Sei sulla pagina 1di 87

JORGE CAMARASA MENGELE L'angelo della morte in Sudamerica Garzanti Prima edizione: aprile 2011 Per essere informato

sulle novit del Gruppo editoriale Mauri Spagnol visita www.illibraio.it www.infinitestorie.it Traduzione dallo spagnolo di Stefania Cherchi Titolo originale dell'opera: Mengele Jorge Camarasa 2008 First edition: Grupo Editorial Norma S.A. ISBN 978-88-11-74115-2 2011, Garzanti Libri s.p.a., Milano Gruppo editoriale Mauri Spagnol Printed in Italy www.garzantilibri.it

INTRODUZIONE
Auschwitz, Polonia, notte del 17 gennaio 1945 Faceva un freddo cane. Era uno degli inverni pi rigidi che ricordasse. Le gocce della pioggia caduta per tutta la sera avevano lasciato brillanti scie di ghiaccio sui vetri, e prima dell'alba lungo il vano della porta si sarebbero formati piccoli coltelli ghiacciati. Dalla finestra si scorgeva un paesaggio desolato e grigio, fiocamente illuminato dalle poche luci ancora appese alle colonnine del filo spinato. Le ronde passavano a intervalli irregolari, con un rumore di stivali trascinati nel fango. I soldati avevano mantelli grondanti acqua, l'unica cosa che li scaldava era la brace delle sigarette che spuntavano fra le dita dei guanti sfilacciati. Da giorni nel settore baracche degli ufficiali non si muoveva pi nulla. Il postribolo in cui lavoravano le schiave pi giovani era chiuso. Alle finestre non si vedevano luci, non si sentivano n musica n risate, le auto erano quasi tutte ferme per il razionamento del carburante e le riunioni notturne in cui la birra scorreva a fiumi ormai erano solo un ricordo di tempi migliori. Dentro la baracca sembrava fare persino pi freddo e il crepitio della stufa di ferro non riusciva nemmeno a suggerire l'idea del caldo. La legna scarseggiava, i treni dell'approvvigionamento venivano bombardati ancor prima di arrivare, e i pochi rami che si potevano raccogliere nei dintorni erano fradici. Il vento che s'infiltrava nelle fessure della finestra e sotto la porta fischiava una musica fredda e monotona. L'inverno in Polonia brutale, ancor pi quando le ultime speranze si vanno spegnendo giorno dopo giorno. La stanza ricavata nella grande baracca di legno misurava meno di quattro metri per quattro. Dentro c'erano un letto con la testiera di ferro, un tavolo di legno con due sedie e un armadio. Tutti gli ufficiali avevano diritto a occuparne una simile, e paragonato agli alloggi dei soldati semplici - per non parlare di quelli dei prigionieri - quel locale poteva sembrare addirittura lussuoso. Le pareti interne, fatte di tavole sottili, non servivano a isolare dal rumore, ma davano un senso di intimit. Nella stanza non c'erano ornamenti n quadri, sopra l'armadio e negli angoli c'erano mucchi di libri e di taccuini e casse semiaperte da cui spuntavano provette e altre attrezzature da laboratorio. L'uomo che da venti mesi occupava quella stanza avrebbe compiuto, di l a due mesi, trentatr anni. Era di corporatura solida, ben fatto, portava dei baffi che sottolineavano il naso affilato e gli occhi d'acciaio sembravano trapassare le cose da parte a parte. Sul letto c'erano due grandi valigie di cartone aperte, e i pochi abiti che l'uomo possedeva vi erano gi stati riposti.

Alcuni libri erano stati legati insieme a formare dei pacchi, mentre i fogli di carta sciolti ancora sul tavolo sarebbero stati gli ultimi a essere schiacciati in una valigetta nera, da medico, dalla quale non si separava mai. Stava pensando che gli spostamenti di un soldato sono sempre semplici e ridotti al minimo: in realt il suo non era tanto uno spostamento quanto una fuga, una corsa verso la notte e verso un futuro incerto. Il frastuono dell'esplosione di un obice, pi forte del solito, lo fece sussultare. Guardando fuori dalla finestra, verso est, fece in tempo a vedere il bagliore della vampata. Negli ultimi giorni le esplosioni erano diventate pi forti e frequenti, e a volte quei bagliori illuminavano la notte pi della fioca lampadina appesa al soffitto. Il tavolato delle pareti interne vibrava a ogni esplosione, e il dottor Josef Mengele fu assalito da un pensiero che ormai lo tormentava sempre pi spesso: le baracche di Auschwitz non erano pi un luogo sicuro per un soldato del Terzo Reich. Non ci fu bisogno che udisse il suono del clacson: il dottor Mengele vide l'automobile dalla finestra, attraverso gli sparsi cristalli di ghiaccio, e aspett che l'autista scendesse per aprirgli la porta. Senza rivolgergli la parola gli indic le due valigie sul letto, che aveva appena finito di chiudere, e i pacchi di libri legati con un doppio giro di spago. Mentre il soldato trascinava quei pesi fino all'automobile, Mengele chiuse a chiave la serratura della valigetta e controll di nuovo che le provette contenute nella cassa, avvolte ciascuna in uno straccio o in un foglio di giornale, non rischiassero di rompersi con gli scossoni del viaggio. Poi guard per l'ultima volta la stanza in cui aveva sognato i suoi sogni di demiurgo, aspett che l'autista aprisse la portiera della Mercedes e usc nel freddo della notte. Il bagliore di un altro obice illumin le baracche, apparentemente deserte. L'Armata Rossa avanzava pi velocemente del previsto: ancora dieci giorni e i sovietici sarebbero giunti alle porte del campo. Non c'era pi tempo: quando l'auto si mosse, gli occhi del medico erano gelidi come il paesaggio che lo circondava. Non si volt nemmeno quando varcarono il portone d'ingresso passando sotto l'arco di ferro battuto. Mengele non lo sapeva, ma era appena diventato il primo sopravvissuto di Auschwitz.

PREISTORIA DI UN ASSASSINO
Quale sistema sociale, politico e filosofico poteva generare un uomo come Josef Mengele? Nato a Gnzburg, in Baviera, il 16 marzo 1911, Josef Mengele venne al mondo in una Germania sull'orlo della Grande Guerra che sarebbe scoppiata di l a tre anni. La sua famiglia, appartenente all'alta borghesia cattolica, dirigeva una fabbrica di macchinari agricoli e non appena la guerra cess di essere un brutto sogno per trasformarsi in realt, la sua routine si modific di conseguenza. Karl, il padre, fu richiamato e spedito al fronte, e Walburga, la madre, si assunse la doppia responsabilit di mandare avanti l'attivit e allevare i figli: Josef, il maggiore, e i suoi fratelli Karl Jr., nato nel 1912, e Alois, nel 1914. Josef adorava la madre, nonostante fosse molto rigida e severa, ma non altrettanto il padre, con il quale ci fu sempre una certa distanza. Nel 1918, terminata la guerra, la Germania riemerse dalle proprie rovine sconfitta e schiacciata dal trattato di Versailles, che riduceva drasticamente sia la sua estensione territoriale sia la sua potenza militare. Il paese avrebbe impiegato anni per riprendersi economicamente, ma ai Mengele sarebbe toccata una sorte migliore di quella del paese nel suo insieme. Tornato dal fronte, Karl rientr a Gnzburg e si dedic anima e corpo a ricostruire l'impresa di famiglia, che in poco tempo si trasform nella principale industria della regione. La sua visione andava al di l di quella di un mero produttore di macchinari, e trascorreva ore e ore nel suo laboratorio a inventare e costruire congegni per automatizzare i lavori agricoli. Appassionato sostenitore dei nazisti, nel 1933 offr il salone della sua fabbrica a Adolf Hitler perch vi pronunciasse l'unico discorso da lui tenuto a Gnzburg; un gesto che gli fece ottenere sostanziosi finanziamenti per incrementare la sua attivit. Nel frattempo il giovane Josef, che tutti vedevano gi come l'erede naturale dell'azienda di famiglia, cullava altri progetti. I suoi sinistri talenti cominciarono a concretizzarsi sul finire degli anni Venti. In The Last Nazi: The Life and Times of Dr. Joseph Mengele (L'ultimo nazista. Vita e tempi del dottor Josef Mengele), Gerald Astor, uno dei suoi biografi, precisa in uno schizzo impressionistico l'ambiente in cui crebbe Josef: Il padre di Mengele aveva un carattere duro. Quando arrivava in fabbrica, lo faceva gridando. Era una persona molto severa. E sua madre era fatta della stessa pasta: devota cattolica, pia, molto retta di carattere e votata alla pi dura disciplina.

Mengele avvert sempre l'impulso a fare qualcosa di speciale, per mettersi alla prova e superare s stesso. In casa non trovava n amore n calore domestico. Un ex compagno di scuola ricorda che fin da allora Mengele diceva di voler fare qualcosa di molto speciale, qualcosa che dimostrasse definitivamente le sue capacit accademiche. Negli anni Venti, in pieno fermento dopo la sconfitta militare e nonostante i rigidi limiti imposti da Versailles, la Germania era di nuovo uno dei centri culturali e artistici del mondo. Arte, scienza e filosofia tornavano a fiorire, e Berlino, la capitale, ricominciava a contendere a Parigi la palma della raffinatezza, della produzione di idee d'avanguardia e della bella vita. Musica e medicina acquistavano un rinnovato impeto, nei salotti e nelle aule universitarie si discutevano concetti relativi all'evoluzione della razza umana che mettevano in relazione le teorie di Darwin con le scoperte genetiche che di l a poco avrebbero dato vita a una nuova disciplina chiamata eugenetica. All'inizio del XX secolo le universit europee avevano visto nascere nuove correnti nell'ambito dell'antropologia fisica, linee di pensiero che si sforzavano di raggiungere una base scientifica di tipo naturalistico. Gli specialisti di tali dottrine volevano costruire una storia naturale dell'ominide capace di fare da contraltare all'antropologia sociale e culturale in voga fino a quel momento; ben presto in Germania la discussione si era estesa ai circoli accademici, e concetti specifici come scienza della razza e igiene sociale erano arrivati a imporre la loro influenza anche in politica e in medicina. Dopo l'ascesa del nazismo, l'antropologia fisica aveva cominciato a usufruire di grandi investimenti e risorse economiche: il potere contava sulla possibilit di trovare in questa disciplina una propria giustificazione etica e filosofica. Mentre l'antropologia sociale e culturale veniva quasi abbandonata come materia di studio, questo nuovo ramo era considerato un'ideologia funzionale al partito al potere. Fu cos che si and costruendo una teoria razziale dal presunto fondamento scientifico che, con il tempo, avrebbe fornito a settori importanti della medicina le linee argomentative necessarie per l'accettazione e l'imposizione di programmi di eutanasia. La disciplina medica inventata dai nazisti era formata da due componenti: la prima ricavata direttamente dalle scienze naturali (antropologia fisica convenzionale e medicina positivista), la seconda ideologica, che culminava nell'idea di un immutabile ordinamento gerarchico del sangue. Nello sviluppo di questa scienza della razza possibile distinguere con chiarezza l'impronta di tre scienziati che, partendo da un laboratorio sperimentale alla fine del XIX secolo e per tutti i cinquantanni successivi, stabilirono i fondamenti della disciplina: una corsa sfrenata destinata a portarli dallo status di scienziati seri a comportamenti irrazionali e antiscientifici.

Tutti e tre erano medici, e la loro collaborazione avrebbe portato allo sterminio e al caos. Il primo era Theodor James Mollison, la cui carriera si giovava di alcuni notevoli esperimenti condotti da una parte grazie alla sua formazione tradizionale e scientifconaturalista in medicina e antropologia e, dall'altra, al suo legame con il profondo razzismo messo in atto dai medici sciovinisti delle colonie tedesche in Africa. In una pubblicazione del 1923 intitolata La sero-diagnostica come metodo nella sistematica animale, Mollison colloca il negro africano all'interno della gerarchia delle razze inferiori, poco al di sopra dell'uomo di Neanderthal, al di sopra per del negro australiano, relegato ancora pi in basso. Il secondo medico, coautore del sopracitato articolo, era Eugen Fischer. Laureatosi in medicina nel 1898, aveva studiato a Friburgo, e anche lui, dieci anni dopo, si era recato in Africa con l'obiettivo di completare i suoi studi antropologici. Nel 1913 pubblic L'ereditariet delle qualit morali, che aveva per tema i bastardi o rehoboter, un gruppo molto chiuso di ottentotti, in parte di origini olandesi, che viveva nell'Africa sudoccidentale tedesca. Questo lavoro era destinato a diventare una specie di manuale sul tema della dominazione dell'uomo bianco sui selvaggi; vi si predicava che costoro andavano trattati con severit ma anche con giustizia perch, essendo mezzosangue, non erano comunque in grado di raggiungere la razza bianca in tutto ci che aveva a che fare con l'intelligenza, la morale o lo spirito. Dieci anni pi tardi, nel 1923, Fischer ampli ulteriormente le proprie tesi sulla disuguaglianza negando che il negro puro possedesse la facolt dell'intelletto intesa in senso stretto. Metteva in dubbio che avesse la capacit di creare o di fantasticare, e gli riconosceva solo l'astuzia e l'attitudine ad apprendere. In fondo, secondo lui, il negro non fa che trascinare la sua vita un giorno dopo l'altro, senza alcuna preoccupazione. Con simili teorie, Fischer divenne subito il pi significativo esponente della scienza della razza e nel 1927 fu nominato direttore del nuovo Istituto di antropologia ed eugenetica Kaiser Wilhelm di Berlino e incaricato della cattedra di antropologia alla Friedrich Wilhelm Universitt. E come sarebbe emerso con chiarezza dopo la presa del potere da parte di Hitler, nel suo sistema di pensiero, basato sulla stratificazione delle razze, c'era un posticino anche per gli ebrei. Di fatto, il professor Fischer ammirava incondizionatamente il Fhrer proprio per la sua politica della popolazione di tipo qualitativo: nel 1933 infatti attacc pubblicamente 1'intellettualismo internazionale, si dichiar sostenitore dell'ideale incarnato nella razza nordica degli antichi germani, propose di sterminare tutti i soggetti razzialmente estranei, inve contro la mentalit degli apolidi e deplor l'immigrazione degli ebrei orientali nelle regioni controllate dalla Germania. Tutta questa attivit intellettuale non gli faceva per dimenticare il lavoro sul campo, e in particolar modo le sue ricerche sui gemelli: in questo ambito Fischer partecip con

grande energia alla classificazione razziale dei cosiddetti bastardi della Renania (Rheinlandbastarde), figli di padre francese delle colonie e di madre tedesca, che furono sterilizzati nel 1937. Il terzo uomo chiave di questa scienza della razza era il dottor Ottmar Freiherr von Verschuer. Nato nel 1896, Verschuer, che eredit un titolo di barone, apparteneva a quella generazione di corpi franchi (Freikorp) che negli anni Venti gett su marxisti, pacifisti e ebrei la colpa della sconfitta nella prima guerra mondiale. Tenente smobilitato, si ritrov anche lui intrappolato nella subcultura razzista e prefascista di quegli anni, e in quanto fratello corporativo fu delegato dell'Unione degli studenti tedeschi e membro di quel Freikorp degli studenti di Marburgo che nel 1920 assassin quindici militanti comunisti nel bosco di Mechterstdt. Nel 1923, mentre Fischer sviluppava le proprie tesi sulla disuguaglianza, Verschuer svolgeva il tirocinio medico e, quattro anni dopo, diventava internista. Nel 1927 fu nominato docente di genetica, e dopo un discorso di abilitazione a Tubinga divenne direttore della sezione di antropologia dell'istituto berlinese creato dal suo maestro. Nessuno poteva ancora saperlo, ma sia come ricercatore sia come scrittore Verschuer avrebbe tenuto testa allo stesso Fischer, al quale succedette nel 1942 sulla cattedra dell'Istituto Kaiser Wilhelm. Prima per fu nominato professore titolare e responsabile dell'Istituto per la protezione dell'eredit biologica e l'igiene razziale presso l'universit di Francoforte, e nel 1940 prese la tessera del Partito nazionalsocialista dei lavoratori tedeschi. Cavalcando l'onda dell'ottimismo scientifico del suo tempo, il barone divenne ricercatore applicato in biofisica e pubblic numerosi saggi. Finch il Terzo Reich rest in vita fu una delle voci principali dell'analisi comparata sui gemelli e sulle politiche della popolazione. E siccome tali temi non interessavano solo la Germania, partecip a numerosi incontri scientifici all'estero, ottenendo prestigio e risonanza internazionale. Imbevuto delle esperienze razziste fatte in giovent, ben presto divenne anche una delle voci di maggior rilievo dell'ideologia pi fanatica. In tutte le discussioni in cui si auspicava l'arianizzazione dello stato tedesco Verschuer era sempre in prima linea, e fu tra coloro che posero le basi della determinazione scientifica degli alberi genealogici razziali e della diagnosi di caratteristiche razziali differenziali fra ebrei e tedeschi. L'istituto di Francoforte che dirigeva collabor con le SS nella formazione dei futuri medici, mentre di l a poco le sue valutazioni genetiche avrebbero assunto un carattere direttivo per i funzionari di governo incaricati di sviluppare un farmaco da utilizzare per la sterilizzazione e l'eutanasia delle razze inferiori.

Mentre lavorava a Francoforte e poi a Berlino, fra i suoi assistenti Verschuer aveva un giovane medico di nome Josef Mengele, che divenne uno dei suoi discepoli pi fedeli. Per quanto riguarda la sua formazione scientifica, Josef Mengele, Beppo, per gli amici, deve molto alla scuola filosofica fondata da Mollison, Fischer e Verschuer. Nel 1930, a diciannove anni appena compiuti, si iscrisse all'universit di Monaco e speriment immediatamente il contrasto con la sua piccola Gnzburg. La citt era diventata un importante centro d'agitazione politica e sociale in una Germania che ancora cercava di scrollarsi di dosso le proprie ceneri, e nei chiostri e per le strade si discuteva accanitamente di politica e di filosofia. Un certo Adolf Hitler, austriaco di nascita e caporale nella Grande Guerra, teneva discorsi infuocati sulla superiorit della razza tedesca, e molti studenti cominciavano a seguirlo e a unirsi al movimento nazista. Concetti come ereditariet ed eugenetica erano usciti dai ristretti limiti del discorso accademico per entrare a far parte della conversazione quotidiana. L'antisemitismo acquistava slancio e metteva in primo piano ideologie che facevano appello alla mistica del popolo tedesco, instillando in esso la convinzione che non avrebbe mai potuto fiorire appieno se non si fosse liberato al pi presto di ebrei, zingari e altri elementi estranei che lo contaminavano come parassiti. La comunit scientifica assisteva tollerante a questo balletto di idee, e concetti come quello di purezza ereditaria, eutanasia, sterilizzazione degli indesiderabili e superiorit razziale erano sempre pi all'ordine del giorno, come se avessero avuto realmente qualche fondamento accademico. Nel 1932 Mengele si iscrisse al gruppo paramilitare degli Elmi d'Acciaio e l'anno seguente alle Sturmabteilung (SA). Era ancora all'universit. Alla fine degli studi ottenne il dottorato in filosofia e decise di specializzarsi in antropologia. A Monaco dava il via alla sua carriera accademica, e sotto la supervisione di Mollison preparava una dissertazione di laurea nella quale erano prefigurati i suoi principali temi d'interesse. La tesi riguardava lo studio della mandibola di quattro gruppi umani considerati primitivi, uno dei quali, quello dei melanesiani, dal punto di vista razziale era classificato come il meno sviluppato e faceva da base per il confronto con gli altri. Il testo era intitolato Ricerca morfologica razziale sul settore anteriore della mandibola in quattro gruppi di razze. Una curiosit: Mengele stesso mancava fin dalla nascita di due molari simmetrici nell'arcata superiore, e aveva uno spazio vuoto fra gli incisivi superiori. E possibile quindi

che si sia chiesto fino a che punto era lecito per lui prendere come oggetto di studio un problema che lo toccava personalmente. Considerata dal punto di vista della forma, la sua tesi si muove su quelle vie scientificonaturalistiche esatte nelle quali Mollison era maestro. Tuttavia, come se gi avvertisse la seduzione di quella scienza della razza che negli anni successivi avrebbe sposato, anche in questo primo lavoro Mengele ragiona con un soggettivismo che avrebbe attirato il biasimo dei veri scienziati: seguendo le ipotesi formulate da Fischer, postula con convinzione l'idea che le razze divergano qualitativamente le une dalle altre, e che di conseguenza si possano considerare risolutivi i giudizi di valore differenziale formulati per ciascuna di esse. Con le sue lauree in filosofia e antropologia, il giovane Beppo super con facilit gli esami di ammissione alla facolt di medicina e l'anno seguente, nel 1935, si trasfer a Francoforte, per accordare definitivamente gli strumenti della sua vocazione lavorando come ricercatore presso l'Istituto sull'eredit biologica e l'igiene razziale. In questi anni la dedizione alla vocazione scientifica non gli imped di coltivare la militanza politica e la carriera militare, attivit che port avanti in parallelo e che l'avrebbero fatto diventare l'uomo che era destinato a essere. L'affiliazione al Partito, nel 1934, era stata la conseguenza naturale di un avvicinamento al nazismo cominciato cinque anni prima. Come gi ricordato, nel 1932, a ventun anni appena compiuti, Mengele si era iscritto a una lega di soldati d'avanguardia chiamata Elmi d'Acciaio, un'associazione giovanile che nel 1933 fin con l'essere assorbita dalle Sturmabteilung. Ma anche se qualche tempo dopo vi rinuncer adducendo problemi di salute, la militanza di Mengele non si interromper: nei sei anni successivi egli cercher per ben due volte, senza successo, di entrare nelle pi elitarie SS, dove sar finalmente ammesso nel 1938. Lo studio e il lavoro presso l'Istituto sull'eredit biologica e l'igiene razziale di Francoforte permisero a Mengele di procedere nel cammino intrapreso a Monaco con Mollison. Il suo mentore all'Istituto fu Verschuer, con il quale porter a termine la sua formazione. Cocciuto, appassionato e ossessivo, nella sua tesi di dottorato del 1938 Mengele torn sul tema delle deformazioni della bocca e della mascella, stavolta nei bambini, che da anni venivano affrontate e curate nel reparto di chirurgia della clinica universitaria. Diligentemente, l'antropologo che voleva essere medico complet la sua documentazione con dati riguardanti persone dei dintorni di Francoforte registrati nell'archivio demografico dell'Istituto e studi pi di mille casi di padri e figli, finch non

credette di poter affermare che le irregolarit constatate erano, con quasi assoluta certezza, di carattere ereditario. Di pi: esisteva una correlazione positiva fra quelle deformazioni e altre alterazioni che all'epoca erano considerate ereditarie, come l'idiotismo, l'epilessia e la gemellarit. Mengele cominciava a disboscare il sentiero, a separare l'importante dall'accessorio, a prefigurare i propri interessi futuri, ma la situazione politica della Germania gli avrebbe fatto perdere ancora un po' di tempo. Per sei mesi infatti dovette prestare servizio militare in un battaglione di fanteria leggera sulle Alpi tirolesi; in seguito torn a Francoforte, dove lo attendevano il suo laboratorio e i suoi libri. Nel 1938, al terzo tentativo, fu finalmente accettato nelle file delle SS; e nel settembre del 1939, quando l'esercito tedesco invase rapidamente e a sorpresa la Polonia, il giovane dottor Mengele era ormai un nazista fatto e finito che cercava applicazioni concrete per le proprie ricerche teoriche, sempre sotto la supervisione di Verschuer. In questa fase seguiva a tempo pieno uno studio sulla gemellarit, pienamente convinto della giustificazione filosofica di una simile impresa: il nazismo aveva riarmato la nazione, un'altra guerra era inevitabile, il Fhrer avrebbe avuto bisogno di tanti soldati ariani per far tornare grande la Germania. Bisognava trovare una formula che permettesse a tutte le donne tedesche in et fertile di dare al Reich il maggior numero possibile di figli. Nel frattempo Beppo era riuscito a ricavare un angolino della propria vita anche per l'amore: aveva conosciuto Irene Schoenbein, una giovane di religione luterana, che cominci a corteggiare a Francoforte. All'inizio la loro relazione, che sarebbe culminata con il matrimonio, present un piccolo problema: entrando nelle SS, Mengele aveva dovuto giurare solennemente di mantenere la purezza della razza non solo in s stesso, ma anche nella sua futura moglie e nei suoi familiari, preferibilmente fino alla quarta generazione. Per questo, al momento di decidere di sposarsi con Irene della quale pi tardi avrebbe detto che era bella e ben educata; stata il grande amore della mia vita, dovette chiedersi fino a che punto fossero puri i suoi antenati: di uno, nato fuori dal matrimonio, era impossibile risalire ai genitori. Mengele dovette sottoporsi come tutti gli altri all'iter burocratico e compilare i documenti da presentare ai suoi superiori nei quali si garantiva che nella donna che aveva scelto non c'era traccia di impurit razziale n di sangue ebreo, cosa che sarebbe stata istituzionalmente imperdonabile per un ufficiale nazista del suo livello. Nel 1939, quando quella scomoda situazione fu risolta e il matrimonio and a buon fine, la coppia si stabil in una casa negli immediati dintorni di Francoforte, sulle rive del fiume Meno. La vita matrimoniale non modific il lavoro del medico, che ogni mattina si recava

al laboratorio dell'Istituto: il suo tran tran si interruppe solo quando il corso della guerra cambi radicalmente. Fu il lungo inverno del 1942, infatti, l'inizio della fine per i deliranti sogni del Reich millenario. Qualche mese prima l'esercito tedesco aveva aperto un nuovo fronte a Oriente, dando inizio alla campagna d'invasione dell'Unione Sovietica, ma le cose non erano andate come i gerarchi nazisti avevano immaginato. La goccia che fece traboccare il vaso fu l'assedio di Stalingrado, nel novembre di quello stesso anno, quando la battaglia per la conquista della grande citt russa si rivel un fallimento: le divisioni comandate dal generale von Paulus registrarono 147.000 morti e 91.000 soldati caddero prigionieri dell'Armata Rossa. La strategia della terra bruciata messa in atto dai sovietici fece il resto; la ritirata dell'esercito nazista, sconfitto, senza rifornimenti e alla merc del crudele inverno della steppa, si rivel per la Germania un colpo mortale. Fintanto che la guerra si era sviluppata in modo favorevole i professionisti impegnati in obiettivi strategici avevano potuto tenersi lontano dai campi di battaglia e continuare a lavorare, arruolandosi solo nella riserva. Dal punto di vista amministrativo, nel 1940 Mengele era stato integrato nella riserva del corpo dei medici militari e iscritto nella divisione Wiking delle Waffen SS. Di fatto per continuava a vivere con Irene nella casa di Francoforte e a occuparsi esclusivamente delle ricerche di biologia che portava avanti all'Istituto, dove si recava puntualmente ogni giorno. Ma quando le cose cominciarono a prendere una brutta piega, fu mobilitato anche lui. Non aveva ancora trent'anni quando la sua divisione fu mandata sul fronte orientale e destinata ai dintorni di Rostow, dove fu quasi subito ferito a una gamba ed evacuato. Con ci ottenne le spalline da capitano, pi per i suoi titoli accademici che per le imprese realizzate sul campo di battaglia, e dopo la ferita fu insignito della Croce di Ferro di primo grado e in seguito anche di quella di secondo grado, un'onorificenza che ben pochi riuscivano a conquistare. Quando le sue ferite guarirono, in un ospedale militare lontano dal fragore della battaglia, Mengele fu dichiarato non idoneo al combattimento; fu allora che si offr volontario come lagerartz, medico di campo di concentramento. Con i suoi precedenti accademici, e la documentazione di ricercatore che present, la richiesta fu subito accolta e fu inviato al campo di concentramento di Auschwitz in sostituzione di un medico che si era ammalato. Il 24 maggio 1943 divenne ufficiale medico del cosiddetto campo gitano, una sezione del complesso AuschwitzBirkenau, diretto in quel momento da Rudolf Hoess: la posizione pi idonea per perfezionare la sua vocazione di demiurgo. L'uomo giusto era arrivato nel posto giusto.

Perch mai un personaggio tanto qualificato e con precedenti tanto illustri voleva andare in un posto come Auschwitz? Questo si sarebbe domandato, anni dopo, il dottor Michael Barembaum, direttore dello United States Holocaust Memorial Museum. E cos avrebbe risposto: Perch era alla ricerca di zwilligen (gemelli) per i suoi esperimenti: l ne avrebbe avuti a disposizione parecchi, potendosi concedere anche il lusso di ucciderli. L, fin dal principio, ebbe per le mani 226 gemelli di et compresa fra i due e gli otto anni. E fu libero di farne ci che voleva. Se l'orrore avesse un volto sarebbe quello di un campo di concentramento; se avesse un domicilio potrebbe abitare solo ad Auschwitz. Creato nel maggio del 1940 e diretto solo da ufficiali delle SS, il Konzentrationslager AuschwitzBirkenau, questo il suo nome completo in tedesco, era situato nei pressi della citt polacca di Oswi^cim, 60 chilometri a ovest di Cracovia. Fino all'entrata nel campo dell'esercito sovietico, il 27 gennaio 1945, vi furono assassinati almeno un milione e trecentomila fra uomini, donne e bambini, per il 90 per cento ebrei. Nei cinque anni in cui fu in funzione, la routine era sempre la stessa: di tutte le vittime, novecentomila furono assassinate immediatamente dopo il loro arrivo, appena scese dal treno. Si trattava dei deboli, degli ammalati e degli inidonei al lavoro, il cui sterminio era effettuato per fucilazione o nelle camere a gas. I rimanenti quattrocentomila morirono per denutrizione, per trattamenti medici applicati a fini sperimentali o per la condanna alla camera a gas dopo tali abusi. Come la maggior parte degli altri campi di concentramento, anche Auschwitz era alle dipendenze di Heinrich Himmler e delle sue temibili SS. A partire dalla sua creazione, e fino all'estate del 1943, responsabile massimo del campo fu 1 ' SS-Obersturmbannfhrer Rudolph Hoess, sostituito poi da Arthur Liebehenschel e in seguito da Richard Baer. Catturato dopo la fine della guerra mentre se ne stava nascosto in Baviera, giudicato nel corso dei processi di Norimberga, condannato a morte per impiccagione e giustiziato davanti al crematorio di Auschwitz, Hoess fornir agli Alleati dettagliate informazioni sul funzionamento del campo. Il complesso era costituito sostanzialmente da tre grandi settori, a cui bisognava aggiungere una cinquantina di campi pi piccoli distribuiti in tutta la regione e collocati nella stessa orbita amministrativa. Il campo principale si chiamava Auschwitz I, e fu aperto nel maggio del 1940. Vi morirono circa settantamila persone, all'inizio esclusivamente prigionieri di guerra, in seguito anche nemici politici polacchi e sovietici, e infine ebrei e dissidenti di ogni nazionalit.

Auschwitz II, denominato Birkenau, fu inaugurato nell'ottobre del 1941 e funzionava sia come campo di concentramento sia come campo di sterminio. Pur non conoscendo il numero esatto delle vittime, a Birkenau fu assassinato pi di un milione di persone, in grandissima maggioranza ebrei e zingari. Il terzo stabilimento, Auschwitz III, denominato Monowitz, fu inaugurato il 31 maggio 1942 e funzion come campo di lavoro forzato per le fabbriche della IG Farben (InteressenGemeinschaft Farbenindustri), che durante la seconda guerra mondiale fu il complesso chimico pi importante del mondo, costantemente rifornito di manodopera forzata. Tutto il complesso di Auschwitz era stato pensato, al principio, come campo di concentramento e di lavoro forzato. La creazione del campo principale era stata decisa dai vertici delle SS nei primi mesi del 1940, e per ospitarlo erano state scelte alcune installazioni abitative militari rimaste inutilizzate da quando, un anno prima, il paese era stato annesso al Terzo Reich. In un primo momento vi furono rinchiusi esclusivamente politici e intellettuali che si opponevano al regime nazista, ma poco dopo la sua entrata in funzione cominciarono a essere internati anche prigionieri di guerra sovietici, comuni criminali tedeschi, prigionieri politici delle pi varie provenienze e infine i cosiddetti elementi asociali, ovvero zingari, prostitute, omosessuali, testimoni di Geova, disabili ed ebrei. L'incremento della popolazione all'interno del campo rivelato dalle statistiche: nel 1940 vi erano rinchiuse fra le tredicimila e le sedicimila persone, mentre due anni pi tardi, nel 1942, il numero dei detenuti era salito a ventimila. Ogni mattina, ogni giorno, sei volte la settimana, a volte anche sette, i prigionieri andavano al lavoro al ritmo di una marcia suonata da un'orchestra di detenuti: a fine giornata si contavano i morti per sfinimento, denutrizione e mancanza di igiene. Controllate dai kapo, prigionieri selezionati fra i pi violenti, le vittime si distinguevano le une dalle altre tramite un simbolo cucito sull'uniforme che le classificava a seconda dell'origine o della confessione religiosa. Gli ebrei erano quelli trattati peggio. Niente poteva interrompere la routine o fermare la musica, nemmeno l'arrivo di nuovi treni con altri prigionieri condannati a morte. I detenuti giungevano ad AuschwitzBirkenau da tutte le regioni europee controllate dal Reich. Arrivavano in treno, dopo aver viaggiato per giorni e giorni stretti l'uno contro l'altro in vagoni per il bestiame, e molti non arrivavano proprio: morivano lungo la strada, asfissiati, di fame, di sete o decimati dalle malattie. Per la maggior parte del tempo in cui il campo rimase in funzione, i deportati scendevano alla vecchia stazione merci di Auschwitz, la Judenrampe, e percorrevano a

piedi il chilometro che li separava da Birkenau. Fu solo nella primavera del 1944 che si decise di prolungare il binario fin dentro il campo, cos che la stazione di destinazione risultasse pi vicina alle camere a gas. Appena scesi dal treno i prigionieri erano sottoposti alla selezione. Gli adulti, in genere a partire dai sedici anni, venivano spediti dalle SS ai lavori forzati. In ogni caso i detenuti erano denudati, rasati e tatuati, nonch derubati di tutto ci che possedevano. I loro oggetti personali erano mandati in Germania, ad arricchire le casse del Reich. I deboli, gli anziani, le donne incinte, gli infermi e i bambini piccoli non potevano nutrire nemmeno la speranza di sopravvivere alla schiavit: venivano immediatamente condotti alle camere a gas. Lo scopo principale cui doveva assolvere il complesso Auschwitz-Birkenau, secondo la definizione fornita dall'alto comando tedesco alla met del 1941, era quello di attuare la soluzione finale della questione ebraica, vale a dire la morte programmata e sistematica di tutti gli ebrei d'Europa. A tal fine furono costruiti quattro complessi di camere a gas e forni crematori, detti K II, K III, K IV e K V. La costruzione ebbe inizio nei primi mesi del 1942, e due vecchie fattorie situate in prossimit del campo, chiamate rispettivamente Casa Rossa e Casa Bianca furono trasformate anch'esse in camere a gas e forni crematori: fu al loro interno che mor la maggior parte degli ebrei deportati dalla Francia. Nelle camere a gas potevano entrare fino a duemila persone alla volta. Nel soffitto, un oggetto simile a una finta doccia lasciava intravedere una fessura attraverso la quale era immesso il gas. All'inizio i cadaveri delle vittime venivano inceneriti nei crematori annessi, ma verso la fine della guerra la capacit dei forni non era pi sufficiente e i corpi venivano bruciati in fosse comuni. Al fine di accelerare il processo di sterminio di massa, che presentava gravi problemi logistici, nel settembre del 1941 le SS cominciarono a testare un gas pesticida chiamato Zyklon B, marchio registrato di un insetticida a base di cianuro fabbricato dalle imprese tedesche Dagesch e Tesch su licenza del proprietario del brevetto, la IG Farben. Il gas era di fatto un acido cianidrico, cui venivano aggiunti uno stabilizzatore e un odorante d'avvertimento; se ne impregnavano delle palline assorbenti, conservate in un recipiente ermetico, che al contatto con l'aria sprigionavano cianuro d'idrogeno allo stato gassoso. All'inizio lo Zyklon B era stato utilizzato per controllare le epidemie di tifo, e nel febbraio del 1940 era stato testato su duecentocinquanta bambini zingari detenuti nel campo di Buchenwald. Un mese e mezzo pi tardi si cominci a usarlo ad Auschwitz: le sue prime vittime furono seicento prigionieri di guerra sovietici.

Questo tipo di gas uccideva lentamente e con grandi sofferenze. Una volta che le vittime erano state rinchiuse nel locale in cui dovevano essere eliminate, il gas veniva introdotto dal soffitto attraverso un sistema di tubazioni. Reagiva con l'umidit prodotta dai corpi dei prigionieri, e questi cominciavano a provare una sensazione di soffocamento. Il passo successivo era la perdita del controllo degli sfinteri causata dall'anossia, e nel caso delle donne un enorme flusso mestruale. Alla fine sopravvenivano l'incoscienza, la morte cerebrale, il coma e infine il decesso; dal momento in cui le dosi di veleno erano state introdotte nell'ambiente trascorrevano venti-venticinque minuti. Quando gli incaricati di sgombrare i cadaveri entravano nel locale, trovavano i corpi gettati uno sull'altro, a seconda della durata dell'agonia: sotto vecchi e bambini, poi le donne e sopra i pi giovani e forti, gli ultimi a morire. Ad Auschwitz per non ci si limitava a ridurre in schiavit i prigionieri e a gassarli; su alcuni incombeva un destino forse ancora pi atroce. Alla met del 1943, quando il dottor Josef Mengele giunse al campo, gli esperimenti medici sui prigionieri erano condotti dal professor Karl Clauberg, che si serviva di giovani donne ebree per le ricerche sulla sterilizzazione. Un anno prima erano arrivati i primi contingenti di donne, e con loro alcuni bambini tra cui Mengele pot scegliere i soggetti per i propri esperimenti sui gemelli. Secondo il dottor Hans Mnch, che fu collega di Mengele ad Auschwitz, il giovane e promettente medico arriv al campo con una posizione di grande privilegio: ferito sul fronte orientale e carico di medaglie al valore, fra cui l'ambitissima Croce di Ferro. Fin dal suo arrivo ad Auschwitz, nel 1943, Mengele si diede da fare. La maggior parte dei medici e dei sopravvissuti che hanno testimoniato su di lui ha raccontato che sembrava avere il dono dell'ubiquit. Molte delle vittime hanno dichiarato che era uno dei selezionatori delle migliaia di prigionieri che ogni giorno scendevano dai treni. Questi venivano divisi in tre gruppi: quelli che non servivano a niente (destinati alle camere a gas), coloro che potevano servire per gli esperimenti e il resto, ossia quelli che sarebbero stati impiegati nei lavori forzati. Per questa sua attivit i detenuti lo chiamavano il Mostro o l'Angelo della Morte. Dalle descrizioni che hanno fatto di lui i sopravvissuti risulta che era un uomo attraente, di bella presenza; i prigionieri lo ricordano a cavallo, in mezzo alla gran folla delle vittime, con l'uniforme immacolata e un frustino di cuoio sempre in mano. La materia prima degli esperimenti di Mengele erano i gemelli, che a partire dal 1944 furono selezionati e trasferiti in alloggiamenti speciali. Auschwitz gli offriva un numero illimitato di esemplari, che lui poteva studiare come meglio riteneva. La realt del campo,

secondo il dottor Mikls Nyiszli, un sopravvissuto di Auschwitz, gli regal soggetti sperimentali perfetti: Uno dei due gemelli poteva servire come elemento di controllo mentre l'altro subiva gli esperimenti. Tutti sapevano che quando un gemello veniva convocato in infermeria non faceva ritorno. I gemelli, negli esperimenti, erano sottoposti a tre giorni di esami psicologici e a tre di analisi di laboratorio. Tre volte la settimana ci portavano in un grande edificio di mattoni, una specie di palestra in cui ci tenevano sei-otto ore, seduti davanti a uomini in camice bianco che ci osservavano e prendevano appunti. Studiavano anche il nostro corpo in ogni sua parte. Facevano fotografie, ci misuravano la testa e le braccia e poi confrontavano le misure di un fratello con quelle dell'altro. Gli esperimenti non si concludevano con la morte dei gemelli, perch questa era seguita dalla dissezione dei cadaveri per l'autopsia, sempre documentata. Ad Auschwitz furono selezionati per esperimenti genetici intorno ai tremila bambini, dei quali solo duecento circa erano ancora in vita il 27 gennaio 1945, quando il campo fu liberato dall'Armata Rossa. Il dottor Josef Mengele riusc a fuggire dieci giorni prima dell'arrivo delle truppe sovietiche. Uscendo dal campo pass sotto una scritta in ferro battuto: Il lavoro rende liberi.

IL LABORATORIO
La RS307 che da Santa Rosa porta a Cndido Godi, nello stato di Rio Grande do Sul, una strada angusta e che procede a zig zag, con alcuni piccoli villaggi sparsi qua e l, a destra e a sinistra. Questo non il Brasile turistico, un Brasile remoto, agricolo, quello che nessuna agenzia di viaggi offre. Qui non ci sono spiagge, caipirinhas o donne mozzafiato. La vegetazione rigogliosa, e non appena spunta il primo sole del mattino si sprigiona un vapore umido. Di tanto in tanto si vedono minuscoli cimiteri colorati in cima a una collina, o dei bar fatti di tronchi d'albero. Il caldo appiccicoso e si leva a ondate. Lungo la strada i contadini si spostano da un villaggio all'altro con i loro furgoncini carichi di soia, mentre trattori silenziosi aprono solchi sui fianchi della montagna. E un luogo ai confini del mondo, all'estremo Sudovest del Brasile. Poco lontano scorre il fiume Uruguay, e sull'altra sponda c' la provincia argentina di Misiones. La metropoli pi vicina Porto Alegre, 520 chilometri pi a est, mentre il complesso urbano pi raggiungibile Santa Rosa, gi culla di due celebrit: la cantante e attrice televisiva Maria da Graga Meneghel, pi conosciuta come Xuxa, e Taffarel, ex portiere della nazionale di calcio. Questa zona di frontiera del Rio Grande do Sul ha di fatto leggi e codici propri: tutti sanno che da qui entrano ed escono droga, auto rubate e merci non dichiarate, e con un paio di remate un contrabbandiere esperto pu cambiare paese con la facilit con cui si attraversa la strada. Seguendo la RS307, 22 chilometri dopo Santa Rosa, C ndido Godi si presenta con un viale selciato, costeggiato di aranci, al quale si accede dopo essere passati sotto un arco con la scritta: Citt-orto e terra di gemelli. Qualche metro prima dell'arco, sulla sinistra, un edificio in legno ospita il Museo del Riscatto storico e la Casa dei gemelli; sulla porta, intenta a sorbire il mate, una bionda frulein aspetta improbabili visitatori. In questa mattinata di marzo le strade sono deserte. Cndido Godi che ha preso il nome dal segretario alle Opere pubbliche del Rio Grande che, all'inizio del XX secolo, divise la zona in 28 colonie rurali di 24 ettari ciascuna oggi un villaggio di meno di settemila abitanti, per l'80 per cento tedeschi o discendenti di tedeschi. Del rimanente, il 15 per cento sono polacchi o russi, e solo gli altri, soprannominati peloduros, sono brasiliani. La lingua pi parlata il dialetto della regione dell'Hunsrck, in Germania, e l'organizzazione sociale fa capo a una cooperativa che fornisce fogne, luce elettrica e telefono agli abitanti di origine europea. Si tratta perlopi di coloni che lavorano campi seminati a soia; le famiglie d'origine vi si stabilirono nei primi anni del Novecento provenendo da Colonia Velha, nel Nord della regione, un'area che conta fra i suoi

municipi Novo Hamburgo, Montenegro, So Sebastiao do Cai, Estrela e Lajeado. Quasi tutti sono discendenti di tedeschi immigrati in Brasile, che disboscarono a forza di machete la collina su cui ora sorge il villaggio. I passi in avanti realizzati da allora sono sotto gli occhi di tutti e, a distanza di otto decenni, i tedeschi sono diventati i primi produttori di frumento per ettaro del paese; Cndido Godi inoltre il villaggio con la percentuale di analfabetismo pi bassa della regione, e non ha nemmeno una favela. Ma a parte questi dati, che pure hanno la loro importanza, oggi la modernit rappresentata solo da qualche macchina agricola, da poche automobili di ultimo modello parcheggiate all'ombra degli alberi e da un Internet caf, attualmente chiuso. A met febbraio tutto il villaggio si mette l'abito della festa per ricevere i visitatori, si balla per le strade e si beve birra fino al mattino. In quei giorni un po' ovunque si ascolta musica tedesca, la gente indossa costumi tipici e coppie di persone identiche ballano fino a cadere a terra sfinite. E la Festa dei Gemelli, un'eccezione alla routine di tutti gli abitanti di Cndido Godi. Perch proprio questa la caratteristica che rende unico il villaggio: i gemelli. Da pi di quarantanni nascono in misura massiccia: genitori gemelli hanno figli e nipoti gemelli e cos via, di modo che le nascite a coppie di Cndido Godi hanno fatto esplodere ogni statistica. Mentre l'indice mondiale delle nascite gemellari di un parto ogni cento, ossia 1' 1-2 per cento, in questa comunit di un parto ogni cinque, il 20 per cento. I freddi dati numerici, incomprensibili nella loro astrattezza, si intiepidiscono un po' se si aggiunge qualche storia personale. La signora Zilda Lebens morta senza aver capito chi fosse chi nella foto della prima comunione dei suoi figli, Vilmar e Dilmar: era abituata a riconoscerli dal colore delle scarpe, purtroppo per la foto era stata scattata a mezzo busto, rendendo impossibile distinguere i due. Tatiana e Fabiana, le due figlie di Odalisi Grimm, le confonde perfino nonna Flora. Un'altra nonna, Fridolina Naumann, fra i cui antenati non compare nemmeno una coppia di gemelli, ha dato alla luce Maria Normelia e Pedro Normelio, e cinque anni dopo Ren e Rei. Quando nacquero i suoi primi nipoti, Salete e Salesio, le sembr una cosa del tutto normale, e quando arrivarono i primi pronipoti, Nelson e Nelse e Dalva e Adalve, si era ormai convinta che non potesse essere altrimenti; per non parlare di quando videro la luce Francine e Franciele, e Else e Delse, per il momento gli ultimi in linea di successione. In tutto Cndido Godi e nella linha So Pedro, la piccola struttura agricola appena fuori dal villaggio che registra la maggior concentrazione di gemelli, le storie si ripetono identiche. Si racconta di fratelli che si scambiano le fidanzate per vedere se le fanciulle se ne accorgono, di sorelle che si alternano durante un ricovero ospedaliero e cos via. Ma al di l degli aneddoti personali, quale pu essere la spiegazione scientifica per una simile

concentrazione di nascite gemellari? Qui cominciano i problemi, perch nonostante gli innumerevoli tentativi nessuno ancora ha saputo stabilirlo con certezza. I primi a condurre indagini su ci che stava accadendo a Cndido Godi furono gli stessi genetisti brasiliani. Il problema in questione ce l'avevano proprio sotto gli occhi, e non volevano lasciarselo scappare: erano destinati a essere i primi a registrare i fatti, senza per poterli spiegare secondo una qualche logica. Uno dei primi scienziati ad arrivare al villaggio fu la biologa Ursula Matte, dell'Hospital de Clnicas di Porto Alegre e della Universidad de Rio Grande do Sul. All'inizio degli anni Novanta, Matte effettu un rilevamento genetico e genealogico di tutte le coppie di gemelli: per il 67 per cento erano eterozigoti, ossia fratelli diversi prodotti da due distinte cellule uovo, per il restante 33 per cento omozigoti, ossia individui identici, dello stesso sesso e frutto di una sola cellula. La prima conclusione che si poteva trarre fu che non sembrava possibile parlare di ereditariet genetica, dato che questo vale solo per i gemelli omozigoti. Dopo aver lavorato in loco e aver analizzato i risultati ottenuti, Matte avanz alcune ipotesi che non facevano altro che sottolineare i molti dubbi. C'era innanzitutto una domanda inaggirabile: se secondo le statistiche la razza negra a produrre pi gemelli, perch in Brasile, dove tale popolazione assai pi numerosa di quella di origine tedesca, la massima concentrazione di gemelli si riscontra proprio in una comunit tedesca al cento per cento? Interrogandosi sulle possibili cause del fenomeno, Matte ne elenc alcune e le svilupp. Scart subito il fattore caso: non poteva essere una coincidenza naturale che nella regione di Cndido Godi si fossero raggruppate tante famiglie con una tale predisposizione genetica ai parti gemellari. Ma anche assumendo che un raggruppamento di persone con tali caratteristiche si fosse stabilito nello stesso posto e che i suoi membri si fossero sposati sempre e soltanto tra di loro, senza esodi n inclusione di nuovi abitanti, restando stabilmente nello stesso luogo e procreando molti figli, un dato restava dissonante: a partire dagli anni Ottanta il numero delle nascite di gemelli stava diminuendo, invece di aumentare o di restare uguale a vent'anni prima. N il clima n l'alimentazione potevano spiegare alcunch: il clima, ovviamente, era quello caratteristico della regione e gli abitanti della linha So Pedro e di Cndido Godi avevano le stesse abitudini alimentari di quelli dell'area circostante per un raggio di duecento chilometri circa. I parti multipli, per, avvenivano solo l. N la farmacologia poteva offrire ragioni sufficienti per giustificare questa realt: negli anni Sessanta, quando il fenomeno raggiunse il suo apice, non esistevano farmaci capaci di provocare la nascita di gemelli. Nessuna

delle mamme intervistate si era sottoposta ad alcun tipo di trattamento per rimanere incinta, e solo pochissime avevano preso, qualche volta, la pillola anticoncezionale. Alla fine della ricerca, pubblicata nel 1995 dall'Hospital de Clinicas di Porto Alegre, pur non essendo riuscita a spiegare il fenomeno, la dottoressa Matte aveva fornito alcuni contributi sostanziali che sarebbero stati tenuti in conto da altri scienziati: aveva descritto con precisione i fatti, mappato geneticamente i gemelli e identificato le cause che non spiegavano le loro nascite. Il testimone fu raccolto da un'altra collega, la dottoressa Carla Franchi Pinto, genetista capo del Servizio di genetica medica della Santa Casa di So Paulo, una delle maggiori autorit del paese in tema di gemelli. E innegabile che Cndido Godi abbia un'elevata incidenza gemellare. Quasi il 12 per cento della sua popolazione costituito da coppie di gemelli, disse ai giornalisti che la intervistarono. Fra i suoi settemila abitanti ci sono quasi 140 coppie. E nella linha So Pedro la concentrazione ancora pi elevata: pi di 35 coppie di gemelli per meno di 350 abitanti. Anche se non sappiamo ancora esattamente cosa stia succedendo, pensiamo a una combinazione di fattori ambientali e ormonali associati a una forte disposizione genetica e a un possibile alto tasso di consanguineit, che nell'insieme potrebbero forse spiegare il fenomeno, precis poi, ricorrendo al condizionale. A differenza di Matte, e dopo aver nuovamente verificato che nella regione c'erano gemelli sia monozigoti sia eterozigoti e coppie tanto dello stesso sesso quanto di genere diverso, Franchi Pinto prov ad abbozzare una spiegazione: Quella di una predisposizione genetica sembra essere la teoria pi accettabile, dato che la regione stata popolata da immigrati polacchi e tedeschi. Una parte di questi originaria della regione dell'Hunsruck, che pure presenta un tasso di nascite gemellali superiore alla media. Una spiegazione a met, un po' stiracchiata, ma pur sempre un'ipotesi plausibile; il villaggio e i suoi abitanti poterono cos andare avanti con la loro routine di lavoro e celebrazioni. I gemelli della linha So Pedro e di Cndido Godi festeggiarono tutti insieme per la prima volta il 18 ottobre 1994. Fu un'iniziativa degli stessi abitanti, e la festa, dapprima in formato ridotto e con un carattere parrocchiale, a un certo punto fin con il diventare un'istituzione e usc dagli angusti limiti del villaggio. Da allora, ogni due anni, nel mese di febbraio, decine e decine di curiosi si presentano al villaggio per partecipare, con loro grande stupore, a una cerimonia che riunisce indigeni e stranieri. Si eleggono reginette, si tengono discorsi sui padri fondatori, si riuniscono famiglie disperse dal tempo e si vendono come souvenir bottigliette contenenti l'acqua di una fonte che alcuni considerano miracolosa: lagua da fertilidade.

Ogni due anni, ai primi di febbraio, il villaggio si riempie di turisti, e anche la curiosit per i gemelli, da domanda senza risposta, si trasforma in motivo di allegria e divertimento. Ma solo una parentesi; finita la festa le strade tornano vuote e silenziose, la musica si spegne lentamente, il respiro torna regolare e tutto rientra nella normalit. Normalit? L'ospedale Santo Afonso di Cndido Godi un superbo edificio coloniale a un solo piano, in stile portoghese, che occupa un quarto di isolato al centro del villaggio. Ha i muri bianchi e il tetto di tegole rosse, l'interno mantenuto fresco da maioliche andaluse e da pavimenti rivestiti da grandi mattoni di cotto. Da undici anni lo dirige il dottor Anencir Flores da Silva, che lo considera un po' casa sua e che qui lavora come clinico, chirurgo e ostetrico fin dagli anni Settanta. Il dottor da Silva ha sessantatr anni, una calvizie che gli ingrandisce la fronte e allo stesso tempo capelli lunghi e brizzolati fin sulle spalle. Anche se gli occhiali che porta sulla punta del naso gli danno un'aria un po' bohmienne, alla Vinicius de Moraes, stato un serio viceintendente di villaggio dal 1982 al 1988, nonch prefetto (intendente) dal 1989 al 1993 e poi dal 2001 al 2004. La sua gestione, dicono, sempre stata ordinata e progressista, e sotto la sua amministrazione il villaggio si ornato di piazze piene di fiori e sono state pavimentate e illuminate molte strade. Presidente del Rotary locale, il suo studio al tempo stesso ufficio e consultorio medico: un'unica stanza affacciata sul patio interno, una scrivania piccola e ordinata, scomode sedie di legno perch i visitatori non si trattengano troppo, un archivio di metallo chiuso a chiave, un lettino in un angolo e un enorme crocefisso argentato alla parete. Da quando lavora all'ospedale Santo Afonso il dottor Anencir, come tutti lo chiamano, ha assistito a pi di duemila parti, nel villaggio e nei dintorni, molti dei quali gemellari. Conosce tutti per nome, pu recitare a memoria alberi genealogici e indirizzi e ricorda senza un attimo di esitazione il gruppo sanguigno e la storia clinica di ciascuno. In un'ora e mezza di intervista racconta che per lui il caso dei gemelli di Cndido Godi sfugge a qualsiasi spiegazione scientifica razionale. Fu dall'inizio degli anni Sessanta e fin verso la fine del decennio, quando all'ospedale lavoravano come ostetrici i dottori Lovato e Casarin, oggi defunti, che i parti gemellari raggiunsero la dimensione del fenomeno, mandando violentemente in pezzi l'idea stessa di prevedibilit. Il dottor da Silva si appassiona. Cita statistiche, racconta con naturalezza che i gemelli nati nel villaggio sono quasi tutti biondi e con gli occhi azzurri, spiega che oggi si sta verificando un calo nel tasso di incidenza gemellare e all'improvviso, con profonda stanchezza, dice: Io continuo a non volerci credere, ma al tempo stesso non so darmi alcuna spiegazione.

Da qualche anno, infatti, spinto dalla curiosit e guidato dall'ossessione di comprendere il fenomeno, il dottor Anencir Flores da Silva ha iniziato a raccogliere precedenti, testimonianze, storie e sospetti. All'inizio della sua ricerca, quando cominci a occuparsi del tema, era convinto che la ragione di tutte quelle nascite in coppia si trovasse nel bagaglio genetico delle famiglie degli immigrati tedeschi. Pensava che, formando queste una comunit chiusa, quel bagaglio potesse essersi potenziato con i matrimoni fra individui con le stesse origini e con le unioni fra cugini e, da ultimo, si era convinto - e aveva convinto tutti quelli che avevano voglia di ascoltarlo che quasi sempre si trattava di famiglie molto numerose, il che incrementava le chance di avere un parto gemellare. Poi per cominci a rendersi conto che le spiegazioni pi ovvie erano anche le prime a cadere: le famiglie in cui nascevano i gemelli non avevano precedenti genetici predisponenti; nella storia del villaggio, prima degli anni Sessanta, non si erano mai verificate nascite di tre o quattro gemelli alla volta; l'effetto positivo della consanguineit si poteva scartare, perch il fenomeno non era associato ad altri indizi come la sindrome di Down o il ritardo mentale; not poi che invece di crescere la tendenza diminuiva. Uomo di fede ma anche di scienza, il dottor da Silva dovette fare a meno di miracoli e spiegazioni magiche, come quella dell' agua da fertilidadeo altre che si rifacevano a disegni divini; infine arriv il momento in cui si ritrov a stringere un pugno di mosche. Allora, insieme ajacinto Zabolotsky, giornalista e avvocato della chiesa ortodossa russa, e a Celso Jacob, ex seminarista e organizzatore di eventi culturali, cominci a battere la regione metro per metro. Intervist decine di vecchi abitanti della zona, visit fattorie fuori mano, fotograf antiche propriet rurali perse fra le colonie e rilesse con minuziosa attenzione gli incartamenti dell'ospedale Santo Afonso e tutto ci che c'era negli archivi di giornali e riviste locali, riesumando documenti che si credevano perduti. E quando ebbe finito di analizzare i dati cos ottenuti, di collazionare e ricollazionare statistiche, di confrontare e riconfrontare mille volte le storie che aveva ascoltato, il dottor Anencir Flores da Silva arriv a una conclusione: Josef Mengele era stato nella zona di Cndido Godi all'inizio degli anni Sessanta, proprio quando era cominciata quell'esplosione gemellare la cui eco perdura ancora. Dunque lei vuole sapere di Mengele... mi dice da dietro la scrivania del suo studio, guardandosi le mani enormi che hanno aiutato a nascere tante coppie di gemelli. E subito si blocca, come se lui stesso non ricordasse pi quello che ha pensato tante volte. Guardi, riprende infine, se lei va in giro a fare domande vedr che si trover davanti alle argomentazioni pi insolite: le diranno che sono le propriet miracolose dell'acqua di una certa fonte, che nella linha So Pedro nascono a coppie perfino i cavoli, che la

volont di Dio, n pi n meno... Glielo ripeto ancora una volta: io non so proprio che spiegazione darmi. Anche se non possiede tutte le risposte, probabilmente il dottor Anencir Flores da Silva l'uomo che si avvicinato di pi al cuore del mistero.

LO SPERIMENTATORE Lo Josef Mengele che in quella notte d'inverno del 1945 usci dal cancello di Auschwitz era destinato a diventare, con gli anni, un maratoneta della fuga, un eterno latitante che ogni tanto si convinceva di aver trovato quella pace e quell'oblio che solo il tempo pu regalare, ma che parimenti si sentiva sempre perduto e in procinto di essere scoperto. A perseguitarlo erano non solo i ricordi e la sua coscienza, ma anche uomini e donne in carne e ossa che puntavano il dito contro di lui, senza mai stancarsi o riposarsi. Persone che lo rincorrevano seguendo ovunque le sue tracce e raccontando a tutti la sua storia, che pensavano di averlo ormai catturato o che temevano di averlo perso per sempre. Ma nessuna delle due situazioni era vera: gli inseguitori non lo raggiunsero mai, ma non gli permisero nemmeno di credersi dimenticato. Josef Mengele non trov mai la vera pace; visse semplicemente un lungo esilio, destinato ad avere fine solo con la morte. Lo scenario che si apr davanti agli occhi dei soldati sovietici al loro arrivo ad Auschwitz fu raccapricciante. Nel campo restavano non pi di duemila prigionieri; gli altri erano stati deportati verso ovest, e nella marcia forzata imposta loro ne erano morti a migliaia. Marc Berkowitz, uno dei piccoli gemelli su cui Mengele condusse i suoi esperimenti, racconta che solo centottanta dei milleottocento bambini che componevano lo zoo privato del medico erano ancora in vita alla fine di gennaio del 1945. Quando cominciarono a diffondersi le prime notizie sulle atrocit commesse nel campo, gli Alleati formarono unit investigative sui crimini di guerra con il compito di identificare e rintracciare chi li aveva perpetrati per poi trascinarlo in tribunale. Dato che non erano rimaste che poche prove documentarie, gli investigatori lavorarono soprattutto sui resoconti di testimoni e sopravvissuti, e il nome di Mengele fu uno dei primi a venire a galla, anche se ben presto rimase sepolto sotto una montagna di altri nomi. Fu il capo degli investigatori e analisti dell'Ufficio crimini di guerra degli Stati Uniti, Mark Wolfson, a occuparsi di lui e a mettere insieme le prime dichiarazioni che lo riguardavano: ma fu costretto ad abbandonare il caso quando inciamp nel nome di Otmar von Verschuer, direttore dell'Istituto Kaiser Wilhelm e maestro di Mengele, un pesce troppo grosso per lui. Quando lo interrog chiedendogli del suo allievo, von Verschuer ne minimizz l'importanza e lo difese dicendo che era stato assegnato ad Auschwitz contro la sua volont: delle sue carte non era rimasto niente, erano state tutte bruciate, e il suo compito principale nel campo era stato quello di condurre ricerche sulla tubercolosi.

Nel frattempo Mengele era scomparso. Anche se non ci sono informazioni certe sui primi giorni della sua fuga, tutto sembra indicare che si mosse in direzione di Gnzburg, dove arriv senza difficolt. In quel momento in Europa regnava il caos, l'esercito tedesco era allo sbando e i soldati si arrendevano a migliaia alle truppe d'occupazione; per un uomo con i suoi mezzi i posti di controllo non potevano certo rappresentare un problema. Il paese in cui risiedeva la sua famiglia non era stato bombardato; la fabbrica di macchinari agricoli, anche se aveva dovuto licenziare parte del personale per mancanza di materie prime, era ancora in funzione. Verso la met del 1945 la moglie Irene affitt un villino ad Autemdd, una frazione a pochi chilometri dal paese, e vi si trasfer con Rolf, il figlio nato nel 1944 quando ancora viveva con il marito a Francoforte. Negli ultimi giorni di guerra entrambi erano stati accolti a Gnzburg dai parenti di lui, quindi l'affitto del villino rafforza l'ipotesi che il medico fosse riuscito a tornare a casa e che vi si fosse trattenuto per qualche tempo. Ci non toglie che quando Hans Klein, un altro investigatore della squadra crimini di guerra, interrog il proprietario della casa, l'uomo rispose di non averci mai visto nessuno a parte la donna e il bambino. A ogni modo, ovunque Mengele si fosse nascosto vicino a Gnzburg, indubbio che nessuno l'avrebbe mai denunciato. Molti degli abitanti della zona avevano lavorato per la sua famiglia e l'avrebbero fatto ancora negli anni a venire, e questa era una ragione sufficiente per mantenere il silenzio. Lui stesso poteva ottenere un lavoro da agricoltore, tanto per salvare le apparenze, e comunque si era tutelato contro gli imprevisti: a differenza di parecchi suoi colleghi delle SS, Josef Mengele non si era fatto tatuare il gruppo sanguigno sotto il braccio, un segno distintivo che gli Alleati utilizzarono per riconoscere molti ufficiali, e anche in quei giorni avrebbe potuto passare incolume attraverso qualsiasi controllo. Quest'ipotesi, comunque, coincide con alcuni dettagli di un racconto che, anni dopo, Mengele avrebbe fatto a suo figlio Rolf: raccont a quest'ultimo che fra il 1945 e il 1949 aveva lavorato come contadino in una fattoria di Rosenheim, vicino a Monaco, e che al suo datore di lavoro non importava niente della sua identit, bastava che avesse le mani pulite. Come racconta Gerald Astor nella sua biografia dell'Angelo della Morte, l'unico dato verificabile di questa prima fase che Mengele si rec a Donauwrth, in Baviera, per far visita a un suo vecchio compagno di studi, il veterinario Albert Mller. Anni dopo la vedova di quest'ultimo avrebbe ricordato l'arrivo dell'uomo: Aprii la porta e subito lo riconobbi. "Buonasera, dottor Mengele", gli dissi, e lui sembr sorpreso del mio saluto. Poi il marito la raggiunse e i due uomini si misero a parlare, e Mengele disse: Tutto ci che sentirai sul mio conto sono solo menzogne. Non devi credere nemmeno a una parola. Io non ho fatto niente di male. Questo particolare non tanto rilevante in s, ma conferma che Mengele si stava nascondendo in Baviera; e la vicinanza a Gnzburg fa pensare che la protezione della famiglia fosse gi in atto.

Sta di fatto che, grazie all'aiuto dei parenti o di qualcun altro, fra il 1945 e il 1949 Josef Mengele rimase nascosto entro i confini della Germania, poco lontano dal paese in cui viveva la sua famiglia, spostandosi liberamente per tutta la zona senza destare sospetti. Aveva una moglie e un figlio, una casa, forse persino un lavoro, e finch il suo nome non cominci a venir fuori in alcuni processi di denazificazione e nelle cause contro altri ufficiali nazisti non sent la necessit di andare pi lontano. Il passo successivo anche l'ultimo della tappa europea del suo esilio e, dopo un breve periodo nel Tirolo italiano, lo port a Roma. All'inizio del 1949 l'Italia, gi alternativamente alleata e poi nemica della Germania, si era trasformata in una specie di santuario per nazisti in fuga. Ad attirarli a Roma era soprattutto la presenza di Alois Hudal, cappellano a Santa Maria dell'Anima e rettore della chiesa tedesca presso il Vaticano; questi, apertamente filonazista, prima della guerra aveva scritto alcuni libri in cui elogiava Hitler e in seguito, quando erano cominciate le deportazioni di massa nei campi di concentramento, aveva taciuto sulla politica dello sterminio, citandola una sola volta per dire che i massicci arresti di ebrei potevano fornire argomenti alla propaganda antitedesca. Accanto al papa di allora, Eugenio Pacelli, che governava la chiesa come Pio XII, Hudal si era mosso su un sentiero molto stretto durante l'occupazione di Roma da parte dei nazisti, e dopo la caduta di Berlino, in piena guerra fredda, si sarebbe schierato apertamente per la protezione di gerarchi fascisti che potevano diventare alleati strategici nella battaglia contro il comunismo. Protetti da Hudal, e alloggiati per un certo tempo a Santa Maria dell'Anima, appena dietro piazza Navona, si erano rifugiati a Roma criminali di guerra come Walter Rauff, Adolf Eichmann e Otto Reinhard (il falso nome adottato dal barone Otto von W tcher), per citarne solo alcuni. Cattolico romano in grazia del battesimo, Josef Mengele non ebbe certo problemi a ottenere la medesima protezione. Durante la sua permanenza a Roma fu alloggiato in un convento in via Sicilia, a pochi metri da via Vittorio Veneto, dove rimase finch non gli fu consegnato uno dei cinquecentomila passaporti che gli italiani fecero avere a rifugiati di tutti i tipi. Nell'estate del 1949, finalmente, con il suo nuovo documento in tasca, Mengele raggiunse il porto di Genova e si imbarc per l'Argentina. Beppo, l'Angelo della Morte, cominciava il suo lungo esilio. Nel 1949 l'Argentina era governata dal generale Juan Domingo Pern. In un mondo devastato dalla guerra, il paese non solo non aveva riportato danni, ma addirittura si era rafforzato economicamente, e la neutralit che proclamava era una menzogna da tutti saputa e taciuta. Il governo infatti aveva tollerato lo spionaggio tedesco in Patagonia, il radicamento di imprese finanziate da capitali nazisti e le attivit

cospiratorie dell'ambasciata e dei consolati di Berlino, per non parlare del fatto che buona parte delle opere pubbliche era stata appaltata a consorzi di capitali quantomeno sospetti. Poi, terminato il conflitto, era stato proclamato un altrettanto falso non-allineamento. L'Argentina aveva dichiarato guerra al nazismo una settimana prima della caduta di Berlino, aveva finanziato in Europa costose missioni per trarre in salvo fuggiaschi, aveva facilitato lo sbarco di clandestini dai sottomarini che passavano al largo delle sue coste e, ciliegina sulla torta, aveva aperto le porte a migliaia di nazisti e a centinaia di criminali di guerra, alcuni dei quali ricercati e con una sentenza gi passata in giudicato. Pern egemonizzava completamente la scena politica. Modello di Caudillo populista, non aveva nascosto le sue simpatie per l'Asse n durante n dopo la guerra; anche per questo il paese di cui era presidente sarebbe diventato un rifugio sicuro per tutti i tedeschi che volevano sottrarsi ai processi degli Alleati. Un ulteriore correlato dell'atteggiamento tollerante che l'Argentina aveva sempre tenuto nei confronti del nazismo. E su queste rive sbarca pure Josef Mengele. Il suo arrivo a Buenos Aires fu come quello di tanti altri criminali di guerra che l'avevano preceduto o che sarebbero arrivati dopo di lui. La citt era un porto sicuro in un paese in cui i profughi come lui potevano passare inosservati; una parte importante e potente della comunit tedesca, inoltre, era pronta ad accoglierlo a braccia aperte. I primi fuggiaschi erano giunti gi nel 1947. All'inizio di quell'anno, sotto il falso nome di Pedro Ricardo Olmo Andrs, era arrivato Walter Kutschmann, l'ex ufficiale delle SS che nella citt polacca di Lvov aveva fatto fucilare venti professori ebrei, insieme alle donne e ai bambini delle loro famiglie, e che aveva ordinato l'assassinio di massa di millecinquecento abitanti di Brzezany e di altre centinaia di persone a Drohobycz. Negli ultimi mesi della guerra era stato trasferito a Parigi, e questo gli aveva salvato la vita: dopo la resa della Germania era riuscito a scappare in Spagna, da dove si era imbarcato per Buenos Aires. Nel settembre del 1947, a bordo di una nave battente bandiera italiana, era arrivato l'ex capo dello Stato indipendente di Croazia, Ante Pavelic, con indosso abiti sacerdotali e in tasca un passaporto della Croce Rossa Internazionale che lo identificava come Aranjos Pai: tra l'aprile del 1941 e il maggio del 1945 aveva fatto morire nei campi di concentramento croati ottocentomila persone e sul finire dell'aprile del 1945, sapendosi ormai sconfitto e con una fuga gi pianificata, aveva personalmente ordinato l'esecuzione di settecentosessanta donne del campo di concentramento di Jasenovac. I servizi segreti statunitensi, che conoscevano i dettagli della sua fuga, ne avevano per sconsigliato l'arresto a causa degli ottimi rapporti che aveva con le gerarchie vaticane. In quel momento il suo contatto a Roma era il sottosegretario di stato del papa, Giovanni Battista Montini, che pi tardi sarebbe a sua volta diventato pontefice con il nome di Paolo VI.

Nell'ottobre del 1948, proveniente da Genova, era sbarcato a Buenos Aires il capitano delle SS Eduard Roschmann, con in tasca documenti che lo identificavano come Federico Wegener. I delitti per cui era ricercato erano stati commessi a Riga, in Lettonia, fra il 1941 e il 1944: quarantamila ebrei giustiziati, molti dei quali fucilati personalmente dal macellaio. Sempre nel 1948 era arrivato il capitano delle SS Erich Priebke, il responsabile della strage delle Fosse Ardeatine, e nel marzo del 1949, utilizzando il suo vero nome ma con una falsa nazionalit italiana, Josef Schwammberger: i tribunali alleati lo ricercavano per la morte di quindicimila ebrei internati nei campi di concentramento di Mielec e Przemysl, in Polonia, e per la deportazione di altre migliaia di persone nell'inferno di Auschwitz. Mengele arriv a Buenos Aires il 20 giugno 1949 a bordo della nave a vapore North King. Il passaporto n. 100.501 della Croce Rossa Internazionale che gli avevano dato in Italia lo identificava come Helmut Gregor, e sarebbe passato un bel pezzo prima che potesse disfarsi di quel nome posticcio. Il suo bagaglio era leggero e, a ben vedere, sorprendente. Come racconta Uki Goni in Operazione Odessa: I funzionari dell'immigrazione argentini restarono alquanto sbigottiti vedendo le carte e i campioni che Helmut Gregor stava introducendo nel paese. Si tratta di appunti di biologia afferm - correttamente - Mengele. Venne chiamato il medico portuale per esaminare l'alquanto macabro contenuto della valigia, e questi, non comprendendo il tedesco, alla fine lo fece passare. Cosa alquanto strana, il funzionario non rimase sorpreso dal fatto che un meccanico tecnico la qualifica di Gregor indicata sul passaporto e sull'elenco passeggeri della nave possedesse un simile materiale. In quel momento nessuno poteva saperlo, ma quel bagaglio teneva Mengele ancorato al suo passato e al tempo stesso lo proiettava nel futuro, un futuro che una volta sbarcato avrebbe cominciato subito a costruire. Insieme a due italiani conosciuti a bordo del North King, nella capitale federale il meccanico Gregor prese alloggio in un piccolo albergo per nuovi arrivati, il Palermo, all'angolo fra avenida Santa F e Godi Cruz: un ambiente sordido, per gente di passaggio con poca voglia di parlare di s. Venne poi a sapere che un argentino di nome Juan Maria Ojeda aveva un posto libero nella sua camera, e and a stare con lui. Nel 1985, in un'intervista concessa al settimanale Gente, questo argentino dir di non ricordarsi quasi pi del suo vecchio compagno di stanza: Non ricordo che faccia avesse, perch in quei giorni arrivavano molti immigrati e spesso erano tedeschi. Non si facevano tante domande per discrezione, sapevamo che molti avevano dovuto lasciare la loro terra in seguito a persecuzioni. Ma anche se il signor Ojeda era muto come una tomba con lui Mengele non si sentiva al sicuro, e alla fine del 1949 aveva gi cambiato abitazione. A differenza di altri immigrati

disponeva di risorse economiche pressoch illimitate, e ben presto affitt una stanza in casa di una famiglia a Vicente Lopez, allora un sobborgo a nord della citt, al 1875 di calle Sarmiento. Nella zona vivevano molti tedeschi e i padroni di casa, Otto e Bertha Pantz, lo aiutarono a socializzare con il resto della comunit. Ben presto il signor Gregor cominci ad andare alle feste, a frequentare con regolarit il ristorante Nino e a costruirsi un'immagine che potesse essere utile alla sua storia. Le persone che lo conobbero allora lo ricordano come un uomo colto e riservato, certo un po' diffidente, ma che si sforzava di intrecciare rapporti con gli altri tedeschi del luogo. Dopo essere rimasto a casa dei Pantz per un anno e mezzo, Josef Mengele cambi di nuovo domicilio. Si faceva ancora chiamare Helmut Gregor, e con questo nome si registr, al 2460 di calle Arenales, a pochi passi dalla stazione ferroviaria di Florida da Herta e Teodoro Malbranc. Li aveva conosciuti a una festa riservata alla comunit tedesca, e quel rapporto aveva rappresentato un nuovo scalino nella sua vita di relazione e nella tessitura di una rete che lo mantenne al sicuro. Teodoro Malbranc era un dirigente del Banco Alemn Transatlntico in Argentina, nonch uno dei prestanome nelle cui mani erano girati soldi nazisti durante la guerra: nell'aprile del 1944, per esempio, aveva investito cinque milioni di pesetas in azioni della Unin Espaola de Explosivos, denaro che poi aveva trasferito a imprese gestite da capitali tedeschi. Fra le persone che i Malbranc gli fecero conoscere c'erano due uomini che per un certo tempo gli sarebbero stati di grande aiuto: Friedrich Rauch, l'ex colonnello delle SS che Hitler in persona aveva incaricato di prelevare l'oro del Partito dalla Banca Centrale di Berlino e di seppellirlo nelle montagne della Baviera; e Alfred Ruckert, che ostentava il pomposo titolo di presidente del Fronte nazionalsocialista argentino. In questa fase, mentre ancora abitava dai Malbranc e cominciava a bazzicare altri nazisti rifugiati nel paese, Mengele in un'occasione fu arrestato con l'accusa di aver causato la morte di una donna alla quale aveva procurato un aborto clandestino. La storia non mai stata confermata, e nonostante molti autori la considerino vera, l'unica certezza che risulta tuttora indimostrabile. Mengele non poteva esercitare la professione - sul diploma di laurea c'era il suo vero nome e non quello di Helmut Gregor -; sembra poi improbabile che avesse bisogno di lavorare per vivere, cosa che peraltro avrebbe aumentato il rischio di essere scoperto. Per tutto questo tempo Mengele si tenne in contatto con la sua famiglia, la quale periodicamente gli inviava grosse somme di denaro attraverso l'avvocato Hans Seldmeier o suo fratello Alois, che rappresentava gli interessi della ditta in Sudamerica: con questi fondi, nei mesi seguenti, avrebbe mosso i primi passi nel mondo imprenditoriale argentino. Il 1953 , da questo punto di vista, un anno chiave, con il quale si chiude la fase iniziale dell'esilio di Josef Mengele in Argentina. Nei quattro anni precedenti, a partire dal suo

arrivo nel paese, il medico aveva vissuto quasi sotterraneamente, cambiando spesso residenza e scegliendo con cura rapporti e amicizie, ma da quel momento in poi la sua vita svolter verso una pi intensa dimensione sociale. Inizi a stringere nuove amicizie. A Buenos Aires cominci a frequentare assiduamente un laboratorio chiamato Wonder, dove andava a trovare il direttore, un biochimico di nome Baysi. Le ricorrenti visite gli fecero conoscere alcuni dei suoi dipendenti, i quali, pur non sapendo niente di lui a parte il suo falso nome e la sua professione, non l'avrebbero certo dimenticato. Elsa Yugonsky de Haverich, che all'epoca lavorava in quel laboratorio, pi di trentanni dopo, nell'agosto del 1985, in un'intervista rilasciata a Gente avrebbe ricordato: Aveva un bel fisico e lineamenti armoniosi, doveva avere sui quarantaquattro anni ed era decisamente un bell'uomo. La prima cosa che attir la mia attenzione fu lo sguardo, terribilmente penetrante. Balbettava appena qualche parola di spagnolo, ma non voleva che ci rivolgessimo a lui in tedesco perch desiderava imparare. Fu al laboratorio Wonder, probabilmente, che Josef Mengele conobbe il dottor Mariano Barilari, medico e ipnotista, che si vantava di essere stato amico di Sigmund Freud e che nel tempo libero dipingeva. Di quasi vent'anni pi vecchio di Mengele era nato nel 1892, Barilari aveva studiato in Germania, si era laureato a Heidelberg e si era poi trasferito a Vienna, dove aveva avuto come maestri von Jauregg, Freud, Adler e Jung. Tornato in Argentina, era stato nominato presidente dell'Associazione medica e della Societ Scientifica, ma aveva continuato a coltivare i suoi legami con il mondo tedesco diventando uno dei soci fondatori dell'Istituto culturale argentino-tedesco. Verso la met degli anni Cinquanta Barilari and in pensione, lasci Buenos Aires e si trasfer a San Carlos de Bariloche: qui continu a ricevere le visite di Mengele, che passava da lui moltissimo tempo. L'anfitrione organizzava a casa sua delle feste alle quali l'ospite tedesco non mancava mai, e fra i partecipanti c'erano anche altri nazisti importanti, come l'ex Gauleiter del Tirolo, Friedrich Lantschner, arrivato nel paese con il falso nome di Materna. Poco a poco, Mengele cominciava a tirare fuori la testa dall'acqua. Aveva aperto una bottega di tornitura in legno al 3800 di avenida de los Constituyentes, nella capitale federale, dandosi alla realizzazione di giocattoli didattici. Ma la bottega, chiamata Tamema, non ebbe vita lunga. Anni dopo uno dei suoi vicini, Domingo Daloia, avrebbe ricordato al settimanale Gente: Nessuno di noi sapeva niente, ma non avevamo nemmeno voglia di fare domande. Ricordo che un giorno restammo soli, io e lui, e mi domand se avessi combattuto in guerra. Gli risposi di s, e allora lui disse: Anch'io ho combattuto: ero capitano del Fhrer. Immagino che lei invece fosse con gli Alleati. E un vero peccato: a quel tempo lo

dicevo sempre che bisognava trovare un accordo con gli Stati Uniti o avremmo perso la guerra. Non possibile sconfiggere gli USA. Dopo quel giorno non mi parl pi della guerra. L'opera di tessitura che Josef Mengele andava realizzando per reinserirsi in societ segn un altro punto all'inizio del 1954: il 25 febbraio di quell'anno, infatti, ottenne dei documenti argentini a nome di Helmut Gregor. Portando come testimone un uomo di nome Jos Stroeher, che anni dopo avrebbe negato di averlo mai conosciuto, il medico di Auschwitz ottenne la carta d'identit numero 3.940.484. Un anno dopo, con la caduta del peronismo e grazie alla sua nuova documentazione, passer in Paraguay, prendendo alloggio per un paio di mesi ad Asuncin. Non era il suo primo viaggio in quel paese, ma quella visita sarebbe stata il prologo alla seconda tappa del suo esilio, che gi si andava prefigurando. Quali rapporti abbia intrattenuto Mengele con il peronismo probabilmente rester un mistero. Ma c' un fatto preciso che stabilisce una relazione fra il medico tedesco e lo stesso Pern. Fu il generale in persona a parlarne con il giornalista Toms Eloy Martines, che riport il dialogo in un articolo intitolato Pern e i nazisti, uscito nell'agosto del 1985 sul settimanale E1 Periodista: Un mattino di settembre del 1970 Pern mi parl con grande entusiasmo di uno specialista in genetica che, durante il suo secondo governo, gli faceva spesso visita nella residenza presidenziale di Olivos, intrattenendolo con il racconto delle sue meravigliose scoperte. Un giorno, mi disse Pern, quell'uomo venne a salutarmi perch un mandriano l'aveva assunto per migliorare il suo bestiame. L'avrebbe pagato una fortuna. E mi mostr le foto di una stalla che aveva dalle parti del Tigre, dove tutte le vacche partorivano vitelli gemelli. Gli chiesi come si chiamasse il taumaturgo. Chi lo sa, rispose Pern scrollando il capo. Era uno di quei bavaresi ben piantati, colto, orgoglioso della sua terra. Aspetti... se non sbaglio si chiamava Gregor. S, proprio cos, dottor Gregor. Queste parole, che non mancano certo d'ingenuit, ci permettono di immaginare pi di quanto dicano, e pongono una serie di interrogativi rimasti fino a oggi insoluti: come fece Mengele ad arrivare a Olivos? Chi gli permise di avvicinare il presidente? Con che frequenza avvenivano quegli incontri? All'epoca menzionata da Pern, durante il suo secondo mandato, il medico viveva ancora in casa dei Malbranc, e forse era stato proprio il suo anfitrione, in ottimi rapporti con i pi prestigiosi rappresentanti della comunit tedesca, a farli incontrare. Di l a poco il generale fu rovesciato con un colpo di stato, ma quando ci accadde Mengele aveva gi piani e progetti di grande solidit. Dopo la fuga preventiva in Paraguay, non appena le acque si furono calmate, il dottor Gregor fece un viaggio in

Europa che, per quanto breve, era destinato ad avere enorme importanza per la sua vita futura. Innanzitutto perch gli permise di controllare personalmente lo stato della sua sicurezza, misurando con i propri occhi fino a che punto fosse davvero in salvo o ancora in pericolo, e in secondo luogo perch doveva sistemare questioni familiari in sospeso e cominciare a ricostruire l'avvenire. La situazione con Irene, la prima moglie, era ormai insostenibile: non solo lei non l'aveva seguito nell'esilio, ma voleva il divorzio. Se n'era andata da Gunzburg, aveva preso alloggio a Friburgo, il pi lontano possibile dal clan familiare, e i Mengele cominciavano a preoccuparsi per l'indipendenza dimostrata da quella donna che conosceva decisamente troppo bene le imprese del medico di Auschwitz. Bisognava darci un taglio definitivo: era stato il padre stesso di Mengele, Karl, a recarsi nel 1954 a Buenos Aires per discuterne personalmente con Josef e cercare una soluzione. Nel marzo del 1956, con tali prospettive e con in tasca il passaporto intestato a Helmut Gregor, Josef Mengele part dunque per la Svizzera. Il figlio Rolf, che ad anni di distanza, dopo la morte del padre, ne avrebbe parlato alla rivista Bunte, descrive un quadro preciso: Vidi mio padre per la prima volta in Svizzera, nel marzo del 1956 [...]. Trascorse due settimane in un hotel di montagna, per sciare. Era uno sciatore straordinario, aveva imparato cacciando in zone montagnose. Io avevo dodici anni e mi avevano detto che quel signore tanto cordiale era mio zio; ci misi tre anni a capire che si trattava di mio padre. La mia famiglia ha sempre saputo dov'era. Karl, mio nonno, and addirittura a trovarlo in Argentina, come anche l'avvocato Seldmeier, suo amico d'infanzia e dipendente della ditta paterna, che non so quante volte si mise in viaggio per parlargli, ovunque si trovasse. Ma a parte l'incontro con il proprio padre e con il figlio, il viaggio in Svizzera per Mengele ebbe anche la finalit di combinare un secondo matrimonio destinato a consolidare gli interessi economici della famiglia. In Svizzera infatti conobbe Martha Maria Will, vedova di suo fratello Karl, che evidentemente aveva una forte predilezione per gli uomini del clan di Gnzburg; terminate le vacanze sulla neve la port via con s a Buenos Aires. Visto a posteriori, questo incontro sigill ulteriormente la rete di sicurezza che il medico si stava costruendo attorno, oltre a tenere la signora Will all'interno del clan familiare. Mengele torn in Argentina da solo e qualche settimana dopo fu raggiunto da Martha e dal figlio Karl, frutto del primo matrimonio con il fratello. Nei primi tempi vissero dai Malbranc, nel quartiere di Florida, e il 25 luglio 1956 si sposarono presso il municipio di Nueva Helvecia, in Uruguay, a pochi chilometri da Colonia. I testimoni furono due tedeschi fatti venire appositamente da Montevideo, e l'impiegata che stese il certificato di nozze era una discendente di svizzeri. Martha Will e Josef Mengele arrivarono sul posto separatamente, lui in compagnia di un avvocato di Buenos Aires. Molto tempo dopo la signora lice Bernatzky, impiegata al registro, avrebbe ricordato che il contraente non

parlava spagnolo, ma aveva tutti i documenti in regola; dopo la cerimonia, quindi, fu possibile affiggere alla porta della pretura le pubblicazioni di nozze. Era solo una formalit, ma per la prima volta dall'inizio della fuga Josef Mengele aveva firmato tutti i documenti con il suo vero nome, cominciando a riappropriarsi della sua identit. Evidentemente, in questa fase Mengele iniziava a sentirsi sicuro e fiducioso, a lasciarsi alle spalle le preoccupazioni e lo spavento seguiti alla fine del peronismo che lo avevano spinto a trasferirsi temporaneamente in Paraguay. Dopo il matrimonio a Nueva Helvecia firm altri documenti con il suo vero nome, si lasci fotografare, semin tracce, facilitando senza saperlo il compito dei suoi inseguitori. La prova pi clamorosa del fatto che cominciava a sentirsi pi sicuro risale al 27 novembre 1956 quando, riprendendo un comportamento assai comune fra i nazisti in esilio, Mengele abbandon definitivamente lo pseudonimo di dottor Gregor che lo aveva protetto fino a quel momento e riprese la sua vera identit. Hans Seldmeier arriv da Gnzburg appositamente per assisterlo nello svolgimento della pratica. Il clan familiare non l'abbandonava, e avrebbe continuato a sostenerlo ancora per molto tempo. Se il matrimonio contratto a Nueva Helvecia con il suo vero nome era stato il primo passo e la riappropriazione dell'identit il secondo, il terzo ebbe luogo il 28 agosto 1958, quando Mengele costitu una societ insieme a due vecchi conoscenti, Heinz Truppel e Ernesto Timmermann, con i quali aveva frequentato i laboratori Wonder, e a una terza persona non identificata: nasceva il laboratorio Fadro Farm. La signora Yugonsky de Haverich, gi dipendente al Wonder e passata poi alla nuova societ, ricorda cos la ricomparsa del medico nella sua vita: Un giorno [Mengele] capit all'improvviso nei nostri uffici di calle Azcunaga. Era cambiato. Era pi grasso e pi rilassato, come se fosse pi felice. Ci raccont delle sue nozze con Martha Will e disse che aveva comprato una casetta in Vicente Lopez, dove viveva con lei e con il figlio Karl. Mi avvicinai per salutarlo: Dottor Gregor, quanto tempo... gli dissi. Ma lui mi guard fisso e rispose: No, sono di nuovo Jos Mengele. E come spiegazione aggiunse solo che per ragioni politiche aveva ripreso il suo vero nome. Aveva ricevuto dei soldi dalla Germania ed economicamente stava molto bene. Veniva a trovarci quasi tutti i giorni. Gli piaceva trascorrere qualche ora nella biblioteca del laboratorio, un grande studio con poltrone di pelle marrone. Si sedeva sempre allo stesso posto, e ripeteva che quella era la sua poltrona. Ma la situazione economica del laboratorio non era buona. Da mesi ormai non prendevamo lo stipendio, non si riusciva a coprire le spese e a pagare i quattro impiegati. Fu allora che lui ci offr cinquantamila marchi per entrare nella nuova societ. L'offerta fu accettata, e Mengele divenne socio della Fadro Farm. Arrivava sempre prima di tutti, alle nove del mattino, e si fermava fin dopo le sette

di sera. Si preparava un'enorme caraffa di caff, ne beveva sempre tantissimo, leggeva il quotidiano La Nacin e la rivista tedesca Stern. Era molto goloso, adorava il cioccolato e ci raccontava sempre dei dolci che preparava a casa. La casa in cui Mengele viveva con la sua nuova famiglia si trovava in una via chiusa vicino a delle forre, in calle Virrey Vrtiz, a Vicente Lpez. Lasciata la casa dei Malbranc aveva voluto restare nella zona nord di Buenos Aires, dove aveva comprato un villino a due piani con giardino e piscina da Helga Ernestina Alicia Dohrn de Brandes, la quale formalmente l'aveva venduta alla ditta Karl Mengele und Sohne tramite una procura concessa in localit Gnzburg, Germania, alla Compaa Argentina de Fiscalizaciones y Mandatos CADEFIMA. Il rappresentante di CADEFIMA che appare sul documento di compravendita il notaio Carlos Niebhur, domiciliato in calle Reconquista 336, Buenos Aires. Questo Niebhur non era esattamente uno sconosciuto per la comunit nazista argentina: a partire dagli anni Quaranta aveva fatto parte del direttivo della Bayer, della Schering e di altre diciotto societ di capitali tedeschi, fra cui imprese come l'azienda chimica Merck, il Laboratorio chimico biologico, Springer Moller e Kasdorf. Era stato inoltre curatore delle societ Sedalana, Prodotti Roche, Osram e Marittima Stinners: tutte ditte fiorenti durante la guerra e sospettate di aver finanziato le attivit del controspionaggio nazista. Il destino volle che il giorno seguente all'acquisto della casa di calle Virrey Vrtiz, che per Mengele assumeva il senso di uno stabilirsi forse definitivo, un comitato internazionale di sopravvissuti ai campi di concentramento riunito ad Auschwitz lo accusasse formalmente del crimine di genocidio: lo scandalo seguito alla denuncia ebbe un impatto brutale e decisivo sulla tranquillit del profugo. Le accuse dei sopravvissuti, che con il tempo avrebbero ottenuto status legale e motivato la richiesta di estradizione, descrivevano nei minimi particolari le responsabilit del medico nella morte violenta di quattrocentomila prigionieri ebrei del campo di concentramento di Auschwitz. Per la prima volta il mondo veniva a sapere che era stato Mengele ad accogliere personalmente le sue vittime all'arrivo dei treni e, sorridente, per ore e ore, a selezionare i deportati raggruppandoli in due file: una formata da uomini, donne e bambini destinati immediatamente alle camere a gas, l'altra composta dai meno fortunati, se cos possiamo dire, che lui stesso aveva scelto per i suoi esperimenti. Venivano alla luce alcuni dei metodi che aveva utilizzato nel suo lavoro di carnefice: ammazzare bambini piccoli sotto gli occhi delle madri oppure sfinire donne giovani e perfettamente sane estraendo loro grandi quantit di sangue. Faceva uccidere i prigionieri sciancati o deformi, storpi o con problemi di crescita, poi ne inceneriva i tessuti muscolari e mandava gli scheletri al Museo di Antropologia di

Berlino come prova definitiva della degenerazione delle razze non ariane. La sua ossessione, questo il racconto dei sopravvissuti che lo accusavano, era scoprire il segreto che avrebbe permesso alle donne tedesche di partorire pi gemelli, per dare pi soldati al Reich e riprodurre la specie perfetta. Nel momento in cui tali accuse divennero pubbliche le reazioni non si fecero attendere: la prima ebbe come protagonisti i membri del consiglio accademico della Goethe Universitt di Francoforte, che annullarono immediatamente la laurea in medicina dell'accusato, decisione che fu subito contestata. Il 29 settembre 1958, infatti, saputo della disposizione, Mengele fece causa all'universit. La pratica fu avviata tramite una procura che il medico firm a Buenos Aires a sua moglie Martha Will affinch potesse agire legalmente in suo nome. Il documento fu sottoscritto davanti al notaio Jorge H. Guerrico e inserito nel Registro dei contratti pubblici n. 187 di calle Bartolom Mitre 430, con la seguente annotazione: Exp. 419/420/421 TE 33, Av 6671. Testimoni dell'atto furono i cittadini argentini Guillermo Pea e Carlos N. Port. Il reclamo per non ebbe successo e l'anno dopo, il 30 settembre 1959, il governo tedesco chiese formalmente all'Argentina l'estradizione dell'Angelo della Morte. La domanda si basava sulle accuse formulate dai sopravvissuti di Auschwitz ed era stata emessa da un tribunale di prima istanza di Friburgo. Josef Mengele era stato scoperto, e ormai gli erano addosso. Le procedure dell'estradizione, come tutti sanno spesso destinate al fallimento, si andarono pian piano trasformando in un groviglio di burocrazia amministrativa e lentezza giudiziaria, cosa che poteva solo favorire la situazione di Mengele. Costellano tutta la pratica errori nell'indirizzo del ricercato, vizi di forma e dichiarazioni assurde, alcuni dei quali sarebbero entrati nella storia: il 17 novembre di quell'anno, cinquanta giorni dopo la prima richiesta, il procuratore generale dello stato, Ramn Lascano, chiese al governo tedesco una copia delle disposizioni legali applicabili ai fatti in accusa vigenti all'epoca in cui tali fatti furono commessi. In altre parole, il governo argentino voleva assicurarsi che la selezione dei prigionieri di guerra per eseguire su di loro esperimenti scientifici, l'assassinio dei detenuti e la manipolazione genetica delle vittime in omaggio alla purezza razziale fossero veramente dei delitti. La Germania si prese tutto il tempo per rispondere, e lo fece solo all'inizio di giugno del 1960. Entro la fine del mese il governo di Buenos Aires diede corso alla richiesta di estradizione, e cominci il capitolo dei giudici. Siccome l'indirizzo di Josef Mengele cos come appariva sulla richiesta della Germania era calle Vrtiz n. 968, Olivos, la pratica fu inviata al tribunale federale di prima istanza di San Martin, quello che aveva giurisdizione sulla zona, diretto dal giudice Ral Horacio

Ros Centeno. Il magistrato la ricevette il 29 giugno 1960, e il giorno successivo si dichiar incompetente per ragioni di turno. E l'unica cosa che accadde davvero in fretta in tutta la causa, perch a partire da allora la vicenda avrebbe sempre pi assunto i tratti di un romanzo kafkiano. A causa della non competenza di Ros Centeno, la pratica Mengele pass nelle mani del dottor Jorge Luque, sul cui tavolo sarebbe rimasta fino a quando il magistrato non and in pensione. La mancanza di fretta del giudice Luque fece cadere i documenti in un buco nero dal quale era sempre pi difficile venir fuori. Nell'agosto del 1960, con elegante e diplomatica insofferenza, il governo tedesco inform la cancelleria di Buenos Aires che Mengele poteva essere fuggito in Cile o in Brasile, chiese alcune precisazioni sui suoi documenti argentini e sull'identit con cui il medico era entrato nel paese e avanz il sospetto che potesse aver cambiato di nuovo nome. Qualche giorno dopo la polizia federale rispondeva con i dati relativi al passaporto della Croce Rossa di Mengele, alla carta d'identit a nome Helmut Gregor e alle false generalit che essa stessa aveva gi dichiarato essere vere. E aggiungeva che alla fine del 1956 l'uomo aveva fatto una rettificazione d'identit e ottenuto un nuovo documento con il suo vero nome. Ma la corrispondenza fra le due cancellerie non certo un esempio di scambio equo: la Germania forniva informazioni, l'Argentina accumulava dilazioni. Fra i dati spediti dal governo di Bonn ci sono i nomi delle due mogli di Mengele, Irene Schonbein e Martha Maria Will, e l'assicurazione che il figlio di quest'ultima, Karl, viveva assieme alla madre al 1074 di calle 5 de Julio, a Vicente Lopez. Il 4 maggio 1961, vale a dire pi di dieci mesi dopo aver ricevuto la pratica, il giudice Luque informa la cancelleria che nei tempi prescritti si ordinato di catturare il sovraccitato Mengele alla polizia federale e per suo tramite a tutte le delegazioni di quella ripartizione e alla polizia di questa provincia (Buenos Aires), pur non essendosi ottenuto fino a oggi alcun risultato. La notifica del magistrato, disadorna e avara di dettagli, non era stata nemmeno spontanea e di sua iniziativa, bens emessa su richiesta delle autorit. Il 30 maggio 1961 un'altra richiesta dell'ambasciata tedesca and a interferire con l'abulia del giudice Luque: questa volta il governo di Bonn voleva una copia della scheda dattiloscopica di Mengele, sempre al fine di facilitarne la cattura. La Germania sapeva che l'Argentina era in possesso delle sue impronte: in uno dei pochi tentativi effettuati per catturare Mengele si era rivolta all'uomo sbagliato e l'aveva poi scartato proprio grazie al confronto delle impronte digitali. Alla fine di marzo del 1961 la polizia della provincia di Buenos Aires aveva arrestato nella citt di Coronel Surez un uomo di nome Lothar Hermann. La storia di questo

Hermann, identico a Josef Mengele, un capitolo ancora oscuro nella saga dei nazisti in Argentina. Cieco, nato in Israele, proprietario di una presunta agenzia d'informazioni internazionali, seppur indignato per lo scambio di persona non poteva certo considerarsi totalmente estraneo a vicende che riguardavano i nazisti: nel 1956 era infatti stato il primo a denunciare il recapito di Eichmann in Argentina. Ma tornando alla richiesta dei tedeschi, che volevano una copia della scheda dattiloscopica di Mengele, la pratica si trascin fino alla fine del 1961, andando a ingrossare il fascicolo relativo con un ulteriore fardello burocratico. Il 15 dicembre di quell'anno, finalmente, il giudice riusc a farsi dare il formulario su cui Mengele aveva lasciato le proprie impronte digitali e lo invi alla cancelleria, che a sua volta lo sped alle autorit tedesche. Come qualsiasi osservatore potr notare, se fra magistratura, polizia e governo argentino c'era voluto un anno per trovare una scheda dattiloscopica, le possibilit di arrivare alla cattura effettiva di Josef Mengele non potevano essere molte. A partire da questo momento la pratica per la richiesta di estradizione di Mengele si insabbi pian piano, mentre l'Angelo della Morte pot allontanarsi dal paese, sano e salvo. Ma intanto era accaduto qualcosa. Nel febbraio del 1960 un commando dei servizi segreti israeliani sbarcato a Buenos Aires stava per accendere la miccia di un incidente diplomatico di proporzioni colossali, ma stava anche per scrivere un'importante pagina di Storia. I suoi membri erano arrivati nella pi rigorosa clandestinit, nascosti dal manto della notte, l'avanguardia operativa di una missione che li aveva portati sulle tracce di uno dei peggiori criminali di guerra ancora in esilio. L'uomo che stavano tallonando si chiamava Adolf Eichmann, e fin da piccolo aveva avuto un destino premonitore: pur essendo di Solingen, in Germania, aveva traslocato giovanissimo insieme ai genitori nella zona di Linz, nell'Alta Austria, e si era iscritto a una scuola dove aveva avuto come insegnante il Maestro di Storia in persona, Adolf Hitler. Nel 1931 aveva preso la tessera del Partito nazionalsocialista e un anno dopo, nel 1932, era entrato nelle SS. A questo punto aveva dedicato quattro anni alla sua specializzazione in ebraismo, alla fine dei quali leggeva e traduceva perfettamente l'ebraico, parlava e comprendeva l'yiddish. Nel 1938, ancora in Austria, aveva ricevuto dal Partito l'incarico di organizzare la Sezione affari ebraici. Da funzionario zelante qual era, un anno dopo aveva avuto talmente tanto successo che l'avevano trasferito nel protettorato della Boemia-Moravia per replicare l'esperienza. Per Eichmann, il concetto di organizzare gli affari ebraici aveva un senso inequivocabile: sterminare gli ebrei.

Il biennio 1941-1942, quando gi ostentava le spalline da colonnello, si era poi rivelato quantomai proficuo per la messa in atto dei suoi piani. Grazie ai suoi ordini, che venivano diramati ed eseguiti in tutta l'Europa occupata, avevano avuto inizio gli arresti collettivi, la segregazione nei ghetti, le deportazioni e il confino in campi di concentramento dove i prigionieri venivano assassinati in massa. Era stato Eichmann a proibire le nascite nei campi, ordinando di interrompere tutte le gravidanze con aborti provocati. Quelli che eseguivano i suoi ordini erano chiamati gruppi d'operazione, erano alle dipendenze dell'Ufficio centrale per la sicurezza del Reich e agivano su tutto il territorio europeo, nonch nelle zone occupate dell'Unione Sovietica. Eichmann era stato dunque uno dei principali responsabili della cosiddetta soluzione finale del problema ebraico, metafora con cui ci si riferiva all'organizzazione sistematica che avrebbe causato la morte di sei milioni di persone - operazione ispirata e giustificata dalle leggi razziali emanate negli anni Trenta a Norimberga: zingari ed ebrei erano considerati esseri inferiori, privi di qualsiasi diritto. Al termine della guerra Eichmann era caduto prigioniero degli americani, che per ignoravano il suo vero nome. Si faceva chiamare Eckmann, e cosi era vissuto relativamente al sicuro in un campo di detenzione finch la sua vera identit non aveva cominciato a emergere dagli interrogatori di altri detenuti. Non appena gli Alleati avevano cominciato a interessarsi a lui, Eichmann era scappato dal campo e nel 1950, dopo essere rimasto nascosto per un certo tempo nei dintorni di Amburgo lavorando come boscaiolo, era arrivato a Genova con un nome nuovo, fresco di stampa, Ricardo Klement, e inoltre poteva esibire documenti che comprovavano le sue generalit. Il 15 luglio 1950 era arrivato a Buenos Aires a bordo della nave italiana Giovanni C. Aveva viaggiato in seconda classe, grazie a un passaporto della Croce Rossa Internazionale regolarmente vistato dal console argentino di Genova. Non appena ricevute le prime informazioni sul suo recapito, l'intelligence israeliana aveva cominciato a tallonarlo da vicino. Nel dicembre del 1959, grazie a fonti che ancora oggi non sono state rivelate, gli agenti segreti ne sapevano ormai abbastanza su come il loro uomo era riuscito a scappare dall'Europa. Stando a ci che ha scritto nelle sue memorie l'allora capo dei servizi segreti israeliani, Isser Harel, subito dopo la fine della guerra Eichmann si era nascosto in un monastero tedesco gestito da monaci cattolici croati. Poi, nel 1950, aveva fatto visita alla moglie in Austria, e nello stesso anno aveva ottenuto i documenti falsi.

Da Genova aveva raggiunto l'Argentina via mare; nella guida telefonica di Buenos Aires del 1952 figura un tale Ricardo Klement. A partire da questi elementi, messi pazientemente insieme dagli agenti segreti, per gli israeliani divenne prioritaria la formazione di una squadra che potesse portare avanti l'indagine nel paese sudamericano; e un fatto nuovo li spinse ad accelerare i tempi. Stando a quanto racconta Harel nelle sue memorie sull'operazione, intitolate La casa de la calle Garibaldi, la decisione di mandare degli agenti in Argentina, nonostante i rischi, fu presa in seguito alla denuncia di due nuovi informatori secondo i quali si trovava nel paese anche il medico di Auschwitz, il dottor Josef Mengele, responsabile di atroci esperimenti medici con cavie umane e della selezione delle vittime destinate ai forni crematori. La prima squadra giunse nel 1960, all'inizio di febbraio. Era composta da tre agenti, ai quali, a Buenos Aires, si unirono altri due uomini e una donna. Erano arrivati in Argentina separatamente, abitavano in case diverse e si incontravano solo con mille precauzioni. La loro missione era quella di verificare i pochi dati concreti che avevano in mano e, se fosse stato possibile, identificare al di l di ogni dubbio Eichmann-Klement. Ma il loro compito cominci sotto cattivi auspici, e il primo tentativo si risolse in un fiasco: l'uccellino era volato via. Per ragioni mai ricostruite, ma sicuramente indipendenti dall'operazione, Adolf Eichmann e la sua famiglia avevano abbandonato la casa che avevano occupato fino ad allora al 4261 di calle Chacabuco, a Olivos. Dopo un primo momento di sconcerto, con pazienza e un enorme lavoro di indagine la squadra israeliana ritrov la pista: uno dei figli del criminale, Dieter, lavorava ancora in un'officina meccanica del quartiere. Gli agenti poterono seguirlo simulando l'invio di un falso regalo per il fratello Klaus, e il ragazzo, che non si accorse di niente, li condusse al nuovo domicilio della famiglia: una casa fra calle Garibaldi e la Ruta Nacional 202, alla periferia di San Fernando, nella zona nord della capitale. Quando, dopo qualche discreta indagine presso l'ufficio postale della zona, ebbero verificato che la casa era intestata alla signora Veronika Liebl, la moglie di Eichmann, gli agenti furono certi che il cerchio si stava stringendo. Vigilavano sulla nuova casa, una costruzione modesta, non intonacata, a orari sempre diversi del giorno e della notte, utilizzando diverse auto a noleggio. Poco a poco, i sei membri della squadra presero appunti dettagliati sulle abitudini dei suoi abitanti e sui loro orari, registrando al contempo le caratteristiche fisiche del luogo. Il 20 marzo 1960 la pazienza e l'osservazione ricevettero un premio insperato: per i Klement era un giorno di festa. Le sentinelle avvertirono gli altri agenti che l'uomo aveva

regalato alla moglie un mazzo di fiori, i ragazzi si erano messi il vestito buono e la tavola era stata preparata con grande cura. Per gli agenti israeliani fu come se l'uomo avesse firmato un documento con il suo vero nome: il 20 marzo 1960, infatti, ricorrevano i venticinque anni del matrimonio di Adolf Eichmann con Veronika Liebl, nozze celebrate in Austria nel 1935. La festa dissip ogni dubbio residuo sulle vere generalit di Ricardo Klement: raggiunta questa certezza, non appena una seconda squadra dei servizi segreti israeliani arriv a Buenos Aires, la prima torn in patria senza lasciar traccia di s. Aveva fatto un buon lavoro, che comprendeva lo scatto di numerose fotografie di Eichmann, della sua casa e della sua famiglia, tutte effettuate senza che nessuno se ne accorgesse. Il nuovo gruppo di lavoro era composto da Gabi Eldad (comandante), Ehud Revivi (vicecomandante e capo del gruppo d'azione), Menashe Talmi (capo del gruppo d'azione), Yosef Kenet (incorporato alla squadra per interrogare il prigioniero), Ezra Eshet (coordinatore delle questioni organizzative), Zev Keren (tecnico), Shalom Dani (esperto in documenti falsi), Eli Yuval (esperto in camuffamenti e trucco, scelto per essere il primo ad afferrare Eichmann per via della sua forza fsica), Yitzhak Nesher (membro del gruppo d'azione), Dina Ron (che sarebbe rimasta con il detenuto nella casa in cui l'avrebbero alloggiato) e da un medico che aveva il compito di mantenere sedato il prigioniero nelle varie fasi dell'operazione. Il momento di passare all'azione si avvicinava rapidamente. All'inizio di maggio, poco prima di raggiungere lui stesso Buenos Aires, Isser Harel aveva risolto il problema di come trasportare il criminale, una volta catturato, fino al porto sicuro di Gerusalemme. Il capo dei servizi segreti aveva optato per un aereo Britannia delle linee aeree El-Al che avrebbe portato nella capitale argentina una delegazione israeliana in occasione dei festeggiamenti per i 150 anni della rivoluzione di Maggio. Harel aveva previsto anche un'alternativa: un cargo della stessa nazionalit sarebbe rimasto ormeggiato ai moli del porto con tutti gli uomini in stato d'allerta. Anche se non ne erano consapevoli, i membri dell'equipaggio dell'aereo e del cargo avevano una caratteristica comune che rafforzava la loro lealt e il loro impegno nell'operazione: erano tutti sopravvissuti ai campi di concentramento o familiari diretti di vittime di Adolf Eichmann. Mercoled 11 maggio 1960, il giorno scelto per la cattura, un bilancio virtuale dell'operazione sembrava farne la manovra pi azzardata mai realizzata al mondo. Sessantaquattro membri delle forze speciali israeliane stavano lavorando clandestinamente nel paese e in quel momento avevano in affitto sette case, utilizzate come alloggio, che potevano essere convertite in luogo di detenzione del prigioniero in territorio argentino; avevano noleggiato e restituito una ventina di automobili in diverse agenzie; avevano installato 19 uomini nella citt di Buenos Aires e dintorni, pi una

squadra d'appoggio a Montevideo, in Uruguay; l'operazione era pianificata nei minimi dettagli. Cinque minuti dopo le otto di sera, come innumerevoli volte nei giorni precedenti, Ricardo Klement scese dall'autobus che lo riportava a casa dal lavoro presso la fabbrica Mercedes Benz di Gonzlez Catn, ditta nella quale aveva fatto il suo ingresso il 20 marzo 1959. Sicuramente non attirarono la sua attenzione le due automobili parcheggiate, a una cinquantina di metri l'una dall'altra, a un isolato di distanza dalla sua abitazione. L'uomo stava camminando lungo la Ruta Nacional 202 verso i binari della ferrovia, sovrappensiero, quando tutto il peso della Storia gli cadde addosso. Il racconto che Isser Harel far di quel momento nelle sue memorie ha la suspence di un buon copione cinematografico. Gli uomini della prima auto avevano quasi perso la speranza. Videro passare un autobus, ma pensarono che non sarebbe successo niente. E invece ecco che, all'improvviso, Kenet vide una persona camminare lungo il bordo della statale. Ma era troppo scuro per distinguere chi fosse. Qualcuno si sta avvicinando, disse a Gabi. Ma non riesco a vedere chi . Qualche secondo pi tardi, in un sussurro che gli parve un grido, esclam: lui!. Gabi sent il cuore battere all'impazzata. Gett frettolosamente un'occhiata ai suoi uomini per controllare che tutto fosse a posto. Eli riconobbe immediatamente la figura che si avvicinava, ma Gabi volle aspettare altri quindici secondi. Nel frattempo, Klement aveva voltato l'angolo di calle Garibaldi. Kenet sussurr all'orecchio di Gabi: Ha la mano in tasca... possibile che sia armato. Lo dico a Eli?. S, diglielo, rispose Gabi. Eli, sussurr Kenet, sta' attento, potrebbe essere armato. Ha una mano in tasca. Ormai Klement era giunto all'altezza dell'automobile. Scusi, disse Eli, e gli salt addosso. Preso dal panico, Klement fece un passo indietro. Nelle esercitazioni pratiche Eli aveva imparato a utilizzare la cosiddetta presa della sentinella, che consiste nell'afferrare l'avversario da dietro e trascinarlo di spalle; ma

l'avvertimento di Kenet sul fatto che Eichmann poteva essere armato lo costrinse a cambiare tattica. Si tuff sul suo uomo per gettarlo a terra, ma siccome Klement aveva fatto un passo indietro caddero entrambi. Mentre cadeva il tedesco lanci un grido terribile, come un animale selvaggio preso in trappola. Zev gir rapidamente attorno all'auto e lo afferr per le gambe. Klement giaceva sull'asfalto, come paralizzato. Anche Gabi, nel frattempo, si vide costretto a cambiare tattica in corso d'opera. Scese dall'automobile, afferr una mano di Klement e prese a trascinarlo verso l'interno del veicolo, mentre Eli e Zev lo spingevano nella stessa direzione. In pochi secondi i quattro Gabi, Eli, Zev e Klement - si ritrovarono schiacciati uno contro l'altro sul sedile posteriore dell'auto. Zev pass sul sedile davanti scavalcando lo schienale. Kenet chiuse la portiera, sal e mise in moto. L'azione era durata in tutto meno di un minuto. Una volta portata a termine la cattura, seguendo un percorso gi stabilito preventivamente e lungo il quale erano distribuiti altri gruppi d'appoggio, le due auto condussero il prigioniero in una delle case sicure, nome in codice Tira. Qui l'uomo, che aveva cominciato a intuire cosa stava accadendo, fu interrogato da Yosef Kenet. La versione ufficiale di questo interrogatorio, riportata in La casa de la calle Garibaldi, la seguente: Con l'elenco dei dati personali di Eichmann davanti a s, Kenet cominci a rivolgere al prigioniero una serie di domande. Qual la sua misura di cappello? Sei e sette ottavi, rispose l'altro. E la taglia dei vestiti? Quarantaquattro. Il numero di scarpe? Nove. E qual il numero della sua tessera di affiliazione al Partito nazionalsocialista? 889.995, fu la pronta risposta. Quando arrivato in Argentina?

Nel 1950. Come si chiama? Ricardo Klement. Le cicatrici che ha sul torso sono dovute a un incidente accaduto durante la guerra? S rispose Klement, cominciando a tremare. Qual il suo vero nome? Otto Heninger, rispose il prigioniero, come se qualcuno lo avesse costretto. I suoi numeri nelle SS erano 45.326 e 63.752? S. Allora mi dica come si chiama! gli ordin Kenet. Mi chiamo Adolf Eichmann... Posso rivelare ora, ha ammesso nel 1967 il leggendario Simon Wiesenthal, che se all'inizio del 1960 l'Argentina avesse concesso l'estradizione di Mengele il rapimento di Eichmann non avrebbe avuto luogo. Con il passare degli anni i rapporti fra i due criminali di guerra si erano andati rafforzando attraverso terze persone che li tenevano in contatto, e nei momenti iniziali della pianificazione del sequestro di Eichmann gli israeliani avevano avuto nel mirino anche l'Angelo della Morte. Scrive Isser Harel: Nei giorni febbrili che precedettero la mia partenza da Israele avevo riesaminato tutti i materiali d'archivio corrispondenti ai criminali di guerra che, a quanto si credeva, erano scappati in Sudamerica. Mi ero concentrato soprattutto sulla documentazione relativa a Josef Mengele, il medico di Auschwitz, la cui spaventosa crudelt era stata descritta da tutti i sopravvissuti di quel campo di sterminio [...]. Le nostre informazioni non erano mai state confermate, ma indicavano che all'epoca Mengele viveva - o aveva vissuto in un passato recente - in Argentina, e precisamente in un quartiere di Buenos Aires. In un primo momento avevo deciso che, se si fosse presentata l'occasione, avremmo cercato di localizzare anche quel macellaio. Una volta assicuratosi l'obiettivo principale, cio non appena Eichmann fu saldamente in mano loro e in procinto di salpare per Gerusalemme, il commando israeliano prov a catturare il medico di Auschwitz. Gli uomini dei servizi segreti volevano anche il secondo

premio, ora che il primo era assicurato. Alle domande che i secondini gli fecero su Mengele, Eichmann rispose evasivamente. Non negava di averlo conosciuto, ma non voleva dare informazioni precise e compromettersi. Secondo quanto raccont il capo del gruppo, temeva, disse, che potesse succedere qualcosa a sua moglie e ai suoi figli. Non capivamo cosa volesse farci intendere con tale affermazione. Temeva che, se avesse tradito Mengele, qualcuno si sarebbe vendicato sulla sua famiglia? O temeva che non sarebbe rimasto nessuno a mantenerla economicamente? Dissi a Kenet di promettere a Eichmann che se ci avesse dato l'indirizzo di Mengele ci saremmo fatti carico noi del mantenimento dei suoi. Ma tutte le nostre pressioni e promesse furono vane. Ciononostante, verso la fine dell'interrogatorio Eichmann forn una pista concreta: disse che Mengele era stato a Buenos Aires fino a poco tempo prima, e che aveva abitato presso la pensione della famiglia Jurgmann, a Vicente Lopez. Gli israeliani non lo sapevano, ma l'informazione non era aggiornata: il medico di Auschwitz infatti aveva abitato nella pensione di calle Arenales 2460 solo fra il 1950 e il 1952, cio otto anni prima, per poi traslocare in molte altre abitazioni. La vera domanda che allora nessuno si pose nessuno ebbe l'impressione che l'informazione fosse fasulla : Eichmann stava ingannando volutamente gli agenti per salvare Mengele, o pi semplicemente aveva perso da anni i contatti con lui? Per Isser Harel la tentazione era davvero forte. Trov sulla mappa la pensione Jurgmann, cerc il modo di infiltrarsi al suo interno, ma all'ultimo momento fu costretto a rinunciare: non era possibile risolvere le difficolt operative che si presentavano, aveva poco tempo, pochi soldi, pochi uomini, e quei pochi disponibili erano uomini d'azione che non avevano l'esperienza necessaria per affrontare un lavoro di avvicinamento. Ma quello che nessuno sapeva era che ormai l'Angelo della Morte non poteva pi essere catturato. Questa storia presenta un ulteriore risvolto: alcuni ricercatori lo considerano pertinente, ma offre pi dubbi che certezze. Si tratta del presunto omicidio, avvenuto a Bariloche. di un'agente israeliana che stava seguendo Josef Mengele. Nurit Eldoc era una giovane polacca sopravvissuta ad Auschwitz e stabilitasi in Argentina che, alla fine del 1959, lavorava presso lo studio legale del dottor Jos Moskovitz, nel quartiere ebraico di Buenos Aires. L'awocato, presidente dell'Associazione sopravvissuti dei campi di concentramento, era amico personale di Simon Wiesenthal e qualche anno dopo avrebbe collaborato con lui per rintracciare a La Piata Josef Schwammberger, un altro criminale di guerra rifugiatosi nel paese.

Moskovitz sapeva che Nurit Eldoc era stata reclutata dai servizi segreti israeliani nel 1958, all'et di quarantasette anni, che aveva un passaporto diplomatico israeliano (numero 160.937) e che come membro dei servizi segreti all'inizio del 1960 era stata coinvolta nella fase preoperativa della cattura di Eichmann. Secondo il racconto di Jos Moskovitz e di altri che concordano con lui, la missione principale affidata alla donna era quella di non perdere di vista Josef Mengele: se la richiesta di estradizione avesse avuto esito negativo, lo si sarebbe potuto caricare sullo stesso aereo che avrebbe portato in Israele Adolf Eichmann. Sempre secondo l'avvocato, nei primi giorni di febbraio del 1960 Nurit Eldoc si era recata a Bariloche per seguire le tracce del medico di Auschwitz, gi avvisato della procedura di estradizione avviata contro di lui: qui per la donna era stata scoperta e assassinata. Secondo la versione di Wiesenthal, raccontata nel libro Gli assassini sono tra noi, la vicenda assume tratti quasi romantici. A Bariloche accadde un misterioso incidente. Non posso citare la fonte delle mie informazioni, ma posso garantire della loro autenticit. Fra i turisti che quel giorno erano a Bariloche c'era anche la signorina Nurit Eldoc, israeliana, in visita alla madre con la quale era stata ad Auschwitz, dove la signorina stessa era stata sterilizzata dal dottor Mengele. Per puro caso si trov a passare qualche giorno a Bariloche proprio mentre vi si trovava anche quest'ultimo. Aveva quarantotto anni, era ancora attraente e aveva molti amici in quella citt. Una sera, durante un ballo organizzato da un albergo locale, all'improvviso si ritrov faccia a faccia con Mengele. Il rapporto della polizia non riferisce se lui la riconobbe (ad Auschwitz Mengele aveva trattato migliaia di donne), ma sicuramente riconobbe il numero che aveva tatuato sull'avambraccio sinistro. Per qualche secondo vittima e torturatore si guardarono in silenzio; pi tardi alcuni testimoni che assistettero alla scena dissero che non si scambiarono nemmeno una parola. La signorina Eldoc gli volt le spalle e usc dalla sala. Pochi giorni dopo non torn da un'escursione in montagna. Fu avvisata la polizia, e dopo varie settimane di ricerche il corpo maciullato della signorina Eldoc fu ritrovato in una profonda crepa del terreno. La polizia condusse solo indagini di routine e la morte fu attribuita a un incidente di montagna. Al di l delle licenze poetiche del cacciatore di nazisti, dal suo racconto si indovina che la fonte misteriosa potrebbe essere Moskovitz, il quale a sua volta potrebbe aver appreso tutta la storia dalla madre e dal fratello di Nurit Eldoc. Quel che Wiesenthal non dice, ma i familiari della vittima lo raccontarono all'avvocato, che l'incidente avvenne il 12 febbraio 1960 sul versante nord del Cerro Lopez. La madre di Nurit riconobbe il cadavere e port via i resti della figlia per seppellirli in un piccolo cimitero vicino a Bahia Bianca, dove giacciono tuttora.

In questa storia c' un elemento indubitabile, la morte della donna, ma un altro rimane tutto da verificare: la presenza di Josef Mengele a San Carlos de Bariloche nei primi mesi del 1960. Qual era la sua situazione in quel momento? Come abbiamo visto, nel febbraio di quell'anno la pratica di estradizione era gi molto avanzata; e se qualcuno lo avvis in tempo, come indicano numerosi elementi, plausibile che abbia cercato di fuggire. Alcuni giornali dell'epoca davano per certo che fosse scappato in Brasile o proprio a Bariloche, utilizzando vari nomi finti: Gregorio Grigori (deformazione dell'Helmut Gregor con cui era arrivato nel 1949) o Friedrich Edler von Breitenbach, fra gli altri. A ogni modo, se la storia di Nurit Eldoc fosse stata proprio questa, quel che non si capisce perch mai Mengele dovesse scappare verso l'interno di un paese in cui era perseguitato da un mandato di cattura, invece di andare in un'altra nazione in cui sentirsi pi sicuro. Un altro elemento che offusca la Credibilit dell' affaire Eldoc che l'operazione che sarebbe culminata con la cattura di Adolf Eichmann - e della quale si presume facesse parte la donna - era ormai entrata in una fase molto delicata: la perdita di uno dei suoi membri avrebbe significato un gravissimo rischio per tutti gli altri, tale da far abortire l'intera manovra. Questa presunta e misteriosa agente israeliana menzionata un paio di volte nel fascicolo su Josef Mengele della Segreteria informazioni di stato argentina, aperto al pubblico nel febbraio del 1992. Una delle due annotazioni, senza data, dice: Mengele, Jos. Dottore in medicina e filosofia. Av. Me Arthur, Asuncin, Paraguay. Aldot, Nora (concubina), alias Eddad Nurit, Virrey Ortiz 970, Buenos Aires. Alias Fritz Fischer, Walter Hasek, Karl Geuske, Helmut Gregor Gregori, dr.; Enrique Wollmann, Fausto Rindn, Jos Aspiazi, Lars Ballestroen, Ernest Sebastin Alvez, Friedrich Edler von Veintenbach. Nell'altra annotazione leggiamo: La sua concubina (di nome Nurit Eddat) ritenuta una probabile agente israeliana ed ex prigioniera di campo di concentramento. Deceduta in un incidente o assassinata. In questa storia si possono riscontrare altri elementi utili per analizzare l'incrociarsi della vita di Adolf Eichmann con quella di Josef Mengele durante gli anni dell'esilio in Argentina, nonch un ultimo contatto fra i due nazisti che ha dell'incredibile. Il 25 marzo 1961 il quotidiano E1 Clarin pubblica un'intervista effettuata il giorno prima e proveniente dal villaggio di Coronel Surez, provincia di Buenos Aires. La notizia

comincia con uno sfogo dell'intervistato, il quale dice: Non ho spiegazioni da dare rispetto alla mia vita precedente. Ragion per cui le parler solo di ci che accadde luned 21. E continua: Tremando di indignazione - mentre le sue agili dita di non vedente cercano il pacchetto di sigarette nel luogo in cui solito tenerlo -, l'uomo che per qualche ora stato Josef Mengele riceve i giornalisti del Clarin nella modesta cucina della sua casa al 241 di San Martin. Il 21, comincia Hermann Lothar, ricevetti la visita di due giornalisti stranieri e di un altro originario di Mar de la Piata. In un quaderno si annotato i loro nomi e quello del giornale per cui dissero di lavorare - ce lo mostra -, e la nota suggestivamente intitolata: I signori giornalisti che tirarono la falsa pietra del 21-3-61. Poi riprende a raccontare: La prima domanda dei giornalisti fu la seguente: Lei ha qualcosa a che vedere con Mengele? Risposi di no, che gestisco un'agenzia di informazioni internazionali. Che se lor signori avevano bisogno di informazioni su questo Mengele, ed erano disposti a pagarle, io gliele potevo trovare. Visibilmente nervoso al ricordo dell'episodio, Lothar prosegue: E quando dissi una cifra, i miei visitatori minacciarono di denunciarmi alla polizia se non avessi dato loro informazioni su Mengele o su Eichmann. Allora io li invitai ad andarsene e sporsi denuncia alla polizia, dove mi conoscono ormai da sei anni. Ma quel che avevano detto quei giornalisti arriv comunque all'orecchio del direttore di un quotidiano locale che lo pubblic, ragion per cui lo querelai per diffamazione e gli chiesi i danni. Con un profondo senso di amarezza nella voce, Lothar riprende: Io non ho mai avuto contatti con Eichmann. Nel 1974 sono rimasto cieco, e Eichmann arrivato nel 1951. D'altra parte sono ebreo, e se lo avessi conosciuto non avrei mancato di denunciarlo alla polizia. Non desidero n debbo chiarire nulla. Il mio nome e la mia azienda hanno buona fama. Posso solo dire che awier un procedimento giudiziario contro tutti gli autori di questa buffonata che tanto danno mi ha arrecato. Qui termina l'intervista. La cosa pi paradossale che Hermann Lothar nel febbraio del 1956, cinque anni prima di questo scambio di persona, aveva comunicato per primo alle autorit tedesche il recapito di Adolf Eichmann in Argentina. Durante la frustrante pratica della richiesta di estradizione di Mengele le autorit tedesche avevano chiesto pi volte e insistentemente ai colleghi argentini le schede dattiloscopiche di questo misterioso Hermann Lothar, ma non furono mai inviate. Il 16 giugno 1960, quasi un mese dopo la cattura di Eichmann, il governo argentino trov per l'ultima volta un vizio di forma nel mandato di cattura di Josef Mengele inviato dalla Germania; sei giorni dopo, quando ormai nessuno ci sperava pi, fini con il concedere l'estradizione, ma senza aver catturato il fuggiasco.

La notizia fu diffusa dal ministero degli Affari Esteri di Bonn, per di fatto tutto sarebbe andato avanti esattamente come prima. Perlomeno fino al 17 luglio, data in cui anche i giornali argentini pubblicarono la notizia della fuga. Nelle cronache si formulavano accuse contro la polizia federale e contro la cancelleria argentina per lo scarso impegno profuso nella ricerca del criminale. Un giornalista del quotidiano La Razn, per esempio, non us eufemismi e sotto il titolo Era ora! scrisse: La polizia federale ha diffuso nella giornata di ieri il seguente comunicato: Si ordina la cattura di Jos Mengele (prontuario numero 3.940.848, carta d'identit), figlio di Karl e di Walburga Hupfauer, nato il 16 marzo 1911 a Gunzburg, provincia di Baviera, Germania; sposato in seconde nozze con Martha Maria Will. Frequenta il numero 1974 di calle 5 de Julio a San Isidro, provincia di Buenos Aires, e ha abitato al 790 di Virrey V rtiz a Vicente Lopez, provincia di Buenos Aires. Causa 575, messa a registro dalla Repubblica federale di Germania, richiesta di estradizione di Josef Mengele, n. di registro 874 e 704 del giudice federale di San Martin, provincia di Buenos Aires, dottor Jorge Luque. Come tutti sanno, il signor Mengele si trova ormai da vari giorni a Rio de Janeiro. Come facevano i giornalisti a sapere cose che cancelleria e polizia federale sembravano ignorare? Sarebbero dovuti passare venticinque anni, ma alla fine la notizia data dai quotidiani sarebbe stata a grandi linee confermata: all'epoca Mengele era gi scappato e si trovava in Brasile, anche se non vi aveva ancora messo salde radici ed era in transito verso un'altra destinazione. Nei primi mesi del 1960, mentre il commando israeliano che avrebbe sequestrato Eichmann stringeva il cerchio attorno al criminale di Buenos Aires, la situazione di Mengele si era andata complicando. Da quasi un anno aveva rinunciato alla sua condizione di clandestino e il suo indirizzo di Vicente Lpez, nella zona nord della capitale, figurava sulla richiesta di estradizione che la Germania continuava a mandare periodicamente in Argentina. Nonostante i cavilli giuridici sembrassero in grado di rallentare indefinitamente la pratica, il medico aveva perso l'aura di inviolabilit e di segretezza che fino a quel momento l'aveva protetto, e per la prima volta in dodici anni era preoccupato. Gli era giunta notizia che persone sconosciute andavano in giro mostrando la sua foto e avevano chiesto di lui anche in casa degli Jurgenns, dove aveva abitato; ma il segnale d'allarme pi forte gli era risuonato alle orecchie verso la fine di maggio, quando qualcuno gli aveva detto che Eichmann era sparito. Non che prima di allora Mengele avesse dormito sugli allori della tranquillit. Viste le rogatorie diplomatiche con il suo nome, le sue impronte digitali e i suoi dati che andavano avanti e indietro fra la cancelleria di Bonn, quella di Buenos Aires e l'ufficio del giudice Luque, aveva gi preso delle precauzioni. La ristretta cerchia delle persone che

frequentava, i tedeschi residenti in Argentina, si era mossa insieme a lui e grazie a essa avrebbe ottenuto l'ultimo salvacondotto. Un documento, riesumato nel dicembre del 1985 dal giornalista Horacio Verbitsky, getta un fascio di luce sul rapporto indiretto che leg il medico di Auschwitz e il generale argentino Osiris Guillermo Villegas, un uomo che, anche se con gli anni sarebbe diventato un famoso teorico dell'ultradestra militare, nei primi anni Sessanta era ancora un ufficiale di basso profilo, per in ottimi rapporti con il vicepresidente Jos Maria Guido. Il paper, datato maggio 1964, allegato al fascicolo su Mengele in possesso del consolato generale tedesco a Buenos Aires, e porta la firma del dottor Orestes Frondizi. Vi si legge che dopo la cattura di Eichmann alcuni membri della colonia nazista chiesero a Villegas dei documenti d'identit che permettessero a Mengele di uscire dal paese. La catena di rapporti e contatti aveva ingranaggi ben oliati. Uno dei tanti ufficiali tedeschi che avevano trovato a Buenos Aires un porto sicuro, l'ex capitano della Wehrmacht Otto Kempe, apparteneva allo stesso circolo frequentato dal medico di Auschwitz. Viveva con la moglie Erika ad Acassuso, nella stessa zona di Mengele, e i tre si erano conosciuti a una qualche festa organizzata per la comunit da amici comuni. Nemmeno in esilio l'ex capitano Kempe aveva abbandonato la nostalgia per la sua vecchia professione, e aveva tra le sue amicizie pi intime ufficiali argentini che ascoltavano con piacere i suoi drammatici racconti di guerra sul fronte russo. Di tanto in tanto i Kempe davano ricevimenti anche a casa loro, e allora fra gli invitati c'era spesso il generale Osiris Villegas. Mengele e Kempe si erano conosciuti in Germania, ma fra loro c'era un nesso che rendeva ancora pi stretto il rapporto. Pur non avendo, personalmente, un passato particolarmente tenebroso, Hedwig Theresa Koppe usava quasi sempre il suo cognome materno, Ahrens, o si faceva chiamare signora Lohmann. Da quando era arrivata a Buenos Aires, nel 1952, aveva abitato nei quartieri settentrionali della citt, la stessa zona di Mengele, dove probabilmente l'aveva conosciuto. In un primo tempo aveva lavorato in uno studio legale della capitale federale, poi nella gestione della filiale della Schering, e infine nella sezione amministrativa della Mercedez Benz di Gonzlez Catn: la stessa impresa in cui aveva lavorato Adolf Eichmann. Entrambi i nomi usati dalla donna tradivano che fosse la sorella di Wilhelm Koppe, ex generale delle SS, ex capo della polizia di Hitler nella Polonia occupata, ancora prigioniero degli Alleati. Anche se con la sua testimonianza ai processi di Norimberga aveva chiamato in correit Hans Frank, governatore della Polonia occupata, Koppe era comunque rispettato per le sue convinzioni naziste, e sua sorella era stata accolta senza troppe difficolt nella cerchia dei fuggiaschi di Buenos Aires. In quei primi mesi del 1960, quando, dopo la sua sparizione, tutti compresero che Eichmann era spacciato, la signora Koppe chiese al capitano Kempe di intervenire presso

Villegas perch aiutasse l'amico Mengele. Nel frattempo, a Bonn, suo fratello veniva processato con l'accusa di aver assassinato pi di trecentomila persone, fra cui migliaia di ebrei polacchi, nel campo di concentramento di Kulm; ma se poteva fare qualcosa per un camerata in pericolo, lei lo faceva volentieri. Perch questa era, in fin dei conti, la societ di fatto che i vecchi nazisti avevano costituito in Argentina dopo la caduta dell'ombrello protettore del peronismo: una specie di associazione di mutuo soccorso, una confraternita organizzata per aiutare criminali. E infatti l'intercessione della donna fin per salvare la libert del medico: una settimana dopo il generale Villegas consegn a Kempe una carta d'identit falsa, numero 4.039.316, a nome di Alfredo Mayen. L'Angelo della Morte pot cos scappare da un paese che, dopo il sequestro di Eichmann, per lui non era pi sicuro. Il documento, riesumato molti anni dopo da Verbitsky, termina con una frase che esplicita i ruoli recitati da alcune persone in questa illecita associazione di mutuo soccorso: Un cugino dei Lohmann, il prete cattolico Ahrens, sacerdote della chiesa redentorista, residente a Montevideo, accolse il dottor Mengele al porto di Colonia e lo accompagn a Rivera, dove varc clandestinamente il confine con il Brasile. Tutto il paper una sintesi di abbagliante chiarezza: vecchi nazisti, militari argentini e preti cattolici si erano messi d'accordo per favorire la fuga del medico di Auschwitz. Il demiurgo si era messo in cammino per Cndido Godi, ma prima di stabilirsi definitivamente in Brasile doveva fare ancora una tappa. C'era un paese che aveva gi visitato e in cui aveva alcuni amici che potevano proteggerlo e aiutarlo a togliersi per un po' dalla circolazione: sarebbe andato da loro. Josef Mengele era diretto in Paraguay.

IL RIFUGIO PARAGUAYANO
Oggi come ieri, Colonias Unidas la zona pi tedesca del Paraguay. I cartelli stradali sono in tedesco, i menu dei ristoranti sono bilingui, molti degli abitanti hanno i capelli biondi e gli occhi chiari, sugli edifici sventolano ancora le due bandiere e la lingua pi parlata, pi dello spagnolo e del guarani, il tedesco. Siamo nel dipartimento di Itapu, nella fertile regione attorno a Encarnacin, sulla costa del Paran davanti a Misiones; e le cittadine di Hohenau, Capitn Miranda, Obligado e Bella Vista, oggi cuore pulsante delle colonie, pi di cento anni fa furono popolate da immigrati tedeschi provenienti dal Brasile. Se a quell'epoca era tutto selva e terreni melmosi, oggi il paesaggio completamente diverso. Nel dopoguerra la regione stata una sorta di dpendance della Germania, finanziata dal governo di Bonn e da enti religiosi tedeschi; attualmente produce il 40 per cento del frumento del paese. Anche se ormai la Germania non si prende pi cura di loro, i coloni conservano usi e costumi, lingua e bandiera della madrepatria. Poco pi di vent'anni fa, sotto la presidenza di Alfredo Stroessner, la cultura tedesca imperava grazie all'appoggio della dittatura: l'idioma ufficiale della regione era il tedesco, il vessillo che sventolava sugli edifici pubblici era quello della Bundesrepublik, e le date che si festeggiavano a scuola e nelle strade erano le stesse di Amburgo o di Francoforte. Gli abitanti, laboriosi e tranquilli, fanno tutti parte di una cooperativa di quattromila soci, la seconda pi importante del Sudamerica, che fattura pi di cento milioni di dollari l'anno. C' poi una sorta di polizia civile formata solo da coloni, detta Commissione per la sicurezza della citt. Da un paio d'anni, per, questa Commissione sulla bocca di tutti, soprattutto dei gruppi paraguayani per i diritti umani: a quanto pare ha notevolmente ecceduto nelle sue funzioni di garantire la sicurezza dei cittadini tedeschi ed stata denunciata per la desaparicin e la morte di varie persone. Vittime che, fino a oggi, sono state sempre e soltanto paraguayane. La Commissione, che ha in dotazione fucili M16, possiede poligoni di tiro privati, arresta le persone proprio come fanno le normali forze dell'ordine e somiglia in tutto e per tutto a un gruppo paramilitare. Il suo attuale presidente, Eugenio Alban Krug - che anche il creatore del motto: Scuola, salute e sicurezza -, si dimostra molto seccato quando, al telefono, gli chiediamo che rapporti abbia avuto la sua famiglia con Josef Mengele: Non ne so niente. E se una volta ne ho saputo qualcosa, ora l'ho dimenticato.

Quello che il capo delle guardie civili non ricorda costituisce per la tappa pi documentata della permanenza del medico di Auschwitz in Paraguay: Mengele infatti visse ben sette anni nei dintorni di Hohenau, prima in un albergo e in seguito in una casa che Alban Krug possedeva a Caguaren, fino al suo definitivo trasferimento in Brasile. A quel tempo Krug, il padre dell'attuale funzionario, era fattore e presidente del semiclandestino Partito nazista paraguayano; e di tanto in tanto fu anche padrone di casa di Mengele, per esempio fra il 1953 e il 1954, quando lo assunse perch migliorasse il suo bestiame e inducesse le sue vacche a partorire vitelli gemelli. A partire dalla met del 1960, quando lasci definitivamente Buenos Aires, il medico si stabil come ospite da Krug e trasform la casa nella base d'operazioni della tappa paraguayana del suo esilio. Il paese cui Josef Mengele approd nel 1960 aveva avuto alcune vicissitudini destinate a lasciare tracce indelebili nella sua storia. Asuncin del Paraguay, alba del 15 marzo 1886 La nave a vapore Uruguay, proveniente dal porto di Amburgo, nel Nord della Germania, dopo aver fatto scalo a Montevideo ha appena attraccato al vecchio molo di legno davanti alla citt. Grande poco pi di un villaggio, i passeggeri sonnolenti guardano assorti dal ponte della nave le case che spuntano fra la selva umida, attraversata dalle prime luci e dai primi rumori. Qualcuno ha detto loro che Asuncin la capitale di un paese all'altro estremo del mondo, ma quello che stanno per conoscere solo un bucolico villaggio abitato quasi esclusivamente da donne. Il presidente un generale, Bernardino Caballero, salito al potere con un colpo di stato. Gli uomini, in gran parte, sono morti in una guerra contro l'Argentina, l'Uruguay e il Brasile che in cinque anni, fra il 1865 e il 1870, ha dimezzato una popolazione di 150.000 abitanti. I passeggeri che guardano dal ponte della nave sono quattordici famiglie partite dai dintorni di Dresda, in Sassonia: per arrivare fin li hanno dovuto affrontare un viaggio di tre mesi. Ora si domandano se sia quello il paradiso che stato loro promesso. Sono mennoniti, fanno parte cio di un gruppo religioso nato durante la Riforma del XVI secolo nel Nord della Germania e nei Paesi Bassi. Devono il proprio nome a un certo Menno Simons, e si considerano protestanti. Sono pacifisti, rifiutano l'uso delle armi e la loro dottrina si basa sulla Bibbia, che interpretano alla lettera in quanto parola di Dio.

Il capo del gruppo un uomo di quasi quarantatr anni, Bernhard Forster. Da giovane stato insegnante a Berlino e ha studiato filosofia; poi, un nazionalismo furioso l'ha portato a posizioni antisemite estreme, a suo parere lui l'unica via per la salvezza della Germania. Frster ha polemizzato con foga, ha scritto violenti libelli contro gli ebrei che dalla Russia e dalla Polonia entravano in Germania, ha redatto un manifesto che ha raccolto quasi trecentomila adesioni. Lo ha sottoposto anche a Otto von Bismarck, il cancelliere di ferro, ma l'ingresso degli ebrei nel paese non si fermato e Frster ha ottenuto solo di farsi cacciare dalla sua cattedra. Per qualche anno, lungi dal rassegnarsi, Bernhard F rster ha riflettuto sulla possibilit di creare in qualche punto del globo una comunit di uomini puri e perfetti in grado di purificare l'Europa. E per trovare il suo angoletto ha viaggiato fino in Paraguay. Per quasi due anni, a cavallo e in canoa, ha percorso il paese da un capo all'altro, osservando i luoghi in cui avrebbe potuto fondare la sua colonia. Poi si interessato ai lavori agricoli e ha visitato fattorie sparpagliate in territori selvaggi, studiandone il clima e le coltivazioni. L'idea di un luogo recondito e appartato l'ha presa da Richard Wagner e da Friedrich Nietzsche, un vecchio musicista e un giovane filosofo, che ne parlavano nella loro corrispondenza. Wagner, antisemita e nazionalista a oltranza, aveva dato in moglie sua figlia a Houston Stewart Chamberlain, il filosofo inglese che nel suo Die Grundlagen des neunzehnten Jahrhunderts (La genesi del XIX secolo) affermava che le invasioni germaniche avevano salvato l'Europa dalla decadenza dell'impero romano. L'altro modello del nostro agitatore, Nietzsche, era suo cognato: Frster aveva sposato Elisabeth, sorella del filosofo, con la quale avrebbe dato inizio all'avventura. Uomo dalle idee grossolane e dalle rigide convinzioni, poco propenso a dar ragione agli altri, Bernhard Frster non ha mai spiegato a nessuno perch abbia scelto quel paese per dare inizio alla sua crociata. Ne ha fatto un mistero perfino nella sua corrispondenza privata e in un libro pubblicato nel 1885, Deutsche Cotonieri in dem oberen LaplataGebiete mit besonderer Bercksichtigung von Paraguay (Colonie tedesche nel territorio a nord di La Piata, con particolare attenzione al Paraguay). Bernhard Frster era uso alle espressioni dogmatiche e alle frasi magniloquenti; commentando l'assimilazione dei tedeschi negli Stati Uniti scrive: Ogni volta che un tedesco si trasforma in uno yankee, la totalit degli esseri umani subisce una perdita nella sua ricchezza. Poco dopo essere approdato in Paraguay come guida spirituale e geografo delle famiglie che lo accompagnavano, Frster fond una prima colonia a San Bernardino, in mezzo alla selva, e la chiam Nueva Germania. Non voleva che i suoi seguaci si mescolassero alle trib seminomadi che abitavano quelle zone, e chiese loro di considerare la natura bianca

come un bene superiore e di mantenerla e farla prevalere tanto in loro stessi quanto nei propri figli. Bernhard Frster, l'illuminato, non pot scoprire se i suoi ordini sarebbero stati obbediti: mor a San Bernardino, presumibilmente avvelenato, tre anni dopo esservisi stabilito. La moglie Elizabeth, che pure raccolse il testimone della crociata, nei primi tempi dovette seguire l'andamento della missione dall'Europa: Nietzsche, suo fratello, aveva avuto una violenta crisi nervosa, forse provocata dalla sifilide, e lei dovette raggiungerlo in Germania per prendersi cura di lui. Il filosofo non cap nemmeno che per volont di Frster gli era stata intestata una parte di Nueva Germania, e sarebbe morto senza saperlo. Elizabeth torn poi in Paraguay nel 1892 e rimase presso la colonia per un anno. Gli insegnamenti di suo marito cominciavano a incontrare orecchie da mercante, e tanto le idee quanto le terre sembravano destinate a irrimediabile rovina. Le regole su cui Frster aveva pensato di edificare il nuovo paradiso cominciavano a vacillare: non bere alcol, non mangiare carne ed evitare ogni contatto con le razze inferiori per sfuggire a qualsiasi pericolo di contaminazione. La notizia della morte di Nietzsche, nell'agosto del 1900, l'apprese nella colonia in Paraguay; negli anni seguenti Elizabeth, pur recandosi regolarmente in Germania, avrebbe trascorso lunghi periodi di tempo in quella selva che finalmente cominciava a domare. Viveva a cavallo fra due mondi, saltando da una sponda all'altra dell'oceano, tra un'Europa che giudicava decadente e senza speranza e quel luogo selvaggio che aveva aiutato a risollevarsi e nel quale erano riposte tutte le sue speranze. Il 2 novembre 1933 Elizabeth Nietzsche si trovava nella sua casa di Essen quando il neoeletto cancelliere Adolf Hitler and a farle visita. Lei gli regal il bastone appartenuto al fratello filosofo, e il futuro Fhrer la ringrazi con emozione: secondo lui solo Nietzsche era riuscito a sintetizzare le aspirazioni e la concezione della vita tedesche. In una cronaca giornalistica dell'incontro si legge che Hitler ha ascoltato con interesse la lettura dello scritto che nel 1879 aveva indirizzato a Bismarck il dottor Frster, cognato di Nietzsche e grande fautore del nazionalismo, che gi allora attirava l'attenzione sui pericoli che correva la Germania a causa del dominio mondiale dell'elemento ebraico, che ancora oggi si ritiene un popolo superiore scelto direttamente da Dio. Fu dopo l'ascesa al potere del nazismo che Hitler cominci a interessarsi del progetto di Frster e dei mennoniti del Paraguay, da lui considerati una popolazione ariana libera da contaminazioni e da elementi ebraici. Pi tardi proporr loro di tornare in Germania a occupare le terre riconquistate, ma la proposta non sar accolta con particolare slancio.

Elizabeth Nietzsche aveva ormai ottantasette anni, eppure non aveva dimenticato le ambizioni coloniali della sua giovent, i progetti che aveva sognato insieme a Bernhard Frster, l'uomo con cui aveva cercato di salvare la razza bianca. Quando Josef Mengele arriver in Paraguay molti di quei sogni si saranno realizzati, e il paese sar un luogo in cui uomini come lui non sarebbero stati certo giudicati dei mostri. Anche se nessuna informazione certa ci indica quando Josef Mengele si rec in Paraguay per la prima volta, le precisazioni pi affidabili sono quelle che possiamo dedurre da ci che Juan Domingo Pern disse a Toms Eloy Martnez. Quella conversazione fa riferimento a un periodo in cui il generale era ancora presidente, vale a dire prima del 1955; e non da scartare nemmeno l'ipotesi che, dopo la caduta del regime, l'Angelo della Morte sia rimasto un po' nel paese, come altri nazisti residenti in Argentina, per vedere come si sarebbe evoluta la situazione. Durante quella prima visita in Paraguay, a met degli anni Cinquanta, quasi sicuramente il mandriano che lo assunse era Alban Krug, un tedesco che viveva a Hohenau e che aveva una fattoria. Mengele deve averci trascorso un po' di tempo, almeno quello necessario ad avviare i trattamenti sul bestiame; e a giudicare da ci che sarebbe successo in seguito, fra i due uomini dovette stabilirsi una relazione destinata a durare. Mengele mosse i suoi primi passi in Paraguay grazie a Krug, al quale probabilmente continu a far visita di tanto in tanto; e a lui avrebbe fatto ricorso anche anni dopo, quando dovette andar via da Buenos Aires. La cattura di Adolf Eichmann e le persone che andavano a domandare di lui in alcune delle case in cui aveva abitato fecero sentire il medico di Auschwitz sempre meno sicuro. Nonostante tutte le lentezze e gli impicci burocratici, la richiesta di estradizione avanzata dalla Germania cominciava a concretizzarsi, e senza Pern l'Argentina non era pi un rifugio tanto confortevole. Fatto sta che nei primi giorni di ottobre del 1959 Mengele fece un altro viaggio in Paraguay, e il 23 di quello stesso mese, per interessamento personale di Alban Krug, stava per essere messa a punto la sua pratica di iscrizione presso il Registro stranieri del paese, dove sarebbe stato annotato con il numero 946M. Il giorno seguente, il 24 ottobre, con insolita rapidit le autorit gli concedevano, con il suo vero nome, la carta d'identit paraguayana numero 293.348 e gli aprivano il prontuario 425.006 presso la polizia di Asuncin. Tre giorni pi tardi, il 27 ottobre, con ulteriore sfoggio di celerit la Corte suprema di giustizia del Paraguay, per tramite dell'atto interlocutorio numero 809, lo naturalizzava paraguayano. Nelle motivazioni della delibera si davano per adempiuti i requisiti per ottenere la cittadinanza: Mengele aveva presentato un certificato di residenza e di condotta dal quale

risultava che per tutti i precedenti cinque anni aveva vissuto in Paraguay. I testimoni che giurarono su questa menzogna furono Werner Jung, capo del locale Partito nazista, e il barone Alessandro von Eckstein, un nobile russo amico intimo del presidente Alfredo Stroessner. Jung era un tedesco nato nel 1914, e quando prest questo servigio a Mengele era console generale del Paraguay in Germania. Possedeva una ferriera ad Asuncin, la Ferretera Alemana, e poco dopo la testimonianza avrebbe lasciato il paese per mettere radici in Spagna. Quando se ne and, la sua abitazione di Humait y Nuestra Seora de la Asuncin, nel centro della capitale paraguayana, fu occupata del responsabile culturale dell'ambasciata tedesca. Ma anche il barone von Eckstein aveva una sua storia. Nato nel 1907 in Estonia, allora sotto il dominio russo, fino alla sua morte, avvenuta sul finire degli anni Novanta, sarebbe stato colonnello dell'esercito paraguayano. La cittadinanza che lui e Werner Jung procurarono a Mengele sarebbe tornata molto utile al medico di l a otto mesi. I documenti che gli amici tedeschi d'Argentina gli avevano fornito furono fondamentali per la fuga di Mengele dal paese: il dottore comprese perfettamente che non si trattava di un periodo limitato, ma di stabilirsi definitivamente altrove. Caduto Pern e con bande di israeliani che andavano in giro a sequestrare vecchi nazisti, la tranquillit che il paese gli aveva sempre dato si era fatta pi precaria. E il Paraguay sembrava la scelta ottimale: aveva gi i documenti, degli amici, bene o male conosceva qualcosa degli usi e costumi della gente, sapeva per esperienza diretta quanto potere aveva la comunit immigrata tedesca e, non da ultimo, il presidente Stroessner non aveva mai nascosto le sue simpatie per le idee del Terzo Reich. Una volta partito da Buenos Aires e accolto nel porto uruguayano di Colonia dal sacerdote Ahrens, probabilmente Mengele entr in Brasile dal Rio Grande do Sul, attravers Misiones e arriv in territorio paraguayano nella zona di Encarnacin, non lontano da Hohenau. E addirittura possibile che abbia sfiorato Cndido Godi, dato che all'epoca le vie pi transitate passavano di l. A Hohenau lo aspettavano i Krug, una famiglia numerosa e fedele alle vecchie tradizioni tedesche; e ancora una volta il medico non avrebbe tardato a sentirsi a suo agio. Durante i primi mesi, pur integrandosi poco a poco nella comunit locale, non abbandon le debite precauzioni. Arno Tichler, un vicino di casa dei Krug che lo conobbe nel 1960, ricorda a tutt'oggi l'incontro:

Mio padre Raimond, uno dei primi immigrati di Hohenau, festeggiava le nozze d'oro e aveva organizzato una festa alla quale avrebbero partecipato tutti i tedeschi del villaggio. Alban, che era mio zio, arriv accompagnato da un uomo che ci present come il dottor Fritz Fischer, un medico tedesco arrivato da poco nella colonia. Io non sapevo ancora che fosse Mengele, ma quella sera alcune cose attirarono la mia attenzione. Il dottor Fischer si rifiut di comparire in tutte le fotografie che furono scattate. Noi allora eravamo solo ragazzi e non ci permettevano di dire la nostra, ma in poco tempo scoprimmo che in realt il dottor Fischer era Josef Mengele. Bonibaldo Junghanns, attuale sindaco del villaggio, che oggi conta diciottomila abitanti, quasi contento quando gli si domanda dell'Angelo della Morte: Certo che s! Conobbi il dottor Mengele verso il 1960, quando cominci a lavorare per Alban Krug. Ebbi il piacere di essere suo vicino di casa per anni. Si faceva chiamare dottor Fischer; era un uomo distinto, sempre ben vestito, dal nobile portamento. Quando una persona o un animale si ammalava, lui correva a curarlo. Ricordo che si sedeva nella veranda di casa sua e suonava la viola, cantando in tedesco canzoni della sua terra. Cantava e piangeva, ripensando alla sua terra natia. Non capisco proprio perch alla gente non piaccia. Le cose che dicono abbia fatto, se vero che le fece, sono state cose di guerra. Oggi lo si fa in tutto il mondo e nessuno dice niente. I due luoghi in cui il medico di Auschwitz abit sono rimasti tali e quali: dapprima alloggi a lungo in un albergo della zona, il Tirol, poi si trasfer in una casa di propriet dei Krug, che a loro non serviva. All'albergo Tirol si arriva percorrendo un sentiero sinuoso scavato nella selva e indicato da un enorme portale di legno sulla Statale 6, in direzione di Capitn Miranda. L'edificio in stile europeo e sembra incrostato nella vegetazione: pareti e finestroni sono un tutt'uno con il bosco, mentre una lunga galleria aperta fa da confine fra interno e esterno. I suoi primi proprietari, una coppia belga che di cognome faceva Reynaers, sono ormai morti, deceduti senza sapere che su Internet il loro albergo sarebbe stato pubblicizzato come a favourite of nazi war criminal Josef Mengele. Sul Tirol si narrano alcune leggende, per esempio che all'inizio degli anni Sessanta tutte le sue stanze furono prenotate da un commando ebraico che stava dando la caccia al suo ospite pi famoso. Nessuna di queste voci realmente comprovata e quel che si sa semplicemente che Mengele per un certo tempo ci abit e poi, una volta trasferitosi, continu a utilizzarlo come luogo di riposo o per alloggiare i familiari quando venivano a fargli visita dalla Germania. Dopo aver abitato per un po' in albergo, l'Angelo della Morte accett l'offerta dei Krug e si trasfer in una casa che loro non utilizzavano. La propriet di Alban Krug, ottanta ettari allo stato semiselvatico, si trovava a venti chilometri dal villaggio, vicina al ponte sul fiume Poromoc, e quando il medico ci and a vivere era quasi inaccessibile: ci si

avvicinava per un sentiero quasi impraticabile, e per entrare bisognava attraversare un picchetto permanente dell'esercito paraguayano. Ancora ai giorni nostri, nonostante i molti anni di abbandono, la costruzione ha un aspetto solido e confortevole. Sorge sul fianco di una piccola montagna, in mezzo a una vegetazione esuberante che sembra volerla ingoiare. A un primo sguardo non facile individuarla. Il portone d'ingresso scardinato e pende tutto da una parte, e nessun indizio lascia intendere che qualcuno vi sia stato di recente. Il tetto di tegole rosse, alcune rotte e deteriorate, spunta fra gli alberi che lo stringono d'assedio. Dieci metri prima di arrivare al portone c' un garage con un fossato. La costruzione principale in stile tedesco e molte parti in legno si sono conservate piuttosto bene, a dispetto della forte umidit. Tutt'attorno ci sono grandi finestre, e da alcuni vetri rotti si intravede l'interno: una cucina, una stanza, un bagno di servizio e un altro bagno principale, con la vasca idromassaggio. Sulle pareti della sala ci sono i resti di quella che dovrebbe essere stata una biblioteca ben fornita. I vicini dicono che in cantina, fintanto che ci abit, Mengele aveva costruito un piccolo laboratorio; anche ammesso che sia vero non ne rimane niente, e oggi, dopo la morte di una delle figlie, la famiglia Krug ha deciso di vendere la propriet. Il tempo che Josef Mengele trascorse in questa dimora fu forse quello di maggior attivit sociale della tappa paraguayana del suo esilio. Il medico aveva contatti con alcuni dei suoi vicini tedeschi, partecipava alla vita del villaggio ed era rispettato da tutte le persone che lo conoscevano, che si mantennero discrete e distanti. Tutta la zona di Hohenau si rivel un rifugio solido e sicuro per Mengele e per altri come lui, e Alban Krug lo ammise parlando con il suo avvocato, Oscar Padello, al quale si era rivolto per una disputa su alcuni terreni: Sa una cosa, dottore? A Hohenau abbiamo costruito una ragnatela: se qualcuno si muove in una delle sue parti, immediatamente si muove tutto l'insieme e noi lo veniamo a sapere. A volte si visto qualche ebreo, ma ce ne siamo occupati noi.... Come le varie storie circolate sull'hotel Tirol, anche le voci su commando israeliani che gli davano la caccia avrebbero inseguito Mengele dappertutto, ma sempre senza trovare conferma. Queste storie erano ascoltate e analizzate attentamente dalle ambasciate israeliana e tedesca ad Asuncin; ma con il tempo sarebbero comparsi dei mitomani che avrebbero detto di aver ucciso il criminale nazista, raccontando addirittura i particolari dell'assassinio. L'Angelo della Morte per era vivo e vegeto, e continuava a guadagnarsi la stima di quanti lo conoscevano. Con l'unica eccezione di Eugenio, capo delle guardie civili, i figli di Krug lo ricordano ancora oggi con affetto. Cos Maidi, che gestisce una libreria nel centro di Hohenau, e Oscar, e Guillermo, sessantatr anni, al quale il medico salv la vita:

Ricordo che quando arriv per abitare in casa nostra mio padre ce lo present: Questo il dottor Josef Mengele, disse. Una volta, avr avuto quattordici anni, stavo camminando nel bosco quando una vipera mi morse il braccio. Mio padre mi port da Mengele e gli raccont l'accaduto. Lui allora mi succhi il veleno, lo sput e disinfett la ferita, e un paio di giorni dopo mi ero rimesso. Avresti potuto morire, mi disse pi tardi mio padre. La vipera era velenosa. In quegli anni Mengele possedeva una Ford nera con cui girava tutta la regione. A questa fase risalgono anche le voci secondo cui avrebbe avuto una figlia da una donna di nome Garlet, un'australiana di Melbourne che viveva in una delle colonie mennonite: il medico di Auschwitz aveva infatti lasciato a Buenos Aires la sua seconda moglie, Martha Will, e il figlio Karl, che non avevano voluto seguirlo in Paraguay. I due sarebbero tornati in Germania qualche mese pi tardi passando per la Svizzera, e Mengele non li avrebbe pi rivisti. Della storia con Garlet a Hohenau si parlava a mezza voce. La levatrice Rosalia Stoller, una tedesca arrivata in Paraguay nel 1924, ricorda sia la donna sia di averla assistita nel parto, ma non sa - o non vuole ammettere - se il padre della piccola fosse o meno l'Angelo della Morte. Nel frattempo, Mengele si muoveva nella regione con un certo agio e partecipava alla vita della comunit visitando pazienti e improvvisandosi veterinario; quando si recava ad Asuncin si avvaleva di un paio di accompagnatori che non lo perdevano mai di vista. Nella capitale faceva visita a von Eckstein e a Jung, i due uomini che gli avevano fatto da testimoni per ottenere la residenza, poi tornava subito alla sicurezza delle colonie, dove visse perlomeno fino al 1965, quando gi aveva cominciato le sue escursioni nel territorio brasiliano di Rio Grande do Sul. Teneva un profilo basso, cercava di passare inosservato, e in quegli anni un solo fatto attir su di lui occhi indiscreti: come gi era successo nel 1960 con la morte dell'agente israeliana Nurit Eldoc a Bariloche, ancora una volta il medico di Auschwitz fu coinvolto in uno strano caso poliziesco. L'evento pi interessante di questa tappa della vita di Josef Mengele indubbiamente il suo coinvolgimento nella morte, in Uruguay, di Herbert Cuckurs, uno dei casi pi oscuri registrati nella storia dei nazisti in Sudamerica. Nel 1941 Cuckurs era stato uno dei responsabili del massacro di trentaduemila ebrei lettoni nel ghetto di Riga, e si era spinto a estremi di crudelt come quello di rinchiuder donne e bambini in una sinagoga per poi darle fuoco. Pa voneggiandosi in un soprabito di pelle nera e brandendo una pistola, cos lo descrivono numerosi testimoni, l'ufficiale delle SS si era ritrovato a vivere nella citt lettone insieme a Eduard Roschmann. Il

macellaio di Riga mor in un ospedale paraguayano nell'agosto del 1977, dopo essere scappato verso l'Argentina ed essere stato scoperto. Come le vicende dello stesso Roschmann, di Eichmann o di Mengele, la storia postbellica di Herbert Cuckurs non differisce da quella di tanti altri camerati che riuscirono a fuggire dall'Europa. Nel 1946, finita la guerra, Cuckurs era scappato in Sudamerica ed era sbarcato a Rio de Janeiro, dove era riuscito a vivere tre anni di relativa pace. Nel 1949 era stato identificato come uno dei carnefici del ghetto di Riga e la federazione ebraica di quella citt, presentando alle autorit brasiliane le dichiarazioni dei sopravvissuti ai suoi delitti, aveva preteso che il criminale nazista fosse espulso dal paese. Dopo un po' di tira e molla, il governo dijuscelino Kubitschek aveva trovato un modo elegante per trarsi d'impaccio: aveva scoperto infatti che Cuckurs non poteva essere espulso, perch aveva un figlio nato in Brasile. Nei successivi quindici anni, senza perdersi d'animo, i dirigenti della comunit ebraica non mollarono la presa, anche se il massimo che riuscirono a ottenere fu che per tre volte di seguito gli fosse negato il diritto alla naturalizzazione. Ancora oggi le informazioni su questo ufficiale nazista sono confuse e contraddittorie. Si sa che risiedeva a Rio de Janeiro, che possedeva una piccola compagnia di aerotaxi, che noleggiava yacht ai turisti e che frequentava strane riunioni - forse d'affari - nella zona di frontiera con Argentina e Uruguay. Dopo il fallito tentativo di farlo espellere dal Brasile, il suo nome spar dalle prime pagine dei giornali, dove sarebbe ricomparso solo il 23 febbraio 1965 quando il suo presunto cadavere, massacrato con ferocia, fu rinvenuto in un baule nella cantina di una casa sfitta del quartiere di Pocitos, a Montevideo. Indossava un soprabito di pelle nera uguale a quello che portava a Riga, sul quale era appuntato un bigliettino che diceva: Il Comitato che non dimentica. Il baule, secondo quanto riportato dalla stampa uruguayana, era stato comprato a Montevideo da un austriaco che si era presentato come Oswald Heinz Tausig. Una volta trovato il corpo, le prime indagini identificarono un sospettato: un uomo che si faceva chiamare Anton Kunzle, sedicente austriaco, raccontava di aver convocato Cuckurs a Montevideo per siglare con lui un accordo commerciale. I detective uruguayani non riuscirono a catturarlo, ma avevano una sua fotografia. Foto che, un mese pi tardi, si sarebbe rivelata preziosa. Durante i primi giorni di marzo del 1965, mentre ancora tutta l'attenzione era monopolizzata da quello che la cronaca giornalistica aveva battezzato il delitto del baule, un uomo fu arrestato all'aeroporto brasiliano di So Paulo. Al momento della cattura stava cercando disperatamente di acquistare un biglietto aereo per un posto

qualsiasi, ma la cosa che aveva attirato l'attenzione del personale di sicurezza fu che aveva due passaporti: uno a nome di Deter Trenkel, e l'altro a nome di Carlos Rodriguez. Interrogato negli uffici del terminal, l'uomo confess di chiamarsi in realt Detlev Sonneberg, ammise di essersi sentito poco tranquillo dopo l'assassinio di Cuckurs e, a sorpresa, senza che nessuno gli avesse fatto domande in merito, disse che il dottor Josef Mengele, dopo aver vissuto per un certo tempo in Paraguay, si nascondeva in una tenuta uruguayana. Io stesso gli ho parlato nel 1963, precis, nella localit paraguayana di Cambireta, vicino a Encarnacin, dove viveva nascosto fra i membri della missione mennonita. Era come se gli si fosse sciolta la lingua. Davanti ai poliziotti brasiliani, attoniti, il tedesco cominci a parlare e disse alcune cose piuttosto interessanti: Mengele gli aveva detto di avere la coscienza a posto, che i suoi esperimenti medici nei campi di concentramento erano tali da poter essere paragonati alle ricerche sul cancro, approvate a livello internazionale. Secondo lui Josef Mengele era arrivato in Sudamerica attraverso il Cile, dove era stato ospite di un altro criminale di guerra identificato con il solo nome di battesimo, Ralph o Rolf, proprietario di una fabbrica di pesce in conserva nel Sud del Cile. Si era poi sicuramente trasferito in Argentina, dove era vissuto sotto falsa identit fino all'ottobre del 1958. Rifugiatosi definitivamente in Paraguay, aveva chiesto la naturalizzazione spacciandosi per un ex medico cattolico. Con tale titolo aveva ottenuto asilo presso una colonia mennonita di Cambiret. Secondo Sonneberg, Mengele, la cui vera identit era nota a numerosi rifugiati nazisti residenti in America Latina, era molto impopolare fra questi ultimi, che con lui in vita si sentivano minacciati. Nella dichiarazione di Sonneberg sono presenti alcuni aspetti che conviene chiarire. Innanzitutto, l'arrivo di Mengele in Argentina via mare pi che comprovato. In secondo luogo, l'uomo identificato come Ralph o Rolf sicuramente il colonnello delle SS Walter Rauff, il creatore delle camere a gas mobili, che dopo la guerra si rifugi in Cile e gest una ditta di confezionamento del pesce a Punta Arenas, nel Sud del paese, fino a poco prima della sua morte, avvenuta nel maggio del 1984. Da ultimo, vale la pena tener presente un dato citato da Sonneberg, coincidente con un altro che proviene da fonti molto pi affidabili: l'accoglienza di Josef Mengele presso le colonie mennonite del Paraguay. Ma tornando a Cuckurs e ai rapporti fra la sua morte e il medico di Auschwitz bisogna aggiungere che Detlev Sonneberg, prima di essere rimesso in libert - non c'erano accuse contro di lui -, forn alla polizia brasiliana un identikit verbale di Mengele. Parl della sua calvizie incipiente, degli occhi penetranti e dei folti baffi neri che si era lasciato crescere. Quando i commissari uruguayani Alejandro Otero e Santiago Washington Cabris videro l'identikit, la loro sorpresa fu enorme: l'uomo che Sonneberg aveva descritto come

Mengele era Anton Kunzle, il principale sospettato del delitto del baule, del quale possedevano una fotografia. Tanto per aggiungere maggior confusione alla vicenda, nel 1979 un ex agente della CIA, Philip Agee, pubblic un libro di memorie intitolato Agente della CIA, in cui, nell'annotazione Montevideo, 28 ottobre 1965, si legge: Dio solo sa se Otero non ha bisogno di un po' di addestramento. Da marzo si occupa giorno e notte del caso Cuckurs (il sequestro mancato di un ex nazista), e non gli faranno male un po' di pubblicit e un viaggio. Cuckurs stato cremato, finalmente!, qualche giorno fa, e Otero ha consegnato a un figlio le ceneri insieme a un ponte dentale. Il figlio e il dentista della famiglia Cuckurs, per, gli hanno detto che il morto non aveva nessun ponte, e adesso lui sta cercando un altro cadavere. Con il diario dell'agente della CIA, lungi dal chiarirsi, il caso Cuckurs si fa ancora pi complicato: se il cadavere ritrovato nel baule non era il suo, chi era il morto di Montevideo? E soprattutto, cosa aveva a che fare con Josef Mengele? Solo il 25 settembre 1991 un ex funzionario israeliano, Menajen Barabash, riusc a fare un po' di luce sulla vicenda. Durante un'intervista concessa a Gerusalemme rivendic l'omicidio del nazista, spiegando che si era fatto chiamare Anton Kintzala (e non Kutzle) e raccontando di come l'aveva attirato nella trappola uruguayana. Per non lo torturammo. Questo falso. Lo eliminammo con un colpo d'arma da fuoco, tutto qui, rifer al quotidiano Haaretz di Tel Aviv. Era il secondo caso poliziesco che sfiorava Mengele in cinque anni, e il rischio di attirare su di s l'attenzione degli inquirenti era pi di quanto poteva permettersi. In quella fase stava gi viaggiando abbastanza spesso nel Sud del Brasile, in zone che accendevano sempre pi il suo interesse: forse era arrivato il momento di cambiare nuovamente domicilio. Come gli era gi capitato altre volte e come gli sarebbe successo in futuro, la leggenda fece il resto; andandosene definitivamente dal Paraguay Josef Mengele si lasci dietro una scia di dubbi, scambi di persona e false piste, addirittura voci riguardanti la sua morte. Ancora oggi, nella zona di Hohenau alcune persone insistono nel dire che il medico di Auschwitz non solo visse ma mor anche nello stato di Itapu, dopo aver vagato per anni nella regione di Colonias Unidas ed essere stato, pi tardi, a San Pedro del Paran, morendo infine, vecchio e malato, a Potrero Yapep nel 1986. Seguendo la versione paraguayana, corollario e punto finale di questa tappa del suo esilio, all'epoca Mengele si

faceva chiamare Antonio Navarro, si spacciava per un medico-guaritore senza documenti e parlava lo spagnolo con un forte accento straniero. Mor in una casa nelle vicinanze del villaggio, e i suoi resti furono inumati in una tomba senza lapide nel settore pubblico del cimitero di Yapep. N questa era destinata a essere l'unica versione: solo in Paraguay ce ne sono almeno altre due. La prima parla di un'esecuzione a randellate, il 30 novembre 1973, in una via di Asuncin, ad opera di un commando di sopravvissuti al campo di concentramento di Auschwitz. In un'altra versione la morte sarebbe avvenuta un anno pi tardi, in una zona selvatica dell'alto Paran, per mano di un avventuriero di nome Erich Ardstein che avrebbe portato a termine l'omicidio dopo uno spettacolare combattimento a bordo di una canoa. Ma tutto ci fa semplicemente parte della leggenda che avvolse Josef Mengele per tutti gli anni del suo esilio latinoamericano: in realt la sua morte avvenne il 7 febbraio 1979 nella stazione balneare di Bertioga, vicino a So Paulo, quando gi aveva messo definitivamente radici in Brasile. Su questa morte si sono accumulate prove scientifiche e conferme indubitabili: ciononostante, alcuni investigatori non ci hanno mai creduto fino in fondo. Ben Abraham, per esempio, storico rigoroso dell'Olocausto e vicepresidente dell'Associazione internazionale sopravvissuti del nazismo, afferma che Mengele morto nel 1992, negli Stati Uniti, mentre si trovava sotto la protezione della CIA, e che quindi la clamorosa scoperta dei suoi resti alla fine del 1985 in un cimitero nei dintorni di So Paulo sarebbe stata solo una farsa internazionale montata dagli USA e accettata da Israele sotto la pressione americana. In questo ginepraio di depistaggi, sospetti e dati inconsistenti sulla vita e sulla morte, Josef Mengele visse i suoi ultimi anni in Paraguay. Fino a buona parte del 1967 tornava di tanto in tanto a frequentare i bungalow dell'hotel Tirol, vicino a Hohenau; forse per un certo periodo, fino alla fine del 1968, mantenne la propriet di una fattoria nel villaggio di Altos, sempre in Paraguay, comprata da un certo Adolf Heldrich. Per tutto il periodo in cui si aggir dalle parti di Cndido Godi e dintorni, come vedremo pi avanti, Mengele continuava ad abitare nella provincia di Colonias Unidas, in Paraguay, con ben due frontiere di mezzo. L poteva godere della protezione di Stroessner, l si sentiva al sicuro; e in fondo c'era solo mezza giornata di viaggio fra quel luogo e quello che sarebbe diventato il suo laboratorio virtuale. Gli bastava varcare il Paran, passare in Argentina, attraversare la provincia di Misiones, che in quel punto non misura pi di centotrenta chilometri, saltare il fiume Uruguay e sbarcare a Puerto Mau, a un'ora di strada da Cndido Godi. Anche l'attraversamento del territorio argentino non comportava problemi, in quanto si trattava di un corridoio franco ancor oggi fittamente popolato da tedeschi, una zona in cui godeva di una sorta di immunit di fatto. E inoltre possibile che due o tre accompagnatori gli fornissero una protezione supplementare.

Nel 1971, il 27 settembre per la precisione, l'impresa Karl Mengele und Sohne, di Gnzburg, vendette il villino di calle Virrey Vrtiz a Vicente Lpez, un sobborgo di Buenos Aires. La casa era abbandonata e vuota dalla met del 1960, quando Mengele, dopo la cattura di Eichmann, era scappato in Paraguay; il compratore fu Luis Hctor Schwiezer. Cos come era accaduto per l'acquisto, la casa fu venduta tramite la Compaa Argentina de Fiscalizacin y Mandatos t^ADEFIMA, rappresentata stavolta dal gerente, Norberto Gunther Meyer. Il mandante, come gi Carlos Niebhur nel 1958, fiss il proprio domicilio al numero 336 di calle Reconquista, nella capitale federale. L'impresa familiare dei Mengele aveva delegato la propria rappresentanza alla CADEFIMA mediante un atto siglato a Gnzburg il 3 marzo 1971, e Meyer era diventato gerente della Compaa cinque giorni dopo. Stavolta la transazione si realizz davanti al notaio Jos Maria Rodrguez Petit, in avenida Avellaneda, e porta il numero 553. Fu, per cos dire, la penultima pratica argentina di Mengele. L'ultima, un'allegoria della sua condizione di profugo, sarebbe stata avviata nell'aprile del 1981, quando la magistratura si vide costretta a rispondere a una nuova richiesta di estradizione formulata dalla Germania federale. Ma all'epoca, anche se pochi ne erano al corrente, l'uomo era gi morto: aveva passato gli ultimi anni della sua vita in Brasile, dove ancora una volta aveva trovato rifugio e amici. Ma dove, soprattutto, aveva ritrovato un'ossessione.

IL DEMIURGO
Josef Mengele lo sperimentatore, quello che faceva partorire vitelli gemelli alle vacche di una stalla del Tigre, stando a quanto Pern aveva raccontato a Toms Eloy Martnez, quello che un allevatore paraguayano aveva assunto per farsi migliorare il bestiame, non era certo uomo da accontentarsi facilmente: era consapevole che i suoi sogni di demiurgo non si erano ancora realizzati. Tanti sforzi accademici, tanti anni di studio, tanti esperimenti ad Auschwitz, tante ingiuste persecuzioni meritavano un risultato migliore: e lui voleva ottenerlo. La regione di Colonias Unidas, il suo ultimo luogo di residenza in Paraguay, si trova proprio al confine con l'Argentina, dalla quale la separa solo il fiume Paran; centotrenta chilometri pi in l, a meno di tre ore di auto, si spalanca l'immensit del Brasile. All'inizio degli anni Sessanta le frontiere ancora non esistevano in quella zona popolata da coloni tedeschi. C'erano ex marinai della GrafSpee, la corazzata affondata nel 1939 nel Rio de la Plata; veterani come lui, tornati dal fronte russo; ex ufficiali che conducevano una vita tranquilla e nostalgica lontano da un'Europa che stentava a riprendersi. Nessun dato certo registra quando Mengele arriv per la prima volta nella regione di Rio Grande do Sul, ma tutto sembra indicare che accadde attorno al 1963, mentre ancora viveva in casa Krug. Il percorso che deve aver fatto quello attuale: attravers il Paran, poi la provincia di Misiones l dove pi stretta, pass il fiume Uruguay a bordo di una vecchia zattera, sbarcando infine a Puerto Mau, sulla riva brasiliana. Nel 1963 Mengele utilizzava ancora il documento d'identit a nome di Alfredo Mayen fattogli avere dal generale Villegas a Buenos Aires, e ci sono prove che fino ad allora lo aveva utilizzato anche in Paraguay, sia per spostarsi sia per registrarsi negli alberghi di Asuncin. A Puerto Mau sbocca una stradina di terra battuta che collega il porto all'interno dello stato; tra il fiume e C ndido Godi c' solo una trentina di chilometri. Oggi, quasi cinquant'anni dopo l'arrivo nella regione dell'Angelo della Morte, le testimonianze sulla sua presenza restano immutabili come allora. Vaghe e fumose sembrano pure le sue attivit: visite come dentista o come medico rurale, colloqui con mandriani cui si spacciava per veterinario e parlava di inseminazione artificiale, visite notturne a casa di una donna. Il personaggio resta ambiguo e schivo, difficile da afferrare anche per quelli con cui ha avuto a che fare. Le prime testimonianze sulla presenza di Josef Mengele nella zona di Cndido Godi risalgono al 1963. Non ci sono testimoni che ricordino visite precedenti n documenti che indichino altre date, e inoltre il periodo coincide con i primi resoconti del suo ingresso in Brasile raccolti pi di quindici anni dopo. L'area all'interno della quale si muoveva comprende i villaggi di Santo Cristo, Cerro Largo, la linha San Antonio, So Pedro do

Buti e Cndido Godi, pi un certo numero di fattorie e stabilimenti agricoli che si trovavano lungo le strade che percorreva. Non si fermava mai molto tempo in nessun luogo, non aveva un domicilio fisso, andava e veniva continuamente; tutto lascia pensare che almeno in principio continuasse a risiedere in Paraguay, in casa della famiglia Krug, dove tornava alla fine delle sue escursioni nel Rio Grande. Oggi, quasi cinquant'anni dopo, il fantasma di quella presenza continua a saltellare da un luogo all'altro. Nel 1963 Sigfried Schwertner possedeva l'unico magazzino di Cerro Largo e una stanza libera che affittava ai viaggiatori di passaggio. Fino al momento della sua morte, avvenuta quattro anni fa, si sarebbe ricordato bene quando Josef Mengele giunse dalle sue parti: Arriv a casa mia da Cerro Largo e mi domand se poteva fermarsi per un paio di notti. Disse di essere veterinario e di avere un impegno di lavoro nella zona. Parlava poco: disse di chiamarsi Rudolph Weiss, e mi raccont che durante la guerra era stato ufficiale dell'aviazione nell'esercito nazista. Anche se allora Schwertner non sapeva che il visitatore era l'Angelo della Morte (l'avrebbe riconosciuto solo anni dopo, vedendo la sua foto sui giornali), si sarebbe ricordato di lui per un incidente avvenuto durante un raduno di fazenderos della zona. Aloisio Finkler, che oggi vive nella linha San Antonio e che partecip a quella riunione, ne ricorda ancora i particolari: Anche a noi disse di essere veterinario, e aggiunse di essere alloggiato da Schwertner. Al raduno si parlava delle malattie che colpivano il bestiame e lui disse che non dovevamo pi preoccuparci, che lui avrebbe curato le nostre bestie. Sembrava un uomo colto e molto preparato. Parlava di penicillina e di tetramicina, cose che all'epoca, per noi, erano quasi sconosciute. Alla fine del raduno compil qualche ricetta e ce le diede, ma quando andammo a comprare le medicine ci dissero che un veterinario aveva acquistato tutte le scorte, e pi tardi ce le rivendette. Quando capimmo che ci aveva fatto pagare anche i campioni gratuiti riservati ai medici andammo a cercarlo e lo minacciammo di denunciarlo alla polizia. Allora lui fece l'indignato e chiese come osavamo fargli questo, proprio a lui che era un medico tanto importante. A parte l'incidente con le medicine, Leonardo Boufler, un amico di Schwertner, ricorda altri particolari relativi al lavoro di veterinario di Mengele: Passava da una propriet all'altra controllando il bestiame. Metteva un apparecchio sul petto degli animali per sentire se erano ammalati di tubercolosi, vaccinava quelli che credeva infetti. Diceva di poter inseminare artificialmente le vacche e anche gli esseri umani, ma tutti noi pensavamo che non fosse possibile perch allora era una tecnica sconosciuta. Dopo l'incidente e le minacce degli allevatori, il veterinario trasloc in una pensioncina retta da un certo Alban Jungker, dove si ferm fino al momento in cui spar

dalla zona. Testimonianze molto imprecise raccontano che oper animali che non riuscivano a partorire, ma la notizia si perde nell'oblio. Lo stesso vale per alcune misteriose visite che l'Angelo della Morte fece a casa di una donna di So Pedro do Butia, a meno di cinquanta chilometri da Cndido Godi. Secondo dei testimoni che ancora oggi risiedono nel villaggio, il dottor Mengele arrivava con un'auto nera, la stessa Ford che usava in Paraguay, aveva una patente argentina ed era sempre accompagnato da due persone, a volte anche da una terza, una religiosa di nome Elisa. A So Pedro il medico di Auschwitz incontrava una donna di nome Leonor, in casa della quale a volte si fermava per molte ore. Se ne andava solo a notte fonda; Leonor diceva che era suo fratello, ma tutti sapevano che non aveva famiglia. Secondo vari testimoni, uno dei rapporti pi continuativi che Mengele mantenne in quegli anni di visite nella regione brasiliana fu quello con un tedesco di nome Ferdinando Wessler, morto all'inizio del 1992 nella sua casa di Santo Cristo, uno dei villaggi negli immediati dintorni di Cndido Godi. La storia di Wessler quantomeno curiosa. Nato nel 1925, dovette andare in guerra giovanissimo ma sopravvisse fino alla fine del conflitto. Tornato a casa, pubblic un annuncio su un periodico che circolava nella colonia tedesca del Brasile dove diceva che cercava una sposa in quel paese e che preferibilmente la voleva di origini tedesche. Gli rispose Eli Grochowsky, residente a Santo Cristo: dopo che fu accettata la proposta di matrimonio, Wessler si trasfer in Sudamerica. Parlava quattro lingue, pare fosse colto e raffinato e che nelle conversazioni sociali, pur ammettendo di essere stato in guerra, non dicesse mai nemmeno una parola sul suo passato militare. Fra i suoi amici c'era un avvocato di Santa Rosa, Fernando Lovato, figlio del primo ostetrico dell'ospedale di Cndido Godi fin dagli anni Quaranta. A una festa organizzata a casa di Lovato, pare che Wessler si emozion ascoltando un disco con i discorsi di Hitler e del suo ministro della Propaganda, Joseph Goebbels, messo dal padrone di casa per fargli piacere. Uomo misterioso, si vantava dell'amicizia con Josef Mengele, che diceva di aver conosciuto sul fronte orientale. Raccontava che il medico andava spesso a fargli visita. Arrivava sempre con un'auto nera, accompagnato da altre persone, si fermava per tutta la mattina, poi tornavano a prenderlo, ricorda oggi l'avvocato, che dichiara di non aver mai sentito dire da Wessler che Mengele facesse il veterinario. Heloisa Pilau, un'altra amica di Wessler, lo sent pi volte parlare del medico di Auschwitz che chiamava Josef, come se fossero buoni amici. Arno Seibert, un altro

testimone, conferma quell'amicizia, anche se i membri della famiglia preferiscono non dire nulla: Quello che pu essere accaduto prima del matrimonio con mia sorella una cosa, quello che successe dopo un'altra, dice Juliana Grochowsky, la cognata. E il figlio, il medico Manfredo Wessler, si dimostra ancor pi reticenti: A me gli ebrei non piacciono; sono una razza che sarebbe meglio non esistesse. Ma al di l della personalit di Wessler, nelle parole dei testimoni Josef Mengele non compare pi come falso veterinario, bens investito della sua vera professione di medico. Anche in altre testimonianze si verifica la stessa mutazione; in questa sorta di medico rurale a domicilio che si imbatter anche il dottor Anencir Flores da Silva durante le sue ricerche sull'origine del fenomeno dei gemelli. Nei racconti che ho ascoltato da donne che furono curate da lui sembra trattarsi di una specie di medico rurale che andava di casa in casa. Curava le varici con applicazioni di un liquido che portava con s in un bottiglione, oppure somministrava delle pastiglie o una polverina. A volte faceva anche il dentista, e in molti ricordano dei salassi. Secondo le testimonianze raccolte dal dottor da Silva, a quell'epoca Mengele si faceva chiamare Alfredo, il nome che figurava sui documenti con cui era scappato dall'Argentina, e andava in giro per il paese sempre accompagnato da due o tre persone. Tanto il veterinario che si occupava del bestiame dei fazenderos quanto il medico rurale che si recava di casa in casa per curare le donne sembrano essere inequivocabilmente Josef Mengele. Tutti i testimoni lo riconoscono nelle foto; Wessler, secondo i suoi amici, non esitava a chiamarlo con il suo vero nome, e nelle poche dichiarazioni rese in sede giudiziale data e luogo delle sue apparizioni coincidono. Ma se tutto ci non bastasse, ci sono i gemelli. Gli indici pi elevati di nascite gemellari a Cndido Godi si registrano a partire dal 1963, anno nel quale ci fu Una vera e propria ondata di parti doppi. La maggior parte dei gemelli nati allora diede a sua volta origine a una nuova generazione di gemelli, e i pi vecchi non hanno nemmeno cinquant'anni. Un caso? E possibile. Un fenomeno biologico naturale, del quale Mengele fu informato e che volle vedere con i propri occhi? Anche questo plausibile, c' chi ne profondamente convinto, come il dottor Anencir da Silva: Io non ho dubbi sul fatto che Mengele fosse nella regione di Cndido Godi all'inizio degli anni Sessanta, quando cominci il "fenomeno" dei gemelli. Non credo che la cosa sia stata opera sua; no, non ci credo, non mi sembra possibile. Secondo lui, qualcuno aveva parlato all'Angelo della Morte di quelle coppie di gemelli e lui era accorso per vedere e verificare di cosa si trattasse, per controllare con i propri occhi come fosse in realt un fenomeno di cui aveva tanto sognato.

Nel 1994, quando nel villaggio si tenne la prima Festa dei Gemelli, i ricercatori dell'quipe studi genetici dell'Hospital de Clnicas di Porto Alegre avevano gi realizzato un lavoro sul campo, e l'unica cosa che si sentivano di affermare al di l di ogni ragionevole dubbio che il fenomeno era unico. La genetista Carolina Moura de Souza, una delle ricercatrici, era rimasta colpita soprattutto dal fatto che, all'interno di una stessa famiglia, c'erano gemelli sia identici sia non identici: secondo lei, infatti, il fattore genetico giustificherebbe solo il caso dei gemelli eterozigoti, mentre quello dei gemelli omozigoti resterebbe ancora da spiegare. La formazione dei gemelli eterozigoti avviene quando due spermatozoi fecondano due ovuli distinti, cosa che si pu spiegare con una predisposizione genetica o biologica. I monozigoti, invece, si formano quando l'ovulo si divide in due subito dopo essere stato fecondato da un solo spermatozoo; per tale fenomeno la letteratura medica non ha una spiegazione, scrive la specialista in genetica Ida Schwartz. Sta di fatto che, a Cndido Godi, il fenomeno dei gemelli omozigoti cos frequente da raggiungere il 33 per cento dei casi. Negli anni che seguirono la questione fu studiata anche da genetisti statunitensi ed europei, tanto da meritare una ricerca dettagliata da parte di un'quipe dell'universit di Nantes, in Francia; tuttavia nessuno ancora giunto a una spiegazione scientifica e razionale, n stato trovato alcun gene comune capace di far luce su ci che stava accadendo. E allora? Il 18 ottobre 1994, in occasione della prima Festa dei Gemelli, destinata poi a diventare biennale e a svolgersi nel mese di febbraio, le celebrazioni si tennero nella piazza principale del villaggio. Oltre a birra, carne alla griglia e musica, ci fu una messa concelebrata dai sacerdoti cattolici monozigoti Ivan e Ivanor Macieski, di trent'anni, due dei gemelli nati a Cndido Godi, consacrati presso il seminario di Poznan, in Polonia, quattrocento chilometri a nordest di Auschwitz. Si raccontarono aneddoti buffi, si rise alle battute e si ringrazi il cielo per tutti quei gemelli, che furono definiti una grazia divina e un miracolo di Dio. L'UOMO che viveva per scrivere Per alcuni ricercatori seri, come Roberto Botacini e il rabbino Morton Rosenthal, direttore della Lega antidiffamazione del B'nai B'rith, il Brasile contenderebbe all'Argentina un triste record: quello di essere stato il quartier generale del nazismo postbellico in Sudamerica.

Pur essendo forse un'affermazione esagerata, i due studiosi sono arrivati a questa conclusione dopo aver analizzato la popolosa e ben radicata colonia tedesca del paese, composta da tre milioni di persone circa, che cominci a insediarsi nel territorio brasiliano a partire dalla met del XIX secolo. Rispetto a quella in Argentina, l'immigrazione tedesca in Brasile stata pi numerosa e forse diventata meno potente economicamente, ma cominciata prima e ha mantenuto una forte presenza sociale anche quando nel paese vicino iniziava a declinare. Un elemento comune fra le due colonie stato il carattere chiuso che entrambe hanno avuto fino agli anni Sessanta, motivato da un forte desiderio di preservare la propria identit culturale. Sono stati mantenuti e protetti lingua e dialetti, usi e costumi, la celebrazione di riti religiosi e feste popolari, e nell'insieme le varie comunit hanno ricreato al loro interno le condizioni sociali del paese d'origine. E, per quanto in minor misura rispetto all'Argentina, dopo la fine della guerra le varie colonie si sono aperte per permettere l'ingresso di una manciata di indesiderabili in cerca di rifugio. Oltre al caso di Herbert Cuckurs, analizzato nel quarto capitolo, in Brasile ci sono stati altri casi paradigmatici di criminali di guerra che si nascosero nel paese. I due pi noti, prima che fosse scoperto quello di Josef Mengele, sono quelli di Franz Stangl e di Gustav Franz Wagner. Stangl era stato il comandante del campo di concentramento di Sobibr fra il marzo e il settembre del 1942, e di quello di Treblinka fra quest'ultima data e l'agosto del 1943. Finita la guerra, come Mengele, Eichmann e centinaia di alti ufficiali nazisti, Stangl aveva avuto accesso alle vie di fuga controllate dal Vaticano. Nel 1947, mentre se ne stava nascosto a Roma, aveva sentito dire che la Siria cercava ufficiali tedeschi per addestrare il proprio esercito. E cos, con documenti emessi con il suo vero nome e accompagnato dalla famiglia, si rec prima a Damasco e poi a Beirut, finch, per ragioni mai chiarite, nel 1951 non si trasfer in Brasile, dove lavor in alcune fabbriche tessili prima di ottenere un impiego definitivo presso gli impianti della Volkswagen di So Paulo. Nel febbraio del 1967 la polizia locale lo identific e gli tese una semplice trappola: fece diffondere a un altoparlante la notizia che la figlia del signor Stangl ha avuto un incidente, e quando il nazista, preoccupato, arriv all'ospedale, fu arrestato. L'ex comandante di Sobibr e di Treblinka, signore e padrone della vita e della morte dei suoi prigionieri, era stato colto con la guardia abbassata; e alla fine dello stesso anno, nonostante le non poche risorse messe in campo dai suoi avvocati, Jos Teixeira Pinto e Silvio Skinner Lopes, fu estradato in Germania.

Nel maggio del 1970 cominci il processo presso un tribunale di Dsseldorf; nel dicembre dello stesso anno fu condannato all'ergastolo. Sei mesi pi tardi, nel giugno del 1971, mor nella cella in cui era stato rinchiuso. Era stato riconosciuto colpevole dell'assassinio di settecentomila persone, in maggioranza ebree. Le circostanze del suo arresto non furono mai adeguatamente chiarite, e mentre Simon Wiesenthal ammise di aver comprato per settemila dollari il suo indirizzo da un ex membro della Gestapo, la stampa brasiliana scrisse che la denuncia era stata fatta da un genero di Stangl, un certo Herbert Havel, che il criminale di guerra aveva cacciato di casa. Oltre a Stangl si trovava in Brasile anche il suo migliore amico, Gustav Franz Wagner, che durante la guerra era stato comandante di Sobibr dopo Stangl e poi suo vice a Treblinka. Wagner era arrivato in Sudamerica nel 1954. I suoi ex prigionieri, i pochi sopravvissuti, ricordano di lui un particolare estremamente odioso: Mentre uccideva, sorrideva, affermano. Nel 1978, pensando che le acque si fossero finalmente calmate dopo la cattura del suo amico Stangl, Wagner commise un errore che alla fine l'avrebbe spinto al suicidio. Tutto avvenne in aprile, quando un gruppo di nazisti che viveva pi o meno segretamente in Brasile organizz una festa e lo invit a partecipare. Il raduno doveva aver luogo all'Hotel Tyll nella localit balneare Italia, e il motivo era festeggiare quello che sarebbe stato l'ottantanovesimo compleanno di Adolf Hitler. Il ricordo di ci che era accaduto a Stangl non era pi tanto recente, e Wagner accett. Alla fine per qualcosa and storto: forse la serata fu pubblicizzata pi ampiamente del previsto, i giornalisti lo vennero a sapere e scoppi un piccolo scandalo. Il padrone dell'albergo era un anziano tedesco di nome Alfred Winkelmann, gi noto alla giustizia brasiliana perch nel 1941 era stato condannato a due anni di carcere per aver fatto parte di una rete di spionaggio nazista. Quando la polizia interruppe i festeggiamenti, Winkelmann disse: Il Quarto Reich il nostro sogno e il nostro principale obiettivo. Hanno ucciso Hitler, ma non possono uccidere la sua filosofia, che la nostra. In alcune foto scattate durante la serata appare chiarissimo il volto di Gustav Wagner; e anche se gi Stangl, al momento dell'arresto, aveva dichiarato alla polizia che il suo amico si trovava in Brasile, solo allora le forze dell'ordine cominciarono a cercarlo. Pochi giorni dopo l'uomo si presentava spontaneamente a un commissariato di So Paulo, ma soltanto per ribadire di essere innocente ed estraneo alle accuse che gli venivano mosse: 250.000 omicidi perpetrati mentre era direttore di Sobibr. Ben quattro paesi Israele, Germania, Polonia e Austria chiesero la sua estradizione, ma la Corte di Giustizia brasiliana la neg appellandosi a un errore tecnico: nella richiesta tedesca si leggeva che la prescrizione era stata interrotta nel 1947, mentre nella traduzione portoghese si leggeva 1974.

Gustav Wagner fu rimesso in libert, ma due anni dopo, nel 1980, si suicid nella tenuta in cui viveva. Decine di investigatori e di cacciatori di nazisti di tutto il mondo dovranno aspettare sei anni e mezzo per sapere che nel paese in cui avevano vissuto Herbert Cuckurs, Franz Stangl e Gustav Wagner era morto Josef Mengele. E tutto ci nonostante i primi a rendere noto il decesso fossero stati proprio i suoi amici, familiari e protettori, cosa che in un primo momento gett sulla vicenda un certo alone di dubbio. Come se non ne sapessero niente, come se volessero nasconderli o se non fossero neppure nati, nessuno di questi testimoni postumi ha mai parlato dei gemelli di Cndido Godi, mentre nelle loro dichiarazioni hanno insistito fino allo sfinimento su numerosissimi dettagli relativi ai giorni trascorsi da Mengele nei sobborghi di So Paulo. Le testimonianze sembrano ignorare la permanenza del medico nazista nello stato del Rio Grande do Sul, cos come non menzionano quello che chiaramente, in base alla sua storia, alle sue carte e ai suoi precedenti, era stato il leitmotiv della sua vita: la sperimentazione genetica. La storia dell'ultimo capitolo brasiliano della vita dell'Angelo della Morte, ricostruita in base alle parole di coloro che lo frequentarono negli ultimi anni, la seguente. Josef Mengele arriv nel Sud del Brasile alla met del 1961. Veniva dal Paraguay, dalla zona delle colonie tedesche che solo una stretta fascia di territorio argentino separa dal Brasile, e pur essendo in perenne movimento, negli ultimi tempi si sentiva pi sicuro di quando si trovava a Buenos Aires. A quell'epoca, e in quella specifica zona, le frontiere erano una mera formalit. Il territorio era uno solo, popolato da coloni tedeschi immigrati nei tre paesi, e anche la lingua, negli ambienti frequentati dal medico, era una sola, il tedesco. Poco dopo il suo arrivo in un luogo non meglio identificato del Brasile strinse amicizia con un austriaco, Wolfgang Gerhardt, gi veterano della Giovent hitleriana, che aveva messo radici nel paese a partire dal 26 aprile 1949. Anche se niente indicava che il medico fosse un fuggitivo e si trovasse nell'impellente necessit di ricevere aiuto, la storia raccontata dai testimoni che Gerhardt si dimostr subito disposto a collaborare con lui e gli trov alloggio nei sobborghi di So Paulo a casa di Geza e Gitta Stammer, una coppia ungherese che pi tardi la polizia avrebbe sospettato facesse parte di una rete di protezione per criminali nazisti. L'ospite fu alloggiato con il nome di Pedro Gerhardt, ma a tutti diceva di voler essere chiamato semplicemente don Pedro, e visse insieme ai due ungheresi per otto anni. Poco dopo il suo arrivo gli Stammer scoprirono il suo vero nome, ma per ragioni di solidariet non lo denunciarono.

Secondo questo filone d'indagine, Mengele si trasfer direttamente dal Paraguay a So Paulo, senza evidenti ragioni e senza tappe intermedie, men che meno nella zona di C ndido Godi. Poi, nel 1967, dopo aver ricevuto un'importante somma di denaro da Gnzburg, inviatagli dalla famiglia tramite Hans Seldmeier, ricambi agli Stammer la gentilezza di avergli dato alloggio comprando una piantagione di caff a Caieiras, nei sobborghi della citt, e cominciando a sfruttarla a met con loro. Due anni dopo, nel 1969, per motivi che anche in questa occasione non sono stati convincentemente chiariti, l'ospite trasloc ancora, stavolta per andare a vivere nella grande citt. Qui, di nuovo grazie alla soccorrevole mano di Wolfgang Gerhardt, che in questa fase sembra essere diventato per lui una sorta di misterioso protettore, il medico si sistem in casa di Wolfram e Liselotte Bossert, una coppia austriaca che, come la precedente, non fece troppe domande sulla sua identit. Fin qui Josef Mengele non poteva certo lamentarsi della propria sorte. Come fiori del deserto, dal suo rapporto con Gerhardt spuntavano solidariet irriflessive e quasi cieche: nessuno si mostrava interessato a chiedergli chi fosse, da dove venisse e quale fosse la sua storia. Nel 1974 questa dose di buona sorte raggiunse il culmine. Wolfgang Gerhardt infatti decise di tornare in Austria, lasciando al suo protetto tre documenti con il proprio nome che pi tardi avrebbero attirato l'attenzione di decine di investigatori: un passaporto, una patente automobilistica e un permesso di lavoro nell'impresa metallurgica di Erich Lessmann a So Paulo, emesso il 10 novembre 1969. Con tali documenti, ultimo dono del suo benefattore, l'Angelo della Morte sembra sfumare per sempre, trasformandosi definitivamente in Wolfgang Gerhardt. E in questa fase che Rolf Mengele cominci a scrivergli da Gnzburg. Ormai non si vedevano da anni e non sapevano pi niente l'uno dell'altro, e si avvicinava il momento in cui sarebbe stato necessario giustificare quella relazione. Dir Rolf nel 1985 alla rivista tedesca Bunte: Gli domandavo come poteva aver fatto tutto quello di cui era accusato, quali erano state le sue motivazioni. In seguito a questo scambio di lettere litigammo. Mio padre dava le sue lettere a Wolfram Bossert, tecnico presso una fabbrica di automobili di So Paulo. Immagino che questo Bossert le facesse avere a Seldmeier, a Gnzburg, che poi me le consegnava. Ma nel 1977 mi ero stancato di questi continui litigi e cos decisi di andare a parlarne personalmente con lui. Nel maggio di quello stesso anno, con un passaporto in regola e intestato con il proprio nome, cosa che peraltro non attir l'attenzione dei servizi segreti brasiliani, Rolf Mengele arriv a So Paulo.

La via in cui abitava mio padre era in condizioni davvero pessime. Non sembrava nemmeno una strada: niente pavimentazione, solo terra battuta, buche e sudiciume. A destra e a sinistra, chilometri e chilometri di favelas. Impossibile non notare la stranezza della situazione: l'uomo che grazie alle risorse provenienti dall'impresa paterna aveva abitato nei quartieri pi lussuosi della zona nord di Buenos Aires, nell'esclusiva Bariloche e nel sofisticato hotel Tirol, nel 1977, secondo la testimonianza del figlio, viveva praticamente in miseria. La prima cosa che sentii fu che tutto ci mi era estraneo. Una sensazione. Ma poi vidi mio padre tremare d'emozione, vidi le lacrime nei suoi occhi. Mi sforzai di fare un gesto che ci permettesse di superare il nostro stato d'animo. La casa era piccola e molto povera. Mio padre dovette sdraiarsi sul pavimento per cedermi il suo letto. Un tavolo, un paio di sedie e un armadio, ecco tutta la sua mobilia. Fino a quel momento, a parte il nostro primo incontro nel 1956, l'immagine che avevo di mio padre era quella trasmessami dalle fotografie: un uomo giovane, arrogante, sicuro di s. Quella che avevo davanti, invece, era una creatura ridotta in uno stato deplorevole. Nelle due settimane che passai con lui compresi che era dominato dalla paura, che soffriva di depressione e aveva manie suicide. Alla fine gli domandai perch non si decideva a lasciarsi processare. Mi rispose che per lui quelli non erano giudici, ma solo artefici di vendetta. Non era pentito. Parlava sempre di vite indegne. Diceva che nessuno pu arrogarsi il diritto di giudicare se una vita degna o meno, e men che meno di condannarla. Era una cosa che lui non ammetteva. Analogamente non poteva accettare un giudice, e per una ragione semplicissima: non si sentiva in colpa. Metodico, abitudinario, ossessivo tanto nei comportamenti quanto nelle idee, Josef Mengele teneva diari e quaderni nei quali annotava pedissequamente tutto ci che pensava, formulazioni e punti di vista, i risultati dei suoi esperimenti: a un certo punto pens addirittura di scrivere un libro. Alla fine degli anni Settanta, poco prima di morire, riusc a spedire tre capitoli a una casa editrice. Nonostante le continue tribolazioni dell'esilio riceveva molta corrispondenza e rispondeva alle lettere al punto che, se contro di lui non ci fossero tante e cos perentorie prove, la sua biografia si potrebbe ricostruire a partire dalle sue carte. Oltre ai diari di guerra e ad altri scritti portati in salvo da suo figlio Rolf e consegnati all'avvocato statunitense Gerald Posner, ci sono le carte dei suoi anni da studente, quelle della permanenza sul fronte russo, della fase nell'inferno di Auschwitz, dell'esilio clandestino in Argentina e in Paraguay e di tutto il periodo brasiliano. O per meglio dire, quasi tutto. Perch sulle visite che fece a Cndido Godi nel corso di cinque anni, fino a oggi non stata trovata una sola riga. Su ci che l'Angelo della Morte fece fra il 1963 e il 1968 nello stato di Rio Grande do Sul cala un manto di silenzio.

Nel novembre del 2004 Andra Michael e Ana Fior, giornaliste del quotidiano Folha di So Paulo, recuperarono un blocco di ottantacinque manoscritti in tedesco, pi uno in portoghese, che la polizia brasiliana aveva trovato dopo la morte di Josef Mengele nella sua ultima casa, in calle Alvarenga. Il pacchetto sequestrato dagli agenti era composto da lettere, annotazioni, frammenti di diario e scritti vari corrispondenti all'ultima fase del soggiorno brasiliano di Mengele, dal 1969 alla fine del 1976. Sia chiaro: in nessuna di queste pagine il medico di Auschwitz mostra un qualche pentimento. Al contrario, in una pagina di diario - tredici fogli scritti con la penna stilografica - datata gennaio 1976, registrando la lettura delle memorie di Albert Speer, l'ex ministro nazista agli Armamenti, dice di lui: Si sminuisce, mostra di essere pentito, una cosa deprecabile. Il Mengele che emerge da questi manoscritti e dai testi dattilografati su due macchine una Kochs Adlernahmaschi modello ABC e una Zephir-Smith-Corona ancora il classico nazista: lo vediamo superbo, razzista, antisemita, frustrato per non aver mai ricevuto i riconoscimenti che pensava di meritare, declinante e depresso negli ultimi anni di vita. In questi scritti difende la tesi secondo cui la razza ariana sarebbe superiore a tutte le altre, considera il meticciato sempre e soltanto una sciagura, e mette in questione la capacit intellettuale degli ebrei. In un manoscritto, redatto con inchiostro azzurro e senza data, commentando le teorie darwiniane e le differenze fra le scimmie e gli esseri umani, afferma che la capacit intellettuale non la medesima in tutti gli uomini, ma varia a seconda della razza: E da sperarsi che il processo di meticciato, almeno in Europa, si limiti alle razze vicine, e che la percentuale delle razze nordiche non diminuisca. In vari continenti si sono realizzati importanti esperimenti sul meticciato. Si pu affermare che hanno avuto risultati poco positivi. In un saggio, scritto in risposta a una lettera ricevuta nel dicembre del 1972 da un mittente sconosciuto, il medico riprende le stesse idee: Una produzione culturale un po' sopra la media e forme di vita pi civilizzate sono state individuate quasi esclusivamente laddove gli immigrati europei non si sono mescolati. Nello stesso testo, probabilmente del 1973, scrive: Che razze e popoli differiscano l'uno dall'altro un fatto provato, del quale nessuno pu dubitare. In ci non vi alcun giudizio di valore. E prosegue: La qualit di una razza o di un popolo, dal punto di vista biologico, si pu spiegare con l'adattamento all'ambiente in cui vive.

Quando si prende come misura un certo livello culturale si percepisce subito che, nel confronto fra popoli diversi con caratteristiche razziali differenti, come risultato possono darsi comportamenti vari tra loro. Non tutte le razze o i popoli conquisteranno la stessa posizione culturale; il che ci porta alla conclusione che non tutti i popoli hanno lo stesso dono creativo. Nella razza nordica ci pu essere constatato in maniera molto chiara. Sono cose che si sapevano fin da prima che facesse la sua comparsa una teoria scientifica delle razze come quella del conte de Gobineau. E possibile convincersi di ci prendendo semplicemente in considerazione i dati pi importanti della storia occidentale e analizzandone le caratteristiche razziali. In questo testo Mengele condanna ancora una volta con furiosa veemenza il meticciato, e suggerisce che tale pratica potrebbe portare alla rovina gli Stati Uniti. Elogia poi l'apartheid adottato in Sudafrica - eliminato solo pochi anni fa, nel 1994, quindici anni dopo la sua morte -, presentandolo come l'unica forma di convivenza possibile per la conservazione delle razze intellettualmente sopra la media. In uno scritto dell'aprile 1969, nel quale esprime il suo parere su alcuni temi di storia contemporanea, per esempio la guerra del Vietnam, Mengele condanna il fatto che ben poche voci si siano levate contro l'aggressione israeliana ai palestinesi in Medio Oriente, e definisce degenerata la giovent tedesca perch si stava allontanando dalle sue tradizioni. Quattro anni dopo, nel 1973, Mengele ritorna sul tema criticando la Germania postbellica e lamentando il disprezzo con cui l'eredit della sua generazione guardata dai giovani tedeschi. Il testo comprende anche commenti specifici sulle origini e sulle capacit intellettuali del popolo ebraico: Per lo studio dei problemi nati dal mescolarsi delle razze, necessario dedicare un'attenzione speciale al popolo ebraico. Nato inizialmente dal miscuglio fra razze dell'Asia Minore e dell'Oriente, nel corso della sua migrazione millenaria questo popolo ha accolto elementi di razze europee e negroidi. La produzione culturale degli ebrei indiscutibile. Ma facile vedere che i suoi rappresentanti superiori alla media (intellettualmente) sempre e senza eccezione alcuna vivevano presso popoli con un elevato livello culturale. Questo vale per Mos (Egitto), Einstein (Germania), Maimonide (Egitto), Spinoza (Olanda-Spagna), Mendelssohn (Germania), Saint-Sans (Francia), Heine (Germania), Mahler (Germania), Disraeli (Inghilterra) e ancora per Karl Marx. A quanto pare la componente del popolo d'accoglienza ha avuto un ruolo decisivo. E fra tutte le popolazioni pare che quella tedesca sia stata la pi efficace. Gli altri testi brasiliani di Mengele ritrovati dalle due giornaliste sono in sintonia con quelli citati: ironici e sprezzanti verso gli ebrei; pieni di lamentele, a partire dal 1978, per

la mancanza di denaro; sempre pi intrisi di preoccupazione per il progressivo allontanamento degli amici e per la necessit di mantenere il segreto sulla sua vera identit. Nelle ultime pagine del diario si parla di una pompa idraulica rotta e di una grondaia che sgocciola e che nessuno sa come sistemare; e il declino si avverte ancora di pi nella grafia, che migliora o peggiora a seconda dello stato d'animo. Ma la cosa pi curiosa di queste carte non il fatto che mostrino la decadenza di un criminale o che siano perlopi ritagli, incompleti e frammentari. La vera stranezza sta non tanto in quello che dicono quanto in ci che rimane non detto, e forse proprio qui sta la soluzione dell'enigma: anche se in esse non si fa la minima allusione ai gemelli di Cndido Godi, poco prima di morire Josef Mengele stava scrivendo un libro del quale aveva gi terminato tre capitoli. Aveva trovato un editore a Graz, in Austria, che aveva in catalogo testi sul nazismo, biografie, memorie e storia militare europea. Aveva gi pubblicato testi neonazisti e revisionisti, come quello dell'inglese David Irving, e stava cercando autori che trattassero temi di genetica e biologia. Possibile che, alla fine, Mengele avesse trovato qualcuno disposto ad ascoltarlo, e che stesse per ottenere i riconoscimenti che aveva sempre pensato di meritare? Dopo la visita del figlio Rolf, Josef Mengele abitava ancora dai Bossert, e fu insieme a loro che venne a sapere della morte del suo ultimo protettore: il 16 dicembre 1978, in seguito a un incidente stradale avvenuto su un sentiero vicinale nei pressi di Graz, in Austria, il vero Wolfgang Gerhardt era deceduto, sgombrando il futuro per il suo falso omonimo. Dalle testimonianze degli Stammer, dei Bossert e del personale domestico che lavorava per i due ungheresi, si evince che il medico di Auschwitz, pur con la sua nuova identit, continuava a condurre una vita ritirata e discreta: non usciva la sera, niente visite o relazioni non necessarie. Eppure, come se la dipartita del vero Gerhardt fosse il segnale che stava aspettando, subito dopo aver appreso della morte del suo amico Mengele accett di andare in vacanza. Insieme ai Bossert, a bordo di una sconquassata Volkswagen, l'Angelo della Morte si rec nella localit balneare di Bertioga e prese alloggio in uno dei tre alberghetti del paese, un villaggio di tremila abitanti, talmente piccolo da non figurare nemmeno sulle carte geografiche della costa di So Paulo. La mattina del 7 febbraio, in compagnia di Wolfram Bossert, Mengele entr in acqua e cominci a nuotare. A sessantotto anni, nonostante gli acciacchi, i crampi che per lunghi attimi gli paralizzavano la gamba destra e le emorragie cerebrali che lo avevano colpito, era ancora forte e in buona salute.

Si stacc dal suo amico, si tuff e si allontan in mare aperto. Erano soli. In pochi secondi una delle mani di Mengele spar dalla superficie, e il suo accompagnatore comprese che stava annegando. Ma non riusc a salvarlo e il corpo fu recuperato pi tardi da un bagnino. L'8 agosto 1979, davanti all'impossibilit di continuare a reggere le pressioni diplomatiche provenienti soprattutto da Washington, il governo paraguayano comunic ufficialmente l'annullamento della procedura di nazionalizzazione per il medico di Auschwitz. Nelle motivazioni del provvedimento si sottolinea soprattutto il fatto che il criminale non risiede nel territorio dello stato da circa vent'anni. Nel 1980 i cacciatori di Mengele credettero di essere ormai vicini alla preda. In giugno supposero di averlo fotografato a Santa Cruz de la Sierra, in Bolivia, e in dicembre giurarono di averlo identificato nella zona rurale di Rio Negro, in Uruguay. Il 2 aprile 1981 la Repubblica democratica tedesca present per l'ennesima volta la richiesta di estradizione. In Argentina il mandato d'arresto fu emesso dal giudice federale Fernando Zavalia, che ne chiedeva la cattura - oltre che come Mengele o Gregor - con i nomi di Fausto Rindn o Jos Alvers Aspiaz, medico. Un anno pi tardi, nell'aprile del 1982, Hubert Lassier, un giornalista free lance che si trovava a Buenos Aires per raccontare la guerra delle Malvinas, dichiar di averlo intervistato in un luogo remoto della selva paraguayana grazie a una catena di contatti che l'aveva portato dalla capitale argentina a un ristorante di Posadas, nella provincia di Misiones. L'ondata di nuove voci sull'Angelo della Morte sfior anche gli uffici viennesi di Simon Wiesenthal. Il 23 dicembre 1982 il decano di tutti i cacciatori di nazisti affermava che Mengele risiedeva a Neuland, una comunit mennonita del Paraguay occidentale. E anche se il 20 marzo 1983 Cornelius Walde, amministratore generale delle colonie mennonite del paese, negava recisamente, in quella zona stavano indubbiamente accadendo delle cose strane. Una nota dell'agenzia di stampa Noticias Argentinas, datata Buenos Aires, 12 ottobre 1982, denuncia una truffa per pi di 130 milioni di marchi (circa 55 milioni di dollari) di investimenti tedeschi in Paraguay: le indagini sono condotte dalla magistratura della Repubblica federale tedesca. Circa 1200 investitori tedeschi sarebbero caduti vittima di Heriberto Rodel, proprietario della Treubesitz-Sudamerika, un'agenzia immobiliare di Magonza. Rodel, ora incarcerato presso la prigione tedesca nota con il nome di Kartause, dirigeva una delle molte organizzazioni che si occupano di indirizzare investimenti speculativi tedeschi verso

l'acquisto di terre in Paraguay. L'uomo d'affari arrestato, che per i suoi spostamenti si serviva di un passaporto paraguayano, stando a quanto racconta nel suo ultimo numero la rivista Der Spiegel di Amburgo convogliava denaro verso i latifondi San Antonio e San Heriberto, fra gli altri, e verso il progetto agrario Santo Stefano, ribattezzato in tedesco Neuland (Terra Nuova). Neuland, nella zona orientale del Paraguay, un fondo di 19.000 ettari amministrato dalla General Farming, una fiduciaria transatlantica tedesca che, stando a quanto pubblicato, si troverebbe sotto il controllo della celebre Prince Waterhouse statunitense. Rodel assicurava ai suoi clienti una resa stimata del 26,1 per cento annuo, che, aggiungendo la detraibilit fiscale, poteva salire al 51,9. A Neuland, fra gli altri, c'era un esperto botanico in grado di ottenere ben due raccolti l'anno di girasoli a gambo corto. Lo scandalo scoppiato quando alcuni investitori hanno chiesto di vedere con i propri occhi l'azienda agricola in questione. Quello che hanno trovato una realt desolante: nemmeno l'ombra delle coltivazioni promesse, un paio di trattori sconquassati e un'estensione di terra coperta da erbacce tropicali. La delegazione degli investitori, proveniente in particolare dalla Germania occidentale, aveva con s un esperto, il cui verdetto risultato alquanto scoraggiante. Ha visto solo terreni aridi, paludi e, sull'85 per cento dei campi, una selva impenetrabile. I lavoratori assunti erano poi stati licenziati e pagati con assegni a vuoto. Nel frattempo la Prince Waterhouse accusava Rodel di aver utilizzato il proprio nome senza autorizzazione. Negli ultimi otto anni la Treubesitz e altre compagnie simili avevano canalizzato verso il Paraguay gli investimenti di 1500-2000 tedeschi l'anno. In alcuni casi, come reddito complementare, si garantiva anche l'ottenimento - per i facenti richiesta - di un permesso di residenza nel paese. Una vasta campagna pubblicitaria presentava il Paraguay come un paradiso di stabilit politica e di sicurezza per l'investitore, un paese nel quale era il benvenuto qualsiasi capitale straniero, soprattutto tedesco. Come ulteriore garanzia si ricordava che da ventotto anni vi era al potere Alfredo Stroessner, figlio di un contabile bavarese emigrato laggi nel 1898. Stando ai pieghevoli fatti stampare da Rodel - che, a quel tempo, si era fatto costruire una sontuosa residenza ad Asuncin -, la stabilit del Paraguay non poteva essere turbata perch il paese non ha problemi di minoranze etniche o religiose e inoltre manca il proletariato industriale. Lo scandalo esploso, insudiciando anche alcuni noti personaggi politici tedeschi, fra cui Arthur Missbach, ex parlamentare democristiano, che in un

bollettino confidenziale da lui stesso pubblicato raccomandava di mettere in salvo i propri capitali prima che sia troppo tardi, prima cio dell'avanzata del pericolo rosso. Bisognava optare per un rifugio sicuro: il Paraguay. Il maggio del 1985 fu un mese molto movimentato per quanto riguardava la caccia a Josef Mengele. Tutto sembrava indicare che il cerchio si stesse stringendo attorno al vecchio assassino: Beate Klarsfeld lo cercava in Paraguay; gli Stati Uniti, la RTF e Israele firmavano un trattato di collaborazione per procedere alla sua cattura; sui giornali di tutto il mondo Simon Wiesenthal pubblicava avvisi di ricompensa per chi avesse reso noto il suo domicilio, e il leader dell'opposizione paraguayana, Domingo Laino, vicepresidente del Partido liberal radical autntico, assicurava che Mengele era protetto dal dittatore Alfredo Stroessner e che viveva ad Asuncin nella residenza presidenziale di calle Mariscal Lpez. L'ultimo giorno del mese, mentre da Buenos Aires venivano diffuse le dichiarazioni di Laino, a So Paulo la polizia brasiliana riceveva una comunicazione confidenziale dai colleghi. Si trattava di una storia cominciata qualche giorno prima a Francoforte: un professore universitario residente in quella citt aveva dichiarato davanti al magistrato inquirente Hans Eberhar Klein che un impresario bavarese identificato come Hans Seldmeier aveva rapporti con Josef Mengele. La polizia tedesca aveva indagato, e perquisendo la casa di Seldmeier aveva trovato otto lettere dell'Angelo della Morte spedite da So Paulo. Tutta la corrispondenza, manoscritta, aveva lo stesso mittente: Eldorado Estrada, calle Alvarenga n. 5555, in un sobborgo della citt. Quando gli investigatori brasiliani, capeggiati dal superiore Romeu Turna, si presentarono all'indirizzo segnalato ci trovarono solo due inoffensivi vecchietti austriaci che si identificarono come i padroni di casa. Interrogati e messi di fronte alle notizie provenienti dalla Germania, Wolfram e Liselotte Bossert non tardarono a raccontare la loro versione dei fatti, e indicarono un luogo: la tomba n. 321 del cimitero di Nuestra Seora del Rosario, a Emb. La mattina del 6 giugno 1985, in mezzo a una gran folla di giornalisti e di curiosi, la tomba fu aperta e la salma riesumata. Non ne era rimasto molto: un cranio, alcune ossa e sette denti. Le spoglie furono deposte in una bara e trasportate all'Istituto di medicina legale di So Paulo, dove nei successivi quindici giorni furono analizzate con estrema cura. Le ricerche furono condotte da tecnici brasiliani coadiuvati da esperti statunitensi, tedeschi e israeliani. Il 20 giugno, finalmente, gli specialisti Horst Gemmer, Gerhard

Scheller e Dieter Sack, della Germania federale, insieme ai colleghi Ellis Kerley e Neal Sher degli Stati Uniti, confermarono che i resti trovati nel cimitero di Emb appartenevano a Josef Mengele. Israele si astenne dal pronunciare dichiarazioni ufficiali e manifest i propri dubbi attraverso dei semplici funzionari. Cinque anni dopo, la situazione era ancora questa. Che il ritrovamento di Emb fosse avvenuto proprio mentre il cerchio sembrava stringersi definitivamente attorno al criminale creava pi di un sospetto agli investigatori israeliani e lasciava aperta una serie di domande che rimangono tuttora senza risposta. Era mai possibile che Mengele avesse vissuto diciassette anni in Brasile senza che nessuno dei suoi inseguitori se ne fosse accorto? E se davvero era morto nel febbraio del 1979, come affermavano i medici legali, perch i suoi familiari non l'avevano detto, accettando di subire altri sei anni e mezzo di persecuzioni? Quel mattino, sulla spiaggia di Bertioga, il medico che aveva firmato il certificato di morte aveva stabilito che il cadavere apparteneva a un uomo sui cinquantacinque anni, mentre Mengele stava per compierne sessantotto: possibile che si fosse sbagliato cos grossolanamente? Era plausibile che la dentista Mara Elena Bueno affermasse di aver curato il Wolfgang Gerhardt che si poteva vedere sui giornali di tutto il mondo nel marzo del 1979, due mesi dopo la sua presunta morte per annegamento? Come possibile che Simon Wiesenthal, l'uomo che dirigeva il servizio informazioni privato pi importante del mondo, si sbagliasse tanto goffamente nel credere che alla fine del 1982 l'Angelo della Morte risiedesse ancora a Neuland, nella selva paraguayana? E che dire di Beate Klarsfeld? E se il sedicente professore di Francoforte fosse stato solo un altro burattino nelle mani dei Mengele di Gnzburg? Anche se queste domande non hanno avuto risposte soddisfacenti, l'unica cosa certa che con il ritrovamento della tomba di Emb il caso Mengele sembra chiudersi per sempre.

EPILOGO ADDIO A CNDIDO GODI


La sequenza che potrebbe essersi conclusa con l'ultimo esperimento di Josef Mengele ebbe inizio nel momento stesso della sua precipitosa fuga da Auschwitz. Fra le sue carte, nel diario personale che anni dopo sarebbe stato raccolto dall'avvocato statunitense Gerald Posner, l'Angelo della Morte parla del bagaglio che prese con s in quella notte di febbraio del 1945 dalla baracca del campo, illuminata dagli obici dell'Armata Rossa: i suoi appunti scientifici, quel che restava dei preparati che utilizzava nei suoi esperimenti, gli ultimi campioni di sangue su cui stava lavorando. Strano bagaglio per un uomo che tre anni dopo, sbarcando nel porto di Buenos Aires, si sarebbe dichiarato meccanico di professione. Un bagaglio da cui non si sarebbe pi separato per i trent'anni che gli restavano da vivere. Lo avrebbe portato ovunque con s; l'ultima riprova di quell'ostinazione l'avrebbe rinvenuta nel 1979 la polizia di So Paulo nella casa di calle Alvarenga, nei sobborghi della citt, dove il medico aveva abitato fino a qualche ora prima della sua misteriosa morte. Gli investigatori trovarono i suoi libri di biologia, i fornelletti, il microscopio e le provette, un kit da demiurgo oggi conservato insieme alle sue carte in una vetrina blindata del Museo Policial di Brasilia. Tutte le tappe di questo esilio avevano mostrato un Mengele convinto e determinato, anche in clandestinit, a portare avanti ricerche sulla sua fissazione: disposto a litigare con l'universit di Francoforte per riavere i propri titoli accademici; pronto ad aprire ben due laboratori durante la sua permanenza in Argentina; intenzionato, in mancanza di cavie umane, a usare il bestiame per ottenere che le vacche partorissero vitelli gemelli, prima a Buenos Aires, poi in Paraguay e infine, all'inizio degli anni Sessanta, nella zona di Cndido Godi, per dare forma, una volta per tutte, alle sue velleit di creatore. Se c' una cosa di cui possiamo essere sicuri su quest'uomo sempre sfuggente che non avrebbe mai rinunciato alla sua missione. Anche se a volte sembra dimenticarla per occuparsi delle cose pi disparate, per esempio fabbricare giocattoli didattici: l'ossessione per i gemelli era uno stigma che avrebbe portato con s fino alla morte. A Cndido Godi, quando l'anormalit cominci a trasformarsi in quotidianit, la gente fin con l'abituarsi piuttosto in fretta. All'inizio il fenomeno in s non era motivo n d'orgoglio n di vergogna, poi, a turno, divenne entrambe le cose. Il processo sarebbe andato avanti a fasi alterne fino alla fine degli anni Ottanta, quando i gemelli furono incorporati nella vita comunitaria come un'istituzione e come fonte di entrate turistiche per il villaggio. Forse fu un caso, ma questa accettazione a pieno titolo avvenne proprio quando si diffuse la notizia della morte di Mengele. Oggi Cndido Godi ha la sua festa, il suo

museo e perfino uno stemma: un cerchio con all'interno due profili identici sovrapposti. La pr loco vende bottigliette di agua da fertilidade, e la principale entrata extra delle casse comunali rappresentata dai visitatori che ogni anno vengono qui per ballare, bere e farsi fotografare insieme ai gemelli. C' persino un discorso ufficiale che viene ripetuto per le strade, nel museo e negli uffici pubblici. Contro tutto ci che potremmo pensare, questo speech comprende anche il dottor Mengele, e rivendica ai gemelli il ruolo di vittime: non viene negata la presenza del medico nazista nella zona, si afferma per che vi risiedette solo come osservatore, e che la sua presenza all'origine della leggenda nera che tutt'ora pende sui poveretti. L'argomentazione ragionevole, e mostra una delle due prospettive da cui oggi si pu vedere il fenomeno. Sono punti di vista antagonistici, tanto pi in quanto impossibili da dimostrare: cos come nessuno pu provare che i primi gemelli di Cndido Godi furono una sorta di Ragazzi venuti dal Brasile generati dagli esperimenti dell'Angelo della Morte, non ci sono voci abbastanza autorevoli per sostenere che il fenomeno obbedisca solo a cause naturali. Se si d per vera, come documentato, la presenza sul posto di Mengele all'inizio degli anni Sessanta, le ipotesi sulle ragioni della sua permanenza si riducono a due sole: Cndido Godi fu per lui un laboratorio o di lavoro o di osservazione. Quelli che sostengono quest'ultima ipotesi insistono sul fatto che l'esplosione di nascite gemellari precedente al suo arrivo e da esso indipendente, e ritengono che Mengele, avvertito del fatto da un qualche amico, accorse semplicemente sul posto a curiosare. Ma se il discorso ufficiale del villaggio si costruito attorno all'immagine di un Mengele mero osservatore che non mise mai concretamente mano alla cosa, i racconti sulla sua presenza nella regione aprono giganteschi spazi di dubbio: secondo molte testimonianze visitava le donne e poi ne seguiva la gravidanza, utilizzava un qualche tipo di farmaco o di preparato, parlava di inseminazione artificiale sugli esseri umani e nel frattempo continuava a condurre esperimenti sul bestiame, convinto di poter indurre le vacche a partorire vitelli gemelli. Il fantasma di Josef Mengele, inafferrabile ed erratico come lo fu il personaggio in carne e ossa, aleggia ancora su Cndido Godi. Josef Mengele torn nella regione dopo essersi trasferito a So Paulo presso i suoi nuovi protettori? Nessuno pu dirlo con certezza. Gitta Stammer, sua prima padrona di casa a So Paulo, dichiar alla polizia che ogni tanto Mengele e il suo amico Wolfgang Gerhardt sparivano di casa per quattro o cinque giorni e si mettevano in viaggio senza dire a nessuno dov'erano diretti. E gli Stammer erano stati fattori a Nova Europa, una delle colonie da cui erano partiti i fondatori di Cndido Godi. Una mera casualit? Pu essere, ce ne sono talmente tante in questa storia. Quel che certo che il Mengele che realizzava esperimenti e scriveva sulle sue convinzioni e scoperte non mai sparito del tutto. Il medico di Auschwitz era un corrispondente

ossessivo, anche dalla clandestinit; alcuni sospettano che poco prima della sua morte, a met degli anni Settanta, stesse scrivendo un libro sui gemelli. Questo almeno quello che disse al giornalista ungherese Ladislao Farago, chiedendogli di intercedere per fargli avere un anticipo di centomila dollari. Al tempo stesso, come abbiamo visto, tra le carte del medico ritrovate dopo la sua morte non c' nemmeno un rigo di riferimento a Cndido Godi o allo strano fenomeno che vi stava accadendo. Come possibile che Mengele sia riuscito a resistere alla tentazione di commentarlo, di farvi almeno un accenno? Difficile, eppure sull'argomento non stata ritrovata alcuna nota. Cndido Godi, estate In una delle piazzole del viale d'ingresso stato montato un palco di legno e di canne. L'orchestra emette suoni assordanti da un palchetto contiguo. Giovani e meno giovani, vestiti alla tedesca, gridano, bevono e ballano lungo le strade profumate d'arancio. C' festa in paese, e molti turisti sono arrivati per prendervi parte. Troupe televisive inquadrano i gemelli che salgono sul palco e sorridono alle telecamere. I festeggiamenti hanno cancellato ogni dubbio e ogni sospetto. La gioia ha fatto dimenticare la mancanza di spiegazioni dei genetisti di tutto il mondo; per qualche ora, questa sera, nessun fantasma alegger su Cndido Godi. Coppie di innamorati scherzeranno sulle bottigliette di agua da fertilidade, e i gemelli reciteranno la loro parte confondendo persino quelli che li hanno visti nascere. Si fa festa, a Cndido Godi. Qualsiasi sia il segreto del villaggio, rester per sempre chiuso a sette mandate.

INDICE
Introduzione Preistoria di un assassino Il laboratorio Lo sperimentatore Il rifugio paraguayano Il demiurgo L'uomo che viveva per scrivere Epilogo. Addio a Cndido Godi Joachim Fest

LA DISFATTA
Gli ultimi giorni di Hitler e la fine del Terzo Reich Nella storia recente non c' avvenimento catastrofico che possa essere paragonato alla fine del Terzo Reich nel 1945. Mai in precedenza il tracollo di un impero aveva comportato la perdita di tante vite umane, la distruzione di tante citt, la devastazione di interi territori. Non furono solo gli orrori inevitabili di una sconftta, accentuati dal potere distruttivo delle guerre moderne. Nell'agonia che cancell l'impero, quando ormai tutti sapevano che la guerra era perduta, compreso il Fhrer, sembra che fosse all'opera una forza deliberata che port alla distruzione un intero paese. Dal suo bunker Hitler stesso diede ordine di demolire tutte le infrastrutture necessarie alla continuazione della vita. Nella Disfatta Joachim Fest ricostruisce l'apocalisse tedesca, che condusse un esercito e un intero popolo a eseguire fino all'ultimo ordini di cui potevano comprendere la follia e l'insensatezza. Uki Goni

OPERAZIONE ODESSA
La fuga dei gerarchi nazisti verso l'Argentina di Pern

Dopo la sconfitta di Hitler, numerosi gerarchi nazisti trovarono rifugio in Argentina: criminali di guerra come Eichmann, Barbie e Mengele, passati per Genova tra il 1949 e il 1951, ma anche Rauch, l'ufficiale che aveva svuotato per conto del Fhrer la Banca centrale tedesca. A organizzare la fuga era la misteriosa ed efficiente Organisation der ehemaligen SS-Angehrigen, nome in codice Odessa. In molti hanno cercato i segreti di Odessa, ma mancavano ancora diversi tasselli importanti. Per la prima volta, dopo una serie di indagini in Sudamerica e utilizzando materiali inediti dei servizi segreti americani ed europei, ma anche attraverso una serie di interviste, Uki Goni ricostruisce l'intera filiera, con una serie di rivelazioni che riguardano gli accordi tra il governo di Pern e la chiesa cattolica argentina, le complicit delle autorit elvetiche, le basi italiane, le azioni degli agenti segreti di Himmler a Buenos Aires e in Europa... Alexander Stille UNO SU MILLE Cinque famiglie ebraiche durante il fascismo Uno su mille: era pi o meno questa la proporzione di ebrei nella popolazione italiana quando nel 1938 entrarono in vigore le leggi razziali. Fino a quel momento, ebrei e fascisti avevano convissuto, in un singolare miscuglio di benevolenza e tradimento, persecuzione e aiuto. Per raccontare l'esperienza degli ebrei nel momento pi tragico della nostra storia, Alexander Stille ha seguito il destino di cinque famiglie: gli Ovazza di Torino, che avevano prosperato sotto Mussolini; i Foa, anch'essi torinesi, che avevano un figlio fervente antifascista e l'altro iscritto al fascio; i Di Veroli di Roma, che hanno lottato disperatamente per sopravvivere nel ghetto; a Genova i Teglio, in particolare Massimo, e i Pacifici, che hanno collaborato con la chiesa cattolica per salvare centinaia di ebrei; e gli Schnheit di Ferrara, che vennero deportati a Buchenwald e Ravensbrck dai fascisti italiani e dai nazisti tedeschi.

Jorge Camarasa, storico e giornalista argentino, autore di numerosi saggi. In particolare si occupato di Evita Pern, oltre che dei gerarchi nazisti che si sono rifugiati in Sudamerica. Joseph Mengele probabilmente il pi feroce criminale nazista: il famigerato medico di Auschwitz, che tortur con terribili esperimenti pseudoscientifici i bambini internati nei campi di sterminio. Alla caduta di Hitler, che gli aveva affidato il compito di scoprire il meccanismo genetico che portava alla nascita dei gemelli, fece perdere le sue tracce. Malgrado le indagini dei servizi segreti degli alleati e del Mossad, nessuno riuscito a smascherarlo.

Jorge Camarasa, il giornalista argentino che ha indagato a lungo sui criminali nazisti in fuga, ha scoperto le diverse identit assunte da Mengele in Argentina e in Brasile, fino alla morte, avvenuta presumibilmente nel 1979. Non tutto. C' un aspetto forse ancora pi agghiacciante: con tutta probabilit il dottor Mengele continu i suoi esperimenti anche durante la latitanza. Lo avrebbe fatto in Brasile, a C ndido Godi, quella che viene chiamata la citt dei gemelli, dove vivono decine e decine di coppie di gemelli omozigoti, biondi e con gli occhi azzurri: questa misteriosa anomalia genetica forse oggi ha trovato una terribile spiegazione

Potrebbero piacerti anche