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Studi in onore di Mauro Pesce per il suo ottantesimo compleanno 1

HUMANITAS
ANNO LXXVI - SUPPL. N. 1 - SETTEMBRE 2021

Non uno itinere


Ebraismi, cristianesimi, modernità
Studi in onore di Mauro Pesce
in occasione del suo ottantesimo compleanno
a cura di

Mara Rescio, Cristiana Facchini, Claudio Gianotto, Edmondo Lupieri,


Franco Motta ed Enrico Norelli

ESTRATTO

© Morcelliana, Brescia, 2021


EBRAISMI
248 E CRISTIANESIMI
Non uno itinere. 3. Ebraismi e cristianesimi

AndreA Annese
IL DIALOGO DEL SALVATORE (NHC iii,5)
E LA “COSTELLAZIONE GIOVANNISTA”

1. Tra le stimolanti ipotesi scientifiche proposte nella vastissima produ-


zione di Mauro Pesce1, il concetto di “costellazione giovannista” è una di
quelle che attualmente più appaiono in corso di approfondimento e offrono
spunto a case studies volti a esplorarne le potenzialità2. Questo contributo
intende esaminare il Dialogo del Salvatore (d’ora in poi DialS ), conservato
in copto nel codice iii di Nag Hammadi, chiedendosi se possa essere anno-
verato tra i testi afferenti alla “costellazione”.
L’ipotesi di una “costellazione giovannista” è stata proposta da Pesce e
da Adriana Destro per indicare un insieme di testi che – pur non necessa-
riamente tutti della medesima origine storica o geografica – condividono
una serie di caratteristiche e “questioni sistemiche” (le risposte alle quali
possono però differire)3. In tal senso la categoria è più ampia di quella
di “giovannismo” in senso stretto o di quella di “tradizione letteraria gio-
vannea” (Gv, 1Gv, 2Gv, 3Gv). Una “costellazione di testi” viene descritta
come un insieme di scritti che contengono o illustrano a) temi o questioni
fondamentali simili o connessi, b) pratiche o rituali religiosi affini, c) con-
flitti simili (dispute su certe questioni, disaccordo con particolari individui
o gruppi), d) somiglianze e relazioni letterarie e terminologiche4. Nel sag-
gio più recente gli autori specificano che ogni testo protocristiano ha delle
relazioni non solo con altri testi del medesimo gruppo di seguaci di Gesù,
ma anche con testi provenienti da altri gruppi, con i quali può essere «in
dialogue» (anche polemico)5. Il concetto di costellazione testuale coinvol-
ge allora tanto gli «internal» quanto gli «external links among texts», e la
definizione muta leggermente rispetto al saggio precedente: «We define all
writings that have a strict reciprocal relation as a “constellation” of texts.
1
Ringrazio i curatori del volume per l’invito a partecipare a questa iniziativa in onore di Mauro
Pesce, verso il quale il mio debito è profondo.
2
Prova ne è la recente istituzione di un panel intitolato The Johannist Constellation (diretto da
M. Pesce e da M. Daise) presso i CISSR Annual Meetings on Christian Origins (cfr. https://cissr.net/).
3
A. Destro - M. Pesce, Constellations of Texts in Early Christianity. The Gospel of the Savior
and Johannist Writings, ASEs 22/2(2005), 337-353; Idd., The Ascension of Isaiah and the Johannist
Constellation, in J.N. Bremmer - T. Karmann - T. Nicklas (eds.), The Ascension of Isaiah, Peeters,
Leuven 2016, pp. 199-234.
4
A. Destro - M. Pesce, Constellations, cit., p. 341; Iid., The Ascension, cit., p. 207.
5
Iid., The Ascension, cit., p. 205.

Humanitas 76(Sup1/2021) 248-256


Annese – Il Dialogo del Salvatore (NHC iii,5) 249

The term [...] is used to indicate a network of thematic connections among


texts (and also among their sources)»6. In tal modo la categoria va, mi
sembra, ad ampliare la sua fecondità euristica. Destro e Pesce aggiungono
infatti che una costellazione di testi implica anche un legame tra gruppi;
differenti gruppi entravano in relazione e in dialogo con i rispettivi testi
(e, grazie alla loro mobilità, idee e testi circolavano). L’elemento determi-
nante per ascrivere testi a una costellazione non è l’origine geografica di
ciascuno, ma la presenza di un nucleo affine di questioni sistemiche. La
categoria di costellazione testuale, così, non viene limitata a scritti prodotti
in un unico contesto storico-geografico.
Entro questo quadro si situa la proposta di identificare una costellazione
testuale giovannista, caratterizzata da una serie di elementi: anzitutto la
percezione di una «frattura cosmica» (o una serie di fratture) tra la sfera
superiore («above») dei cieli, divina, e quella inferiore («below») terrestre,
umana e dominata (come le sfere intermedie) da potenze soprannaturali de-
moniache che impediscono la comunicazione tra i due mondi. A tale que-
stione sistemica fondamentale i testi della costellazione rispondono con il
viaggio celeste (che non è solo una teoria ma anche una prassi), strumento
necessario a guadagnare un contatto diretto con Dio e ad ottenere rivelazio-
ni dalla sfera divina7. Alla concezione del cosmo si collega strettamente la
cristologia; qui Destro e Pesce hanno insistito in particolare sulle affinità tra
Gv e l’Ascensione di Isaia (d’ora in poi AscIs): tanto il Gesù giovanneo (il
Logos che si incarna) quanto il Diletto di AscIs sono esseri preesistenti che
possiedono la gloria divina e che discendono dalla sfera superiore a quella
inferiore mediante una trasformazione (in particolare AscIs 10,9; Gv 1,14),
la quale – come è evidente in AscIs – è necessaria a ingannare le potenze
celesti, nascondendo la gloria del Preesistente. La discesa di questo essere
consente la comunicazione tra i due mondi, risolvendo il problema della
frattura: essa permette ai credenti, attraverso Gesù, di entrare in contatto
con la sfera divina. Nei testi di una medesima costellazione possono an-
che prodursi concezioni divergenti a partire dagli stessi problemi, ed è per
questo che si possono osservare dei conflitti relativi alla cristologia in testi
come le epistole giovannee, o tra Gv e il Vangelo secondo Tommaso (d’ora
in poi Tommaso). Altro elemento caratterizzante è il profetismo, al quale
viene assegnata grande rilevanza in AscIs, in Gv e in Ap; il profetismo
giovanneo è basato sulla trasmissione dello Spirito, percepito come fonte
soprannaturale di conoscenza sulle Scritture e su Gesù (ad esempio, Gv
2,22). La già citata pratica del viaggio celeste è l’ascesa attraverso i cieli di
un visionario o profeta, con lo scopo di ricevere specifiche rivelazioni divi-

6
Ibi, p. 206.
7
Cfr. in part. ibi, p. 234.
250 Non uno itinere. 3. Ebraismi e cristianesimi

ne: il tema viene rinvenuto in pressoché tutti i testi della costellazione, e in


particolare in AscIs 6; Tommaso; Gv (in part. 1,51; 3,13; 8,56; 12,41); Ap;
e nel più tardo Vangelo del Salvatore, la cui appartenenza alla costellazione
è però più problematica (cfr. infra). Altro aspetto comune, la soteriologia:
sia per AscIs che per Gv la salvezza consiste non nell’avvento del regno,
ma nella sconfitta del potere demoniaco che domina sul cosmo, e solo a se-
guito di questa i seguaci di Gesù possono ascendere al cielo (cfr. Gv 12,31-
32)8. Ai quattro elementi comuni della cosmologia, della cristologia alta,
del profetismo e della soteriologia si aggiungono infine le «literary rela-
tions» tra Gv e AscIs. Da un’analisi testuale Destro e Pesce concludono che
c’è evidenza di una stretta relazione letteraria tra AscIs e ambienti/testi
giovannisti: «The vision of AscIs 6-11 includes all the elements that John
12:37-41 presupposes»9. Si evince che Gv aveva informazioni sulla “Vi-
sione di Isaia” poi inserita in AscIs 6-11 e su pratiche profetiche che inclu-
devano il viaggio celeste.
Destro e Pesce ascrivono alla costellazione Gv, le epistole giovannee,
Ap, Tommaso, AscIs, il vangelo frammentario attestato in P. Oxy. 840,
l’Apocrifo di Giovanni, il Vangelo di Giuda e gli Atti di Giovanni; quanto
al cosiddetto Vangelo del Salvatore, alla luce dei recenti dibattiti che sem-
brano escludere una sua datazione nel ii secolo a favore del v o vi10, esso
sembra non poter essere più considerato parte della costellazione giovan-
nista perché troppo tardo.

2. Il concetto di “costellazione giovannista” è una chiave euristica aperta


ad approfondimenti e test cases. I suoi stessi proponenti si sono per ora dedi-
cati a una selezione di testi, in particolare Gv, AscIs, Vangelo del Salvatore
e, in misura più sintetica, P. Oxy. 840. Mi sembra quindi stimolante provare
ad analizzare il Dialogo del Salvatore (DialS) entro tale cornice teorica.
Anzitutto si tratta di uno scritto che ha delle precise connessioni con
(almeno) due dei testi ascritti alla costellazione, ovvero Gv e Tommaso.
Paralleli e affinità terminologiche e tematiche hanno indotto a ritenere che
DialS, e in particolare un precedente dialogo che costituirebbe la sua fonte
principale, condivida con Tommaso tradizioni o flussi di trasmissione di
“parole di Gesù” (entrambi sembrano inoltre di origine siriaca); vi sono
poi analogie con la composizione dei dialoghi e dei discorsi in Gv (cfr.,
ad esempio, DialS 131,19–132,19 e Gv 14,2-12)11. Non è chiaro se DialS
abbia conoscenza diretta di quei vangeli, ma restano probabili i rapporti a
8
Ibi, pp. 221-222, dove si evidenziano anche le differenze tra i due testi.
9
Ibi, p. 234.
10
Cfr. A. Suciu, The Berlin-Strasbourg Apocryphon, Mohr Siebeck, Tübingen 2017.
11
Cfr. H. Koester - E. Pagels, Introduction, in S. Emmel (ed.), Nag Hammadi Codex iii,5. The
Dialogue of the Savior, Brill, Leiden 1984, pp. 1-17, in part. pp. 4 e 6.
Annese – Il Dialogo del Salvatore (NHC iii,5) 251

livello di fonti; essi affrontano inoltre questioni comuni, alle quali danno
talvolta risposte diverse12. In particolare, April DeConick ha sostenuto che
DialS polemizzi con uno specifico aspetto della concezione soteriologica
tommasina dell’esperienza mistica. Tommaso ritiene necessaria la pratica
dell’ascesa celeste dell’anima alla ricerca di una visio Dei che può trasfor-
mare il mistico restituendogli lo status originario della perfetta immagine di
Dio. DialS condividerebbe lo schema soteriologico della “mistica della vi-
sione”, ma mentre per Tommaso l’esperienza trasformativa ha luogo prima
della morte dell’individuo (ad esempio, log. 15, 27, 59), DialS sosterrebbe
che l’immortalità (il «riposo») non può essere raggiunta finché non ci si li-
bera dal corpo con la morte (la «dissoluzione» di 122,3, pbol ebol/analysis,
cfr. Fil 1,23-24; 2Tm 4,6). L’ascesa trasformativa è dunque un’esperienza
post mortem, escatologica, non estatica (cfr. anche 132,10-12), mentre al
presente l’immortalizzazione è solo in potenza: si spiegherebbe così la ten-
sione tra escatologia realizzata ed escatologia futura evidente soprattutto
nelle prime battute del testo13. DialS non nega, anzi promuove esperienze
mistico-visionarie in vita (cfr. la visione di Giuda Tommaso, Matteo e Ma-
ria in 134,24-137,3), ma intende precisare che si tratta di visioni transitorie
che non “immortalizzano”14.
Pierre Létourneau ha sviluppato il tema alla luce della propria teoria
redazionale (stratificata) di DialS: l’escatologia futura “corregge” l’origi-
naria escatologia realizzata, e sarebbe stata inserita per rendere DialS più
compatibile con la nascente “ortodossia”. L’esperienza mistica della cono-
scenza di sé o della visione celeste permette di “vedere” in se stessi il «luo-
go della vita» ed è dunque una decisiva anticipazione simbolico-mistica
(forse anche liturgica) della salvezza, che tuttavia non può essere ottenu-
ta finché si porta ancora il «fardello» del corpo, ma solo dopo la morte,
quando l’anima ascenderà attraverso le sfere celesti, sfuggendo al potere
degli arconti (grazie al «passaggio» aperto dalla discesa del Salvatore), e
raggiungerà il pleroma. DialS 137,14-15 esplicita la distinzione tra «visio-
ne effimera» (passeggera) e «visione eterna» ovvero visione indiretta del
«luogo della vita» e visione diretta o ingresso (escatologico) in tale luogo15.
12
Per H. Koester, Ancient Christian Gospels. Their History and Development, scm, London
1990, pp. 174-175 e A.D. DeConick, The Dialogue of the Savior and the Mystical Sayings of Jesus,
VigChr 50/2(1996), 178-199, DialS può conoscere almeno Tommaso. Secondo S. Petersen, Der Dia-
log des Erlösers. Einleitung, in Ch. Markschies - J. Schröter [eds.], Antike christliche Apokryphen
in deutscher Übersetzung, Mohr Siebeck, Tübingen 2012, vol. 1/2, pp. 1137-1142, DialS ha legami
tematici e terminologici con Gv e Tommaso, ma non li cita. Sui rapporti fra i tre cfr. anche Ph. Perkins,
The Gnostic Dialogue. The Early Church and the Crisis of Gnosticism, Paulist Press, New York 1980.
13
A.D. DeConick, The Dialogue, cit., in part. p. 184.
14
Ead., Voices of the Mystics. Early Christian Discourse in the Gospels of John and Thomas
and Other Ancient Christian Literature, Sheffield Academic Press, Sheffield 2001, pp. 159-160.
15
Cfr. P. Létourneau (ed.), Le Dialogue du Sauveur (NH iii, 5), Les Presses de l’Université Laval,
Québec-Peeters, Leuven 2003, pp. 33-35, 42, 108-110, 111-112, 114, 139, 212-215, 250. Mentre per
252 Non uno itinere. 3. Ebraismi e cristianesimi

DialS si muove entro problematiche comuni a Tommaso e Gv, oltre a


condividere con essi fonti e terminologia. I tre testi intrecciano relazioni
dialogiche, talvolta conflittuali. Per DeConick, DialS appartiene alla «tra-
iettoria soteriologica tommasina» (della quale, come si è visto, costituireb-
be una variante), che la studiosa ritiene in dialogo oppositivo con quella
giovannea: quest’ultima polemizzerebbe con la “mistica della visione”
proponendo invece una “mistica della fede” (in Gesù come Logos incar-
nato, manifestazione del kavod divino) in cui non è necessaria la pratica
del viaggio celeste o ascesa dell’anima alla ricerca di una visio Dei tra-
sformatrice16. Questa tesi può in realtà essere problematizzata proprio alla
luce degli studi di Pesce, che identificano invece anche in Gv la presenza
del viaggio celeste (cfr. supra); in ogni caso questi testi si interrogano su
temi comuni. Tra gli elementi formali condivisi, bisogna rilevare che parti
di DialS ricordano i discorsi d’addio giovannei (ad esempio, 126,2-5 e Gv
14,25-28; 16,5-7), un dato che ha portato molti a concludere che a parlare,
in DialS, sia probabilmente il Gesù terreno, non il Gesù risorto come in
altri dialoghi di rivelazione.
Non è possibile, in questa sede, approfondire il dibattito sull’ascrizione
di DialS allo “gnosticismo”, né tantomeno ripercorrere la discussione su
questa categoria. In realtà, per ragionare sul rapporto tra DialS e la costel-
lazione giovannista l’appartenenza o meno di tale testo allo gnosticismo è
ininfluente. Basti segnalare come tale appartenenza sia discussa: la natura
gnostica dello scritto è presupposta ad esempio da Krause e Petersen17,
ma non da Tardieu18; per Koester e Pagels, DialS non può essere ritenuto
«a simple product of gnostic theology», anche se il suo autore sovrappo-
se alle proprie fonti alcuni elementi gnostici19. Létourneau ha evidenziato
come DialS presenti solo elementi marginali dello gnosticismo, non quelli
caratterizzanti e più radicali, e non si possa definire uno scritto gnostico in
senso stretto: egli ha identificato due fonti principali di DialS, una «fonte
sapienziale» che corrisponde al dialogo primitivo che sta alla base del testo
(ca. 100 d.C.), dove non vi sono dottrine dello gnosticismo cristiano, e una
«fonte cosmologica» (ca. 200-250) che invece proverrebbe da un milieu
valentiniano tardo che cerca di riavvicinarsi al fronte “ortodosso”, alle qua-
Létourneau la “visione transitoria” sembra puramente interiore, per DeConick essa implica comunque
un’ascesa: «It seems that the Dialogue promotes visionary ascent (36-44) with the qualification that the
immortalization can not be complete until after death» (A.D. DeConick, Seek to See Him. Ascent and
Vision Mysticism in the Gospel of Thomas, Brill, Leiden 1996, p. 72).
16
Ead., Voices, cit., in part. pp. 157-158 su DialS.
17
M. Krause, Der Dialog des Soter in Codex iii von Nag Hammadi, in Id. (ed.), Gnosis and
Gnosticism. Papers Read at the Seventh International Conference on Patristic Studies, Brill, Leiden
1977, pp. 13-34; S. Petersen, Der Dialog, cit., p. 1141.
18
M. Tardieu, Le Congrès de Yale sur le Gnosticisme (28-31 mars 1978), REAug 24/1-2(1978),
pp. 188-209, qui p. 192.
19
H. Koester - E. Pagels, Introduction, cit., p. 15.
Annese – Il Dialogo del Salvatore (NHC iii,5) 253

li seguirebbe l’attività redazionale dell’autore vero e proprio di DialS (250-


275 d.C.), anch’egli proveniente dal medesimo milieu valentiniano “mode-
rato”, e poi l’ulteriore intervento “correttivo” di un redattore finale (ca. 300
d.C.)20. Recentemente Lundhaug ha ipotizzato che DialS, almeno nella sua
versione finale, possa essere il prodotto di un milieu monastico del iv se-
colo – una tesi forse troppo radicale, sebbene abbia un punto di forza nel
mostrare come molti passaggi apparentemente “gnostici” di DialS (ad
esempio, l’ascesa celeste post mortem dell’anima che sfugge alle potenze
maligne) abbiano paralleli in testi monastici egiziani tardoantichi21. Co-
munque, la datazione di DialS al ii secolo resta l’opinione maggioritaria e
più plausibile22. Perché, ad esempio, l’assenza di elementi tipici e cruciali
dei sistemi gnostici del ii secolo dovrebbe necessariamente essere spiegata
con l’attribuzione a un tardo sviluppo del valentinismo – che pure vi fu, si
pensi, ad esempio, al Trattato tripartito – invece che con la provenienza da
un contesto o precedente o semplicemente estraneo alla presenza di que-
gli elementi? E se anche DialS rappresenta uno gnosticismo “moderato” o
contiene elementi latamente “gnostici”, questo non ne esclude una collo-
cazione nel ii secolo.

3. È opportuno approfondire l’analisi di alcuni passi di DialS per ve-


rificare l’ipotesi di partenza. A possibili relazioni letterarie si è accenna-
to nel paragrafo precedente; mi soffermo ora ulteriormente sui contenuti.
Cosmologia, soteriologia e cristologia di DialS presentano analogie con
quelle della costellazione giovannista. La questione sistemica fondamen-
tale, la percezione di una “frattura cosmica” tra la sfera superiore celeste
e quella inferiore terrestre, tra le quali si situano potenze ostili, appare con
evidenza anche in DialS. Più complessa è la questione del viaggio celeste:
esso, come si è visto, è senza dubbio presente in DialS, ma non è chiaro se
soltanto nella forma dell’ascesa dell’anima dopo la morte (122,1-124,22 e
passim) o anche come esperienza “presente” del veggente che ascende per
ricevere rivelazioni. Una traccia di quest’ultima potrebbe essere rinvenuta
nell’esperienza visionaria di Giuda Tommaso, Matteo e Maria (134,24–
137,3), dove in realtà è soltanto il primo ad essere destinatario di due vi-
sioni: egli vede prima la discesa salvifica del Logos, quindi l’ascesa (il
viaggio celeste) di un’anima che torna al pleroma. L’esperienza mistica
si svolge in un luogo «al confine del cielo e della terra» (135,1-2): il ma-

20
P. Létourneau, Dialogue, cit., pp. 6-9, 18-41.
21
H. Lundhaug, The Dialogue of the Savior (NHC iii,5) as a Monastic Text, in M. Vinzent (ed.),
Studia Patristica xciii, vol. 19, The First Two Centuries – Apocrypha and Gnostica, Peeters, Leuven
2017, pp. 335-345.
22
Cfr., tra gli altri, H. Koester - E. Pagels, Introduction, cit., p. 16; A.D. DeConick, Voices, cit.,
p. 162; S. Petersen, Der Dialog, cit., p. 1141.
254 Non uno itinere. 3. Ebraismi e cristianesimi

noscritto è qui lacunoso e non permette di identificare più chiaramente il


luogo, che potrebbe essere un riferimento all’orizzonte, dove cielo e terra
si incontrano (cfr. 1Enoch 33-34). Giuda, Matteo e Maria vengono «presi»
(se la ricostruzione ǧi è corretta) e portati lì, e il Salvatore pone la sua mano
su di loro: l’imposizione della/e mano/i provoca «un phénomène extatique
de vision»23. Da lì Giuda vede, alzando lo sguardo, un «luogo molto ele-
vato» (da cui poco dopo vedrà discendere il Logos), mentre in basso vede
«l’abisso». Il luogo in cui si verifica l’esperienza visionaria potrebbe quin-
di situarsi proprio nel “punto di frattura” tra il mondo celeste e quello terre-
stre. Il Logos, qui come in Gv, discende dal primo al secondo. Non è sicuro
che questa duplice visione possa essere considerata un “viaggio celeste”: in
senso stretto parrebbe di no, perché non viene esplicitamente affermato che
i tre discepoli sperimentino un’ascesa attraverso le sfere celesti. D’altra
parte proprio Pesce ha recentemente definito come viaggio celeste l’«espe-
rienza estatica di traslazione» vissuta dal profeta Ezechiele in Ez 8, dove –
come in un noto frammento del Vangelo degli ebrei – l’immagine di una
«mano» divina che prende per i capelli e trasporta in spirito il veggente
segna l’inizio del momento estatico24; nemmeno in Ez 8 si parla di ascesa
attraverso le sfere celesti. Anche nel citato passo di DialS, Giuda, Matteo e
Maria vengono «presi» dal Salvatore, che posa la mano su di loro, e traspor-
tati dove ricevono estaticamente la rivelazione. Anche questa esperienza mi
sembra quindi concordare quantomeno con la funzione che Pesce assegna
al viaggio celeste, ovvero raggiungere un contatto con il mondo divino e
ricevere rivelazioni superando la frattura tra i due mondi. L’interpretazione
della traslazione estatica dei tre discepoli nel brano di DialS come viaggio
celeste o no dipende anche da come si interpreta la “visione transitoria”
possibile in vita (che DialS distingue da quella “eterna”): se per Létourneau
si tratta di un’esperienza mistica puramente interiore, per DeConick implica
invece un’ascesa25. La possibile presenza del viaggio celeste nel passo di
DialS che stiamo esaminando è stata individuata anche da Matteo Tubia-
na26. Pheme Perkins sembra del medesimo avviso, quando menziona DialS
tra gli scritti gnostici influenzati da «Jewish traditions» sul viaggio celeste
come Zostriano, Allogene, 1Jeu, Pistis Sophia (libro iv)27. Potrebbe essere

23
P. Létourneau, Dialogue, cit., p. 238.
24
M. Pesce, Gesù e i suoi seguaci. Identità e differenze, Morcelliana, Brescia 2020, pp. 51-62.
25
Cfr. supra, nota 15.
26
M. Tubiana, Il viaggio celeste di Paolo (2Cor 12,1-10). Particolarità e funzionalità di una
forma di contatto con il soprannaturale, Tesi di dottorato, Università di Bologna, 2014, pp. 392, 512.
27
Ph. Perkins, Gnostic Dialogue, cit., pp. 40-41, qui p. 111. All’opposto, A. Puig i Tarrech, I van-
geli apocrifi. ii/1, tr. it., San Paolo, Cinisello Balsamo 2012, p. 223 nega che in DialS si propongano
«ascensioni o viaggi celesti», e ritiene che il testo propugni l’idea “gnostica” che la visio Dei eterna
«si possa fare ora e qui in modo pieno attraverso la conoscenza di sé» (p. 240) – si è visto però come
attribuire a DialS questa concezione non sia corretto.
Annese – Il Dialogo del Salvatore (NHC iii,5) 255

interessante esaminare altri passi del dialogo, come 145,15-17, dove si af-
ferma che i discepoli già conoscono il «cammino [hie] del Padre e del Fi-
glio», quello che percorreranno per risalire (è possibile che lo conoscano in
virtù di una visione celeste ante mortem, e non solo perché la loro origine è
pneumatica e pleromatica [139,16]?), oppure 128,21-23: «Se un uomo pone
la sua anima nelle altezze, allora egli sarà esaltato/si innalzerà».
Nei limiti di questo contributo è possibile passare solo rapidamente in
rassegna le altre affinità tra DialS e i caratteri della costellazione giovan-
nista. Elemento cardinale è il già citato «cammino» (copto hie, in part.
120,24; 139,6; 145,15.20) o «passaggio» (greco diabasis, 120,25; copto
maenǧioor, 123,23) tra i due mondi (alto/basso) aperto dal Salvatore/Logos
nella sua discesa, e che gli eletti potranno attraversare «senza paura» per
tornare al pleroma, vincendo la resistenza degli arconti ostili (che domina-
no il mondo inferiore, materiale, cfr. in partic. 120,21; 131,11-12; 138,12).
La concezione cosmologica si salda con quella cristologica e soterio-
logica: è la discesa del Salvatore che (aprendo il “passaggio”) permette
agli eletti di risalire. Come si è visto, nella ricostruzione di Pesce sia per
AscIs che per Gv la salvezza consiste non nell’avvento del regno, ma nella
sconfitta del potere demoniaco che domina sul cosmo, ed è a seguito di
quest’ultima che gli eletti potranno ascendere. DialS è assai meno espli-
cito di Gv o di AscIs, non parlando direttamente del giudizio/sconfitta del
“principe di questo mondo” né del destino degli arconti: essi comunque
non potranno attraversare il passaggio salvifico (145,20-22), e dal fatto che
posseggano solo delle «vesti» transeunti (differenti da quelle che saranno
donate agli eletti), si può evincere che periranno (143,15-21).
La cristologia di DialS risulta perfettamente affine a quella della costel-
lazione giovannista. Il Logos del Dialogo è un essere preesistente, uscito
dal Padre (129,23) e operante a livello cosmogonico, che – come il Logos
giovanneo e il Diletto di AscIs – discende dal mondo superiore a quello
inferiore, senza essere riconosciuto dalle potenze che governano i cieli e
questo mondo (145,10-14: queste non vedono la Parola generata dal Padre
«nel silenzio», né hanno potere su di essa). Tale discesa permette la comu-
nicazione tra i due mondi e risolve la “frattura”: il Logos è stato inviato
dal Padre per permettere la reintegrazione pleromatica del seme decaduto
(135,18-22). Da segnalare anche l’occorrenza, in 121,6, del termine mo-
nogenes (sostantivato, come in Gv 1,14.18; 3,16.18), in una preghiera al
Padre che ha diversi echi giovannei (da Gv 16,23 a Gv 17).
Dei quattro elementi tematici (oltre al viaggio celeste) che per Destro
e Pesce sono strutturali nei testi della costellazione giovannista – cosmo-
logia, cristologia, soteriologia, profetismo – solo quest’ultimo (connesso
al tema della trasmissione dello Spirito) sembra assente in DialS, dove
“profeta” o “profezia” non sono attestati. Lo spirito (pneuma) è sì, ovvia-
256 Non uno itinere. 3. Ebraismi e cristianesimi

mente, un concetto centrale nel Dialogo, che qui pare manifestare riso-
nanze gnostiche: gli eletti posseggono un elemento pneumatico-luminoso
interiore (127,1; 128,1-11, dove viene connesso allo pneuma divino che
aleggiava sulle acque in Gen 1,2), proveniente dal pleroma e dunque fat-
tore della loro salvezza futura. Se questo elemento pneumatico rende gli
eletti in grado di ricevere la conoscenza salvifica, una volta che lo abbiano
riconosciuto (è grazie ad esso che conoscono il passaggio celeste e possono
pregare il Padre), potrebbe però essere forzato accostare questa concezione
a quella del profetismo nei testi della costellazione giovannista, dove lo
Spirito è percepito come fonte soprannaturale di conoscenza sulle Scritture
e su Gesù (cfr. supra).
Quest’ultimo punto – passibile comunque di approfondimento – non
deve d’altra parte offuscare le significative affinità tra DialS e i caratteri
della costellazione testuale giovannista (oltre alle corrispondenze testuali):
se questo scritto risale, come sembra, al ii secolo (al netto di possibili inter-
polazioni più tarde, nel passaggio dall’originale greco alla versione copta
in NHC iii), esso può ben essere considerato afferente a tale costellazione28.

Andrea Annese
Sapienza Università di Roma
andrea.annese@uniroma1.it

28
Nel recentissimo A. Destro - M. Pesce, Il Battista e Gesù. Due movimenti giudaici nel tempo
della crisi, Carocci, Roma 2021, p. 28 (uscito dopo la stesura del presente articolo), gli autori aprono
alla possibilità che anche testi successivi al ii secolo, come la Pistis Sophia, appartengano alla costel-
lazione giovannista. Menzionano qui rapidamente anche DialS.

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