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La storia vera di Jehosha ben Josef

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Gesù
La storia vera
di Jehoshua ben Josef
Biografie

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© 2013 Gruner+Jahr/Mondadori SpA, Milano


Prima edizione in e-book - marzo 2013

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GESÙ

Oltre che il fondatore del Cristianesimo Gesù fu anche


un personaggio storico. E l’analisi di testimonianze e
testi antichi consente oggi di ricostruirne un inedito
ritratto, talvolta molto differente da quello finora tra-
mandato dalla tradizione religiosa

“Non intendo cantare la gloria / né invocare la grazia e il per-


dono / di chi penso non fu altri che un uomo / come Dio passa-
to alla Storia”. Sono trascorsi 42 anni da quando Fabrizio De
André, allora esordiente, compose Si chiamava Gesù, struggen-
te inno di un cantautore laico, anzi ateo, al personaggio più ve-
nerato degli ultimi 2 mila anni, uomo-dio per un terzo del mon-
do (i cristiani), profeta per un altro terzo (i musulmani) e car-
dine della Storia anche per il terzo restante, che non lo venera
affatto eppure conta gli anni dalla sua nascita.

TANTI VOLTI

Chi fu, dunque, quell’uomo-chiave che ha influito sui calenda-


ri (e sulle vite) di tanti venuti dopo di lui? In altre parole: chi fu il
personaggio storico di nome Gesù, al di là della dottrina religio-
sa con cui è stato interpretato e spesso deformato? Il suo nome
in ebraico era Jehoshù’a. Il cognome (dal nome del padre) ben-
Josef. La madre, quella che per noi è Maria, all’epoca si chiama-
va Myriam.
“Un uomo saggio” lo definì Giuseppe Flavio, storico ebreo, ma
romanizzato e laico, del I secolo d. C. “Un uomo dei più devoti”
sentenziò poi il Corano. “Un rivoluzionario” sostiene frei Betto,
leader della “teologia della liberazione” sudamericana. “Un aria-
no spacciato per giudeo” azzardava una teoria diffusa dai nazisti.

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Mauro Pesce, docente di Storia del cristianesimo all’Universi-
tà di Bologna, taglia corto: «Gesù fu anzitutto un ebreo, calato
nella cultura del suo popolo e del suo tempo. Mangiava secon-
do le regole bibliche, vestiva rispettando le tradizioni, andava
in pellegrinaggio al Tempio, osservava le festività, frequentava
le sinagoghe, studiava e citava la Bibbia. Tutti i concetti fonda-
mentali della sua predicazione erano ebraici».
Detto ciò, non è facile andare oltre, perché prima del 200 gli
scritti non cristiani su Gesù sono rari: a parte brevi citazioni dei
latini Tacito e Svetonio, c’è un accenno nelle Antichità giudai-
che di Giuseppe Flavio e c’è poi un velenoso pamphlet (“La ve-
ra dottrina”) di Celso, polemista latino del II secolo. Ma il pri-
mo libro dedica a Gesù meno che a san Giovanni Battista. E
del secondo, che bolla il Cristo come “capo di una banda di bri-
ganti”, restano solo rari brani in un’opera avversaria (Contro
Celso, del teologo Origene). Molto non è.

ROMA E NERONE

Ma fu mai registrato il nome di Gesù dagli storici romani?


«Sì, ma non prima del 110 d.C., 80 anni dopo la sua morte»
spiega Lucio Troiani, docente di storia romana all’università di
Pavia. «Tacito, nel libro 15 degli Annali, parla dell’incendio di
Roma. E afferma che Nerone incolpò i cristiani perché conta-
va sul fatto che erano odiati dalla popolazione per flagitia (at-
ti osceni e immondi). Tacito aggiunge che il volgo li chiamava
“crestiani” perché prendevano nome da Cristo, giustiziato sot-
to Tiberio. Anche Svetonio nomina Gesù parlando dei cristia-
ni, che definisce “genus novum ac maleficum” (un genere nuovo
e malefico). Dice che furono cacciati da Roma per i loro tumulti
in nome di “Cresto”».Ma quella dei documenti romani su Ge-
sù resta una traccia esile. Qualcosa di più emerge da Giuseppe

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Flavio, autore intorno al 75 d. C. dell’opera Antichità Giudai-
che, che scrive:“Gesù fu uomo saggio, se pur conviene chiamar-
lo uomo,infatti egli compiva opera straordinarie (...) egli era il
Cristo. Dopo che Pilato lo condannò alla croce, non vennero me-
no coloro che fin dall’inizio lo ebbero amato. Apparve loro il ter-
zo giorno di nuovo vivo (...)”. «Qui può esserci qualche aggiun-
ta posteriore dei copisti cristiani» spiega Troiani «ma non c’è
dubbio che siamo di fronte a una testimonianza storica». Alla
quale segue quella contenuta nel Sanhedrin del Talmud babilo-
nese: “Alla vigilia della Pasqua si appese Jeshù il nazareno (...)
perché aveva praticato la magia e deviato e sobillato Israele”.

LA VERITÀ STORICA RICAVATA DAI VANGELI

Con una manciata di testimonianze storiche a disposizione,


i ricercatori si sono a lungo divisi in 2 fazioni: la scuola criti-
ca, a caccia di notizie biografiche per spiegare i motivi del suc-
cesso di Gesù, e la scuola mitica, per la quale il cristianesimo
non è altro che un mito, per cui non serve curarsi troppo del-
la vita dell’uomo reale chiamato Gesù. «Finché è arrivata una
terza via» spiega monsignor Gianfranco Ravasi, direttore del-
la Biblioteca e della Pinacoteca Ambrosiana di Milano. «I ri-
cercatori hanno capito che lavorando sui vangeli come se fos-
sero strati geologici, si può arrivare a un nucleo di verità stori-
ca. A un livello più antico ci sono infatti i detti che Gesù ha re-
almente pronunciato in vita. Sopra questi è stata registrata la
tradizione orale che si è sviluppata con alcuni inevitabili cam-
biamenti, dopo la sua morte. Ma questa non è da sottovalutare,
perché nel mondo antico si era molto precisi nei ricordi e mol-
ti detti di Gesù erano volti a facilitarne la memorizzazione, co-
me “Chiedete e vi sarà dato, bussate e vi sarà aperto” (paralle-
lo con finale positivo). A questa parte più credibile si sovrap-

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posero poi, fra i primi cristiani, raccolte scritte di detti di Gesù
e annunci di fede». Questi vennero poi selezionati a un livello
successivo e cuciti insieme con racconti inventati che tenevano
conto della missione di ogni evangelista: a chi doveva evange-
lizzare tra i romani conveniva per esempio parlare bene di Ro-
ma e quindi assolvere il romano Pilato. Fra i vangeli sinottici
(cioè quelli di Marco, Matteo e Luca che contengono una serie
di detti simili), il più antico è attribuito a Marco e risale al 70
d. C.. Quello di Giovanni, il più teologico, è anche il più recen-
te: della fine del primo secolo. Il kerygma (dal greco “annun-
cio”) di fede cristiana, più antico è del 57 d. C., 27 anni dopo la
morte di Cristo e si trova nella prima lettera di Paolo ai Corin-
zi: “Vi ho trasmesso ciò che anch’io ho ricevuto: Cristo morì per
i nostri peccati secondo le Scritture e fu sepolto. È risorto il ter-
zo giorno, secondo le Scritture e apparve...”. Paolo, ex persecu-
tore di cristiani, figura centrale nella diffusione del cristianesi-
mo, non conobbe Gesù (se non in una visione), ma ebbe infor-
mazioni di prima mano dai seguaci più anziani.

LA RESURREZIONE

«È intorno a questo kerygma della resurrezione che si dif-


fonde rapidamente la religione cristiana» spiega Remo Cacitti,
docente di storia cristiana antica all’università di Milano. «È
la fede nella resurrezione la chiave del successo di Gesù, più di
quanto lo sia il buon insegnamento morale, che esiste anche in
altre religioni». Sostiene Ed Sanders, docente di religione alla
Duke University: «È un fatto storico che un gruppo di persone
affermi di avere visto, non sappiamo come e in base a quale fe-
nomeno, il loro capo risorto. Ne sono talmente convinte che ri-
prendono la loro missione, sfidano la repressione, fino al mar-
tirio». Qual è il metodo d’analisi per selezionare dai vangeli gli

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elementi di verità? «Se un detto di Gesù si ritrova in fonti evan-
geliche indipendenti, allora possiamo pensare che questo paral-
lelismo rispecchi il suo pensiero originale» spiega Ravasi. «Lo
stesso vale per un detto o un’azione compatibile con lo sfondo
culturale ebraico del tempo, che non rifletta cioè un’in fluenza
cristiana nata a posteriori. Ma può essere attendibile anche ciò
che contrasta con i canoni ebraici dell’epoca (e quindi difficil-
mente sarebbe stato aggiunto per ragioni di propaganda) e che
richiama l’originalità propria dell’ebreo Gesù». Un altro prin-
cipio tiene conto che a quel tempo la Storia era vista come un
continuo compiersi di profezie: molte delle azioni di Gesù, mi-
racoli compresi, vanno quindi considerate come invenzioni de-
gli evangelisti, che intendevano dare compimento a disegni ini-
ziati generazioni prima di lui. Quali sono allora i fatti veri rin-
tracciabili con questo metodo di indagine incrociata sui van-
geli? Ecco quelli che trovano d’accordo la maggior parte degli
studiosi. Gesù nacque sì a Betlemme ma non nel primo anno
in cui inizia l’epoca che si riferisce alla sua nascita, bensì tra il
7 e il 4 a. C., questo perché viene ritenuta valida la concordan-
za degli evangelisti Luca e Matteo in rapporto alla data del-
la morte di Erode il Grande, non tenuta presente dal Monaco
Dionigi il Piccolo, creatore nel VI secolo del calendario liturgi-
co. Secondo Matteo Gesù era nato “al tempo del re Erode” (Mt
2: 1) durante un censimento “fatto quando era governatore del-
la Siria Quirinio” (Lc 2: 2) e in sincronia con un insolito evento
celeste (la “stella” dei Magi, Mt 2: 1-10). Ora, Erode il Grande
morì nel 4 a. C., un censimento si fece fra l’8 e il 6 a. C. e una
congiunzione di pianeti (forse la “stella”) si registrò nel 7 a. C.

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SULLA CROCE PER I DISORDINI

Gesù passò quasi tutta la vita a Nazaret. A 30 anni venne ef-


fettivamente battezzato da Giovanni Battista, figura reale con-
fermata da Giuseppe Flavio. «Dallo studio storico dei vange-
li emerge che la cultura di Gesù era media, non certo aristo-
cratica. Predicava quasi esclusivamente nella campagne, par-
lava l’aramaico e l’ebraico e aveva una conoscenza pratica dei
fenomeni agricoli e naturali e dei fatti della vita». Dai dettagli
sull’ambiente e dal numero di Pasque citate nei vangeli, si de-
sume che la sua missione durò da un minimo di 18 mesi a un
massimo di tre anni. Gesù operò quasi esclusivamente in Gali-
lea, facendo fatica all’inizio a trovare un seguito. Poi soggior-
nò in Giudea, allora sotto il controllo della prefettura romana,
solo per alcuni giorni. Fino all’episodio cruciale della cacciata
dei mercanti dal Tempio. Il sacerdote Caifa fa arrestare Gesù
in base alla responsabilità conferitagli dalla prefettura roma-
na di garantire l’ordine nelle feste pasquali, quando la gente si
riversava in massa a Gerusalemme e al Tempio. Gesù provoca
disordini proprio al Tempio, nel centro del potere teocratico. E
questo fatto, più ancora delle presunte affermazioni sull’essere
figlio di Dio, lo porterà sulla croce. Una pena che i Romani ri-
servavano soltanto agli schiavi e ai banditi (categoria che com-
prendeva anche i ribelli). I falsi profeti venivano in genere lapi-
date dagli Ebrei stessi, previa condanna della prefettura roma-
na. In base alla concordanza sull’episodio in cui Gesù, quando
affronta la sua esecuzione, raccomanda la madre ai discepoli
(e non cita altre donne) pare confermato che non fosse sposa-
to. Un altro elemento storico che emerge dai Vangeli è che Ge-
sù aveva discepoli anche di sesso femminile, andando contro-
corrente (esempio del principio di discontinuità) in una società
confessionale che vedeva la donna come portatrice di impurità
e non adatta all’apostolato. Sempre sulla base di questo princi-

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pio, uno dei suoi detti “chiunque ripudia la propria moglie e ne
sposa un’altra commette adulterio...”, che compare in varie for-
me in tutti i vangeli è considerate autentico, perché non confor-
me alla legge mosaica, in cui era consentito ripudiare la moglie.
Gesù si rivolgeva anche ai gentili, cioè alla popolazione non
ebrea della Palestina, fatto non in linea con l’ebraismo dell’e-
poca. Anche se la sua solidarietà con i diseredati (“Gli ultimi sa-
ranno I primi...”) fu innovativa, non sembra verosimile un suo
impegno sociale di tipo rivoluzionario o volto a rivendicare ri-
forme sociali. «La sua figura nasce in un clima di grande atte-
sa per la fine del mondo e l’inizio di un nuovo ordine divino,
e il suo impegno, più che per i miglioramenti terreni, è diretto
a salvare il massimo numero possibile di persone per l’avven-
to del Regno di Dio» sottolinea Sanders. A questo scopo Ge-
sù concedeva il perdono senza richiedere i lunghi, minuziosi e
rigidi rituali della legge ebraica. Per lui, i sacrifici nel Tempio
contavano meno di un sincere pentimento. I tempi stringeva-
no, il Regno stava arrivando. Lo stesso Paolo, 27 anni dopo, un
po’ deluso per l’attesa, pensava fosse ancora questione di po-
co, magari di mesi.

ROCCE PARLANTI

Un po’ più abbondanti (ma di poco) sono le notizie forni-


te dall’archeologia, utili però quasi solo per trovare confer-
me su alcuni dettagli dei racconti evangelici. «Ovviamente Ge-
sù, a differenza di re e imperatori, non eresse né palazzi né mo-
numenti» precisava padre Michele Piccirillo, archeologo dello
Studium biblicum franciscanum di Gerusalemme, scomparso al-
la fine del 2008. «Perciò fare dell’archeologia cristiana vuol di-
re andare in cerca di tracce lasciate non direttamente da Gesù,
ma da altri: anzitutto dai suoi più antichi seguaci».

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La premessa è importante e quanto mai autorevole. Padre
Piccirillo è stato infatti protagonista diretto o indiretto di tutti
gli scavi e gli studi che negli ultimi decenni in Israele e in Gior-
dania hanno riportato alla luce o alla ribalta alcuni luoghi
evangelici: la casa di Maria a Nazareth, dove Gesù visse l’in-
fanzia; la sinagoga di Cafarnao dove predicò; la casa di san Pie-
tro, pure a Cafarnao; infine (una scoperta recente, v. Focus Sto-
ria n° 24, pag. 118) l’antica Betània, dove fu battezzato dal cu-
gino san Giovanni Battista. Tutto ciò si basa su indizi precisi.
Assai meno provata è invece l’autenticità dei “luoghi sacri” tra-
dizionali, dalla Grotta della Natività di Betlemme al Santo Se-
polcro, indicati come tali 17 secoli fa dalla madre dell’imperato-
re Costantino, Elena, santa e prima “archeologa” cristiana, ric-
ca di devozione ma priva di qualunque attendibilità scientifica.

LE CERTEZZE

Comunque, qualche certezza storica c’è. San Giuseppe ad


esempio non era il falegname che ci è stato descritto (l’errore è
dovuto a una cattiva traduzione dal greco) bensì un carpentie-
re, forse titolare di una piccola impresa. Certo è, infine, che la
Sacra Famiglia era più numerosa di quella a cui ci ha abituato
l’iconografia: oltre a Gesù, in casa di Giuseppe e Maria c’erano
almeno due figlie e altri quattro figli maschi (Giacomo, Giusep-
pe, Simone e Giuda), citati sia dai Vangeli (Mt 13: 55-56 e Mc
6: 3) sia da altri scritti del Nuovo Testamento.
Va detto che la dottrina contrasta o ha contrastato fino a
tempi recenti quest’idea di famiglia “allargata”. Alcuni ipotiz-
zano che i fratelli di Gesù fossero fratellastri, nati da un primo
matrimonio di Giuseppe (anche se i Vangeli li descrivono sem-
pre insieme a Maria). Altri interpretano la parola “fratelli” co-
me “cugini” o parenti. Non fu così nei primi secoli, quando l’e-

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sistenza di fratelli “veri” era data per scontata da autori cristia-
nissimi come Origene, Eusebio e Filippo di Sidete.

ANNI OSCURI

Molto più incerta è la ricostruzione della gioventù del futu-


ro Messia. Che cosa fece Gesù prima di predicare in pubblico?
Giuseppe Flavio tace. E i Vangeli, nei circa trent’anni tra la na-
scita e il battesimo nel Giordano, narrano quasi solo la fuga in
Egitto. Che Celso cita in una versione tutta sua: Gesù “spinto
dalla miseria andò in Egitto a lavorare a mercede e, avendo così
imparato le discipline occulte per cui gli Egizi sono famosi, tor-
nò a casa fiero delle arti apprese e si autoproclamò Dio”. Ma è
credibile che Gesù sia emigrato sul Nilo come un extracomuni-
tario affamato? La risposta è no. Infatti la Sacra Famiglia era
tutt’altro che proletaria: Giuseppe discendeva dal re Davide e
Maria aveva parenti nella Gerusalemme-bene (sua cugina Eli-
sabetta aveva sposato un sacerdote del Tempio, Zaccaria). In-
somma, quando Joshua lasciò i suoi, più che ai migranti di og-
gi doveva somigliare ai giovani italiani di buona famiglia che
nell’800 si ribellarono ai padri per farsi garibaldini. Una teo-
ria suggestiva ipotizza anche un ritiro giovanile di Gesù tra gli
Esseni, ascetica setta giudaica che aveva monasteri nel deserto
fra cui forse quello di Qumran, sul Mar Morto, dove tra gli An-
ni ’40 e ’50 furono trovati manoscritti (di un periodo compre-
so fra il III secolo a. C. e il I secolo d. C.) con le regole di vita
della setta. Gli stessi Vangeli supportano il “teorema Esseni”.
Il digiuno che Gesù affrontò nel deserto (Mt 4: 1-11) ricorda
il rito iniziatico della setta. E usi di quegli antichi monaci si ri-
trovano sia nella storia del Battista (v. Focus Storia n° 24, pag.
120) sia in quella di Gesù. Persino l’Ultima Cena evoca la Re-
gola della comunità di Qumran: “Quando prepareranno la tavo-

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la per mangiare o il vino dolce per bere, il sacerdote stenderà per
primo la mano per benedire il pane e il vino”.

SEGUACE DI GIOVANNI BATTISTA

L’idea di un nesso Gesù-Esseni non è accettata da tutti: «Non


c’è alcuna prova in tal senso, ma siccome della giovinezza di
Gesù si sa poco o nulla, ogni ipotesi è plausibile» commenta
scettico Pesce. «Comunque è certo che per un periodo, di dura-
ta non precisabile ma probabilmente non breve, Gesù fu segua-
ce di Giovanni Battista: quindi frequentò una “scuola” che di-
fendeva i valori ebraici tradizionali contro gli influssi ellenisti-
ci e romani». In fondo, che Joshua fosse esseno o “giovanneo”
conta poco. La filosofia dei due movimenti era simile: un mix
di integralismo, di polemica con la dirigenza ebraica dell’epoca
(accusata di opportunismo politico) e di profezie su un’immi-
nente fine del mondo. I monaci di Qumran predicevano infat-
ti “una strage grande” ai danni dei “figli delle tenebre”. E Gio-
vanni ribadiva: “Il regno dei cieli è vicino! [...] Ogni albero che
non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco” (Mt
3: 2-10). Propagandato in seguito come profeta dell’amore, Ge-
sù, stando ai Vangeli, avrebbe usato spesso i toni truci dei suoi
predecessori: “Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buo-
ni e li getteranno nella fornace ardente” (Mt 13: 49-50). E anco-
ra: “Non sono venuto a portare pace, ma una spada” (Mt 10: 34).
Non è detto che fosse una metafora: Pietro la portava davve-
ro, la spada, e un altro apostolo, Simone il Cananeo, proveniva
dagli Zeloti, fondamentalisti che facevano politica con le armi.

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LA SVOLTA

Se dunque Joshua fu allievo degli Esseni o di Giovanni,


quando inaugurò una predicazione autonoma? Due evangeli-
sti (Matteo e Marco) dicono dopo l’arresto del cugino per ma-
no di Erode Antipa. Fu allora che l’“allievo” pensò di cambia-
re aria e di iniziare una vita itinerante tra la Galilea, il Golan
e il Libano del Sud: tutte zone abitate, ben diverse dal deserto
dei precursori di Gesù. Era una novità assoluta, che cambiava
molte cose. Anzitutto cambiarono dieta e look. Se il Battista si
nutriva solo di “locuste e miele selvatico” e “portava un vestito
di peli di cammello” (Mt 3: 4), Gesù invece è descritto più volte
intento a banchettare, spesso con gente di dubbia fama, tanto
da tirarsi addosso aspre critiche: “I discepoli di Giovanni digiu-
nano spesso e fanno orazioni; [...] invece i tuoi mangiano e be-
vono!” (Lc 5: 33). Questa linea poco ascetica generò una cura
dell’aspetto fisico lontanissima dalla trasandatezza da clochard
del Battista. La penitenza, intesa come mortificazione del cor-
po, non venne sconfessata, ma fu vissuta con un atteggiamen-
to nuovo e gioioso: “Profumati la testa e lavati il volto” racco-
mandava Gesù a chi digiunava (Mt 6: 17). Lui stesso non di-
sdegnava l’uso di cosmetici, come prova l’episodio della donna
senza nome (non era la Maddalena, come vuole invece la tra-
dizione) che gli inondò i piedi con olii profumati (Lc 7: 37-38).
La presenza femminile nel gruppo di Gesù era un’altra novi-
tà, impensabile per gli Esseni, rigorosamente misogini. Tra le
“pie donne”, più di tutte contava tale Giovanna, moglie nien-
temeno che di Cusa, “ministro del Tesoro” di Erode Antipa, te-
trarca (oggi diremmo conte o duca) della Galilea.
Furono proprio Giovanna e altre donne della buona società
a finanziare Joshua e i suoi: uno dei Vangeli dice che “li assiste-
vano coi loro beni” (Lc 8: 3). Senza quegli sponsor, Gesù avreb-
be avuto vita grama: “Le volpi hanno le loro tane, gli uccelli del

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cielo i nidi” notava lui stesso “ma il figlio dell’uomo non ha do-
ve posare il capo” (Lc 9: 58). Con meno poesia, il solito Celso
descrisse poi a suo modo quella vita da hippy: “Se la svigna-
va qua e là, raccattando provviste in modo vergognoso e sporco”.

SULLA STRADA

Evidentemente non la pensavano così le folle che seguivano


Joshua incantate dal suo carisma, dalla sua fama di guaritore,
dalle sue invettive contro la classe dirigente, soprattutto con-
tro Farisei e Sadducei, aristocratici spesso alleati dei Romani.
«Gesù interpretò i sentimenti della gente di campagna, a disa-
gio per la politica della dinastia di Erode, che privilegiava le cit-
tà» spiega Pesce. Il messaggio di Joshua era una bomba eversi-
va. Ma finché restò limitato alla Galilea, il potere lo tollerò. Poi
venne il giorno in cui quel “tribuno di campagna” portò la sua
provocazione a Gerusalemme. I posteri chiamano quel giorno
“Domenica delle palme” per l’accoglienza trionfale che il po-
polo gli riservò (Mt 21: 8-11). Appena arrivato, Joshua uscì al-
lo scoperto: arringò la folla contro i Farisei, lanciò maledizio-
ni in stile Battista sul futuro della città, ribaltò il mercato di
bancarelle intorno al Tempio. Per l’establishment era troppo:
di qui l’arresto, il processo davanti al Sinedrio (organo legisla-
tivo e giudiziario controllato dalla fazione filoromana dei Sad-
ducei) e la condanna a morte per sedizione. Era (forse) vener-
dì 7 aprile del 30 d. C.

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SILENZI ELOQUENTI

Raramente ci si sofferma su un dettaglio importante della


Passione descritta dai Vangeli, cioè l’ostinato silenzio di Gesù
davanti a Pilato: “Non gli rispose neanche una parola, con gran-
de meraviglia del governatore” (Mt 27: 14). Pilato veniva da lon-
tano, conosceva poco il giudaismo ma sapeva bene che per il di-
ritto romano il silenzio equivaleva a una confessione. Si sarebbe
meravigliato meno se avesse conosciuto un precetto dei mona-
ci di Qumran: “Nessuno risponderà qualora venga interrogato
da loro (gli “empi”, ndr) su una qualsiasi legge e giudizio” (Re-
gola della comunità, 5: 16). Solo una coincidenza? È possibi-
le; certo è che fino all’ultimo Joshua agì da ebreo integralista.
«Gesù non fondò un sistema religioso diverso da quello in cui
era nato» conclude Pesce. «Si limitò a sollecitare un cambio di
comportamento all’interno del mondo giudaico». Del resto,
l’aveva detto chiaro: “Non pensate che io sia venuto ad aboli-
re la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare
compimento” (Mt 5: 17). Il compito di fondare una nuova reli-
gione spetterà invece a un uomo che quando Joshua morì sul-
la croce era ancora un ventenne ebreo della romana Tarso (in
Turchia): Shaul, alias san Paolo.

I MIRACOLI

Un problema spinoso per chi legge i Vangeli con occhi lai-


ci è spiegare i prodigi di cui parlano: guarigioni, annullamento
di leggi fisiche (Gesù che cammina sulle acque), resuscitazioni
dei morti (Lazzaro). «Per uno studioso» precisa Adriana De-
stro, docente di Antropologia culturale all’Università di Bolo-
gna «il punto non è tanto stabilire che cosa fossero in realtà gli
eventi qualificati come miracoli, impresa impossibile, bensì va-

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lutare i motivi culturali di quella fede e chiedersi perché quegli
eventi sono messi tanto in evidenza».
Emblematica, in questo senso, è la moltiplicazione dei pa-
ni e dei pesci. «Gli evangelisti consideravano la commensalità
e l’abbondanza del cibo un simbolo necessario per rendere più
popolare la figura di Gesù» ipotizza la studiosa. La descrizione
del miracolo sarebbe quindi pura propaganda? Il dubbio è legit-
timo, anche perché in alcuni casi gli evangelisti non si presenta-
no come testimoni dei fatti, ma riferiscono notizie di seconda
mano. Atti miracolosi, del resto, erano attribuiti nella Palesti-
na dell’epoca anche ad altri predicatori e guaritori

UNA TAZZA MISTERIOSA

“Per Cristo il mago”: la scritta, incisa in greco su una tazza ri-


tuale di terracotta trovata nel 2008 sui fondali dell’antico porto
di Alessandria d’Egitto, sta facendo discutere gli studiosi. Che
il Cristo (in greco “unto”) citato sia quello dei Vangeli è infat-
ti solo una suggestiva ipotesi; ma se ciò fosse vero la coppa di
Alessandria, databile intorno al 50 d. C., sarebbe il più antico
reperto con un’esplicita citazione di Gesù. Magie. A recupera-
re il reperto è stato Franck Goddio, archeologo francese che ha
commentato così la scoperta: «Nel mondo ellenistico il termi-
ne “mago” aveva una valenza positiva e Gesù poteva essere ri-
tenuto un campione della magia bianca».

L’unico reperto connesso al Cristo in grado di battere per an-


tichità la coppa alessandrina potrebbe forse essere la cosiddet-
ta “iscrizione di Nazareth”, una lapide in marmo del 37-41 d.
C. con inciso un decreto imperiale che minacciava di morte chi
avesse asportato salme dai sepolcri. L’interpretazione corrente
è che il decreto nacque dal sospetto che i cristiani avessero tra-

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fugato i resti di Gesù per teorizzarne la resurrezione. Sulla la-
pide, però, il nome Cristo non c’è.

IL RUOLO DI PILATO

La ricostruzione secondo la quale un angosciatissimo Pilato


se ne “lava le mani”, e condanna a morte, controvoglia, Gesù
con il popolo (ebreo) che gli preferisce Barabba, non è credibi-
le storicamente. Più facile che con essa i primi cristiani abbia-
no voluto screditare gli Ebrei, da cui derivavano e con i quali
poi entrarono in conflitto teologico. Deposto da Caligola. «Pi-
lato, il procuratore romano, era in realtà un criminale di Stato»
spiega Ed P. Sanders, docente e autore del libro “Gesù, la verità
storica” (Mondadori). «Ordinava esecuzioni a raffica, e quel-
la del nazareno non dovette occupargli la mente più di qualche
minuto». Anni dopo, Filone di Alessandria, filosofo ebreo, de-
nunciò con una lettera a Caligola, le reiterate esecuzioni senza
processo di Pilato. Che alla fine fu deposto.

IL RIVALE DI GESÙ

Era nato il 25 dicembre, in una grotta, da una vergine. Ven-


ne sulla Terra per predicare giustizia, per portare la salvezza
dell’anima, la vita eterna. Salì in cielo a 33 anni con la promes-
sa di tornare il giorno del giudizio. Il suo nome? Si chiamava
Mitra ed era una divinità di origine persiana che nei primi se-
coli dopo la nascita di Cristo fu molto diffusa in tutto l’impe-
ro romano. A Roma esistevano almeno un migliao di mitrei, i
luoghi di culto di Mitra. Dopo l’editto di Costantino, nel 313
d.C., questa religione fu messa al bando e sui luoghi di culti mi-
trei furono erette chiese cristiane. Al punto che, secondo Ernest

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Renan, un famoso studioso delle religioni “se il Cristianesimo
fosse stato fermato nella sua espansione oggi il mondo sareb-
be mitraico”.
La versione romana di Mitra era leggermente diversa da quel-
la originale persiana che risaliva al 1300 a.C.. E aveva in effet-
ti acquisito grandi somiglianze con il cristianesimo, forse pro-
prio per potergli essere concorrenziale. Si praticava una specie
di battesimo e l’officiante (chiamato “pater”) benediceva il pa-
ne e l’acqua. Poi li distribuiva ai partecipanti.

GLI ALTRI VANGELI

Circa 16 secoli fa la Chiesa decise quali, fra le decine di van-


geli disponibili nelle prime comunità cristiane, erano ispirati
da Dio. Gli altri furono definiti “apocrifi” che in senso liturgi-
co equivale a falsi, eretici. «Eppure, alcuni dei vangeli apocri-
fi potrebbero essere stati scritti (sulla base di racconti traman-
dati oralmente) già pochi anni dopo la morte di Cristo, quin-
di potrebbero essere una fonte storica utile per risalire a che
cosa veramente disse Gesù» spiega lo storico del cristianesi-
mo Mauro Pesce, autore di Le parole dimenticate di Gesù. In-
vece, sono di solito contrapposti ai vangeli canonici, cioè uffi-
ciali: quelli di Marco (il primo), di Matteo, Luca e Giovanni,
redatti fra il 70 e il 95 d.C. Anche se Matteo e Giovanni erano
apostoli, i loro vangeli furono in realtà scritti da persone che
non avevano conosciuto direttamente Gesù: forse discepoli de-
gli stessi apostoli.
Nei vangeli apocrifi si trovano versioni alternative (e sorpren-
denti) di episodi presenti in quelli canonici. Si passa da Gesù
che, in compagnia dei fratelli e di sua madre, non vuole far-
si battezzare da Giovanni Battista, ritenendosi al di sopra dei
peccatori, alla sua ascesa sul monte Tabor con lo Spirito santo

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(e non con il diavolo); da una visione “terrena” e opulenta del
regno di Dio da parte di Gesù, a un giorno del giudizio mol-
to più tranquillo di quanto hanno raccontato molti catechisti.
Infine, la ricostruzione di Gesù che assiste alla crocifissione di
un “alter ego”.

testi da articoli di Franco Capone e Nino Gorio

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PER SAPERNE DI PIÙ

LIBRI

Gesù, la verità storica,


Ed P. Sanders
La ricostruzione di uno dei più grandi studiosi del Gesù storico.
Mondadori (1999)

Le parole dimenticate di Gesù


Mauro Pesce
Uno studio sui vangeli apocrifi, testimonianze su Gesù spesso precedenti quelle
degli apostoli, che furono però considerate false dalla chiesa.
Mondadori – Fondazione Valla

Signore Gesù Cristo. La venerazione di Gesù nel Cristianesimo più antico.


Hurtado Larry
La venerazione di Gesù nel primo secolo dopo la sua nascita,
ricostruita su basi storiche.
Paideia (2007)

SITI WEB
www.gesustorico.it
Il sito di approfondimento sulla storicità di Gesù di Nazaret.

www.vangeliapocrifi.it/gesu.php
Dedicato a un confronto tra i vangeli canonici e quelli storici.

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La Basilica della natività a Betlemme. Costruita nel 326 per iniziativa
della madre dell’imperatore Costantino su quella che, secondo
la donna, avrebbe potuto essere la famosa grotta.

L’interno della Basilica della natività di Betlemme: una croce d’argento


indica il punto in cui Gesù sarebbe nato.

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Giovanni il Battista, a capo di una setta ebraica che predicava il battesimo come
purificazione e momento di cambio di vita, lo battezza sulle rive del fiume
Giordano. Giovanni era anche cugino di secondo grado di Gesù e figlio del
sacerdote Zaccaria. Secondo alcuni vangeli apocrifi, Gesù fu spinto dalla fami-
glia, ma non avrebbe voluto farsi battezzare da Giovanni.

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La Giudea e i luoghi più importanti della predicazione di Gesù (da Focus n°151).

25

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I più antichi ritratti di Gesù (da Focus n°99).

26

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NELSON MANDELA ALBERT EINSTEIN JACKIE KENNEDY
L’uomo che ha sconfitto il razzismo
MAOMETTO Un destino da protagonista
Una vita da genio Profeta dell’Islam e messaggero di Dio

JACKIE KENNEDY
Un destino da protagonista

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