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BENI CULTURALI
Relatore:
Matricola n. 013834
Introduzione 4
Capitolo 1
L’evoluzione dei denti 6
Capitolo 2
La dentatura nell’uomo: natura, nomenclatura 11
e forma
Capitolo 3
L’evoluzione umana attraverso i denti 36
Conclusioni 58
Bibliografia 60
3
Introduzione
I denti sono gli elementi del corpo umano che si conservano meglio
come record archeologico. Questo è dovuto soprattutto alla loro
particolare natura, che permette una maggiore resistenza ed una
conservazione nel tempo più duratura.
4
Tutto questo va a discapito, molto spesso, dell’aspetto evolutivo che
viene esposto in maniera generica e, in alcune sue parti, lacunosa.
In definitiva si tenterà di dare una visione globale del dente, non solo
come organo corporeo, ma come importante record per l’ambito
evoluzionistico della ricerca archeologica, delineandone i tratti
essenziali della sua struttura fisica, del rapporto con l’alimentazione e
delle modifiche avvenute nel corso dell’evoluzione dell’uomo.
5
Capitolo 1
6
categoria altre grandi scimmie appartenenti ai generi Pongo (gli
oranghi), Pan (gli scimpanzé) e Gorilla.
7
Prendendo in esame uno di questi generi, ad esempio il gorilla, e
mettendolo in contrapposizione con l’uomo, la struttura dentale
risulterà essere per caratteristiche e funzione diversa.
8
piano masticatorio, di inserirsi nella serie dentaria opposta così da
permettere l’occlusione dei mascellari.
Passando ai canini, si può notare che la differenza non sta solo nella
dimensione, anche in questo caso più piccoli nell’uomo, ma
soprattutto nella forma: infatti se i canini umani sono spatuliformi,
quelli del gorilla sono conici. In questo caso si avrà un’usura
differente, in quanto se in quello umano questa interessa solo gli apici,
nelle scimmie essa formerà una faccia d’usura sulla faccia posteriore
del canino inferiore.
Per quel che riguarda i molari bisogna fare una distinzione per
entrambe le arcate. Per l’arcata superiore, sia l’uomo che il gorilla
possiedono dei molari quadri cuspidati: il primo ha delle cuspidi di
forma conica mentre nel secondo sono piramidali. Solitamente
nell’uomo vi è una tendenza alla diminuzione delle cuspidi,
9
specialmente nel secondo e terzo molare, passando da un numero di 4
a 3 cuspidi: tutto ciò nelle scimmie antropomorfe non avviene.
10
Capitolo 2
11
funzione di attacco o difesa dagli altri esseri viventi, come accade con
altre forme di mammiferi o animali di varia natura.
I denti per loro conformazione sono degli organi con una consistenza
dura e di colore bianco, quanto meno nella loro parte esterna, inseriti
nella struttura ossea dei processi mascellari, superiore ed inferiore, che
in questo caso hanno la funzione di supporto.
Come detto in precedenza sono al primo posto nella scala del sistema
digestivo umano e per la loro particolare composizione non vengono
definiti come struttura ossea, bensì vengono descritti come organo
dell’apparato digerente. Questo perché anche se in alcune loro parti
essi sono costituiti dalle stesse componenti del tessuto osseo, nella
maggior parte della loro struttura la composizione è di origine
ectodermica, cioè è composta da cellule che sono simili a quelle di
unghie o peli o di qualsiasi produzione epiteliale.
12
sensibile, e la gengiva, frutto dei processi alveolari, posta a protezione
della struttura dentaria per evitare che venga danneggiata da agenti
esterni. La terza sezione è denominata radice: essa è la parte meno
esposta del dente poiché si trova all’interno dei processi alveolari ed è
ancorata ai mandibolari, ma è anche la parte più sensibile del dente, in
quanto priva di tessuti protettivi perché già protetta dal tessuto osseo
della mandibola e dalla gengiva.
13
inorganica è costituito da idrossiapatite1, che rappresenta circa il 96%
del totale.
1
Idrossiapatite: tipo di minerale presente nel corpo umano. La composizione
dell’idrossiapatite nello smalto è costituita da: Ca(36,4%), P(17,1%), Mg(0,43%),
Co3(3,4%), Na(0,64%), F(0,01%), Ca/P(2% circa). F. MALLEGNI – DENTI (2001)
2
Ameloblasto: Cellula di origine ectodermica atta alla formazione dello smalto.
14
avviene in maniera simile, poiché interessa solamente il piano della
superficie masticatoria del dente in ambo i casi. Oltre al piano
occlusale, anche l’alimentazione accelera i processi di usura di un
dente: ad esempio il consumo continuo di sostanze di tipo fibroso, tipo
radici, aumenta il deterioramento dello smalto.
3
Odontoblasto: cellula di origine ectomesenchimale atta alla formazione della
dentina.
15
prolungamenti detti processi odontoblastici che vanno ad occupare
degli spazi detti canali della dentina che sono ricchi di collagene e
fluido tessutale. La loro forma e dimensione è varia, a secondo della
loro posizione.
4
Cementoblasto: cellula simile all’osteoblasto (cellula embrionale che elabora il
tessuto osseo) atta alla generazione del cemento dentale.
16
sanguigni. Ha una consistenza gelatinosa ed è composta da solo
materiale di origine organica, cioè il 90% da acqua e il 10% da
glicoproteine. È per quasi tutta la sua interezza ricoperta dalla dentina
tranne che in corrispondenza del forame apicale, tramite il quale
comunica con gli altri tessuti.
5
Papilla dentaria: agglomerato di cellule di origine mesenchimale che danno origine
alla polpa dentale.
17
inizia dal terzo mese di vita fino ad arrivare al venticinquesimo anno
di età di un individuo.
18
La seconda fase della dentizione nell’uomo inizia intorno ai 6 anni di
vita per terminare attorno ai 21 anni. Durante questa fase avviene una
progressiva sostituzione dei denti decidui che vengono rimpiazzati da
denti che l’individuo terrà per tutto il proprio ciclo vitale: questa
dentizione viene definita permanente.
19
• Primo Molare: a 6 anni i molari superiori, a 7 i molari
inferiori;
• Secondo Molare: a 12 anni, prima gli inferiori poi i superiori;
• Terzo Molare: tra i 18 e i 21 anni, prima gli inferiori e poi i
superiori.
20
La seconda regione comprende la classe dei premolari e dei molari.
L’azione fondamentale di questa zona delle arcate dentarie è quella
dello sminuzzamento e della triturazione delle sostanze ingerite.
Questi sono di forma tronco-piramidale e sono forniti di piano
occlusale, atto ad esprimere la loro funzione primaria. Il piano
occlusale di questi denti presenta delle salienze di smalto che vengono
definite cuspidi: queste sono tipiche dei premolari e dei molari, in
quanto, come precedentemente detto, la regione anteriore è sprovvista
di piano masticatorio.
Dunque sul lato rivolto verso le guance il dente presenta due salienze
dette paracono e metacono mentre sul lato rivolto verso la cavità
linguale protocono ed ipocono; in caso il numero di cuspidi sia
superiore ai 4 si troverà sempre sul lato linguale la salienza detta
ipoconulide. Il piano masticatorio si presenta, quindi, come un’area
composta da escrescenze, dette creste. e depressioni dette fosse.
Le facce non sono altro che le aree della corona, la parte libera di un
dente, e a seconda della conformazione di quest’ultima può presentare
21
5 facce nei denti della regione anteriore o 6 facce nella regione
posteriore.
Gli incisivi presenti nel cavo orale sono di due tipi: gli incisivi
centrali, posti al centro della dentizione umana e gli incisivi laterali,
posti al fianco dei centrali. L’uomo possiede due coppie di incisivi
centrali, una posta nell’arcata superiore e l’altra nell’arcata inferiore, e
due coppie di incisivi laterali, anch’esse poste una all’arco superiore e
l’altra in quello inferiore.
22
Fig.5 Incisivo Centrale6
6
a: incisivo centrale superiore destro; (1) norma linguale, (2) norma mesiale, (3)
norma vestibolare, (4) norma distale.
b: incisivo centrale inferiore destro; (1) norma linguale, (2) norma mesiale, (3)
norma vestibolare, (4) norma distale.
23
cuneo, poiché il diametro del colletto è più ampio dell’ area di
incisione; la norma vestibolare si presenta convessa.
Gli incisivi laterali sono molto simili e esaudiscono gli stessi compiti
degli incisivi centrali. Infatti anch’essi adempiono alle funzioni di
fonazione e incisione delle sostanze nutritive; inoltre sono simili dal
punto di vista morfologico in quanto la loro norma distale e mediale
prende forma di cuneo, la norma linguale presenta sempre una
conformazione ad “S” mentre la norma vestibolare appare convessa. Il
loro diametro, come detto in precedenza, rimane minore rispetto agli
incisivi centrali. Anche questi, come i precedenti, sono denti
“succedanei” e quindi prevedono lo sviluppo di un dente deciduo e la
conseguente formazione di uno definitivo.
7
a: incisivo laterale superiore destro; (1) norma linguale, (2) norma mesiale, (3)
norma vestibolare, (4) norma distale.
b: incisivo laterale inferiore destro: (1) norma linguale, (2) norma mesiale, (3)
norma vestibolare, (4) norma distale.
24
Gli incisivi a livello radicale si presentano simili: sia gli incisivi
centrali che i laterali infatti sono monoradicolati, cioè dotati di una
sola radice che si salda ai mandibolari superiore ed inferiore.
A livello occlusale sia gli incisivi centrali superiori che gli incisivi
laterali superiori si posano, rivolgendo la loro norma linguale, sulla
norma vestibolare degli incisivi centrali e laterali inferiori. Questo è
dato dalla posizione del mascellare, rispetto alla mandibola.
Fig.7 Canino8
8
a: canino superiore destro; (1) norma linguale, (2) norma mesiale, (3) norma
vestibolare, (4) norma distale.
b: canino inferiore destro; (1) norma linguale, (2) norma mesiale, (3) norma
vestibolare, (4) norma distale.
25
Come gli incisivi, anche i canini sono denti succedanei, provvisti di un
dente deciduo e un successivo dente definitivo. Anche questi
adempiono a diversi compiti: si occupano dell’incisione del cibo,
anche se nell’uomo questa funzione l’hanno in gran parte persa; si
occupano della formazione della cosiddetta guida canina, ovvero
permettono una corretta occlusione dei mandibolari e a livello
estetico, tramite la loro radice, disegnano quella che viene definita
bozza canina del mascellare, ovvero delineano e marcano i tratti
espressivi del viso di un essere umano.
26
Vengono inoltre definiti denti difisari, ovvero prevedono la
formazione di un solo dente.
9
a: primo premolare superiore destro: (1) norma linguale, (2) norma mesiale, (3)
norma vestibolare, (4) norma distale, (5) norma occlusale.
b: primo premolare inferiore destro: (1) norma linguale, (2) norma mesiale, (3)
norma vestibolare, (4) norma distale, (5) norma occlusale.
27
il premolare superiore nel 70% dei casi presenta una doppia radice, a
differenza dell’inferiore che è monoradicolato.
28
caratteristiche sono molto simili ad un dente della regione posteriore:
norma distale e mesiale assume una forma trapezoidale, mentre la
norma vestibolare e la norma linguale si presentano convesse.
10
a: secondo premolare superiore destro: (1) norma linguale, (2) norma mesiale, (3)
norma vestibolare, (4) norma distale, (5) norma occlusale.
b: secondo premolare inferiore destro: (1) norma linguale, (2) norma mesiale, (3)
norma vestibolare, (4) norma distale, (5) norma occlusale.
29
La seconda classe di denti della regione posteriore della dentizione
umana è rappresentata dai molari.
30
quadricuspidato, cioè è fornito di 4 salienze due sulla norma
vestibolare e due sulla norma linguale; il molare inferiore, invece,
presenta di norma cinque cuspidi.
31
del mesiale e del linguale, ma come in precedenza appaiono di forma
trapezoidale.
12
a: secondo molare superiore destro: (1) norma linguale, (2) norma mesiale, (3)
norma vestibolare, (4) norma distale, (5) norma occlusale.
b: secondo molare inferiore destro: (1) norma linguale, (2) norma mesiale, (3)
norma vestibolare, (4) norma distale, (5) norma occlusale.
32
L’ultimo dente della serie dei molari è il terzo molare, conosciuto
anche come ottavo o “dente del giudizio”. Rispetto ai suoi
corrispettivi, esso è atipico in quanto non è un succedaneo, ma come i
premolari ha solo una dentizione definitiva che avviene tra i 18 e 21
anni dell’essere umano. Inoltre la sua forma e dimensione varia da
essere in essere.
13
a: terzo molare superiore destro: (1) norma linguale, (2) norma mesiale, (3) norma
vestibolare, (4) norma distale, (5) norma occlusale.
b: terzo molare inferiore destro: (1) norma linguale, (2) norma mesiale, (3) norma
vestibolare, (4) norma distale, (5) norma occlusale.
33
il molare superiore presenta tre radici, una sulla norma linguale e due
sulla norma vestibolare, che in alcuni casi possono essere saldate tra
loro, formando un'unica radice a due canali; nel caso del molare
inferiore, la zona radicale si presenta biradicolata con una radice posta
sulla norma mesiale e l’altra posta sulla norma distale.
34
Nel primo caso il dente ha un asse deviato rispetto alla conformazione
dei mandibolari e nella sua eruzione urta con il secondo molare
causando problemi a tutto l’assetto dentario. Il dente dunque può
posizionarsi in maniera orizzontale, rispetto all’asse, oppure può
essere posto in prossimità del secondo molare assumendo posizioni
troppo angolate che non permettono la normale eruzione del dente.
Come visto i denti assumono varia forma e natura, secondo il loro tipo
di specializzazione, ma ognuno di loro è indispensabile all’organismo
che li possiede: infatti come detto anche in precedenza, un essere
umano, senza la propria dentatura, non avrebbe potuto comunicare e
nutrirsi e di conseguenza non sarebbe mai iniziato il processo
evolutivo che ci ha portato ad assumere l’attuale conformazione psico-
fisica.
35
Capitolo 3
37
3.2 La dentizione nelle forme di Australpithecus
I tratti comuni di queste specie risiedono nella forma dei loro denti:
generalmente le Australopitecine presentano incisivi e canini più
piccoli, rispetto agli altri denti, mentre i molari posso essere di grandi
dimensioni con cuspidi bulbose e uno smalto molto spesso.
14
Mascellare di Ardipithecus Ramidus
38
L’attestazione più antica di denti fossili risale a circa 4,4 milioni di
anni fa: essa viene attribuita all’Ardipithecus Ramidus che è il
precursore delle forme Australopitecine.
15
Mandibola di Australopithecus Anamensis (KNM-KP29281)
39
Di questa specie sono stati rinvenuti numerosi denti e dagli studi
effettuati su di essi si nota che vi è una certa variabilità dimensionale,
forse dovuta al dimorfismo sessuale. Rispetto all’Ardipithecus
Ramidus, l’Anamensis presenta dei canini molto grandi ricoperti da
uno spesso strato di smalto; inoltre ha dei molari molto grandi e
anch’essi inspessiti dallo strato di smalto che li ricopre e da dei
premolari eteromorfi: solitamente il primo e secondo molare inferiore
di questa specie sono della stessa grandezza. Si registra, infine, la
scomparsa di diastemi nella struttura dentale di questa specie.
16
Mascellare di Australopithecus Afarensis (AL-200)
40
Anche in questo caso si presenta una variabilità dimensionale dovuta
ad un marcato dimorfismo sessuale. La dentizione decidua presenta
alcune differenze rispetto ai giacimenti in cui è stata rinvenuta: ad
esempio i primi molari inferiori provenienti da Hadar non sono del
tutto molarizzati e con delle cuspidi non ancora ben definite; al
contrario quelli provenienti da Laetoli si presentano molarizzati e
presentano delle cuspidi più sviluppate rispetto ai primi.
41
I principali ritrovamenti di questa specie fossile sono avvenuti in siti
quali Sterkfontein, Taung, Makapansgat, Gladysvale, tutti in
Sudafrica. Rispetto ai suoi predecessori, assume in maniera pressoché
definitiva la stazione eretta e l’andatura bipede.
42
Da circa 2,5 milioni di anni si sviluppano in parallelo
all’Australopithecus Africanus quelle che gli antropologi definiscono
forme “robuste” di questa specie: l’Australopithecus Robustus,
l’Australopithecus Boisei e l’Australopithecus Aethiopicus.
Attualmente queste forme vengono riunite, per la loro
specializzazione, sotto il genere Paranthropus.
18
Mascellare di Paranthropus Robustus (SK-23)
43
La sua dentatura è caratterizzata principalmente da incisivi e canini
piccoli e da molari grandi dotati di 6 cuspidi. Gli incisivi inferiori
sono generalmente più piccoli dei superiori: i centrali superiori hanno
una corona a paletta e la radice robusta e ricurva; i laterali, invece,
hanno la corona caniniforme e la radice non in asse con la corona
stessa.
19
Mascellare di Paranthropus Boisei (OH5-Olduvai)
44
Il Paranthropus Boisei, anch’esso vissuto tra i 2,3 milioni e 1 milione
di anni fa circa, è un ulteriore specie annoverata tra le forme robuste.
20
Mandibola di Paranthropus Aethiopicus (W-17000)
45
premolari e molari grandi, adatti ad una dieta vegetariana composta
principalmente da radici e tuberi.
46
Attraverso l’evoluzione del genere Homo dunque leggeremo i
progressi della dentatura che la portarono ad assumere la forma
attuale.
21
Mandibola di Homo Habilis (OH7)
47
La dentizione dell’Homo Habilis si presenta con notevoli differenze
rispetto alle forme di Australopitecine che hanno preceduto questa
specie.
22
Mandibola di Homo Rudolfensis (UR 501)
48
A questa specie è stato attribuito il cranio con sigla KNM-ER 1470
ritrovato a Koobi Fora in Kenia e la sua datazione viene collocata
all’incirca ad 1,88 milioni di anni.
Per ciò che riguarda la sua dentatura, presenta a differenza della specie
precedente dei mascellari ad “U”, simile al Paranthropus Boisei, anche
se in proporzione c’è più armonia nell’arcata dentale: incisivi e canini
appaiono piccoli, mentre premolari e molari sono grandi e potenti.
23
Mascellare di Homo Ergaster (KNM-ER3733)
49
Egli è un “parente stretto” dell’Homo Erectus: rispetto a quest’ultimo,
i cui ritrovamenti avvennero in Asia, i resti di Egaster provengono
dall’Africa Orientale, nei siti di Koobi Fora e Nariokotome in Kenia e
nei siti di Swartkrans in Sudafrica. Altri resti sono attestati in Algeria
e nel Caucaso, anche se i reperti più importanti rimangono il cranio di
Koobi Fora con sigla KNM-ER3733 e il cosiddetto “Ragazzo del
Turkana” con sigla WT-15000 che è un ominide fossile, riconducibile
a questa specie, ritrovato a Nariokotome.
I fenomeni che spinsero questa specie alla migrazione non sono ben
documentati così come le sue tappe intermedie.
50
Le prime scoperte di questa specie risalgono all’800 e sono
concentrate per lo più nella zona insulare dell’Asia Orientale,
precisamente tra l’Isola di Giava e il Borneo: il record principale di
questa specie è dato da una calotta cranica denominata
Pithecanthropus I.
24
Mascellare di Homo Erectus (Sangiran 17)
51
i molari appaiono robusti e dal contorno occlusale quadrangolare con
delle cuspidi ben definite.
25
Mascellare di Homo Heidelbergensis (Broken Hill-Kabwe)
52
il fossile che caratterizza la specie, ovvero la mandibola di Mauer in
ritrovata Germania.
26
Mascellare di Homo Neanderthalensis (La Ferassie 1)
53
Presente in Medio Oriente e soprattutto in Europa, viene considerato
la forma evoluta dell’Homo Heidelbergensis, con il quale condivide
alcune caratteristiche: i primi reperti riferibili a questa specie
risalgono alla metà dell’800. I siti principali dove è stato rinvenuto
l’Homo Neandethalensis sono concentrati in Francia, precisamente a
Chapelle-aux-Sanit e Le Moustier; in Germania con il sito di
Neanderthal che ha dato il nome alla specie; in Israele nei siti di Skhul
e Qafzeh ed altri siti mediorientali e dell’Europa Centrale.
Per quel che riguarda la dentatura del Neanderthal i suoi tratti più
significativi sono il tubercolo linguale ed il taurodontismo:
quest’ultimo è dato da un particolare regime masticatorio che
comportò l’aumento di vascolarizzazione della camera pulpare, la
fusione delle radici, lo sviluppo in altezza del tronco radicolare e
l’aquisizione di una forma prismatica del piano occlusale.
54
La dieta del Neanderthal e di tipo onnivoro derivante dall’intensa
attività di caccia e raccolta in un ambiente che variava sia per
posizione, poiché vi sono attestazioni sia in zona costiera che
nell’entroterra, sia per clima, più o meno freddo.
55
Fig.27 Confronto tra Homo Neanderthalensis e Homo Sapiens27
27
A sinistra: Mascellare di Homo Neanderthalensis (Le Mustier I); a destra:
Mascellare di Homo Sapiens (Skhul 5)
56
Nell’uomo i processi masticatori vedono lo spostamento della
mandibola in posizione prima avanzata e poi in senso laterale: questo
permette di occupare una superficie limitata e durante l’occlusione la
forza è impressa su un solo punto. Questo procedimento fa sì che la
superficie dei denti si usuri in maniera irregolare.
57
Conclusioni
58
funzioni sempre più generiche, date dall’introduzione della carne e
dalla cottura del cibo.
59
Bibliografia
Aiello L. - Dean C. M.
Dean C. M.
60
Grimaud-Hervé D. - Marchal F. - Vialet A. - Détroit F.
Mallegni F.
Olivier G.
Puech P.F.
61