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Valorizzazione e Promozione del Palinsesto Culturale San Bernardino: Identità e Territorio - CUP: J82C160003100002
Approvato con Delibera di Giunta Comune di Morcone n. 126 del 31/07/2017
per tutti noi, a prescindere da quale sia il nostro ruolo all’interno della stessa, perché
qualsiasi siano le nostre attività lavorative o hobbystiche, il condividerle con gli altri
è l’unico modo per favorire dei processi di crescita virtuosi per tutti e per tutto il
territorio.
Con tutto ciò che è cambiato a livello globale, che sicuramente condiziona in
maniera determinante anche la storia locale, il mio augurio per Morcone ed il mio
impegno è proprio quello di lavorare ad una comunità inclusiva, che possa rappre-
sentare una costante rispetto alle trasformazioni che la storia “impone”: il senso di
appartenenza ad una comunità può davvero essere un argine importante all’indivi-
dualismo sempre più sfrenato, e di conseguenza all’astio cui socialmente ci stiamo
“abituando”, e un lavoro come questo è uno strumento utilissimo al fine di trovare,
nelle tracce del passato, un indirizzo per il futuro.
Luigino Ciarlo
Sindaco di Morcone
“L a Associazione culturale “Che viva Morcone!”, nata nel 2018, è orgogliosa
di poter presentare il volume “La chiave nella toppa” voluto dal Comune di
Morcone e realizzato dal nostro socio Lorenzo Piombo.
Il libro, prendendo spunto da un’attività laboratoriale, diventa l’occasione per
una importante e ponderosa ricerca bibliografica ed un momento di riflessione sul
ruolo di Morcone nella realtà sociale e politica attuale alla luce della sua valenza sto-
rica. Ogni piccola realtà italiana è testimonianza viva di un passato ricco e complesso
che si tramanda non soltanto nelle valutazioni storico letterarie ma anche nel vissuto
quotidiano, attraverso usi, tradizioni, aneddoti, consuetudini di cui sono custodi gli
anziani.
Raccogliere insieme ad una ricca bibliografia, che sta a significare l’importanza di
Morcone nella storiografia, anche le memorie tramandate verbalmente, le testimo-
nianze orali ed una documentazione fotografica significa voler ricostruire la storia
e l’eredità culturale nel suo complesso quale spunto di rinascita per le generazioni a
venire.
Da questa eredità, oggi più che mai, bisogna ripartire cogliendo quelle esigenze
nuove che riportano l’attenzione su una Italia minore, non certo nel senso quali-
tativo del termine. C’è una visione nuova di tutto ciò che ci circonda, una diversa
attenzione per i paesi dell’entroterra, una consapevolezza del valore che essi hanno
sia in termini culturali che enogastronomici, che paesaggistici. La filosofia di Carlo
Petrini per il recupero dei prodotti e delle tradizioni culinarie del territorio spinge
verso un’attenzione al benessere e alla ricerca di prodotti a chilometro zero.
Tommaso Paolucci ci racconta esaustivamente lo sviluppo nel corso degli anni
della città di Morcone e del territorio limitrofo, di tutti i passaggi economici dovuti
a scelte politiche nazionali che, di volta in volta, facevano sì che la popolazione si
riducesse sempre di più. Adesso c’è da sperare che si presti più attenzione ai territori
8 La chiave nella toppa
Vincenzo Caniparoli
Presidente Associazione “Che viva Morcone!”
I l p a e s e c o m e m e m o r i a, c ome impegno e come futur o
L’
intervento ”Valorizzazione e promozione del palinsesto culturale San Bernar-
dino: Identità e territorio”, assentito al comune di Morcone nell’ambito del
POC Campania per i beni e le attività culturali 2016-17, era un interessante
progetto territoriale che prevedeva una attività di restauro e conservazione della chie-
sa di San Bernardino e, a questa collegate, una serie di iniziative culturali che avevano
come obiettivo, appunto, la promozione di una “territorialità” capace di valorizza-
re “le diverse risorse del territorio – paesaggio, patrimonio culturale tout-court, la
tradizione artigianale e le diverse realtà produttive locali” - veri e propri capitali da
investire per uno sviluppo sostenibile e per superare la debolezza della nostra area,
incapace di fare sistema.
Il comune di Morcone, soggetto attuatore dell’intervento, ha inteso affidare ad
organizzazioni locali il compimento di queste iniziative, con lo scopo dichiarato di
stimolare un processo di crescita delle persone e dei gruppi che già operano sul ter-
ritorio e far emergere le risorse latenti. Con questa ispirazione, sono state chiamate a
collaborare associazioni culturali, aziende agrituristiche, artigiani, produttori di cibo
e sono stati organizzati incontri, laboratori, workshop, itinerari guidati su sentieri
naturalistici e nel centro storico, show cooking e spettacoli musicali. Queste inizia-
tive hanno incrociato la 28ª edizione della “Scuola Estiva delle Donne”, organizzata
dalla Amministrazione comunale in collaborazione con l’Istituto Campano per la
Storia della Resistenza, dell’Antifascismo e dell’Età Contemporanea “Vera Lombar-
di”, che ha realizzato interviste, laboratori di narrazione e di storia orale, ed ha avuto
come protagoniste le donne di Morcone e con la Pro Loco Murgantia. Tutta una se-
rie di manifestazioni utili per la rilevazione di emergenze demo-etno-antropologiche
ancora presenti e raccoglibili tra la gente. Da questo clima stimolante, dai laboratori
specifici “Etnografie morconesi”, affidato all’associazione Che Viva Morcone, e “La
foto nel cassetto”, affidato alla Bottega d’Arte di Paolo Cioccia, è nato “La chiave
nella toppa”, un titolo accattivante e significativo per un lavoro che vuole essere,
prima di tutto, un atto di amore per il paese e costituire il substrato “delle cose” su
cui potrebbe essere più facile ri-costruire vita e relazioni di paese.
E così, quello che doveva essere un burocratico rendiconto di fine lavori, è diven-
10 La chiave nella toppa
tata una interessante pubblicazione, curata da Lorenzo Piombo che, in felice simbiosi
con le foto della mostra di Paolo Cioccia “Frammenti di storia di una Comunità”,
presenta il frutto di una ricerca su quel che resta della tradizione morconese, nei do-
cumenti, nella memoria degli anziani, nella vita quotidiana. Il lavoro, che ha avuto
la collaborazione fotografica di Nardo Cataldi, è una miniera della memoria, “la
fonte delle fonti”, una raccolta sistematica e ragionata delle fonti documentarie su
Morcone e sui Morconesi che hanno pubblicato lavori a stampa. Ora aspetta di essere
coltivata e diventare lievito per la comunità.
Nelle intenzioni degli autori, vuole rappresentare il punto di partenza di un pro-
getto culturale più vasto, che parta dallo studio del territorio e dallo studio delle sue
culture e giunca a un rinnovato impegno per un “Progetto Morcone” da rilanciare.
C’è da dire, a tal proposito, che tutta l’area dell’Alto Tammaro, avrebbe bisogno di
una ricostruzione storica e socio-economica da porre a base di un vero progetto di
sviluppo, non velleitario e nostalgico, ma come volano per un nuovo protagonismo
d’area, in una zona che si sente trascurata. Dovrebbe trattarsi di un progetto che
nasca dai bisogni delle comunità, sia mediato dalle sensibilità delle associazioni cul-
turali del territorio e abbia come protagoniste le istituzioni locali per immaginare e
costruire, insieme, “La Città dei paesi del Tammaro”.
Negli ultimi anni si è parlato molto di unione o fusione dei comuni come “ri-
ordino” amministrativo-territoriale, ma la cosa non ha avuto nessun seguito perché
fatta solo ai fini della riduzione della spesa pubblica. Niente di più sbagliato in un
momento in cui i tagli hanno già falcidiato i bilanci di comuni e province. Sarebbe
necessario, invece, un surplus di fantasia, porre al centro i territori e le misure atte
a farli diventare territori di qualità, capaci di produrre beni di pregio, visti i capitali
importanti che le nostre aree devono mettere a frutto, quali l’acqua, i boschi, l’am-
biente, il paesaggio, le energie rinnovabili, i tanti prodotti della tradizione e creare
così veri marchi di territorio, brand da utilizzare ai fini dello sviluppo delle nostre
contrade.
E’ incontestabile che i territori e le loro risorse hanno bisogno di essere curati con
opere di assetto idrogeologico ed idraulico-forestale, di tutela e manutenzione co-
stanti e specifiche proprio perché hanno condizioni altimetriche e geologiche diffici-
li. Si creerebbe, così, una vera e propria “industria del territorio” che, oltre a metterlo
in sicurezza, offrirebbe quelle occasioni di lavoro che, attualmente, mancano. Questo
dovrebbe essere compito e dovere primario dello Stato e delle istituzioni locali e non
Il paese come memoria, come impegno e come futuro 11
1) Vito Teti nel suo stupendo e interessante libro “Quel che resta - L’Italia dei paesi, tra ab-
bandoni e ritorni” parla di una “antropologia dell’abbandono e del ritorno” e dà conto della
sua ultra-decennale e profonda ricerca sulla “erosione delle comunità dell’interno, calabrese,
meridionale e mediterraneo, come tentativo di interpretazione e comprensione dei luoghi a
partire da quello che resta”. “Ognuno dei paesi che ho raccontato”, scrive Teti, “aveva una
sua voce, era un pezzo di memoria che chiedeva di essere custodita”. La conservazione della
memoria non è nostalgia o rinuncia a operare, né una scelta di retroguardia. “Il passato può
e deve essere riscattato come un mondo sommerso di potenzialità diverse, non compiute, ma
suscettibili di future realizzazioni”. Ai nostri giorni, i paesi devono essere in grato di mettere
a frutto una “ nostalgia positiva, costruttiva dei rimasti”, come “sostegno a nuove pratiche
di innovazione, inclusione e mutamento”. Ma per fare tutto questo, Lorenzo e i suoi amici
dovrebbero incontrare “passione quotidiana, consapevolezza, desiderio di progettare, imma-
ginazione e sogno. Teti, invece, lamenta un interesse superficiale, “quasi una moda mordi e
fuggi al tema dell’abbandono dei paesi, mai contestualizzato né territorialmente, né stori-
camente – neoromantico ed estetizzante, quasi alla ricerca di un nuovo esotismo, che trova
acritico seguito sui media e riempie le pagine dei giornali”.
12 La chiave nella toppa
studiosi e non sembra uscire dal dibattito teorico e individuare rimedi concreti ed
efficaci.
In questo clima, anche gli amministratori locali, da soli, balbettano e sono impo-
tenti nell’ affrontare il problema. L’Italia, dopo la crisi economica scoppiata nel 2008,
sta vivendo un lungo periodo di stagnazione e, praticamente, il suo sistema sociale e
produttivo è fermo a causa della crisi dei modelli di sviluppo. Il fenomeno è di una
complessità notevole, date le sue mille sfaccettature ed il solo parlarne non serve ad
esorcizzarlo.
I dati complessivi non ammettono repliche: dalla fine del ‘900 la tendenza all’ur-
banesimo, consolidata e studiata nelle sue cause e negli effetti, è impazzita oltre ogni
ragionevole previsione e la corsa delle persone e delle attività umane verso le aree
metropolitane è diventata praticamente inarrestabile. Da qui i gravi e ingovernabili
problemi di affollamento delle città medio-grandi e i drammatici fenomeni di abban-
dono graduale e di degrado delle aree interne2 che, oltretutto, rendono idro-geologi-
camente fragili questi territori e provocano ulteriori danni e pericoli per i cittadini.
Un dato basta per dare il senso del “disastro”: nel 2050 otto italiani su dieci abite-
ranno in grandi città, mentre nelle aree interne la perdita di popolazione continuerà
fino allo svuotamento completo dei paesi più piccoli. Secondo tutte le proiezioni e gli
studi, le aree interne e svantaggiate, appenniniche e alpine, in Italia come in Europa,
non hanno futuro.
Le previsioni ISTAT, poi, ci dicono che l’Italia è destinata a perdere popolazione
nei prossimi anni. Nel 2045 gli italiani saranno sette milioni in meno rispetto al
2016 e vivranno in gran parte al Nord. Al Sud resterà il 29% della popolazione resi-
dente, rispetto al 34% di oggi.
E’ interessante, a tal proposito lo studio del “Gruppo di Lavoro Rionero 2020”,
che opera nel vicino Molise. I suoi componenti (urbanisti ed esperti di politiche del
territorio), lavorando sulle ipotesi di sviluppo per il comune di Rionero Sannitico in
provincia di Isernia, sulla base dei soli dati ISTAT relativi alla popolazione, hanno
2) Le aree interne in Italia comprendono il 60% del territorio, in cui ricade il 52% dei co-
muni; sono abitate dal 20% della popolazione (circa 13 milioni di abitanti). Hanno il 7°%
della superficie forestale e il 77% di quella protetta(ZPS e Parchi). Come si vede una abbon-
danza di risorse naturali che richiede una presenza umana strategica ai fini della salvaguardia
e del mantenimento.
Il paese come memoria, come impegno e come futuro 13
Tabella 1
Anno Fuochi
1532 555
1545 634
1561 650
1621 600
1648 600
1688 542
3) Il Fuoco indica, nel Medioevo fino ai primi decenni dell’ottocento, l’unità singola di
censimento, sostituita dal 1861 dalla Famiglia. Ad ogni unità di censimento si applica la
tassa di focatico, una imposta diretta personale. Viene sostituita, negli anni a noi più vicini,
dalla tassa di famiglia.
14 La chiave nella toppa
cone registra un notevole incremento di popolazione (vedi tabella numero 1), incre-
mento che viene ben assorbito dal territorio, sia per la sua vastità sia per le notevoli
attività agricole e artigianali che vi si svolgono. Questo dato fa capire l’importanza
economica del feudo di Morcone, con una struttura socio-economica articolata, un
notevole sviluppo edilizio e una buona presenza di manodopera qualificata.
Tra la fine del XVI e l’inizio del nuovo secolo, a seguito della nota crisi agraria e
delle carestie che ne derivano, Morcone subisce una crisi demografica. Nella nume-
razione dei fuochi del 1621 e nella successiva del 1648 si registrano solo 600 fuochi,
che scendono a 542 dopo il terremoto del 5 giugno 1688.
Nei primi decenni del settecento Morcone vede un favorevole andamento della
produzione dei famosi panni lana, favorito dallo sviluppo di macchine idrauliche (le
gualchiere) tanto da destare l’interesse del feudatario affinché l’utilizzo dell’acqua,
come bene feudale, fosse riservato solo a lui. Questa pretesa viene fortemente contra-
stata dal “ceto civile” che, però, non riesce a difendere la produzione locale di fronte
alle esigenze di innovazione e alla concorrenza esterna.
Sul finire del XVII e per tutto il XVIII secolo Morcone vive un periodo di gravi
difficoltà per le lotte tra feudatario e università sull’uso dei mulini e delle gualchiere
e sull’industria dei panni lana che mettono in crisi i settori portanti dell’economia
morconese, ma, nonostante ciò, si assiste ad un nuovo aumento di popolazione a cui
si fa fronte, sostanzialmente, con la messa a cultura di nuove terre. In questi anni,
infatti, la terra diviene centrale come fattore economico, comportando la trasforma-
zione dei boschi in terreni coltivabili e l’aumento del numero dei piccoli coltivatori,
con un conseguente mutamento nella composizione delle classi sociali locali. Queste
trasformazioni interessano, particolarmente, il territorio di Cuffiano e provocano se-
rie lamentazioni da parte di chi si sente escluso. Il problema viene risolto nel 1801
dal “visitatore economico” Biase Zurlo, il quale dispone la divisione dell’intero terri-
torio coltivabile tra tutti i fuochi cittadini.
Questa “fame di terra” in versione morconese segna nuovi assetti nella vita econo-
mica del paese. Nel 1816 il numero dei piccoli e medi appezzamenti di terreno risul-
ta triplicato rispetto al 1742, dando così avvio al fenomeno del frazionamento delle
terre e alla piccola proprietà contadina. Da allora l’economia di Morcone è sempre
più dipendente dal settore agricolo e diventa, nei fatti, una economia di sussistenza,
caratterizzata da redditi bassi e incapacità di miglioramenti aziendali.
A rendere più problematico il quadro, di lì a breve, arriva l’Unità d’Italia che
Il paese come memoria, come impegno e come futuro 15
Tabella 2
Anno Abitanti incremento %
1861 7141 - -
1871 7031 - 110 -1,5%
1881 7205 +74 +2,5%
1901 8630 + 1425 +19,8%
1911 9050 +420 +4,9%
1921 9587 +528 +5,8%
1931 9522 - 56 -0,6%
1936 9352 - 170 -1,8%
1951 9338 - 14 -0,1%
1961 8983 - 355 -3,8%
1971 8027 -956 -10,6%
1981 7525 -502 -6,3%
1991 6705 -820 -10,9%
2001 5122 -1583 -23,6%
2011 5042 -80 -1,5%
2018 4828 -214 -4,24%
2019 4766 -62 -1,28%
16 La chiave nella toppa
(abitanti 8630, +1425), confermata nelle rilevazioni del 1911 (abitanti 9050, + 420)
e del 1921. In quest’anno si raggiunge il picco della popolazione residente con 9578
abitanti (Tabella 2).
Come si vede, anche nei decenni successivi all’Unità Morcone continua a crescere
demograficamente, mantenendo nella nuova provincia la stessa posizione di rilievo
che ha nella provincia di Campobasso, nonostante la cocente delusione per non
essere stata riconosciuta sede di sottoprefettura. In questi anni il ruolo di Morcone
viene confermato con la presenza in loco di importanti uffici decentrati dello Stato
al servizio di quello che resta un importante mandamento: Pretura e Carcere manda-
mentale, Ufficio del Registro, Ufficio delle Imposte dirette, Stazione dei Carabinieri,
della Guardia di Finanza, del Corpo Forestale dello Stato. Importante è anche l’Uffi-
cio per la riscossione delle imposte indirette e di quelle comunali, gestito dalla FARI
(Finanziaria Appalti Riscossioni Imposte).
La chiusura di questi Uffici, nel corso degli anni sessanta e successivi del ‘900, è il
primo colpo inferto alla centralità del paese, gli fa perdere funzioni burocratiche con
perdite nella vita economica ed evidenzia, nel contempo, la fase di profonda trasfor-
mazione che attraversa la vita sociale ed economica dell’Italia.
Ma, da questo punto di vista, il colpo di grazia viene assestato a Morcone dalla
cessazione delle attività della Miniera. Morcone ha un vasto giacimento di lignite
che assicura lavoro al paese. Nei periodi di piena occupazione impiega circa trecento
tra operai e tecnici e muove un notevole indotto. Subito dopo la seconda Guerra
Mondiale, il mutato quadro di riferimento rende antieconomico il suo sfruttamen-
to a causa delle estrazioni di minerale fatte in galleria, e dopo alterne e contrastate
vicende, cessa ogni attività estrattiva. La chiusura della miniera, in pratica, segna la
scomparsa della categoria degli operai. Restano pochi lavoratori, addetti all’edilizia,
ai lavori boschivi e ferroviari e pochissimi braccianti agricoli, prima dello scandalo
nazionale delle iscrizioni fittizie negli appositi elenchi ai fini pensionistici.
Non valgono a ridare respiro ad un territorio in difficoltà, l’apertura a Morcone,
sempre negli anni sessanta, del Consorzio Provinciale Antitubercolare e, successiva-
mente, del Poliambulatorio zonale della Coltivatori Diretti; l’apertura di una sezione
staccata da Benevento dell’Istituto Agrario, che ha vita grama per scarsità di iscrizioni
ed è costretto alla chiusura dopo due anni. Diversa sorte nel 1970 tocca alla sezione
staccata da Telese del Liceo Scientifico, ben frequentato in quegli anni che porta al
diploma di maturità la migliore gioventù di Morcone. Maggiore respiro al paese dà
Il paese come memoria, come impegno e come futuro 17
la istituzione della Unità Sanitaria Locale (USL) n. 8 con sede a Morcone, che com-
prende i 12 comuni dell’Alto Tammaro e segna una svolta per il miglioramento dei
servizi socio-sanitari dell’area e per i riflessi occupazionali.
Sul finire degli anni settanta, arriva la IMOS e si realizza il PIP (Piano degli
Insediamenti Produttivi), finanziato dalla Cassa per il Mezzogiorno, che consente
al nostro paese di vivere la coda del discusso fenomeno della industrializzazione del
Mezzogiorno.
E’ di questi anni il coronamento di un sogno di molti morconesi: vedere colmato
il deficit storico del paese nella ricettività e nei servizi di ristorazione e di accoglienza.
Entrano in funzione, infatti, La Formica e La Rondine, che svolgono per qualche
decennio, brillantemente, la loro funzione, fino a quando, per motivi diversi, non
cessano ogni attività, lasciando di nuovo sguarnito il centro del paese. Ad esse suben-
trano, qualche anno dopo, valide attività agrituristiche, non con le stesse funzioni.
Ma le difficoltà dei settori tradizionali – commercio, artigianato e di quel che re-
sta del mondo agricolo - comporta una accelerazione della crisi. E’ vivo nella nostra
memoria lo svuotamento del paese e delle contrade, con interi nuclei familiari e pa-
rentali che lasciano Morcone per le province di Latina, Pesaro, Arezzo o per Milano
e Torino, a seconda che scelgano di continuare nel settore dell’agricoltura o vogliano
lavorare nell’industria. Agli inizi degli anni ottanta, per completare il quadro, alcuni
proprietari delle più produttive aziende agricole della zona di Cuffiano e Torre la-
sciano il paese per investire, in condizioni più favorevoli, le indennità di esproprio
loro corrisposte a seguito della realizzazione dell’invaso sul fiume Tammaro. E così
Morcone, con il suo borgo medievale testimone di una storia non banale, con le sue
contrade pullulanti di piccole e piccolissime aziende agricole, con il suo artigianato
che ha perduto l’antico dinamismo, con il suo ceto professionale e impiegatizio di
buon livello e con i suoi validi addetti al terziario, prende consapevolezza e deve fare
i conti con un fenomeno antico che, a Morcone e nel Sud in questi anni, trae nuovo
alimento dalle contraddizioni tra boom economico e nuovi bisogni: l’emigrazione. Il
fenomeno è presente sotto traccia nella vita dei vari staterelli preunitari fin dalla fine
del ‘700, ma diventa sempre più consistente subito dopo l’Unità, già a partire dagli
anni settanta, quando interessa maggiormente il Nord dell’Italia ( il Veneto, il Friuli,
il Piemonte) e, sul finire del secolo, quando si svuotano il Sud e le isole. Deve trat-
tarsi di un fiume in piena, se tra il 1861 e il 1910 lasciano l’Italia oltre 13 milioni di
nostri connazionali, che partono per il Nord America, l’America Latina, la Francia,
18 La chiave nella toppa
4) Nell’aprile del 1961 si svolge in Italia il primo Censimento dell’Agricoltura che eviden-
zia le trasformazioni socio-economiche del mondo agricolo: grande e progressivo calo del
numero delle aziende agricole e della superficie agricola coltivata. Il dato più significativo
è quello che per la prima volta in Italia gli addetti all’agricoltura (29%) sono meno degli
occupati nell’industria (40,4%) e nel terziario (30,6%). Nel 1997 la Commissione Europea
vara l’Agenda 2000, documento strategico sull’Europa del duemila, che riforma le politiche
comunitarie, in particolare la Politica Agricola Comunitaria (PAC). A seguito della riforma,
l’agricoltura italiana inizia ad orientarsi verso un ruolo multifunzionale, non più soltanto
produttivo ma anche ambientale e sociale.
5) E’ importante su questo argomento ricordare La marcia della fame, organizzata dalla Ca-
mera del Lavoro di San Bartolomeo in Galdo il 14 aprile 1957, domenica di Pasqua, per
portare i braccianti disoccupati del Fortore a protestare a Roma contro “la secolare incuria”.
La manifestazione fu bloccata dalle Forze dell’Ordine a circa 30 Km. dalla partenza, nei pressi
del Cimitero di San Marco dei Cavoti.
Il paese come memoria, come impegno e come futuro 19
fenomeno, noto e diffuso in Italia, che veniva rinviato, principalmente, per conser-
vare il privilegio al comune di appartenere alla classe superiore e ottenere una quota
maggiore di trasferimenti dallo Stato.
I pochi, disordinati dati di questa presentazione e la mobilitazione della memoria
vogliono offrire una idea del paese, del suo ruolo nel tempo e far conoscere alcune
vicende contemporanee, che lo hanno reso notevole per la consistenza demografica,
la vastità del territorio, la intraprendenza e la laboriosità dei suoi cittadini. Ospiti
della “Nobilissima Terra di Morcone”, così viene salutata ad Agnone la delegazione
Morconese che partecipa ad un concerto estivo dell’Orchestra dell’Accademia Mur-
gantina, diretta allora da Mima Mandato. La conoscenza della storia di una comu-
nità, la memoria dei momenti importanti della sua vita pubblica sono condizione,
necessaria ma non sufficiente, per progettare e realizzare il suo sviluppo e cogliere le
specificità, le vocazioni, i saperi e i saper fare di un territorio. E tutto ciò non per un
inutile orgoglio di campanile, quanto per avviare una sana fase di collaborazione/
competizione con le altre realtà comunali ai fini del risveglio e del rilancio dei terri-
tori, per aumentarne l’attrattività e la piena vivibilità. In questa direzione va il lavoro
di Lorenzo Piombo e dei suoi amici, puntando sulla collaborazione e la consapevo-
lezza dei soggetti locali più attivi. Nella materia dello sviluppo locale vi è necessità
della collaborazione di esperti e dei centri di ricerca delle Università del Sannio e
del Molise. L’Amministrazione comunale in carica, che ha aderito da poco a Borghi
Autentici, può avvalersi, in materia, anche di tecnici locali; dalla sinergia di tante
forze in campo, possono venir fuori qualificanti e originali proposte. Altrettanto ne-
cessario, però, è l’impegno convergente di tutti gli attori della comunità. Questa è
una indicazione di metodo che viene dallo studio del Gruppo “Rionero 2020” con
l’invito-provocazione ai cittadini, agli amministratori e alle forze sociali e culturali di
quella comunità, e di tutte le comunità, alla mobilitazione: diamoci da fare, prima
che sia troppo tardi. E’ convinzione dei tecnici molisani, e di molti esperti, che i
paesi, che sembrerebbero già condannati all’estinzione dall’inerzia e dall’indifferenza
attuali, hanno risorse, idee, capitale umano in grado di innescare un nuovo modello
di sviluppo locale.
Questo è il nocciolo: un nuovo modello di sviluppo. E’ da anni che in Italia
ascoltiamo questo ritornello. Dal 1972, quando nascono le Comunità Montane,
tanti faraonici piani di sviluppo socio-economico restano inattuati; tante sigle (chi
ricorda il Programma LEADER?), tante buone intuizioni ed intenzioni restano tali.
20 La chiave nella toppa
Con il risultato che il Mezzogiorno finisce per essere cancellato dall’agenda politica
nazionale e le politiche di sviluppo territoriale sono fatte esclusivamente con fondi
europei. E tutto accade per effetto delle pervasive politiche liberiste: forte riduzione
dell’intervento pubblico6, privatizzazione dei servizi pubblici (con le conseguenze
drammatiche che sono sotto gli occhi di tutti, in questi difficili giorni di Covid-19).
Quasi in contro-tendenza, nel 2013 muove i primi passi la Strategia Nazionale Aree
Interne (SNAI)7, che, peraltro, da noi sta avendo un decollo difficile e, da qualche
mese, su proposta del ministro Provenzano, si parla di un Piano per il Sud, che
potrebbe diventare l’inizio di un discorso interessante. Noi, del resto, questa estate
abbiamo parlato di questi problemi e della necessità di un intelligente e non disper-
sivo intervento pubblico in materia di sviluppo locale, cultura e beni culturali, al fine
di approfondire il senso di identità e di appartenenza di una piccola comunità come
quella morconese e far crescere l’attrattività del territorio8. Ma la nostra comunità
deve prepararsi ad altri più intelligenti e originali discorsi. Sul finire del secolo scorso,
il mito del progresso senza fine è andato in frantumi, sta emergendo una questione
ambientale gigantesca (Laudato si’, Greta Thunberg) nell’assoluto disinteresse dei
governanti, ritorna – semplificando e banalizzando – un interesse non nuovo per il
mondo rurale, prima di tutto come bisogno culturale. Molti parlano di un ritorno
dei contadini; la Regione Campania, di recente, ha pubblicato la legge regionale n.
24/2019, recante: “Disposizioni per la lavorazione, la trasformazione ed il confezio-
6) La cultura – visto che la politica lo fa timidamente - dovrebbe avviare una riflessione seria
sulla importanza dell’intervento pubblico in economia, con una sola avvertenza preliminare:
non consentire, come è stato fatto fino ad adesso, la privatizzazione degli utili e la socializza-
zione delle perdite.
7) La SNAI ha posto a base dei criteri delle politiche d’intervento, un indicatore di margina-
lità che è dato dal tempo che le persone impiegano per raggiungere i servizi scolastici, sanitari
e di mobilità e, più in generale, per l’esercizio dei relativi diritti di cittadinanza. Le città che
offrono tali servizi in maniera simultanea sono chiamate “poli” e, intorno a questi, gli altri
comuni sono divisi in quattro fasce, sulla base della distanza dai poli misurata in tempi di
percorrenza con mezzo privato. Morcone è collocata nella fascia delle aree intermedie distanti
da 20 a 40 minuti da Benevento e, come tale, è considerata interna.
8) Un turismo ambientale, escursionistico, legato alla cultura materiale, ai prodotti della tra-
dizione, alla capacità di accoglienza e all’offerta di buoni servizi, in una parola all’autenticità
del territorio, è uno dei fattori decisivi a tal fine.
Il paese come memoria, come impegno e come futuro 21
9) Naturalmente, da non esperti, qui parliamo di una agricoltura sostenibile e di qualità, della
sua filiera del cibo, del recupero della biodiversità animale e vegetale, della salvaguardia del
paesaggio e della cura del territorio, in una visione multifunzionale, appunto, e perciò capace
di produrre giusto reddito.
10) Vito Teti, op. cit. a tal proposito dice che avere “scritture meditate, risultato di approc-
ci seri, non è sempre facile; eppure la fortuna che l’abbandono sta riscuotendo può essere
un’occasione per rimettere al centro la questione del destino dei paesi e del bisogno di una
progettualità nuova, non ideologica, capace di ripensare per i luoghi periferici, interni, non
metropolitani, forme di vita, immagini e occasioni di rigenerazione nuove e sostenibili”.
22 La chiave nella toppa
Tommaso Paulucci
11) La citazione è tratta da Glocale n. 14/2018 ed è del prof. Rossano Pazzagli, direttore ed
animatore del Centro di ricerca per le aree interne e gli Appennini dell’UNIMOL.
12) Su questi temi, sembra doveroso citare il meritorio lavoro che va svolgendo l’associazione
sannita FUTURIDEA, per l’innovazione utile e sostenibile, nata nel 2008 a Benevento. Nello
spirito e secondo le direttive della Convenzione Europea del Paesaggio, adottata a Strasburgo
il 19 luglio 2000 dal Comitato dei Ministri d’Europa, con lo scopo di promuovere la coopera-
zione internazionale ai fini dello sviluppo sostenibile, FUTURIDEA ha varato “Il Manifesto
per la bellezza dei paesaggi rurali”, un decalogo di azioni concrete da porre in essere per la
tutela e valorizzazione dello straordinario patrimonio ambientale e naturalistico del nostro
Paese. Il Manifesto è stato adottato da alcuni Comuni sanniti, riconosciuti come Città Eu-
ropea del vino 2019, ma a nostro avviso dovrebbe costituire una traccia di lavoro per tutti i
Comuni del Mezzogiorno, nella redazione degli strumenti urbanistici comunali.
Il paese come memoria, come impegno e come futuro 23
Il laboratorio “Etnografie morconesi” è stato realizzato complessivo e ragionato, al quale poter attingere per ogni
nell’ambito del più vasto progetto di recupero spaziale e forma di studio o ricerca relativa al proprio territorio. Ne
culturale di un luogo iconico della comunità locale, deno- fanno testimonianza i frequenti approcci di ricerca, che a
minato “Valorizzazione e promozione del palinsesto cultura- qualunque livello di competenza (da quello scolastico, a
le San Bernardino: identità e territorio”. quello accademico), sono costretti a far ricorso ogni volta
Lo scopo progettuale del laboratorio consisteva in una ad una estenuante esplorazione delle fonti, collocate in
raccolta del patrimonio immateriale (demo-etno-an- varie e distanti sedi bibliotecarie, archivistiche, pubbliche
tropologico) custodito nella memoria orale dei luoghi. e private.
Allo stesso tempo, il redattore del progetto si proponeva Pertanto la metodologia seguita si è proposta, innanzi
di portare alla luce aspetti della quotidianità, del lavoro, tutto, di esaminare le fonti bibliografiche e archivistiche.
dell’economia, della religiosità. Tutto ciò, nella visione di
promuovere una “rigenerazione del senso di appartenenza Le fonti bibliografiche e archivistiche
alla comunità”.
Le finalità generali del progetto includevano la possibi- In una prima fase la ricerca bibliografica ha esplorato
lità di produrre azioni foriere di “reinterpretazioni dina- testi centrati in modo più o meno prevalente sui temi at-
miche della identità locale”. tinenti al campo proposto.
Implicitamente, dunque, in tale visione progettuale, Tra i testi antichi, riguardo gli spetto demo-antropolo-
la ricerca di tipo antropologico culturale richiedeva non gici di Morcone, quello di maggiore ricchezza e puntuali-
solo di riprodurre la narrazione delle cosiddette tradizioni tà descrittiva è la monografia redatta intorno al 1850 dal
(manifestazioni della cultura di un popolo in un deter- farmacista morconese Domenico Piombo per Il Giornale
minato contesto storico, culturale, sociale); ma anche di delle Due Sicilie descritto ed illustrato, diretto da Filippo
cogliere ed interpretare i segni dei cambiamenti in atto. Cirelli. In uno schema programmatico ben strutturato
Nello stesso tempo, il proposito di consolidare ed arric- dal coordinatore dell’opera, nel quadro di un diorama
chire il senso identitario della comunità, inteso come ap- descrittivo del Comune, l’autore dedica alcuni capitoli
partenenza ad un territorio (alla sua storia, cultura, dina- alla elencazione di credenze, rimedi tradizionali e magici
mismo) imponeva di includere, nel lavoro sul fronte delle contro le malattie, balli ed usi popolari. Riguardo i canti
fonti, una revisione organica anche di quanto, nel corso popolari, vengono riportati (trascritti in italiano) i versi di
dei secoli, si è stratificato attraverso forme permanenti di una “partenza”, canto di commiato d’uso a Morcone sotto
memoria, quali le varie forme di testo, sia a stampa, che le finestre della sposa a mo’ di serenata (vedi cap.4). Seb-
in archivi pubblici o privati. La comunità locale, infatti, bene lo stesso autore, descrivendo l’indole degli abitanti,
non ha mai avuto a disposizione un repertorio organico, affermi che “sono inclinati al canto”, non vi è menzione
28 La chiave nella toppa
di canti popolari morconesi né nel primo né nel secondo perato (sotto forma di fotocopia) un manoscritto dovuto
volume della ricchissima raccolta di Canti popolari del- a questo medico, che nell’adempiere i doveri della pro-
le Provincie meridionali, compiuta da Antonio Cassetti e fessione si dedicava anche allo studio dei beni culturali –
Vittorio Imbriani, pubblicati da Loescher nel 1871 e nel materiali e immateriali – in una visione anticipatrice dei
1872 nella più ampia opera Canti e racconti del popolo tempi. Si tratta di una piccola raccolta di proverbi e modi
italiano, a cura di Domenico Comparetti e Alessandro di dire, verosimilmente svolta nella prima metà del ‘900,
D’Ancona. Raccolta, quest’ultima, che riporta, invece, che pubblichiamo al cap.4.
più di un canto proveniente da Santa Croce di Morcone In un altro archivio familiare, che raccoglie una cospi-
(oggi Santa Croce del Sannio). Abele De Blasio, nel 1894, cua quantità di scritti di Enrico Sannia (docente di Let-
pubblica sulla Rivista delle tradizioni popolari italiane al- tere negli istituti superiori di Napoli nella prima metà del
cuni canti beneventani, tra i quali inserisce tre canzonci- ‘900 ed autore di pubblicazioni in ambito della critica
ne, o meglio filastrocche, da Morcone. dantesca e leopardiana), si trovano alcuni spunti di lin-
Poco nota, poi, è la citazione giocosamente “maschili- guistica relativi al dialetto locale.
sta” di contesto molisano riportata da Pittarelli e Muollo Per la ricostruzione di particolari aspetti del mondo tra-
(Due satire popolari molisane, in Giambattista Basile – Ar- dizionale contadino e della vita materiale, vanno ricorda-
chivio di letteratura popolare, III, novembre 1885 pag.81) te due importanti mostre documentarie.
“Le femmene de Murcone/vanne truvanno ru furcono” (vedi La prima, dal titolo Morcone in documenti e testimo-
il testo completo al cap.4). nianze, fu realizzata nel 1979 dal Comune, Pro Loco ed
La materia demo-antropologica esposta dal Piom- altri Enti, con la collaborazione di studiosi e fotografi lo-
bo, ripresa integralmente ed arricchita dal testo di canti cali. Di tale iniziativa, resta solido testimone, almeno per
popolari, viene successivamente riportata, nel 1919, da la parte storica e pubblicazione di fonti antiche, il prezio-
Antonio Jamalio, in un testo antologico che spazia nelle sissimo volume curato da don Giovanni Giordano, con
tradizioni dell’intera provincia sannita, dal titolo La Regi- lo stesso titolo della mostra. Quest’ultima, in particolare,
na del Sannio. Lo Jamalio, peraltro, riporta anche alcune dedicava una sezione specifica ad Aspetti di vita morconese,
filastrocche raccolte a Morcone (vedi cap. 4). con un nucleo intitolato Piccolo mondo domestico e del la-
Tra le carte conservate in raccolte private, risultano due voro. Materiali purtroppo dispersi, di cui vi è traccia in un
manoscritti su Folklore e leggende morconesi redatti nel bell’articolo di Raffaele Matarazzo pubblicato nel 1979 su
1929 dal dott. Pasquale Lombardi Palicco, che fu culto- Sannio economia.
re di storia locale e Ispettore onorario delle belle arti e La seconda importante mostra, dal titolo Vita popola-
antichità. La notizia di questi scritti è riportata da Giu- re della Campania, fu tenuta a Napoli – Castel dell’Ovo,
seppe Plensio (padre Tommaso cappuccino) e da Fran- nel 1981 per iniziativa della regione Campania: vi era, tra
cesco D’Andrea, i maggiori storiografi di Morcone nella l’altro, allestito un ambiente domestico da Morcone, di
seconda metà del ‘900, in alcune loro pubblicazioni, ma cui vi è testimonianza in un lungo articolo di Gennaro
non risulta che siano mai stati pubblicati. Si è invece recu- Borrelli sulla rivista Realtà del Mezzogiorno.
Il laboratorio “Etnografie morconesi” 29
Nel campo della linguistica locale, è del 1990 il Saggio Salvatore Esposito (I Luoghi della memoria, 1997) e Lo-
sul dialetto Giuseppe Plenzio (padre Tommaso cappucci- renzo Piombo (Rocco Vignali fotografo in Morcone, 2001),
no) il quale riprende in modo sistematico alcuni spunti il primo documentando attraverso immagini contempo-
sparsi in sue precedenti pubblicazioni (in particolare si ranee le permanenze del passato nel presente, il secondo
ricorda Super Tamari Flumen, del 1978). In questo sag- intrecciando le fonti iconografiche alla osservazione sto-
gio l’autore pubblica un “Dizionarietto etimologico” che, rico-antropologica e alla semiologia delle fotografie come
per la prima volta, espone circa 1800 lemmi del dialetto testo e linguaggio, insieme storico e comunicativo.
morconese, ciascuno accompagnato da un minimo stu- Ma, mentre emerge una tendenza alla memorialistica
dio glottologico/fonetico/ illuminato da riferimenti ad privata e familiare che spazia da storie di scuola a storie
autorevoli fonti del settore (Devoto, Altamura, Rohlfs). di emigrazione (da Nicolino Florio, Quelli di una volta...e
Inoltre il Plenzio aggiunge parti dedicate a proverbi e fra- non solo, 2007, al postumo diario di Donato Romanello,
si idiomatiche, nenie religiose, devozioni, superstizioni e Io sono Donato, 2019) cresce il numero e la qualità delle
credenze, strofette, linguaggi usati verso le bestie ed altre pubblicazioni pertinenti il campo etno-demo-antropolo-
quotidiane particolarità linguistiche che segnano l’identi- gico. Nel 2005 l’insegnante elementare Maria Solla pub-
tà della parlata locale, quali le maledizioni e gli eufemismi blica Tutto è bono a sape’, cospicua e sistematica rassegna
tipici. di proverbi, motti, filastrocche, indovinelli, credenze, gio-
Nel 2001 lo stesso autore pubblica Cognomi e sopran- chi.
nomi, evidenziando in particolare quest’ultimo tipico fe- Nel 2006 Paolo Vascello, dirigente scolastico con pre-
nomeno della cultura popolare di molte località dell’Italia cedenti esperienze di insegnamento, riprende il tema del
minore. dialetto in un libro dal significativo titolo Linguario del
Con il suo libro di racconti di vita Morcone paese mio dialetto morconese. Vi troviamo proposto il tema della
(2003) Raffaele Di Nunzio con sapido linguaggio narrati- “parlata locale” come forma peculiare e vitale di comuni-
vo consegna alla stampa i racconti autentici della propria cazione identitaria, non solo dal punto di vista della glot-
gioventù, ormai lontana dal mondo contemporaneo, in- tologia, ma anche della fonetica, grammatica ed etimolo-
trecciando persone e storia in una sequenza di episodi di gia. L’autore espone circa 1300 lemmi, con elementi di
vita vissuta. etimologia e semantica. Vi aggiunge capitoli dedicati alla
Sul fronte del richiamo alla memoria del tempo passato fonologia e alla grammatica, con una appendice dedicata
attraverso le immagini fotografiche, un gruppo di appas- agli agnomi (tradizionali soprannomi), alla toponomasti-
sionati (Domenico Caviasca, Paolo Cioccia, Stellio Di ca, alla denominazione di mestieri, professioni, ai verbi
Brino ed Ernesto Mastracchio) nel 1982 pubblica Mor- della agro-pastorizia e della meteorologia. Con una anno-
cone pagine antiche, testo che apre ad un inedito filone tazione/citazione di straordinaria importanza, nel campo
di ricerca che condensa rimandi alla storia delle persone, etnografico: “Non parliamo il linguaggio; siamo parlati dal
delle famiglie, dei luoghi, dei modi di vita. In questo oriz- linguaggio” (Martin Heidegger)
zonte della storia fotografica si pongono, in modi diversi, Nel 2008, un’altra docente, Wanda Lombardi, con il
30 La chiave nella toppa
suo libro Proverbi e modi di dire morconesi estende ulte- che in generale si tratti di insegnanti, maestre o maestri,
riormente la raccolta del patrimonio orale in argomento. medici, operatori sociali, persone impegnate in associa-
Dello stesso anno è la stampa di Arti, mestieri e faccende zioni di volontariato, amministratori locali; persone,
di casa, nel quale Antonio Di Mella raccoglie la memoria insomma, che, pur formate e dotate di strumenti di ri-
di attività e segni di una cultura materiale, oramai in de- cerca, non appartengono all’Accademia, ma sono parte
clino, di cui è stato testimone, della comunità. Le loro ricerche vengono – dove più dove
Nel 2016 Maria Solla, con il titolo Ai tempi ‘e Tato- meno – rielaborate e confrontate alla luce di fonti scritte,
no, pubblica una ricognizione sistematica delle feste della e quindi restituite alla comunità. La quale, spesso, ne fa
tradizione, connesse al ciclo agricolo, all’allevamento, alle tesoro: molti libri pubblicati nell’ambito della ricerca lo-
attività edilizie, al ciclo laico e a quello liturgico, le tra- cale, più volte sfogliati, magari logorati da tante letture,
dizioni e i riti popolari, ecc. Insomma un vero e proprio si ritrovano nelle case, anche le più modeste, consultati,
esauriente manuale per chi volesse occuparsi della mate- come punti di riferimento, come oggetti nei quali ci si
ria. riconosce e attraverso i quali si tiene vivo il filo della me-
Nell’ambito del laboratorio sono state poi reperite due moria. Esteriorizzato e nobilitato nella forma datagli dalla
piccole pubblicazioni a stampa, la cui diffusione era limi- stampa, ma interiorizzato e consacrato come parte di un
tata ad ambiti familiari ed amicali, sul modello dei ‘qua- mondo di appartenenza identitaria.
derni di famiglia’: esse si devono alla maestra (in pensio- Ecco, perciò, l’importanza delle fonti scritte locali.
ne) Pina Colangelo e a sua figlia Tiziana Colagiovanni. Nel circuito della comunicazione di una piccola comu-
Stampate in proprio nel 2018 con i titoli Io, voi e il passato nità i libri di storia locale non sono feticci: essi costituisco-
e Pane, sale e cuore, risultano potenti ed efficaci testimoni no non soltanto un oggetto da tenere in considerazione,
di un mondo vissuto, affettivo e relazionale, che intrec- ma un soggetto vivo, attivo e attivatore di comunicazione
cia descrizioni di scene autentiche e contenuti di saggezza tra le persone.
popolare, da farne preziose perle di valore bibliografico. In alcune case, da persone anziane, senza alcuna rela-
zione con i livelli scolastici, culturali o professionali, nel
Memoria e crisi di presenza mezzo delle interviste, alcuni libri sono citati, ci vengono
mostrati, vengono consultati. Sia perché provengono da
Va considerato che, in una piccola comunità, le pub- autori conosciuti personalmente e magari stimati nella
blicazioni locali per lo più non sono frutto di intellettuali comunità; sia perché le persone trovano conferma e pia-
racchiusi in una turris eburnea dello studioso rintanato in cere nel ritrovare ciò che già si sapeva. E, nel ritrovarlo,
archivi e biblioteche ed estraniato dalla vita sociale. Gli percepire che il sapere individuale è accresciuto, elaborato
studiosi, al contrario, partendo spesso dalla richiesta di e arricchito grazie alla inclusione di conoscenze molteplici
conoscenza rivolta dai membri della comunità locale, si e provenienti da altre persone simili al lettore. Il libro, in
pongono come ascoltatori, ricercatori sul campo, racco- questo senso, diviene parte della memoria identitaria di
glitori di informazioni dalle fonti orali. Non è un caso una comunità
Il laboratorio “Etnografie morconesi” 31
Considerando le produzioni librarie e pubblicistiche che la vita quotidiana si trasforma, a volte in tempi ver-
sopra esposte, che hanno già attinto in abbondanza al pa- tiginosamente brevi, e cambiano rapidamente i modi del
trimonio orale, in quanto a materiali ci sarebbe poco o lavorare, del vestirsi, del comunicare.
nulla da aggiungere. L’attenzione alla etnografia locale appare, alla luce di
Merita tuttavia una riflessione quanto, grazie alla attivi- tale osservazione, un sintomo della crisi di un mondo in
tà di laboratorio, si è notato circa la progressiva crescita, in rapidissimo cambiamento. Un mondo vissuto che, nel ve-
epoca contemporanea, degli studi dedicati ad aspetti del dersi scomparire, tenta di conservare e custodire almeno
passato che sono inclusi nei concetti generali di folklore i relitti di un passato che si sgretola, come i ricordi di
e tradizioni, e che comprendono la raccolta di memorie famiglia da una casa abbattuta da una sciagura.
“del tempo che fu”, di fotografie del “come eravamo”, Nello stesso tempo, la necessità di raccogliere e rinno-
delle narrazioni in chiave “Amarcord”, del recupero del vare memorie si propone come rimedio, quasi una sorta
dialetto come lingua da preservare. di cura, o elaborazione di un lutto, quindi come risposta
Vero è che fino alla metà del XX secolo la possibilità di ad una crisi - per dirla con De Martino - di presenza al
consegnare alle stampe studi di qualunque tipo era assai mondo. Più precisamente, la conservazione delle memo-
limitata, sia per i costi, sia per le tecnologie tipografiche rie antiche appare rispondere ad una crisi di appartenenza
(pensiamo alla composizione dell’impaginato prima con a un mondo vissuto, nel momento in cui, con la progres-
i caratteri mobili, poi con il linotype, salvo che per i ti- siva, globale e pervasiva introduzione di nuove forme di
toli; pensiamo alla problematicità e costi per introdurre comunicazione, questo mondo vissuto e identitario va
illustrazioni di qualunque tipo, prima con tecniche inci- scomparendo.
sorie, poi con cliché zincografici; pensiamo alla laboriosa Ciò risulta quanto mai evidente nell’approccio con le
lentezza delle stampatrici piane a impressione). Molte di giovani e giovanissime generazioni, i “millennials”, nati
tali problematiche, a partire dalla composizione, fino alla sotto la costellazione degli smartphone e dei PC. Una mu-
impaginazione e alla stampa, oggi si avvalgono di tecno- tazione antropologica e culturale che supera velocemente
logie informatizzate. L’errore è corretto in forma digitale, quei cambiamenti che già avevano segnato, pesantemen-
tutto è più veloce ed economico. Si può scrivere di più. te, la generazione precedente, nata dopo le innovazioni
Va posta attenzione sul fatto che, fino a mezzo secolo scaturite dal “secolo breve”, il ‘900: la luce nelle case, gli
fa, gli scritti di ambito locale riguardavano prevalente- elettrodomestici, lavatrici, frigoriferi, i telefoni; la televi-
mente la storiografia, o la descrizione del presente vissu- sione! L’uso diffusissimo delle automobili, la facilità delle
to, comprese le memorie familiari e le biografie. Da un comunicazioni e dei trasporti, a livello globale; il vertigi-
certo momento, a partire dagli anni 90 del Novecento, noso ridursi del tempo necessario per stabilire contatti fi-
la pubblicistica locale appare interessarsi sempre più della sici o verbali, o scritti. Prima si andava a casa di qualcuno,
vita quotidiana, del dialetto che va scomparendo, dei me- o ci si dava appuntamento, o si usava la lettera per posta,
stieri ieri diffusi oggi finiti, delle tradizioni la cui traccia è poi il telefono, il PC con la e-mail, i primi telefonini con
solo nella memoria degli anziani. Ciò avviene man mano gli sms, poi gli smartphone dove il mondo è concentrato
32 La chiave nella toppa
in una sola mano, parole, immagini, suoni, visioni, desi- Quindi la ricerca si è ripartita in due rami, che vengono
deri, progetti, notizie! esposti nei capitoli successivi.
Questo è il tempo presente, dove la contemporaneità è 1. la esplorazione sistematica ed il riordino ragionato
oramai simultaneità avanzata. delle fonti bibliografiche ed archivistiche (Bibliografia
Da ciò, forse, la nostalgie e l’interesse “conservativo” di ragionata). Naturalmente, si tratta di un lavoro aperto,
ciò che va scomparendo, perché ne resti almeno memoria, in continua evoluzione, che esclude una serie di testi che
attraverso il ricordo. Dei tempi lunghi e intensi, dei silen- pure costituiscono fonti primarie importanti per le opere
zi e delle parole, dello stare insieme, con la sola tecnologia elencate, dalle quali è necessario che prenda le mosse chi
della umanità di ciascuno di noi. voglia compiere lavori di ricerca.
2. La raccolta di testimonianze sul campo (Voci del pae-
..... se). Di quest’ultima, viene presentato il metodo ed alcuni
stralci raggruppati per argomento, per concludere con
La ricerca bibliografica tuttavia non può essere circo- spunti di riflessione.
scritta alle sole monografie dedicate in tutto o in modo
prevalente all’ambito propriamente etnografico e antro-
pologico culturale.
Trovandoci di fronte ad un campo teoricamente illi-
mitato, sia nell’ordine diacronico, che nella simultaneità
fenomenologica del presente, il laboratorio si è quindi
diretto verso la raccolta ragionata di tutte le fonti biblio-
grafiche pertinenti il territorio.
E’ in tutta completa la visione della realtà locale, infatti,
che si situa il patrimonio dei beni demo-etno-antropolo-
gici, non come cristallizzazione del ricordo di un passato
non più presente, ma nella attualizzazione della memoria,
come ordinatore critico ed etico del tempo vissuto, che,
per dirla con sant’Agostino, è il tempo presente: presenza
del tempo passato, presenza dell’orizzonte futuro, e pre-
senza dell’attuale.
D’altro canto, attraverso le interviste sul campo, nel
raccogliere la narrazione del “passato” come insieme di
miti, racconti ecc, il laboratorio si è proposto di interro-
gare (e interrogarsi) e confrontarsi sul presente, cogliendo
le differenze, le permanenze e i loro perché.
Bibliografia ragionata di Morcone
Bibliografia ragionata di Morcone 35
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Gustavo Sannia, Deduzione geometrica dei metodi di approssimazione delle radici reali d’una equazione, Rend. della R.
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Gustavo Sannia, Sul metodo di Borel per la sommazione delle serie, Rend. della R. Acc. Nazionale dei Lincei, (5), 26, 1917,
162-167
Gustavo Sannia, Nuovo metodo di sommazione delle serie: estensione del metodo di Borel, Rend. del Circolo Mat. di Palermo,
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Gustavo Sannia, Generalizzazione del metodo di Borel per la sommazione delle serie, Rend. della R. Acc. Nazionale dei Lin-
cei, (5), 26, 1917, 603-606
Gustavo Sannia, Le serie di funzioni sommate col metodo di Borel generalizzato, Rend. della R. Acc. Nazionale dei Lincei,
(5), 26, 1917, 77-81
Gustavo Sannia, Serie di potenze d’una variabile sommate col metodo di Borel generalizzato, Atti della R. Acc. delle Scienze
di Torino, (2 papers), 53, 1917
Gustavo Sannia, Sulle serie di potenze d’una variabile sommate col metodo di Borel generalizzato, (3 papers), Rend. della R.
Acc. Nazionale dei Lincei, (5), 27, 1918, 98-102; 139-142; 24-27
Gustavo Sannia, Il metodo di sommazione di Eulero e la moltiplicazione delle serie, Rend. della R. Acc. Nazionale dei Lincei,
(5), 27, 1918
Gustavo Sannia, Estensione e studio di un metodo di sommazione generico di Borel, in Scritti Matematici offerti ad Enrico
d’Ovidio, Bocca, Torino, 1918, 227-252
Gustavo Sannia, Condizione necessaria e sufficiente per la derivabilità termine a termine di una serie di funzioni, Rend. della
R. Acc. Nazionale dei Lincei , (5) 27, 1918, 264-266
Gustavo Sannia, Le serie di Dirichlet sommate col metodo di Borel generalizzato, Atti della R. Acc. delle Scienze di Torino,
54, 1918-19
Gustavo Sannia, Sviluppo di una funzione analitica in serie sommabili col metodo di Borel, Rend. della R. Acc. delle Scienze
Fisiche e Mat. di Napoli, (3), 35, 1919, 125-137
Gustavo Sannia, Risoluzione dell’equazione di Fredholm con serie assolutamente sommabili di Borel, (2 papers), Rend. della
R. Acc. Nazionale dei Lincei, (5), 28, 1919, 343-347; 429-433
Gustavo Sannia, Classe derivata di una funzione, Rend. della R. Acc. Nazionale dei Lincei, (5), 28, 1919, 25-26
Gustavo Sannia, Serie di funzioni sommabili uniformemente col metodo di Borel generalizzato, Atti della R. Acc. delle Scienze
di Torino, 55, 1919-20
76 La chiave nella toppa
Gustavo Sannia, Sulle serie di funzioni sommabili uniformemente col metodo di Borel generalizzato, Atti della R. Acc. delle
Scienze di Torino, 55, 1919-20
Gustavo Sannia, Nuovo metodo di sommazione che ammette l’algoritmo delle serie assolutamente convergenti, Rend. della R.
Acc. Nazionale dei Lincei, (5), 29, 1920, 141-146
Gustavo Sannia, Serie sommabili assolutamente col metodo di Borel generalizzato, Atti della R. Acc. delle Scienze di Torino,
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Gustavo Sannia, Riavvicinamento di Geometrie differenziali delle superficie, metriche, affine, proiettiva, Ann. di Mat. pura e
applicata, (3), 31, 1922, 165-190; summary in Boll. dell’Unione Mat. Ital., 2, 1923, 61-62
Gustavo Sannia, Calcolo differenziale assoluto con una variabile e geometria affine delle curve piane, Atti della R. Acc. delle
Scienze di Torino, 57, 1922
Gustavo Sannia, Geometria affine differenziale delle curve sghembe, Atti della R. Acc. delle Scienze di Torino, 57, 1922
Gustavo Sannia, Nuova trattazione della Geometria proiettiva differenziale delle curve piane, (4 papers), Rend. della R.
Acc. Nazionale dei Lincei, (5), 31, 1922, 450-454; 503-506; 17-19; 432-434
Gustavo Sannia, Nuova trattazione della Geometria proiettiva differenziale delle curve sghembe, Ann. di Mat. pura e applica-
ta, (2 papers), (4), 1, 1924, 1-18 e 3, 1926, 1-25
Gustavo Sannia, Sulla geometria affine differenziale delle superficie rigate, Giorn. di Mat., 62 1924, 31-50; summary in Boll.
dell’Unione Mat. Ital. , 3, 1924, 68-69
Gustavo Sannia, Equazione secolare di grado infinito, Giorn. di Mat., 62, 1924, 234-236
Gustavo Sannia, Geometria differenziale dei reticolati piani invariante per un gruppo di collineazioni, Rend. del Circolo Mat.
di Palermo, 48, 1924, 289-307; summary in Boll. dell’Unione Mat. Ital., 3, 1924, 68-69
Gustavo Sannia, Lezioni di Geometria Descrittiva, Maio, Napoli, 1924-1925 (Lit.)
Gustavo Sannia, Una rappresentazione intrinseca delle rigate, Giorn. di Mat. , 63, 1925, 31-47
Gustavo Sannia, Lezioni di Matematica per Chimici, Maio, Napoli, 1925 (Lit.)
Gustavo Sannia, Commemorazione di Pasquale Leonardi Cattolica, Atti dell’Acc. Pontaniana, 46, 1926
Gustavo Sannia, Lezioni di Geometria Descrittiva per gli studenti di ingegneria, Maio, Napoli, 1926
Gustavo Sannia, Review of: G.Fubini-E.Cech, Geometria Proiettiva differenziale, Boll. dell’Unione Mat. It., 5, 1926
Gustavo Sannia, Nuove definizioni del fascio canonico, Rend. della R. Acc. Nazionale dei Lincei, (6), 8, 1928
Gustavo Sannia, Recensione di: Fubini G.-Cech E., Geometria proiettiva differenziale, II, Boll. dell’Unione Mat. Ital., 7,
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Gustavo Sannia, Nuovi enti proiettivi nella stella che ha per centro un punto di una superficie, Rend. della R. Acc. Nazionale
dei Lincei, (6), 9, 1929
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Gustavo Sannia, Elementi di Geometria proiettiva per uso degli allievi della Regia accademia Aeronautica, Caserta, 1930
Gustavo Sannia, Lezioni di Geometria Analitica, R. Acc. Aeronautica, Caserta, 1931
Gustavo Sannia, Il fascio canonico di una superficie dedotto dal cono di Segre, summary in Boll. dell’Unione Mat. Ital., 10,
1931, 25-26
Giuseppe Manente
Opere liriche: Alla Regata, poemetto in un atto, su libretto di Alessandro Martinetti (Pistoia, 1906); Il Paradiso dei
cigni, operetta in tre atti op. 446, su testi di Anton-Menotti Buja, per 2 soprani, mezzo soprano, tenore, baritono, basso e
pianoforte (Roma, Manente, 1939; copie in I-Fn, I-Mc, US-Wc).
Musiche per pianoforte: Adagio cantabile (Milano, Ranzini, 1899; copie in I-Mc, I-Rsc); Album, 7 pezzi (Milano,
Gisella, s. d.; copia in I-BGs); V album di Marisetta, 3 piccoli pezzi op. 423 (Firenze, Fapini, 1931; copia in I-Fn); Amor
che sogna, serenata op. 181 (Milano, Bottai, 1913; copia in I-Fn); Bagni di Casciana, marcia militare (Firenze, Mignani,
1929; copia in I-Fn); Bagni di Lucca, marcia op. 70 (Milano, Ricordi, 1912; copia in I-Fn); Berceuse (Firenze, Lapini, s.
d.); Bianca Ninfea, mazurka op. 157 (Firenze, Lapini, 19II; copia in I-Fn); Boucles Poudrees, gavotta (Firenze, Lapini, s.
d.); Buon Principio, marcia militare op. 136 (Milano, Ranzini, 1900; copia in I-Rsc); Buona notte. Mimi, ninna nanna op.
322 (Firenze, Mignani, 1921; copia in I-Fn); Conte grande, marcia militare (Roma, Manente, 1931; copia in I-Fn); Cuor
gentile, tempo di mazurka (Firenze, Lapini, s. d.); Delaissee, valzer (Firenze, Lapini, s. d.); Fauste nozze, marcia trionfale op.
408 (Firenze, Mignani, 1930; copia in I-Fn); Fiamme gialle, marcia militare (Firenze, Mignani, 1929; copia in I-Fn); Fior
di Nozze, valzer (Firenze, Lapini, s. d.); Fiore esotico, valzer (Firenze, Lapini, 1906; copia in I- Mc); Improvviso, barcarola
(Milano, Ranzini, 1900; copia in I-Rsc); Italian March, marcia (Firenze, Lapini, s. d.); Lieti auguri, mazurka (Milano,
Ranzini, 1899; copie in I-Mc, I-Rsc); Marcia d’ordinanza per il corpo della R. Guardia di finanza (Roma, Manente, 1930;
copia in I-Fn); Maria, Beatrice, Cunegonda, ninna-nanna (Roma, Manente, 1938; copia in I-Fn); Méditation religieuse (s.
i.); Mimosa, tempo di mazurka op. 182 (Milano, Bottali, 1913; copia in I-Fn); A Narni, valzer (Milano, Ranzini, 1899;
copie in I-Mc, I- Rsc); Nella pineta di Castel Fusano, Intermezzo (Firenze, Mignani, 1933; copia in I-Fn); Neo Birichino,
minuetto (Firenze, Lapini, s. d.); Newport, mazurka (Roma, Manente, 1931; copia in I-Fn); Nostalgia, romanza senza
parole op. 445 (Roma, Manente, 1938; copie in I-Fn, I-Mc); Oltre oceano, valzer-boston (Milano, Mariani, s. d.; copia in
I-Rsc); Onomastico, polka brillante (Milano, Ranzini, 1899; copie in I-Mc, I-Rsc); Pensando a Napoli, serenatala (Bologna,
Venturi, 1906); Petite Marie, berceuse (Firenze, Lapini, s. d.); Principe Faronk, marcia militare op. 316 (Alessandria
D’egitto, s. e., 1923; copia in I-Fn); Principessa Maria Luisa di Bulgaria, petite berceuse (Roma, Manente, 1933; copia in
I-Fn); Regia Accademia di fanteria e cavalleria e scuola d’applicazione di fanteria, marcia militare (Roma, Manente, 1932;
copia in I-Fn); Renaissance, gavotta (Firenze, Lapini, s. d.); Sempre felici, mazurca (Milano, Ranzini, 1899; copie in I-Mc,
78 La chiave nella toppa
I-Rsc); Soavi ricordi, valzer (Milano, Mariani, s. d.; copia in I-Rsc); Sogno d’amore, intermezzo (Roma, Manente, 1931;
copia I-Fn); Souvenir de T Hotel Royal Continental e Pare Bagni di Lucca, mazurka (Torino, Gori, 1900 ca.); Souvenir de
Port-Said, valse hesitation op. 348 (Perugia, Belati, 1924; copia in I- Fn); A Sunday Promenade (Firenze, Lapini, s. d.);
Teddy, fox-trot op. 444 (Roma, Manente, 1938; copia I-Fn); A Tripoli, marcia militare (Firenze, Lapini, s. d.).
Musiche per mandolino: Al Mandolinismo, marcia per 2 mandolini e chitarra (in «Il Plettro», 1910); A Mon Astre,
serenata per 2 mandolini e chitarra (in «Il Plettro», n° 12, 1907); Amor che sogna, serenata appassionata op. 181 per 2
mandolini e chitarra (in «Il Plettro», 1914); Argentea luce, serenata per mandolino e chitarra (in «L’Estudiantina», n° 300
bis, 1925); Arte Mandolinistica, sinfonia per 2 mandolini, mandola tenore e chitarra (in «L’Estudiantina», n° 394, 1905);
Buona notte Mimi, berceuse op. 322 per 2 mandolini, mandola tenore, mandoloncello e chitarra (in «Het Ned mandoline
Orkestra», Barend van Zwieten, 1929; copia in I-FTamore); Contemplazione, intermezzo op. 440 per 2 mandolini,
mandola tenore e chitarra (in «Il Plettro», 1937; copia in I-FTamore); Danza Originale op.I45, per 2 mandolini, mandola
tenore, mandoloncello e chitarra (in «Het Ned mandoline Orkestra», n° 47, Barend van Zwieten, 1929; copia ms in
I- FTamore); Fiori e amor, valzer per 2 mandolini e chitarra (in «Vita Mandolinistica», 1909); Five O’clock tea, valzer
brillante per 2 mandolini (in «L’Estudiantina», 1929); Flos Campi, mazurka per 2 mandolini, mandola tenore e chitarra
(in «L’Estudiantina», n° 311, 1926; copia in I-FTamore); Il Paradiso dei cigni, frammenti dall’Operetta in 3 Atti, per 2
mandolini, mandola e chitarra (Roma, Manente, 1939; copia in I-FTamore); Il Viandante, serenata per mandolino e
chitarra (in «Il Plettro», 1908); Linda, polka per 2 mandolini e chitarra (in «Il Plettro», n° 18, 1907); Mandolinata, per
mandolino solo (in «Il Mandolinista Italiano», s. d.); Mimosa, mazurka da concerto op. 417 per 2 mandolini, mandola
tenore e chitarra (ms, copia in I-FTamore); Notte Serena, serenata per mandolino e pianoforte (Milano, fratelli Ranzini,
1899; copie in I- Rsc, I-BGc); Omaggio al Plettro, marcia per 2 mandolini e chitarra (in «Il Plettro», n° 5, 1907); Pagina
d’Album, intermezzo op. 312 per 2 mandolini, mandola tenore, mandoloncello e chitarra (in «Het Ned mandoline
Orkestra», 1929; copia in I-FTamore); Petite Berceuse, op. 139 per 2 mandolini, mandola tenore e chitarra (in «Het
Ned mandoline Orkestra», 1927; copia ms in I-FTamore); Piccoli Eroi, ouverture op. 167 per 2 mandolini, mandole e
chitarre (in «Il Plettro», 1912; copia in I-FTamore); Placida Notte, mandolinata per pianoforte (Firenze, Lapini, s. d.);
Principe di Piemonte, marcia op. 360 per 2 mandolini, mandola tenore, mandoloncello e chitarra (in «Het Ned mandoline
Orkestra», n° 20, 1927; copia in I-FTamore); Principessa Maria Pia di Savoia, ninnananna op. 434 per 2 mandolini,
mandola tenore e chitarra (in «Il Plettro», n° 29, 1935; copia ms in I-FTamore); Primo Reggimento Radiotelegrafisti del
Genio, marcia op. 428 per 2 mandolini, mandola tenore e chitarra (in «Il Plettro», 1933; copia in I- FTamore); Reverie
de Poete, per 2 mandolini, mandola tenore, mandoloncello e chitarra (in «L’Estudiantina», n° 320, 1926; copia ms in
I-FTamore); Rhode Island, valzer op. 416 per 2 mandolini, mandola tenore e chitarra (in «Het Ned mandoline Orkestra»,
n° 140, 1936); Ricordo di Cairo, pezzo arabo op. 340 per orchestra a plettro (in «L’arte Mandolinistica», 1922, n° 16; copia
ms in I- FTamore); Ricordo di Porto Said, valse hesitation per mandolino e chitarra (in «Il Plettro», 1924, n° 18); Ronda
Misteriosa, pezzo caratteristico op. 437 per 2 mandolini, mandola tenore e chitarra (in «Il Plettro», 1936, n° 30); Serenata
ar Tevere, per mandolino solo (Roma, Margiotta, 1914; copia in I-Fn); Serenata Mesta, serenata op. 156 per mandolino
Bibliografia ragionata di Morcone 79
e chitarra (in «L’Arte Mandolinistica», s. d.); Serenata sul Mare, serenata op. 435 per 2 mandolini, mandola tenore e
chitarra (in «Il Plettro», 1937, n° 31; copia ms in I- FTamore); Sogno d’Amore, intermezzo op. 415 per 2 mandolini,
mandola tenore, mandoloncello e chitarra (m «De Mandolingids», n° 132, 1934; copia in I-FTamore); Sotto i Lauri, idille
op. 314 per 2 mandolini, mandola tenore, mandoloncello e chitarra (in «Het Ned mandoline Orkestra», n° 18, 1927;
copia in I-FTamore); Sulla Piana della Melia, ouverture op. 123 per orchestra a plettro (in «Il Plettro», 1909; copia in
I-BZe); Tarantella, per 2 mandolini, mandola e chitarra (in «Il Plettro», 1908, n° 3); Tempo di minuetto, per mandolino e
pianoforte (Milano, fratelli Ranzini, 1899; copia in I-Rsc); Tramonto d’Autunno, fantasia per 2 mandolini, mandola tenore
e chitarra (in «Il Plettro», 1922, n° 16; Copie in I-FTamore, I-BZe); Trionfo, tempo di marcia sinfonica per orchestra a
plettro (ms; copia in I-FTamore); Wally, mazurka per 2 mandolini, mandola tenore e chitarra (in «Vita Mandolinistica»,
1909, n° 3; copia in I-FTamore).
Brani per canto e pianoforte: A il re e la regina d’Italia, inno su parole di Clelia Bertini-Attilj (Milano, Giudici &
Strada, s. d.; copia in I-Mc); Donatella, ninna nanna (Firenze, Mignani, 1939; copia in I-Fn); Inno per le truppe di
sussistenza, su parole di Carlo Frattini (Firenze, Mignani, 1929; copia in I-Fn); Fior redento, canto popolare op. 289 su
poesia di Venturino Camaiti (Firenze, Lapini, 1916; copia in I-Fn); Fiamme gialle, Inno del finanziere (Roma, Manente,
1928; copia in I-Fn); La piccola italiana al duce, su testo di Araldo Pescot (Firenze, Mignani, 1929; copia in I-Fn); Quarta
Italia, inno su parole di Nino Stellacci (ms; copia in I-Cbc); Sento che t’amo e te lo voglio dire, melodia su testo di E.
Panzacchi (Milano, Ranzini, 1899; copie in I-Mc, I-Rsc); Stornello (ms del 1908 in I-LI).
Musiche da camera: Berceuse, per flauto e pianoforte (Milano, Ranzini, 1899; copie in I-Mc, I-Rsc); Concerto op. 412
per clarinetto e pianoforte (Roma, Manente, 1931; copie in I-Nc, I-Fn).
Musiche per orchestra: Al Rio Dulce, tango nostalgico (Roma, Manente, 1930; copia in I-Fn); Alla regata: preludio
dell’opera lirica in un atto (Roma, Manente, 1928; copia in I-Fn); La Bambola, schottisch op. 423 per orchestra (Firenze,
Lapini, 1932); Boldly, fox-trot per orchestra (Roma, Manente, s. d.); Brigata Abruzzi, marcia militare (Milano, Sonzogno,
1907); Campeggio dei balilla, Scherzo marciabile (Roma, Manente, 1930; copia in I-Fn); Danza Originale op.I45 (Roma,
Manente, s. d.); Fauste nozze, marcia trionfale (Roma, Manente, 1931; copia in I-Fn); La marcia di Ronchi, marcia militare
op. 404 (Roma, Manente, 1930; copia in I- Fn); Pagina d’Album, intermezzo op. 312 (Roma, Manente, 1928; copia
I-Fn); Petite berceuse, op.I39 (Roma, Manente, 1927; copia I-Fn); Principe di Piemonte, marcia op. 360 (Roma, Manente,
s. d.); Rèvèrencè, gavotta op.I05 (Firenze, Lapini, s. d.; copia in I-BGs); Rhode Island, valzer (Roma, Manente, 1931; copia
in I-Fn); Ricordo di Cairo, fantasia araba (Roma, Manente, 1928; copia In I- Fn); Scena zingaresca, pezzo caratteristico
op. 106 (Firenze, Ed. Musicale Orchestra, 1928; copia In I-Fn); Sogno d’Amore, intermezzo op. 415 (Roma, Manente,
1931; copia in I-Fn); Sognando, intermezzo op. 423 (Firenze, Lapini, 1932); Sogno lontano, intermezzo (Firenze, Lapini,
s. d.; copia in I-BGs); Sotto i Lauri, idille op. 314 (Roma, Manente, 1927; copia in I-Fn); Sull’Amo, mazurka (Milano,
CEMIJ909); Trasporti trionfali, marcia (Firenze, Mignani, 1928; copia in I-Fn); A Tripoli, marcia op. 163 (Firenze,
Petrelli, s. d.; copia in I-FTamore); Voci e Bisbigli, valzer (Milano, Carisela, s. d.).
80 La chiave nella toppa
Musiche per Banda: (principali136): Antico e Moderno, sinfonia (Firenze, Lapini, 1896; copie in I-Fc, I-Mc); Danza Ori-
ginale op. 145 (Firenze, Lapini, 1911; copia in I-Fn); Festa di Nozze, fantasia in 3 tempi (Firenze, Lapini, 1907; copie in
I-Mc, I-OS); Frammenti Musicali per uso della ginnastica nei reggimenti di fanteria di linea (Firenze, Lapini, 1910; copia
in I-Fn); Granatieri di Sardegna, marcia (New York, Pagani, 1918; copia in I-FTamore); Imperiale Italica, marcia sinfonica
op. 400 (Perugia, Belati, 1930; copia in I- Fn); Inno del finanziere (Firenze, Mignani, 1929; copia in I-Fn); Intermezzo
sinfonico (Firenze, Lapini, 1896; copie in I-BRb, CH- TRf ); La piccola banda, ouverture (Firenze, Benelli; copie in I-BRb,
CH-TRf )); Ora d’angoscia, marcia funebre (Firenze, Lapini, 1913; copia in I-Fn); Piccoli eroi, sinfonia (Firenze, Saporetti
e Cappelli, 1926; copia in I-Fn ); Rimembranze del Sannio, marcia sinfonica op. 321 (Firenze, Lapini, s. d.; copia in US-
MDu); Senza Confini, ouverture originale (Firenze, Lapini, 1905; copie in I-BRb, CH- TRf ); Sotto i lauri, intermezzo
op. 314 (Nocera Inferiore, Pucci, s. d); Sulla Piana della Melia, ouverture op. 123 (Firenze, Lapini, 1911 ; copia in I-Fn);
Torniamo all’antico, fantasia per clarinetto (Perugia, Belati, 1906; copia in I-FTamore); Zingaresca, pezzo caratteristico op.
109 (Perugia, Belati, 1914).
Scritti: Il repertorio bandistico, in «Musica», Anno II (1908), n° 10, pp. 2-3; Organizzazione d’una piccola banda, in
«Musica», Anno I (1907), n. 4, p. 3.
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Classe V sez A e B, Sulle orme del passato: casa Sannia, Scuola elementare di Morcone a.s. 1997/1998
Claudia Giordano, Testimonianze di cultura materiale di epoca medievale da Morcone: la protomaiolica, Univ.del Molise,
Laurea in scienze dei Beni culturali e ambientali, a.a. 2018/2019
Stefania Marino, Profilo storico-urbanistico di Morcone: la storia cartografica, Univ.Federico II Napoli, Fac. di Architettura,
a.a. 2008/2009
Romina Rinaldi, Manuela Grasso, Tecniche fotogrammetriche avanzate per l’analisi e il rilievo dei Centri storici: Morcone,
Univ. di Napoli Federico II, Laurea magistrale in Architettura, a.a.. 2010/2011
19. Calendari
Adone Cioccia - Paolo Cioccia, …Buon 1991, Edigrafica, Morcone, 1991
Il Presepe nel Presepe - Buon Anno 1992, Edigrafica, Morcone, 1992
s.a, Morcone tra passato e presente, Morcone, 1997
Antonio Longo-Giuseppe Pisano (a cura), Morcone: le sue fontane, Edigrafica, Morcone, 1998
Giuseppe Pisano-Antonio Longo (a cura), Morcone: le sue chiese, Edigrafica, Morcone, 1999
Giuseppe Pisano-Antonio Longo (a cura), Morcone: le sue piazze, Edigrafica, Morcone, 2000
Mimì Caviasca (a cura), Morcone e i suoi palazzi, Edigrafica, Morcone, 2001
Mimì Caviasca (a cura), Morcone: le sue fontane, Edigrafica, Morcone, 2002
s.a., Padre Pio: 100 anni fa a Morcone, IGS, Morcone, 2003
I.C. E.De Filippo, I presepi a tavola, Morcone, 2003
Antonio Longo (a cura), Morcone e la Villa Comunale, IGS, Morcone, 2004
Antonio Longo e Giuseppe Pisano (a cura), Morcone: i suoi scorci, IGS, Morcone, 2006
Lorenzo Piombo (a cura), Morcone: i portali, IGS, Morcone, 2007
Lorenzo Piombo (a cura), Gli antichi mestieri, IGS, Morcone,2008
AA.VV., Morconario, (calendario con testi e foto di autori vari), IGS, Morcone, 2014
d. carte tematiche
Atlante delle Province Cappuccine, Carta della provincia di sant’Angelo, Torino, 1640
s.a. Carta dei Tratturi, tratturelli, bracci e riposi, in Natalino Paone, La transumanza: immagini di una civiltà, Iannone,
Isernia, 1987
Società italiana per le Strade Ferrate Meridionali, Panorama della linea Benevento-Campobasso, sn 1883?
s.a., Linea Benevento-Campobasso di lunghezza Km. 84+494,92: planimetria-profilo, disegno tecnico multicolore 30x920
cm, in Societa Italiana per le strade ferrate meridionali, Planimetrie nella scala di 1:10000 profili longitudinali nella scala
86 La chiave nella toppa
di 1:10000 per le distanze 1:500 per le altezze delle linee Cervaro-Candela, Benevento-Campobasso, Ofantino-Margherita
di Savoia, Bari-Taranto, (Bologna-Otranto) diramazione al porto di Brindisi, Zollino-Gallipoli , cartella, sl sd (1889-1895)
OPAC RM0314
s.a., Bacino lignitifero di Morcone: planimetria d’insieme dei fori e delle sezioni geologiche scala 1:25000, ad ma intorno al
1945
s.a., Bacino lignitifero di Morcone: sezione Ovest-Est scala 1:2000, ad ma intorno al 1945
Antonio Franzese, Disegni di una roccia abitata, cartella con 12 tavole numerate da 1 a 100,, Istituto Poligrafico, Benevento-
Napoli, 1982
Antonio Franzese, Impronte sulla roccia, cartella con 13 tavole numerate da 1 a 100, Edigrafica, Morcone, 1985
Antonio Franzese, Due chiavi artistiche e dorate venivano solennemente offerte ai principi in segno di omaggio, cartella con 12
tavole numerate da 1 a 100, Edigrafica, Morcone, 1987
Mario Ciaramella, La pietra e le stelle, cartella con due lineoleografie a colori (presentaz.Mimmo Parente), La Cittadella,
sl, sd ma 2008
Bibliografia ragionata di Morcone 87
Il lavoro sul campo si è svolto durante l’arco di due mesi. anni ’40 del ‘900.
Sono state intervistate 20 persone che vivono a Morcone Nelle interviste, introdotte dall’invito a parlare delle
(16 F - 4 M), tutte di età superiore ai 70 anni, fino a un tradizioni, leggende, del mondo della propria infanzia e
massimo di 87 anni (età media poco superiore a 80). gioventù, il perno delle narrazioni è stata, costantemente,
Le interviste, della durata tra i 60 e i 120 minuti ciascu- la descrizione della vita in famiglia, della vita di relazio-
na, sono state guidate da due componenti dell’Associazio- ne, della vita sociale. In un certo senso, gli anziani non
ne “Che viva Morcone”. Il metodo dell’intervista è stato raccontano la “cosa” o il “fatto” vissuto nel passato, ma il
quello del colloquio orientato alla rievocazione di modi di “come”, o il “senso” del loro mondo originario, al quale
vita, situazioni, credenze particolari incontrate o vissute sono legati con un sentimento profondo di totale appar-
nella propria vita e ricordi di favole, canti, leggende o pro- tenenza.
verbi del luogo. La modalità del colloquio è stata quella È in questa cornice, e solo in questa cornice, che sboccia
del dialogo partecipe ed empatico. Le interviste sono state la narrazione delle feste domestiche legate al ciclo religio-
raccolte attraverso appunti, estesi subito dopo sotto for- so, dei giochi della tradizione e delle tradizionali credenze
ma scritta, e relative osservazioni; alcune frasi sono state magiche, delle presenze ed azioni malefiche o benefiche
registrate per essere trascritte. e rituali scaramantici. In breve, il senso della tradizione,
Durante il laboratorio, si è tenuto un incontro con gli tutt’altro che momento “eccezionale” o atipico rispetto
studenti degli ultimi due anni del Istituto di Istruzione alla propria vita, è parte integrante di un mondo vissuto.
Superiore “don Peppino Diana” di Morcone, nella pro- In definitiva, il racconto delle persone anziane, più che
spettiva di dare successiva continuità alla ricerca, anche riportare a momenti specifici riconosciuti come “tradi-
attraverso ciò che emerge dal confronto tra i racconti dei zione”, appare illustrare e definire una “cultura popolare”
giovani e quelli degli anziani. diffusa, che è allo stesso tempo trama della vita vissuta
Da quanto emerso durante il lavoro sul campo sono nella comunità, sulla quale vengono tessute o ricamate
scaturite alcune considerazioni di fondo. storie, aneddoti, il racconto di fatti più o meno favoleg-
La prima considerazione scaturisce dai racconti delle giati, carichi di pathos, ora drammatico, ora comico, ora
persone anziane, la cui infanzia si è svolta prima degli umoristico. In essi, sembra si manifesti allo stesso tempo
92 La chiave nella toppa
un insieme di riferimenti valoriali, che condensano l’ethos di riguardo, una funzione vitale, ed erano al primo po-
della comunità. sto nei doveri. Gli anziani, nel rievocare la loro età più
Tra le persone intervistate, quasi nessuna descriveva - giovane, riconoscono in questo senso del rispetto per le
anche perché non ricordava - particolari racconti fiabe- persone avanti negli anni, l’imperativo prioritario della
schi o canzoni locali. Tra gli anziani del paese, chiedendo educazione ricevuta sia in famiglia, che nella scuola e nel-
di ricordare leggende narrate in famiglia o ascoltate da la partecipazione alla vita religiosa. Dalle interviste, emer-
bambini, è ricorrente una favola intrisa di magia e di pau- ge la disapprovazione e il deploro per l’assenza attuale di
ra, quella del cavallo nel castello. Attorno al tema centra- questo tipo di educazione. In particolare, sono messe in
le, se ne ritrovano diverse varianti, con dettagli descrittivi luce la divergenza di valori e di comportamenti oggi esi-
divergenti, ed anche con diversi correlati interpretativi stente nelle famiglie tra le generazioni, e tra le famiglie e la
ed emotivi. Insomma, più che le singole forme di una scuola, che segnano la non coerenza dell’azione educativa.
cultura umana, negli anziani si coglie il senso globale di La seconda considerazione scaturisce dall’incontro con
una cultura antropologica come “concezione del mondo”, gli studenti degli ultimi anni dl Liceo scientifico di Mor-
dove la realtà interna e la rete di rapporti umani sono cone. Ci troviamo di fronte a una generazione nata alme-
un “mondo vissuto” denso di emozioni, ancora vive nel- no 60 anni dopo gli anziani intervistati (quindi con un
la memoria, o per dirla con Fosco Maraini, sono un mi- salto di almeno tre generazioni).
croendocosmo, cioè il sentirsi appartenenti ad un mondo Ebbene, ai ragazzi è stato chiesto di riferire quali sono
condiviso. le tradizioni locali che conoscono. Dopo un breve attimo
Una vivace anziana ha condensato le proprie riflessioni di riflessione sono state date le seguenti risposte (le ri-
in queste parole, riportate testualmente: “Oggi abbiamo portiamo sia nell’ordine di immediatezza, che di adesione
tutto, ma è come se ci mancasse tutto, anche se nel passato numerica a ciascuna risposta): 1. Il Presepe Vivente 2. La
non avevamo niente, ma ci sembrava di avere tutto”. Fiera di Morcone 3. La sagra della fresa (cioè la tradizione
E cosa è questo “tutto” - ci domandiamo - di cui si parla di san Rocco) 4. Il falò di san Bernardino.
avvertendone l’assenza? È evidente che, per i ragazzi di 16/18 anni, la definizio-
Dalle interviste, il “tutto” che dà un senso alla vita, ne di “tradizione” è attribuita ad eventi “speciali”, che si
appare essere la presenza di un mondo costituito da re- inseriscono nel ciclo annuale come ricorrenze rituali, per
lazioni fitte, intense, continue, intrecciate: il vicinato, il lo più spettacolari o associate al consumo. Peraltro tra i
raccogliersi nelle case, il gioire o soffrire insieme, la co- giovani, in generale, non risulta diffusa la conoscenza di
municazione continua tra le persone, le famiglie aperte aspetti del “folklore” nel senso comune del termine (canti,
tra loro, come le case. Il cuore di tutto ciò, viene riportato fiabe locali ecc). Per esempio, alla domanda se qualcuno
nelle interviste mediante alcune ricorrenti “parole chia- avesse sentito parlare della tradizione delle “Maitinate”,
ve”: unione, vicinanza, scambio, aiuto reciproco, e soprat- nessuno ha saputo rispondere. Paiono mancare, inoltre
tutto rispetto. Rispetto per gli anziani, prima di tutto: elementi di pathos, al di là del senso di piacere o diverti-
erano loro, nel mondo della tradizione, ad avere un ruolo mento nella partecipazione ai momenti della “rappresen-
Voci del paese 93
tazione collettiva” del paese. Si evidenzia poi, tra i giova- cazione indiretta, dei media, la caduta di livelli di educa-
ni, una completa discontinuità tra ciò che è la propria vita zione civile, il ruolo diverso della famiglia e della scuola.
quotidiana (omologata in cicli istituzionali della scuola e Il Laboratorio di etno-antropologia realizzato nell’am-
della società dei consumi) e il senso di appartenenza a una bito del Progetto “San Bernardino - identità e territorio”,
cultura popolare identitaria, con valori propri, condivisi in definitiva ha aperto molte domande ed offerto nuove
nella società naturale. occasioni alla necessità di riflessione dell’intera comunità
A margine, circa il significato e la definizione del con- locale.
cetto di tradizione, il confronto tra generazioni consente Si presentano di seguito spezzoni significativi, tratti dai
una estrapolazione di carattere generale: si può definire racconti delle persone intervistate nel lavoro sul campo.
tradizione ciò di cui si ha esperienza ricorrente, vissuta e Si è preferito riportare la forma parlata, con tutte la sua
partecipata, in modo continuativo e rituale, da quando si complessità e ricchezza di registri diversi: il passaggio dal-
era bambini, e cioè in qualche modo ciò che esisteva già la lingua al dialetto e viceversa, le pause, le frasi spezzate
dalla generazione precedente, e che la generazione prece- come per suggerire qualcosa all’immaginazione dell’inter-
dente poteva raccontare. locutore, gli anacoluti, le espressioni gergali, le incoerenze
La terza e ultima riflessione riguarda a discontinuità tra sintattiche ecc: ogni parlata è, in un certo senso, una lin-
le generazioni e la differenza tra i mondi vissuti, che vede gua a sé stante. La forma scritta non può riportare i tim-
le giovani generazioni segnare la rottura di precedenti bri, le dinamiche, le inflessioni, le variazioni di intensità,
legami identitari, dove l’endocosmo, il mondo vissuto e le cadenze, la musicalità, la prosodia. insomma l’insieme
condiviso tra tutti, stenta a poter essere individuato. Le di caratteri che rendono uniche e riconoscibili le voci di
cause? Vengono indicati, nell’ordine: le macchine, il con- ogni persona.
sumismo, lo spopolamento, l’eccesso di uso di comuni-
94 La chiave nella toppa
“La chiave era nella toppa. Per entrare in casa, aprivi e potevano venire dei ragazzi a sentire le canzoni e allora
bastava dire: Comma’, pozzo trasì? “ era meglio togliere ogni occasione per farmi incontrare i
ragazzi.
“Sai la vita, allora… c’erano le famiglie: io passavo da-
vanti casa tua, e entravo… alla sera me veniva no malo “…ma era bello… la sera si stava tutti insieme, si ar-
‘e capo, pigliavo, andavo a la casa de una de cheste fami- rostivano le castagne, i ceci, o nelle feste si facevano le
glie, subito ci infilavamo dalla vicina, che teneva sempe scorpelle, i panzarotti… e le case erano sempre aperte”
lo scaurariello co le patane… subito entravi a casa delle
“Ce steva no’ banco de legno pe’ s’assettà ca se met-
persone, ce steva sta confidenza... Mo’ si ara trasì a la casa
teva nnante a lo camino. A la sera non tenevamo addo’
di una persona ara prima telefona’ pe’ veré si ce sta, pe’
ce assettà, perché arrivavano tutti, lo vicinato, chi prima
cercà permesso si ce può i’ o no, allora no! ‘Ntanno trasi-
arrivava trasiva, alla fine se finivano tutte le sedie, tutte le
vi, come era era, a tutte le case, quindi era diverso, ce steva
famiglie venivano. Le creature s’assettavano ncopp a certi
più comunicazione tra le persone...”
pezzi de legno. Tutte le famiglie veniveno… Ntanno eva
“S’annava sempe a piedi e allora trovavi sempe le perso- fa’ accussì, si facivi li biscotti, guai se non chiamavi tutti
ne lungo la strada” quanti… Ce steva no rispetto!”
“Ci si riuniva, si parlava, le cose si raccontavano, i pic- “Co li dottori prima se faceva a cagno a robba ‘e casa,
coli sentivano i racconti dei grandi, e così tutte le cose non si pagavano li dottori, Don Mario se pigliava solo
antiche, le credenze si venivano a conoscere” se te faceva li denti. Però le visite non pigliava pajato…”
“Non dovevamo stare in mezzo alla strada, ma impa- “ Mo ch’è successo, ào creato no consumismo, e allora
ravamo il punto a giorno, l’uncinetto il ricamo. Poi a sei la gioventù se n’è voluta ì da Morcone”
anni andavamo alla scuola pubblica. Io, quando vedo le
“Ce steva ato rispetto pe’ le persone… ndanno ce steva-
ragazze di oggi buttate in mezzo alla strada rimpiango
no li vecchi… uno che teneva la terra vicino a la nosta mi
quei tempi: si stava insieme, si era contenti. Pensate alla
chiamava… “piccoli’ me puoi portà sto fangotto?”... non
severità di mio padre: quando tornò dal servizio militare
ce ne attornavamo se prima non aiutavamo li vecchi: la
portò un grammofono; ma quando diventai signorinella,
prima cosa éva lo rispetto pe’ le persone anziane”
lo tolse da mezzo, perché pensava che con il grammofono
Voci del paese 95
Educazione, scuola
“Allora non era come oggi, che si esce, si entra… non si “Quando ero ragazza, a scuola la maestra ci prendeva
poteva fare niente. Noi non avevamo il permesso di uscire. all’entrata, ci metteva in fila per due e ci faceva salire in
Quando ero piccola, si andava alla scuola dalla signorina classe. La prima cosa era la preghiera, poi la rivista: ci
Emanuelina. Eravamo cinque, sei bambine di tre, quat- guardava le unghie, i capelli, le scarpe che dovevano essere
tro, cinque anni… anche un paio di maschietti. Si andava sempre lucide… portavamo il grembiule nero col colletto
colla sediolina, ci portavamo il cestino con il mangiare bianco e il nastro tricolore, le scarpe nere e i calzettoni…
e restavamo tutta la giornata. Non si pagava, portavamo d’inverno… allora non c’erano i pantaloni… e d’estate i
ogni tanto un pollo, delle uova… Che facevamo? Prima calzettini corti bianchi. In classe eravamo quaranta, mica
pregavamo, poi lei ci insegnava tante cose. Il ricamo, il pochi…. Ci alzavamo quando qualcuno entrava in classe.
punto a giorno, l’uncinetto… Quando era buon tempo La maestra era unica, ci insegnava tutto storia, geografia,
ci portava a passeggio, nel periodo delle more le racco- matematica… Anche la maestra indossava il grembiule
glievamo, facevamo la marmellata e ce la faceva mangiare nero e il colletto bianco… No come adesso, che le mae-
stesso a noi. Ci preparava per la prima comunione. Ci stre fanno a chi più cambia toletta tutti i giorni, come se
raccomandava sempre: oggi siete delle bambine, domani dovessero andare a una sfilata di moda… e allora anche
sarete donne: vedete, voi siete come un fiore che cresce. i bambini lo vogliono, e i genitori si disperano perché
Allora mia mamma diceva: se sei un fiore, e il fiore lo toc- devono comprare tutto firmato… allora eravamo tutti
chi, subito si sciupa. Voi quando diventerete signorine, ci uguali!”
insegnavano, non vi dovete far toccare, sennò vi sciupate.
“I genitori te devano l’educazione, tu non te putivi per-
Era così anche in famiglia. I nostri genitori demandavano
mettere!”
ad altri l’educazione.”
96 La chiave nella toppa
“Allora non tenevamo niente... ma tenevamo tutto!” “Quando moriva una persona, dal Convento dei Cap-
puccini venivano tutti i novizi a pregare. Anche perché
“Ci si aiutava, soprattutto i poveri e i vecchi. Mi ricordo
così ricevevano delle offerte, e almeno avevano qualcosa
che c’erano due vecchietti poveri, mi chiamavano per an-
da mangiare. Erano tanti, ora non c’è più nessuno. Come
dare a prendere l’acqua alla fontana perché in casa non ce
si faceva a dare da mangiare a tutti quelli che stavano nel
l’avevano…. Ora chi lo fa più? Anzi, se un genitore sa che
convento? Oggi non c’è più niente… prima girava fra
un figlio è comandato da qualcuno per un servizio, dice
Pio, per tutte le campagne, e riceveva molte elemosine”
che non lo deve fare…”
“Quando si dovevano tosare le pecore si portavano a fare
“Le persone bisognose erano molte, e si aiutavano, ma
il bagno a ro ciummo, e c’era la tradizione che i pastori
non con i soldi. Per esempio Crocifissa la coronara andava
al ritorno si fermavano a mangiare dai Cappuccini, che
a cantare il De Profundis. La chiamavano la coronara per-
preparavano una cosa semplice, come pasta e fagioli; per
ché portava addosso tante corone del rosario. Andava in
tradizione ogni pastore doveva consegnare, in cambio, un
giro per le case per cantare gli iasilli e così aveva qualcosa
vello di lana, che sarebbe servita per fare i sai che i frati
da mangiare. Girava con un vestito nero tutto riccio, con
portavano addosso”
le corone addosso; batteva i piedi e cantava a modo suo,
ad alta voce, perché diceva così che le anime del purga- “Mo’ è cambiato tutto cosa: prima li soldi ca ce stao
torio dovevano sentire… Lei girava per le case, il vestito oggi: e chi le vedeva? Chillo che era ricco teneva tutto…
aveva molte tasche, così alzava il grembiule e infilava nelle Ma chi teneva la terra s’ieva a fatica’ la terra: tenenne la
tasche le offerte che le dava zi Minguccio: mele, castagne, terra tenivi la rrobba, assai. Mo’ quando comandavi a fa’
fichi secchi, patate… grano, ma soldi non se ne vedevano no servizio a uno - per esempio tenivi no ciuccio, se rom-
mai. Noi bambini le correvamo dietro per prenderla in peva no ferro - ivi addo’ zi Minguccio ro ferraro, non
giro” se pigliava i soldi. Diceva “Pasca’ me dovessi piglià cin-
“Mia nonna, che è morta di cento anni, nel periodo dei quanta lire ma non ne voglio: portami chello che tei: la
morti la mattina faceva cuocere una caldaia piena di gra- farina de randinio, de rano”… pecché teneva na famiglia
noturco. Venivano a casa le persone povere con dei re- numerosa e diceva: “e io’ co’ cinquanta lire che ci accatto?
cipienti, e si portavano a casa il granoturco cotto. Altri E invece se tu me porti no fangotto de rrobba i’ ce man-
preparavano dei ceci, e si diceva, a chi veniva a prenderli: gio”… diceva chirro, pecché tu po’ non è che l’apprezzavi,
Ciciotti, ciciotti per l’anima de li morti! Insomma, le per- iegnivi e ce la portavi… ne tenevi tanta.. allora era diversa
sone facevano capire: “dammi una terrina di ciciotti e io la cosa, allora se campava, chi eri eri, ce steva n’ato modo
prego per le anime dei morti!” de vivere…”
Voci del paese 97
“La janara picchiava sulla pancia Pasqualino…. Papà la cioè non ci mando un’altra strega. E la janara, per la pau-
chiamò e disse: “O mi aggiusti sto bambino o ti meno nel ra, lasciava stare…. Comunque gli antenati di papà alle
forno”. Allora la janara fece qualcosa, non so che parole janare gli avevano fatto questo scherzo, e chelle non lo
disse, e Pasquale guarì… Questo è un fatto vero.” potevano toccà. E siccome a papà non lo potevano tocca-
re, gli pestavano lo stomaco. Chella po’ éva no spirito: tu
“Ce stevano due zitelle, che portavano le galline dentro
non le viri, entrava l’ombra dalla finestra - non che traseva
a la ‘osaccia, le portavano a pascolare in montagna, perché
la persona, traseva lo spirito - pecché loro se ognevano
là potevano beccare erba, semi e sassolini… Si diceva che
con qualche porcaria - non le saccio come - e entrava, e la
erano due janare”
notte pestava lo stomaco a papà. Ma papà già lo sapeva,
“Te ne racconto una: tenevamo una terra, ce stava una infatti diceva: stanotte arriva Menina perché non l’aggio
certa Menina la carraonara, teneva figli e abitava vicino voluto portà la robba. E la notte alluccava, quanno chelle
alla chiesa. Tenevamo no ciuccio, e lei chiedeva sempre il le pisava lo stomaco. E chisto è fatto vero, non è una cosa
piacere di trasportare le cose sue, ma noi tenevamo le cose inventata. Prima de janare ce ne stevano tante, mica era
nostre da portare. Ma papà era costretto a accontentarla una, prima ce ne stavano comm’a cche de cheste persone,
perché - diceva - se no lei stanotte me vene a trova’! Papà pecché non avevano niente da fa’, magari lo facevano pure
allora doveva lasciava la roba nostra e con l’asino doveva volontariamente”.
trasportare la roba di Menina, perché se non lo faceva lei
“Per proteggersi si metteva la scopa dietro la porta, o lo
lo veniva a trovare. Però a papà non lo potevano toccare,
salo dietro alle finestre, pecchè esse avevana contà tutti i
perché lui appicciava lo furno, pigliava la janara e la met-
fili, tutti gli acini de salo, e se faceva juorno: pe’ loro, pe’
teva vicino a lo furno e le diceva: “O dici ‘per nome e san
le janare, chisto éva no ‘ntoppo”
Giovanni non ce vengo e non ce manno, o te ce meno
dint’a lo furno”. Pecché varda, le vastavano a li cristiani, “Le janare però erano tirate in ballo anche quando face-
loro le struppiavano a le persone, spicialmente a le criatu- va comodo. Per esempio una volta zi Michele si ubriacò,
re, e chesto è fatto vero, non è favola…. E allora, i parenti tornò a casa e si sfilò gli stivaloni. La notte - forse stava an-
‘e sti cristiani che acchiappavano sti guai dicevano: tu ara cora ubriaco - ci fece pipì dentro, e la mattina, per giusti-
dice “O te menamo int’a ro furno”, o sinnò ara dice “Pe’ ficarsi davanti alla moglie, disse che era stata una janara”
nome ‘e san Giuvanni non ce vengo e non ce manno”,
98 La chiave nella toppa
Feste, religione
“Ce sta ‘no cavallo che passa ‘ncoppa e sotto dento a lo se scenneva sotto - chisto mo’ è fatto vero, non è leggenda
castello… diceno ca ce sta no tesoro… diceno…” - da lo castello scennevano pe’ sotto sotto Morcone, chilli
re, regine che comannavano prima… Sa’ dove tenevano
“La leggenda… lo raccontano - ma chi sa se è vero -
l’uscita? Vicino alle scuole medie, lì sotto: era una uscita
sotto là dicene ca ce sta no cavallo che teneva no libbro
segreta… Il cavallo è come fosse stato uno spirito che si
sotto a lo piede. Pe’ ditto - non lo so - dice che zi’ Pipio
presentava come un cavallo”
ce lo voleva tirà da sotto - ma non è possibile perché a
quei tempi ro cavallo non ce steva cchiù - e dice che l’ac- “Dice che sotto al castello è vuoto, dei ragazzi scesero
chiapaje ‘na ciampata de sto cavallo… là non ce se poteva e videro un cavallo, che teneva un tesoro sotto. Si doveva
ammiscà nessuno, co sto cavallo… almeno come diceva dire una parola d’ordine, ma questi ragazzi la sbagliarono,
la leggenda, chi sa se è vera o è falsa…. Comunque là ce e si chiuse tutto. Chi sa se è vero”.
Curiosità
“Una volta il parroco, don Luigi, che era un tipo strano, era collegata al castello, poi hanno abbattuto l’arco della
una volta è entrato in chiesa di san Giovanni con tutto il porta e la garitta. Tutte queste notizie stavano custodite nel-
cavallo, e noi bambini ci è restato molto impresso.” la chiesa di san Salvatore, ma don Luigi, il parroco, che era
un tipo un po’ particolare, fece un falò e bruciò tutto: carte,
“Si sa che c’era un camminamento sotto terra che usciva
pianete, pergamene antiche. Sarà successo prima del 1940”.
vicino alla porta Stampatis: c’era una garitta, si diceva che
Voci del paese 99
“A’ ‘nciarmà l’occhio, se passa subbeto, quanno te ‘nciar- dalla prima goccia, si frammentano o si espandono, significa
mi” che siamo in presenza di un malocchio.
Come si pone rimedio: chi leva il malocchio deve rompere
L’approccio magico al malessere della persona è riferito a
l’acqua con un coltello, tagliandola in forma di croce per 9
presenze o azioni dannose che si concentrano su alcune perso-
volte. Oppure, in alternativa, deve immettere nell’olio versa-
ne a causa dell’occhio (malocchio)
to tre carboni ardenti.
Il punto critico che innesca il malocchio può essere un ap-
Esiste poi lo ‘nciarmo propriamente detto, che avviene con
prezzamento ricevuto riguardo il proprio benessere, lo stato
la recita silenziosa di formule magiche associata o meno a
di salute, l’aspetto fisico, il possesso di cose. Non è indispensa-
gesti rituali sul capo e segni di croce ripetuti (la regola vuole
bile che l’apprezzamento positivo sia espresso in modo espli-
che siano sempre multipli di 3). La formula per lo ‘nciarmo
cito, basta uno sguardo, un pensiero invidioso, l’aver saputo
va appresa da persona che già la possiede, esclusivamente in
cose positive della persona oggetto del malaugurio. Tutto ciò
un giorno festivo.
non avviene in modo intenzionale (“non c’è cattiveria”).
Sono riferiti alcuni casi particolari di influenze negative:
Condizione affinché non si operi il meccanismo del maloc-
1. Se in un gruppo di persone, in particolare bambini, si
chio è che la persona che apprezza, vede o solo pensa all’altrui
introduce un prete, può accadere qualcosa di spiacevole.
salute, bellezza, benessere etc. aggiunga l’antidoto rituale con
2. Se una persona occhiata passa vicino ad una fontana,
l’augurio “Benedica!”, inteso come “Dio benedica (colei/co-
subisce mal di pancia e diarrea (“Si fai l’occhio e passi l’ac-
lui che vedo, che apprezzo!)”.
qua hai dolori tremendi”). In questo caso, un primo rime-
Effetti dell’occhio: la persona occhiata avverte malesseri
dio può essere quello di mangiare tre pezzi di pane.
più o meno acuti e persistenti, a volte vaghi, a volte gravi
(mal di testa, mal di pancia, dolori muscolari, articolari ecc) RIFLESSIONI: ci si pone la questione se il controcchio o lo
Come si riconosce che un malessere sia dovuto al meccani- ‘nciarmo siano da considerare forme di medicina popolare.
smo del malocchio? La diagnosi avviene mediante un rituale, La risposta è negativa, perché il controcchio e lo ‘nciarmo
variabile secondo chi effettui l’operazione del controcchio, sono modalità non sacralmente definite, ma sono legate alla
o ‘nciarmo. Uno dei procedimenti raccolti è il seguente: si capacità empatica di chi possiede il potere (che gli viene rico-
riempie un piatto di acqua ; la persona addetta a levare l’oc- nosciuto) di guarire le persone da piccoli malanni. La rispo-
chio si segna per tre volte col segno della croce, fa tre segni di sta potrebbe essere positiva, per gli stessi motivi, ed da questo
croce sulla persona occhiata, e tre segni di croce sul piatto; punto di vista i rituali di cui parliamo andrebbero inseriti
versa nell’acqua alcune gocce di olio (secondo la nostra infor- nel campo della medicina nel senso pieno dell’arte rivolta
matrice 9 gocce); se le gocce, cadendo nell’acqua, ad iniziare all’individuo come atto sacrale di benessere.
Antologia minima di fonti poco note o inedite
Antologia minima di fonti poco note o inedite 103
Riportata da Domenico Di Mella, artigiano pittore-decoratore (“Caramella”), come composizione attribuita a Sebastiano
Falaguerra, artigiano, di idee socialiste. I versetti sono riferiti al contesto delle vivaci polemiche politiche nel 1956: in
periodo pre-elettorale, sarebbero stati distribuiti pacchi dono dal Partito della Democrazia Cristiana, contenenti generi
alimentari (pasta, zucchero, latte condensato ecc). L’allusione ai “signori belli” riguarda i gestori dell’Ente che finanziava
la elargizione dei doni, la Federconsorzi, i quali si sarebbero abbondantemente rifatti della spesa con i guadagni derivanti
dalla vendita di “concimi e turchinella”.
Partenza
Questo lo dico a te leggiadra rosa
Non ti scordar di me: dormi e riposa.
Bell’idol mio riposa dolcemente;
chi t’ama e ognor ti chiede è qui presente.
Conservami la fede, e sii costante
Ti dà la santa notte il fido amante
Testo di serenata alla finestra della fidanzata: canto di commiato. In Domenico Piombo, Morcone, monografia in Il Re-
gno delle due Sicilie descritto ed illustrato, vol XIV, 1852 ca
104 La chiave nella toppa
verso 1 «Veggnature»=, Vinchiaturo. - 2 «cudènne» = cercando - « shusciature” = soffietto. - 3 Colle = Colle Sannita, in provincia di
Benevento. - 5, 7, 9, Riccia, Celenza e Busso sono paesi del Molise. - 11 «San Gelojane» = San Giuliano del Sannio (Molise). - 13
«Wardiareggia» = Guardiaregia (già Guardia di Campochiaro), nel Molise. - 14 L’ anno scorso una donnina di Guardiaregia. non
brutta, sposò un impagliasedie di Campochiaro, semidiota e bruttissimo. Il fatto parve degno d’esser cantato al popolo. - 15 «Supine»
= Sepino. - 16 «Calarine» = Clarino. - 17 «Santa Cróce» del Sannio, nel Beneventano - 19 «Murcóne» = Morcone (Benevento). - 21
«Colanghishe» (cioè Colanquise, Cornacchise) = Colledanchise (Molise). - 25 «Sante Puóllhe»=, San Polo Matese (Molise). - 27 «Va-
ranélllie” Baranello (Molise). - 29 «Bbujane» = Boiano (Bovianum), l’antica capitale del Sannio. - 31 “Prètaròjja» = Pietraroja (Bene-
vento). - 34 Il Galanti, parlando del Sannio nel suo Descrizione st. top. delle Sicilie, diceva cent’anni fa: «Le più belle donne del Sannio
sono in Campochiaro». Par dunque che le Campochiaresi ci tengano al loro primato! - 35, 37, 39, 41, 43 45 47 San Vlardine (S. Be-
rardino), ru Zumpature (il Zompatojo), Sant’Rocche, re Palizze, la Porta-ranna (la Porta Grande; e in questo sol caso s’usa l’aggettivo
ranna), la Tórra, Sante Dunate, sono nomi di altrettante sezioni di Campochiaro (come chi dicesse sezione Porto, Vicaria, Stella, ecc.).
Varianti, verso 16: «ze re fa ‘n miéz’a re rine». « R’hanne rutle re fillio do re rine ». - 23: «vanno truvanne ru quiilh’appise». - 28:
«vanne truvanne ru ciufiéllhe». « Vanne truvanne la ciaramella. - 30: «so’ tutte ne puttane», «z’hann’a vève racqua chiara». - 34: «so’
tutte ruffejane», «so› bèli’ e so’ pacchiane», «so’ bbèll’e so’ puttane. - 40: «tiénne tutte le cosse stòrte ‘. - 41: vanno cudènne chi ce ru
mpizza».
106 La chiave nella toppa
da Abele De Blasio, Canti Beneventani in Rivista delle Tradi- Testi raccolti da fonte orale e riportati su fogli sciolti, dal fondo di
zioni popolari italiane, anno I, fasc. VII, 1894, pag. 544 (rist. carte famiglia Prozzillo, Morcone
anastatica Forni editore, Bologna, 1968), ripreso poi da Anto-
nio Jamalio, La Regina del Sannio, Federico & Ardia, Napoli,
1918, pag. 82.
Per l’ultima filastrocca, sono riportate le due seguenti varianti
da Santa Croce del Sannio:
Lucciola ova anna cca, / ca ti voglio mmaretà, / e ti metto dinto
la cito / e ti trovo nu bello marito
Luccia luccia campanella, / vieni a me ca so zitella, / so zitella de
lo Re, / luccia luccia vieni e me!
Antologia minima di fonti poco note o inedite 107
Manoscritto su foglio sciolto, dal fondo di carte famiglia Proz- Manoscritto su foglio sciolto, dal fondo di carte famiglia Proz-
zillo, Morcone zillo, Morcone
La strofetta va letta nel contesto della vivace aggregazione di
numerosi giovani morconesi, per lo più studenti universita-
ri, che in quegli anni si riunivano in una goliardica comitiva,
denominata “Fetentejra”. Questa esperienza si intrecciò con il
lancio della “Estate morconese”, manifestazione che ancor oggi
prosegue come affermata tradizione locale (vedi pagine succes-
sive, in questo libro).
108 La chiave nella toppa
La Rocca
Morcone (ricordi)
Pasquale Mario De Ciampis*
1) Con questo verso incominciava una poesia su Morcone che l’Arciprete Calabrese, curato della Chiesa del Salvatore alla Rocca,
vergò a suo tempo con magnifici versi. La poesia era posseduta da Attilio D’Afflitto, mio cugino, ed io la lessi intorno al 1908 a Napoli
e di essa non ricordo altro. In sul principio del presente anno, per dimenticare i miei guai familiari, mi misi a fantasticare sul mio natio
paese e dal mio lavoro sono usciti il seguito di questo verso. Lungi da me è il pretendere estro poetico o abilità letterarie, ma mi è parso
che essi sono buoni, salvo ad essere rifatti ed arrangiati nella loro ultima forma. Il lettore sappia che questa è una semplice bozza, e con
questo avvertimento mi congedo, dicendo arrivederci alla prossima volta (NdA)
*Nato a Morcone nel 1884, fu attivo nei movimenti dei lavoratori a Napoli, e poi negli U.S.A., dove era emigrato nel 1912. Fu segre-
tario della sezione di Waterbury - Connecticut della Federazione Socialista Italiana. Pur non possedendo una formazione giornalistica
formale, fu editor della rivista socialista Il Proletario tra il 1922 e il 1933 e nel 1936/37. Quando, nel 1946, Il Proletario cessò le pub-
blicazioni, iniziò a raccogliere materiali per scriverne la storia. Pubblicò numerosi articoli e libri in materia di storia del movimento
operaio e sindacale. Negli archivi dell’Immigration History Research Center (Biblioteca Elmer L.Andersen di Minneapolis), è con-
servato un cospicuo fondo cartaceo di suoi scritti. Tra essi, circa 4000 pagine della “Storia de Il Proletario”, ancora inedita. Si dedicò
anche a ricerche genealogiche riguardo le origini della propria famiglia, e a studi sulla storia di Morcone.
110 La chiave nella toppa
2) In effetti, lo stemma di Morcone comprende la figura del leone rampante, che in due casi (sull’edificio di palazzo Di Nunzio, sede
municipale, e sul frontone della Chiesa civica di San Bernardino) appare affrontare un giglio (o comunque un fiore della famiglia delle
Iridacee), e non una rosa, come in tutti gli altri esemplari noti ai giorni nostri (NdR)
3) “si Gregorio” equivale a “Zi’Gregorio”, ove l’appellativo confidenziale di “zio” è applicato, come nella parlata locale, a personaggi
di una certa età, con i quali si ha consuetudine di familiarità (NdR)
4) Si riferisce al nome di un Patrizio Ciampitelli, che sarebbe stato l’edificatore del palazzo sito in via Giuseppe Bonaparte, oggi di
proprietà delle famiglie Lombardi e Della Camera, un tempo dei Ciampitelli (NdR)
112 La chiave nella toppa
5) Federico I d’Aragona (1451-1504) Re di Napoli, nel 1486 sposò Isabella del Balzo, da cui ebbe 5 figli (NdR)
Antologia minima di fonti poco note o inedite 113
6) Don Juan José, alias don Giovanni di Austria (1629-1679), nel 1647 fu inviato a Napoli con una flotta e un corpo di spedizione
per reprimere la Repubblica creatasi con l’insurrezione di Masaniello (NdR)
7) Con prammatica del 31 Ottobre 1767, Ferdinando I di Borbone re di Napoli (poi Ferdinando IV Re di Napoli e di Sicilia, infine
Ferdinando I Re delle Due Sicilie), decretò l’espulsione dei Gesuiti da tutto il Regno, per bloccarne la ingerenza negli affari di Stato,
al punto da volerne sovvertire le istituzioni per ottenere il monopolio dell’educazione della gioventù, anche grazie all’enorme dispo-
nibilità patrimoniale (NdR)
8) Si riferisce al canonico Luca Polzella, la cui pietra sepolcrale si trova nella ex chiesa di san Salvatore (NdR)
114 La chiave nella toppa
9) Benedetto (o Benvenuto) de Milo (Morcone, seconda metà del sec XIII), Canonico della Chiesa di Benevento, insegnò Diritto
Canonico nell’Università di Napoli, avendo tra i suoi discepoli Biagio da Morcone(NdR)
10) Giacomo de Milo (XIII- XIV sec, )nipote di Benedetto de Milo, fu consigliere alla Corte di Roberto d’Angiò (NdR)
11) Biagio Paccone, detto da Morcone (Morcone tra il 1283 e il 1293 – Atina 1350), sacerdote, allievo di Benedetto de Milo, dopo
aver esercitato la professione forense, fu giudice, consigliere e regio Cappellano alla corte di Roberto d’Angiò. Preposto alla Chiesa
di Atina (FR), vi morì di peste mentre si prodigava in aiuti dopo il disastroso terremoto del 1349. Tra le opere giuridiche, celebre è il
trattato De differentiis inter Ius longobardorum et Ius romanum (NdR)
12) Giacomo (o Jacopo) Caldora (1369-1439) nacque in realtà a Castel Del Giudice (Isernia), non a Morcone, dove peraltro pos-
sedette il feudo di Canepino, ereditato da uno zio. Fu ciambellano del Re alla corte di Ladislao d’Angiò, ma per essersi ribellato alla
corona ebbe prima la confisca poi la restituzione dei feudi. Forte condottiero e capitano di ventura, nella lotta con gli Aragonesi tenne
alterne posizioni, schierandosi infine con la casa angioina (NdR)
13) Nicola Solla, autore nel 1730 di una Supplica contro le angherie del Principe di Colubrano, spesso confuso con Francesco Solla
le cui Ragioni per la città di Morcone nella causa con il Principe di Colobrano del 1752 illustrano uno dei numerosi capitoli giudiziari
nel conflitto tra Universitas e signore feudale (NdR)
Antologia minima di fonti poco note o inedite 115
14) Frate Ippolito da Morcone, al secolo Liberatore Prozzillo (Morcone 1734-1823) fu Provinciale della Provincia Monastica di San
Marco dei Cavoti, fino alla soppressione di tale istituzione per effetto delle leggi napoleoniche (NdR)
15) Crescenzo Morelli (Morcone 1714-Napoli 1795), allievo di G.B. Vico, colto umanista ed illustre docente, insegnò Lingua Greca
nell’Università di Napoli; Nicola Morelli fu docente di latino presso la stessa Università, cfr. G.Capozzi, Memoria storico canonica della
Chiesa di Morcone (NdR)
16) Versi riferiti all’ acquedotto comunale, realizzato nel 1802, derivando le acque dalla Montagna (sorgente dei Baci) per alimentare
quattro fontane pubbliche (San Bernardino, San Marco, Pozzo, Palazzo). Una delle iscrizioni incise sulla fontana di san Bernardino
(oggi a largo Stampatis), ricorda Andrea de Ciampis definendolo “Optimus cives” (NdR)
17) Affermazione errata: Liberantonio Sannia, Consigliere della suprema Corte di Giustizia, pagò amaramente la propria posizione
di coscienza, rifiutando nel 1847 di aderire alle pressioni borboniche che, in contrasto con la giurisprudenza, avrebbero voluto la
condanna di tre giornalisti liberali. Rimosso dalla carica, “la famiglia si vide privata di agiatezza, poi del suo stesso capo, morto di acco-
ramento per sé, per i suoi, e per i tempi che correvano” (Francesco D’Ovidio). Tra i figli di Liberantonio, Achille Sannia (1822-1892),
matematico, dopo il 1861 fu Direttore della Regia Scuola di applicazione per Ingegneri di Napoli (oggi Facoltà di Ingegneria), ma in
epoca borbonica, in quanto frequentatore di circoli liberali, fu osteggiato e schedato dalla polizia. Fu più volte Deputato e poi Senatore
del Regno d’Italia (NdR).
116 La chiave nella toppa
18) Domenico Capozzi (Morcone 1829-Napoli 1907), illustre rappresentante della scuola medica napoletana, Professore onorario
dell’Università di Napoli, autore di numerose pubblicazioni scientifiche. Legò una cospicua somma per l’ospedale di Morcone (NdR)
19) Riferimento errato al Canonico Giuseppe Capozzi (Morcone 1770-1857), cultore di memorie storiche, autore di numerosi testi
di contenuto storiografico, letterario, religioso, canonico e agricolo.
20) Domenico Piombo (Morcone 1794-1870), autore della monografia Morcone, pubblicata sul Giornale delle Due Sicilie descritto
ed Illustrato di Filippo Cirelli
21) Padre Tommaso da Morcone, Cappuccino (al secolo Giuseppe Plenzio, Morcone 1922-2010), autore di numerose ricerche
storiografiche e demo-antropologiche riguardanti in particolare Morcone e San Marco La Catola
Antologia minima di fonti poco note o inedite