Con delle semplici percentuali possiamo capire quanto è importante che l’educazione musicale inizi il prima possibile nel bambino, infatti ogni neonato viene alla luce con un potenziale musicale innato: circa il 68% dei bambini appena nati ha un potenziale musicale medio, il 16% ha un potenziale più alto rispetto alla media mentre l’altro 16% ha un potenziale musicale al di sotto della media. È chiaro che la predisposizione alla musicalità varia da bambino a bambino ma è altrettanto evidente che un’alta percentuale ha un potenziale medio che sarebbe, senza alcun dubbio, maggiore rispetto agli stimoli musicali ai quali i bambini sono generalmente sottoposti. Questa inferiore esposizione rispetto alle possibilità reali dei bambini comporta una diminuzione dell’attitudine alla musicalità. Un adeguato avanzamento alla musica potrà poi risollevare il potenziale musicale del bambino, ma mai tornerà al livello innato. Pochi ne sono a conoscenza ma attorno ai nove anni di vita, concludendosi la maturazione cerebrale, non è più possibile influenzare le potenzialità musicali del bambino. Al contrario del pensiero comune, secondo il quale ai bambini andrebbero elargiti stimoli semplici, un’educazione e stimolazione di qualità pongono solide fondamenta per l’apprendimento futuro. Infatti, nella tradizione 18 culturale del nostro paese, la gamma di stimoli musicali sottoposti ai bambini risulta assai scarna, i repertori ai quali vengono sottoposti sono costituiti quasi esclusivamente di melodie in modo maggiore (raramente in minore) e in metro binario. Tutto ciò perché si procede con l’errata convinzione che ai bambini devono essere proposte musiche semplici, ma continuando in questo modo, escludendo la differenziazione ritmica e tonale nelle melodie, si elimina un momento essenziale dell’apprendimento ovvero “imparare dalle differenze”13. Più stimoli differenti tra loro potrà ascoltare il bambino e più svilupperà la sua capacità selettiva. Riferendoci alla capacità di percepire le relazioni sequenziali tra i differenti suoni “le ricerche di Chang e Tehub (…) indicano che già a cinque mesi i bambini sono sensibili alle strutture sequenziali”14, ciò è stato confermato da un loro esperimento nel quale presentavano ai bambini una “melodia atonale di sei note”15 in ripetizione, per poi somministrarne una leggermente diversa a seguito della quale misurarono una destabilizzazione del ritmo cardiaco. In altre ricerche, gli stessi autori, hanno scoperto che i bambini a questa età sono sensibili anche alle variazioni di ritmo. Non tutti i bambini hanno le stesse competenze musicali perché, come abbiamo visto precedentemente, il loro sviluppo dipende da svariati fattori come il potenziale innato e le stimolazioni sensoriali che vengono proposte ai bambini fin dalla nascita; infatti nel momento in cui i bambini iniziano a cantare “ci si imbatte in differenze individuali considerevolissime.”16 Per esempio tra i due e 13 A lezione con i neonati, lo sviluppo della musicalità nei bambini da 0 a 36 mesi.Paola Anselmi. Tratto da: http://www.musicainculla.it/pdf/A_lezione_con_i_neonati.pdf (consultazione 25 ottobre 2013) 14 J.A. Sloboda. La mente musicale. Psicologia cognitivista della musica. Il Mulino, Bologna, 1988. p 308 15 Ibidem 16 H. Gardner, Formae mentis, saggio sulle pluralità dell’intelligenza. Feltrinelli, Milano, 2002. p 129 19 tre anni d’età molti bambini riescono a riprodurre grandi frammenti di una canzone mentre altri emettono solo qualche suono e parola.