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Serv. auct., "Aen".

IX, 257 Thilo


Author(s): Fabio Gasti
Source: Latomus , OCTOBRE-DÉCEMBRE 2002, T. 61, Fasc. 4 (OCTOBRE-DÉCEMBRE 2002),
pp. 964-966
Published by: Société d'Études Latines de Bruxelles

Stable URL: https://www.jstor.org/stable/41539977

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Serv. auct., Aen. IX, 257 Thilo

Dopo aver appreso da Niso l'iniziativa di penetrare insieme a Euríalo le linee


nemiche per raggiungere Enea, Ascanio afferma di riporre «ogni sorte e speran-
za» nelle mani dei due coraggiosi guerrieri e, per sottolineare la gravità del
momento, utilizza una formula di solenne obtestatio che cita i penati di Troia, il
lare di Assaraco e l'altare della canuta Vesta 0).
L'aggettivo canus , in questo contesto in cui vengono ricordate divinità legate
alla fondazione di Troia, non può che significare metonimicamente «antico», e il
commentario di Servio non manca di segnalarlo. Alla brevissima glossa lessicale
serviana segue un'aggiunta di sapore antiquario per mano del cosiddetto
Danielino : nell'edizione Thilo, al verso 257 leggiamo (in corsivo, secondo la
consuetudine dell'editore, il testo del Danielino) :

CANAE vestae uenerabilis, antiquissimae : ipsa enim antiquíssima dea est, Terra.

Proprio la parte finale dello scolio presenta un problema testuale : dei due tes-
timoni contenenti il testo auctus relativo al nostro lemma, il codice F, che Pierre
Daniel chiamava Floriacensis (ora Parisinus Lat. 7929, sec. DC), riporta infatti la
sequenza est e terra , mentre est terra compare nel quasi contemporaneo codice
G ( Bernensis Lat. 167, secc. IX-X), un «fratello complessivamente peggiore» del
primo, se non addirittura un apografo (2). Georg Thilo adotta - come si vede - la
lezione di G, pur senza alcuna menzione testuale in apparato, dove, anzi, in
forma dubitativa dà spazio a una propria interpretazione («est e terra F. fonasse
id est terra») manifestando in tal modo un'insoddisfazione oggi condivisa.
Attento all'evidenza del manoscritto poziore e, insieme, convinto che «l'autorità
di una lezione si difende più con criteri interni che attraverso lo stemma»,

(1) Verg., Aen. IX, 257-261 : Immo ego uos, cui sola salus genitore reducto /- excipit
Ascanius -, per magnos, Nise, penatis / Assaracique Larem et canae penetralia Vestae /
obtestor : quaecumque mihi fortuna fidesque est, /in uestris pono gremiis. Va detto che il
contesto è tutto impostato in termini di sacralità : anche Alete, annis grauis atque animi
maturus (v. 246), che è il primo a commentare la proposta di Niso, inizia con un'apostrofe
di ringraziamento agli dei patrii (v. 247 ss.).
(2) Suli' opportunità di considerare deteriore il codice, perché in genere lacunoso e
mendoso, si esprime molto chiaramente Ch. E Murgia, Prolegomena to Servius 5. The
Manuscripts , Berkeley (etc.), 1975, p. 10-14, mentre una parziale rivalutazione è sostenu-
ta da S . Timpanaro, Note al commento serviano-danielino ad Aen. X, con contributi
minori a poeti ivi citati e a problemi di lingua latina in RFIC 122, 1994, p. 152-174
(p. 171).

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SERV. лист. 965

Giuseppe Ramires nella sua recent


e integrare : ipsa enim antiquíss
numerazione adottata).
Il merito di Ramires è per intant
luoghi, l'opportunità di restituire
irrigidito dalla stemmatica, nel ca
sostanza ancora aperta ; se poi entr
plausibile dal punto di vista pale
facente, anche in considerazion
dell'avverbio enim a breve distanz
necessità di un intervento sul testo
- senz'altro la più economica - se c
L'identificazione di Vesta, dea del
ricordata più volte nel comment
Danielino (4) e rappresenta una d
primigenia, connessa a culti reside
essa il principale motivo dell'edifi
pianta circolare ai tempi di Numa,
l'estensore dello scolio virgiliano
serviana, che chiosa l'aggettivo can
gandola tramite un'inserzione altre
giliano di «canuta» in riferimento
divinità, proprio perché antich
Trascrivendo il passo secondo la no

(3) Servio, Commento al libro IX del


detto Servio Danielino , Introduzione,
Bologna, 1996 ; l'affermazione "anti
pieno accordo con Timpanaro, è invec
RFIC 124, 1996, p. 318-329 (p. 319, n
(4) Cf. almeno Serv., Aen. I, 292 : i
ignem habere non dubium est ; II, 296
est ; Serv. auct., Aen. III, 281 : nam et
terrigenas autem Athenienses nemo d
tali passi - e cioè del fatto che nel com
la terra - va accantonata come priva d
to e terra costituisca un complemento
(5) Fest., p. 320, 12 Lindsay : rutund
rum consecrasse uidetur, quod eande
crediderit. Il riferimento alla terra co
dire, ufficiale dei Fasti ovidiani : Ves
signiflcantque deam terra focusque s
antiquario, dal momento che in tutt
l'eccentricità della pianta del tempio
dell'universo secondo la cosmologia t

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966 F. GAST!

CANAE VESTAE uenerabilis, a


Terra

per tradurre : «infatti essa è


Dal punto di vista testuale, d
grafia della lettera t, che conse
e limita al massimo gli interv
economicità, ritengo infatti p
rarla, come sostanzialmente h
grafia dopo est , dall'ottavo s
plice e , provvista di vari (e v
parte non sembra necessari
antiquíssima dea va considera
est gravita come copula anc
anche dal punto di vista sintat
so di congiunzione asseverativ
Se infine riflettiamo sulla p
rilevare anzitutto che l'aggiu
ripetizione di un dato purame
del commentario. Vesta è invocata da Ascanio accanto alle divinità tutelari e
originarie di Troia : nel momento in cui si stanno per unire le sorti dei troiani e
delle popolazioni latine autoctone, il commentatore non giudica fuori luogo
ricordare che l'identificazione di Vesta con la madre Terra aveva senso anche per
gli stessi troiani, come esplicita peraltro nella nota ad Aen. III, 281 : Vestám ideo
Troiani colunt, quia eadem terra est. Una sorta di synkrisis cultuale solennizza
così l'inizio della rapsodia dedicata Euríalo e Niso, che sarà conclusa, altrettan-
to solennemente, con la proiezione nel tempo della gloria di Roma (v. 446-449).

Università di Pavia. Fabio Gasti.

(6) Proprio il massimo rispetto del testo tràdito sconsiglia un'altra possibile opzione di
intervento ( ipsa enim antiquíssima dea est e<adem>Terra : «infatti essa, dea antichissi-
ma, è per giunta la Terra»), che troverebbe sostegno soltanto nel confronto con alcuni testi
(lo stesso Danielino, Festo e Ovidio citati supra , n. 4 e 5), in cui il pronome/aggettivo
eadem con valore intensivo («sempre lei», «ancora lei») rappresenta la marca testuale
connotante Г identificazione con la terra in aggiunta alle altre prerogative di Vesta.
(/) lale valore, in origine limitato ai casi in cui et si trova davanti a pronomi, dall età
imperiale si estende per influsso del greco xat : vd. J. B. Hofmann, A. Szantyr,
Lateinische Syntax und Stilistik , München, 1965, p. 483 ; A. Traina, T. Bertotti, Sintassi
normativa della lingua latina , Bologna, 19932 (19851), vol. I, p. 324.

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