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AGAMBEN

“Cos’è la profanazione? Come il sacrificio è legato alla sfera della profanazione?” Agamben
parte dal tema del sacrificio definendolo un passaggio che avviene dalla sfera del profano alla
sfera del sacro e viceversa, precisa che la cosa sacrificata non perde le caratteristiche di tutte e
due le sfere: una cosa sacrificata non è unicamente sacra né unicamente profana ma l’unione
di entrambe.

Partendo dal presupposto che la religione, dal latino relegere, è quell’atteggiamento di


separazione tra i due mondi, nel momento in cui non c’è religione, c’è un altro atteggiamento
che è quello della negligenza. L’atto della profanazione è proprio un uso della negligenza,
come ad esempio nel gioco. La maggior parte dei giochi dei bambini derivano da dei miti o dei
riti sacri, ma l’uso che ne fanno è un altro, appunto tramite la profanazione il mito perde la sua
aura e viene restituita ad un nuovo uso.

Agamben precisa come la profanazione sia diversa dalla secolarizzazione: entrambe sono
operazioni politiche ma, mentre la secolarizzazione è la dislocazione di un potere da un luogo
a un altro (come ad esempio successe quando ci fu il cambiamento del potere da religioso a
terreno), la profanazione invece è un dislocamento che neutralizza il potere per restituire
l’uso all’uomo. La profanazione quindi disloca il potere facendone un diverso uso.

Agamben affronta anche come il capitalismo e la religione capitalista abbiano a che fare con la
profanazione. Benjamin spiega che la religione capitalista sia intanto una religione cultuale e
questo culto è principalmente la realizzazione tramite il lavoro (non c’è più un giorno santo
ma tutti i giorni sono lavoro). Infine, rispetto alle religioni passate, la religione capitalista non
contempla l’espiazione, ma solo la colpevolizzazione.

Agamben definisce il capitalismo come un unico ed infinito processo di separazione. Tutto


l’uomo viene diviso da se stesso, così inserito non più nella sfera dell’uso ma del consumo.
Mentre l’uso ha che fare con un inappropriabile, il consumo invece a che fare proprio con
l’appropriazione, ciò significa anche con la distruzione. Parla anche del sentimento dei
consumatori di massa che, dato che non hanno più o hanno perso la possibilità di profanare,
continuano imperterriti col consumo, e ciò ne provoca un inevitabile sentimento di infelicità.
Agamben parla anche del museo come paradigma del tempio e lo definisce come luogo topico
del capitalismo. Attraverso il museo è palese la difficoltà e l’impossibilità di fare vera
esperienza delle cose del mondo, considerata la distanza che ha il turista con le cose esposte.
Mentre prima il pellegrino andava nel luogo religioso per fare esperienza, adesso il turista
continua a sentire questo sentimento di inabitabilità sia nel luogo visitato come a casa sua. Il
capitalismo nei confronti della profanazione quindi agisce su quello che Agamben chiama i
mezzi puri, cioè quegli elementi che durante la profanazione sono stati staccati da se stessi e
hanno perso quindi il proprio fine. Fa l’esempio di come il capitalismo agisca principalmente
sul linguaggio e quindi anche sui mezzi di comunicazione come ad esempio anche nella
pornografia. Nella pornografia è successo che da un momento di intimità si è passati ad avere
un terzo occhio, uno spettatore invisibile, e di come la prestazione sessuale sia diventata in
realtà un’esposizione, una spettacolarizzazione. Non è più il godere personale nell’intimità che
importa, con la pornografia c’è il sentimento di suscitare godimento a questo terzo occhio.

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