nic. Vi si accede dalla strada del Litto. Chiaio Circa 4 ettari di conifere. Vi si accede dalla strada chiaio.

85

Quadrelle

Le origini del nome

Benedetta Napolitano

Sirignano
Sirignano situato allestremo lembo di Campimma, un colle che raggiunge i 673 m slm, alle falde dei monti di Avella. Nellantichit il territorio di Sirignano e i suoi sparuti abitanti gravitavano verosimilmente attorno allantica Avella e ne seguirono -presumibilmente- le vicende. Letimologia del toponimo Sirignano deriva, secondo lipotesi pi accreditata, da fundus Serenianus, ovvero, da una villa prediale appartenuta ad un nobile romano di nome Serenio. In alcune antiche pergamene conservate nellarchivio dellAbbazia di Montevergine, viene citato un fondo denominato Serrallinianum, da cui alcuni Studiosi farebbero discendere il nome di questo antico borgo. Ma non tutti concordano con tale ipotesi. Probabilmente, in antico, Sirignano era semplicemente uno dei tanti pagi (intesi come case rurali sparse)

Stemma in legno e stucco posto, un tempo, sulla facciata del Palazzo Caravita. La foto, presumibilmente scattata nel 1981, inedita. Essa potr contribuire alla riproduzione dei particolari araldici di cui si era persa memoria.

Sirignano

86

LEsagono

San Celiesto - I primi riferimenti storici

della valle del baianese (o, come altri preferiscono dire, della valle avellana). Successivamente, nel medioevo, segu le vicende storiche di Avella, di cui era un casale (frazione). Le prime notizie accertate su Sirignano risalgono al 1130 e si riferiscono alla donazione di un terreno da parte di un certo Angelo, detto Scambatus, al monastero di Montevergine. Altre notizie riguardano la tassazione della comunit sirignanese per limporto di otto once, allepoca della dominazione angioina. A quel tempo, Sirignano come tutti gli altri nuclei abitati, era situato pi in alto e nei pressi di una fonte dacqua. Secondo la tradizione, infatti, esso doveva trovarsi nella localit ancora oggi chiamata San Celiesto, nella zona collinare, in prossimit del luogo detto delle quattro vie, nelle immediate adiacenze della sorgente della Fontana del Lago (o Lavo), appartenente ora al territorio di Baiano. Qui era ubicata la chiesa di San Celeste, di cui, per, oggi non si ha pi traccia. I pi anziani riferiscono che, in quei paraggi, erano presenti anche dei ruderi somiglianti ai mausolei romani di Avella. Nonostante lAbbazia di Montevergine possedesse, fin dal 1130, alcuni beni nelle pertinenze di Sirignano, provenienti da varie donazioni, il paesino non venne compreso fra i suoi possedimenti ma rimase, sino agli inizi del 1800, nella giurisdizione feudale di Avella. Infatti, mentre esso non viene mai citato (per quanto si conosce finora) nei documenti del XIII e XIV secolo che riguardano

Piazza Principessa Rosa. La fontana comera negli anni 50. In alto una delle quattro rane in ghisa che labbellivano e dalla cui bocca sgorgava lacqua.

87

Sirignano

Dal 1614 al 1799

Benedetta Napolitano

Litto e Ponte Miano e i loro rapporti con Montevergine, viene chiaramente menzionato in alcuni documenti riguardanti la barona di Avella. Sirignano appartenne, poi, ai Fellecchia, nobile e potente famiglia nolana, che vi edificarono probabilmente un loro palazzo padronale. Nel 1614 il casale di Sirignano ottenne un primo spiraglio di autonomia con la stipula di una convenzione con lUniversit ( il comune) di Avella. In base a tale accordo i Anni 20. ncopp capo casale Sirignanesi iniziarono, finalmente, ad eleggere da s i propri amministratori. Il suffeudo pass, poi, per matrimonio agli Albertini di Cimitile e, in seguito, ai Caracciolo della Gioiosa. Nel 1700 il feudo divenne Principato. I De Gennaro furono i primi a potersi fregiare del titolo di Principe di Sirignano. Nel 1772, tale titolo pervenne per matrimonio al marchese Tommaso Saverio Caravita, napoletano, discendente da una nobile famiglia spagnola. Con la soppressione del feudalesimo da parte di Giuseppe Bonaparte (1806), il borgo divenne comune autonomo (nel 1837). Come avvenne anche per gli altri comuni vicini, esso fu incluso nella provincia di Terra di Lavoro (lattuale provincia di Caserta) e compreso nel distretto di Nola (uno dei cinque in cui si divideva la provincia), circondario di Bajano (uno degli otto in cui si divideva il distretto). Nel 1861, con lUnit dItalia e il conseguente nuovo assetto politico, pass alla provincia di Principato Ulteriore (o Principato Ultra), distretto (o circondario) di Avellino, mandamento di Bajano. Nel 1799, Raimondo De Gennaro dei Principi di Sirignano venne eletto, a Napoli, tra i 25 rappresentanti della Commissione legislativa della Repubblica Partenopea. Ma alla caduta di questa, venne rinchiuso nel carcere di Castelnuovo e poi condannato, dalla Giunta di Stato, allesilio perpetuo dal Anni 20. Via Santa croce Regno delle Due Sicilie.
Sirignano

88

LEsagono

I Prncipi di Sirignano e il castello - Memorie di un uomo inutile

Nel corso del 1800, intanto, il feudo pass a vari proprietari, ma i Caravita, formalmente, continuano a mantenere il titolo nobiliare di Prncipi di Sirignano, fin quando esso giunge a Giuseppe Caravita (1849-1920). Questi ricompr le propriet che un tempo avevano costituito lantico feudo di Sirignano e fece costruire, intorno al 1885, sulle rovine del vecchio castello feudale, lo splendido maniero in stile neogotico, conosciuto come il palazzo del Principe (nella foto). Nella belle poque (tra la fine dellOttocento e i primi del Novecento), questa sfarzosa residenza fu meta di personaggi di levatura internazionale. Tra questi dobbligo ricordare il poeta Salvatore Di Giacomo, il tenore Enrico Caruso e il pittore Eduardo Dalbono. Nel 1891 il Principe Giuseppe Caravita, in contrapposizione al Barone Girolamo Del Balzo, fu eletto Deputato del Parlamento del Regno dItalia e partecip alle prime sedute parlamentari. Tuttavia, il Del Balzo contest il risultato elettorale e riusc a far annullare lelezione del Principe Caravita (che, per, nel 1913 fu Senatore) e a far convalidare la propria. Ultimo principe di Sirignano stato don Francesco Caravita, detto pupetto, (1908-1998), noto per i clamori della sua vita mondana, per le sue apparizioni televisive e per il suo fortunato libro Memorie di un uomo inutile, edito da Mondadori, nel 1981. In questo piacevolissimo libro (ormai introvabile e di cui, forse, sarebbe opportuna una ristampa) il Principe, narrando in prima persona, racconta tra laltro che: ...la famiglia De Gennaro dalla quale il mio antenato prese il titolo (di Principe di Sirignano) discendeva dalla Januaria gens, lo stesso ceppo al quale apparteneva San Gennaro, Patrono di Napoli. E nella mia famiglia accade un fatto decisamente inspiegabile: nella prima decade di maggio e il 19 settembre di ogni anno, nel preciso istante in cui nelle teche custodite nel Duomo di Napoli e sulla pietra a Pozzuoli, dove il Santo fu decapitato, Il Principe Giuseppe Caravita il sangue di San Gennaro miracolosamente si li89
Sirignano

Piazza Principessa Rosa

Benedetta Napolitano

quefa, sulla nuca del primogenito maschio dei Caravita, allattaccatura dei capelli, appare una striscia sanguigna che ricorda vagamente la cicatrice di una sciabolata e scompare quando il sangue nelle teche e sulla pietra torna a coagularsi. . Il Palazzo del Principe, abitato dalla famiglia Caravita fino alla prima met del 900, fu progressivamente abbandonato e spogliato delle opere darte che custodiva. Lo stupendo parco stato prima abbandonato a s stesso e poi parzialmente espropriato dal Comune nel 1980. Nel 1992, infine, si avuto il crollo della parte destra della facciata e labbattimento della parte superiore delle tre torri, con le caratteristiche merlature guelfe. Il Castello del Principe rappresenta il cuore dellantico borgo e buona parte della stessa identit storica dei sirignanesi. Come tale, andrebbe recuperato e valorizzato. Attualmente, lantico maniero sta cadendo letteralmente a pezzi, ma sembra che si stia lavorando ad un serio progetto di restauro. Oltre al Palazzo del Principe, in piazza Principessa Rosa (dal nome della prima moglie del Principe Giuseppe Caravita, la nobildonna cubana Rosa Plazaola y Limonta) sono degne di menzione il palazzo del Municipio Vecchio costruito, pare, su progetto di Carlo Vanvitelli e la Chiesa di SantAndrea Apostolo Martire, questa, risalente al 1500, Interno del castello. Anni70 secondo don Antonio Sorbo, che fu parroco di Sirignano ... fu fatta ristrutturare dai Principi di Sirignano, com attestato dagli stemmi presso laltare maggiore. I Principi avevano anche il diritto di nominarne il parroco. Successivamente, questa facolt fu acquisita da Re Ferdinando II di Borbone, che la esercit fino allUnificazione dItalia. Sembra che Sua Maest venisse spesso nellameno borgo a trascorrere le sue vacanze. Successivamente il diritto di nomina pass al Vescovo di Nola, della cui Diocesi Sirignano faceva gi parte. Nel 1863, il nuovo parroco, don Salvatore Napolitano, trovando la chiesa in stato di grave abbandono la ricostru con i fondi provenienti da Sua Maest Vittorio Emanuale II di Savoia, da poco diventato Re dItalia. Rifece latrio e vi pose due pietre ... con la scritta C.P.S.A. (chiesa parrocchiale San Andrea Apostolo). La chiesa, ad una sola navata in stile barocco, profanata in passato da mani vandaliche che ne asportarono parte del vecchio altare, custodisce le statue di legno del protettore SantAndrea Apostolo, della Immacolata, della Madonna
Sirignano

90

LEsagono

Genesi del soprannome coreani

delle Grazie e di San Pasquale. Al centro dellabside venne costruito laltare maggiore, in marmi pregiati, cesellato con madreperla. Al centro dellaltare, un bellissimo quadro in legno con sopra dipinto, in alto, la Madonna delle Grazie; gi al centro, SantAndrea Apostolo; a destra San Giuseppe e a sinistra Santa Lucia. Tutto linsieme incastonato in un trono di chiara fattura barocca. In Piazza Croce posta la graziosa Chiesetta della Madonna dellArco, fatta erigere dalla famiglia Sgambati, nel 1609 (foto a lato). Degno di menzione il Palazzetto Sgambati, risalente al XVII secolo. Si riporta, per curiosit, che il rione Sirignano, nel quartiere Chiaia a Napoli, deve il suo nome al fatto che l vi sono palazzi della famiglia Caravita.
Sirignano fu, nellormai lontano 1948, il solo comune del mandamento in cui , alle elezioni, vinsero le sinistre. In conseguenza di ci, lallora parroco di Sirignano, don Liberato Gallicchio, evidentemente infastidito da quei risultati elettorali, in una veemente predica affibbi ai Sirignanesi il noto epteto di coreani.

Vecchio municipio. Anni 70.

Via Santi. Anni 70

Cimitero di Sirignano. Lapide di don Serafino De Lucia. Collaboratore di Guglielmo Marconi.

91

Sirignano

Natale Piccirillo - Il maio

Benedetta Napolitano

Il folklore sirignanese
La tradizione sirignanese pi tipica senza dubbio quella del festeggiamento del Natale piccirillo (piccolo Natale). Questa usanza che, per la verit -come tante altre- si va perdendo, ha soprattutto risvolti culinari. Si fanno abbondanti pranzi a base degli stessi piatti che si

I mai sirignanesi, in Piazza Principessa Rosa

consumano in occasione delle feste natalizie (scarole, baccal, capitone, frittura di pesce, broccoli e cos via). Si tratta, in realt, della festa di SantAndrea Apostolo, patrono di Sirignano, che cade il 30 novembre e che viene festeggiato anche con o fucarone e SantAndrea e con il maio. La domenica che precede la ricorrenza di SantAndrea, alcune comitive di giovani, provvisti di una ragguardevole scorta di tracchi e petardi (e di un generoso vinello), si portano nelle montagne circostanti per tagliare tre grossi alberi, generalmente di pioppo. Una volta effettuati il taglio e il caricamento dei mai sui camion, i
Sirignano

92

LEsagono

O fucarone - La Zeza - E misi

giovani si concedono un lauto banchetto: unottima occasione per socializzare e per divertirsi. A volte, alla comitiva si uniscono anche alcuni suonatori di fisarmonica e di mandolino. I mai vengono poi trasportati in paese, tra un tripudio di tracchi e di clacson, e vengono lasciati nel rione Capo Casale. La sera del 29 novembre (vigilia del Natale Piccirillo), si accende il fucarone e SantAndrea. In passato questa era una buona occasione, per i giovani sirignanesi, di mettere in mostra le loro capacit atletiche e la loro prestanza fisica. Essi, infatti, si disponevano a cerchio intorno al fal tenendosi per le braccia e reggevano sulle spalle -a mo di piramide- un altro cerchio di giovani. Girando intorno al fal, intonavano canzoni improvvisate. La mattina del 30 novembre, i mai vengono letteralmente trascinati fino alla vecchia piazza, davanti alla chiesa.

Nellultimo lustro, a Sirignano, si sta assistendo ad un recupero delle antiche tradizioni, come la rappresentazione farsesca della Zeza e la cantata de e misi. Si tratta -com noto- di scenette carnevalesche cantate e recitate in vernacolo. Quasi sempre le due rappresentazioni vengono presentate insieme, quasi fossero due atti del medesimo spettacolo. Un tempo gli attori erano esclusivamente maschi ma, attualmente (vedi foto sopra), vi partecipano -e con notevole successo- anche alcune donne. Alla base di questi spettacoli itineranti vi un canovaccio che sempre lo stesso, anche se la rappresentazione pu variare di anno in anno ( e di luogo in luogo). 93
Sirignano

I battenti

Benedetta Napolitano

Lo spettacolo si svolge allaperto e comincia con lo scambio di alcune battute tra Capuranno e Polecenella. Segue la rappresentazione de e misi e, dopo una allegra quadriglia, quella della Zeza. Nei misi ciascun personaggio, in ordine cronologico e senza interagire con gli altri, recita una parte a s stante costituita da una filastrocca in cui presenta s stesso. La Zeza (diminutivo di Lucrezia) narra delle contrastate nozze di Don Nicola, studente calabrese, con Tolla (o Vicenzella), figlia dellintrigante Zeza e del gelosissimo Pulcinella (questultimo personaggio, nel baianese sostituito da Maretiello).

A destra, la pubblicazione del Prof. Pasquale Colucci. Alla quale si rimanda per eventuali approfondimenti

I tradizionali festeggiamenti di SantAndrea, maio escluso, non si tengono peraltro alla data della festa liturgica (30 novembre), ma a fine agosto, quando lecito attendersi condizioni climatiche presumibilmente migliori. In tale occasione si tiene anche la sfilata dei battenti, a cui partecipa -di anno in anno- un numero di persone sempre maggiore, compresa una folta rappresentanza femminile.

Sirignano

94

LEsagono

Dati essenziali - itinerari naturalistici

SIRIGNANO
Abitanti: 2.366 Sirignanesi (al 21.10.2001) Superficie territoriale: 625 ettari Altitudine sul livello del mare (min/max): 225/1.368 m Altitudine sito casa comunale: 270 m slm Scuole: Asilo nido (non statale)
Scuole Materne (statali e non statali) Scuole Elementari Statali Scuole Medie Inferiori Statali

Strutture sportive:

Stadio Comunale, Piscina olimpionica, Campo da Tennis/calcetto. Palestra scuole medie

Mezzi di informazione:
Stampa locale: La nuova Gazzetta - Periodico fondato dal dott. Pellegrino De Rosa Portale Internet: http://www.tuttobaianese.it

Attivit economiche:
Edilizia, Industria di trasformazione della frutta (ciliege solforate), commercio al minuto, agricoltura part-time (olivicoltura, corilicoltura), allevamento bovini (una sola azienda).

Cittadini illustri:
* Giuseppe Caravita (1849-1920). Principe di Sirignano, Deputato e Senatore del Regno. * Francesco Caravita, (1908-1998). Principe di Sirignano. Scrittore. * Cav. Serafino De Lucia, maresciallo di marina, collaboratore di Guglielmo Marconi. * Cav. Domenico De Rosa, Cavaliere di Vittorio Veneto. Decorato con croce di ferro. * Dott. Carlo Fiordelisi, magistrato, procuratore del re, presso il Tribunale di Avellino. * Prof. Sac. don Francesco Fiordelisi, rettore del Collegio Pareggiato A.Manzoni. * Dott. Giovanni Fiordelisi, medico pediatra, morto nel 1941 a bordo dellincrociatore Egeo, in azione di guerra. * Cav. Pietro Fiordelisi, Sindaco di Sirignano per 20 anni (a cavallo tra l800 e il 900)

Varie:
- Casa per anziani (in costruzione).

Per altri dati demografici e statistici consultare il capitolo aspetti demografici

Risorse ambientali
Ciglio Bosco di conifere che si estende su una supeficie di circa 6 ettari. Vi si accede tramite la strada panoramica di Sirignano. Faiabella Faggeta di circa 22 ettari di superficie, con accesso dalla strada panoramica di Sirignano. Ottimo sito per funghi. Torritiello Bosco di faggi di circa 6 ettari. Fornino Bosco ceduo castanile, di circa 12 ettari. Vi si accede dalla strada panoramica di Sirignano

95

Sirignano

Sperone, un quartiere di Avella - Le antiche popolazioni

Benedetta Napolitano

Sperone
Il nome Sperone deriverebbe dal fatto che, in epoca romana, esso costituiva la punta pi avanzata della fortificazione avellana: infatti, in origine, il territorio speronese era compreso entro la cinta delle mura di Abella. La storia di questo Comune perci coincide -almeno per quanto riguarda gli eventi pi remoti- con quella dellantica Avella, alla quale per evitare inutili ripetizioni- si rimanda. Qui vogliamo solo riportare che, comunemente, si ritiene che le popolazioni locali appartenessero al ceppo irpino del gruppo etnico-linguistico osco-sannita. Infatti, dopo le guerre sostenute vittoriosamente da Roma contro le popolazioni italiche degli Osci, Sanniti, Volsci, Equi ed Etruschi, un gruppo di sconfitti osco-sanniti fu deporCircumvesuviana. Stazione Avella-Sperone. Anni 20. tato dal proprio territorio, il Samnium (situato pi a nord dellattuale Sannio e vicino allattuale Molise), nei territori deserti e disabitati dellIrpinia e nella conca avellana. Nell80 a.C., come stato detto altrove, Abella diventa citt fortificata romana (oppidum): Sperone era uno dei suoi quattro quartieri e difendeva la pi meridionale delle sei porte della cinta muraria di Avella, la Porta di Corte. Alcuni Studiosi ritengono che, proprio nellattuale territorio speronese, potesse essere ubicato il teatro di Abella romana. Quando Avella fu distrutta dalle orde barbariche, gli abitanti del vecchio quartiere speronese si rifugiarono sui monti circostanti. Qui costituirono nuovi nuclei che furono a lungo uniti con Avella e da cui si distaccarono solo in tempi successivi. Una parte di essi si insedi nella zona dove, gi prima del XVI secolo, sarebbe stata edificata la Cappella vecchia di SantElia (sulla quale, nel 1888, venne poi innalzata la Chiesa di SantElia). Si tramanda che, nel XIII secolo, un prete di Sperone abbia assassinato il Vescovo di Avella. Ci determin la fine del Vescovato avellano e linclusione dei borghi della valle baianese nella Diocesi di Nola. Per la Porta di Corte passava lantica Via Vecchia, costruita (pare) dagli Angioini, fra il XIII e il XIV secolo d.C., che collegava Napoli con le Puglie.
Sperone

96

LEsagono

Il distacco da Avella

Quando Carlo III di Borbone fece costruire, nel 1757, la via Regia Puglie, la Via Vecchia non fu pi frequentata e la popolazione speronese si stabil lungo la nuova strada, sulla quale successivamente venne costruita unaltra chiesa, dedicata alla SS. Annunziata. Nel 1700, quando Avella era una fiorente Universitas (Comune), il quartiere di Sperone esercitava il diritto di eleggere dieci decurioni che duravano in carica cinque anni. Lautonomia amministrativa di Sperone fu sancita con Regio Decreto (borbonico) Sperone. Anni 20. La squadra che realizz del 10 ottobre 1836 e cominci il manto stradale della via Nazionale il primo gennaio del 1837. Con lavvento dei Napoleonidi sul trono di Napoli, Sperone venne incluso (1806), insieme agli altri comuni del baianese, nella provincia di Terra di Lavoro (Ce), Distretto di Nola, e vi rimase fino al 1863. In tale anno, in seguito al nuovo assetto politico conseguente allUnit dItalia, Sperone venne incluso nella provincia di Principato Ulteriore, Distretto o Circondario di Avellino, ed elesse il suo primo Sindaco. Da quellanno cominci a rivendicare il suo quinto dei beni ecclesiastici e demaniali. Dopo estenuanti dispute coi tribunali ecclesiastici Sperone finalmente ottenne la Cappellania del Salvatore e il diritto alla nomina di un Canonico nella Collegiata. Il denitivo affrancamento da Avella cominci soltanto nel maggio del 1871, per concludersi il 5 febbraio 1880, quando lingegnere Gennaro Plantulli, assistito da due agronomi, complet la divisione di tutto il demanio e stabil i confini del nuovo paese. I cittadini di Avella e Sperone, toccati negli interessi economici e nel loro orgoglio campanilistico, conservarono per molto tempo una certa rivalit. Gli speronesi chiamavano cipullari gli avellani, e questi controbattevano apostrofandoli graunari (carbonai). Non erano infrequenti e pietrite, bellicose tenzoni con lanci di pietre, tra squadre di ragazzi dei due comuni rivali.
Questa sorta di primitiva intifada (nda: guerra con pietre), che non mancava di lasciare qualche dolente bozzo sulle focose teste di alcuni dei contendenti, era unusanza comune anche agli altri paesi del mandamento, protrattasi fino agli anni 60. Epici erano gli scontri tra Mugnanesi e Cardinalesi, quelli tra Cardinalesi e Sirignanesi, e tra Baianesi ed Avellani. In genere alle battaglie ponevano termine le urla di qualche casalinga che, avendo la sfortuna di abitare sulla linea del fronte, subiva la rottura di uno o pi vetri.

I rapporti ufficiali tra i due comuni erano, per, ottimi e civilissimi. Infatti, ancora nel 1899, a quasi dieci anni dalla separazione dei beni demaniali, la 97
Sperone

Il museo della Civilt Contadina

Benedetta Napolitano

Contessa Livia Colonna, di Avella, fece riparare a sue spese la fontana di acqua magnesiaca che si trova nella selva Paradina di Sperone (ora divenuta parco comunale). Nel 1900 Sperone costru sullantica sua taverna, lungo la Via Nazionale delle Puglie, la nuova casa comunale. Si racconta che, durante la terribile pestilenza del 1656, una donna di Sperone appestata si trascinasse davanti alla miracolosa effige di SantElia e, untasi con lolio della lampada, subito si fosse risanata. Attualmente, Sperone una moderna e linda cittadina. Essa pu vantare un quartiere delle case popolari, insolitamente integrato, pulito e vivibile. Sperone vanta la vetta pi alta dei Monti Avella (con 1.598 metri), sulla quale negli anni 40, nellimmediato dopoguerra un aereo da carico militare and a impattare (a causa della fitta nebbia) per poi precipitare e sfracellarsi nel Campo di Summonte. Su tali monti, Sperone possiede una seconda fontana, lAcqua delle Monache, posta a 1.020 metri sul livello del mare, con una buona portata dacqua (1,50 litri al secondo). Per iniziativa del parroco don Elia Ferone e di un lodevole gruppo di giovani della Congregazione di SantElia (antica associazione religiosa, risalente al 1888) stato realizzato, nel dicembre 1999, un grazioso Museo della civilt contadina (vedi foto in basso).

Sperone

98

, che

LEsagono

Fototeca

Anni 60.Chiesa congrega di SantElia (Edificata nel 1888)

Selva Paradina e fontana

Un vecchio cortile

Il vecchio municipio

99

Sperone

Il maio - Lopera di SantElia

Benedetta Napolitano

Il folklore speronese
Anche a Sperone c la tradizione della festa del maio. Essa si tiene, il 20 febbraio, in concomitanza della festa patronale dedicata a S.Elia Profeta. Due alberi vengono tagliati -la domenica precedente- sui monti dei paesi vicini, perch il Comune di Sperone non possiede boschi accessibili. Gli alberi tagliati vengono lasciati, poi, in un luogo sicuro sui monti. La sera prima dei festegiamenti, un gruppo di giovani speronesi, armati di piatti, grancassa, tamburi ed altri strumenti musicali ravvivano il clima in vista dei festeggiamenti del giorno successivo. La mattina successiva i mai vengono condotti in paese tra gli ormai canonici spari di tracchi e rauti. La tradizione pi tipicamente speronese rimane, comunque, lopera di SantElia (vedi foto sopra). Questa, notoriamente, una rappresentazione teatrale della vita del santo profeta, articolata in quattro atti e della durata di circa quattro ore. Essa viene recitata da attori dilettanti del posto, in occasione della festa patronale estiva, del 20 luglio. Tutti i partecipanti ci tengono a fare bella figura e a preparare bene la loro parte. In alcuni anni, addirittura, le prove iniziano gi nel mese di gennaio.
A proposito dellOpera di SantElia, si narra di un divertente episodio occorso ad uno degli attori. Tra gli altri attori vi era anche un giovane contadino che prese talmente sul serio la parte da non andare pi nemmeno a lavoro col padre. Perch, diceva , doveva preparare lopera di SantElia. Non si sa bene se fosse solo una scusa per non andare nei campi, oppure no. Resta il fatto che egli, alla domanda della regina Gezabele che gli chiedeva chi fosse, doveva semplicemente rispondere con sole tre parole: io, sono Kaifas e nientaltro. Ebbene, giunti al giorno della rappresentazione, successe che alla domanda della regina: .. e tu, chi sei?, il nostro compaesano fu preso dal panico, improvvisamente vide tutto bianco, e cominci a balbettare: .. io sono io Sperone

100

LEsagono

Alcuni spassosi anedotti

sono io sono . Finch disse la famosa frase: .. io sono ie songo nu strunzo!. Gli organizzatori chiusero repentinamente il sipario fra lilarit generale, mista a fischi ed applausi. Si narra, ancora, che agli inizi del secolo scorso, un burlone del luogo facesse notare ad alcuni altri speronesi come la Chiesa di SantElia fosse ormai diventata troppo stretta per contenere i numerosi fedeli. Consigli, quindi, di adoperare un metodo che -a suo dire- aveva visto usare altrove. Occorreva insaponare il pavimento e poi spingere contro le mura con la massima forza. Cos facendo, gli uomini -scivolando sul pavimento- ebbero limpressione che le solide mura della Chiesa si stessero effettivamente spostando per cui corsero subito in piazza esultanti, esclamando: Ce labbiamo fatta. Abbiamo allargato la Chiesa col sapone!. Si racconta, inoltre, di un contadino -devoto ma sempliciottoche, trovandosi a passare davanti alla Chiesa di SantElia Profeta, di ritorno dai campi, pens bene di fare, a modo suo, unofferta al Santo. Presi dal panaro alcuni fichi, cominci a lanciarli, nelloscurit, verso la facciata della Chiesa. Naturalmente, i fichi pi maturi si spiaccicarono sul muro, mentre quelli acerbi, pi sodi, rimbalzavano e tornavano indietro. E bravo a SantElia, osserv il contadino, e buoni te pigli e e tuosti me ttuorne. (Bravo S.Elia: i maturi te li prendi e quelli acerbi me li rimandi indietro). Unaltra storiella racconta di quando gli speronesi, per fare un dispetto agli avellani, misero un grosso lenzuolo lungo via Ferrovia, per impedire che il sole giungesse ad Avella. Ualtra ancora, narra di quando gli speronesi legarono, al collo, un ciuccio (asino) e lo tirarono -strozzandolo- fin sul campanile della Chiesa per fargli mangiare lerba che vi era cresciuta. Una storia realmente accaduta merita di essere ricordata: uno speronese, durante un comizio elettorale, anzich dire: noi vogliamo pane e lavoro, preso dallemozione si confuse e disse: noi vogliamo pane e provolone. Inutile dire che, al malcapitato, venne affibbiato -seduta stante- il nomignolo di pruvulone.

101

Sperone

Dati essenziali - Itinerari naturalistici

Benedetta Napolitano

SPERONE
Abitanti: 3.185 Speronesi (al 21.10.2001) Superficie territoriale: 353 ettari Altitudine sul livello del mare (min/max): 159/1.598 m Altitudine sito casa comunale: 175 m slm Scuole:
Scuole Materne (statali e non statali) Scuole Elementari Statali Scuole Medie Inferiori Statali

Strutture sportive:

Stadio Comunale, Campo da Tennis/calcetto. Palestra scuole medie e scuole elementari.

Mezzi di informazione:
Biblioteca comunale.

Attivit economiche:
Edilizia, Industria di trasformazione della frutta (ciliege solforate), commercio al minuto, agricoltura part-time (olivicoltura, corilicoltura), allevamento bovini (una sola azienda), cioccolateria, fabbrica artigianale di antiche armi. P.I.P. con numerose aziende di recente insediamento.

Cittadini illustri:
* Luigi Napolitano, docente di cattedra di latino e greco. Autore del libro Memorie storiche ed archeologiche di Avella; * Ignazio DAnna, Autore del libro Avella illustrata, pubblicato nel 1782. Per altri dati demografici e statistici P.I.P. moderna area di Insediamenti Produttivi. consultare il capitolo aspetti demografici

Varie:

Risorse ambientali
Porcola Prima Bellissima faggeta che si estende per circa 40 ettari, a 600m slm. Vi si accede tramite la strada panoramica di Avella. Serrone Bosco ceduo di castagno, di circa 20 ettari. E raggiungibile dalla strada della fontana di Sperone. Le Fornine Bosco di faggi di alto fusto, esteso circa 50 ettari, a 600m slm. Vi si accede dalla strada panoramica di Avella. Paradina Castagneto ceduo di circa 20 ettari, situato nei pressi dellomonima fontana. Sperone

102

LEsagono

Lemigrazione

Lultimo secolo
Che-mi-se-ri-e lesse, a bassa voce, sillabando, il giovane emigrante italiano. Che-miserie? ripet confuso, il suo infreddolito e incredulo amico, aguzzando gli occhi per leggere meglio la lontana insegna, a fosche lettere nere, posta sulla screpolata porta di quello che, a prima vista, sembrava essere un negozio. Non vi era alcun dubbio: nonostante il rollio del traghetto che -sballottato dalle onde- arrancava cercando di attraccare al porticciolo del piccolo paesino della Corsica. Nonostante la fioca luce dellalba e gli spruzzi freddi e salati del mare straniero rendessero alquanto difficoltosa la lettura, la scritta era inequivocabile: cera proprio scritto Chemiserie. Anche in Corsica, quindi, cera la miseria? Forse i francesi avevano messo quella scritta per avvertire gli immigrati di non farsi troppe illusioni?, pensarono i quattro giovani provenienti dal mandamento di Baiano. Per fortuna, il traghettatore -un vecchio marinaio crso dalla faccia rsa dalla salsedine- visto leffetto che quella equivoca scritta aveva sortito sul quartetto di italiani, si avvicin al gruppetto con un sorriso e disse: Non, non. Mes amis (No, no, amici miei). Non Chemiserie, che miseria si legge, ma scemiser. Come dite voi? Camiceria, bien ?. Un urlo di gioia si lev dal gruppetto di emigranti. Erano intirrizziti dal freddo e bagnati fino al midollo, ma erano felici: l non cera la miseria! Si era trattato solo di uno stupido equivoco. Potevano, finalmente, lavorare e mandare i soldi a casa! Con questo episodio, che il Cav. Antonio De Rosa di Sirignano afferma essere realmente accaduto attorno agli anni 50, andiamo a dare uno sguardo alla storia con la s minuscola. Quella storia che parla della gente comune, delle loro usanze, tradizioni e superstizioni. Accenneremo, anche, alla descrizione di alcuni mestieri del passato e -in generale- alle disagiate condizioni di vita delle popolazioni locali nel corso della prima parte del XX secolo. Di tanto in tanto verr messo in risalto, tra le righe, limportante ruolo svolto dalle donne sia allinterno della famiglia che nella misera economia dei nostri paesini. Lemigrazione E noto che le condizioni di vita nel mandamento del Baianese, come nel resto dellItalia, sono migliorate solo con il boom economico degli anni 60. Secondo il parere di molti analisti, i maggiori progressi sono stati ottenuti grazie alle rimesse dei nostri compaesani emigrati allestero. Cio grazie ai soldi guadagnati e risparmiati allestero ed inviati periodicamente in Italia. 103
Lultimo secolo

Il fondamentale ruolo della donna

Benedetta Napolitano

Il flusso migratorio del secondo dopoguerra era orientato, prevalentemente, verso i paesi europei (Corsica e altre regioni della Francia, Svizzera, Germania, Belgio e, in misura minore, Inghilterra). Le ondate migratorie precedenti avevano interessato, invece, soprattutto i Paesi posti oltreoceano (Usa, Canada, Argentina, Venezuela ed Australia). Chi emigrava cos lontano generalmente non tornava pi in patria. Mentre, chi era diretto verso le Nazioni europee, quasi sempre, tornava periodicamente al paese dorigine. In questultimo caso, poteva capitare che emigrasse o il solo capofamiglia o lintera famiglia, oltre che -naturalmente- i giovani (magari chiamati da amici o parenti, gi allestero). Frequenti -poi- erano i casi delle vedove bianche, cio di quelle mogli che, pur regolarmente sposate, essendo rimaste al paese, vedevano il marito solo quando questi tornava dallestero (generalmente una sola volta allanno e per pochi giorni). Queste donne dovevano mantenere il decoro e un comportamento integerrimo, allevare i figli da sole e, in molti casi, far finta di non sapere che il proprio marito aveva una qualche compagna allestero. In altri casi, come gi detto, partiva lintera famiglia che, in questo caso, faceva ritorno in Italia solo ogni due o tre anni. In tutti i casi, lobbiettivo di tutti era comprare un pezzo di terra (a chianta e casa) e costruirsi unabitazione con un piccolo giardino. Molti di questi emigranti sono tornati dopo dieci o ventanni. Altri, non avendo una prospettiva sicura in Italia, hanno preferito aspettare allestero let della pensione. Ruolo della donna e condizione femminile Nelleconomia e nella societ preindustriale (ma anche in quella industriale e postindustriale) il ruolo della donna stato sempre considerato, a torto, di secondo ordine. In realt, senza voler nulla togliere allimportanza del capofamiglia e senza dimenticare i veri e propri sacrifici (duro lavoro, emigrazione, responsabilit) che esso doveva sopportare, mi sembra giusto valorizzare il ruolo della sua silenziosa e devota compagna che con lui condivideva le rare gioie e i pi frequenti e numerosi grattacapi. E ampiamente noto che la nascita di una femminuccia non veniva accolta,
Lultimo secolo

Donna con srcina

104

LEsagono

La dote - Raccolta delle fascine e del fieno

generalmente, con lo stesso entusiasmo della nascita di un maschietto. E ci non tanto, come a volte superficialmente si sostiene, perch la donna non fosse in grado di reggere il duro lavoro dei campi e dei boschi (poich, come vedremo in seguito, essa aiutava gli uomini in tutte queste attivit), quanto perch ella rappresentava quella che andava via, quella che -dopo essere a ramma stata allevata con tanti sacrifici- quasi tradendo, andava a vivere (e a lavorare) in un altro gruppo familiare. Non solo, ma perch ella si potesse maritare, occorreva anche fornirla di una consistente dote (o curredo, a ramma, ecc). Era pertanto consuetudine, fin quasi agli inizi degli anni 60, che il capofamiglia, alla nascita di una femminuccia, piantasse dei filari di noci o -laddove era possibile- di pioppi, che, con la loro vendita, potessero contribuire a costituire la dote per la futura sposa. Esistevano, comunque, delle attivit tipicamente femminili, alle quali gli uomini partecipavano solo quando non vi erano alternative pi onorevoli. Una di queste era la raccolta delle fascine (uso civico del legnatico), vendute ai panettieri o alle fornaci calcaree. Con i proventi di questo lavoro, in alcuni casi, le donne sostenevano intere famiglie. Unaltra attivit tipicamente femminile era la raccolta del fieno per lalimentazione del bestiame. Le donne e le ragazzine partivano per i campi (ad esempio, per Fornino, per la Comuna di Sirignano, per le porche di Avella e per il Campo di Summonte) alluna di notte. Dopo tre o quattro ore di marcia arrivavano al prato, impugnavano la mussorra (falce) e tagliavano il fieno che veniva lasciato sul posto a seccare. Raccoglievano, quindi, quello del giorno precedente e lo portavano a valle, dove giungevano verso mezzogiorno o luna, per proseguire con il governo degli animali e con i lavori di casa. 105
Lultimo secolo

La frequentazione della montagna

Benedetta Napolitano

Le persone intervistate raccontano che, allepoca, era pi facile incontrare gente in montagna che in paese, e tutti avevano grande familiarit con la montagna, a tal punto che alcuni luoghi venivano indicati facendo riferimento ad alcuni episodi che si riferivano al vissuto quotidiano. Un certo strapiombo, ad esempio, veniva indicato col toponimo (come dicono i dotti) di o butto e Umberto, poich in quel luogo il malcapitato Umberto fece un memorabile volo, dal quale usc miracolosamente illeso. Altre mansioni tipicamente femminili erano la raccolta e la conservazione della frutta e dei prodotti del bosco. In passato, le nostre campagne erano ricche di piante da frutta e le forme di potatura rilevate in alcune vecchie piante (ad esempio di albicocco) da poco seccate, dimostrano come i nostri contadini avessero sviluppato una buona tecnica agricola. Venivano coltivate mele, pere, ciliegie e la vite (a Tipico elenco di un corredo Baiano si faceva anche una importantissima festa del vino). Grande importanza aveva la raccolta o la coltivazione e la conservazione (generalmente per essiccamento) di castagne, nocciole, origano, camomilla, asparagi selvatici, fichi, pomodori, zucchine, funghi, granturco, farro e ghiande. Queste ultime, dette pipparelle venivano utilizzate, oltre che per quella dei maiali, anche per lalimentazione umana o, una volta tostate, come surrogato del caff. In alcuni periodi, addirittura, veniva mangiato, previa
Lultimo secolo

106

LEsagono

Elenco di un corredo

107

Lultimo secolo

Bachi da seta - Arcolaio - Conserve

Benedetta Napolitano

bollitura e prima della fioritura, anche il papavero (Papaver rhoeas, o rosolaccio, parente del pi allucinogeno Papaver somniferum, o papavero da oppio). Le donne si occupavano anche di allevare bachi da seta (e ci fino alla fine dell800), che venivano posti in apposite mangiatoie (e tavote) insieme al loro foraggio, costituito dalle foglie di gelso (e ceuze). Successivamente elle ponevano i bozzoli in apposite pentole (e caurarelle) per liberarli dalla crisalide del baco. A Mugnano del Cardinale ancora esiste una via detta delle caldarelle (o caurarelle) perch, allepoca, davanti a ogni casa vi era un pentolone utilizzato a tale scopo. Alcune di loro, inoltre, erano dedite alla filatura della lana, tramite arcolaio. Altra incombenza tipicamente femminile era, in tempi a noi pi vicini, quella di fare e buatte, ovvero, le conserve di pomodoro. Nel secondo dopoguerra, poi, con la nascita dei primi salumifici artigianali,

Quadrelle. Anni 50. Macellazione degli asini

Baiano. Anni 70. Raccolta noci e nocciole

Lultimo secolo

108

LEsagono

Lavori di casa - Lavaggio stoviglie - A culata

prima a Quadrelle e poi a Mugnano del Cardinale, si diffuse largamente il mestiere della suppressatara, nel quale le operaie si specializzarono talmente che la loro manualit (manodopera specializzata) costituisce tuttora uno dei pi importanti fattori della tipicit del salame di Mugnano. Con la nascita delle industrie di trasformazione della frutta (ciliegie solforate, frutta sciroppata) e di produzione di sottaceti e sottolio (a Sirignano, Quadrelle, Mugnano ed Avella) molte donne del baianese intrapresero il mestiere della ciliegiaia. Oltre a coadiuvare i mariti nelle pi svariate attivit, le mogli erano dedite, in particolare, alla cura dei figli, degli animali (da stalla e da cucina) e -naturalmentedella casa. Il lavaggio delle stoviglie avveniva inumidendo un vecchio strofinaccio e passandolo nella cenere, ripulita in precedenza dei pezzetti di carbonella. Lo strofinaccio cos intriso veniva passato sulle stoviglie, gi immerse nellacqua -ancora calda- della cottura della pasta. Le sostanze chimiche della cenere permettevano di sgrassare i piatti, quindi si procedeva al risciacquo. Le pentole di rame e le conche per lacqua erano stagnate al loro interno, per evitare il prolungato contatto degli alimenti col tossico rame. Esse venivano pulite mescolando al loro interno aceto e sale e sfregando leggermente, in tale modo la ramma riacquistava il suo splendore. Era importante, tuttavia, fare in fretta poich la miscela impiegata era corrosiva e poteva danneggiare il recipiente. Il paiolo (il pentolino o caurariello appeso al camino) dopo la pulizia veniva nuovamente riempito dacqua e riappeso nel camino. Circa una volta al mese le donne di casa facevano la colata o culata. Riunitesi nella cortina lavavano la biancheria in una sorta di lavatoio comune in pietra o in muratura, oppure usavano alcune cupelle di legno. Si metteva a bollire una rammaiola (pentola) dacqua e cenere di carbone o di legna, aggiungendo qualche foglia di lauro o qualche scorza secca di limone, per profumare. Nella cupella si mettevano i panni gi lavati con il sapone, i pi piccoli sotto e le lenzuola sopra. Il tutto veniva coperto con un panno molto resistente ma permeabile, il cinerino, che aveva la funzione di trattenere la cenere lasciando passare solo la parte liquida. La biancheria veniva lasciata in ammollo fino a sera, quando veniva aperto il foro inferiore della cupella, dal quale veniva fuori un liquido denso e oleoso (a lessa), che veniva raccolto e utilizzato per lavarsi i capelli. 109
Lultimo secolo

Lavori nellorto - Lacconciapiatti

Benedetta Napolitano

Poi, veniva tolto il cinerino e si sciacquava con acqua calda. Il mattino successivo, dopo aver svuotato (spillato) nuovamente la cupella, i panni venivano risciacquati e stesi ad asciugare. Ad Avella e a Quadrelle, rispettivamente lungo il Clanio e lungo il Rio Secco, le donne lavavano i panni anche direttamente nellacqua dei torrenti. Ligiene della persona veniva curata anche usando il sapone di cla (nda. di colatura), un sapone fatto in casa, utilizzando gli scarti del maiale e la poza dellolio. Per poter amalgamare queste sostanze si usa oggi la soda caustica, nel sapone di cla, invece, questa sostanza chimica era sostituita da un liquido ottenuto filtrando lacqua calda attraverso un sacchetto di cenere accuratamente setacciata; cenere e sostanze grasse producevano un rudimentale processo di saponificazione. Un pezzetto di questo sapone era particolarmente prezioso; pare infatti- che fosse indicato per la cura di alcuni tipi di eczema. I panni, poi, andavano stirati col ferro a carbone, e poteva capitare che qualche micciulo e fuoco, uscito dai fori ai lati del ferro da stiro, bruciasse le lenzuola di lino o di canapa, o che le mani distrattamente sporche di carbone- macchiassero la biancheria appena lavata. Le persone che avevano la fortuna di possedere un piccolo appezzamento di terra da coltivare, sincamminavano di buon mattino per raggiungere il loro piccolo orticello (o cienzo), posto generalmente in collina. Portavano con s qualche tozzo di pane e o ummariello, di terracotta, pieno dacqua da bere. Lungo il percorso non disdegnavano di raccogliere gli escrementi di asini e muli, per usarli come concime. Tornavano a casa allimbrunire e davano da mangiare agli animali (vacca, galline, maiale), mentre la moglie preparava la cena. Si poneva un grosso piatto di creta al centro della tavola (a zuppiera) e ognuno mangiava al proprio posto. Da questa usanza sono nati, poi, i detti: Erem frat quann magnavam rint o stess piatt (per dire: eravamo fratelli quando mangiavamo nello stesso piatto) e, per mantenere
Lultimo secolo

110

LEsagono

Attivit quotidiane

le distanze, Ij e tt nun amm mai mangiat rint o stess piatt (per dire: io e te non abbiamo mai mangiato nello stesso piatto). Se un piatto o peggio- una zuppiera si rompeva, non veniva buttata via, ma i cocci venivano recuperati attentamente e si conservavano in attesa dellaggiustapiatti (o cconciapiatt). Costui, adoperando un trapano a mano, dopo aver praticato dei piccoli fori, cuciva letteralmente il piatto con dei fili di ferro, i quali pur non contribuendo in alcun modo a combattere uneventuale anemia- conferivano un gusto particolare alle pietanze. Le posate -in casa- erano di stagno, ma i boscaioli -quando erano al lavoro- usavano per forchette degli spruoccoli (rametti) appuntiti e biforcuti e, per cucchiaio, delle cortecce di albero o delle tacche di legno.Finito di mangiare si andava solitamente a letto senza nemmeno lavare i piatti o mettere un po dordine nella casa. Il letto, di ferro, aveva per reti delle tavole di legno. Il materasso (o saccone) era fatto da foglie e guaine di granturco che, al minimo movimento, producevano un enorme fracasso. Ma ci non disturbava il pesante sonno dei nostri avi che, stanchissimi per il duro lavoro fisico, non soffrivano certo dinsonnia. Allalba, tutti svegli per cominciare una nuova giornata. Mentre la donna sparecchiava la tavola e lavava piatti e posate con lacqua utilizzata la sera prima per cucinare, luomo andava in stalla per governare (accudire e dare da mangiare) gli animali. La brodaglia di lavaggio, con laggiunta dei residui della cena (briciole di patate, torsoli di frutta ed altri scarti), pi qualche patata e qualche ghianda venivano dati in pasto al porco. Prima di andare a lavoro, tutti i membri della famiglia anche per svegliarsi- si lavavano le mani e la faccia. In un angolo della casa, su un tripode di ferro, si trovava il catino (o vacill), dove si versava dellacqua che doveva servire a pi di una persona, perch lacqua corrente non laveva quasi nessuno: quella da bere si andava a prendere alla fontana pubblica; quella per lavarsi proveniva dalla cisterna, dal pozzo o da una botte di acqua piovana. Dove si faceva il bagno? Chiss quanta gente non lha mai fatto, ci ha risposto qualche vecchietto. Comunque, di norma veniva utilizzata la stessa cupella usata per il bucato. 111
Lultimo secolo

Modi di vestire

Benedetta Napolitano

Per quanto riguarda labbigliamento (foto a pagina precedente), le donne portavano, sopra la sottoveste, unampia gonna coperta da un grembiule (o mantesin), questultimo generalmente di colore nero. Il busto era coperto da una camicia a maniche larghe, al di sopra della quale veniva indossato un rigido corpetto. Nei mesi pi freddi labbigliamento prevedeva uno scialle di lana. Il capo era generalmente coperto d o maccatur, una stoffa di seta o di pezza, solitamente piegata a triangolo che giungeva fin sopra le spalle. Le gambe erano coperte da calze di lana e, quasi sempre, la pettinatura era abbellita da una pettenessa. Nei primissimi anni del secolo molte donne non portavano n mutande n reggiseno. Gli uomini erano vestiti con pantaloni lunghi (e cazuni) e una giacca, generalmente di fustagno, su una camicia di lino, di cotone o di tela (canapa). Era consuetudine rivoltare pi volte gli stessi vestiti, mettendo allesterno la stoffa meno danneggiata dalluso e dal tempo. Gli indumenti venivano frequentemente rattoppati, anche con pezze di colore diverso, e nella stessa famiglia- passavano di padre in figlio e da fratello a fratello. Per i neonati non erano disponibili i pannolini usa-e-getta e si usavano e fasciatur (le fasce). Mettere e fasciatur a un neonato richiedeva una certa abilit: innanzitutto andava messo o fasciatur vero e proprio. Questo era costituito da un pezzo di stoffa rettangolare, piegato in due a mo di triangolo, posto sotto il sederino del neonato, la punta rivolta in basso- si faceva passare tra le gambe del piccolo e, sullombelico, si allacciava con le altre due punte laterali. Poi si metteva o sottculill, che rivestiva il sederino (da cui il nome) e le cosce del bimbo. Poi si aggiungeva un altro strato, o savaniello, pi resistente e disposto come il precedente. Poi si rivestiva il malcapitato con una fasciatura rigida che andava dal pancino fino alla punta dei piedi. Infine, linerme neonato veniva letteralmente insaccato dentro al sacchetiell. La parte superiore del corpo veniva coperta dalla cammesella (camicia), a cui si sovrapponeva o cacciamaniello (una sorta di gilet, che lasciava fuori le braccine, da cui il nome). Dinverno veniva aggiunta anche una maglietta. Linfasciatura dei neonati si praticava fino allet di dodici mesi. Successivamente, veniva messo con le gambine libere, e vestito con pantaloncini e camicine.
Lultimo secolo

112

LEsagono

Capera - Vammana - Pia ricevitrice

Normalmente, sia i maschi che le femmine quando non andavano scalziportavano ai piedi gli zoccoli (e zuoccul) di legno o, pi raramente, le pantofole (e papusci). Per il lavoro si usavano robusti scarponi e, per evitare che si consumassero subito, le suole e i tacchi erano ricoperti di chiodi dalla testa sporgente (e centrelle). Queste talora si staccavano e, se venivano inavvertitamente calpestate da qualche viandante scalzo, penetravano nel piede con una facilit impressionante e devastante. Le parrucchiere non cerano ma, in compenso, cerano le capere, che pettinavano le persone a domicilio, e che rappresentavano (insieme ai barbieri) i mass-media dellepoca: sapevano tutto di tutti, e di tutto parlavano; a volte anche di quello che non sapevano. Guai ad inimicarsele: lo nciucio non perdonava e poteva rendere zitella la pi virtuosa delle ragazze. A volte queste avevano anche la funzione di sartine ruffiane e favorivano incontri amorosi e matrimoni. Trucco, belletti e profumi non venivano usati e, chi avesse avuto i soldi e lardire di adoperarli, veniva immediatamente etichettata come una poco di buono. Un altro personaggio tipico era la vammana, la levatrice. Costei era una figura molto temuta e rispettata: addirittura si sussurava, in segreto, che ella potesse dare la vita e la morte. Stranamente, infatti, i neonati deformi nascevano sempre gi morti! In realt -quantomeno nel corso dell800- essi venivano eliminati dalla vammana, non buttandoli da una rupe come nellantica Sparta, ma soffocandoli appena dopo o durante il parto, spesso ad insaputa degli stessi genitori e con il tacito consenso delle donne pi anziane. La vammana aveva anche la funzione di presentare il neonato agli uffici comunali e di dichiarare da quale donna lavesse raccolto, e se fosse noto o meno il padre.
Per una disposizione del Concilio di Trento del 1563, le registrazioni di nascite, battesimi, matrimoni e morti, erano riportate nei Registri Parrocchiali. Successivamente, con Real Decreto del Codice Napoleonico, del 29 ottobre 1808, vennero istituiti i Registri dello Stato Civile comunale. Un altro personaggio tipico dell800 era la Pia Ricevitrice: una donna che ispezionava quotidianamente la Ruota dei Proietti, dove venivano abbandonati i neonati indesiderati o frutto di una segreta colpa. Questi bambini, detti e figli ra Maronna (figli della Madonna), venivano portati al comune, registrati ed affidati a qualche famiglia di buon cuore. Questa istituzione fu creata con Real Disposizione (napoleonica) del 10 giugno 1802.

113

Lultimo secolo

Corteggiamento

Benedetta Napolitano

Le donne, fin da bambine, trascorrevano una vita piuttosto ritirata e si occupavano dei fratelli pi piccoli o andavano alla maestra(di cucito). Per le giovinette, rare erano le occasioni per conoscere coetanei dellaltro sesso. Fino agli anni 60 erano pochissime le ragazze che andavano a scuola e le poche occasioni di socializzazione erano costituite, quasi esclusivamente, dalle feste patronali e dalle scampagnate in occasione della pasquetta e delle passiate a Montevergine (cfr. capitolo su Baiano). Pi recentemente, i giovani potevano lanciarsi le prime occhiate anche in occasione della raccolta o della scucchiulitura re nucelle (pulitura delle nocciole dalla cupola verde) che, spesso, si faceva nella curtina insieme ai vicini. Le ragazze potevano farsi notare (e, a loro volta, notare) quando, la domenica, si recavano a messa o al cinematografo. A Sirignano gi negli anni 30 esisteva un cinematografo allaperto, nella cosiddetta strada (nelle adiacenze del Castello). A Mugnano vi erano due sale cinematografiche (Cinema Partenio e Cinema Santa Filomena). A Baiano esisteva il Cinema Colosseo e il Cinema Sarno (chiuso nel 1993) e, ad Avella, la Sala Azzurra. Per una ragazza essere carina non bastava ad essere considerata un buon partito. Anzi, la cosa poteva rivelarsi un grave handicap. La saggezza popolare, infatti, raccomandava a chi volesse essere tranquillo: n mugliera troppo bella, n robba nmiezz a via , poich sia luna sia laltra gli potevano essere portate via. Meglio, perci, una moglie robusta e lavoratrice (con o senza baffi). Inoltre, come consigliavano i vecchi proverbi, era preferibile scegliere donne e buoi dei paesi tuoi, non trascurando di tener anche conto che pari cerca pari, e pari prende. Spesso, come ci confermano le persone pi anziane, i fidanzamenti e i matrimoni erano combinati dalle famiglie. Altre volte la ragazza riceveva a mmasciata (limbasciata) tramite unamica o una parente. I giovanotti pi intraprendenti mandavano la serenata. La ragazza, per capire se avrebbe sposato luomo che aveva pensato, prima di addormentarsi (ma dopo aver recitato una invocazione a SantElena Imperatrice, seguita da tre Pater Noster, Ave e Gloria),
Lultimo secolo

114

LEsagono

I costumi morigerati

tendendo ludito ai rumori della notte, attendeva il responso: era considerato positivo labbaiare dei cani e negativo il rumore di una porta che si chiudeva. Anche quando il fal (cos era anche chiamato, scherzosamente, il fidanzato) era trasuto a casa (fidanzato in casa), ai due fidanzati non era consentito incontrarsi da soli. E ci fino alla met degli anni 60, come testimoniato da una celeberrima canzone dellindimenticato Renato Carosone che recita: ...ije, mmmeta e tu ... mmmeta annanze e sreta arrte, per poi concludere, esasperato: nun cia faccio cchi ... iatevenne !
Guai a sgarrare, comunque. A Mugnano del Cardinale, come riferito dallo Studioso don Giovanni Picariello nel suo libro La Valle munianense: si tramanda ancora oralmente che una gentildonna mugnanese, per non aver saputo resistere alle seduzioni dellamore, fu una notte svegliata dai suoi due fratelli e con un pretesto invitata a discendere gi in cucina, dove gi ardeva un gran forno, e ce la infornarono, purificando cos col fuoco lonta arrecata al chiaro nome della famiglia. Il fatto, subito risaputosi, produsse una orribile impressione in tutti paesi della valle; ma i fratricidi non furono punto molestati dalla giustizia, forse in omaggio al nome medesimo.

115

Lultimo secolo

Le prime fogne - Le zoonosi

Benedetta Napolitano

Le condizioni igieniche Dalle nostre parti, alla caduta dellimpero romano segu un lungo periodo buio dal quale i paesini del mandamento non riemersero che verso la fine del XIX secolo. Come stato gi detto altrove, solo dopo il 1806 -grazie alle leggi napoleoniche- si cominciarono a costruire i primi cimiteri fuori dei centri abitati. Le popolazioni rurali vivevano nella miseria pi nera e in disagiatissime condizioni igieniche (cfr. il capitolo Storia e destino comuni) e solo agli inizi del XX secolo si costruirono i primi rudimentali acquedotti a cielo aperto e i primi abbozzi di reti fognarie. Ogni comune, inoltre, aveva la sua piccola discarica, posta -di norma- al confine con un altro comune (in alcuni casi, negli stessi siti dove -negli ultimi anni- si assiste a pericolosi cedimenti delle strade). Le stradine, quasi sempre in terra battuta, presentavano una pendenza verso il centro ove si formava un rivolo maleodorante nel quale venivano riversati liquidi (e non solo liquidi) di ogni genere. Ancora agli inizi degli anni 70 qualche nostalgica vecchietta, memore delle antiche usanze, usava svuotare i vasi di notte (cantari o pisciaturi) in mezzo alla strada, Avella. Via Madonna delle Grazie. costringendo il preoccupato viandante -desideroso di evitare maleodoranti aspersioni- ad essere ben sveglio e vigile anche di buon mattino. Normalmente, codesti recipienti venivano svuotati in apposite latrine o cantarielli (asterisco nella foto sotto), o in pozzi neri, e successivamente gli escrementi venivano raccolti e portati nei campi, per essere utilizzati come concime. Frequenti erano le epidemie (soprattutto di tifo e di colera) e numerose le zoonosi. Con questo termine (dal greco zoon, animale) si indicano quelle malattie che possono essere trasmesse dagli animali alluomo, come la tubercolosi, il tetano, la brucellosi (febbre maltese), il carbonchio * ematico e numerose parassitosi. Lagente del tetano si annidava soprattutto negli escrementi di cavalli, asini e muli che, con le piogge, venivano sparsi uniformemente in tutto il paeLultimo secolo

116

LEsagono

I rimedi terapeutici

se, e poteva facilmente infettare gli uomini, penetrando attraverso piccole ferite. La tubercolosi aggrediva prevalentemente le mucche pi debilitate. Il carbonchio e la brucellosi colpivano soprattutto le pecore e le capre. Non era raro che la gente, a valle, bevesse dallo stesso rivolo (lacquedotto a cielo aperto dal quale, a monte, si erano abbeverate le bestie). Le parassitosi erano molto diffuse anche a causa dellabitudine di concimare orti e campi con escrementi umani e animali. La gente del popolo, che non poteva permettersi gli incerti rimedi della medicina dellepoca, sopravviveva nonostante la mancata assistenza dei medici o come ancora sostiene qualche arguto vecchietto- grazie proprio ai loro mancati interventi. La medicina, infatti, era ancora abbastanza empirica e dagli esiti incerti. Cataplasmi (di semi di lino) e salassi (con sanguisughe) costituivano i principali rimedi allora praticati. Non erano ancora disponibili gli antibiotici, che giunsero in Italia insieme allesercito americano, verso la fine della seconda guerra mondiale, e la diagnostica era limitata allintuito del medico. In tale situazione, le arretrate popolazioni rurali non potevano fare altro che ricorrere agli effetti placebo di guaritori e fattucchiere o ai rimedi erboristici. Contro il mal di denti veniva usato, soprattutto dai boscaioli, il Solanum nigrum, detto erba morella o pummarulella servateca (nella foto). Questa erba, dai bulbi commestibili e simili a piccole patate, presenta fusto, foglie e bacche velonose e dalleffetto sedativo sulle terminazioni nervose. Si schiacciavano le bacche su un pezzo di ovatta avvolto su uno spruoccolo (sottile rametto di legno). Si dava fuoco a questa piccola torcia e, a bocca aperta, si faceva in modo che il fumo giungesse al dente dolente o allascesso. A volte funzionava. Questa pianta, lasciata macerare nellolio, forniva anche pomate antidolorifiche.

117

Lultimo secolo

La credulit del popolo

Benedetta Napolitano

Superstizioni e credenze popolari La fede -allora come oggi- sosteneva i malati e gli oppressi ma, purtroppo, il prete veniva considerato quasi alla stregua di uno stregone. La Santa Messa, celebrata in latino per persone che non conoscevano bene neppure litaliano, incuteva riverenza e rispetto. Pi che alla sostanza del messaggio evangelico si badava alla ritualit delle cerimonie e frequenti erano, nella gente del popolo ma non solo, evidenti confusioni e sovrapposizioni tra sacro e profano. La Chiesa lungi dal combattere le superstizioni, le alimentava. Antichi Autori riportano un esilarante ma sintomatico episodio, in cui si intrecciano la miseria e lignoranza del popolo con la fantasiosa psicologia del clero (solo di recente soppiantata da quella dei politici): nel 1631 erutt il vicino Vesuvio con tanta violenza, da lanciare le sue ceneri fino in Dalmazia e nellArcipelago (Grecia), e le sue acque bollenti, miste ad alghe e a pesci cotti, fino ad Avellino e Atripalda; onde le campagne di questa valle ne furono cos danneggiate, che per molto tempo non diedero frutto. Fu solo dopo cinque o sei anni che la vegetazione cominci a risorgere, e prometteva unabbondante raccolta, quando nel 1640 si scaten su queste contrade una invasione di cavallette. La costernazione delle misere popolazioni rurali era al colmo. Per tutto [il circondaro .. vi furono] frequenti processioni penitenziali e scongiuri, tridui e pubbliche preghiere, inutili rimedi. La Curia vescovile di Nola, a calmare un po gli animi terrorizzati, escogit di costituirsi solennemente, nel Duomo di quella citt, innanzi ad un gran popolo in Alta Corte di Giustizia, il Vescovo presidente, il suo Vicario accusatore e il Decano difensore, allo scopo di fare il processo alle bestiole sterminatrici. Laccusatore, dopo una tremenda requisitoria, chiese la pena di morte; il difensore invece lesilio sulla montagna di Somma; il Vescovo, prudente, fu per lesilio; ma le cavallette non se nandarono se non quando ebbero distrutto ogni cosa. Come stato gi detto nel capitolo di Baiano (a proposito delleremo di Ges e Maria e di SantAlfonso dei Liguori), le fattucchiere erano diffuse in tutti i paesi del mandamento, in particolare ad Avella. Alcune massaie, per evitare che le fattucchiere potessero penetrare in casa, passando attraverso il buco della serratura, o sotto la porta, ponevano dietro luscio una scopa o una scupetta (spazzola): la strega prima di poter entrare era obbligata a contarne senza sbagliare- tutti i fili, prima che arrivasse il mattino. In passato non esistevano n la televisione, n la radio, n Internet. Non tutti potevano permettersi di acquistare i libri. Inoltre, non tutti quelli che potevano acquistare un libro erano anche in grado di leggerlo.
Lultimo secolo

118

LEsagono

I cunti e locculto

A questo proposito si narra di un padre che, avendo un figlio ormai adolescente- che non si decideva a imparare alcun mestiere, decise di tenerlo chiuso in casa fino a che non avesse deciso cosa fare della sua vita. La gente del posto, accostando discretamente lorecchio alla porta della loro abitazione sentiva luomo che spazientito- intimava al figlio: liggie liggie, facendo seguire taloralinequivocabile schiocco di uno scapaccione ben assestato. Anche le pi pettegole del paese non potevano fare a meno di parlare bene di cotanto padre che esortava continuamente il figlio a leggere. Ma le cose stavano in ben altro modo: non a leggere veniva esortato il giovane, ma a muoversi in maniera pi leggera. Se, infatti, gli ingenui villici avessero potuto vedere attraverso le pareti, avrebbero potuto osservare il padre che insegnava al figlio come rubare un portafoglio senza farsene accorgere, raccomandandogli continuamente liggie.

Esisteva, perci, la tradizione di tramandare oralmente i vari cunti. Nei paesini del mandamento vi erano alcuni anziani che, come gli antichi cantastorie, conoscevano a memoria tutte le opere di Torquato Tasso. Essi affascinavano i nostri padri, allora bambini, con le mirabolanti imprese di Orlando Furioso, Rinaldo e compagnia. Ma essi non si limitavano a declamare la sola letteratura. Spesso, davanti al fuoco del camino, si divertivano a terrorizzare i loro ascoltatori con racconti di spiriti e di fantasmi, che con minime differenze si narravano anche in paesi fuori del mandamento. Un racconto classico era quello della processione dei morti: Era la novena dei morti, Uel si era alzata prima dellalba per andare alla messa. Uscita di casa vide giungere una processione di persone portanti ognuna un cero acceso. Uel si accorse in breve che le persone che passavano davanti ai suoi occhi pieni di stupore erano tutte persone trapassate. Vide anche una sua amica, morta da tempo, il cui cero si era spento: dallo a me che te lo accendo disse, commossa, rivolgendosi allo spirito dellamica defunta. Non posso aspettare, non ci possiamo trattenere, rispose mesta la defunta. Uel strapp con forza il cero dalla mano dellamica, entr in casa e laccese, ma quando ritorn in strada la processione era ormai scomparsa. Tornata in casa, perplessa, si accorse che il cero non era pi un cero ma losso di un braccio. La sera successiva, aspett che ripassasse la processione dei morti e, senza parlare, ridiede il braccio al fantasma della sua amica defunta. 119 Formula contro il malocchio.
Farsi tre volte il segno della croce. Poi, facendo continuamente col pollice il segno della croce sulla fronte del malcapitato, si recita il seguente scongiuro: Uocchio e maluocchio e perticell alluocchio schiattn e nnemmici e crpan e maluocchi a truvat pa via libbera SantAntunin a truvat pa casa libbera Sant Tummas afujite uocchie smarilitt smaliric cu luocchie e Ges Crist afujite pe chillu vosc oscur add stann sierp viper e curzuni a nomm e Santa Lena, chi te fatt o mal tadda fa o bben a nomm e Dio, stu male ne trova a via. sci, sci, sci accompagnando con un movimento della mano.

Lultimo secolo

Fantasmi - Spiriti - O munaciello

Benedetta Napolitano

Non era infrequente che la gente vedesse (o credesse di vedere) gli spiriti. I racconti terrificanti e lassenza della corrente elettrica facevano facilmente leva sulle persone pi suggestionabili. Ed ecco che i boscaioli, in montagna, dicevano di aver incontrato a Signora re piattini (il fantasma di una dama dal lungo vestito bianco e con lombrellino da sole). Altri raccontavano di essere stati vittima della malombra, un non meglio identificato spirito che confondeva i sensi e faceva in modo che il povero viandante si smarrisse, inspiegabilmente, in luoghi che conosceva perfettamente fin dalla nascita. E anche probabile che, in una civilt pi vicina ai ritmi e allessenza della natura, alcune persone pi sensibile delle altre- sviluppassero (o che non soffocassero) alcune capacit medianiche.
Si racconta (con nomi e cognomi ben precisi) che un certo ragazzino stava tornando a casa dai boschi con lasino carico di legna, messa su dai suoi compaesani pi grandi. Ad un certo punto lasino fin con una zampa in una buca e si accasci a terra. Occorreva scaricare la legna, rimettere in sesto lasinello e ricaricare la legna. Il ragazzino non ce lavrebbe mai fatta da solo. Per fortuna comparve suo padre, che lo rincuor e lo trasse rapidamente dimpaccio. Niente di strano, se non per il fatto che il padre del giovane boscaiolo non fosse appena morto in un ospedale di Napoli, ove era ricoverato per una grave polmonite. Giunto al paese, dove nel frattempo era giunta la notizia del decesso, il ragazzino raccont a tutti la sua storia, tra i pianti e lincredulit delle comari, che si affrettarono a farsi pi volte il segno della croce.

Un personaggio che, a detta delle persone pi anziane, frequentava le case dei nostri avi era o munaciello; cosiddetto perch era uno spirito -o un essere magicodi piccola statura, somigliante ad un bambino o a un nano, e vestito con un saio, come un monaco. O munaciello non uno spiritello tipicamente nostrano. Ne parlava gi la scrittrice Matilde Serao nelle sue Leggende napoletane, pubblicate nel 1880. Anche Carlo Levi ne parla nel suo Cristo si fermato ad Eboli, ove avverte che il folletto mira pi di ogni altra cosa a rientrare in possesso del copricapo sottrattogli: Per riavere il suo berretto rosso, senza cui non pu vivere, il monachicchio ti prometter di svelarti il nascondiglio di un tesoro; ma, appena riavr il suo prezioso copricapo, fuggir con un gran balzo, facendo sberleffi e folli salti di gioia, e non manterr la sua promessa. O munaciello, chiamato anche mazzamauriello (dallo spagnolo matamorillos) compare anche nella Vaiasseide (poema eroicomico in cinque canti Napoli 1612) con il nome di scazzamauriello. Gli studiosi di fenomeni paranormali lo considerano affine ai fenomeni di poltergeist (nda. dal tedesco: spiriti chiassosi) che si riscontrano nelle case dove sia morto un bambino e dove si trovano adolescenti in crisi di crescita che fungono da catalizzatori.
Lultimo secolo

120

LEsagono

Ancora sul munaciello

In passato, qui da noi, sembra che col munaciello ci giocassero, generalmente in soffitta, lontano dagli sguardi indiscreti degli adulti, intere nidiate di bambini. Si racconta pure che a Quadrelle, un certo Pascalotto aveva la sgradevole abitudine di andare a fare i suoi bisogni nella Chiesa. Una sera qui gli apparve o munaciello che, evidentemente, vi abitava. Chiese a Pascalotto il favore di non sporcargli pi quella che egli considerava la sua casa, promettendogli in cambio una moneta doro al giorno. A patto che non svelasse il segreto ad anima viva. La moglie di Pascalotto, insospettita dal fatto che suo marito avesse tutto quel denaro senza disporre di nessun lavoro, costrinse il reticente coniuge a svelargli il segreto. Ebbene, quando Pascalotto la mattina successiva ritorn in Chiesa per ricevere la sua moneta doro, invece del denaro trov un puzzolente pasticciotto di cacca di munaciello.
Macerazione della canapa da fibra in una fusara

121

Lultimo secolo

Il carbonaio

Benedetta Napolitano

Gli antichi mestieri


Nei secoli XVIII e XIX le attivit produttive pi diffuse nei paesi del Baianese erano quelle legate allo sfruttamento dei boschi, dei pascoli e delle campagne per la produzione di quei beni richiesti dallagricoltura, dalle industrie e dalle popolazioni (oggi diremmo dai consumatori) della metropoli partenopea e delle Puglie, con cui esistevano intensi scambi commerciali. Il carbonaio (o graunaro) Notevolissima importanza aveva la produzione di carbone. Non esistevano ancora n lelettricit (i cui primi timidi tentativi di un serio utilizzo risalgono ai primi decenni del XX secolo) n il motore a scoppio (quello a benzina fu inventato solo nel 1882) e lunica forza motrice disponibile era quella fornita dalle macchine a vapore, funzionanti a legna o a carbone. Navi, treni e macchine industriali necessitavano, perci, di ingenti quantit di questo combustibile. Nessuna meraviglia, quindi, che sfogliando i vecchi registri dei vari comuni, quello del carbonaio risulti essere stato uno dei mestieri pi diffusi del mandamento. E ci anche in considerazione dellabbondanza della materia prima, costituita dagli estesi boschi di ceduo. I pi anziani ci raccontano della dura vita dei carbonai e delle tecniche da essi usate per produrre il carbone. Generalmente, la squadra dei carbonai era costituita da almeno tre o quattro persone. Talora erano presenti anche le mogli. Siccome lintero lavoro (dalla costruzione della carbonaia al recupero del carbone) poteva richiedere anche una quindicina di giorni, essi costruivano innanzitutto una baracca (capanna), la cui porta era costituita da una fascina di rami o da frasche. Poi si costruivano i rastrelli in legno e le scarpe in legno di fico (che resiste alle alte temperature e isola dal calore). Poi si spianava la piazzola su un terreno il pi possibile pianeggiante. Se il terreno era in pendenza si costruiva unimpalcatura (piattabanda). Si rimuovevano pietre, cespugli e ceppe di piante. Si appianavano i dislivelli con foglie secche e rami sottili, ricoperti con uno strato di terra e poi si dava il via alla costruzione della carbonaia vera e propria.
Gli antichi mestieri

122

LEsagono

La costruzione del catuozzo

Si costruiva il castelletto centrale (vedi foto), che fungeva da bocca della carbonaia. Attorno a questo si faceva la catasta di tronchi e rami, disponendo i pi piccoli in basso e i pi grossi in alto. Poi si ricopriva il tutto con frasche (disposte verso il basso), su cui si appoggiava uno strato di zolle derba (e tempe) e di terra, in modo da non lasciar passare laria. Veniva lasciata aperta solo la parte superiore (bocca del castelletto), nella quale venivano posti due tronchetti disposti a croce (a m di griglia). Sui tronchetti venivano accese delle frasche e, poi, della legna sottile. Man mano che la legna in cima bruciava si formava della cenere che cadeva nel castelletto e che provocava la combustione della parte inferiore. Quando il fuoco era ben avviato si lasciavano cadere i resti dei due tronchetti disposti a croce e si cominciava ad alimentare la fiamma accesa alla base del castelletto. Si aggiungevano corti pezzi di legno fino a riempire completamente il castelletto. A questo punto veniva chiusa la bocca, per essere riaperta ogni 12 ore per dare da mangiare alla carbonaia, aggiungendo altra legna nel castelletto. Il fuoco, allinterno del castelletto catuozzo (come veniva pure chiamata la carbonaia), non si spegneva perch alimentato dallossigeno presente nella legna fresca. Inoltre, venivano aperti dei fori di aerazione (a circa un metro dalla cima), attraverso i quali usciva del fumo, bianco perch ricco di vapore acqueo. Quando il fumo diventava acre e azzurrognolo i fori venivano richiusi e ne venivano aperti altri un metro pi in basso e cos via. Aerare troppo il catuozzo (cosa che poteva capitare a causa del vento o della formazione di qualche crepa nella struttura) significava, letteralmente, mandare in cenere tutta la legna. La carbonaia, perci, andava governata (curata, vigilata e nutrita) ininterrottamente, anche di notte. Le dimensioni delle carbonaie erano variabili. Quelle pi piccole misuravano 3-4 metri di diametro per un circa due metri di altezza. Ma, normalmente, erano molto pi grandi. La resa era attorno al 40%. Cio, da cento quintali di legna fresca si ottenevano circa 40 quintali di nero carbone. Ma essa variava in relazione al tipo di legna e del tipo di cottura subita. Alla fine della cottura, cio, quando anche i fori alla base avevano smesso di emettere fumo azzurrognolo, si aspetta123
Gli antichi mestieri

A carcara

Benedetta Napolitano

va il raffreddamento del catuozzo (e ci era in relazione alle dimensione dello stesso) e si rastrellava il carbone. Nerissimo, lucente, leggero e di una sonorit metallica. Questo veniva messo in appositi sacchi (pi grandi del normale perch il carbone pesa di meno) e portati a valle, a dorso dasino (tre per ogni animale). Alla fine del lavoro tutto era di colore nero. Si vedevano brillare solo gli occhi dei carbonai. Presumibilmente, lespressione te ne vai po fummo, che tradotto liberamente, significa vai ad intuito, deriva proprio dal mestiere dei carbonai che, come si visto, in base al colore del fumo stabilivano se il catuozzo era cotto oppure no. Calcarea (o carcararo) Nella fornace calcarea o carcara, per cottura della pietra calcarea o pietra viva, veniva prodotta la calce viva, di aspetto e consistenza polverulenta. Questa, com noto, a contatto con lacqua reagisce violentemente e comincia a ribollire (reazione esotermica) producendo la calce spenta, usata in edilizia, come legante della pietra e per gli intonaci, e come ammendante (correttore del Ph) e anticrittogamico, in agricoltura. Tutte le nostre montagne sono costituite da calcare, ad eccezione di qualche 1957 collinetta che presenta depositi di arenaria o di tufo. La materia prima, quindi, non mancava, e neppure il combustibile, costituito da fascine (srcine e sarcinelle), gusci di noccile, segatura, pannelli dei frantoi oleari e materiali simili. In molti casi, i proprietari delle carcare erano anche industriali boschivi. Ogni paesino aveva le sue fornaci calcaree. Addirittura, nel secondo dopoguerra, a Baiano, nel bosco di Arciano, vi era un cantiere-scuola del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale (vedi foto sopra). La fornace calcarea era costituita da due ambienti sovrapposti, comunicanti tra loro attraverso un grosso foro centrale. Superiormente vi era la fornace vera e
Gli antichi mestieri

124

LEsagono

Il duro lavoro del carcararo

propria e, sotto di essa, era posta la camera di sgombero, dalla quale veniva estratta la cenere. Attraverso il foro centrale cadeva la cenere e saliva laria. Su di esso veniva composta, ad ogni cottura, la grata costituita da grossi massi di pietra viva (che sarebbero stati cotti insieme a tutti gli altri), disposti a cupola (per poter reggere il carico) e appoggiati tra di loro tramite gli spigoli (lasciando cos dei fori attraverso i quali poteva cadere la cenere e passare laria). Lintera struttura della fornace era costituita dallo stesso tipo di pietre che, cotte, si sarebbero trasformate in calce Mugnano viva. Per questo motivo, allo scopo di evitare di rifare la fornace ad ogni cottura, il suo interno veniva rivestito da una fodera, costituita da uno strato di calce e pietre di piccole dimensioni. Le pietre da cuocere venivano poste in circolo attorno al foro centrale, che rimane libero, e lasciando nel perimetro alcuni spazi (canne di tiraggio). Man mano che si sale le pietre convergono sempre pi verso il foro centrale, per cui esse vengono ad assumere una conformazione a cono. Successivamente viene riempita lintercapedine tra lanello di pietre centrale e la fodera. Riempita tutta la fornace si versa sulla sommit un impasto di calce che ha la funzione di evitare le dispersioni di calore, lasciando liberi il foro centrale e i fori delle canne. Le fascine (o altro combustibile) vengono scaricate e accese nel cilindro centrale. Il lavoro di caricamento poteva durare anche un mese. La cottura delle pietre, ad una temperatura superiore agli 800 gradi centigradi, prosegue per circa 12 giorni. Nelle prime 24 ore la pietra diventa fragile come vetro. Successivamente, per la perdita dellacqua, il suo peso si riduce a quasi la met e comincia a diminuire anche il volume, mentre appaiono le prime lesioni. La cottura si considerava ultimata quando, spiando attraverso le canne, si verificava che le pietre avevano assunto un caratteristico colore giallo-oro. A detta dei vecchi carcarari, si trattava di un lavoro estremamente faticoso, tanto vero che si tramanda il modo di dire e fatt a carcara, per indicare una fatica sovrumana o come sfott indirizzato verso qualche sfaticato. Anche il lavoro di vigilanza e di cura della carcara, consistente nellaggiunta di altro combustibile e nella sottrazione di cenere e carbonella, era particolarmente dannosa per la salute perch esponeva gli operai a continui sbalzi di temperatura e, nei giorni pi ventosi, a pericolosi ritorni di fiamma. 125
Gli antichi mestieri

Come si produceva il ghiaccio

Benedetta Napolitano

Neviera Le neviere, in epoche in cui non esistevano frigoriferi, rappresentavano lunica possibilit di ottenere, nei periodi caldi, bevande o cibi freddi o di poter refrigerare e quindi conservare pi a lungo cibi deperibili. Esse si trovavano sui monti Avella, a Summonte e al Campo di Montevergine. Erano costituite da semplici buche nel terreno, che giungevano fino a 510 metri di diametro e altrettanti di profondit. Durante linverno venivano riempite con neve fresca, trasportata con carriole e ceste e pressata con i piedi o con mazzuole e neviera piccoli tronchetti. Quando la profondit della neviera lo consentiva, si facevano pi strati di ghiaccio, separati tra loro da frasche e foglie secche, che avevano funzioni isolanti. Questo sistema consentiva di mantenere freddo lo strato pi profondo anche quando si estraeva il ghiaccio dagli strati pi superficiali. Oggi delle neviere rimangono solo poche tracce, costituite da un avvallamento del terreno o da qualche pozzanghera che si forma dopo le piogge, in quanto, col trascorrere dei decenni sono state ricoperte dai detriti trascinati dallo scorrere delle acque superficiali. Era un mestiere prevalentemente femminile. A Mugnano del Cardinale, proprietario di importanti neviere situate a Summonte e al Campo di Montevergine, era un certo Santo Bellusci. Il ghiaccio, coperto da sacchi, veniva trasportato a valle o a dorso di muli oppure dalle donne, che lo tenevano in testa, portato in uno straordinario equilibrio dinamico, appoggiato al curuogliolo (una sorta di turbante di pezze). I blocchi di ghiaccio venivano poi posti in veri e propri depositi (uno di questi era situato nelle adiacenze del palazzotto Canonico, ora palazzo Guerriero), in localit Cognulo a Mugnano del Cardinale. Altre importanti neviere si trovavano a Monteforte Irpino. La neve veniva conservata e pressata nelle grotte ricavate dallestrazione del tufo (situate praticamente sotto lautostrada, poco pi in basso della fontana Carlo-III). Il ghiaccio, oltre che per la produzione di granite e gelati, veniva usato per la conservazione degli alimenti (venivano a comprarlo anche da Napoli) e negli ospedali.
Gli antichi mestieri

126

LEsagono

Gli ultimi sportellari

Sportellaro Quello dello sportellaro stato uno dei mestieri pi importanti del mandamento baianese, che ha conservato una larga diffusione quantomeno fino ai primi anni 70, quando, a somiglianza di quanto stava capitando per i bottai, ha conosciuto una rapida e inesorabile decadenza, a causa dellavvento delle materie plastiche. Allepoca, i nostri paesini erano piuttosto ritmici. I principali percussionisti erano costituiti da ferracavalli, bottai, fabbri e sportellari che con i loro strumenti (di lavoro) facevano riecheggiare la tranquilla e laboriosa vallata di ritmici rintocchi -talora metallici e argentini, talora sordi e legnosi- intervallati, di tanto in tanto, dal raglio malinconico di qualche asinello o, nelle assolate giornate destate, dallinsistente canto delle cicale. Non era raro incrociare per la strada grossi carri (e traini), tirati da flemmatici cavalli, carichi fino allinverosimile di traballanti file di sporte, a volte alte pi di tre metri. Per la lavorazione venivano usati solo pochi strumenti (vedi foto a pag. seguente) e un forno a due piani: nello scomparto inferiore veniva acceso il fuoco e in quello superiore i pali da ammorbidire. Venivano usati pali di castagno con diametro da due (e vuccali) fino a sette od otto centimetri (e vaccele): i primi servivano per rinforzare il bordo superiore e per i manici, i secondi per ricavarne le strisce di legno da usare nellintreccio delle sporte o dei panari. Ai pali di castagno vengono tagliate le estremit inferiori (perch poco flessibili e non adatte allintreccio) e le punte. Poi vengono tenuti a bagnomaria per alcune settimane. Infine, vengono messi ad ammorbidire nel forno, per circa mezzora. Il legno ancora rovente viene, poi, spaccato longitudinalmente prima in due parti e, successivamente, in tante strisce di legno sottili. Una volta questa operazione veniva fatta, letteralmente, con i denti. Ciccio e Limpiella di Mugnano, collaboratore di uno degli ultimi sportellari rimasti (il Sig. Stefano Napoletano, che ha il suo laboratorio nel quartiere Vesuni 127
Gli antichi mestieri

Le fuscelle

Benedetta Napolitano

di Baiano), ci precisa che molto importante che le strisce abbiano un giusto e uniforme spessore: strisce troppo sottili sarebbero pi facili da intrecciare ma le sporte cos ottenute risulterebbero troppo fragili. Le mani, rese ruvide dal contatto con il legno rovente, e nere, per il tannino contenuto nella corteccia e nel legno di castagno, testimoniano la dura fatica necessaria per produrre questi antichi ma ecologici contenitori. Le donne, soprattutto ad Avella, intrecciavano anche i sottili rametti di vimini (salix viminalis), di ginestre e di giunchi (spartium iunceum, altra specie di ginestra), per realizzare ceste per la frutta o fuscelle per contenere la ricotta.

Gli antichi mestieri

128

LEsagono

Il lavoro nei boschi

Il boscaiolo (o mannese) Mestiere diffusissimo nel Baianese, tra i nostri nonni e trisavoli. I boscaioli tagliavano la legna da ardere, la legna per gli sportellari, e murcuni per fare le toghe delle botti, la legna per i carbonai, per gli scalari, per i falegnami (o masturasci, termine che proviene da maestro dascia), per lagricoltura (e pertiche), per le costruzioni (e trav per i soffitti), per le traversine delle ferrovie e per le segherie. In passato il taglio degli alberi veniva effettuato con le accette e con le roncole (o runcino). Successivamente venne usato, per gli alberi di alto fusto, il segone a mano (o strungone) sostituito, solo attorno al 1960, dalla motosega. Anche le donne partecipavano a questo lavoro. Queste erano dedite ai lavori -si fa per dire- pi leggeri, come la pulizia del sottobosco e la sramatura delle piante di alto fusto. Quando non erano disponibili i mulattieri (i proprietari dei muli), gli uomini, attaccate alcune funi ai grossi tronchi di castagno, dovevano anche tirare e trav fino a valle. Quando i boscaioli andavano a lavorare fuori regione (Abruzzo, Lazio, Toscana, Lucania), poteva capitare che si dovesse spostare lintera famiglia. In questo caso il gruppo di boscaioli viveva in gruppi di capanne costruite da loro stessi. Spesso il tetto era coperto dalle tmpe (zolle di terra inerbite), altre volte da carta catramata o dalle bandone (lamiere ondulate) di zinco. Il boscaiolo costruiva anche una rudimentale stufa a legna, aprendo -in un bidone metallico- una porticina per infilarci la legna e un foro per collegarci la canna fumaria. Visto il tipo di lavoro, che richiedeva la collaborazione di tutti quanti, e il forzato isolamento del gruppo che poteva protrarsi anche per svariati mesi- fra i boscaioli erano fortissimi i vincoli di solidariet e di mutuo soccorso.
Quando si usavano ancora e strungun a man (i segoni a mano), ad adoperarli erano le paranze, ovvero delle squadre costituite da due uomini. Essi dovevano lavorare in perfetta sintonia: quando luno spingeva, laltro doveva tirare e viceversa. Inoltre, nessuno doveva fare il furbo e riposarsi facendo sforzare solo laltro. Poteva, naturalmente, capitare che i due boscaioli litigassero tra di loro, magari per qualche banale motivo. Ebbene, anche in questo caso, i due amici (poich in fondo rimanevano sempre amici) dovevano continuare a lavorare insieme, anche se non si parlavano: luno era indispensabile allaltro. Il gi citato Cav. Antonio De Rosa, di Sirignano, narra il seguente episodio: Due boscaioli di una stessa paranza, che momentaneamente non si parlavano, avevano perso e zeppe. Queste sono dei cunei di ferro (ma ve ne erano anche di legno) che, inseriti con la mazzetta- nella fessura del taglio operato dal segone, hanno la duplice funzione di orientare la caduta dellalbero e di impedire che il peso del fusto schiacciasse la lama della sega. Ritrovare le zeppe nello spesso strato di foglie era come cercare un

129

Gli antichi mestieri

Altri mestieri

Benedetta Napolitano

ago in un pagliaio e loperazione poteva richiedere anche molto tempo. I due amicinemici, sempre senza parlarsi, si misero alla ricerca di buona lena. Quando uno di essi ebbe ritrovate le zeppe, tenute insieme da uno spago, ebbe il problema di comunicarlo allaltro, distante qualche decina di metri e naturalmente- sempre senza parlare. Egli, perci, cominci a sbattere luna contro laltra le zeppe che, con i loro rintocchi metallici avvertirono laltro uomo dellavvenuto ritrovamento. I due amici, guardandosi dritti negli occhi e rendendosi finalmente conto di quanto fosse stato infantile il loro comportamento, scoppiarono in una sonora risata e fecero finalmente la pace.

Altri mestieri, che si ritrovano anche in alcuni soprannomi (stortanomme o scungicanomme) erano quello del funaro (che intrecciava corde di canapa), dello scalaro e tanti altri mestieri (come il sarto, il bottaio, lo zoccolaro ed altri) che, non essendo tipici della nostra zona, non verranno trattati. Una menzione particolare merita o ferraro. Alcuni di essi, oltre a svolgere i normali lavori in ferro battuto, avevano sviluppato notevoli capacit metallurgiche ed erano diventati veri e propri maestri nellarte di temperare i metalli (acciari, ovvero rendere duro come lacciaio).

Sirignano. Anni 50. Fabbrica di botti della famiglia Saveriano.

Gli antichi mestieri

130

LEsagono

I giochi dei nostri nonni

I giochi di una volta


Oltre ai giochi praticati dai ragazzi ancora oggi, come la moscacieca, il nascondino, a semmana, il tiro alla fune ed altri, vi erano alcuni giochi tipici della prima met del secolo scorso. Qui di seguito verranno elencati i principali. Mazza e piz Questo gioco aveva una certa somiglianza con il baseball americano. Si giocava con due legnetti: una mazza di circa mezzo metro e un pizdi una quindicina di centimetri e con le estremit appuntite. Lattrezzo pi corto veniva posto inclinato in una piccola buca, con unestremit sollevata. Il battitore colpiva, dallalto verso il basso, lestremit sporgente del piz che rimbalzava in aria. Subito dopo, come si fa con la palla del baseball, doveva colpirlo di nuovo per lanciarlo il pi lontano possibile. Il ricevitore, una volta recuperato il piz, per conquistare la mazza e diventare battitore, doveva far giungere il piz in buca (con uno o pi lanci rasoterra) cercando di evitare che il battitore lo rilanciasse lontano prima che esso toccasse il suolo. In questo gioco era importante non solo conquistare la buca ma, com ovvio, anche evitare di essere colpiti in testa dal piz. O carruocciol Ve ne erano di vari tipi. Il modello pi antico (foto sotto) montava due ruote di legno posteriori e due su un corto asse sterzante anteriore. La versione pi evoluta, in uso fino alla fine degli anni 60, portava lasse sterzante anteriore molto pi lungo e sterzabile anche con i piedi, che vi venivano appoggiati sopra. Le ruote di legno erano state sostituite dai grossi cuscinetti a sfera dei camion. Nei paesi pi in pianura, come Sperone e Baiano, si procedeva grazie alla spinta di un compagno di giochi. Nei paesi con forti discese (Quadrelle, Sirignano e Mugnano) si tenevano vere e proprie gare di velocit (e di coraggio). Non sempre, infatti, era agevole frenare. I freni, ottenuti con mazze improvvisate, a volte si rompevano nel momento meno opportuno. I pi abili, in caso di guai, si lasciavano cadere rotolandosi su di un lato. O strummul (dal greco, strbilos) Si trattava di una trottola di legno, a forma di cono rovesciato, con una punta di ferro e con delle scanalature sulle quali veniva arrotolato uno spago. Si lanciava tirando lo spago a s, in maniera da conferire allattrezzo un movimento rotatorio. Vinceva chi riusciva a far girare la trottola pi a lungo degli altri. 131
I giochi di una volta

I giochi dei nostri nonni

Benedetta Napolitano

O chrchio (dal greco krkos) I cerchi potevano essere di due tipi, o di legno o di ferro, entrambi usati nella costruzione delle botti. Il cerchio si guidava con una bacchetta di legno, seguendo un percorso dritto o con alcune curve. Vinceva chi arrivava prima al traguardo.
Baiano. 1926. Il bimbo al centro Silvino Foglia

O sciscaro (da: sciscare=fischiare) Era una sorta di flauto che, soprattutto i pastori, intagliavano a primavera dalla scorza di un rametto di pioppo. Veniva usato come uno zufolo.

Oltre a quelli menzionati, esistevano anche alcuni giochi molto pericolosi. Alcuni ragazzini erano abilissimi a costruire archi e frecce micidiali, con le quali andavano a caccia di bisce, lucertole, topi e uccelli. Larco era ricavato da due fili di ferro degli ombrelli, tenuti insieme da fil di ferro o da una lenza (dei muratori). La corda era costituita da una lenza e la freccia da un ferro di ombrello appuntito. Era una vera e propria arma che, talora provocava ferite gravissime (anche la perdita di un occhio). Altri gioci pericolosi erano la freccia per lanciare le pietre (fatta con un ramo a forma di Y e con le molle ricavate da camere daria) e la fionda. Ma il gioco pi diffuso era, forse, quello del calcio: il proprietario del pallone giocava sempre (naturalmente) e sceglieva la squadra. Il pi timido finiva sempre per giocare in porta.

Campionato 1 divisione. Anno 1946/47. Napoli e Baiano in scuro. Vinse il Baiano 2-1

I giochi di una volta

132

LEsagono

Filastrocche per nonni e bambini

Alcune filastrocche che ancora oggi si recitano


Tarantella tarantella scinn abbascia a sta purtella ch venuto o cusutore e a purtat la vunnella tutta nocche e zigarelle quann cammin par bell par bell e porta onore pappavall rint a caiola sta caiola c o fierro o pro tira tira ca se ne vene se ne vene ca puca r o pesce e che puzza e baccal quann muglierema esce prena cumm riavul amm a f ce ne iamm o mercatiello e laccattam nu pazziariello e c a ncnia e c o martiello ce mettimmo a pazzi. Zi monaco, zipreveto ten na figlia e nun ma v ra e ie m mett a iastumm. Caruse, melluse mpizze a capa rinto pertuse; mpizzancella chiane chiane e nu fa male o parrocchiane. Sega sega, mastu Ciccio na panella e nu sasiccio. A panella ci a mangiammo e o sasiccio ci o stipammo ci o stipammo pe natal quann venen e zampugnari ci facimm na veppet e vin e gloria gloria r o bambino.

Arri arri a Nola a truv zi Nicole; ziNicole nun ce steva, ce steva la mugliera ca cuceva li maccarun e diciett rammenne dui; me ne riv nu piatt e o mettiva ncoppo o banco iva o sorice tang tang e se mangiav tutti quant lv uttai na rattacasa laccuglietto na pacca e naso l menai nu lavanaturo laccuglietto na pacca e culo.
Sega sega, nun voglio seg tenco na figlia ra mmarit e carrozz anna scucc chi tena a mmiria add crep. Micia, micella, vatta, vattelle add si gghiut? -add ze Rosa che tha dato? -o ppane e o case. fusta la casa, fusta la casa.

133

I giochi di una volta

La formazione della Valle Avellana - Il Clanio - Idrologia

Benedetta Napolitano

Lambiente naturale
La valle del Baianese delimitata da due dorsali carbonatiche: a Nord dai monti Avella, disposti secondo il tipico andamento appenninico (NordOvestSudEst) e a Sud dai Monti di Lauro (cfr. cartine a pag.20). I rilievi sono costituiti prevalentemente da rocce calcaree, formatesi tra Giurassico e il Cretacico, ma il ritrovamento -sui monti di Avella- di alcuni fossili di organismi marini (gasteropodi, lamellibranchi e coralli) databili a circa 125 milioni di anni fa, indica chiaramente che in quelle ere geologiche la catena montuosa delle porche di Avella ancora non esisteva e che, al suo posto, cera un fondale marino. I primi rilievi cominciarono ad emergere, indicativamente, nel corso del Plesistocene superiore (150.000- 10.000 a.C.). La vetta pi alta dei Monti di Avella si eleva fino a 1.598 metri; centocinque metri pi in alto della stessa Montevergine. Sulla sommit dei rilievi spesso la roccia affiorante ma, altrove, ricoperta da materiale piroclastico da caduta (cenere, lapilli, pomici) proveniente in massima parte dallattivit eruttiva del complesso vulcanico Somma-Vesuvio (ma anche dai Campi Flegrei e da altri numerosi siti vulcanici). Nel corso dellultima glaciazione (Wurm, 33.000 anni fa) vi fu una terrificante eruzione ignimbritica e un vero e proprio mare di tufo fuso si rivers nella depressione Campana. Successivi accumuli di materiale erosivo e vulcanico colmarono ulteriormente la valle nei millenni successivi. Secondo i geologi, esisterebbero due faglie inverse (spaccature della crosta terrestre) che collegherebbero il nostro mandamento con il Vesuvio: un loro eventuale movimento (terremoto) potrebbe essere causato dallattivit vesuviana o, inversamente, contribuire a risvegliare il gigante di fuoco. La valle del Baianese non presenta corsi dacqua perenni. Essa chiusa a Sud dai torrenti Acqualonga e Gaudo-Sciminaro e a Nord dal torrente Clanio. Questultimo, con la sua acqua ha consentito i primi insediamenti di uomini primitivi (si veda il capitolo Storia e destino comuni), ma ha anche contribuito a rendere la Piana Campana un vero e proprio acquitrino, che ha facilitato linsorgere della malaria e di altre epidemie fino a quando, nel 1539, le sue acque non vennero finalmente regimentate con la costruzione dei Regi Lagni. Essi, dopo un percorso di circa 60 Km, si dividono in due rami che sfociano luno nel Mar Tirreno, presso Castelvolturno, e laltro nel Lago di Patria. Dal punto di vista idrologico, il nostro comprensorio pu essere considerato ben fornito di acqua. Esistono falde sospese che danno vita alle numerose piccole sorgenti presenti nelle nostre montagne (vedi tabella a pag.140), e unimportante idrostruttura profonda (comunicante, sembra, con lacquifero di Sarno) che, sotLambiente naturale

134

LEsagono

Clima - Flora

to i nostri piedi, a una profondit media di circa duecento metri, costituirebbe un vero e proprio lago sotterraneo dello spessore di circa sessanta metri. E lecito pensare che il nostro sottosuolo sia ricco di imponenti formazioni carsiche ma, al momento, si conoscono solo le tre grotte di Avella (vedi foto a pag.41), la fossa di Mugnano del Cardinale e alcune bocche del vento. Il clima risente sia della relativa vicinanza dal mare (circa 25 Km) che della presenza dei rilievi. Secondo la classificazione di Pavari e De Philippis, che mette in relazione clima e flora, il nostro clima si trova a cavallo tra il Lauretum (maggiore di 19C) e il Fagetum (inferiore ai 10C). Sui rilievi la piovosit raggiunge punte di 2.200 mm di pioggia. Secondo misurazioni effettuate ad Avella, con una stazione posta a 198 metri slm, la media degli ultimi trentanni si aggira attorno ai 1.100 mm. La pi evidente caratteristica climatica del nostro ambiente rimane, in ogni caso, il forte, secco e gelido vento di tramontana che non di rado giunge ad una velocit di venti o trenta nodi, con punte di cinquanta nodi (per avere il valore in Km/ora moltiplicare per 1,852). La flora La coltura che predomina alle quote pi basse il noccilo (Corylus avellana) cui, salendo di quota, subentrano, nellordine, lolivo (Olea europaea), il castagno (Castanea Sativa) e, oltre i 1000 metri, il faggio (Fagus Silvatica). Pi sopra ancora si trovano alcune specie di pino, tra cui ricordiamo il Pinus Laricio . In passato, soprattutto in pianura ma anche in collina, si trovavano estesi vigneti, ciliegi, pomacee (meli e peri), e piante di gelso (le ceuze, in dialetto) le cui foglie costituivano il foraggio dei bachi da seta (Bombyx mori), un tempo allevati nei nostri paesini da quasi tutte le famiglie. Fra i 900 e i 1.500 metri, si trovano, fra i boschi di faggio, alcuni alberi di tasso (Taxus baccata). Si tratta di una pianta velenosa in tutte le sue parti per la presenza di un alcaloide chiamato tassina. Tra le altre specie diffuse sul territorio, sono presenti noci (Juglans regia), ntani napoletani (Alnus cordata), olmi (Ulmus glabra, Ulmus minor), il kaki (Diospyros Kaki), il sorbo (Sorbus aucuparia, Sorbus aria), le varie specie di acero (Acer lobelii, Acer platanoides, Acer pseudoplatanus, A. negundo, A. campestre, A. obtusatum), il carpino (Ostrya carpinifolia), lorniello (Fraxinus ornus), il carpino bianco (Carpinus orientalis). Sono presenti anche le querce (Quercus), i lecci (Quercus ilex). Lungo le strade troviamo i platani (Platanus orientalis, P. Occidentalis), il pioppo nero (Populus nigra), il tiglio (Tilia cordata), il biancospino (Crataegus oxiacantha). 135
Lambiente naturale

I funghi: esseri al limite tra il regno animale e il regno vegetale Benedetta Napolitano

Non tutti sanno che i nostri boschi sono ricchi di numerose specie di orchidee, come la Orchis morio subsp. Picta, Orchis mascula, Orchis pauciflora, presenti nelle localit Piano del Pozzo e Piano Maggiore ai confini dei territori di Avella e Roccarainola (600-900 m slm). Mentre sulla collina delle Vallicelle (Mugnano del Cardinale e Quadrelle) sono presenti Orchis papilionacea, Orchis x gennari, Orchis purpurea, Orchis pauciflora ed altre. Nel sottobosco troviamo: pungitopo (Ruscus aculeatus), edera (Hedera helix), salvia (Salvia glutinosa), rosa selvatica (rosa sempervirens), fragola (Fragaria vesca), asparago (Asparagus acutifolius), origano (Origanum vulgare), e vari tipi di felci e di ginestre (Spartium iunceum, ecc.), graminacee da prato ed erbe officinali. Sono state censite oltre 700 specie vegetali diverse. I funghi Da noi esiste una buona variet di funghi. Si trovano i chiodini (Armillaria mellea), detti e semmentini, che si trovano vicino alle ceppaie di noccilo o di alberi da frutto e nei boschi di faggio e di castagno. Poi vi sono i porcini (Boletus edulis), detti comunemente amuniti, che si trovano, di prevalenza, nei faggeti e nei castagneti (ma alcune specie si trovano anche sotto le querce e nelle pinete). Da menzionare i taurini, del gruppo dei porcini, ma velenosi, dal cappello pi rossiccio e dalla carne (cos si chiama il corpo dei funghi) che, se tagliata, ossidandosi a contatto con laria, diventa subito rossiccia o bluastra. Alcuni boscaioli di Monteforte Irpino li mangiano dopo averli ben bolliti, infatti la tossina termolabile, ovvero, si distrugge con il calore. Sono presenti anche numerose specie di prataioli, spugnole, e conocchie o mazze di tamburo (Lepiota, Macrolepiota, Agaricus ecc..) che vivono sullo strame (materiale organico in decomposizione), da non tutti conosciuti e apprezzati. Se si fortunati, possibile trovare anche l Amanita cesarea (detta, in dialetto, pirozzola e uovo, tuorlo duovo). I parenti velenosi, anzi letali, di questa specie e cio lAmanita muscaria (con sparse macchie bianche sul cappello rosso), e lAmanita phalloides (dal cappello verde), sembra che da noi non siano presenti: comunque meglio fare attenzione, non si sa mai. Altre specie nostrane sono i lattari (detti e piesciuli) e i Cantharellus cibarius (detti e gallinelle oppuree manolle). Infine, va menzionato il tartufo nero (Tuber aestivum) che cresce sotto terra e che viene cercato con laiuto di cani o di maiali addestrati allo scopo. Si trova nei faggeti, nei querceti e nei noccioleti.
Lambiente naturale

136

LEsagono

Rinvenimenti preistorici - Anfibi e rettili

La fauna Da rinvenimenti effettuati lungo il Clanio, nel territorio di Avella, si potuto verificare che in epoca preistorica erano presenti lorso (Ursus Arctos), il tasso (Meles meles), la martora (Martes martes), la tartaruga terrestre, il capriolo e il cervo (Cervius). Numerose ed interessanti sono le specie animali attualmente presenti. Tra gli anfibi appartenenti agli Urodeli (le specie provviste di coda anche da adulti), troviamo la salamandra pezzata (Salamandra salamandra gigliolii) dalle grandi macchie gialle nere, la salamandra dagli occhiali (Salamandra tergidata), risalente allera quaternaria, e alcune specie di tritoni il cui habitat costituito dalle acque stagnanti di cisterne e pozzi. Tra gli anfibi Anuri (le specie sprovviste di coda da adulti), troviamo il rospo comune (Bufo bufo spinosus) ed il rospo smeraldino (Bufo viridis). Nelle zone pi umide, come lalto corso del Clanio, si possono incontrare anche alcune specie di rane, come la rana greca (Rana graeca italica), appartenente alle rane rosse(lunga circa 6 cm e dalla caratteristica V capovolta sul dorso) e la Rana ridibunda, verde, lunga fino a 15 cm. Dei rettili ricordiamo la lucertola campestre (Podarcis sicula), presente ovunque, la lucertola muraiola (Podarcis muralis breviceps), comune in alta montagna, e il ramarro (Lacerta viridis). Negli abitati frequenti sono i gechi. M o l t o particolare la luscengola (Chalcides chalcides). Questo sauro, somigliante ad un serpente, in realt una via di mezzo fra le lucertole e i serpenti. Lungo fino a 40 cm, di colore verde scuro o bronzeo, presenta lunghe strisce dorsali chiare. La sua caratteristica distintiva che presenta piccole zampette provviste di tre dita che, durante la fuga, vengono retratte in apposite cavit presenti lungo il corpo. Inoltre vivipara (non produce uova che poi si schiudono ma partorisce come gli esseri umani). Fra i serpenti ricordiamo il cervone (Elaphe quattuorlineata) che, come dice il nome, presenta quattro linee longitudinali scure su corpo chiaro. Lungo fino a 2,60 m un serpente costrittore: soffoca la vittima fra le sue spire e poi la ingoia; riesce ad ingoiare anche piccioni e conigli. E uno dei serpenti pi timidi dEuropa. Esso, conosciuto dagli allevatori del Campo di Summonte col nome dialettale di impastoiavacche, ghiotto di latte, come del resto tutti i serpenti. Esso si porta sotto le mammelle delle vacche e vi succhia il latte. La vacca, che prova sollievo perch si alleggerisce del latte, addirittura ritorna allo stesso posto dove stata munta la prima volta dal serpente e lo aspetta, ed esso, puntualmente, arriva. Diffusi sul territorio sono altres la biscia dal collare (Natrix natrix), il colubro liscio (Coronella austriaca) e il biacco (Coluber viridiflavus). Un discorso a parte merita laspide o vipera comune (Vipera aspis), lunico 137
Lambiente naturale

Uccelli - Mammiferi

Benedetta Napolitano

serpente velenoso presente nel nostro territorio. Si distingue dagli altri serpenti locali, innocui, per avere testa triangolare, muso dallapice rivolto verso lalto e pupilla verticale (come quella dei gatti). Il colore del corpo variabile dal grigio, al rosa, al bruno con quattro strisce scure pi o meno estese ai lati del corpo, la punta della coda rosa, la parte addominale va dal giallo chiaro al rosso scuro. E lunga circa 70-80 cm. Passando agli uccelli, segnaliamo oltre a quelli pi comuni, presenti nelle zone urbane e nelle campagne circostanti come le colombe, le tortore, i passeri, i fringuelli, le rondini, le cince e i merli, anche quelli meno comuni come le beccacce, le quaglie, lupupa, il pettirosso, lusignolo, la poiana, il picchio, la civetta, il barbagianni, il gufo, la capinera, il cardellino, la gazza, la pica. In zone di montagna, nella parte pi alta dei Monti Avella, se si fortunati, si possono avvistare anche lastore, il falco pellegrino, il corvo imperiale e, forse, anche lo sparviere (pi comune nellaltro versante dei Monti Avella, nei boschi di Pannarano e Cervinara). I fagiani sono presenti -normalmente- solo per poche ore; dal momento del lancio da parte delle associazioni venatorie, al momento della loro fucilazione da parte dei cacciatori: passano in poche ore dalla gabbia alla pentola. I mammiferi, sono presenti con quasi 30 specie. Oltre ai vari tipi di topi, ratti e arvicole, ricordiamo i pipistrelli o chirotteri (con otto specie diverse), le talpe (presenti con due specie), il ghiro ( Myoxus glis), presente anche nelle faggete, e il moscardino (Muscardinus avellanarius). E presente anche il riccio (Erinaceus europeanus), che insettivoro. Due specie di mammiferi, introdotte per scopi venatori dalle associazioni di cacciatori, la lepre (Lepus capensis) e il cinghiale (Sus scrofa), si sono ambientate molto bene e diffuse su tutto il territorio. I mammiferi carnivori sono rappresentati dalla volpe (Vulpes vulpes), dalla martora (Martes martes) e dalla faina (Martes foina), che sono poco diffuse. Ancor meno diffuso, ma presente, per erratismo (cio, di passaggio) il lupo (Canis lupus italicus). Alcuni anni fa un esemplare femmina venne ucciso nel territorio di Avella. In passato doveva essere molto pi frequente (non a caso Irpinia proviene dal termine latino hirpus, cio lupo). I carnivori pi pericolosi sono rappresentati, comunque, da branchi di cani randagi e rinselvatichiti. Non ce ne sono tantissimi, ma sono presenti, come ci assicura chi maggiormente frequenta le campagne, i boschi e le montagne vicine. Essi possono aggredire il viandante isolato e possono trasmettere (come anche le volpi) pulci e rabbia silvestre. Sulla presenza del gatto selvatico (Felis Silvestris), pi grande del gatto domestico, i pareri sono discordi. Alcuni giurano di averlo avvistato, altri ritengono che siano presenti solo gatti domestici rinselvatichiti. Comunque, esso sicuramente presente nella catena del Partenio.
Lambiente naturale

138

LEsagono

Insetti e molluschi - Notizie geologiche

Vi sono, poi, centinaia -se non migliaia- di specie di insetti, facenti parte dei vari e complessi ecosistemi forestali, montani ed agricoli. Agli insetti autoctoni si aggiunta, secondo numerose segnalazioni, la temibile zanzara tigre, proveniente dal Nord Africa. Ricordiamo, infine, i molluschi con alcune specie di lumache. Il nostro ambiente, come dimostr anni fa una sperimentazione della Comunit Montana, particolarmente adatto al loro allevamento (elicicoltura).
disegno a sinistra

Le faglie inverse che collegano il mandamento di Baiano (*) con il Vesuvio. foto sotto La fossa di Mugnano del Cardinale: una depressione provocata dal crollo della volta di una grotta sotterranea, formatasi da una dolina. 1) fossa, 2) Ges e Maria, 3) San Pietro a Cesarano, 4) Cimitero, 5) Autostrada A-16. La foto stata scattata (col zoom) da 6000 metri di altitudine, nel 1997.

139

Lambiente naturale

Dati idrologici

Benedetta Napolitano

Principali sorgenti ricadenti nell Alveo Avella

I dati provengono da uno studio dei Prof. Pietro e Fulvio Celico e del geologo Sabino Aquino. La Tabella una rielaborazione dellautrice.

1) Croce Puntone; 2) Ciesco Bianco; 3) Torretiello; 4) Toppola Grande; 5) Valle Fredda; 6) Acquaserta; 7) Ciesco Alto; 8) M. Spadafora; 9) Bosco di Arciano; 10) M. Campimma; 11) Montevergine.

Lambiente naturale

140

LEsagono

Popolazione di Avella e Baiano nellanno 2000

Aspetti demografici

(E DATI STATISTICI)

Ave lla
re s ide nti al 1 ge nnaio 2000

M as chi 3.555 55 27 28 69 92 -23 3.560

Fe mmine 3.170 39 27 12 76 110 -34 3.688 2.569

Totale 7.265 94 54 40 145 202 -57 7.248

nati vivi de funti s aldo naturale is critti cance llati s aldo migratorio
re s ide nti al 31-12-2000

famiglie anagrafiche

Fonte: ISTAT - La tabella una realizzazione dell'autrice.

B aiano
re s ide nti al 1 ge nnaio 2000

M as chi 2.360 22 17 5 73 -2 38 2.363

Fe mmine 2.399 26 22 4 60 2 21 2.405 1.858

Totale 4.759 48 39 9 133 0 59 4.768

nati vivi de funti s aldo naturale is critti cance llati s aldo migratorio
re s ide nti al 31-12-2000

famiglie anagrafiche

Fonte ISTAT - La tabella una realizzazione dell'autrice.


141
Aspetti demografici

Popolazione di Mugnano e Quadrelle nellanno 2000

Benedetta Napolitano

M ugnano
re s ide nti al 1 ge nnaio 2000

M as chi 2.433 22 26 -4 99 61 38 2.467

Fe mmine 2.535 22 16 6 83 62 21 2.562 1.727

Totale 4.968 44 42 2 182 123 59 5.029

nati vivi de funti s aldo naturale is critti cance llati s aldo migratorio
re s ide nti al 31-12-2000

famiglie anagrafiche

Fonte: ISTAT - La tabella una realizzazione dell'autrice.

Qua dre lle


re s ide nti al 1 ge nnaio 2000

M as chi 753 13 5 8 35 38 -3 758

Fe mmine 767 11 6 5 39 41 -2 770 500

Totale 1.520 24 11 13 74 79 -5 1.528

nati vivi de funti s aldo naturale is critti cance llati s aldo migratorio
re s ide nti al 31-12-2000

famiglie anagrafiche

Fonte: ISTAT - La tabella una realizzazione dell'autrice.


Aspetti demografici

142

LEsagono

Popolazione di Sirignano e Sperone nellanno 2000

S irig na no
re s ide nti al 1 ge nnaio 2000

M as chi 1.122 15 14 1 93 35 58 1.181

Fe mmine 1.138 19 9 10 77 34 43 1.191 760

Totale 2.260 34 23 11 170 69 101 2.372

nati vivi de funti s aldo naturale is critti cance llati s aldo migratorio
re s ide nti al 31-12-2000

famiglie anagrafiche

Fonte: ISTAT - la tabella una realizzazione dell'autrice.

S pe ro ne
re s ide nti al 1 ge nnaio 2000

M as chi 1.631 18 9 9 68 61 7 1.647

Fe mmine 1.634 19 9 10 64 51 13 1.666 1.043

Totale 3.274 37 18 19 132 112 20 3.313

nati vivi de funti s aldo naturale is critti cance llati s aldo migratorio
re s ide nti al 31-12-2000

famiglie anagrafiche

Fonte: ISTAT - la tabella una realizzazione dell'autrice.


143
Aspetti demografici

Aspetti demografici

dati al
21.10.2001

residenti residenti totale femmine maschi residenti

e d ific i
famiglie abitativi altro uso abitazioni vani

industria
opifici addetti

commercio
esercizi addetti

servizi
attivit addetti

istituzioni
enti addetti

Ave lla Baiano M ugnano Quadre lle Sirignano Spe rone

3.872 2.358 2.484 793 1.173 1.616

3.790 2.300 2.426 781 1.193 1.569

7.662 4.658 4.910 1.574 2.366 3.185

2.599 1.584 1.650 522 740 1.029

1.679 897 1.121 342 400 520

161 273 600 92 57 55

2.579 1.585 1.721 522 738 1.020

9.261 5.748 6.300 1.774 2.868 3.492

36 54 25 15 8 21

186 134 61 42 12 195

99 99 112 14 19 72

176 156 163 17 25 105

132 84 151 28 19 53

277 142 221 37 21 88

27 28 4 4 6 8

878 180 141 147 73 33

Gli ultimi dati statistici disponibili

F o n t e : U f f ic i c o mu n a li - L a t a b e lla u n a r e a liz z a z io n e d e ll' a u t r ic e .

s e minativi Comune
Azie nde

coltiv. le gnos e
Azie nde

orti familiari
Azie nde

prati pe rm.
Azie nde

pas coli
Azie nde

SAU
ha

bos chi
Azie nde

Arboric. da le gno

non
utilizzata

altra ha

ha

ha

ha

ha

ha

ha

ha

ha

Ave lla Baiano M ugnano Quadre lle Sirignano Spe rone

12 10,70 ---------

731 830,91 286 753,69 368 269,81 119 263 142 36,77 115,9 188,9

4 ------------2 -----

1,19 ------------0,1 -----

4 ---------------------

3,35 ---------------------

10 58,89 905,04 ------------2 --------- 753,69 ----- 283,34 ----0,86 ----36,77 119,05 188,9

41 6 66 5 18 8

1.147,8 281,1 682,54 577,97 413,44 43,3

5,64 210,36 28,42 -------------------1,7 0,52 ----15,34 ----3,48 ----0,3


Benedetta Napolitano

164 13,53 ----35 ---------2,19 ------

----- 11,19

144

Fonte: dott. Nicolangelo De Vita - Responsabile Centro di Sviluppo Agricolo di Baiano - La tabella una realizzazione dell'autrice.

LEsagono

Alcuni indicatori socio-economici

D is tribuzione de lla popolazione ce ns ita (1991) pe r titolo di s tudio Comune Ave lla Baiano M ugnano Quadre lle Sirignano Spe rone Laureat i D i pl omat i
Li c. El emen. e Medi a Inf.
Al fabet i zzat i

senza t i t ol o

Anal fabet i

150 173 120 28 29 52

824 747 713 169 244 381

3.739 2.613 2.645 790 839 1.521

1.256 719 729 218 280 408

506 175 212 43 78 127

Fonte: DATI ISTAT. La tabella una realizzazione del'autrice.

(1991) Popolazione attiva e non attiva e tas s i di occupazione PO PO L A ZI O N E Comune Totale Ave lla Baiano M ugnano Quadre lle Sirignano Spe rone 7.134 4.811 4.823 1.396 1.700 2.760 Attiva
(>14 anni)

TASSI
D is occupaz. Occupaz. Attivit

N on attiva 4.613 3.012 2.866 818 1.018 1.781

2.521 1.799 1.957 578 682 979

39,71 37,41 35,46 39,27 32,70 34,32

21,31 23,40 26,19 25,14 27,00 23,30

35,34 37,39 40,58 41,40 40,12 35,47

Fonte: DATI ISTAT. La tabella una realizzazione del'autrice.

Fonte: ISTAT- La tabella una realizzazione dellautrice

145

Aspetti demografici

Dati finanziari
(1994) D e pos iti e d impie ghi bancari.
(valori monetari espressi in milioni di lire e di euro) de pos iti bancari pe r s porte llo lire Ave lla Baiano M ugnano Quadre lle Sirignano Spe rone 2 1 3 ------22.778 29.577 22.782 ---------------e uro 11,76 15,28 11,77 ---------------impie ghi bancari lire 14.388 9.751 31.770 ---------------e uro 7,43 5,04 16,41 ----------------

Benedetta Napolitano

Comune

s porte lli

bancari

Fonte: DATI ISTAT. La tabella una realizzazione del'autrice.

Fonte: ISTAT. La tabella stata realizzata dallautrice.

Fonte: ISTAT- La tabella sopra e il grafico sotto sono realizzazioni dellautrice


40000

35000

30000

25000

20000

15000

10000

5000

0 Serie4 Serie3 Serie2 Serie1

Avella 7318 16053 7160 5650

Baiano 7058 12749 4643 4037

Mugnano 4544 14038 6605 4180

Quadrelle 1151 3324 1713 1145

Sirignano 1927 4978 2044 1277

Aspetti demografici

146

LEsagono

Confronto tra varie serie di dati

Fonte: ISTAT- Le tabelle sono state realizzate dallautrice

147

Aspetti demografici

Confronto tra varie serie di dati

Benedetta Napolitano

Fonte: ISTAT- Tabella e grafici sono realizzazioni dellautrice 625


Sirignano 9%

353
Sperone 5%

ESTENSIONE TERRITORIALE IN ETTARI E IN PERCENTUALE DEI SEI COMUNI DELLESAGONO

692
Quadrelle 10%

3.038
Avella 42%

1.214

Mugnano 17%

1.255
9000 8000 7000 6000 5000 4000 3000 2000 1000 0 1898

Baiano 17%

ANDAMENTO DEMOGRAFICO NEI SEI COMUNI dal 1898 al 2001

A v e lla 3745 6562 7134 6837 7662

B a ia n o 2646 4988 4811 4767 4658

M ugnano 3153 4994 4823 4992 4910

Q u a d re lle 934 1046 1396 1530 1574

S irig n a n o 883 1149 1700 2301 2366

1980 1991 2000 2001

Aspetti demografici

148

LEsagono

Interpretazione dei dati relativi al comparto agricolo

(2001) Stima de ll'e s te ns ione (ha) de lle principali coltivazioni arbore e Comune Ave lla Baiano M ugnano
Quadre lle

Olivo

Albicocco

Cilie gio

Cas tagno Noccilo


(da frutto)

112

19

10 ---------12 5 14 22

750 216 270 25 42 170

40 ---------15 ----------

48 ---------- ---------- ---------35 ---------- ---------- ---------4 ---------3 ----------

Sirignano Spe rone

Fonte: Ce.S.A. di Baiano - La tabella una realizzazione dell'autrice.


Lagricoltura nel territorio del Baianese (cfr. anche la seconda tabella a pag. 144). Secondo unintervista rilasciataci dal dott. Nicolangelo De Vita, responsabile del Ce.S.A. di Baiano: I dati dellultimo censimento dellagricoltura (anno 2001), nei sei Comuni del Baianese, confermano il permanere del fenomeno della frammentazione e del basso livello della dimensione aziendale, che caratterizza fortemente e negativamente- questa zona. Infatti, su 2.284 ettari di SAU (Superficie Agricola Utilizzata), svolgono la loro attivit ben 2.142 aziende agricole, con una dimensione media aziendale di 1,07 ettari. Il 50% circa delle aziende ha una base fisica inferiore ad un ettaro, mentre solo il 25% costituito da superficie sino a due ettari, speso con situazioni di spinta polverizzazione in pi corpi. Prevale nettamente la conduzione diretta del coltivatore, con tendenza al part-time, mentre sono pressoch scomparse la mezzadria e la colona parziaria appoderata. Lordinamento colturale prevalente rappresentato dalla coltivazione del nocciolo. In totale, nel Baianese, sono investiti a noccioleti ben 1.473 ettari, che occupano circa il 64% della SAU complessiva. Segue la coltivazione dellolivo con i suoi 254 ettari, quindi il castagno da frutto con 36 ettari, il ciliegio con 22 ettari e lalbicocco con 19 ettari. Altre specie coltivate di una certa estensione, sono il noce, gli agrumi e le pomacee (meli e peri). Per una pi agevole lettura dei dati si veda la tabella in alto, con lavvertenza che i valori indicati sono valori derivati da stime, cio ottenuti mettendo insieme le superfici di piccole estensioni (anche di poche piante). Per il castagno, infine, ci si riferisce ai soli castagneti da frutto, innestati su selvatico. Non sono considerati i castagneti cedui, usati normalmente per ricavarne legna da ardere e paletti. (Eventuali incongruenze riscontrate dipendono dalla diversa provenienza dei rilevamenti). 149
Aspetti demografici

Indagine sul campo: la situazione economica e sanitaria

Benedetta Napolitano

Considerazioni finali
Chi ha conoscenze di biologia ha sentito sicuramente parlare di un famoso esperimento che ci consente di capire alcuni strani aspetti del comportamento umano. Se si mette una rana prima in un recipiente di acqua fresca e poi in uno di acqua caldissima, si osserva che la rana -con un balzo repentino- salta subito via. Ma se si riscalda il primo recipiente poco alla volta la rana non avverte il pericoloso innalzamento della temperatura e finisce per morire lessa. Metaforicamente, quello che sta capitando nellesagono dei sei comuni del comprensorio Avellano-Baianese. Una volta, vi erano delle fabbriche (Sud Forge, Vepi Sud), il Liceo Scientifico e il Poliambulatorio a Mugnano del Cardinale. Avevamo un ambiente a misura duomo, ora distrutto dalla cementificazione a dagli abusi edilizi. Le infrastrutture e la dotazione idrica non sono pi in grado di servire laccresciuta popolazione. Non ci sono serie occasioni di lavoro, a parte un incontrollato e ingiustificato proliferare di effimeri negozi. Limperativo era quello di valorizzare le nostre risorse gastronomiche, ambientali, naturalistiche e archeologiche. Oggi esistono anche i mezzi per cimentarsi in questa impresa: il P.I.T. (Piano Integrato Territoriale), di cui Avella comune capofila. Ma i politici hanno messo in evidenza un comportamento che in psicologia (o, meglio, in psichiatria) viene definito dissonanza cognitiva. Ovvero, pur capendo che una cosa sbagliata si continua ugualmente a farla. Come si pu incentivare, infatti, la produzione e la realizzazione di prodotti tipici, biologici, ogm free (nda. non geneticamente modificati) e macrobiotici se, a poca distanza dallipotetico campo coltivato stata consentita linstallazione di un CDR potenzialmente pericoloso? Cosa si dovrebbe produre, pubblicizzare e commercializzare: la ricotta al profumo di discarica? La verdura ai metalli pesanti? Inoltre, pare ormai accertato che la nostra salute sia gi abbastanza compromessa anche senza linsediamendo del CDR. Dalle interviste e dalle ricerche effettuate nella fase preliminare alla stesura del presente libro, sono emersi -infatti- alcuni aspetti veramente inquietanti. Non disponendo di dati ufficiali, ai quali non stato possibile accedere, verr usato rigorosamente il condizionale. Sembra comunque- che nel mandamento le neoplasie (tumori) abbiano unincidenza molto superiore alla media nazionale. Inoltre, come precisano (in privato) alcuni medici interpellati su questa importante questione, potendo avere accesso ai dati non bisogna confondere la causa di morte indicata nel referto medico (che quasi sempre un arresto cardio-respiratorio) con la patologia intermedia, vera causa di morte, che sempre pi spesso una patologia neoplasica. Qualcuno, sottovoce, suggerisce che la causa sia da ricercarsi nel presunto inquinamento prodotto dalle tipiche fabbriche locali. Altri, ritengono che essa vada ricercata nei pesticidi usati per decenni nella coltivazione del noccilo. Altri, ancora, puntano lindice contro le discariche abusive: siti pi o meno nascosti e pi o meno noti (alcuni anche in terreni privati) dove sarebbero sotterrati rifiuti di ogni tipo (cfr pag. 19). Di certo un pi accurato monitoraggio ambientale non potrebbe che portare dei vantaggi. Gli Enti locali dovrebbero occuparsi pi seriamente di ambiente, sanit, lavoro e cultura. I cittadini tutti dovrebbero esortare gli amministratori locali intal senso. Altrimenti faremo tutti quanti la fine della rana. Considerazioni finali

150

LEsagono

LEsagono visto dallalto

Foto aerea di Mugnano, Quadrelle e parte di Sirignano

Bosco di Arciano e, in lontananza, i Monti di Lauro

151

Appendice fotografica

LEsagono visto dallalto

Benedetta Napolitano

Monti di Avella, Vallone Serroncello, Sperone, Avella e Baiano

La Valle del Baianese o Conca Avellana

Appendice fotografica

152

LEsagono

Larte e le tradizioni

A sinistra. Un quadro del Maestro mugnanese Michele Criscuoli (1881-1911) A destra. Il Maestro mugnanese Salvatore De Iudicibus, che mostra una sua opera. Gli artisti sono stati fatti conoscere al grande pubblico durante la manifestazione mugnanese Arte sotto le Stelle, grazie soprattutto allimpegno del prof. Stefano DApolito.

Il Maestro Saverio Mercogliano, di Sirignano (a sinistra) e il Mestro Fernando Masi, di Sperone (a destra) Filatura della lana col fuso

Famiglia contadina Baiano. Giugno 2002 - Vesuni in Festa: figuranti di antichi mestieri

153

Appendice fotografica

Il mandamento Baianese o comprensorio Avellano-Baianese

Benedetta Napolitano

Piano Territoriale Comprensoriale Avellano-Baianese

1995. Da uno studio degli architetti Antonio Caruso e Domenico DAvanzo


Nonostante il suesposto PTC Avellano-Baianese sia probabilmente da rivedere, alla luce dei nuovi strumenti derivanti dalla recente legislazione sulle autonomie locali e dei vincoli insorti nel frattempo (Parco del Partenio, vincoli idrogeologici), esso testimonia che lidea e la necessit di una pi forte coesione tra i comuni dellEsagono e di uno sviluppo sinergico e coordinato dei servizi, sono ormai argomenti che trovano concordi la maggior parte dei tecnici, dei cittadini e degli studiosi locali. Occorre che i politici ne prendano finalmente -e operativamente- atto. Baianese

Avellino

Appendice fotografica

154

LEsagono

155
Sopra. Foto Panoramica della Piazza Umberto I di Mugnano del Cardinale (14 luglio 2002). A sinistra. Una delle tante sorgenti dei nostri monti. A destra. Campo di Summonte - San Giovanni. Appendice fotografica

Alcune bellezze nostrane

Bibliografia (letture consigliate)

Benedetta Napolitano

BOCCIERO Orazio - VECCHIONE Antonio, Il Maio di Baiano: la festa, la memoria, la gente... CARAVITA Francesco, Memorie di un uomo inutile, Mondadori (1981). COLUCCI Galante, I Mai del Baianese (1998). COLUCCI Pasquale, Unoscura pagina del brigantaggio mugnanese (2000) COLUCCI Pasquale, I Mesi e la Zeza di Sirignano. Una tradizione carnevalesca da riscoprire e salvaguardare (2000). COLUCCI Pasquale, Il Feudo di Litto e Ponte Mignano fra XIII e XIV secolo (1999). COLUCCI Pasquale, Notizie sul palazzo del principe di Sirignano (1999). Comunit Montana Vallo di Lauro e Baianese, Piano di sviluppo socio-economico (2001). CROCE Benedetto, La Rivoluzione Napoletana del 1799 (1998). DANDREA Domenico, Mugnano del Cardinale nella Repubblica Napoletana del 1799 (1999). DANNA Ignazio, Avella illustrata - tomo primo e secondo (1772). DE FALCO Enrico, Baiano. Origine-Sviluppo e Vicende di un Casale di Avella (1983) DE MATTEO G., Brigantaggio e Risorgimento - legittimisti e briganti tra i Borbone e i Savoia (Guida Editore-NA-2000). DE ROSA Pellegrino, Caratteristiche reologiche del salame tipo Napoli ottenuto con limpiego di tipi genetici suini autoctoni (1999). DE ROSA Pellegrino, Appunti sciolti: Citt del Baianese o Citt di Avella? (inedito). IAMALIO Antonio, Atti della Societ Storica del Sannio (1925-1931). IAMALIO Antonio, Su e gi per il Sannio Antico (1911). MONTANILE Nicola, Spaccato di Storia Avellana (Vol. I,II e III). NAPOLITANO Benedetta - DE ROSA Pellegrino, La Citt del Baianese (2000). NAPOLITANO Luigi, Memorie archeologiche e storiche di Avella (1922). PECORELLI ENZO, Aforismi e racconti editi ed inediti (1996). PICARIELLO Giovanni, La valle munianense, (A cura di) (1986). PICARIELLO Giovanni, Mugnano del Cardinale nel tempo, (1993). PICARIELLO Giovanni, Appunti per un libro..., (inediti). TERRITORIO-AMBIENTE (Avella), Avella dalle origini al periodo romano(1996).

156

LEsagono

Indice
3 4 7

PRESENTAZIONE INTRODUZIONE STORIA E DESTINO COMUNI Paleolitico - Osci - Volsci - Sanniti - Etruschi - Hyria - Novla - Campania Felix Romani - Ville Prediali - Abella romana - Visigoti - Vandali - Turchi - Bizantini Bagliva - Via Regia delle Puglie - Cenobio di San Pietro a Cesarano - Editto di Saint-Cloud - Epidemie - Brigantaggio - Giacobini e Sanfedisti - Societ segrete Il brigantaggio nel Bainese - Emigrazione - Nascita del mandamento Circumvesuviana - Fascismo - Gli sfollati - Seconda guerra mondiale - DopoguerraVoto alle donne - Primo sciopero del Baianese - I gruppi musicali - Le radio privateTele Baiano - I giornali locali - Il Baianese oggi - Citt del Baianese - Provincia di Nola - CDR. AVELLA Origine del nome - La citazione nellEneide - Gli insediamenti umani preistorici Il torrente Clanio - Gli antichi popoli - Abella romana - Il Cippus Abellanus Lanfiteatro romano - I mausolei - Il castello medioevale - Il cippo onorario Lacquedotto romano - Il santuario di Ercole - La pipa etrusca - Il vescovato di Avella - Il Papa di Avella - I beni architettonici - Il folklore (O laccio dammore - Il maio - Il fucarone - I battenti) - Scheda riassuntiva (dati essenziali) - Itinerari naturalistici (risorse ambientali). BAIANO Origine del nome - Insediamenti preistorici - Invasioni barbariche - Bagliva - Epidemie - Suicidio delle suore - Affrancamento da Avella - Brigantaggio Circumvesuviana - E Vesuni - Lastricatura del corso - Il miracolo del 1700 Le varie chiese -Leremo di Ges e Maria - SantAlfonso dei Liguori - Il folklore (Il maio - E passiate a Montevergine - E messe e notte - Lo spartito di Oi Stefan -Le carabine - O fucarone - Battenti - Fontana Vecchia - Festa del vino carri - Scheda riassuntiva (dati essenziali) - Itinerari naturalistici (risorse ambientali). MUGNANO DEL CARDINALE Origine del nome - Il castello del Litto - La Villa Caesarana - Ponte Mianum Camillanum - Rione Archi - Pupianum - Il Procaccia - La sosta di San Gennaro 1799: scontro tra Giacobini e Sanfedisti - Il Santuario di Santa Filomena - Maria Cristina di Savoia - Papa Pio IX - Il post-terremoto - Il salame di Mugnano - Il folklore: (E vattient e Santa Filumena - Il maio - O fucarone - Ges e Maria - Il presepe - Arte Sotto le Stelle - Il brigante Turri Turri - Scheda riassuntiva (dati essenziali) - Itinerari naturalistici (risorse ambientali).

21

42

60

157

QUADRELLE

Benedetta Napolitano 79

Le origini del nome - Le prime citazioni - Da grancia a Comune - Il Giardino Pagano - I primi fuochisti - I primi salumifici - Il folklore (Maio - Vient e terra - O fucarone - Cumanna patr - Scheda riassuntiva (dati essenziali) - Itinerari naturalistici (risorse ambientali). SIRIGNANO Le origini del nome - San Celiesto - I primi riferimenti storici - I Prncipi di Sirignano - Memorie di un uomo inutile - I coreani - Il folklore (Natale Piccirillo - Il maio - O fucarone - A zeza - E Misi - I battenti - Scheda riassuntiva (dati essenziali) - Itinerari naturalistici (risorse ambientali). SPERONE Le origini del nome - Sperone: un quartiere di Avella - Le antiche popolazioni - Il distacco da Avella - Il museo della civilt contadina - La Paradina - il PIP - Il folklore (Lopera di SantElia - Il maio - I battenti) - Spassosi aneddoti - Scheda riassuntiva (dati essenziali) - Itinerari naturalistici (risorse ambientali). LULTIMO SECOLO Lemigrazione - Il fondamentale ruolo della donna - La dote - Raccolta delle fascine e del fieno - La frequentazione della montagna - Un contratto di un corredo Bachi da seta - Arcolaio - E buatte - Lavori di casa - Culata - Lavoro negli orti Lacconciapiatti - La vita di tutti i giorni - I modi di vestire - A capera - A vammana - La Pia Ricevitrice - Il corteggiamento - Le condizioni igieniche e i rimedi miracolosi - I cunti e locculto - O munaciello GLI ANTICHI MESTIERI Il carbonaio - La carcara - La neviera - Lo sportellaro - Il boscaiolo - O ferraro - O vuttaro - O funaro I GIOCHI DI UNA VOLTA Mazza e piz - O carruocciol - O strummul - O chirchio - O sciscaro E frecce - Le filastrocche per i bimbi e per i nonni. LAMBIENTE NATURALE Formazione della valle - Il torrente Clanio - Le sorgenti - Le formazioni carsiche - La flora - la fauna - i funghi - il clima ASPETTI DEMOGRAFICI (e statististici) CONSIDERAZIONI FINALI APPENDICE FOTOGRAFICA BIBLIOGRAFIA 141 150 151 156 134 131 122 103 96 86

158

LEsagono

Della stessa autrice


La Citt del Baianese

Una splendida idea-regalo Per chi studia Per chi allestero Per tenersi informati 352 Pagine 214 Foto B/N 85 Foto a colori Citato in decine di Tesi di Laurea, disponibile presso le principali Biblioteche
Il libro pu essere acquistato presso i negozi del Gruppo De Rosa a Sirignano-AV Questo libro, come una pietra miliare, segna il passaggio dal vecchio al nuovo. Lo consiglio a tutti: studenti, insegnanti e tecnici. Un testo di piacevole lettura e ricco di informazioni inedite. (Enzo Pecorelli. Giornalista) Mugnano. Settembre 2000. Presentazione del libro La Citt del Baianese. Da sinistra: il dott. Pellegrino De Rosa; la giornalistapubblicista Benedetta Napolitano; il Sindaco di Mugnano, prof. Giovanni Colucci; lo storico locale e scrittore don Giovanni Picariello; il giornalista Enzo Pecorelli. Sirignano. Marzo 2002. Convegno sulle prospettive della Citt del Baianese. Da sinistra: il Sindaco di Avella, dott. Salvatore Guerriero; il politico speronese dott. Franco Vittoria; il Presidente della Comunit Montana Vallo di Lauro e Baianese, prof. Salvatore Isola; il Sindaco di Sirignano, prof. Antonio Napolitano; i due autori, insieme al piccolo Antonio De Rosa. Numerose altre foto del Baianese saranno inserite in futuro sul Portale Internet http://www.tuttobaianese.it

159

Benedetta Napolitano

Finito di stampare nel mese di settembre 2002

dalla litotipografia Artemis Casalnuovo - Napoli Tel. 0818426000

Web Video Engineering del dott. Pellegrino De Rosa

Via G. Fiordelisi, 38 - 83020 - Sirignano-AV

160

Potrebbero piacerti anche