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DONNE
“IL PERSONALE è POLITICO”
LO SCONTRO SULLA FAMIGLIA CHE DAGLI ANNI CINQUANTA SI PROTRASSE FINO AGLI ANNI
OTTANTA NACQUE GIÀ ALL’INTERNO DELL’ASSEMBLEA COSTITUENTE, DOVE I PARTITI CATTOLICI
(DC, MSI), SOSTENEVANO UN MODELLO DI FAMIGLIA PATRIARCALE, MENTRE I PARTITI DI
SINISTRA SOSTENEVANO L’IDEA DI UNA FAMIGLIA IN CUI CI FOSSE PARITÀ TRA I VARI MEMBRI
-DAGLI ANNI SESSANTA CAMBIA IL RUOLO DELLA DONNA NELLA SOCIETÀ, PERCHÉ, CON IL
BOOM ECONOMICO, ERA AUMENTATA LA POSSIBILITÀ DI IMPIEGO ANCHE PER LE DONNE
(LAVORO AUTONOMIA ECONOMICA INDIPENDENZA)
-UNIONE DONNE ITALIANE, CENTRO ITALIANO FEMMINILE, MOVIMENTO DI LIBERAZIONE DELLA
DONNA ASSOCIAZIONI PER L’EMANCIPAZIONE DELLE DONNE
-NELLA SOCIETÀ PATRIARCALE LA DONNA (E TUTTI GLI ALTRI MEMBRI DELLA FAMIGLIA, CIOÈ
ANCHE I FIGLI) È SOTTOMESSA AL PATER FAMILIAS (SOLITAMENTE IL MARITO); PER LA CHIESA
CATTOLICA È MADRE E SPOSA; PER LA MORALE COMUNE, PERCIÒ, DEVE ESSERE TUTELATA NEL
SUO ONORE SESSUALE
-VITTIMIZZAZIONE SECONDARIA: consiste nel far rivivere le condizioni di sofferenza a cui è stata
sottoposta la vittima di un reato, ed è spesso riconducibile alle procedure delle istituzioni
susseguenti ad una denuncia, o comunque all’apertura di un procedimento giurisdizionale. La
vittimizzazione secondaria è una conseguenza spesso sottovalutata proprio nei casi in cui le
donne sono vittima di reati di genere, e l’effetto principale è quello di scoraggiare la
presentazione della denuncia da parte della vittima stessa.
ESEMPIO: Chiedere alla vittima di uno stupro “Com’eri vestita? Avevi bevuto o assunto droghe?”
come a sottintendere che possa essere stata anche un po’ colpa sua il fatto, è vittimizzazione
secondaria (la donna è vittima PRIMARIA dello stupro e vittima SECONDARIA di una cultura che
discrimina in base al genere)
Dal sondaggio realizzato da Tecnè su Donne e media: la sottile linea rossa della discriminazione di
genere è emerso che per un italiano su cinque -ben oltre 8 milioni- le donne dovrebbero restare a
casa per prendersi cura dei figli senza lavorare al di fuori. Questo dato conferma un senso diffuso di
discriminazione e un’affermazione ancora inadeguata delle pari opportunità.
Rifletti sul mondo della scuola, della famiglia, del lavoro e della politica in Italia: in questi ambiti si
possono ancora trovare situazioni e comportamenti che dimostrano che la parità di genere nel
nostro Paese non è pienamente raggiunta. Per fare un esempio, il ruolo di baby sitter, insegnante
di scuola materna o segretario è assegnato in prevalenza alle donne, mentre la maggior parte dei
manager o ingegneri sono uomini.