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GLI ORDINI ARCHITETTONICI

L’ordine architettonico rappresenta la più grande fra le novità che i Greci introducono nell’arte del
costruire. Esso consiste in una serie di regole geometriche e matematiche mediante le quali le dimensioni di
ogni elemento sono costantemente messe in rapporto tra loro.
Il termine “ordine”, dal latino òrdo, è di origine più recente, infatti Vitruvio ricorreva ai termini genus
(genere), ratio (regola) e mos (norma) e Leon Battista Alberti, il primo grande trattatista del Rinascimento, a
òpus (opera).
Gli ordini architettonici impiegati dai Greci sono tre: il dòrico, lo iònico e il corìnzio. Ciascuno di essi presenta
proprie e ben definite caratteristiche formali e costruttive.

L’ORDINE DORICO
L’ordine dorico è il più antico e il più maestoso e viene impiegato quasi esclusivamente per la costruzione di
templi. I primi esempi risalgono all’inizio dell’epoca arcaica (VII secolo a.C.).
Il tempio dorico non poggia direttamente sul terreno, ma su un crepidòma in pietra.
La parte superiore del crepidoma prende il nome di stilòbate e costituisce il piano orizzontale sul quale
poggiano tutte le colonne del tempio.
La colonna dell’ordine dorico si compone di due elementi distinti: un fusto e un capitello. I due sono uniti
tra loro mediante un elemento anulàre di raccordo chiamato collarino.
Inizialmente le colonne sono lignee e i fusti vengono ricavati da un unico tronco, ma sostituito con la più
resistente pietra e, in alcuni casi, anche con il marmo. In genere il fusto viene realizzato in più pezzi. I vari
elementi che lo compongono prendono il nome di rocchi e vengono sovrapposti a secco, cioè senza leganti.
Il fusto della colonna dorica, contrariamente a quanto avveniva nella colonna minoico-micenea, è
rastremato versi l’alto, vale a dire che il diametro di base è maggiore di quello del corallino.
Il fusto dorico non è liscio, ma scanalato, in quanto tutta la superficie è percorsa verticalmente da un
numero di scanalature realizzate scolpendo i rocchi dopo averli sagomati e sovrapposti. Queste scanalature,
fra di loro uguali, hanno forma semicilindica e sono accostate una di seguito all’alta. Tale accorgimento
contribuisce a conferire un ulteriore senso di compattezza e solidità. Il capitello costituisce il vero e proprio
coronamento della colonna ed è a sua volta formato da due elementi sovrapposti che sono l’ echìno e
l’àbaco.
L’insieme degli elementi strutturali e decorativi che si appoggiano sui capitelli prende il nome di
trabeazione. La trabeazione è formata a sua volta da tre elementi sovrapposti chiamati rispettivamente
architrave, fregio e cornice.
L’architrave rappresenta l’elemento strutturale per eccellenza, in quanto collega orizzontalmente fra loro le
varie colonne del tempio e serve da sostegno per l’intera trabeazione.
Nell’ordine dorico l’architrave è sormontato da un fregio, il quale si sviluppa lungo l’intero perimetro del
tempio con un ordinato e ritmico alternarsi di métope.
Le metope sono delle lastre di pietra poste a chiusura degli spazi quadrangolari che nei primi templi arcaici
venivano a crearsi fra le travi lignee che, appoggiate all’architrave, avevano a loro volta il compito di
sorreggere il tetto.
I triglifi sostituiscono invece le tavolette di terracotta che originariamente proteggevano le teste delle travi
lignee per impedire che imputridissero, facilitando, con le scanalature, il defluire delle acque piovane.
Sotto ogni triglifo corre un corto listello in pietra chiamato règula dal quale pendono quattro o sei gocce,
elementi decorativi a forma di tronco di cono che ricordano simbolicamente le gocce d’acqua che, durante
la pioggia, stillavano dalle teste delle travi in legno dei primi templi.
La cornice, infine, aggetta sul fregio sottostante al fine al fine di proteggerne i bassorilievi dalla pioggia.
Gli elementi sono sempre legati tra loro da precisi rapporti proporzionali, cosicché, conoscendo l’esatta
dimensione di uno solo di essi, è possibile risalire alle dimensioni di tutti gli altri.
L’ORDINE IONICO
Quasi contemporaneamente all’ordine dorico si sviluppa in Grecia anche quello ionico, il secondo dei grandi
ordini architettonici dell’antichità.
La sua origine è orientale. Gli Ioni, infatti migrati in Asia Minore al tempo delle prime invasioni doriche, vi
avevano fondato grandi e importanti colonie.
L’ordine ionico, comunque, non resta un fenomeno isolato alle sole coste orientali dell’Asia. Infatti esso è
ormai esteso anche alle principali isole egee all’Attica e addirittura alla Magna Grecia.
Se Vitruvio paragonava la colonna dorica alla potenza del corpo maschile, quella ionica la ritiene più simile
alla slanciatezza della figura femminile.
Nell’ordine ionico la colonna si compone di tre elementi: la base, il fusto e il capitello.
Il fusto non poggia direttamente sullo stilobate ma sulla base, che viene paragonato a un elegante calzatura
femminile.
Tale base può assumere, in relazione al periodo e al luogo di costruzione, forme anche molto diverse.
Quella più nota e diffusa è la cosiddetta base attica.
Essa si compone di un toro inferiore, di una scozia e di un toro superiore.
Il toro è una modanatura architettonica convessa a profilo semicircolare e può essere licio o decorato. La
scozia, invece, è una modanatura concava a forma di canale.
Nella base attica la scozia è posta fra i due tori e serve a raccordare quello inferiore con il superiore, che
può anche essere decorato.
Il fusto ionico, formato da più rocchi sovrapposti, è meno rastremato di quello dorico, non ha entasi ed è
solcato da almeno 24 scanalature che non si succedono più mediamente spigoli vivi, bensì con gli spigoli
smussati.
L’elemento che più di ogni altro distingue e identifica l’ordine ionico è il capitello. Esso è composto da un
piccolo echino convesso decorato a òvoli e dardi, da due morbide volùte e da un sovrastante abaco.
Quest’ultimo, di dimensioni assai modeste rispetto a quelli dorici.
L’architettura dell’ordine ionico è tripartito orizzontalmente, vale a dire sagomato in modo che le tre fasce
che lo compongono risultino lievemente aggettati l’una all’altra. Il fregio è continuo e non più suddiviso,
come nell’ordine dorico da metope e triglifi. Sopra il fregio, infine, corre il geison (cornice) che, pur se meno
sporgente, è strutturalmente simile a quello dorico.

L’ORDINE CORINZIO
Mentre gli ordini dorico e ionico possono essere considerati sostanzialmente contemporanei quanto a
sviluppo e diffusione, l’ordine corinzio risale ad almeno un secolo dopo e raggiunge la sua massima
diffusione solo in età ellenistica.
L’aggettivo corinzio (dalla città di Corinto) indica la località nella quale questo nuovo ordine nasce e inizia a
svilupparsi.
La base della colonna corinzia riprende quella ionico-attica, ma a volte può essere ulteriormente rialzata
mediante un plinto.
Il fusto è percorso verticalmente da una serie di 24 scanalature a spigolo smussato, uguali, per numero e
forma, a quelle della colonia ionica.
Ciò che più di ogni altro elemento caratterizza l’ordine corinzio rispetto ai due precedenti è il capitello,
composto da un nucleo a forma di tronco di cono, chiamato càlato. Attorno ad esso si dispongono le foglie
di acànto organizzate su due livelli in relazione all’altezza: quelle più basse formano la prima corona e
quelle più alte formano la seconda corona.
Tra le fogli della seconda corona sopravanzano degli steli terminati con un calice da cui si dipartono otto
paia di volute. Le quattro paia più grandi sono in corrispondenza dei quattro spigoli, mentre le quattro paia
più piccole spuntano in corrispondenza della metà del lato dell’abaco e sono dette èlici. Dalle foglie si erge
uno stelo dritto che sulla sommità si apre in un fiore dal grande pistillo che rivolge la corolla verso l’esterno
e che prende il nome di fiore d’abaco.
La trabeazione, la cornice e i timpani, infine, sono del tutto simili – per forma e proporzioni – a quelli ionici.
Nel complesso l’ordine risulta essere il più raffinato e snello fra gli ordini architettonici greci. La colonna
infatti misura almeno 10 volte il diametro all’imoscapo, il che rappresentava una proporzione quasi al
confine con la gracilità.

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