Sei sulla pagina 1di 29

MODELLI DINAMICI DELLE MACCHINE ELETTRICHE

1 La macchina asincrona

1.1 Struttura e principio di funzionamento

La macchina asincrona è la macchina più ampiamente utilizzata in ambito industriale. Si


possono distinguere, fondamentalmente, tre tipi di applicazioni:

• applicazioni a velocità fissa


• applicazioni a velocità variabile senza forti esigenze di dinamica
• applicazioni a velocità variabile con dinamica spinta.

La realizzazione di queste ultime due applicazioni è sostanzialmente basata


sull'accoppiamento del motore con un convertitore elettronico in grado di regolare tensione e
frequenza di alimentazione.
Da un punto di vista costruttivo la macchina asincrona presenta uno statore laminato su
cui è alloggiato un avvolgimento trifase composto da tre fasi disposte a 120° l'una dall'altra.
Il rotore, anch'esso laminato, può, viceversa, presentare due tipi di strutture:

• rotore avvolto: anche sul rotore è presente un avvolgimento trifase i cui morsetti sono
riportati all'esterno per i necessari collegamenti. In particolare, durante il normale
funzionamento, l'avvolgimento è chiuso in corto circuito;
• rotore a gabbia: nella struttura sono montate delle sbarre conduttrici chiuse in corto circuito
mediante due anelli circolari posizionati su entrambe le testate del motore.

Figura 6.1: la struttura a gabbia

Si supponga, ora, di alimentare gli avvolgimenti di statore con una tensione trifase
alternata sinusoidale. Si ha, di conseguenza, la circolazione, nei tre avvolgimenti, di tre
correnti sfasate tra di loro di 120°. Corrispondentemente, nel traferro si instaura un campo
magnetico che, per il principio di sovrapposizione degli effetti, può essere studiato come la
composizione dei campi creati da ciascuna corrente.

1
Si consideri come riferimento la struttura magnetica riportata in figura 6.2,
caratterizzata da due soli poli:
1

traferro (aria)
2' 3'

rotore

3 2

statore
1'

Figura 6.2: la struttura di riferimento

Le correnti nei tre avvolgimenti sono, rispettivamente:


dove con IM si intende il valore massimo della corrente statorica e con ω la pulsazione
dell'onda sinusoidale (in Italia con f=50Hz, ω=314.15rad/s).
Tali correnti generano tre forze magnetomotrici a loro proporzionali (la costante di
proporzionalità è legata al numero di spire Ns che costituisce l'avvolgimento) e, in una
generica direzione θ, assumono i seguenti valori:

m1 ( t ) = M cos(ωt ) cos(θ)
 2  2 
m2 ( t ) = M cosωt − π  cos π − θ
 3  3 
 4  4 
m3 ( t ) = M cosωt − π  cos π − θ
 3  3 
2
M = ⋅ Ns ⋅ IM
π

che possono essere visti come proiezioni, nella direzione θ, del vettore forza
magnetomotrice (di andamento sinusoidale).
Passando alla risultante, ottenuta come sovrapposizione degli effetti dei tre campi
elementari, si ha:
3
m r ( t ) = m1 + m2 + m 3 = M cos( ωt − θ)
2

Questa espressione è la medesima che si ottiene studiando il comportamento di un


campo magnetico rotante a velocità ω e a distribuzione spaziale di tipo sinusoidale.
Il campo magnetico rotante induce, negli avvolgimenti di statore e rotore, delle forze
elettromotrici (f.e.m.) sinusoidali, evidentemente proporzionali al valore massimo del campo,
alla velocità ω ed al numero dei conduttori di cui sono costituiti gli avvolgimenti. Si può
quindi dire che la macchina si comporta come un trasformatore in corto circuito dove un
campo magnetico rotante va periodicamente a concatenare gli avvolgimenti di statore e di
rotore, determinando quindi le seguenti forze elettromotrici (Es è la f.e.m. indotta nello
statore, Ero quella nel rotore):

2
Es = K ⋅ ω ⋅ Φ ⋅ Ns
E ro = K ⋅ ω ⋅ Φ ⋅ N r

dove K è un coefficiente opportuno, ω è la velocità del campo magnetico, Φ è il flusso


magnetico (legato quindi al campo magnetico stesso), Ns ed Nr rappresentano rispettivamente
il numero dei conduttori degli avvolgimenti di statore e di rotore.
Queste relazioni risultano valide se la macchina è ferma; se viceversa si suppone che la
macchina sia in rotazione, la forza elettromotrice indotta nel rotore è di valore differente: un
osservatore solidale con il rotore vede infatti ruotare il campo magnetico con una velocità pari
alla differenza ωd tra la velocità effettiva del campo rotante ω e la velocità del rotore ωr.
Corrispondentemente il valore di f.e.m. di rotore diventa:

E r = K ⋅ ωd ⋅ Φ ⋅ N r = s ⋅ E ro
ωd ω − ωr
s= =
ω ω

dove "s" prende il nome di scorrimento ed è il rapporto tra la velocità relativa prima
definita (ωd) e la velocità del campo rotante ω.
Si deduce anche che al limite per ωr che tende a ω (s => 0) la forza elettromotrice
indotta si annulla e ciò è logico dato che il rotore, girando alla stessa velocità del campo
rotante, non taglia linee di flusso (vede un flusso concatenato costante).
Da quanto detto ci si trova ad avere due diverse frequenze di funzionamento: una per lo
statore e una per il rotore.
Al fine di rendere più facile l'analisi è conveniente operare una trasformazione
matematica che riporti i due circuiti alla stessa frequenza mantenendo inalterati i bilanci
energetici del sistema.
Si consideri il circuito equivalente del solo rotore.
Rr X dr

E I"
r r

Figura 6.3: circuito equivalente del rotore

in cui Rr e Xdr rappresentano resistenza e reattanza di dispersione (calcolata alla


frequenza effettiva di rotore ωd) di una fase dell'avvolgimento di rotore.
Matematicamente si può scrivere:
Er s ⋅ E ro
I"r = =
R r + jX dr R r + js ⋅ X dro
o meglio
Er s ⋅ E ro
I" r = =
2
R r + X dr 2 2
R r 2 + s ⋅ X dro 2

dove Xdro è la reattanza di dispersione calcolata alla frequenza di statore ω.

3
Se si divide numeratore e denominatore per "s" si ottiene:

E ro
Ir =
 R r 2
  + X dro 2
 s 
che rappresenta una corrente in modulo uguale alla precedente I"r (quindi nulla cambia
dal punto di vista energetico), ma che può essere vista come alternata sinusoidale alla
frequenza dello statore ω.
Dato che i due circuiti di statore e di rotore sono ora alla medesima frequenza, possono
essere rappresentati con un unico circuito equivalente, analogo a quello di un trasformatore
(recuperando l'analogia vista in apertura).

Rs X ds R r /s X dro

Vf
X Go E E Ir
m s ro

Figura 6.4: circuito equivalente di una fase del motore

Si ricorda che i parametri in gioco assumono il seguente significato fisico:

• Rs resistenza degli avvolgimenti di statore: identifica le perdite nel rame di statore


• Xds reattanza di dispersione di statore: è rappresentativa della porzione di flusso
magnetico di statore che non concatena gli avvolgimenti di rotore
• Xm reattanza di magnetizzazione: identifica la necessità di una corrente in grado di
magnetizzare l'intero circuito magnetico
• Go attraverso questa conduttanza si rappresentano le perdite nel ferro dovute ai
fenomeni dell'isteresi magnetica ed delle correnti parassite (o di Focault)
• Rr resistenza degli avvolgimenti di rotore
• Xdro reattanza di dispersione di rotore (calcolata alla frequenza di statore).

Si ponga attenzione, ancora, sull'analisi del secondario. Il circuito equivalente di rotore


deve essere in grado di giustificare il flusso di potenza attiva da statore a rotore , costituito
dalla somma della potenza persa nel rotore e della potenza meccanica effettivamente fornita
dalla macchina.
In particolare poiché il termine Rr/s è maggiore di Rr il termine:

Rr 2
Pa = 3 ⋅ ⋅ Ir
s

comprende sia le perdite nel rame negli avvolgimenti di rotore, sia la potenza meccanica
trasmessa all'asse e quindi, isolando il termine di potenza persa, si ottiene:

Rr 2 2 1  2
Pm = 3 ⋅ ⋅ I r − 3 ⋅ R r ⋅ I r = 3 ⋅  − 1 ⋅ R r ⋅ I r
s s 

4
che identifica la potenza meccanica erogata dalla macchina.

5
1.2 Caratteristica meccanica

Al fine di ottenere andamenti significativi della coppia in funzione della velocità è


necessario effettuare alcune ipotesi semplificative così da arrivare ad una formulazione
dell'andamento di interesse.
Si parta, come riferimento, dal circuito equivalente di figura 6.5

Rs X ds R r /s X dro

Vf
X Go E E Ir
m s ro

Figura 6.5: circuito equivalente modificato di una fase del motore

Si noti che tale circuito è ottenuto dal modello precedente semplicemente portando
l'impedenza serie (Rs+jXds), a valle del ramo derivato: si può dimostrare che questa modifica
comporta, nei casi reali, errori trascurabili nella risoluzione del circuito.
Si riporti, ora, il circuito secondario al primario così da eliminare il trasformatore ideale
compreso tra i due avvolgimenti. Si ottengono i nuovi parametri moltiplicando i vecchi (Rr e
Xdro) per il quadrato del rapporto spire Ns/Nr. = Es/Ero Verranno indicati nel seguito con un
apice per distinguerli da quelli di partenza.

Rs X ds R'r /s X'dro

Vf E'
X Go ro I'r
m

Figura 6.6: circuito equivalente di una fase, riportando il rotore allo statore

Si supponga ora di alimentare il motore a tensione costante Vf. Si tratta,


fondamentalmente, di calcolare la corrente che interessa la maglia in cui sono presenti le due
impedenze serie.
Si ha, allora:
' '2
Pm Pt ⋅ (1 − s) Pt Pcu 2 3⋅ Rr ⋅ Ir
C= = = = =
Ω Ωo ⋅ (1 − s) Ωo s ⋅ Ωo s ⋅ Ωo

dove Ω rappresenta la velocità meccanica di rotore (proporzionale a ωr) mentre Ωo è la


velocità meccanica a vuoto (massima teorica) (proporzionale a ω).
Occorre un inciso riguardo le velocità. La velocità meccanica è uguale alla pulsazione
delle grandezze elettriche solo se la macchina possiede due poli. Con più poli il legame risulta
essere: Ω = ω/n dove "n" rappresenta il numero di paia poli.

6
Operando sul circuito equivalente, nell'ipotesi di tensione costante, è poi possibile
ricavare la corrente rotorica.
Vf
I' r =
2
 R'r 
Rs +

(
 + X ds + X' dro )2
s 
Sostituendo si ottiene:
' 2
3 ⋅ R r ⋅ Vf
C=
 ' 2 
Rr 

s ⋅ Ωo ⋅  R s +
 s 
( '
 + X ds + X dro

2
)

 

Questa espressione riporta l'andamento della coppia in funzione dello scorrimento e


quindi, in altra scala, della coppia in funzione della velocità.
Gli andamenti della coppia in funzione dello scorrimento e della velocità sono riportati
nelle figure 6.7 e 6.8 rispettivamente.

C
max

s
1
Figura 6.7: caratteristica meccanica in funzione dello scorrimento

C
max

C
avv


Ωo
Figura 6.8: caratteristica meccanica in funzione della velocità meccanica

Uno dei punti fondamentali di queste caratteristiche è dato dal punto di coppia massima
che risulta essere caratterizzato da:

7
' 2
Rr 3 ⋅ Vf
s max = C max =
Z  R 
2 ⋅ Ωo ⋅ Z ⋅ 1 + s 
 Z 
dove:
Z=
2
( '
R s + X ds + X dro )2
Analizzando la caratteristica meccanica ricavata è molto importante sottolineare la
dipendenza del valore di coppia dal quadrato della tensione di alimentazione.

1.3 Note sull'utilizzo di indotto a gabbia

Le considerazioni fin qui svolte si riferiscono, sostanzialmente, al motore asincrono con


rotore avvolto. Si è però accennato, in apertura, alla possibilità di utilizzare un indotto a
gabbia. Si tratta di una soluzione, dal punto di vista costruttivo, più semplice e robusta, che
non comporta comunque sostanziali mutamenti dal punto di vista del principio di
funzionamento e delle caratteristiche esterne.
D'altra parte la grande robustezza meccanica e il migliore sfruttamento della struttura
magnetica ne hanno determinato il successo. Si deve poi ricordare che non si pongono limiti
alla potenza del motore, anzi si hanno maggiori possibilità di sovraccaricabilità viste le
elevate temperature che può raggiungere il rotore. Non si hanno infatti materiali isolanti che
possano subire danni termici.

1.4 Dati nominali

La potenza nominale di una macchina asincrona è data dalla potenza meccanica disponibile
all'asse nelle condizioni nominali.
Sulla targa è solitamente riportata, oltre alla tensione nominale, la corrente nominale e
la potenza o la coppia nominale e la velocità nominale; il fattore di potenza al punto nominale
e il rendimento non sono di solito indicati.
Supponendo valori tipici per il rendimento (ad es. tra 85% e 90%) è possibile, con
buona approssimazione, ricostruire la potenza elettrica nominale.
Dal punto di vista della rete, il motore asincrono si presenta come un carico che in
qualunque condizione di funzionamento assorbe potenza attiva e potenza reattiva di tipo
induttivo.

1.5 Teoria unificata delle macchine elettriche

Nello studio della macchina a corrente continua si sono analizzati sia lo studio in
condizione di regime, che il comportamento in regime transitorio così da avere i modelli
necessari per lo sviluppo dei sistemi di controllo.
Lo stesso studio può essere ripetuto anche per le macchine in regime alternato, ma è
necessaria una premessa matematica relativamente a quella che prende il nome di teoria
unificata delle macchine elettriche. Scopo finale di questa teoria è quello di poter trasferire le

8
conoscenze controllistiche relativamente alle macchine a corrente continua anche al campo
dell'alternata.
In questa fase non è ancora il momento di addentrarsi negli aspetti controllistici dello
studio, ma semplicemente arrivare ad un modello dinamico della macchina asincrona che
permetta di studiarne il comportamento in transitorio. Più avanti nel corso, l'argomento verrà
ripreso e applicato allo studio dell'architettura di controllo.
Si consideri la struttura di una macchina asincrona trifase.
Si supponga di avere sia sullo statore che sul rotore un avvolgimento trifase (costituito
da tre avvolgimenti sfasati fisicamente di 120°) di cui, nella figura 7.1, vengono riportati gli
assi magnetici.
s1

r1 θ

r3

s2 s3
r2

Figura 7.1 : Schema di una macchina asincrona

Si supponga che la struttura elettromagnetica sia dotata di due poli (come e' riportato
nella stessa figura) e si consideri poi valida l'ipotesi che la permeabilità del ferro sia molto
elevata, al limite infinita rispetto a quella dell'aria.
Se gli avvolgimenti di statore vengono alimentati con un sistema simmetrico di tensioni,
come si è visto nell'ambito della teoria classica, si genera al traferro un campo rotante con
distribuzione al traferro di tipo sinusoidale.
Considerando la macchina in rotazione ad una certa velocità Ω è possibile studiarne il
funzionamento utilizzando la teoria dei circuiti mutuamente accoppiati.
Si arriva così ad un sistema di equazioni del tipo:

v k = R k ⋅ i k + pψ k

dove con k si intende uno dei sei avvolgimenti, con Rk la resistenza di tale
avvolgimento, con "p" l'operatore derivata rispetto al tempo e con ψk il flusso totale
concatenato con l'avvolgimento k-esimo.
Si devono poi considerare i legami tra flussi e correnti rappresentati da equazioni del
tipo:

ψk = ∑L ki
( θ) ⋅ i i
i

dove la mutua induttanza è funzione dell'angolo relativo tra gli assi magnetici di rotore e
quelli di statore (θ).

9
Ad esempio, la mutua induttanza tra l'avvolgimento "r1" e l'avvolgimento "s1" è
massima quando sono allineati, minima quando sono disposti a 90°.
Si aggiunge quindi l'equazione dell'equilibrio meccanico.

C e − C r = J ⋅ pΩ

Il legame complesso tra le correnti ed i flussi, la loro dipendenza dall'angolo θ tra rotore
e statore, e la necessità di aggiungere una ulteriore equazione per la determinazione di essa,
portano a ricercare una trasformazione di variabili che conduca ad una struttura del sistema
più maneggevole.
Tale trasformazione prende il nome di trasformazione di Park ed è caratterizzata dalla
seguente matrice:
 2 4 
 cos(α) cos(α − π) cos(α − π) 
 3 3 
2 2 4
T(α) =  − sin(α) − sin(α − π) − sin(α − π ) 
3 3 3 
 1 2 1 2 1 2 
 

dove con α si indica, a seconda che ci si riferisca alle grandezze di statore o di rotore,
l'angolo (θs o θr) che l'asse magnetico della struttura (statore o rotore) forma rispetto ad un
sistema di riferimento ad assi ortogonali (vedere la figura 7.2). Tali assi vengono
generalmente indicati con asse diretto "d" ed asse in quadratura "q".
.
Le possibili scelte di velocità del sistema di riferimento "d" e "q" e l'effettiva velocità θ
della macchina sono legate dalla relazione:
. . .
θ = θs − θ r

s1
d θs

r1 θ

θr

r3

s2 s3
r2

Figura 7.2 : La macchina sugli assi dq

Il discorso non solo è analizzabile dal punto di vista matematico, ma ha anche un


risvolto fisico.
Si può dimostrare che applicare la trasformazione di Park equivale, dal punto di vista
fisico, a trasformare la macchina trifase in una macchina bifase equivalente costituita, sia

10
sullo statore che sul rotore, da due avvolgimenti a collettore (si muovono le spazzole), aventi
gli assi magnetici coincidenti con gli assi "d" e "q".
Per rendere completamente corretta la trasformazione energetica si deve poi considerare
la presenza di un avvolgimento omopolare percorso da una corrente proporzionale alla somma
delle tre correnti della macchina trifase e agente su una struttura magnetica separata. Si deve
però sottolineare che se la somma delle correnti è nulla, le equazioni che riguardano gli
avvolgimenti omopolari sono senza significato.
Applicando la trasformazione di Park alle tensioni ed alle correnti di fase di statore, si
ottengono le nuove variabili vsd, vsq, vso, che prendono il nome di tensione sull'asse diretto,
sull'asse in quadratura e omopolare di statore e le corrispondenti correnti isd, isq, iso.
Corrispondentemente sul rotore si hanno le analoghe variabili con l'indice "r".
In corrispondenza di ciascun avvolgimento si hanno, poi, i rispettivi flussi concatenati.
Effettuando la trasformazioni si giunge al seguente sistema di equazioni (in cui non si
riportano le equazioni dell'asse omopolare):
.
v sd = R si sd + pψsd − θs ψsq
.
v sq = R si sq + pψsq + θs ψsd
.
0 = R r i rd + pψrd − θ r ψsq

0 = R r i rq + pψrq + θ r ψsd

in cui si e' posto vrd e vrq=0 perché gli avvolgimenti di rotore sono in corto circuito.
Si hanno poi i legami tra flussi e correnti:

ψ sd = L s ⋅ i sd + M ⋅ i rd
ψ sq = L s ⋅ i sq + M ⋅ i rq
ψ rd = L r ⋅ i rd + M ⋅ i sd
ψ rq = L r ⋅ i rq + M ⋅ i sq

Si considera quindi l'equilibrio meccanico:

C e − C r = J ⋅ pΩ

dove si é indicato con Ω la velocità meccanica che differisce dalla velocità elettrica ωr
per il fattore 1/n, dove n è il numero di paia poli della macchina.
Come si vede la trasformazione di variabili ha avuto fondamentalmente il merito di
eliminare la dipendenza dei parametri dall'angolo statore/rotore θ fornendo così un sistema di
equazioni differenziali più facilmente trattabile.
In virtù della trasformazione effettuata si può poi ricavare che l'espressione della coppia
elettromagnetica è data da:

C e = n ⋅ ( ψ sd ⋅ i sq − ψ sq ⋅ i sd ) = nMA ( ψ sq ψ rd − ψ sd ψ rq )

1
A= 2
LsL r − M

11
Considerando poi che le variabili sull'asse "d" e sull'asse "q" possono essere viste come
proiezioni di un unico vettore di cui le grandezze sugli assi sono le componenti, le precedenti
equazioni si possono riscrivere in una forma vettoriale compatta:

v s = R s ⋅ i s + p ψs + j θ s ψs

0 = R r ⋅ i r + p ψr + j θ r ψr

Il modello, così come è stato presentato, non è ancora pronto per studi di transitori; si
devono infatti fare delle scelte preliminari per poter ottenere il sistema di equazioni
differenziali necessario.
Una prima operazione è la scelta delle variabili di stato. Risulta conveniente, per
problemi di integrazione, scegliere come variabili di stato i flussi (anche se non è esclusa in
certi casi una scelta diversa).
Si deve poi fissare la velocità del riferimento, cioè la velocità con cui ruota il sistema
"dq" rispetto all'asse magnetico di statore "s1": si sceglie di fissare il riferimento di statore
rotante alla velocità di sincronismo del sistema elettromagnetico ω.
Come verrà illustrato nel seguito, tale scelta semplifica la determinazione della
condizione di regime della macchina.
Si deve poi aggiungere un'ulteriore precisazione.
Nel ricavare le equazioni del modello si è considerata una macchina a rotore avvolto. Si
potrebbe pensare che i risultati ottenuti non siano più validi per una macchina con rotore a
gabbia.
E' invece possibile dimostrare che ciò non è vero a patto che si diano i dovuti significati
ai parametri che intervengono nelle equazioni in ragione della nuova struttura del rotore (che
non è più trifase).
Fissate tutte queste ipotesi e fatte le opportune scelte, non resta che elaborare il sistema
di equazioni per porlo in forma normale, cioè in maniera da evidenziare la derivata delle
variabili di stato in funzione delle sole variabili di stato.
Il primo passo è la determinazione delle correnti in funzione dei flussi così da poter
sostituire le espressioni ottenute nelle equazioni di partenza.
Si ha così:
 is   L s M −1 ψs   Lr − M   ψs 
 =    = A ⋅ 
 i r   M L r   ψr  − M L s   ψr 
dove:
1
A= 2
LsLr − M

Sostituendo le espressioni ottenute nelle equazioni di partenza si ottiene:

 ⋅ 
p ψs = ψs  − j θs − R sAL r  + ψr R sAM + v s
 
 ⋅ 
p ψr = ψs R r AM + ψr  − j θr − R r AL s 
 
⋅ n
pθ = (Ce − C r )
J

12
Introducendo ora l'induttanza di corto circuito (viene chiamata di corto circuito perchè è
l'induttanza vista dai morsetti di statore trascurando le resistenze, in particolare Rr/s che risulta
trascurabile per s=1 [rotore bloccato o corto circuito])

1 (L L
s r −M
2
)
Lk = =
A ⋅ Lr Lr
1  M 
is =  ψs − ψr 
Lk  Lr 
il legame correnti ⇔ flussi diventa:
1  Ls M 
ir =  ψr − ψs 
Lk  Lr Lr 
mentre le equazioni differenziali si possono scrivere nella seguente forma sintetica:

p ψs = v s − j θs ψs − α ⋅ ψs + β ⋅ ψr

p ψr = − j θr ψr − γ ⋅ ψr + δ ⋅ ψs
⋅ n
pθ = (Ce − C r )
J
dove
Rs Rs M
α = R sAL r = β = R sAM =
Lk Lk Lr
R r Ls Rr M
γ = R r AL s = δ = R r AM =
Lk Lr Lk Lr

Noto il sistema di equazioni differenziali è possibile passare all'integrazione matematica


per lo studio di transitori, utilizzando ad esempio il metodo di Runge-Kutta.
Rimane da risolvere il problema delle condizioni iniziali da utilizzare per l'integrazione.
Tale problema è particolarmente facile se si conosce la velocità di rotazione all'istante
iniziale. Supponendo la macchina a regime alla velocità Ω, il problema risulta limitato alla
determinazione delle caratteristiche di magnetizzazione che sono in grado di garantire lo
scorrimento fissato al livello di tensione fissato.
Se si suppone che il motore sia alimentato da una terna sinusoidale di tensioni, si può
dimostrare che, nel caso di velocità di rotore costante con sistema di riferimento solidale con
lo statore, l'integrale particolare del sistema di equazioni differenziali, e quindi soluzione di
regime per il sistema, è data dalla risoluzione del sistema lineare che si ottiene ponendo uguali
a zero tutte le derivate. Si noti viceversa che se la velocità non è nota a priori il sistema non è
più lineare ed il calcolo non può essere risolto in forma chiusa.

1.6 Circuito equivalente della macchina asincrona in regime transitorio

Una volta che sono note le equazioni della macchina ha interesse andare a verificare, da
un punto di vista elettrico, quale è il circuito equivalente che corrisponde al modello ricavato
nel corso di questa trattazione per poter poi effettuare un confronto con quanto già stabilito
nel corso dello studio della teoria classica. Si può infatti affermare che la teoria classica
rappresenta un caso particolare della teoria ora illustrata.

13
Si supponga di far ruotare il riferimento "dq" alla velocità ω. Si ha:


θs = ω

θr = s ⋅ ω
dove con "s" si è indicato lo scorrimento.

Le equazioni assumono allora la seguente struttura:

v s = R s ⋅ i s + p ψs + jωψs
Rr ψr
0= ⋅ ir + p + jωψr
s s

avendo già diviso la seconda equazione per s.


Considerando i legami flussi ⇔ correnti si può poi scrivere:

(
v s = R s ⋅ is + p ψs + jω L s is + Mi r )
Rr ψr
0= ⋅ ir + p (
+ jω L r i r + Mis )
s s

Se nella prima equazione si somma e si sottrae jωMis e nella seconda si effettua la stessa
elaborazione con jωMi r si può riscrivere le equazioni nel seguente modo:

( )
v s = R s ⋅ is + p ψs + jω L s − M is + jωM is + i r ( )
Rr ψr
0= ⋅ ir + p ( )
+ jω L r − M i r + jωM i s + i r ( )
s s

Le equazioni ora ricavate possono essere rappresentate dal circuito di figura 7.3:

Rs Ls-M is ir Rr/s Lr-M

vs pψs
M p ψ r/s

Figura 7.3: Circuito equivalente dinamico

A regime, per un determinato valore di "s", tutte le grandezze sono costanti (le derivate
rispetto al tempo dei flussi sono nulle) e quindi si ottiene un circuito equivalente identico a
quello ricavato nella teoria classica.

1.7 Funzioni di trasferimento della macchina asincrona

14
Come si è già visto a proposito del calcolo delle condizioni iniziali, se si suppone che la
velocità sia costante il sistema di equazioni differenziali che regge la dinamica della macchina
risulta lineare.
Si deve ricordare, come già fatto a proposito ella macchina a corrente continua, che le
costanti di tempo elettriche e meccaniche sono notevolmente diverse. Ciò suggerisce la
possibilità di impostare lo studio dei transitori elettrici supponendo che la velocità meccanica
rimanga costante durante tale transitorio. In questo modo è possibile disaccoppiare i due
sistemi (meccanico ed elettrico) al fine di ottenere funzioni di trasferimento nel dominio di
Laplace.
Si tratta di partire dalle equazioni di Park per effettuare le opportune elaborazioni che
consentano di isolare le funzioni di trasferimento.

p ψs = v s − j θ s ψs − αψs + βψr

p ψr = − j θ r ψr − γψr + δψs
Esse sono: ⋅ n
pθ = (C e − C r )
J
Il sistema è non lineare sia per i prodotti tra flussi e velocità, sia per la coppia
elettromagnetica (prodotto tra flussi). Il procedimento da applicarsi é quello di
linearizzazione: si parte da un punto di equilibrio e si suppone di muoversi in un intorno di
tale punto. La dipendenza di tale spostamento dalle variabili di stato è facilmente ottenibile
sviluppando in serie di Taylor (e fermandosi al primo termine) la funzione che rappresenta
l'equazione differenziale:

(
px i = f i x 1 , x 2 ,..., x n ; u 1 , u 2 ,... , u m )
In definitiva quello che si studia è la variazione delle grandezze rispetto al punto fissato
come riferimento, attraverso un sistema di equazioni diventate lineari. Tale approccio
consente di utilizzare tutte le potenzialità matematiche tipiche dei sistemi lineari. Si ha quindi
in definitiva un sistema del tipo:
p[ ∆x] = [ F][ ∆x] + [ G][ ∆u]
con
 ∆ψ sd 
 
 ∆ψ sq   ∆v 
   sd 
[ ∆x] =  ∆ψ rd  [ ∆u] =  ∆v sq 
 ∆ψ rq   
 ⋅   ∆C r 
 ∆ θ 

dove nel caso delle equazioni della macchina asincrona e assumendo che gli assi "dq" si
muovano di velocità ωs costante rispetto allo statore

θ s = ωs
⋅ ⋅
θ r = ωs − θ
si ottiene:

15
 −α ωs β 0 0 
 
 −ω s −α 0 β 0 
 ⋅ 
δ 0 −γ ωs − θo − ψ rqo 
[ F] = 
 ⋅ 
 0 δ − (ω s − θ o ) −γ ψ rdo 
2 2 2 2
 n AM n AM n AM n AM 
− ψ rqo ψ rdo ψ sqo − ψ sdo 0 
 J J J J 
e
1 0 0 
 
0 1 0 
 0 
[ G] =  0 0

0 0 0 
 n
0 0 − 
 J

dove con il pedice "o" sono riportati i valori delle variabili di stato nel punto di
equilibrio scelto, e si è supposto di avere una coppia resistente che non dipende dalla velocità.
Tali equazioni si dimostrano di particolare importanza per lo sviluppo dei sistemi di
controllo e possono essere inoltre utilizzate per studiare transitori della macchina, sotto
particolari condizioni, nel dominio di Laplace.
Se viceversa la natura del transitorio è tale da poter considerare costante la velocità e si
vuole studiare l'andamento delle altre grandezze di stato il passaggio al dominio di Laplace
può essere ancora più semplice.
In questo caso infatti le equazioni sono già in partenza lineari e quindi si può
direttamente passare al dominio di Laplace.
Se, invece, si considera la velocità costante, allora l'equazione differenziale meccanica
non ha più significato ed il sistema di equazioni differenziali elettrico risulta lineare senza
alcuna linearizzazione. Le equazioni possono essere messe nella forma:

  ⋅  
 ψs   −α + j θ s  β   ψs   1
p  = 
 ⋅  ⋅   +   ⋅ vs
  ψr   0 [ ]
 ψr   δ − γ + j θ r 
  

Si può poi sinteticamente scrivere:


[ ] [ ]
p ψs,r = [ F] ψs,r + [ G] v s [ ]
Si può quindi passare facilmente al dominio di Laplace:

[ ] [ ]
s Ψs,r − Ψso , ro = [ F] Ψs,r + [ G] Vs [ ] [ ]

dove [ Ψso ,ro ] rappresenta il vettore delle condizioni iniziali dello stato.
Da questa espressione attraverso semplici passaggi matematici si arriva alla definizione
della matrice di trasferimento tra gli ingressi (tensione di statore) ed i flussi:

[ Ψ ] = {s[ I] − [ F]} {[ G][ V ] + [ Ψ ]}


s, r
−1
s so , ro

16
Questa espressione, opportunamente esplicitata, consente di determinare il legame
diretto tra flussi e tensioni che risulta essere, nel caso di condizioni iniziali nulle:

s + γ + jθr
Ψs = Vs
D
δ
Ψr = Vs
D
dove:
 ⋅  ⋅ 
D =  s + γ + j θ r  s + α + j θ s  − βδ
  

Se poi infine si ricorda il legame flussi ⇔ correnti, riportato in apertura di paragrafo, si


può anche pervenire all'espressione delle funzioni di trasferimento della macchina asincrona a
velocità costante (partendo da condizioni iniziali nulle):

s + R r L r + jθr
Is = Vs
DL k

M s + jθr
Ir = − Vs
Lr Lk D

2 Motori a magneti permanenti

Negli ultimi dieci anni l'impiego di motori sincroni a magneti permanenti è andato
continuamente crescendo, divenendo la "soluzione di riferimento" per moltissime
applicazioni. Tale evoluzione è iniziata, secondo determinate esigenze, nel campo dei
servoazionamenti per macchine utensili e robotica, dove la continua richiesta di alte
prestazioni dinamiche ha sempre favorito l'adozione delle tecniche più sofisticate. Si è andato
via via estendendo l'impiego di tali motori anche in campi riguardanti l'automazione in
generale (azionamenti per l'industria tessile, per la lavorazione del legno, etc.).
Punti qualificanti di tali motori sono senza dubbio l'assenza del commutatore
meccanico, la produzione di calore limitata allo statore e quindi facilmente smaltibile, la
possibilità di operare a velocità più elevate dei tradizionali motori in corrente continua.
Allo stato attuale, nel campo degli azionamenti "tipo asse" (e quindi a coppia costante),
si può ormai sostenere che la soluzione industriale di riferimento è costituita dal "brushless",
vale a dire da un servoazionamento sincrono a magneti permanenti, isotropo. Dal punto di
vista del controllo coesistono due soluzioni che corrispondono a motori magneticamente
pressoché uguali: controllo vettoriale (a.c. brushless) e quello scalare (d.c. brushless).
Al contrario, per gli azionamenti tipo "mandrino" (e quindi a potenza costante) viene
adottata la soluzione che prevede l'impiego di motori a induzione controllati ad orientamento
di campo. Esiste però la possibilità che anche in questo campo si affermi, in futuro, una
soluzione sincrona.
D'altra parte anche negli azionamenti asse esiste la tendenza a cercare soluzioni diverse:
in particolare si comincia a pensare concretamente all'impiego di motori sincroni a riluttanza

17
ad alta anisotropia, in sostituzione dei motori a magneti permanenti. La ragione essenziale è
quella di evitare l'impiego di materiali strategici e di alto costo, quali i magneti a terre rare.

2.1 Introduzione matematica

Si è già visto, a proposito del motore asincrono, che l'equazione generica di una fase di
un circuito polifase può essere scritta nel seguente modo:

v k = R k ⋅ i k + pψ k

Se si suppone poi che siano presenti magneti permanenti all'interno della struttura
magnetica, occorre distinguere i contributi di flusso dovuti alle correnti ed i contributi dovuti
ai magneti stessi. Si ha quindi che il legame flussi ⇔ correnti risulta modificato, rispetto a
quanto visto per il motore asincrono, nel seguente modo:

ψk = ∑L ki ( θ) ⋅ i i + ψ mk
i
dove con ψmk si indica il flusso magnetico generato dai magneti permanenti e
concatenato con l'avvolgimento k-esimo.
Se si sostituisce il legame flussi ⇔ correnti nell'equazione di partenza, si ottiene il
sistema rappresentativo della dinamica delle fasi di statore:

[ v] = [ R] ⋅ [ i] + [ L( θ) ] p[ i] + ( p[ L( θ) ] ) ⋅ [ i] + p[ ψm ]

Se poi si suppone di operare a una certa velocità ω si può anche riscrivere il precedente
sistema di equazioni nel seguente modo:
d  d
[ v] = [ R] ⋅ [ i] + [ L( θ) ] p[ i] + ω ⋅ 
 dθ
[ L( θ) ]  ⋅ [ i] + ω [ ψm ]

Quest'ultima scrittura ha il pregio di evidenziare le dipendenze dall'angolo θ e quindi il


ruolo che essa viene ad avere.
Se poi si suppone di moltiplicare a destra entrambi i termini dell'equazione per il vettore
trasposto delle correnti, si ottiene il bilancio energetico del sistema. Da tale bilancio
emergono i diversi contributi ed in particolare il contributo derivante dalla trasformazione di
energia elettromagnetica in meccanica. Se ne ricava quindi un'espressione per la coppia del
tutto simile a quella ottenuta nella introduzione a proposito della conversione
elettromeccanica con due soli cambiamenti:

• il mutuo accoppiamento non è tra due circuiti elettrici (uno di eccitazione e uno di
indotto) ma deriva da un concatenamento di un flusso generato da un magnete
permanente
• si hanno più avvolgimenti e quindi più termini che si sommano per fornire il valore
finale.

Si può allora scrivere:


d[ L( θ) ] [ ]
t
1 d ψm
C= [ i] t
[ i] + [ i]
2 dθ dθ

18
Si esaminino quindi i termini di questa equazione e si determinino i diversi casi
possibili:

• se non è presente anisotropia sul rotore ma solo flusso di magneti permanenti si ha un


motore brushless.
• se è presente anisotropia sul rotore e non flusso di magneti permanenti si ha un
motore a riluttanza
• è poi possibile anche il terzo caso in cui sono presenti entrambi i contributi.

Da un punto di vista costruttivo si considerino le due strutture riportate nella figura che
segue:

magnete

ferro
N
N N
N

rotore

rotore
S
S S
statore
statore
S

a) b)
Figura 8.1: esempi di distribuzione di magneti permanenti

Nel caso della figura a) si ha una matrice delle induttanze che non dipende dall'angolo
di statore mentre nel caso b) questa dipendenza è presente. Si fa inoltre notare che, se nel caso
b) si sostituiscono i materiali magnetici con materiali diamagnetici, si ha una macchina a
riluttanza.

2.2 Il d.c. brushless o brushless trapezio

Il termine "brushless trapezio" viene usato indifferentemente per indicare sia la


macchina che l'azionamento. Riferendosi, però, all'azionamento sarebbe più corretto parlare di
"azionamento di macchina sincrona a magneti permanenti, isotropa, a f.e.m. trapezie,
controllata scalarmente". Viene anche usato il termine d.c. brushless che però può creare
confusione con altri tipi di azionamento.
Nel caso di un avvolgimento di statore trifase l'espressione della coppia può essere
riscritta come segue (considerando isotropo il rotore):

dψ m1 dψ m2 dψ m 3
C= i1 + i2 + i3
dθ dθ dθ

19
Le derivate dei flussi concatenati assumono quindi il significato di coefficienti di coppia
(ma anche di coefficienti di f.e.m. indotta a vuoto in modo simile alla macchina in corrente
continua).
L'andamento ideale di tali grandezze, in una macchina d.c. brushless, è quello riportato
nella fig. 8.2.
d ψmj

a)

ij

b)

figura 8.2: andamento ideale di coefficiente di coppia (a) e corrente (b)

Si può osservare che, se il coefficiente di coppia ha l'andamento ideale della figura


8.2(a), un sistema di correnti trifasi, che ha l'andamento della figura 8.2(b), produce una
coppia che non dipende dall'angolo θ. Si noti inoltre che sommando tre correnti con questo
andamento e sfasate di 120° si ha una somma nulla istante per istante. Ne consegue che si
tratta di un sistema di alimentazione pensato per una connessione trifase senza neutro.
E' inoltre importante sottolineare che l'andamento del coefficiente di coppia nelle fasi a
corrente nulla è irrilevante dato che non contribuisce alla formazione di coppia.
Quanto detto finora fa capire che questa modalità di alimentazione è pensata per una
macchina isotropa: se infatti si avesse anisotropia rotorica si avrebbe un ulteriore contributo di
coppia che risulterebbe però funzione dell'angolo, introducendo di conseguenza un ripple di
coppia.

Come si diceva, gli andamenti presentati in precedenza costituiscono un caso ideale che
richiede particolari accorgimenti di progettazione per ottenere un risultato il più possibile
vicino a quello desiderato.

d ψmj

a)

ψmj
b)

figura 8.3: andamento ideale del coefficiente di coppia (a) e del flusso dei magneti (b)

20
Da un punto di vista magnetico la disposizione rotorica deve essere realizzata in
maniera tale da ottenere una distribuzione al traferro come da fig. 8.3. L'avvolgimento
statorico viene realizzato di tipo concentrato per limitare gli effetti della presenza delle cave
di statore.

E1

E2

E3

i1

i2

i3

figura 8.4: andamento ideale delle fem e delle correnti

Da quanto visto finora il principio di funzionamento del motore brushless trapezio è


fortemente legato alla forma della corrente e, quindi, alla strategia di controllo (su cui si
tornerà nel seguito del corso).
Da un punto di vista circuitale rimangono ancora da sottolineare solo alcuni punti. Si
consideri lo schema di principio di figura 8.5:

Inverter

Vs Motore

Vs

Sensori
di posizione

Logica
di
commutazione
Modulatore
ieq Logica
Regolatore di
- feedback
+

irif

figura 8.5: schema di controllo per dc-brushless

21
Il sistema può funzionare fondamentalmente in due modalità:

• two-phase on
• three-phase on

Nel primo caso, valido per la maggior parte del tempo, la struttura è del tutto simile (e
così pure il controllo) a quella di un motore in corrente continua.
Considerando, quindi, le sole due fasi in conduzione nell'istante generico si ha un
circuito equivalente quale quello della figura 8.6.

i1 R L

Vs E1

0 N
E2
Vs
i2 R L

figura 8.6: circuito 2 phase on (i1>0, i2<0, E1>0, E2<0)

Durante gli istanti di commutazione della corrente da una fase all'altra si ha viceversa
un circuito equivalente che deve tenere conto della contemporanea presenza di tre fasi attive
(la presenza delle induttanze fa sì che la corrente non possa annullarsi istantaneamente).
E2
i2 R L

i1 R L

Vs E1

0 N
E3
Vs L
i3 R

figura 8.7: circuito 3 phase on (commutazione tra 2 e 3) (i1>0, i2<0, i3<0, E1>0, E2<0,
E3<0)

2.3 L'a.c. brushless o brushless sinusoidale

In questo caso, diversamente da quanto visto prima, si ipotizza che le forze


elettromotrici a vuoto siano sinusoidali. Se si ha a che fare con un motore isotropo, è facile
verificare che una terna di correnti di fase sinusoidali sfasate di 120° determina una coppia
indipendente dall'angolo θ.

22
Più in generale volendo arrivare ad un modello dinamico valido anche in presenza di
anisotropia rotorica, occorre considerare un sistema di equazioni valido per un sistema di
riferimento degli assi sincrono con il rotore.
Le convenzioni adottate sono quelle della figura 8.8.

q magnete

ferro
rotore
S

statore

figura 8.8: sistema di riferimento in un ac brushless

Come si nota dalla figura, per un motore a magneti permanenti, ancorché anisotropo, si
suole definire l'asse diretto come uscente dal polo Nord. In questo modo coincide con l'asse di
minima permeanza; diversamente, nel caso del motore a riluttanza, è prassi scegliere come
asse "d" quello di massima permeanza.
Passando alle equazioni, si ha:
d ψdq
v dq = Ri dq + + jωψdq
dt
Ld 0 
ψdq =  i + ψmd
 0 L q  dq

(
C = n ⋅ ψd i q − ψq i d )
Si può innanzitutto notare che, in questo caso, la presenza di anisotropia produce un
ripple di coppia non presente nel caso di brushless trapezio. Va però anche detto che
comunque la struttura più utilizzata è comunque quella isotropa.
Tale scelta non è tanto giustificata da questo problema quanto piuttosto da
problematiche di controllo che verranno riprese nel proseguo del corso.
In questa sede ha solo importanza sottolineare come si possa arrivare alle regole base su
cui si basa la teoria del controllo della macchina. In quest'ottica ha interesse riscrivere le
equazioni di statore nel caso in cui id = 0.
Si ottiene infatti:
v d = −ωL q i q

di q
v q = Ri q + L q + ωψ md
dt

(
C = n ⋅ ψ md i q )
essendo:

23
ψd = ψmd
ψq = L q i q

Le equazioni ottenute presentano due interessantissimi requisiti:

• sono del tutto identiche a quelle di un motore a c.c.


• non presentano alcuna interazione tra asse d e asse q.

2.4 Note conclusive sui motori brushless

Allo stato attuale entrambe le soluzioni di motori brushless vengono largamente


adottate. In Europa, in particolare, dopo un prevalere della soluzione trapezia, si sta assistendo
a un progressivo imporsi della soluzione sinusoidale soprattutto per le applicazioni ad alte
prestazioni.
Per quel che riguarda i materiali magnetici permanenti, sussistono tuttora due soluzioni:
ferriti e terre rare. Nel caso delle terre rare si è andato affiancando, al classico Samario-
Cobalto, il Neodimio-Ferro-Boro. Tale soluzione consente qualche incremento di prestazioni,
senza però permettere ancora una sensibile riduzione del costo che permane ancora molto
elevato.
Nel caso invece in cui la densità di coppia non sia un parametro critico, si continuano ad
utilizzare magneti di ferrite, di costo molto più contenuto. La densità di coppia ottenibile in
questo caso è pari al 60-70% di quella ottenibile con magneti a terre rare.

3 Il motore sincrono a riluttanza

Una delle soluzioni possibili ai problemi del motore brushless (costo dei magneti, ripple
di coppia) è il motore sincrono a riluttanza ad alta anisotropia. La struttura di tale motore è
ottenibile considerando un motore brushless anisotropo in cui si sostituiscano i magneti con
materiali diamagnetici.
Le equazioni sono quindi facilmente ottenibili in base a quanto studiato finora. Per la
coppia si ottiene quindi:
 Lq 
( ) ( )
C = n ψd i q − ψq i d = n L d − L q i d i q = n1 − ψd i q
 Ld 

Da questa equazione si capisce perché, come già anticipato, si preferisce scegliere l'asse
"d" nella direzione di massima permeanza: per avere un coefficiente di coppia positivo. Dalla
struttura dell'equazione della coppia si deduce inoltre che un motore a riluttanza è tanto
migliore quanto più Ld è grande e Lq è piccola. Ciò però è condizione necessaria ma non
sufficiente dato che si deve fare in modo che il flusso possa fluire attraverso tutta la struttura
della macchina: a questo scopo si realizzano macchine con un numero "ns" crescente di
segmenti per paia poli maggiore di 1. Si veda a proposito la figura 8.9.
Per quanto riguarda viceversa il valore di Lq va notato che, se da una parte decresce al
crescere del numero di segmenti per paia poli, è anche vero che tende rapidamente a un valore
limite.
Si tratta in realtà di una problematica molto complessa, assai difficile da trattare
analiticamente e tuttora oggetto di ricerche.

24
I risultati ottenuti finora comunque collocano il motore a riluttanza in una posizione
intermedia, in termini di prestazioni, tra i motori a ferrite e i motori a terre rare.
Dalla parte, però, del motore a riluttanza resta comunque il minor costo.
Un'ulteriore soluzione possibile è poi prevedere un intervento di "assistenza" mediante
magneti permanenti in una struttura ad alta anisotropia.

ns=1 ns =2 ferro

aria

ns=3 ns tende a infinito

figura 8.9: diverse strutture di rotori di motori a riluttanza

4 I motori passo-passo

I motori passo-passo trovano applicazione soprattutto nelle periferiche per computer,


nell'industria tessile, nella fabbricazione di circuiti integrati e nella robotica. La caratteristica
fondamentale di questi motori è che possono essere visti come dispositivi elettromeccanici
"digitali" dato che ad ogni impulso di alimentazione elettrica corrisponde il movimento di
un'unità di spostamento, detta passo. Questa caratteristica è particolarmente interessante dato
che consente il controllo del motore senza bisogno di retroazioni di posizione o velocità. Pur
esistendo una grande varietà di soluzioni, le realizzazioni di motori passo-passo possono
essere catalogate in tre categorie fondamentali:

• a riluttanza variabile
• a magneti permanenti
• ibridi

4.1 Motori passo a riluttanza variabile

25
Nei motori passo a riluttanza variabile sia rotore che statore presentano differenti
riluttanze magnetiche lungo i diversi assi radiali.

+ .

+ .

figura 8.10: motore passo a riluttanza

Si consideri la figura 8.10: si possono distinguere sei denti di statore e quattro di rotore.
Un avvolgimento è posto su ogni coppia diametralmente opposta dello statore così che in
questo caso si vengono ad avere tre fasi.
Se si immagina di eccitare una fase di statore con una corrente ia il rotore tende a
portarsi nella posizione che minimizza la riluttanza e cioè tende ad allinearsi con la fase "a"
eccitata. Dalla espressione completa della coppia si può ricavare che la coppia di anisotropia
che si genera ha valore:
1 2 dL
C= ia
2 dθ

Se ne deduce che:

• la coppia non dipende dal verso della corrente


• nella posizione di equilibrio la coppia è uguale a zero.

Se ora si suppone di diseccitare la fase precedentemente eccitata e di eccitare quindi la


fase successiva si ha che il rotore abbandona la fase di precedente equilibrio per muoversi di
un passo allineandosi con la nuova fase eccitata.
Ripetendo la procedura si ha che il rotore si muove di volta in volta di un passo e ciò
permette di affermare che:

• la posizione del rotore è nota quando si conosce il numero di impulsi applicati


• la velocità media del rotore è proporzionale alla frequenza di commutazione tra le fasi.

Da queste affermazioni resta confermato quanto anticipato e cioè che il motore passo
non necessita di retroazione né di posizione né di velocità.

26
Ha importanza poi definire il valore del passo angolare elementare. Si può facilmente
ricavare che tale valore è dato da:
360
∆α =
qN r

dove q è il numero delle fasi di statore e Nr è il numero di denti di rotore.


Il verso di rotazione del motore risulta determinato dalla sequenza di accensione delle
fasi.
Motori passo a magneti permanenti
Si supponga di avere una struttura statorica costituita da un avvolgimento bifase e di
disporre di un rotore su cui siano montati magneti permanenti così da creare quattro poli
magnetici.
Anche in questo caso il risultato dell'alimentazione delle fasi è lo spostamento del rotore
di un passo elementare (nella figura 8.11 pari a 45°). La coppia risulta dall'interazione della
corrente di statore e il campo magnetico di rotore.
Questa realizzazione di motore passo soffre della difficoltà di realizzare strutture con
passo limitato ma presenta, d'altra parte, il vantaggio di fornire coppia residua per il
mantenimento della posizione anche se manca l'alimentazione.

N
S N
S
N S
S N N S
S N
S
N S
N

figura 8.11: motore passo a magneti permanenti

4.2 Motori passo ibridi

Si tratta della realizzazione che combina i principi della struttura a riluttanza e della
struttura a magneti permanenti.
E' chiaramente la struttura più complessa e quindi la più costosa.
In questo caso la coppia è prodotta dall'interazione del campo prodotto sia dallo statore
che dal rotore. Quello prodotto dal rotore deriva da un magnete permanente ed è quindi
costante, mentre quello di statore dipende dall'intensità della corrente iniettata negli
avvolgimenti.
Circuito equivalente di un motore passo-passo

27
Il circuito equivalente è riportato nella figura 8.12 dove si può notare, oltre alla presenza
di una resistenza e di una induttanza propria dell'avvolgimento, una forza contro
elettromotrice.

R ph

v L ph
ph

e
ph

figura 8.12: circuito equivalente di un motore passo-passo

Nei motori passo a magneti permanenti e nei motori ibridi tale componente rappresenta
la tensione indotta negli avvolgimenti quando il motore è in rotazione e vale:

e ph = k e ω

Tale circuito equivalente si può ritenere valido anche nel caso di motore passo a
riluttanza dove si può scrivere:
dψ ph
v ph − R ph i ph =
dt

Per quanto riguarda il flusso si può poi scrivere:

ψ ph = L ph i ph

Sostituendo questa equazione in quella di partenza si ottiene:

di ph dL ph di ph dL ph
v ph − R ph i ph = L ph + i ph = L ph + ωi ph
dt dt dt dθ

Poiché l'ultimo termine è proporzionale alla velocità, può essere visto come una forza
elettromotrice. Si ha allora:

dL ph
e ph = ωi ph

4.3 Modalità di eccitazione delle fasi di un motore passo

Nei paragrafi precedenti si è sempre presentato il pilotaggio del motore passo come
caratterizzato dal pilotaggio delle fasi, una per volta, secondo una precisa sequenza. Prima di
chiudere i discorsi relativi a questo tipo di motore giova ricordare che, in realtà, esistono
diversi tipi di pilotaggio che permettono a seconda dei casi, di superare problemi meccanici di

28
oscillazione e corretto posizionamento. Non si vuole qui entrare nel dettaglio delle strategie
ma si ritiene comunque utile ricordarne gli aspetti elementari:

• controllo bifase: due fasi contemporaneamente vengono opportunamente pilotate per


limitare le oscillazioni intorno alla posizione di equilibrio (che verrà a trovarsi a metà
tra due denti di statore).

• controllo a mezzo-passo: combinando opportunamente il pilotaggio per singola fase


e il controllo bifase è possibile ottenere il movimento del motore a mezzo passo per
volta

• controllo a micro-passo: si tratta di un ulteriore sofisticazione della precedente


procedura che consente di muovere il motore di frazioni di passo. Per raggiungere
questo scopo è necessario un pilotaggio controllato dell'intensità di corrente iniettata
nelle diverse fasi. In realizzazioni commerciali si arriva a dividere il passo in 125
micro-passi.

29

Potrebbero piacerti anche