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Chirurgia orale
Dott. Francesco Erovigni
Sbob: Antonello Troiano
Caso clinico
Paziente donna di 55 anni che in analisi patologica remota presentava una gastroresezione per un
carcinoma gastrico. Al momento della visita odontoiatrica non era più una pz oncologica e
presentava ‘solo’ osteopenia (= riduzione di calcificazione ossea che anticipa l’osteoporosi ma non
si tratta di osteoporosi conclamata). Per l’osteopenia alla pz era stato prescritto l’alendronato che
ha la funzione di fermare la perdita di calcificazione e quindi di rinforzare le ossa, ma la pz al
momento dell’anamnesi odontoiatrica non segnala che si trova in trattamento con questo farmaco
per via orale (molti pz non lo segnalano perché ritengono queste informazioni non necessarie).
La pz esegue l’estrazione del 38 e il dentista, dopo l’estrazione e aver visto che non guariva, è
andato a ripulire la ferita, pensando ad una infezione, ad un’alveolite, che può essere una
infezione dell’alveolo post-estrattivo, con l’obiettivo di farla guarire.
Dopo 6 mesi, la pz torna perché sta fuoriuscendo pus dalla ferita e a quel punto le si chiede una TC
perché questa situazione non è normale. In quest’esame in una situazione normale di guarigione si
vede una situazione di osseo completamente riempito, mentre in questo caso si vede che al posto
del dente estratto non si è formato osseo e si nota la zona corticale ossea con dei problemi in
quanto è riassorbito e ha un aspetto un po' rimaneggiato. Allora si fa diagnosi di osteonecrosi da
bifosfonati e si interviene chirurgicamente facendo una pulizia dell’osso necrotico aprendo la
gengiva, usando i concentrati piastrinici e il laser; l’obiettivo del concentrato piastrinico è quello di
mettere una quantità di piastrine molto maggiore rispetto alla quantità di piastrine fisiologica
presente nel sangue in modo che i fattori di crescita rilasciati dalle piastrine accelerino il processo
di guarigione. L’obiettivo della bio-stimolazione laser è inviare un calore terapeutico nella zona
osteonecrotica al fine di stimolare la neo-angiogenesi che determina a sua volta un apporto di
sostanze nutritive per velocizzare la guarigione. Dunque, quelli appena descritti sono trattamenti
adiuvanti al fine di avere un recupero chirurgico molto più veloce.
Successivamente alla stessa pz viene svolto un secondo intervento più aggressivo del primo con
l’estrazione del settimo (più aggressivo in quanto il lembo è stato più ampio e la resezione è stata
più invasiva) utilizzando sempre il concentrato piastrinico e il laser, ma la pz anche in questo
intervento non guarisce. Avere due interventi in locale che non guariscono significa che il
problema è più grande rispetto a quello visibile in TC e la si manda dal chirurgo maxillo-facciale.
Ci sono state tutte queste complicanze soltanto perché la pz non ha informato bene l’odontoiatria
circa i farmaci assunti.
• Mineralizzazione
• Riassorbimento
• Inversione
• Neoformazione
Nella fase di mineralizzazione intervengono gli osteoblasti mentre nella fase di riassorbimento gli
osteoclasti. Nella fase di inversione intervengono delle cellule specifiche, le reversus cells, che
sono dei precursori degli osteoblasti.
Tutto il processo avviene in un tempo di circa 3 mesi, ragione per cui in passato si facevano
attendere 3 mesi prima di caricare un impianto proprio per permettere all’osso di completare il
processo di rimodellamento. La massima attività di riassorbimento avviene in particolare ad 1
mese dall’inizio del rimodellamento ed è per questo che la stabilità primaria di un impianto ad 1
mese dall’inserzione diventa minore rispetto all’inizio dell’inserzione.
Gli osteoclasti sono cellule non presenti normalmente nell’osso ma richiamate dal midollo osseo.
Presentano gli stessi precursori cellulari dei macrofagi e mediante lo stimolo di alcune proteine
secrete dagli osteoblasti questi precursori vengono attivati e trasformati in osteoclasti; quindi tra
osteoblasti e osteoclasti si ha una reazione di controllo e feedback reciproco.
Quando si è in una fase di stabilità, in un momento
di non rimodellamento osseo, entrano in gioco delle
proteine specifiche tra cui l’osteoprotegerina
(OPG): questa proteina è un recettore esca di
RANKL (=gruppo di proteine stimolanti gli
osteoclasti) inibendone così l’efficacia e facendo in
modo che l’osteoclasto sia quiescente. Nel
momento in cui si riduce il livello di OPG, RANKL
(situato sugli osteoblasti) va in contatto con il
recettore RANK (presente sugli osteoclasti
quiescenti) permettendo così l’attivazione
osteoclastica e l’inizio del rimodellamento osseo.
Tutta l’area compresa nel rimodellamento prende il nome di unità metabolica ossea (BMU):
nell’adulto la BMU continua la sua attività in un periodo compreso tra 6-9 mesi chiamato sigma e
lo scheletro adulto contiene circa 35 mln di BMU.
Ad un certo punto può capitare che questo meccanismo di equilibrio venga a mancare per cui
l’azione di riassorbimento superi quella di formazione. Ciò può verificarsi in 3 categorie di pz:
1. Osteoporosi
Si tratta della perdita di massa ossea con un’alterazione della microarchitettura tissutale (aumenta
il midollo fibroso, diminuisce la densità ossea) e un aumentato rischio di frattura.
I bifosfonati hanno la funzione di ridurre l’incidenza della prima frattura e delle fratture successive
e di ridurre il dolore e la disabilità del pz. Hanno dimostrata efficacia nel ridurre il rischio di
frattura in donne con osteoporosi post-menopausale e sono Indicati particolarmente nel
trattamento di donne in postmenopausa con storia clinica di fratture vertebrali e con un alto
rischio di ricorrenza. Questi farmaci hanno un meccanismo di tossicità nei confronti degli
osteoclasti; la durata ottimale non è nota, con la maggior parte degli studi clinici condotta su 3
anni, mentre sull’alendronato si ha un’esperienza decennale.
L’effetto collaterale è costituito da tossicità gastroenterica con ulcerazioni orofaringee ed esofagiti
(osteonecrosi da bifosfonati è una complicanza). Per ridurre il rischio di questo effetto collaterale il
farmaco va assunto a digiuno, accompagnato con acqua, ed è necessario attendere almeno 30
minuti prima di un pasto.
2. Morbo di Paget
È una condizione in cui il ricambio osseo è drammaticamente accelerato e conduce alla
formazione di tessuto osseo con ridotta resistenza compressiva ed aumentata vascolarizzazione,
con associato dolore osseo ed elevati livelli di fosfatasi alcalina (enzima che si trova in abbondanza
nelle ossa).
Questa patologia colpisce gli adulti sopra i 40 anni ed ha un’eziologia sconosciuta. L’utilizzo dei BF
come farmaci anti-osteoclastici si è rivelata efficace per la riduzione del dolore e dell’espansione
ossea e per la normalizzazione della calcemia.
3. Paziente oncologico
L’infiltrazione ossea tumorale è il risultato di una complessa interazione:
• Azione chemiotattica: le molecole circolanti prodotte dal catabolismo osseo, come i
frammenti di collagene I, esercitano un’azione chemiotattica nei confronti delle cellule
tumorali;
• Mediazione delle glicoproteine di membrana: la presenza di glicoproteine organo-
specifiche presenti sulla membrana cellulare mediano l’adesione delle cellule tumorali
all’endotelio vascolare dell’osso;
• Fenestrature tra le cellule endoteliali midollari: il midollo osseo è dotato di una ricchissima
rete vascolare con sinusoidi midollari prive di membrana basale e con ampie fenestrature
tra le cellule endoteliali che facilitano la fuoriuscita delle cellule tumorali.
Le complicanze secondarie alla metastatizzazione ossea sono indicate come “eventi scheletrici”
(SRE = Skeletal Related Events):
• fratture patologiche
• necessità di radioterapia
• necessità di chirurgia sull’osso
• compressione midollare
• ipercalcemia neoplastica (il pz
rischia una morte improvvisa per
il troppo calcio nel sangue)
L’Acido Zoledronico è l’unico bifosfonato ad aver dimostrato efficacia nella prevenzione degli SRE
nel carcinoma prostatico ormonorefrattario ed in altri tumori solidi.
I bifosfonati sono analoghi sintetici del pirofosfato inorganico, il quale è un regolatore endogeno
della mineralizzazione ossea.
L’osteonecrosi da bifosfonati
L’intuizione tra assunzione del farmaco e aumento di complicanze era stata intuita da Marx
(inventore del concentrato piastrinico) nel 2000, senza parlare però di osteonecrosi.
Le tipiche lesioni osteonecrotiche da BF si manifestano con tumefazioni, fistole, dolore facciale e
alitosi, fino all’esposizione più o meno importante di corticale ossea mascellare o mandibolare.
L’alendronato è stato nel 2003 il 19° farmaco maggiormente impiegato nel mondo! Nel 2006 in
Italia lo Zoledronato è stato utilizzato nella terapia di 300.000 pazienti oncologici con un aumento
delle prescrizioni del 18% dal 2003 al 2006.
Fattori di rischio per pazienti che NON hanno osteonecrosi ma potrebbero svilupparla:
• Fattori locali:
- avulsione dentaria (il maggior fattore di rischio): la comparsa di lesioni
osteonecrotiche è secondaria ad estrazioni dentarie, interventi iatrogeni ed a
processi infettivi a carico delle ossa mascellari nell’88,9% dei casi. Le lesioni
spontanee sono rare. La terapia con BF determina un ritardo nel fisiologico
processo di guarigione dell’alveolo post estrattivo con conseguente aumento della
suscettibilità ad infezioni batteriche.
- Patologie infiammatorie dento-parodontali: la diffusione di processi infettivi
attraverso il sistema endodontico e parodontale determinano la colonizzazione
batterica del tessuto osseo profondo.
- Chirurgia implantare o rigenerativa: l’aumentata suscettibilità ai processi infettivi
ed il ridotto rimodellamento osseo riducono la predicibilità di queste tecniche.
La terapia implantare nei pazienti in trattamento con BF EV è controindicata.
- Protesi rimovibile incongrua che crea decubiti e irritazioni a livello sottomucoso. La
presenza di manufatti protesici fissi e/o mobili incongrui può determinare lesioni ai
tessuti molli dando luogo alla formazione di ulcere che potrebbero evolvere in
lesioni osteonecrotiche.
- Condizioni anatomiche (es. torus: zone di osso in eccesso che possono essere nel
palato o nel versante interno della mandibola).
- Igiene orale non soddisfacente: la riduzione dell’indice di placca ed indice di
sanguinamento è associato ad una riduzione della comparsa di processi infettivi
acuti a carico dei tessuti oro-dento-parodontali.
• Durata trattamento: il rischio mediano di BRONJ dopo trattamento prolungato con NBP
endovenoso in pazienti onco-ematologici può oscillare tra 1% e 10% a 2 anni dall’inizio del
trattamento con le seguenti precisazioni:
o il rischio risulta più elevato quanto più alta è la dose cumulativa di farmaco
somministrato (sono riportati anche casi di BRONJ ad esordio precoce, dopo poche
somministrazioni);
o non è noto se e di quanto si riduca il rischio di sviluppare BRONJ dopo sospensione
della terapia; in alcuni casi di pazienti lungo sopravviventi è stato infatti segnalato
lo sviluppo tardivo di BRONJ; a volte si chiede di interrompere il farmaco: questo ha
senso solo per farmaci con emivita breve;
o il rischio sembra più elevato per i pazienti affetti da mieloma multiplo rispetto a
quelli trattati per metastasi ossee da carcinoma prostatico e carcinoma mammario;
sono invece sporadici i casi segnalati in pazienti affetti da altri tumori (e.g. polmone,
rene, pancreas);
La maggior parte dei casi di BRONJ è stata osservata in pazienti trattati per anni (in
genere più di 2-3 anni) con una media di 4.6 anni.
• Fattori sistemici: la più ampia correlazione è data da assunzione del farmaco, via di
somministrazione (via endovenosa è più a rischio), dosi cumulative (per più tempo lo si
assume, maggiore è l’interazione con processi di guarigione), durata del trattamento.
Sintomatologia:
• assenza di dolore;
• odontalgia, non spiegabile con una patologia dento-parodontale in atto;
• dolore ‘osseo’ di tipo gravativo di basso livello ma continuo, ben delimitabile nella sede
(più frequente al corpo mandibolare);
• dolore irradiato alla muscolatura masticatoria e cervicale, che può ricordare quello da
patologia dell’articolazione temporo-mandibolare (dolore miogeno);
• dolore sinusitico;
• iperestesia o dolore di tipo trigeminale (che interessa selettivamente la branca nella sede
di manifestazione di BRONJ);
• parestesia;
Focalizzando l’attenzione sull’OPG e sulla TC, nella tabella sono indicati i segni radiografici non
specifici di BRONJ visibili con questi due esami:
In particolare, il segno clinico più diffuso in assoluto è la sclerosi ossea, che si traduce visivamente
con la presenza di un addensamento osseo, con l’osso che diventa più bianco. Questo aspetto
nella TC assume dimensioni molto importanti: normalmente nella TC si vedono le zone corticali
bianche e l’interno dell’osso grigio, mentre in questa situazione si vede l’osso intorno al dente
molto bianco tanto quanto le zone corticali.
Ricordiamo che:
• I bisfosfonati endovena (EV) sono farmaci antiresortivi utilizzati per il trattamento delle
condizioni cancro-correlate, quali l’ipercalcemia maligna, gli eventi scheletrici avversi (SRE)
associati alle metastasi ossee nel contesto di tumori solidi quali tumore alla mammella,
prostata e polmone, e per il trattamento di lesioni litiche nell’ambito del mieloma multiplo.
• I bisfosfonati orali sono utilizzati nel trattamento dell’osteoporosi e sono frequentemente
utilizzati anche nel trattamento dell’osteopenia. Sono inoltre utilizzati per una varietà di
condizioni meno comuni quali il morbo di Paget e l’osteogenesi imperfetta.
Definizione MRONJ:
1. Pregresso trattamento con terapia antiresortiva o antiangiogenetica.
2. Esposizione ossea o sondaggio osseo attraverso una fistola (intra o extra-orale) in regione
maxillo-facciale presente da più di 8 settimane.
3. No storia di terapia radiante dei mascellari o di metastasi.
Il trattamento della MRONJ dipende dallo stadio della patologia:
• Stadio 1: si ha una chirurgia dento-alveolare:
1. curettage dento-alveolare, con\senza sequestrectomia e fistolectomia;
2. chirurgia resettiva marginale, in caso di recidiva dopo curettage;
con le seguenti indicazioni: terapia antisettica topica, terapia antibiotica sistemica
perioperatoria, sospensione NBP sino a guarigione biologica dei tessuti (4-6 settimane).
Terapia farmacologica
In caso di MRONJ:
• utilizzo di associazioni antibiotiche:
- penicilline (attive contro Gram- negativi e Gram-positivi β-lattamasi resistenti);
- metronidazolo (attivo contro anaerobi, particolarmente Bacteroides spp. e cocchi
gram- positivi);
• durata della terapia: da un minimo di 7 ad un massimo di 14 giorni, a dosaggio pieno;
• via di somministrazione per os nel paziente non ospedalizzato; preferibile
somministrazione e.v. in caso di ospedalizzazione per complicanze infettive o interventi
chirurgici associati;
• molecole alternative (i.e. eritromicina, clindamicina o ciprofloxacina) da utilizzarsi in caso di
allergie a penicilline\cefalosporine, di comprovata inefficacia del trattamento standard, di
disturbi legati all’assunzione o di problemi di funzionalità renale;
Alternative terapeutiche
• Ozonoterapia, che presenta le seguenti caratteristiche:
- potere antimicrobico, contro batteri aerobi e anaerobi, miceti, virus;
- stimolazione del sistema circolatorio, con incremento del tasso di emoglobina e dei
globuli rossi e miglioramento dell’ossigenazione tissutale;
- modulazione di cellule immunitarie, agendo come una citochina, con aumento della
fagocitosi e diapedesi dei fagociti;
- riduzione del dolore;
• Laserterapia: l’applicazione di laser a bassa intensità (Low Level Laser Therapy – LLLT) è
stata riportata con successo nella gestione delle BRONJ. L’effetto biostimolante di
numerose lunghezze d’onda migliora i processi riparativi, aumenta la matrice ossea
inorganica e l’indice mitotico degli osteoblasti nonché stimola la crescita dei vasi sanguigni
e linfatici.
• Teriparatide: è una molecola derivata dal paratormone, è utilizzato nel trattamento della
osteoporosi severa da ormai una decina di anni. Il suo meccanismo d’azione consiste nella
stimolazione della produzione ossea da parte degli osteoblasti. Ha quindi un effetto
anabolico diretto sull’osso, aumentando la massa e la resistenza dell’osso stesso,
diversamente dai bisfosfonati che contrastano la perdita di massa ossea bloccando il
rimaneggiamento osteoclasto-mediato.