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TITANIO Estrazione e produzione

Chimica del Titanio


Il Titanio, simbolo Ti è un elemento appartenente al gruppo 4 dei metalli di transizione,
ossia quegli elementi in cui si incominciano a riempire gli orbitali di tipo d.
Il Titanio fu scoperto alla fine del XVIII secolo, mentre il suo primo isolamento risale
agli inizi del XX secolo, ma le prime applicazioni risalgono negli anni ’30 quando i
primi processi di produzione commerciale furono scoperti.

L’elettronegatività rappresenta la tendenza di un atomo a catturare elettroni, come si


vede nella scala di Pauling il Titanio, con un valore di 1.54 si trova piuttosto in basso e
quindi cede facilmente elettroni a elementi non metallici come l’ossigeno formando
composti con legami prevalentemente ionici.

Nel formare legami, ad esempio con l’Ossigeno il Titanio cede i 2


elettroni 4s e i due elettroni 3d, la sua valenza tipica è +4.
Il tipico e più diffuso composto del Titanio è il suo ossido; TiO 2,altri
composti di interesse sono TiCl4 e il TiF4
Il Titanio puro esiste in due forme allotropiche differenti:

882°C

α Ti esagonale compatto

β Ti cubico a corpo centrato

A temperatura ambiente è stabile la fase α


Nella pratica vengono definiti pesanti quei metalli con una densità superiore a 5 g/cm 3,
3

il Titanio con una densità di 4.51 g/cm è il più pesente dei metalli leggeri.

I minerali del titanio sono moltissimi, quelli di interesse commerciale solamente due:
Ilmenite FeTiO3
Rutilo: TiO2
Bisogna tener presente che nei minerali oltre al composto di interesse sono presenti
anche molte impurezze

Si nota che il Rutilo contiene più Titanio dell’Ilmenite e quindi è una materia prima
migliore
Estrazione
Il Titanio risulta un elemento piuttosto abbondante, esso è presente in numerose rocce,
tuttavia i giacimenti, ossia dove il minerale di titanio è sufficientemente concentrato da
essere sfruttabile commercialmente si trovano solo in alcuni paesi
Composti del titanio si trovano principalmente in rocce ignee, ossia di orgine
vulcanica, ed in sedimenti derivanti da esse
I minerali di titanio vengono estratti da rocce sedimentarie, in cui la profondità a cui si
trova il minerale dipende dal suo peso specifico, tipicamente le rocce sedimentarie sono
stratificate e ad ogni strato corrisponde una certa composizione
La tecnologia di estrazione del minerale è quella della miniera a cielo aperto. Una
miniera a cielo aperto è un grosso scavo, le pareti sono a terrazza per evitare crolli e
frane ed hanno una ben precisa inclinazione. Il minerale di interesse è trasportato in alto
mediante sistemi di pompaggio con acqua, si ottiene così un fanco che viene fatto prima
sedimentare e poi essiccato. Il materiale incoerente così ottenuto può essere a sua volta
ulteriormente arricchito mediante operazioni di centrifuga o trattamenti chimici
Produzione del Titanio
I metalli, tranne poche eccezioni come l’Oro si trovano in natura sotto forma di ossidi:

Poiché esiste per ogni composto una temperatura alla quale esso è in equilibrio con i
suoi costituenti, la prima cosa che viene in mente per produrre un metallo puro è di
utilizzare il calore, favorendo verso destra l’equilibrio della reazione:

Su questo tipo di reazione si basa la produzione di metalli per arrostimento

Prendimento ora in esame tre ossidi di metallici differenti, per l’esattezza: l’Ossido di
Rame, l’Ossido di Alluminio e il Biossido di Titanio, le cui reazioni di decomposizione
sono:
E andiamo a vedere quali sono le temperature di decomposizione, considerando una
pressione parziale dell’ossigeno 0.2 bar (ossia quella atmosferica)

Da questi calcoli approssimati si


vede l’assoluta impossibilità di
produrre il Titanio attraverso
processi di decomposizione
termica
Anche
processi di ossidoriduzione ad alta temperatura come quelli usati per
la produzione del ferro non sono applicabili:

2Fe2O3 +3C →4Fe+3CO2


Nel caso del Titanio si è visto che si forma TiC (carburo di titanio) e non
Titanio metallico.
Tuttavia anche se il processo siderurgico non è applicabile al Titanio,
l’ossidoriduzione utilizzando altre sostanze chimiche rappresenta la via da
seguire.
Di processi per produrre il Titanio metallico ne sono
stati ideati moltissimi, l’unico che però è applicato è il
processo Kroll che si basa sulle seguenti reazioni:

TiO2 +2C +2Cl2 →TiCl4 +2CO


2FeTiO3 +6C +7Cl2 →2TiCl4 +2FeCl3 +6CO
TiCl4 +2Mg →Ti +2MgCl2

Non essendo la clorurazione un processo


selettivo si producono anche molte impurezze
del tipo MClx che vanno rimosse prima che il
TiCl4 sia ridotto con il magnesio

Nel caso la materia prima di partenza sia l’ilmenite sono possibile due strade:

1. L’Ilmenite viene direttamente clorurata e il TiCl 4 e il FeCl3 separati in


seguito
2. L’ilmenite viene arricchita in TiO2 attraverso un processo di
arrostimento in presenza di C secondo la reazione:
FeTiO3 +C →Fe+CO+TiO2
Inoltre il magnesio ed il cloro vengono recuperati attraverso
l’elettrolisi del MgCl2 fuso

Mg2+ +2e− → Mg

2Cl− →Cl2 +2e−

Per separare il TiCl4 dalle impurezze si sfrutta la differenza di volatilità:

E la separazione avviene attraverso distillazione frazionata

Una volta ottenuto il TiCl4 puro possiamo finalmente


produrre il Titanio , per fare questo utilizziamo la reazione:

TiCl4 +2Mg →Ti +2MgCl2

O più precisamente le due reazioni:


TiCl4 +Mg →TiCl2 +MgCl2
TiCl2 +Mg →Ti +MgCl2
Quello che si ottiene alla fine è un Titanio di
consistenza spugnosa (Sponge Cake), che necessita di
ulteriori lavorazioni prima di poter essere utilizzato
Gli ingots (lingotti) sono grossi cilindri o parallelepipedi, le dimensioni variano in
funzione delle lavorazioni a cui sono destinati Le slabs invece sono lastre, anche in
questo caso le dimensioni variano molto

La tecnologia di fusione mediante arco voltaico è molto diffusa nella metallurgia.


Distinguiamo due tipi di fusione ad arco voltaico:
1. Electric Arc Melting.
2. Vacuum Arc Remelting (VAR).
In entrambi i casi il calore necessario per la fusione del
metallo è fornito da un arco voltaico.
Nel caso della metallurgia del ferro l’Electric Arc
Melting è usata tipicamente per fondere i rottami,
mentre il Vacuum Arc Remelting viene usata per
purificare gli acciai.
Nel caso del titanio non è possibile utilizzare l’economica tecnologia dell’Electric
Arc Melting, ma per trasformare la sponge cake in lingotti di titanio occorre usare la
costosa tecnologia del Vacuum Arc Remelting, che ha quindi il duplice scopo di
produrre un semilavorato da destinare ad ulteriori lavorazioni, ma anche di purificare
la sponge cake

In figura è
riportata una tipica
fornace ad arco per il
recupero dei rottami
di ferro, essa opera
alla pressione
atmosferica, gli
elettrodi sono in
genere di grafite. Ai
rottami di ferro si
aggiunge calcare o scorie di altoforno nelle quali si concentrano le
impurezze.

All’interno del crogiuolo si formano due strati uno inferiore contenente il ferro ed
uno superiore contenente le scorie che vengono eliminate da una porta laterale,
l’ossigeno ha lo scopo di eliminare, mediante ossidazione impurezze come zolfo e
fosforo, inoltre serve a decarburare l’acciaio. Il forno funziona in corrente alternata, e
il crogiuolo contenente il metallo fuso è fatto di refrattari senza raffreddamento

La fornace per il
VAR del titanio è
molto più
complessa di quella
vista in precedenza.
Innanzitutto opera
sotto vuoto, è
presente un
crogiuolo di rame
raffreddato ad
acqua, l’elettrodo è
continuamente in
movimento grazie
ad una guida
lineare, le cui tenute
striscianti devono
essere in grado di
resistere al vuoto. E’
necessaria corrente
continua la cui
intensità deve essere
regolata durante il
processo. Per
rimescolare il
metallo liquido e
garantirne
l’omogeneità si può
fare uso di campi magnetici. Inoltre l’elettrodo è costituito dal titanio stesso o
meglio dalla sponge cake prodotta a seguito del processo Kroll
La prima fase del processo consiste quindi nel produrre l’elettrodo di titanio,
per fare questo la sponge cake viene pressata in torchi idraulici per ottenere
delle bricchette sufficientemente compatte. Le bricchette a loro volta sono
saldate tra loro, ad esse è collegato un mozzo grazie al quale l’elettrodo così
ottenuto è fissato alla guida che garantisce il movimento. Vengono anche
aggiunti gli alliganti ed una piccola quantità di rottami selezionati.
L’avviamento avviene con la guida posizionata in basso; sul fondo del
crogiuolo viene posizionata una piccola quantità di titanio, la tensione viene
regolata in
modo da
creare un
arco tra
l’elettrodo ed
il titanio
posto sul
fondo.

Rapidamente la temperatura sale


fino a che l’elettrodo di titanio comincia a fondere.
Il titanio cola nel crogiuolo di rame e solidifica. Man mano che il
crogiuolo si riempie la guida si alza e il processo di fusione continua. La
pressione di processo è circa 1 Pa, le temperature che si raggiungono sono
circa 2100 K
Dopo la fase di avviamento descritta in precedenza il processo procede
mantenendo circa costanti i parametri, la fase di spegnimento comincia
quando circa il 75% dell’elettrodo è stato fuso. Nell’esempio riportato la
potenza impiegata è circa 700 kW
In figura è riportato l’andamento tipico della temperatura durante varie fasi
del processo, si può notare che il

titanio liquido si concentra in una pozza sulla sommità del lingotto.


Occorre osservare che le condizioni in cui solidifica il titanio
liquido variano molto durante il processo.

La velocità di solidificazione è un parametro chiave per ottenere una buona lega


di Titanio. Durante il processo di Vacuum Arc Remelting, le condizioni sono
continuamente monitorate in modo da ottenere una velocità di raffreddamento il
più uniforme possibile
Un altro parametro molto importante è il mescolamento del liquido
durante il
processo.
Se ad
esempio
si sta

producendo una lega è necessario che l’alligante sia uniformemente


distribuito in tutto il manufatto in modo da ottenere una lega uniforme.
Nel caso del VAR il mescolamento è garantito da forze di tipo
elettromagnetico che agiscono nel metallo liquido attraversato da corrente
elettrica e inoltre da moti di tipo convettivo che si generano all’interno del
fuso.Infine durante il processo impurezze di tipo interstiziale

come O2 ed N2 vengono ridotte. Una volta ottenuto il lingotto questo può essere
capovolto e sottoposto di nuovo a VAR (generalmente la procedura
di
spegnimento
comincia
quando il 75
%

dell’elettrodo è stato fuso ed


il lingotto è sottoposto al processo tre volte) 31 L’altra tecnologia
utilizzata per trasformare la sponge cake in semilavorato è quella del Cold
Hearth Melting La fonte di calore può essere un fascio di elettroni, nel qual caso il
sistema opera sotto vuoto, o una torcia al plasma, in questo caso si opera in
atmosfera controllata di Argon.

Il forno è costituito da una sezione di alimentazione dove la sponge cake


ed eventuali rottami sono alimentati al cold hearth. Il cold hearth altro non
è che un recipiente di rame raffreddato ad acqua.
Esso è diviso in due zone : una prima zona subito sotto l’alimentazione
in cui la sponge cake viene fusa ed una seconda zona a valle di quella di
fusione dove il titanio fuso è purificato. Infine è presente lo stampo in cui
viene colato il metallo liquido, cambiando tipo di stampo si possono
ottenere non solo lingotti cilindrici come nel caso del VAR

Il cold hearth è
rivestito internamente
da uno strato molto
sottile di titanio in
questo modo il titanio
fuso non viene a
contatto con un
materiale diverso, in
questo caso il rame, e
così si riducono le
contaminazioni.
Inoltre se ho un
materiale “sporco”
posso lasciarlo nella zona di raffinazione quanto tempo voglio prima di
mandarlo allo stampo, ciò consente una purificazione piuttosto spinta nei
confronti soprattutto di composti volatili come N2 e O2

Durante i processi di fusione, sia Vacuum Arc Remelting che Cold


Hearth Melting, si possono generare numerosi difetti, ciò che grave è
che questi difetti una volta che si sono generati sono molto difficili da
eliminare, quindi la cosa migliore è che tali difetti non si formino
proprio

Possiamo distinguere due tipi


fondamentali di difetti:

Difetti derivanti da impurezze

Difetti derivanti da non ottimale regolazione del processo

Per quel che riguarda le impurezze che agiscono su


scala atomica distinguiamo due casi: impurezze
interstiziali e impurezze sostistuzionali

Le impurezze interstiziali sono quelle che si vanno ad inserire negli interstizi del

reticolo cristallino

Le impurezze sostituzionali sono quelle che si sostituiscono al posto di un


atomo del reticolo cristallino
Tra le impurezze interstiziali più importanti segnaliamo l’ N 2 e L’ H2. La
presenza di azoto deriva principalmente da infiltrazioni di aria nei sistemi di
fusione sottovuoto (VAR e CHM con fascio di elettroni). La molecola di N 2 si
scioglie all’interno del metallo liquido quando questo solidifica si va a
posizionare negli interstizi del reticolo di titanio. Si formano così delle
inclusioni dette ‘hard alpha’ caratterizzate da estrema fragilità.

Altre impurezze che possono generare


inclusioni tipo ‘hard alpha’ sono il C e l’O 2, L’ossigeno, come
l’azoto può derivare da infiltrazioni d’aria, mentre il carbonio
deriva principalmente da residui di oli di taglio e liquidi di
raffreddamento usati nelle lavorazioni

L’idrogeno può generarsi se si verificano perdite di acqua


nel circuito di raffreddamento, infatti l’acqua ad alta
temperatura reagisce con il titanio:

Ti+2H2O→TiO2+4H

L’atomo di idrogeno va a posizionarsi negli interstizi del


reticolo del titanio, ed essendo un atomo molto piccolo diffonde
facilmente dando luogo ad un infragilimento esteso

Altre impurezze sono costituite da metalli come Cr, Fe, Cu,


Mn.
Le dimensioni di questi atomi, non permettono che essi si
inseriscano negli interstizi , ma nel reticolo vanno a
sostituire gli atomi di Titanio.
Cr, Fe, Mn, formano fasi con struttura beta, che tendono
raggrupparsi tra di loro formando difetti che vengono detti beta
flecks
38
Altre impurezze sono invece costituite da particelle solide che possono
derivare dall’usura degli utensili utilizzati durante le lavorazioni. Inclusioni
di particelle solide si presentano soprattutto quando alla sponge cake vengono
aggiunti rottami.
Questo tipo di difetto è molto difficile da eliminare, tuttavia nella tecnologia del
CHM, la refining zone ha anche la funzione di sedimentatore e quindi la
probabilità che questi difetti si presentino sono minimizzate. Nel caso di VAR
occorre invece che le particelle siano eliminate prima che il processo inizi.

Per quel che riguarda i difetti propriamente


derivanti dal processo di fusione quello più
importante da segnalare è la composizione non
omogenea del manufatto finale . Questo dipende
principalmente dal raffreddamento non uniforme del
titanio liquido.

Il raffreddamento non uniforme può anche portare


all’instataurarsi di tensioni residue. Da segnalare
infine nel caso di CHM con torcia al plasma e
atmosfera di Argon la possibilità che del gas
rimanga intrappolato all’interno del metallo
formando bolle.
CLASSIFICAZIONE
DELLE LEGHE DI TITANIO
Nelle leghe di Titanio, il riferimento che viene preso è il β transus, ricordiamo che
tale temperatura di 882 °C e corrisponde alla trasformazione del reticolo CCC in
reticolo HCP.

882 °C

α Titanio β Titanio
Gli alliganti del Titanio vengono classificati in base all’influenza che esercitano
sul β transus:

Avremo: elementi neutri ossia che non hanno influenza sul β transus

Sn, Zr
In figura è riportato il diagramma di fase Ti-Zr, si osserva che caratterizzato sia da
perfetta miscibilità allo stato liquido che allo stato solido, sia in fase β che α, ciò si
spiega perché sia Ti che Zr sono metalli che si comportano esattamente alla stessa
maniera. Entrambi infatti presentano la trasformazione β→α alla stessa temperatura e
con le stesse modalità

Nel caso degli α stabilizzanti


l’aggiunta degli alliganti
comporta un aumento della
temperatura del β transus, che nel
caso in figura qualunque sia la
composizione della lega è
maggiore rispetto al titanio puro.
Ovviamente nel caso di leghe,
T
i eccetto quelle con elementi neutri,
non posso più parlare di una
T temperatura di trasformazione α→β
t ma di un intervallo di temperatura.
Nel caso degli α stabilizzanti la
temperatura di fine trasformazione
α→β è maggiore del β transus
del titanio puro
C
0
Gli α-stabilizzanti possono essere di due tipi: interstiziali (O, C, N) oppure
sostituzionali (Al)

In figura è riportato il diagramma di fase Ti-Al, ricordiamo che l’alluminio è un


sostituente del titanio, il fatto che l’alluminio stabilizzi la fase α è parzialmente
spiegato dal fatto che l’alluminio ha un reticolo CFC il cui fattore di impaccamento è
lo stesso del reticolo HCP
I β stabilizzanti possono essere di due
tipi:

β isomorfi
T
t
β eutettoidi

T
i Nei β isomorfi la completa
trasformazione α→β termina ad una
temperatura minore rispetto al β transus, il
che significa che il campo di stabilità della
C
0 fase β è ampiato . Gli alliganti β isomorfi
sono di tipo sostituzionale e non formano
composti intermetallici.

Elementi β stabilizzanti di tipo isomorfo sono: V, Mo, Nb


In figura è riportato il diagramma di fase Ti-V, la grande solubilità del vanadio nella fase β

si spiega con il fatto che sia il vanadio che il β titanio hanno la stessa

struttura ossi a CCC

In figura è riportato il diagramma di fase Ti-V, la grande


solubilità del vanadio nella fase β si spiega con il fatto che sia il
vanadio che il β titanio hanno la stessa struttura ossi a CCC
Anche nei β eutettoidi la presenza dell’alligante abbassa la
temperatura di inizio
trasformazione β→α ,ma a differenza dei β isomorfi si formano
composti intermetallici Fe, Ni e Cr sono tipici elementi β eutettoidiIl
Cromo è il tipico elemento β eutettoide con formazione di composti
intermetallici, come per il Vanadio anche il Cromo presenta un reticolo
CCC e ciò spiega in parte la stabilizzazione della faseβ
Classificazione delle leghe di Titanio

• Leghe α: fase β< 5%

• Leghe α+β e near α:


fase 5<β<20 %

• Leghe β e near β:
fase β > 20 %

CP TITANIUM

La prima lega di Titanio che andiamo a vedere è il Titanio


Commercialmente puro (CP Titanium)
Nel CP titanio l’alligante è l’ossigeno, si tratta quindi di leghe a struttura α, essendo
l’ossigeno un α stabilizzante.
Pur trattandosi di una lega pochissimo alligata, si osserva che la percentuale
di ossigeno influisce sulle proprietà meccaniche in modo significativo.
Inoltre se comparato agli acciai il CP Titanio non è competitivo né
come costi né come proprietà meccaniche, in altre parole non è adatto,
salvo rari casi, come materiale strutturale.
Il titanio CP è sostanzialmente una lega costituita da sola fase α che risponde
poco ai trattamenti termici, un tipico ciclo di produzione è riportato di seguito.

Il ciclo di lavorazione del CP titanio prevede una prima fase di omogeneizzazione, che
ha lo scopo di distribuire uniformemente gli alliganti, dopo viene la lavorazione vera e
propria, che può essere a caldo o a freddo, segue infine una ricottura per ottenere una
microstruttura omogenea. Tipicamente il CP titanio viene prodotto in fogli.
Inoltre il fatto che risponda poco ai trattamenti termici lo rende facilmente saldabile
(non si formano zone termicamente alterate)
Legheα+β
Microstruttura lamellare Microstruttura equiassica Microstruttura Bimodale

Una struttura lamellare è caratterizzata dalle colonie α all’interno delle quali sono presenti
gruppi di lamelle α cementate da fase β. Ad ogni colonia α corrisponde un orientamento
delle lamelle (in tutto sono possibili 12 orientamenti).
La velocità di raffreddamento durante la fase di ricristallizzazione
influisce sia sulle dimensioni delle lamelle (5-0.2 μm) che delle colonie α
(300-100 μm). Infine va aggiunto che le colonie α sono separate tra loro da
uno strato di materiale ancora costituito da fase α.

Classificazione delle leghe di Titanio


α+β

In figura è riportato schematicamente un tipico ciclo di lavorazione di una


lega α+β per ottenere una struttura di tipo lamellare.
La prima fase di omogeneizzazione viene condotta al di sopra del β-

transus (circa 200 °C) e dura tra le 20 e le 30 ore

Poi viene la fase di lavorazione (forgiatura, rullatura, estrusione, etc) che può
essere condotta sia totalmente al di sopra del β-transus sia in campo α+β
La terza fase del ciclo di lavorazione è quella di ricristallizzazione,
anch’essa al di sopra del β-transus, le caratteristiche finali della
microstruttura lamellare dipendono principalmente dalla velocità di
raffreddamento al termine di questa fase.

Classificazione delle leghe di Titanio

La fase 4 del ciclo di lavorazione è una ricottura. Se tale ricottura è condotta


intorno ai 600 °C il suo scopo è quello di rilassare tensioni e deformazioni
residue, se invece si opera a circa 500 °C si ha anche la precipitazione di piccole
quantità di composti intermetallici (Ti 3Al) all’ interno della fase α con
conseguente indurimento della stessa.
Un altro modo per ottenere strutture lamellari è quello di fondere gli step
II e III del ciclo di lavorazione visto in precedenza.
In questo caso il parametro fondamentale da cui dipendono le caratteristiche
finali della microstruttura è il raffreddamento durante la fase II.
A questo proposito occorre dire che le velocità di raffreddamento tipiche per
ottenere strutture lamellari sono dell’ordine di 100 °C/min che corrispondono a
tempre in acqua per pezzi massicci e a raffreddamenti in aria per pezzi sottili.
Classificazione delle leghe
di Titanio

Per ottenere strutture bimodali si procede secondo lo schema di lavorazione riportato


in figura.
Alla fine del primo step il materiale sarà caratterizzato da una
microstruttura di tipo lamellare come quelle viste in precedenza. Durante la
fase di deformazione la microstruttura viene fortemente distorta, e quindi resa
facilmente suscettibile di ulteriori trasformazioni che avvengono durante la
fase III.
In quest’ultimo step le lamelle (distorte) si trasformano in una fase α (detta
impropriamente α primario) di tipo equiassico ed in un costrutto
metallografico α+β di tipo lamellare.

Bisogna osservare che la struttura finale dipende dalla temperatura del terzo step,
quanto più alta è questa temperatura tanta più fase β si forma.
La formazione della fase β Avviene all’ interno delle lamelle α, che così si
rompono e danno origine ai grani equiassici (α primario).
All’interno della stessa fase β Durante il raffreddamento nucleano delle lamelle α
(α secondario)
Una struttura di tipo equiassico può essere ottenuta in modo molto
simile a quanto visto per le microstrutture bimodali, con l’unica
differenza che la velocità di raffreddamento durante il terzo step è più
bassa, ciò consente di avere grani di α primario di dimensioni maggiori.

Infine una struttura perfettamente equiassica sarà costituita da


grani α con β interstiziale
In figura è riportato l’andamento, in funzione della velocità di
raffreddamento nel terzo step, snervamento.
Diminuisce la dimensione della α colonies, e
conseguentemente la capacità del materiale di
dell’elongazione corrisponde ad un cambiamento
nella modalità di frattura che passa da tipo
transgranulare a intergranulare.

La resistenza alla nucleazione (HCF) di cricche segue un


andamento, in funzione
della velocità di raffreddamento, analogo a
quello della tensione di snervamento,
ciò perché entrambe le grandezze dipendono
dallo stesso fenomeno ossia dalla
capacità di deformarsi dei grani cristallini.
ostacolo nel confine tra le α colonies

In figura sono riportate due microcricche in


due strutture lamellari (a sinistra
basse velocità di raffreddamento a destra struttura martensitica).
Nel caso di microstrutture lamellari ben definite la cricca nuclea nella zona tra
le lamelle e poi procede in modo transgranulare con andamento rettilineo.
le lamelle ma è poi costretta a seguire un andamento tortuoso il che significa
che la neonata cricca richiede maggiore energia a propagarsi

Per quel che riguarda la


propagazione di
cricche, la velocità di
raffreddamento
ha
dimensione , ciò
perché come detto in
precedenza una
struttura caotica presenta
numerosi ostacoli alla propagazione , le cui
dimensioni sono dello stesso ordine di

Per cricche di dimensioni maggiori la situazione si inverte, perché un ostacolo


sia tale nei confronti della propagazione deve
avere dimensioni paragonabili all’ampiezza
dell’apice della cricca. I bordi delle alpha colonies
ad esempio se
sufficientemente grandi possono rallentare

l’avanzamento

Un altro effetto molto importante sulle proprietà


delle strutture bimodali è costituita
dalla ripartizione degli alliganti all’ interno della
struttura lamellare, questo fatto è bene evidente
nell’ HCF.

Le due microstrutture di cui si riporta il confronto differiscono solo per la diversa


distribuzione degli alliganti all’ interno del costrutto lamellare α+β
Nel caso di strutture bimodali la nucleazione delle cricche avviene all’interno del
costrutto lamellare α+β dove è massima, a causa della diversa distribuzione di
Infine si riporta il confronto tra la resistenza alla propagazione di cricche nel caso
di strutture lamellari e bimodali. Nel caso di microcricche le strutture lamellari si
succede esattamente il contrario. Nel caso di cricche grandi infatti, per le strutture
lamellari l’ostacolo principale alla propagazione sono le α colonies
Nelle strutture equiassiche le proprietà meccaniche sono principalmente
influenzate dalla dimensione dei grani α.
Nel caso di grani piccoli non c’è spazio per la deformazione e le cricche nucleano
con difficoltà. Anche la tensione di snervamento diminuisce all’aumentare della
dimensione dei grani.
Il confronto tra strutture equiassiche e bimodali mostra, relativamente alle
microcricche un comportamento migliore per le bimodali e ciò è analogo a quanto
visto nel confronto bimodale-lamellare. Nel caso di macrocricche invece non si
osservano differenze significative, in quanto gli ostacoli alla

SUPERPLASTIC FORMING

Si definisce flow stress (σ) il valore istantaneo di tensione necessaria a


deformare plasticamente ed in modo continuo un materiale
valore di tensione necessario a mantenere un certo valore della velocità di
deformazione (ἐ)

La relazione che lega il flow stress allo strain rate è la seguente:

Dove C è una costante m è la strain rate sensivity

A temperatura ambiente i valori tipici di m sono pari a 0.01,


A temperature T superiori a 0.5·Tm i valori di m sono molto più alti, se m
risulta maggiore di 0.5 si dice che il materiale presenta comportamento
superplastico.
A 875 °C per il Ti6Al4V risulta m=0.7 e quindi tale materiale presenta comportamento
superplastico
La superplasticità si traduce nel fatto che il materiale può sopportare
deformazioni dell’ordine 1000 % senza che si verifichino fenomeni di necking
che preludono alla frattura
Esistono diverse teorie per spiegare il comportamento superplastico dei materiali, la più
accreditata è quella del Grain Boundary Sliding. Secondo questa teoria la deformazione
avviene per ‘scivolamento’ dei grani cristallini lungo il loro bordo. Questo scivolamento
di gruppi di grani lungo il bordo rende il comportamento del materiale molto simile a
quello di un tanto più accentuato quanto minore è la dimensione dei grani cristallini

Nel caso della lega Ti6Al4V con una dimensione dei grani cristallini di circa 10 μ ed alla
temperatura di 875 °C per un valore dello strain rate di

si ha un flow stress di circa 0.2 MPa.

Per ottenere un componente mediante superplastic forming si possono utilizzare


stampi, come quelli riportati in figura, in cui una lamiera viene formata grazie
all’ausilio
di un gas in pressione

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