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GOTICO
Modo di fare e progettare l arte e l architettura = retaggio che ci porteremo avanti per tutto il 500. Per
sua natura diventa universale, non si cerca pi nel passato. un acquisizione, qualcosa che i
costruttori sanno fare; e questo modo di fare rimarrà nelle generazioni successive: quando si troveranno
di fronte ad un problema si ritornerà ad un linguaggio gotico (come per la cupola di San Pietro). Non
esisteva la scienza delle costruzioni, dei manuali di progettazione, si sapevano nozioni casuali.
Viaggiano di pari passo con l architettura. Ma dove prende forma? Questo nuovo linguaggio nasce e si
forma in Francia, nell Ile de France: maggiore solidità economica, sistemi di commerci ampi e con
dimensione continentale e non locale. Il romanico di suo una ripresa di modi costruttivi che
prediligono l utilizzo di materiali che consentono di costruire strutture pi complesse.
In questo processo di lento e graduale sviluppo = non tutta la parete ha un valore portante. Nell Ile de
France si connettono 2 questioni:
da un punto di vista liturgico la luce punto di contatto tra l uomo e la divinità; si comincia a pensare
a come poterla far entrare nelle chiese. Ci si accorge che nelle costruzioni voltate = il peso si va
convogliando verso alcune direttrici opportunamente bloccate dalla presenza di contrafforti (che
possono essere anche esterni) in questo caso la parete non ha pi valore portante. (siamo in un
luogo in cui non si verificano terremoti e qui il ragionamento pu funzionare. Già in Italia non cos !) =
non esiste una scienza delle costruzioni assoluta, si va costruendo in base all esperienza.
Il gotico francese nasce nella cosiddetta zona dell le-de-France in funzione di un preciso significato
liturgico. Infatti, era precisa intenzione dell abate Sugerio di Saint-Denis ristrutturare il coro dell abbazia
in maniera tale da consentire un diretto collegamento fra il fedele e Dio per tramite della luce, sua
diretta manifestazione. Dunque, era volontà di queste nuove architetture svuotare le pareti del loro
valore strutturale, in maniera tale da poter aprire grandi finestre all interno delle chiese. Tale analisi, in
assenza di una scienza delle costruzioni, impose tutta una serie di sperimentazioni e differenti esiti.
Il gotico lo possiamo distinguere, dopo che l abate Suger comincia ad usare grandi finestrature, varie fasi
convenzionali in relazione allo sviluppo delle cattedrali costruite. Lentamente si iniziano ad acquisire
elementi e maggiore libertà operativa. Fasi convenzionali del gotico:
Caratteri generali del gotico francese cosiddetto internazionale e rilevabili nette fondazioni non
mendicanti:
La volta raccoglie il peso lungo i costoloni laterali, rafforzati appositamente. Il peso arriva in posizioni
puntuali dove si scarica in basso e verso l esterno.
Contrafforti = contrastano la componente orizzontale. Si sapeva, sempre per esperienza, che se il peso
che va in gi riesce a cadere al centro del contrafforte la struttura resiste.
Queste cattedrali si trovavano all interno di un fitto tessuto abitativo, quindi non pensate per essere viste
a distanza.
All interno = il matroneo ci lascia perplessi, un elemento non propriamente gotico. Perché siamo in
una fase di sperimentazione ancora, piano piano si vanno sperimentando e adottando nuove soluzioni.
Si tratta di processi complessi che richiedono tempo.
La volta = esapartita (divisa in 6 parti) con grandi costoloni che scaricano il peso su una parete che
all esterno rafforzata ma usa ancora il matroneo, grande contrafforte sopra le navate laterali. Il sistema
antincendio esisteva già nel mondo gotico grazie alla volta in muratura che consentiva di proteggere la
chiesa una volta che il tetto fosse andato a fuoco.
La fabbrica stata cominciata attorno al 1163. Come si evince dall immagine precedente, all epoca della
sua costruzione, di fronte Notre-Dame de Paris non si trovava alcuna piazza, bens l abitato lambiva le
pareti della chiesa. La facciata presenta due torri gigantesche, che fiancheggiano l ingresso, e si articola
in 5 navate disegnando una chiesa a croce latina con transetto poco sporgente. Le campate sono
esapartite (novità) l organizzazione parietale si svolge su tre livelli: navate laterali/matroneo/finestre. Lo
spazio comincia ad essere unitario e scompaiono quelle ripartizioni invece proprie del modus operandi
del romanico.
All interno = chiesa a croce latina, presenta una caratteristica che si porta dietro dal mondo romanico,
ovvero il deambulatorio con cappelle radiali (passaggio per i fedeli per non disturbare la celebrazione
durante la cerimonia, nelle cappelle c erano le reliquie).
Il tema del deambulatorio = legato alle chiese di pellegrinaggio, soprattutto lungo il cammino di
Santiago per venerare le reliquie. Ma a Chartres non cos solo un elemento di
autorappresentazione e autocelebrazione, segno di potenza all interno del contesto territoriale di
appartenenza. Quindi elemento vecchio, funzione nuova.
Rispetto a Notre Dame di Parigi c una maggiore altezza, ci si spinge di pi . Non c pi bisogno del
matroneo, c pi consapevolezza del fatto che non necessario e se ne fa a meno e piuttosto si usa un
triforio, percorso pi stretto, al di sopra del quale troviamo finestrature che consentono l accesso alla
luce = quindi parete che non ha funzione strutturale.
La cattedrale di Chartres si caratterizza per alcune novità fondamentali. Si tratta di una chiesa dotata di
cripta che al livello superiore ospita un impianto a croce latina arricchito da un doppio deambulatorio
con cappelle radiali. Scompare il matroneo in favore di un Triforio, ossia di un corridoio di servizio. Le
volte sono a base rettangolare e sviluppate in crociere connotate da costoloni sporgenti. All esterno,
invece, emerge una serrata serie di contrafforti che, se all interno permettono lo sviluppo di finestre
immense (che occupano quasi tutto lo spazio della parete), al di fuori di articolano in pi archi rampanti
sovrapposti. Ancora, anche qui la facciata presenta due torri laterali e un transetto poco sporgente
Ne consegue che lo slancio verso l alto diventa ancora pi pronunciato, con finestrature pi ampie, pi
luce e costruzioni pi complesse. Si comprende che l arco rampante solo un mezzo per scaricare il
peso, quindi l elemento forte il contrafforte. Vengono aggiunte statue per garantire maggiore stabilità
all elemento. Anche le piccole volte scaricano il loro peso in basso e sui contrafforti.
Pian piano la struttura diventa una struttura scheletrica. Sono reminiscenze di un modo di costruire che
rimarrano durante tutta l epoca moderna.
Punto di arrivo:
Lento processo di apprendimento che si sviluppa grazie ad una sperimentazione. Siamo circa nel 1220
struttura che ora svetta in altezza. In pi qui vediamo qualcosa di particolare: pilastro polilobato,
quindi non una colonna = modo di costruire autonomo, cresciuto all interno di un suo modo di costruire
che diverso da tutti gli altri.
Il pinnacolo = un grande peso che posto al centro irrigidisce tutta la struttura, come il concio in
chiave.
Le 3 cattedrali a confronto:
Ci rendiamo conto di come cresciuto questo modo di costruire. Sono grandi strutture che svettano
verso l alto, caratterizzate da sistemi di contraffortatura e con deambulatorio e cappelle radiali.
Per quanto riguarda la contraffortatura, si passa da sistemi pi rigidi e chiusi a strutture pi aperte. Il
peso si pu spostare pi in là, allontanarlo e cos anche la chiesa si pu dilatare. Cresce anche in altezza
la struttura.
Le grandi cattedrali = frutto di società che realizzano grandi edifici di rappresentanza, punto di incontro
focale all interno delle società. Questo tipo di architettura si va dilatando anche all interno degli ordini
religiosi e dell architettura pubblica. Nel mondo monastico.
ARCHITETTURA CISTERCENSE
L ordine cistercense prende le mosse da un altro ordine monastico, ossia quello cluniacense di Saint-
Denis. Nel merito, questo distacco dettato dalla volontà di ritornare alle origini del monachesimo, ossia
alla povertà e alla semplicità. Ci si riflette nell architettura che diviene quindi spoglia ed essenziale nelle
decorazioni.
Il fondatore dei cistercensi fu Bernardo di Chiaravalle (1090-1153) e a Fontenay mise a punto un modello
di insediamento composto da pochissimi ambienti: una chiesa, un chiostro, una sala capitolare e gli
ambienti di vita quotidiana dei monaci.
Chiese povere, ma comunque gotiche. un gotico differente, che non cerca l autorappresentazione ma
che mira all aspetto della spiritualità.
La contraffortatura esterna viene applicata per scaricare il peso nonostante manchino diversi elementi
come l altezza, gli archi rampanti o le sculture. La struttura lineare e chiara corrisponde ad altri tipi di
esigenze. Non risponde alla grande committenze dei reali, ha una maggiore difficoltà economica
struttura pi modulare.
Cosa si intende? Una struttura che pu essere allargata pian piano. Si parte dal centro, ovvero dal
capocroce e si procede nell aggiunta di elementi diventa un modello facilmente esportabile per tutte
le alter costruzioni dell ambito cistercense perché aveva ben in mente l obiettivo ma si poteva realizzare
lentamente senza alcun problema.
Fontenay
All interno, l impianto si articola in una navata unica fiancheggiata da una seria di ambienti connessi fra
di loro e destinati ai frati, perché potessero celebrare messa autonomamente. Infatti, questi ambienti
laterali sono coperti secondo volte a botte trasversali. La volta lungo la navata centrale presenta, al
contrario, una volta a botte innervata a sesto acuto. Non si tratta quindi di un edificio liturgico destinato
alla fruizione pubblica.
La zona del coro appare invece quadrata ed estremamente semplificata nelle forme. Inoltre, mancano le
torri campanarie.
Vige invece un perfetto ordine geometrico costruito sulla base del modulo quadrato che diventa
l elemento caratterizzante il disegno di progetto. Si procede quindi secondo il principio dell existens
minimum, ossia del tentativo di ridurre l architettura alla sua grammatica costitutiva nell atto di
rispondere a esigenze di vita ridotte all essenziale: una guerra allo sfarzo che tornerà pi volte nella
storia dell architettura.
Abbazia di Fossanova
Ricalca i modelli francesi. Si dota di una serie di servizi accessori, che vanno realizzando un cortile,
rientrano nella tradizioni di abbazie medievali. Mentre le chiese delle abbazie non erano aperte al
pubblico, questa chiesa apre verso l esterno chiese destinate a svolgere un ruolo di parrocchia.
Comunque tutto pi semplificato, lineare, risponde ad un ideale di povertà che si interseca con la
situazione politica e culturale del momento (ordini mendicanti che rinunciano alla ricchezza per tornare
agli ideali apostolici).
Come noto, l Italia del basso medioevo si caratterizzava per un Sud parte di un unico regno, mentre al
nord si divideva in una serie di piccole realtà comunali e principati, di norma in lotta fra loro. Al centro,
al contrario, si dispiegava stabilmente lo Stato Pontificio, della presenza del papa che si ricordi
manc da Roma fra il 1309 e il 1377 (cattività avignonese).
La penisola si presenta perci come una realtà frammentaria e in competizione, il che diede grande
impulso all arte: instrumentum regni e di autopromozione.
Frazionamento ampio nel Nord ci sono una serie di piccole realtà comunali, a sud un regno
compatto. Questa situazione di frammentarietà del nord consente alle realtà europee di avere un
contatto diretto e di filtrare il linguaggio gotico che si va inserendo piano piano in Italia che risentirà di
pi , a differenza della Francia, del suo retaggio storico.
Da un punto di vista artistico, si tenga poi conto che in Italia sopravvivevano varie vestigia del mondo
antico, la cui presenza induceva forme di rispetto e riutilizzo. A concetti classici si accostavano cos
forme moderne che ne mutuavano i caratteri. Il riappropriamento delle forme classiche dei relativi
concetti sarà il presupposto necessario per lo sviluppo del Rinascimento.
C una situazione diversa anche da un punto di vista politico: nessun regno con sovrano ma realtà
politiche autonome. Quindi la cattedrale = potere religioso che si scontra contro il potere politico locale
(non regale!).
ASSISI: separazione tra potere politico e religioso. Gli ordini mendicanti vivono di elemosina e si vanno
situando vicino al costruito, in terreni che possono essere occupati. Si dislocano a diverse distanze tra
loro, in zone periferiche esterne.
Il segreto risiede nel fatto che l ordine francescano funge da mediatore tra la classe borghese e l alto
clero. La chiesa si rende conto che piuttosto che combatterli meglio assoggettarli, assecondarli.
Da un punto di vista costruttivo ci sono elementi che ci raccontano di come questa chiesa si allinei con
la moda d oltrealpe:
- archi rampanti
- rosone.
Ma questa struttura pi tozza, non svetta verso l alto, perché? L Italia un territorio fragile, soggetto a
terremoti, necessariamente le strutture devono essere pi solide. Il linguaggio sempre gotico anche se
ci sembra pi arretrato. Si tratta di una maggiore accortezza ed attenzione. molto pi rigido e in pi
notiamo anche che non abbiamo coro con deambulatorio e cappelle radiali ma chiesa inferiore e
superiore che si avvale di quella sottostante come sostruzione sulla quale appoggiarsi.
All interno = molto gotico. Grandi volte a crociera, utilizzo di costoloni e grandi finestrature (anche se
non sono cos emblematiche)
Cattedrale di Siena
Ci troviamo nell ambito di una comunità autonoma in cui il potere religioso si confronta con quello
politico, non solo da un punto di vista spaziale ma anche come posizionamento: 2 diversi colli che si
confrontano, entrambi caratterizzati da una piazza come spazio pubblico.
Si voleva costruire una chiesa con la vecchia chiesa presa come transetto della navata centrale
necessità di autorappresentazione in un confronto serrato che aveva con Firenze.
All interno = ci sono elementi che la accostano al gotico, come i pilastri trilobati, le grandi volte a
crociera, un capocroce. Quindi un edificio che risente molto della tradizione precedente, delle
conquiste del gotico internazionale.
Duomo di Orvieto
Il duomo di Orvieto si presenta come una chiesa a tre navate con addossate due cappelle che fungono
da coro (come sarà in S. Maria Maggiore a Roma). La terminazione absidale rettangolare come era
tipico per gli ordini mendicanti, seppure la grande dimensione e la ricchezza della facciata tradiscano
questo sentimento convergendo in una celebrazione della comunità, promotrice dell opera. Queste
grandi fabbriche, infatti, svolgevano anche ruoli diversi: erano luoghi in cui rifugiarsi in caso di pericolo,
grandi sale per le adunanze cittadine, emblema della forza della città e della sua influenza sul contado
circostante.
Nel Meridione in questo momento in una situazione particolare. Federico II di Svevia (1194-1250) fu
imperatore del Sacro Romano Impero ma, soprattutto, un attento sostenitore delle arti e re di Sicilia.
Disceso in Italia, promosse nel meridione un rilancio fondato sulla cultura che, nel suo appoggiarsi al
mondo antico, non escluse apporti arai (partecip a una crociata nel 1217) nella realizzazione di
fortificazioni militari. Sicché, il suo atteggiamento si potrebbe riassumere in un tentativo di
modernizzazione fondato sull uso delle tecniche pi all avanguardia pur sempre, per , nel tentativo di
autoaffermazione della sua persona sull esempio degli antichi.
In particolare, diede avvio alla costruzione di numerose fortezze, volte al controllo del territorio e al
presidio della costa.
Federico II di Svevia nel celebrare la sua persona si rifà al mondo antico. anche molto vicino alla
cultura dei Cistercensi, ed ha necessità di controllare il territorio da parte di un regno che ha bisogno di
fortezze:
Castel del Monte pare fosse non solo una fortificazione ma una sorta di luogo adibito alla ricerca
scientifica sull esempio delle università). L edificio recupera nel portale le fattezze antiche che vengono
asservite a scopi celebrativi: nello specifico, dettagli nuovi e antichi convivono insieme.
Risponde alle esigenze di austerità e linearità, di presidiare e controllare il territorio, baluardo e punto di
riferimento (cosa che precedentemente era affidata agli ordini religiosi).
L antico lo incontriamo per la prima volta nell ordine architettonico, qui fa di nuovo la sua comparsa. C
una volontà di riavvicinarsi verso un classicismo che non altro che un ritorno all antico = l trovava una
legittimazione per riaffermarsi politicamente come potere universale, in contrapposto al potere della
Chiesa.
La pianta certifica una ricerca di equilibrio nella geometria dell ottagono. Otto sono le torri, ottagonale
la pianta e il perimetro delle torrette. Al di là della simbologia connessa, dalla rinascita (culturale?)
all infinito, evidente un riferimento all architettura cistercense nella chiarezza esplicativa della forma e
nella geometria elementare adottata. Si tratta di una particolare forma di commistione architettonica che
non troverà in seguito soluzioni di continuità perché strettamente legata all iniziativa del sovrano.
Quindi, mentre assistiamo al Nord Europa a uno sviluppo del linguaggio gotico che rimarrà in auge fino
al 500, in Italia nello stesso momento la tradizione classica e la peculiare tradizione geopolitica spingerà
verso una riscoperta dell antico con lo scopo di autolegittimarsi questo crea i presupposti per una
rinascita tipica appunto dell Umanesimo. Tutto questo nell ottica di autoaffermarsi e di prevaricare.
LE IONE 2 (25 MAR O)
Abbiamo visto come il linguaggio gotico sia un linguaggio autoctono dell Europa e sia il risultato
dell evolu ione culturale, sociale e politica di quella che la societ europea. Abbiamo visto per
che questo modello gotico che diventa un linguaggio interna ionale, viene assorbito in altre parti in
maniere distinte (architetture italiane). In Italia c una tradi ione pi forte che si fa sentire. La
le ione dedicata all umanesimo da un punto di vista architettonico.
Conciosia adunque (per tornare al proposito nostro) che Bramante sia stato il primo a mettere in
luce la buona e bella architettura, che dagli antichi fino a quel tempo era stata nascosta, m è
paruto con ragione doversi dar luogo, fra le antiche, alle opere sue.
Andrea Palladio che scrive I quattro libri dell architettura nel 1570 (quindi siamo gi molto oltre la
morte di Bramante che avviene nel 1514) quando si trova a scrivere questi libri in cui parla di
edifici antichi non pu fare a meno di inserire anche un architettura di Bramante, figura che diventa
centrale per capire quello che lo spirito del Rinascimento.
Distingueremo due modi di avvicinarsi all antico: e , dove con
emula ione non intendiamo il copiare ma intendiamo il pensare alla maniera degli antichi. Il
passaggio fondamentale che rende Bramante centrale nel Rinascimento il fatto che lui non copier
il mondo antico ma cercher di emularlo.
Che vuol dire pensare alla maniera degli antichi? Che se devo costruire qualcosa posso anche
inventarla, non devo per for a trovare un edificio che sia di riferimento, d ispira ione; quello che
importante non l imitare ma l emulare, imparare dagli antichi e poter progettare alla maniera degli
antichi.
Per arrivare a questo punto c bisogno di un passaggio intermedio: per poter progettare alla
maniera degli antichi bisogna conoscere gli antichi ed questo il lavoro che faranno Brunelleschi ed
Alberti.
Cosa intendiamo con i termini di MANESIMO e RINASCIMENTO?
L si pu considerare come un movimento culturale teso alla riscoperta del mondo
antico in tutte le sue valen e, inteso non solo quale oggetto di studio ma quale ispira ione per i
moderni. In ci consiste la differen a rispetto al medioevo. Conseguentemente, mentre
l Umanesimo il movimento ideologico e prettamente letterario in cui ini ia a farsi strada questo
nuovo modo di intendere la realt , il R il periodo storico con cui, proprio per via di
questa rivolu ione del pensiero, prende corpo una feconda e ricchissima produ ione artistica.
Questo passaggio deve, quindi, individuare uno stacco, uno stacco che rispetto al mondo
medioevale e perch si va cercando questo stacco? Per le motiva ioni viste durante la le ione
precedente, che ci hanno fornito le premesse: la necessit di un autorappresenta ione che passasse,
quindi, attraverso la riscoperta della cultura antica e quindi diventasse occasione di
autolegittima ione. Abbiamo concluso parlando di Federico II e del fatto che lui comincia a
riadottare l ordine architettonico, che non si usava da un po di tempo, per autolegittimarsi.
L antico diventa, anche qui, l occasione di autolegittima ione di nobili, aristocratici, che passano da
una condi ione di arricchimento determinato dagli scambi commerciali ad essere signori di alcune
comunit . Ci implica, conseguentemente, che il Rinascimento un fenomeno policentrico; attorno
a ciascun signore si va reali ando una corte rinascimentale diversa e quindi un sistema, dunque,
regionale. Ma, a ben vedere, partono tutti da una unica base, ossia le sperimenta ioni di F
B in architettura, di D nella scultura, di M nella pittura e le teori a ioni
di L B A .
Se conven ionalmente vogliamo trovare un momento in cui si passa dal mondo medievale al mondo
moderno, inteso quale mondo dell Umanesimo e del Rinascimento, possiamo considerare il celebre
concorso del 1401 per la reali a ione della porta nord del Battistero.
Si tratta di uno spa io contenitore ossia di un me o di oggettiva ione, in quanto crea un immagine
fondata su regole matematiche. E , , .
SPEDALE DEGLI INNOCENTI, FIREN E
Lo spedale degli Innocenti venne fondato nel
1419. La commessa giunse a Brunelleschi per
tramite dell Arte della Seta. Si tratta di una
struttura modulare chiara e geometrica dove la
colonna con il capitello torna ad avere una
fun ione strutturale, non si tratta pi di una
decora ione aggiunta ma, al contrario, torna a
quello che era il suo ruolo nel mondo antico
ovvero una fun ione strutturale all interno di un
sistema spingente. un sistema spingente
perch non c un sistema trilitico, cio due
elementi verticali con sopra l architrave, ma
abbiamo un sistema di volte e il riferimento
alla cultura romana e non greca. Le volte sono a crociera sopra cui si innesta un piano superiore
caratteri ato da finestrature, bucature timpanate. C una riproposi ione di un linguaggio che
antico, che non pi quello delle cattedrali ma, al contrario, c un tentativo di imita ione.
Questo portico si apre su una pia a squadrata e, che quindi nell ottica della progettualit urbana
avrebbe dovuto riflettere il Foro. Si cerca quindi di riesumare il modo di progettare degli antichi;
sono timidi avvicinamenti, Brunelleschi non si sente ancora pienamente autonomo.
Negli stessi anni Brunelleschi si trova a progettare la Sagrestia vecchia di San Loren o.
L S. M F ,F , 1420.
L elemento gotico fondamentale di questa cupola il fatto che l arco a sesto acuto. Il sistema della
muratura a spina di pesce veloci a il cantiere perch permette di non dover aspettare il tempo di
consolidamento e permette di strutturare un sistema minore di centine. Un altro elemento che la
cupola in realt ha una doppia calotta che consente di ridurne il peso per ovviare all assen a di
contrafforti agendo congiuntamente alla lanterna, avente fun ione di irrigidimento. Frommel
sostiene che la lanterna sia l unica opera di Brunelleschi perfettamente aderente al mondo classico,
curiosamente appoggiata su l unica struttura che invece classicheggiante non . Questo perch
l obiettivo di Brunelleschi quello di rivolvere un problema, utili ando congiuntamente solu ioni
gotiche e rinascimentali; approccio che andr perdendosi nel Cinquecento, e torner invece nel
Barocco.
P M ,F ,M .
Brunelleschi, quindi ha spianato la strada verso un nuovo modo di approcciarsi al linguaggio antico
come forma espressiva, recuperando la le ione monumentale degli antichi per autolegittimare
l architettura. Finora abbiamo visto esempi di architettura sacra; gli edifici pubblici vengono messi
in disparte e grande importan a assumono gli edifici privati. In Italia, nelle comunit dove la
ricche a non dipende dal feudo ma dai commerci, i signori non hanno bisogno di risiedere al di
fuori di essa (in castelli isolati) ma al suo interno. Al di l del sistema delle torri, di natura difensiva,
erano i pala i a rispondere alle esigen e di magnificen a e di rappresentan a. Per i pala i non
c erano esempi a cui rifarsi; Michelo o, nel reali are Pala o Medici, pensa di utili are una
solu ione di prospetto caratteri ata da un bugnato, mimando quindi la formula ione di un castello;
ma una struttura regolare, che d l impressione di avere carattere difensivo ma che non lo perch
ha finestre a livello del passeggio. Per autolegittimarsi adotta le solu ioni del mondo antico.
Tuttavia, non del tutto: le finestre di primo e secondo livello sono delle bifore, quindi strutture
prettamente medioevali. Ritroviamo quindi un avvicinamento per gradi a solu ioni classicheggianti
congiunte a solu ioni medioevali.
L B A
P R ,F
T M ,R , 1447
Nel mondo antico non esistevano gli edifici liturgici e Vitruvio non parla mai di cupole all interno
del suo trattato; Alberti si ispira quindi all unica solu ione che poteva osservare, il Pantheon, che
prova per a ra ionali are come una cupola su un tamburo che si poggia sulla crociera della
chiesa, in una media ione. Quando poi si trova a reali are l arco trionfale della facciata, si trova
anche qui un problema di fondo: come si fa a convogliare l alte a principale della navata con
l alte a inferiore delle cappelle laterali? Di qui l idea di una struttura discendente che non esiste
nel mondo antico. L inven ione di nuove solu ioni sono piccoli passi avanti verso la crea ione di un
nuovo linguaggio architettonico.
S M N ,F , 1470
Esiste per un limite a questo modus aedificandi: infatti, la ricerca di forme di equilibrio impone
necessariamente un adeguamento che a volte impedisce la perfetta corrisponden a delle parti. In
questo caso, Alberti cerca quindi di mascherare il mancato allineamento fra la scansione del livello
inferiore e di quello superiore attraverso una fascia atettonica riproducente un motivo geometrico:
un artificio teso a ingannare l occhio.
Noi pensiamo sempre che si passi da un momento all altro al Rinascimento e che questo passaggio
sia un esplosione immediata di rifiuto verso il mondo mediovale/gotico e che si cerchi
necessariamente la simmetria e la corrisponden a delle parti, ma questa solamente una nostra
lettura di quell epoca, che invece era molto pi disponibile ad aperture e contamina ioni.
Gli scritti di Alberti illuminano il suo pensiero nel momento in cui si trovava di fronte al problema
di continuare una facciata gotica. Come si capisce, suo scopo era conseguire l armonia e la
concordia di tutte le parti di un edificio ( concinnitas universarum partium ): principio che implica
inoltre una correla ione tra elementi qualitativamente disparati e di conseguen a un accurata
concilia ione tra forme antiche e nuove. In tal modo, l esigen a di perseguire la conce ione classica
della concinnitas poteva condurre a risultati non classici.
Questa non solo una afferma ione teorica. Scriveva Alberti a Matteo de Pasti: Vuolsi aiutare
quel ch fatto, e non guastare quello che s abbia a fare . Il significato della prima parte della frase
che non si doveva perdere di vista l armonico accordo tra le parti antiche e nuove, e la misura
scarsissima in cui l interno gotico della chiesa venne modificato sembra illustrare perfettamente
queste parole.
Cominciamo a vedere come il discorso che cominciato con Brunelleschi di riesuma ione del
mondo antico si stia tramutando adesso invece in un discorso architettonico che non pi
strutturale in Alberti. Finora si sono viste ristruttura ioni di chiese, una forma di decora ione e
non di costru ione vera e propria. Due sole, invece, sono le architetture e novo che progett
Alberti, dando qui prova delle sue ardite conce ioni umanistiche.
A Mantova, un altro importante centro culturale in questo periodo storico, l interesse per l antico
era coltivato su pi fronti, e, soprattutto, nelle arti figurative. Basti rammentare il celebre esempio
della Camera degli Sposi di Andrea Mantegna (1465-1474).
Alberti, che si trova a progettare a Mantova ben due edifici, riesce qui a mettere a punto quella che
secondo lui la formula ione adeguata di un nuovo edificio liturgico. Partiamo da alcuni
presupposti: come riconosceva molto correttamente Wittko er, Alberti considerava la colonna
l ornamento principale dell architettura, ovvero considerava l utili o degli ordini architettonici una
sorta di solu ione non strettamente costruttiva e quindi disponibile ad essere sacrificata in fun ione
di una struttura ione che rispondesse a criteri pi complessi e che rispondesse a necessit di
rappresenta ione . Il discorso di Wittko er piuttosto articolato e mira sostan ialmente a
eviden iare come la perfe ione della forma e della forma centrale, non facesse altro che
rappresentare la perfe ione dunque della divinit . Questo implica un forte cambio di registro
rispetto a quelli che sono gli edifici medioevali, reali ati a croce latina, con le navate, il coro, le
cappelle radiali: tutte queste caratteristiche in San Sebastiano cedono il passo ad un impianto
planimetrico centrali ante.
S S ,M , 1460
S A ,M , 1470
La chiesa di Sant Andrea molto pi grande e molto pi importante di quella di San Sebastiano, ed
sempre opera di Alberti. Qui Alberti prova a fare un altro passetto in avanti, prova a cercare di
andare oltre la perfe ione della conce ione per calarla nella realt dei fatti. La facciata di
Sant Andrea non altro che uno sviluppo della facciata di Rimini, sviluppata in un altra solu ione:
sempre un arco trionfale, per , in questo caso, delle gigantesche paraste mimano una sorta di grande
tempio classico. E questa solu ione un grande arco centrale affiancato da elementi verticali che
definiscono due campate di minori dimensioni rispetto alla campata centrale Alberti decide di
applicarla anche all interno lo sviluppo della navata caratteri ato da un alternarsi di campata
minore-maggiore, definito schema ritmico. Lo schema viene utili ato solo nello spa io della
navata, mentre la solu ione generale dell edificio si sviluppa secondo la tradi ione ormai
consolidata della chiesa a croce latina.
Dall immagine della se ione notiamo come Alberti cerchi di mediare nelle finestre una bucatura
semicircolare una solu ione antica al cui centro per pone un rosone - una solu ione
medioevale. Inserisce poi una volta cassettonata che ricorda il Pantheon. Stiamo arrivando quindi ad
un modo di progettare l architettura che comincia ad essere pi disinibito. Il comportamento di
Alberti anticipa l operato di Bramante.
Ci sposteremo a parlare di Roma, dove, intorno alla figura dei pontefici, si andranno costruendo
nuovi schemi progettuali incentivati dalla necessit dei pontefici di affermare la propria suprema ia
e di tramutare Roma nella nuova Gerusalemme. L ini io del 500 coincider con il periodo di
massima afferma ione della Chiesa ma anche di massimo disastro, perch a partire dalla riforma
protestante non potremo pi parlare di Res pubblica cristiana, quindi se prima tutti ci si riconosceva
come cristiani e appartenenti a una stessa realt europea da questo momento in poi parleremo solo
di cattolici o di protestanti.
LEZIONE 3 – 29 MARZO 2022
CENNI DI RINASCIMENTO
DONATO BRAMANTE
Vasari, Giorgio. 1568. Le vite de' pi eccellenti pittori, scultori e architettori, Firenze: Giunti.
Vasari gli riconosce un ruolo di spartiacque la riscoperta del mondo antico, come abbiamo visto,
passa attraverso una sua riproduzione.
Donato di Angelo di Pascuccio, detto il Bramante (1444-1514) stato un architetto e pittore italiano, tra
i maggiori artisti del Rinascimento. Formatosi a Urbino, uno dei centri della cultura italiana del XV
secolo, fu attivo dapprima a Milano, condizionando lo sviluppo del rinascimento lombardo, quindi a
Roma, dove progett la basilica di San Pietro. In qualità di architetto, fu la personalità di maggior rilievo
nel passaggio tra il XV e il XVI secolo e nel maturare del classicismo cinquecentesco, tanto che la sua
opera confrontata dai contemporanei all'architettura delle vestigia romane e lui considerato inventore
della buona e vera Architettura .
Quella di Bramante una emulatio: non copia gli antichi ma progetta come loro. per questo che il suo
ruolo fondamentale perché non solo copia ma inventa. Dà un indicazione metodologica ai suoi lavori.
Arriva all architettura partendo dal disegno e passando per la pittura. Anche lui, come altri, segue un
processo di apprendimento nella bottega dei pittori conoscenze calate all interno della progettazione.
Ad esempio, se consideriamo il Cristo alla colonna = nella rappresentazione vediamo come la colonna
sia in realtà un pilastro decorato all antica con una natura sullo sfondo che si va man mano dissolvendo
con la distanza. Anche il corpo, scultoreo, ci dice di una conoscenza regolata da precise proporzioni,
un corpo perfetto pi che reale.
In Santa Maria presso San Satiro, Bramante si misura con diversi e precisi problemi progettuali. In
principio, si era nell intenzione di inquadrare prospetticamente il sacello medievale attraverso una unica
navata. Successivamente, per , prese corpo l idea di dare seguito a un ampliamento che avrebbe fatto di
questa prima fabbrica il transetto della nuova chiesa a pianta longitudinale con croce latina, come era
consuetudine.
Piccola chiesa al centro che aveva un origine medievale: sacello che si vuole tramutare in parte di una
vera e propria chiesa. A questo edificio si vuole aggiungere anche un corpo di navata. La soluzione di
Bramante sembra rientrare nei canoni della tradizione una chiesa risolta in una croce latina con 3
navate; non si pu realizzare il coro perché dietro passava una strada. Bramante quindi non pu
invadere lo spazio pubblico adotta i mezzi del pittore e li tramuta per una soluzione di un problema
architettonico = strumenti intercambiabili. Il coro diventa cos fittizio: la profondità illusoria, strutturata
attraverso il mezzo della prospettiva per darci l idea di uno spazio molto pi profondo. C solo un
punto di vista: per Bramante c un punto da cui va visto l interno per poterlo percepire.
Emerse per presto un problema ben peggiore della nuova dimensione della chiesa. Infatti, non era
possibile sul retro aprire un coro, poiché vi passava una strada pubblica di collegamento che non si
poteva chiudere. Conseguentemente, Bramante utilizza una finta prospettiva. Sostanzialmente, fa
irrompere la finzione della prospettiva all interno del contesto architettonico. I mezzi del pittore e
dell architetto vengono quindi adoperati in maniera intercambiabile. Inoltre, piega le paraste angolari in
modo asimmetrico, aggiornando una soluzione che già Filippo Brunelleschi aveva adottato nella cappella
Pazzi di Firenze alla luce delle sue stesse moderne esperienze.
Nel 1492, Bramante riceva la commissione di trasformare il coro della chiesa medievale domenicana di
Santa Maria delle Grazie in una sorta di pantheon per Ludovico Sforza (1452-1508) e sua moglie Beatrice
d Este (1475- 1497). Le dimensioni grandissime di questo coro offrono un effetto di dilatazione dello
spazio interno attraverso uno straordinario fuori-scala. Si tratta quindi di un ambiente centralizzato e
luminoso che intendeva porsi dialetticamente in contrapposizione allo spazio scuro della chiesa. Si
notino i pennacchi e la decorazione degli arconi: il riferimento alla Sagrestia Vecchia di Brunelleschi
palese.
Esterno: Applicazione di elementi tradizionali come il tiburio, soluzione costruttiva adottata nell Italia
settentrionale, medievale. La tribuna gigantesca rispetto alla chiesa.
Interno: edificio destinato ad essere il pantheon della famiglia di Ludovico Sforza (ecco il perché della
sua monumentalità). In contrapposizione alla chiesa (particolarmente scura) questo spazio molto
illuminato, quindi c di nuovo un atteggiamento pittorico utilizzo della luce come segno di
distinzione.
Lo spazio centralizzato, con un sistema di paraste che sorregge gli arconi, e una volta a ombrello con
forature ricorda nuovamente la Sagrestia Vecchia.
Un altro aspetto che testimonia la vicinanza di Bramante al mondo antico l uso del diaframma di
colonne, una soluzione visibile nelle cappelle laterali del Pantheon. Anche Andrea Palladio lo userà con
un significato simile e cos pure Gian Lorenzo Bernini. Tuttavia, pare che sia stato Bramante il primo a
utilizzare questo artificio con un moderno significato di filtro fra uno spazio e l altro. L utilizzo dei pilastri
quadrati, qui come in Santa Maria presso San Satiro, prende spunto da Alberti, a testimonianza di una
comunanza di intenti che si concretizza in un soluzioni analoghe ma mai uguali. I 2 pilastri aperti (che
adotterà anche Palladio o Bernini) Bramante pu averli ripresi dal Pantheon.
Bramante in questi anni si sposta a Roma, nello stesso periodo di cambiamenti della storia geopolitica
dell Italia dell epoca:
A Roma capisce che la città = nuovo punto di riferimento. Ma perché Roma cos importante in questo
momento?
Con la cosiddetta Cattività Avignonese (1309- 1376), i papi avevano perso molta influenza in Italia e,
soprattutto, nello Stato Pontificio. Distante da Roma, molte comunità avevano cominciato a ribellarsi e le
famiglie nobili romane si erano sostanzialmente spartite l Urbe che, quindi, appariva all epoca come una
serie di nuclei autonomi, spesso divisi da veri e propri check-point militarizzati. Tornati a Roma i
pontefici, questa tendenza si era invertita. In particolare, papa Niccol V aveva avviato una politica
universalista, chiamando in città molti artisti e architetti, non ultimi Alberti e Rossellino. Occorreva per
fare di pi .
Quindi dopo la cattività avignonese, i papi capiscono che le arti sono un punto di riferimento e
occasione per dimostrare la potenza della chiesa attraverso l espressione artistica, in particolare PAPA
NICCOLO V. Era per questo che voleva ingrandire il coro di San Pietro attraverso la realizzazione di un
transetto.
Avvia una politica di inurbamento della zona di Trinità dei Monti, attraverso esenzioni fiscali (l area era
lontana dal Tevere e quindi pi raramente soggetta alle inondazioni). Crea i magistrati delle strade per
controllare Roma per settori, sottraendo la città alla ripartizione urbana sancita dalle divisioni politiche.
Combatte l analfabetismo, utilizzando l arte. L arte infatti usata per ammaestrare le masse alla
devozione verso il papa. Questa devozione per una devozione laica, di stampo cesarista.
PAPA SISTO IV suo successore, diventa un personaggio molto importante. per papa Sisto IV Della
Rovere (1471-1484) a rilanciare veramente il ruolo di Roma. Dalla situazione abitativa limitata alla zona
dell ansa del Tevere e a borgo S. Pietro, il papa prospetta un ritorno alle antiche dimensioni della Roma
imperiale ristabilendo gli acquedotti, dando avvio alla costruzione del Tridente (portato poi avanti da
Leone X, Clemente VIII e Paolo III) e procede a una riforma fiscale, imponendo una tassazione tesa a
garantire l autonomia del papato dalle corti locali ed estere. Inoltre, con la sistemazione di Castel
Sant Angelo, il pontefice afferma la sua supremazia sull aristocrazia romana. Solo lui pu avere una
fortezza nella città, simbolo del suo potere.
Il pontefice ha dei nipoti radicati nelle gerarchie ecclesiastiche, come PAPA GIULIO II. Nel 1503 viene
eletto Giuliano della Rovere (nipote di Sisto IV), con il nome di papa Giulio II. Il nome programmatico
delle sue intenzione. Forte degli apparati creati dallo zio e della fortezza, avvia una campagna di
riconquista dei territori ribelli dello Stato della Chiesa e attua una politica di sottomissione del patriziato
romano. Emblemi di questa politica sono l apertura di due strade: via della Lungara (che consentiva di
rifornire il Vaticano in autonomia rispetto alla città) e via Giulia, che rompe il sistema di nuclei medievali,
ha una particolare funzione significativa: una arriva fino al porto di Ripa Grande, l altra collegata al
ponte Sisto. Quindi una ha un valore economico consente L approvvigionamento di palazzi pontifici
senza passare per la città; l altra una strada rappresentativa che avrebbe dovuto assolvere ad un valore
istituzionale avendo sulla stessa sede il palazzo dei tribunali. Quindi aperta all interno della città già
esistente mostra inequivocabilmente come il pontefice sia un sovrano autoritario in grado di affermare la
propria supremazia sulle altre famiglie.
Queste due strade segnalano un nuovo atteggiamento nei confronti di Roma: diventano il palco dello
sviluppo dell autorappresentazione del potere. Si parla di una renovatio imperii ricreatore di un
impero strettamente cristiano in questo caso.
Interesse urbanistico come instrumentum regni: rompendo insieme al vecchio tessuto edilizio, ovvero la
medievale organizzazione urbana per nuclei controllati dalle singole famiglie baronali, papa Giulio II
stabilisce rapidi collegamenti fra le diverse parti della città, utili al suo controllo e al risanamento
dell abitato. In via Giulia, il pontefice vuole poi collocare il palazzo dei Tribunali (di cui affida il progetto
a Bramante e di cui restano alcuni frammenti) con l idea di creare un asse attrezzato per la direzione
politica dello Stato Ecclesiastico.
In sostanza, quindi, la sua attività politica pu ricondursi all espressione renovatio Romae, renovatio
imperii, da cui una serie di iniziative urbane e alcune importanti commissioni:
Il cosiddetto Tempietto di San Pietro in Montorio fu edificato attorno al principio del XVI secolo.
L incarico viene affidato dai reali di Spagna a Bramante per intercessione di Papa Giulio II. Non nasceva
con uno scopo materialmente pratico ma soltanto come luogo celebrativo teso a esaltare Pietro come
pontefice romano, ossia come colui che fissando la sede a Roma ha confermato il valore universale della
città. Il Tempietto infatti eretto nel luogo dove la tradizione vuole che S. Pietro sia stato crocifisso. Non
e il luogo di sepoltura, il quale e sotto la crociera di S. Pietro. Nessun monumento, prima del
Tempietto, aveva mai assomigliato cos tanto a un opera classica.
Celebrando Pietro, e implicitamente tutti i suoi successori, si affermava l autorità della Chiesa e la
potenza della Chiesa di Roma in espansione nel mondo, nonché il suo diritto di giurisdizione
ecclesiastica sugli uomini. I cristianissimi reali di Spagna sostengono quindi le intenzioni di
autocelebrazione dei pontefici di Roma (a legittimazione della Reconquista) e Bramante si fa interprete
di una architettura nuova volta a mostrare la grandiosità della Roma dei papi, in nulla inferiore alla
Roma Imperiale e capace ora con la forza e con la cultura di sconfiggere il mondo arabo.
Bramante parte dalla tradizione: lo scopo quello di celebrare San Pietro, sceglie l impianto circolare per
varie motivazioni: i templi antichi ci raccontano 2 elementi accostabili a San Pietro (Ercole eroe antico e
Giano dio delle chiavi, Vesta custode dello stato come San Pietro custode della Chiesa).
La forma circolare sembra trovare alcuni precisi richiami nell antichità. Circolare erano il tempio di
Tempio di Ercole Vincitore (ancora visibile nel foro Boario) e il tempio di Portuno (Giano), dio delle porte
e delle chiavi (il Gianicolo era in antichità consacrato a questa divinità). Dunque, sembrano potersi
leggere due riflessioni precise: la morte per martirio come sacrificio necessario per passare alla vita
eterna; la celebrazione di Pietro quale Ercole e dunque eroe del mondo, per il grave compito affidatogli
di annunziare a tutte le popolazioni del mondo la salvezza del Cristo. Peraltro, l uso dell ordine dorico
un ordine massivo potrebbe avvalorare questa interpretazione.
Il tempietto dorico con sopra un fregetto con metope di autorità pontificie vengono rappresentati i
simboli della chiesa celebrando San Pietro come padre della chiesa e i suoi successori pontefici (anche
Giulio II quindi erede di questa tradizione).
Si tratta di 3 ambienti:
L idea di un tamburo verticalizzato su cui si poggia una cupola semisferica una novità progettuale
rispetto al programmatico richiamo al mondo antico. Il Pantheon non presentava una soluzione simile,
né alcun altro edificio romano. Bramante si dimostra libero e disinvolto nella progettazione e questo
perché la sua architettura non fondata sull imitazione imitatio ma, al contrario, su un principio di
EMULAZIONE. Il concetto di aemulatio rimanda a un idea di superamento. Bramante non copia gli
antichi, progetta come avrebbero progettato gli antichi. Bramante realizza un edificio moderno che
tuttavia vuole apparire come progettato antico.
Nel momento in cui si progetta lo spazio, intorno a questo sarebbe dovuto essere presente un altro
peristilio di colonne pi grande si sarebbe proceduto non solo in piano ma nelle 3 dimensioni, in
maniera sferica.
Vasari diceva sempre di Bramante che aveva a che fare con diverse difficoltà: qui infatti se noi
consideriamo una crescita spaziale, in espansione, le paraste (proiezioni delle colonne sulle pareti) che
sono proiettate sul naos (cella interna) sarebbero dovute essere pi basse; ma non poteva essere pi
bassa della colonna (verrebbe meno la loro funzione). Cos verifica l infondatezza dell universalità delle
regole che lui stesso ha applicato. Non sa bene come strutturarlo questo spazio: all interno aggiunge
cos una travata ritmica raggruppando le paraste a due a due, in maniera tale di avere lo spazio per
aprire all interno delle nicchie.
E fu ventura nostra e sua il trovare un tal principe, il che agli ingegni grandi avviene rare volte, a le
spese del quale e potesse mostrare il valore dello ingegno suo e quelle arteficiose difficoltà che nella
architettura mostr Bramante . Vasari, Giorgio. 1568. Le vite de' pi eccellenti pittori, scultori e
architettori, Firenze: Giunti.
Durante la costruzione, Bramante si rende conto che la proiezione della colonne sulla massa muraria del
sacello, a voler essere rigorosi, avrebbe determinato un abbassamento delle paraste e una riduzione in
spessore delle stesse. Costruttivamente, per , ci impossibile e quindi l architetto constata la mancata
universalità delle regole. Bramante arriva cos a invadere con il portale le paraste e a ridurre al minimo lo
spazio, comprimendo quanto possibile ogni elemento per avere sufficiente spazio per le nicchie.
Introduce cos all interno una travata ritmica, ossia non viene mantenuta l equidistanza degli
intercolumni. Sono queste le artificiose difficultà di cui parla Vasari!
Il portone cos va sopra le paraste: chiaramente una sua invenzione, una libertà che pu prendersi
perché le regole che sta applicando le ha inventate lui stesse.
La balaustra novità. la balaustra di uno spazio in cui non si pu accedere ed un filtro tra lo spazio
sottostante della peristasi e il tamburo che, se consideriamo i templi antichi, ci rendiamo conto che
diverso in quanto ha un altro corpo sopra: si inventa una soluzione adeguata corpo con una serie di
nicchie con delle conchiglie (soluzione brunelleschiana che presenta delle fasciature, quindi
semplificazione che dà la presenza di un ordine architettonico ma ordine architettonico non ).
Troviamo un pavimento cosmatesco, tipico della tradizione romana del XII secolo (piccola contraddizione
rispetto a quello visto finora).
Bramante fissa con questo edificio una nuova spazialità, spazialità che potrebbe essere modello di
sviluppo anche per riproduzioni pi grandi da qui svilupperà la sua concezione per la basilica di San
Pietro.
L idea era quindi quella di segnalare l universalità del messaggio di salvezza di Cristo che si sarebbe
riverberato in egual modo in tutte le direzione (impianto circolare) attraverso un linguaggio certo di
continuità con il passato (lessico classico). La tomba di Pietro era dunque punto di irradiazione della
fede. Dalla sua morte aveva preso avvio il cammino della Chiesa che ora giungeva al suo massimo
splendore dopo gli anni di oscurantismo del Medioevo. Bramante fissa una spazialità nuova che
abbandona discorsi religiosi nella progettazione per privilegiare aspetti puramente compositivi: fissa
l altezza secondo considerazioni proporzionali, riduce al minimo la trabeazione terminale, tramuta nel
tamburo le paraste in schematici risalti della parete, senza capitello.
Con questa elaborazione Bramante sconfigge definitivamente quella concezione del Quattrocento che
ambiva a uno spazio prospettico inteso come risultato di un accostamento di proporzionate e distinte
superfici bidimensionali.
Giulio II rialz con terrazzamenti il livello del terreno verso la villa collegando le terrazze con un sistema
di gradinate e circondandole su entrambi i lati on corridoi a loggia su pi piani. L enorme spazio
avrebbe accolto la collezione di statue presente in Vaticano e sarebbe stato utilizzato come teatro: uno
spazio con un preciso punto di osservazione, ovvero le logge di Raffaello.
Sisto V Peretti (1585- 1590) lo ha diviso in due parti per realizzare la biblioteca vaticana.
Si tratta di una sequenza di spazi interconnessi tra loro a partire dalla crociera. Si tratta di uno spazio
coperto da volta a botte che crea un restringimento e si dilata in uno spazio coperto da una volta a vela
dove prendono spazio le due tombe poste ai lati. La finestra termale ma al suo interno prevede
l inserimento di una serliana. Lo spazio terminale caratterizzato da una volta a botte cassettonata con
una terminazione dell abside a conchiglia convergenza di elementi che vengono dal mondo antico ma
che vengono assemblati con una certa libertà: appreso il lessico si costruita una nuova frase.
Nell ultima volta a botte lacunari con una buca per creare una sorgente luminosa nascosta. Se
guardiamo la vela ci accorgiamo che la sua decorazione d impostazione medievale, non
classicheggiante.
All interno di questo spazio i due elementi funerari ricoprono un ruolo quasi insignificante, non quindi
concepito per celebrarli, piuttosto destinato a sperimentare qualcosa di diverso.
Chiesa elevata da Papa Sisto IV, continuata da Giulio II. Vuole ospitare al suo interno un coro dove porre
le tombe di componenti della sua famiglia. Il coro per diventa l occasione per Bramante per
sperimentare il prototipo della soluzione della Cappella Iulia (braccio della cappella di San Pietro). In
piccolo sperimenta la soluzione spaziale applicandola a questo coro.
Fa il 1505 e il 1510, papa Giulio II grande devote della Madonna del Popolo e desideroso di celebrare
lo zio papa promosse la costruzione di un coro, da utilizzare come pantheon per alcuni membri della
famiglia dei Della Rovere e amici del pontefice. Il progetto venne affidato a Bramante, che colse
l occasione per sperimentare alcune soluzioni che stava portando avanti nel progetto ben pi ardito
della nuova S. Pietro. Si tratta di una infilata di ambienti pensati in funzione dell osservatore.
Lateralmente prendono posto le tombe del cardinale Ascanio Sforza e del cardinal Girolamo Basso della
Rovere, i quali monumenti furono realizzati dallo scultore architetto Jacopo Sansovino (1486-1570) e si
riallacciano alla statuaria antica nell idea di raffigurare i defunti come su sarcofaghi antichi. L impianto,
invece, sembra richiamare gli archi trionfali, trattati in misura minore e cristianizzati nella scelta dei
soggetti.
All interno della stessa chiesa c la Cappella Chigi voluta dal banchiere di Giulio II AGOSTINO CHIGI,
esattore delle tasse con cospicue entrate economiche.
Talmente era unito col papa che quest ultimo gli consente di tenere le effigi con le sue = legarsi alla
famiglia papale attraverso la scelta pontefice era una cosa di altissima dignità. Agostino Chigi in rispetto
al suo legame decide di realizzare la sua Cappella nella Chiesa in cui si sta concentrando Giulio II e
l incarico viene affidato a RAFFAELLO dipinge le stanze, particolarmente apprezzato dal pontefice. In
particolare, il banchiere senese Agostino Chigi (1466-1520) lo incarica di progettare e dirigere
materialmente la costruzione della sua cappella di famiglia, voluta in Santa Maria del popolo in relazione
agli stretti rapporti intrattenuti con papa Giulio II.
Agostino Chigi era infatti il principale finanziatore delle operazioni militari ed edilizie intraprese dal
pontefice che, in cambio, lo aveva reso unico esattore delle tasse dello Stato Pontificio: un sodalizio
strategico e cos fruttuoso per entrambe le parti che il senese divenne grande amico del papa al punto
tale da ottenere da questo di poter unire le sue effigi (monti e stella) con quelle papali (quercia); un
onore unico. La cappella era quindi allo stesso tempo emblema della fortuna dei Chigi e della posizione
politica di prestigio ricoperta presso la corte pontificia.
Come Bramante, anche Raffaello Sanzio (1483- 1520) proveniva da Urbino. Istruitosi al seguito del
Perugino e dopo un soggiorno di qualche anno a Firenze, arriva a Roma dove entra nelle grazie di papa
Giulio. infatti chiamato a dipingere le celebri stanze vaticane, ovvero gli appartamenti privati del
pontefice. Del resto, questi si rifiutava di dormire nei locali un tempo abitati da Alessandro VI Borgia,
padre del duca Valentino e nemico giurato dell allora card. Della Rovere.
Il successo di questo lavoro lancia Raffaello nelle altre arti, non ultima l architettura.
Raffaello recupera la lezione lineare decorativa; se osserviamo l interno ha affinità con le strutture
bramantesche ma se osserviamo l interno ci rendiamo conto che il legame si fa molto stretto con
l ingresso del Pantheon precisa citazione che viene ripetuta anche nell utilizzo dei festoni.
La tomba piramidale invade lo spazio sovrastante: scelta legata ad una necessità espressiva che va oltre
la proporzione lineare ed equilibrata dello spazio interno. Per Raffaello tutte le arti collaborano insieme
per ognuna attraverso le proprie possibilità la scultura ha una precisa funzione ma deve stare
all interno di uno spazio stabilito dall architettura la quale a sua volta stabilisce una griglia entro cui
prendono corpo le decorazioni. Questa legge universale = principio centrale che rimarrà in auge
(nonostante si andrà oltre o comunque verrà tradita da Raffaello stesso).
La cupola = fatta col mosaico, applicato all interno di cassettoni volontà di riaderire al mondo antico
che si accosta male col resto dell organizzazione dello spazio interno; quindi evidente come anche in
questo caso parliamo di una sperimentazione dove si raggiungono forme di compromesso.
Si tratta di un ambiente autonomo rispetto alla chiesa che si caratterizza per un impianto centralizzato
secondo il tipo delle croce greca alla maniera di come Bramante stava allora realizzando la crociera di
San Pietro. Si vede per la distanza dal collega. Il linguaggio di Raffaello attento al recupero della
lezione formale decorativa degli edifici antichi, mentre Bramante rivolto a un recupero delle soluzioni
costruttive degli edifici antichi. Raffaello punta a una fusione delle arti: le arti collaborano tutte ma
ognuna rimane all interno del suo ambito disciplinare. Raffaello, in definitiva, riattiva il linguaggio
espressivo degli antichi.
Nella realizzazione della cappella Raffaello = pianta centrale caratterizzata da una ripartizione simile a
quella del Tempietto di San Pietro in Montorio = filo di continuità tra questi due edifici. In alzato,
Ripropone una triplice ripartizione. La cripta si aggancia all idea del mondo dei morti, mentre il livello del
terreno alla vita. La cupola, viceversa, richiama la beatitudine del regno dei cieli. La simbologia segue
questo schema. A livello del terreno gli ornamenti fanno riferimento all antico testamento; superiormente
al nuovo, fonte di vita eterna . La vita terrena Intesa come il mondo delle imperfezioni che si
contrappone a quello celestiale e perfetto del paradiso, rappresentato quindi dalla cupola semisferica
poggiata su tamburo e dalla presenza nella decorazione dei simboli dei pianeti. Per le tombe, Raffaello
fa riferimento a delle piramidi che addossa al muro e che occupano i lati della cappella, invadendo
insieme all altare lo spazio centrale.
In definitiva, l osservatore non pensato nella cappella Chigi per osservare lo spazio dall esterno, come
voleva Bramante con la sua progettazione, bens deve entrarvi ed esserne partecipe.
Papa Leone X (1475 -1521), nato Giovanni de' Medici, regn come pontefice dal 1513 al 1521 ed era il
secondogenito di Lorenzo Il Magnifico. La sua elezione segn quindi una svolta, ossia la possibilità di
una riconciliazione fra Roma e Firenze e, artisticamente, un sodalizio fra l umanesimo fiorentino e il
rinascimento aulico romano.
Il primo progetto venne affidato al fiorentino Jacopo Sansovino (1486-1570). L architetto immagin un
impianto a quattro convessità di cui non si conosce per alcun disegno ufficiale. Probabilmente, ispirato
dal San Pietro di Bramante, il suo ambizione progetto dovette essere abbandonato per via delle instabili
fondazioni. Del resto, ci si trovava nei pressi del Tevere, sicché il terreno risultata argilloso. Questa chiesa
della nazione fiorentina viene affidata inizialmente a JACOPO SANSOVINO, ma la posizione vicino al
Tevere crea enormi difficoltà (terreno instabile).
Il progetto rimase cos incompiuto, sinché nel 1523 non venne eletto un altro Medici al soglio pontificio,
ovvero Clemente VII (già Giuliano de Medici, 1523- 1534). La sua elezione pose le basi per un rinnovato
rapporto fra Roma e Firenze, nonché ilrilancio di tutte quelle iniziative lasciate senza conclusione dal
pontificato dello zio. Tuttavia, il quadro politico internazionale si stava rapidamente complicando e molte
delle idee del nuovo pontefice rimasero inattuate a seguito della discesa dei lanzichenecchi e del sacco
di Roma da questi perpetuato nel 1527.
Nel frattempo, per , il neo-papa affid ad Antonio da Sangallo il giovane (1484-1546) il disegno di un
nuovo progetto da realizzarsi per San Giovanni dei fiorentini. Sansovino viene cacciato da una
commissione con all interno ANTONIO DA SANGALLO, di origine toscana, quindi si sente
particolarmente legato alla comunità toscana. Il pontefice gli affida la costruzione e l architetto trova una
serie di soluzioni a cui prende parte anche BALDASSARRE PERUZZI.
Di questa invenzione, mai condotta a termine, rimangono alcuni disegni emblematici del pensiero
dell architetto. Anzitutto, si vede una pianta centrale, caratterizzata da una serie di 16 cappelle laterali
ricalcanti per il intero il perimetro della chiesa. Per dimensione, la chiesa avrebbe quindi dominato il
Tevere e l abitato circostante, sancendo la gloria del papa Medici e la sua adesione alla nuova cultura
umanista, evidente nel richiamo all esempio del poco distante Pantheon. E in effetti, le analogie con il
Pantheon sono diverse. Non solo l uso dei lacunari sancisce un preciso richiamo ma anche la
strutturazione interna dell impaginato simile, seppur non identica. Infatti l architetto procede secondo
un preciso pensiero, rinascimentale e fondato sulle intuizioni di Bramante: il Pantheon presenta degli
errori, ossia delle imperfezioni dovute all antichità dei tempi e alla non conoscenza del messaggio
evangelico che ora i moderni possono correggere, rendendo perfette le loro invenzioni.
Dunque il progetto di Sangallo non e invero ispirato al pantheon ma ne e una radicale contestazione.
L intenzione di Antonio da Sangallo il Giovane perci quella di superare gli antichi in un processo di
AEMULATIO proprio del pensiero rinascimentale.
Il progetto di Peruzzi stessa idea di fondo. Immagina di inserire una cappella che invece ovale la
forma perfetta era quella centrale, quella ovale spuria , non accettabile in questo momento (il primo
sarà Michelangelo in piazza del Campidoglio). Su carta ci prova a sperimentare l utilizzo dello spazio
ovale, proverà la stessa soluzione anche per le cappelle della chiesa di San Pietro legame
indissolubile.
Sangallo per mette a punto un ulteriore progetto che, parallelo a quello di Peruzzi, prova a immaginare
uno schema basilicale a tre navate con abside finale. Come si pu notare dall immagine, questa chiesa
sarebbe stata pi larga e che lunga: si tratta di una scelta precisa dettata da una parte dalla necessità di
allontanarsi dal terreno argilloso adiacente il Tevere, dall altra dalla volontà di progettare una chiesa sul
modello del tempio etrusco, tributando cos indirettamente onore alle origini toscane del pontefice
attraverso il culto dei progenitori.
Sangallo poi cambia radicalmente idea: progetto con una chiesa con proporzioni non proprio lineari. Sta
facendo una citazione pi colta una chiesa pi larga e corta si allinea con quella che la
strutturazione degli antichi templi etruschi (omaggio alla nazionalità del pontefice e stessa gente
toscana). Non solo si spinge nell adozione di un impianto non canonico e non antico, ma addirittura va
oltre: nella facciata prevede un sistema decorativo con sovrapposizione degli ordini con una fasciatura
centrale con l ordine pi basso rispetto agli altri = citazione puramente decorativa che accenna un altro
elemento che ci racconta della tradizione medievale che sopravvive, ovvero il pinnacolo.
L ultimo progetto poi prevede l aggiunta di un coro si tratta di una chiesa che si rifà al mondo gotico.
Siamo quindi lontani dalla concezione moderna .
L attuale chiesa corregge quello che il progetto precedente cercando di regolarizzarlo, verso una
maggiore aderenza ad una situazione costruttiva romana attuale.
LEZIONE
Se l im ian o è cen ale e noi en iamo di o i iona e il cen o geome ico del di egno in
co i onden a della omba di San Pie o o o l a co ionfale e an o o a e e e g ande
l im ian o cen ali a o e an o o a e e e g ande la c ola com n e non i ci à a
co i e o il e eno con ac a o
Q e o è il inci ale dei oblemi che aff on a B aman e con il Pa a A e o oblema iene
o a a na ol ione na o a di acco do in c i il a a ole incomincia e in an o i la o i e oi
e en almen e o a e addi i a la omba di Pie o
Ma e an o il Pa a o a e e e a o i a io o a e la omba di Pie o è im o onibile e la
c ia
Config a e indi na chie a a ian a cen ale emb a dall ini io n oblema a c i i aggi nge
e ò n al a ema ica già Ro ellino a e a comincia o nel all e oca di Niccolò V a eali a e
le fonda ioni di n n o o an e o e co o e San Pie o mol o i g ande
Q indi i one anche la e ione di a e e e fonda ioni e ché f a e delle fonda ioni già
e i en i ignifica a i a mia e dena o
Q e i ele e i i di i i c e de e i a e l il del ge B a a e c
i i iale P ge che a ebbe d a e e ac f a i e e fe a e e i e ica
i de d ad c i e i la e fe i e della f a a ebbe c i alla e fe i e di Di
Pe l i a ci e ale è i i a e a ib i e e i al i i b lici e a e e a i i
all a chi e a i che e e a e i ca a e i della adi i e
Q e a eggia e i a ife a i a i di ella Pie à di Michela gel la e gi e è
a e e a a gi a e e ecchia
C è a c l a che è i e e a a alla adi i e e l ed e d a d la adi i e
e à f e all i i del e ee i a d Ba i i à alla di i e di e i
della Ba ilica di Sa Pie che a c a e i e a E di lì a chi a i ca bie à il e i e a Sa
Gi a i a e ia i fa i ce e di Sa Pie i decide di e e a e
A i ia c ì al PIANO PERGAMENA
Sebastiano Serlio inserisce il tempietto di San Pietro in Montorio nel s o libro nonostante sia
n opera contemporanea e reali a anche na raffig ra ione di q ella che sarebbe do ta essere
la c pola di San Pietro Ci racconta ppt che i pilastri già reali ati sen a alc n peso sopra già
risentono e sono crepati in alc ni p nti Bramante era stato pi animoso che considerati o
Serlio ci racconta che la scelta di Bramante di reali are q esti grandi piloni sca ati non era stata
presa con tanta riflessione Da n p nto di ista espressi o q esta scelta era stata molto forte ma
da n p nto di ista costr tti o a e a generato immediatamente problemi tecnici E q esto ci
riporta al discorso fatto nella prima le ione sono t tte persone che sono nate in n mondo
medie ale che non possiedono na scien a delle costr ioni ma t ttalpi na statica delle
costr ioni Non sanno esattamente come f n ionano le leggi della statica s bito il polone si era
andato crepando infatti
Osser ando il disegno di Serlio osser iamo che la c pola sarebbe stata emisferica e poggiata s
na serie di setti inter allati da doppi binati di colonne mentre all esterno n giro di colonne ci
conferma che la raffig ra ione nella moneta è eritiera dell edificio che era in costr ione
c è corrisponden a
Q indi l idea di Bramante non è altro che reali are na c pola alla maniera di q ella del
Pantheon Non si tratta di n adoppia c pola come q ella di Br nelleschi Si tratta di na c pola
do e il materiale si sarebbe andato alleggerendo sia per spessore sia per tipologia come nel
pan heon e i a ebbe concl o con na g ande lan e na po a pe confe i e olidi à alla
a
B aman e a ebbe indi fa o na co ione alla manie a degli an ichi iamo indi in linea con
il o pen ie o e con ciò che abbiamo già o e a o in piccolo nel empie o di San Pie o in
Mon o io na ielabo a ione del ling aggio an ico in chia e con empo anea
pp
Q e o di egno i alen e p op io a e i anni ci dice pe ò na co a di e a B aman e ha
ing andi o i pila i che ono pieni i pondendo indi ad n fa o e a ico Se lio a e a agione a
di e che i pila i non anda ano bene
In econdo l ogo ediamo che lla de a la a i fa pi den a ci ono dei info i lo pa io
è a o alla manie a di come e a a a la c pola E iden emen e i ole a en a e di
i ili a e lo e o chema co i o in pi po i ioni pe da e maggio e olidi à a e o
impian o
Fo e i a agionando l non fa e pi n impian o cen ale ma a fo ma lo in impian o
longi dinale aggi ngendo na na a a
I ge d B a a e d ec b a af a B e e ch a a d c a gg a a
e acch che e ca è a a da d a c E a a e a a e a d e g ga e che
e b ac e de da c fa e de e che B a a e ha a d d e de e
c f de a e a e d A be e d ag a e d e g ga e che a a ea a
Ba a e e G II e
I Pa a Med c e a ea a a g a de fabb ca a c a ce a e e a e ché e a
eg a a fa c e a ch e a d Sa G a de F e
L ca c d Sa P e e e da a Raffae ce ca d de e a b e a che e a a
da B a a e c e ae a de a a a a a a e a c c e a de a ch e a
C a e a fa e Raffae P e de e eb a a e c c a e d f ac e
a ac Q d a e e ce
Pe ché c e a e a e Pe ché è c a da a d a a e e e a
ab e d d a a ghe a de a a a a ce a e
D c eg e a e ge d Raffae a ch e a a ebbe a a ece a a e e e a
che a ga c de e a che
U a ch e a ecce a e e e a che fece d e a Sa ga g a e ae à Raffae
che a a ea a a da Raffae a e ac e c
A be a e ag a e a c e ac a e che a ebbe e a
a ca e a ebbe a e ea e e e a ce
D c eg e a e ge g à e e e e e a d a e e d ff c à
Ma e ge a e a a che dei egi Vedia li
Vedia che l che a della faccia a è ell b a a e c che ie e il a c aggi e
c e e a Le i e g a e i e alla l i i e fia cheggia e la c la e
a ei c i de a dell i g e Fia cheggia d e g a de e a il che i a d
la l i e del a he al i e a ebbe c e a g a de l ggia delle be edi i i
La c la a ebbe a a a e a el d che e a a i agi a da B a a e il
i e a di ill i a i e a ebbe f i a c d i i e a di i g e di l ce e a e e
elle a a e la e ali i l ce ibile da che la a a a la e ale a ebbe a a i b ia
Se a dia i a ede e le i ci e d I a i e ché gli di i a i
c a ce a ca ali à E i e la icche a dec a i a Raffaell a agi a d c e e f e
i e Fa da e libe a i del e e i dec a i a ic
Al o oge o di Pe i
Progetto realizzato in modo autonomo, non chiesto dal Papa Ci mostra come la soluzione,
all indomani del sacco di Roma, si vada sempre più contraendo Questa soluzione è ancora più in
economia delle precedenti chiesa a croce latina con navate che fiancheggiano la centrale;
navate dove ancora si inseriscono le colonne della basilica costantiniana, e che consentono
l ingresso lateralmente a degli spazi che forse Peruzzi immaginava come cappelle gentilizie
Quindi per questi spazi prova ancora ad utilizzare una soluzione planimetrica ovale, che non
realizzerà
Le cappelle gentilizie ci dicono che la situazione economica era tale da dover subappaltare la
costruzione di alcuni spazi nella nuova basilica a delle famiglie aristocratiche che fossero nella
possibilità di pagare, quindi di finire la costruzione della chiesa stessa
G ardiamo le torri anche q i il riperc otersi di contin e aria ioni E poi lo s ettare erso l alto
Anche q esto non è propriamente moderno an i è gotico
Sangallo sotto na pelle moderna e rinascimentale ancora mantiene aspetti costr tti i che sono
della tradi ione gotica della q ale l i stesso è impregnato
La facciata ci lascia ancora perplessi non si tratta del tetrastilo immaginato da Raffaello E
nemmeno del porticato pensato da Per i
Si tratta di na specie di arco trionfale che di arco trionfale non ha molto Si tratta di no
spe ettamento di ari elementi connessi tra di loro nell ottica di rispondere alle esigen e pratiche
pi ttosto che tro are na sol ione formale corrispondente alle tematiche prop gnate a partire
dal rinascimento
LEZIONE
Se l im ian o è cen ale e noi en iamo di o i iona e il cen o geome ico del di egno in
co i onden a della omba di San Pie o o o l a co ionfale e an o o a e e e g ande
l im ian o cen ali a o e an o o a e e e g ande la c ola com n e non i ci à a
co i e o il e eno con ac a o
Q e o è il inci ale dei oblemi che aff on a B aman e con il Pa a A e o oblema iene
o a a na ol ione na o a di acco do in c i il a a ole incomincia e in an o i la o i e oi
e en almen e o a e addi i a la omba di Pie o
Ma e an o il Pa a o a e e e a o i a io o a e la omba di Pie o è im o onibile e la
c ia
Config a e indi na chie a a ian a cen ale emb a dall ini io n oblema a c i i aggi nge
e ò n al a ema ica già Ro ellino a e a comincia o nel all e oca di Niccolò V a eali a e
le fonda ioni di n n o o an e o e co o e San Pie o mol o i g ande
Q indi i one anche la e ione di a e e e fonda ioni e ché f a e delle fonda ioni già
e i en i ignifica a i a mia e dena o
Q e i ele e i i di i i c e de e i a e l il del ge B a a e c
i i iale P ge che a ebbe d a e e ac f a i e e fe a e e i e ica
i de d ad c i e i la e fe i e della f a a ebbe c i alla e fe i e di Di
Pe l i a ci e ale è i i a e a ib i e e i al i i b lici e a e e a i i
all a chi e a i che e e a e i ca a e i della adi i e
Q e a eggia e i a ife a i a i di ella Pie à di Michela gel la e gi e è
a e e a a gi a e e ecchia
C è a c l a che è i e e a a alla adi i e e l ed e d a d la adi i e
e à f e all i i del e ee i a d Ba i i à alla di i e di e i
della Ba ilica di Sa Pie che a c a e i e a E di lì a chi a i ca bie à il e i e a Sa
Gi a i a e ia i fa i ce e di Sa Pie i decide di e e a e
A i ia c ì al PIANO PERGAMENA
Sebastiano Serlio inserisce il tempietto di San Pietro in Montorio nel s o libro nonostante sia
n opera contemporanea e reali a anche na raffig ra ione di q ella che sarebbe do ta essere
la c pola di San Pietro Ci racconta ppt che i pilastri già reali ati sen a alc n peso sopra già
risentono e sono crepati in alc ni p nti Bramante era stato pi animoso che considerati o
Serlio ci racconta che la scelta di Bramante di reali are q esti grandi piloni sca ati non era stata
presa con tanta riflessione Da n p nto di ista espressi o q esta scelta era stata molto forte ma
da n p nto di ista costr tti o a e a generato immediatamente problemi tecnici E q esto ci
riporta al discorso fatto nella prima le ione sono t tte persone che sono nate in n mondo
medie ale che non possiedono na scien a delle costr ioni ma t ttalpi na statica delle
costr ioni Non sanno esattamente come f n ionano le leggi della statica s bito il polone si era
andato crepando infatti
Osser ando il disegno di Serlio osser iamo che la c pola sarebbe stata emisferica e poggiata s
na serie di setti inter allati da doppi binati di colonne mentre all esterno n giro di colonne ci
conferma che la raffig ra ione nella moneta è eritiera dell edificio che era in costr ione
c è corrisponden a
Q indi l idea di Bramante non è altro che reali are na c pola alla maniera di q ella del
Pantheon Non si tratta di n adoppia c pola come q ella di Br nelleschi Si tratta di na c pola
do e il materiale si sarebbe andato alleggerendo sia per spessore sia per tipologia come nel
pan heon e i a ebbe concl o con na g ande lan e na po a pe confe i e olidi à alla
a
B aman e a ebbe indi fa o na co ione alla manie a degli an ichi iamo indi in linea con
il o pen ie o e con ciò che abbiamo già o e a o in piccolo nel empie o di San Pie o in
Mon o io na ielabo a ione del ling aggio an ico in chia e con empo anea
pp
Q e o di egno i alen e p op io a e i anni ci dice pe ò na co a di e a B aman e ha
ing andi o i pila i che ono pieni i pondendo indi ad n fa o e a ico Se lio a e a agione a
di e che i pila i non anda ano bene
In econdo l ogo ediamo che lla de a la a i fa pi den a ci ono dei info i lo pa io
è a o alla manie a di come e a a a la c pola E iden emen e i ole a en a e di
i ili a e lo e o chema co i o in pi po i ioni pe da e maggio e olidi à a e o
impian o
Fo e i a agionando l non fa e pi n impian o cen ale ma a fo ma lo in impian o
longi dinale aggi ngendo na na a a
I ge d B a a e d ec b a af a B e e ch a a d c a gg a a
e acch che e ca è a a da d a c E a a e a a e a d e g ga e che
e b ac e de da c fa e de e che B a a e ha a d d e de e
c f de a e a e d A be e d ag a e d e g ga e che a a ea a
Ba a e e G II e
I Pa a Med c e a ea a a g a de fabb ca a c a ce a e e a e ché e a
eg a a fa c e a ch e a d Sa G a de F e
L ca c d Sa P e e e da a Raffae ce ca d de e a b e a che e a a
da B a a e c e ae a de a a a a a a e a c c e a de a ch e a
C a e a fa e Raffae P e de e eb a a e c c a e d f ac e
a ac Q d a e e ce
Pe ché c e a e a e Pe ché è c a da a d a a e e e a
ab e d d a a ghe a de a a a a ce a e
D c eg e a e ge d Raffae a ch e a a ebbe a a ece a a e e e a
che a ga c de e a che
U a ch e a ecce a e e e a che fece d e a Sa ga g a e ae à Raffae
che a a ea a a da Raffae a e ac e c
A be a e ag a e a c e ac a e che a ebbe e a
a ca e a ebbe a e ea e e e a ce
D c eg e a e ge g à e e e e e a d a e e d ff c à
Ma e ge a e a a che dei egi Vedia li
Vedia che l che a della faccia a è ell b a a e c che ie e il a c aggi e
c e e a Le i e g a e i e alla l i i e fia cheggia e la c la e
a ei c i de a dell i g e Fia cheggia d e g a de e a il che i a d
la l i e del a he al i e a ebbe c e a g a de l ggia delle be edi i i
La c la a ebbe a a a e a el d che e a a i agi a da B a a e il
i e a di ill i a i e a ebbe f i a c d i i e a di i g e di l ce e a e e
elle a a e la e ali i l ce ibile da che la a a a la e ale a ebbe a a i b ia
Se a dia i a ede e le i ci e d I a i e ché gli di i a i
c a ce a ca ali à E i e la icche a dec a i a Raffaell a agi a d c e e f e
i e Fa da e libe a i del e e i dec a i a ic
Al o oge o di Pe i
Progetto realizzato in modo autonomo, non chiesto dal Papa Ci mostra come la soluzione,
all indomani del sacco di Roma, si vada sempre più contraendo Questa soluzione è ancora più in
economia delle precedenti chiesa a croce latina con navate che fiancheggiano la centrale;
navate dove ancora si inseriscono le colonne della basilica costantiniana, e che consentono
l ingresso lateralmente a degli spazi che forse Peruzzi immaginava come cappelle gentilizie
Quindi per questi spazi prova ancora ad utilizzare una soluzione planimetrica ovale, che non
realizzerà
Le cappelle gentilizie ci dicono che la situazione economica era tale da dover subappaltare la
costruzione di alcuni spazi nella nuova basilica a delle famiglie aristocratiche che fossero nella
possibilità di pagare, quindi di finire la costruzione della chiesa stessa
G ardiamo le torri anche q i il riperc otersi di contin e aria ioni E poi lo s ettare erso l alto
Anche q esto non è propriamente moderno an i è gotico
Sangallo sotto na pelle moderna e rinascimentale ancora mantiene aspetti costr tti i che sono
della tradi ione gotica della q ale l i stesso è impregnato
La facciata ci lascia ancora perplessi non si tratta del tetrastilo immaginato da Raffaello E
nemmeno del porticato pensato da Per i
Si tratta di na specie di arco trionfale che di arco trionfale non ha molto Si tratta di no
spe ettamento di ari elementi connessi tra di loro nell ottica di rispondere alle esigen e pratiche
pi ttosto che tro are na sol ione formale corrispondente alle tematiche prop gnate a partire
dal rinascimento
L in erno però ci piega meglio come Sangallo a e e deci o a ia di appoggiar i a q ella che era
a a la ol ione di Raffaello Sangallo man iene la grande ol a a bo e in ieme o o all ordine
gigan e che q i i arebbe rappor a o er o la con rofaccia a creando na or a di grande croce
greca Lo pa io arebbe q indi ri l a o no pa io cen rale La faccia a arebbe ri l a a na
r ra a onoma conne a alla ba ilica da no nodo cara eri a o da na ol a a ela
L ill mina ione in erna ema da c i Sangallo par e per cri icare Raffaello
Ma anche in erendo i deamb la ori di Sangallo l in erno arebbe rima o c ro
A q e o Sangallo pen a pre edendo delle camere di l ce dei canali che a rebbero con en i o
l ingre o della l ce fa orendo na maggiore ill mina ione Sia nella ona delle na a e che del
deamb la orio
Si ra a di n e pedien e per ri ol ere n problema ancora na ol a n e pedien e pra ico
Un i ema abba an a ingegno o che eniamo a men e perché non cadrà nel dimen ica oio ma
edremo che a di an a di anni anche Borromini erà la e a ecnica a San Gio anni per
ri ol ere n problema analogo
Il proge o di Sangallo per San Pie ro rimarrà incompi o perché en rerà di lì a poco Michelangelo
il q ale a e a idee differen i come por are a an i la co r ione
Rimarrà aper o il problema della pian a cen rale Papa Paolo III non era con in o di q e o
abbinamen o di Sangallo
Tema aper o fino agli ini i del q ando Papa Paolo deciderà di p n o in bianco di oler
co r ire la na a a
L in erno però ci piega meglio come Sangallo a e e deci o a ia di appoggiar i a q ella che era
a a la ol ione di Raffaello Sangallo man iene la grande ol a a bo e in ieme o o all ordine
gigan e che q i i arebbe rappor a o er o la con rofaccia a creando na or a di grande croce
greca Lo pa io arebbe q indi ri l a o no pa io cen rale La faccia a arebbe ri l a a na
r ra a onoma conne a alla ba ilica da no nodo cara eri a o da na ol a a ela
L ill mina ione in erna ema da c i Sangallo par e per cri icare Raffaello
Ma anche in erendo i deamb la ori di Sangallo l in erno arebbe rima o c ro
A q e o Sangallo pen a pre edendo delle camere di l ce dei canali che a rebbero con en i o
l ingre o della l ce fa orendo na maggiore ill mina ione Sia nella ona delle na a e che del
deamb la orio
Si ra a di n e pedien e per ri ol ere n problema ancora na ol a n e pedien e pra ico
Un i ema abba an a ingegno o che eniamo a men e perché non cadrà nel dimen ica oio ma
edremo che a di an a di anni anche Borromini erà la e a ecnica a San Gio anni per
ri ol ere n problema analogo
Il proge o di Sangallo per San Pie ro rimarrà incompi o perché en rerà di lì a poco Michelangelo
il q ale a e a idee differen i come por are a an i la co r ione
Rimarrà aper o il problema della pian a cen rale Papa Paolo III non era con in o di q e o
abbinamen o di Sangallo
Tema aper o fino agli ini i del q ando Papa Paolo deciderà di p n o in bianco di oler
co r ire la na a a
LEZIONE 5
(immg 1)àIl tema dell’edificio si sviluppa a Roma, per poi diffondersi nel resto del nord Italia, e
riconvergere di nuovo a Roma, dove vengono formulate delle tipologie di palazzo che rimarranno
stabilmente in uso per ben 5 secoli.
Ancora all’inizio del 900 si assiste a costruzioni di edifici che sono ancora improntati su quella tradizione che
nel Novecento si chiamerà “Barocchetto Romano”, edifici che riprendono la tradizione di palazzi immaginati
nel 400 e nel primo 500 soprattutto.
Faremo quindi una rapida carrellata prendendo in considerazione diverse tipologie di committenti e
andremmo anche a prendere in considerazione le esigenze di autorappresentazione che abbiamo visto in
quale modo ci stanno accompagnando nella definizione di questi nuovi edifici e nella configurazione di
questi problemi. Problemi che rimangono aperti ai quali nel Barocco verrà data una particolare lettura e un
particolare sviluppo, che talvolta avrà un seguito altre no, ma che sicuramente andrà a definire la tipologia
del palazzo regale, che non è altro che una reggia, una villa, ovvero la reggia di Versailles o anche la reggia
di Caserta.
Slide palazzi che vedremmo oggi(Seconda immg ppt)à (all’esame non chiede un palazzo in particolare, ma
chiederà se ci sono stati degli sviluppi o che sviluppi, perché come aveva accennato già nella prima lezione
quello che si richiede in questo corso è una capacità di articolare un pensiero e imparare a leggere un
architettura , non c’è bisogno di riconoscere a memoria un edificio, ma aiutati da un immagine a
interpretarlo spiegarlo e contestualizzarlo).
Edificio che oggi non esiste più, si trovava nella stima di Borgo, l’edificio è strutturato in due livelli, un
primo basamentale caratterizzato da una fascia in bugnato con forature, che corrispondono alle botteghe,
salvo quella centrale che consente l’accesso all’edificio. Un piano mezzanino e sopra un piano nobile. Se gia
osserviamo questa configurazione capiamo che c’è una scelta precisa di rappresentazione che corrisponde
anche all’organizzazione stessa della società e dei suoi strati infatti vediamo che se il piano terra con lo
zoccolo bugnato e le pietre rappresenta una classe di operatori commerciali, la classe degli artigiani. Al
piano piano superiore, invece, abita il Domus del palazzo, il proprietario e dunque l’aristocrazia. Quindi
vediamo nella configurazione stessa di questo palazzo anche la gerarchizzazione sociale del primo 500. Una
classe dirigente di estrazione aristocratica che governa tutte le attività da quelle lavorative a quelle
commerciale.
Allo stesso tempo questa ripartizione si esprime anche da un punto di vista rappresentativo , ovvero la dove
il commercio è un arte artigianale e le botteghe rappresentano un mondo legato all’industria questo viene
rappresentato attraverso il bugnato. Mentre sopra la raffinatezza della classe dominante viene raffigurata
attraverso l’ordine.
E ‘stato notato da degli studiosi il livello dell’ordine terreno in bugnato potrebbe anche accostarsi a quello
che è il livello della natura. Quindi potremmo pensare che sia una trasposizione, di come l’uomo raffigurato
attraverso l’ordine architettonico sia in grado di dominare la natura attraverso la ragione, è la ragione che
consente di stabilire l’ordine architettonico e le sue proporzioni che trasmettono bellezza. Ecco quindi che il
mondo rinascimentale, che abbiamo visto, con l’uomo al centro dell’universo, artefice del proprio destino,
si ripercuote in bramante anche nella formulazione di un edificio privato, un palazzo molto semplice
simmetrico, chiaro. Ma che in realtà nasconde al suo interno delle illusioni. Illusioni perché il livello bugnato
ci fa immaginare che siano dei grandi blocchi di pietra a scandire il livello basamentale, ma in realtà si tratta
invece di muratura, e ancora vediamo che i livelli ci appaiono 3, ma cosi in realtà non è.
(img 4 con disegno d’epoca)à a ben vedere come ci mostra questo disegno d’epoca il livello superiore
quello caratterizzato dall’ordine architettonico presenta triglifi e metope dove non tutte le metope sono
metope alcune di esse sono finestre. Ritorniamo quindi al tema delle “artificiose difficoltà” perché
bramante si è ritrovato nella condizione di creare finestre all’interno di metope, la risposta possiamo
individuarla nella stessa scelta dell’ordine architettonico. Riflettiamoci un attimo, dicevamo poco fa che
l’ordine architettonico è caratterizzato da una proporzione che parte dalla dimensione della base della
colonna, quindi dal suo diametro. Ed ecco che una certa altezza corrisponde a una grandezza di diametro,
quindi per organizzare in maniera lineare il prospetto, Bramante è costretto a muoversi in un certo range di
diametri delle colonne che determinano di conseguenza una certa altezza dove deve far entrare non solo il
piano nobile, ma anche il piano superiore di mezzanini.
Adesso capiamo quale è il tema, Bramante decide di adotterà una soluzione molto espressiva ed eloquente
ma questa soluzione gli impone dei vincoli, e nel moneto in cui capisce di non poterli risolvere allora lo
costringono ad adottare quelle che Vasari chiama “Artificiose difficoltà”, ossia degli espedienti per risolvere
il problema. Certo avrebbe potuto ricorrere a ordini architettonici sovrapposti come nel caso del Colosseo
ma capiamo bene che a quel punto sarebbe venuta meno la coerenza dell’impianto che aveva una sua
precisa visione rappresentativa.
Questo edificio (img 5)ànon occupava un intero Lotto, ma al contrario rappresentava in piazza
Scossacavalli solo un angolo della stessa. A questo punto ci rendiamo conto di un'altra illusione che invece
è spaziale perché mentre noi osservando quel prospetto prima, pensavamo ad un grande edificio che
occupasse tutto un lotto o che fosse simmetrico, ci accorgiamo invece che nello spazio retrostante questo
impianto non è regolare.
Si tratta di una mascheratura, ecco quindi che capiamo bene che l’atteggiamento di Bramante è sempre lo
stesso nei confronti della rappresentazione non si lascia troppo bloccare dalle situazioni, dalla volontà di
imitare, ma procede ad emulare gli antichi creando nuove soluzioni di cui lui stabilisce le regole.
Regole che pero nel tempietto di San Pietro in Montorio, come anche in San Pietro, deve constatare la
mancata universalità e quindi è costretto ad adottare degli espedienti e illusioni, il prospetto in questo
caso, la spazialità e in qualche modo anche l’organizzazione stessa.
Parliamo ora di Palazzo Gaddi, (img 6 )Roma, di Jacopo Sansovino, che abbiamo già incontrato parlando
della chiesa che volle papa Leone 10. Sansovino l’abbiamo visto intervenire in San Giacomo dei fiorentini
con un certo insuccesso e parallelamente si stava occupando, non è chiaro il momento esatto in cui sia
intervenuto. Ma si interessa a Roma di realizzare un palazzo, Palazzo Gaddi. Questo edificio sviluppa il
pensiero di Bramante, presenta al piano terreno le tipiche botteghe ma la concentrazione si addensa
nell’ingresso. Ed è un edificio dove il piano mezzanino come vediamo è chiaramente separato rispetto al
livello del bugnato. Oltretutto vediamo che rispetto a Bramante vengono inserite delle bugne laterali che
mostrano pero un alternanza al piano nobile tra grande e piccolo. Le bugne scendono anche nel piano
nobile che è sottolineato dalla presenza dei frontespizi (slide immagine con pianta ).
Vediamo questi frontoni triangolari e semicircolari, l’ordine non trova più spazio in questa facciata perché
Sansovino si è reso conto della impraticabilità della soluzione bramantesca in quanto non consente di
sviluppare l’edificio verso l’alto. Se immaginiamo che Roma sta crescendo in importanza e sempre più
spesso si addensano le ambascerie e dove sempre più spesso si trovano rappresentanti di grandi famiglie
dove sempre più spesso si trovano prelati che vengono dalla nobiltà locale, che hanno bisogno di luoghi di
rappresentazione e che appiccano spesso ambienti all’interno di palazzi della nobiltà cittadina, capiamo che
l’esigenza di avere un palazzo più ampio consentiva ai proprietari di avere maggiore guadagno o almeno di
ripagarsi tempo e investimento della costruzione dell’edificio. Taluni ambienti potevano essere affittati a
dei nobili o a degli alti ecclesiastici e quelli al pian terreno a botteghe.
Vediamo ancora come questa pianta ci spiega l’atteggiamento di Sansovino nei confronti di questo Lotto,
che era abbastanza difficile lungo, profondo e che presentava la difficoltà di avere una scarsa illuminazione,
negli edifici le finestre consentono una luce da una profondità di circa 5 o 6 m, oltre non si riesce ad avere,
è il motivo per cui i palazzi costruiti nel 900 hanno una profondità di 12m altrimenti non sarebbero
sufficientemente illuminati, e questa cosa già si sapeva a quell’epoca. Sansovino prova comunque a
sviluppare questo lotto, ripartendolo in più parti attraverso l’inserimento di due grandi cortili.
(img 7) (ma lo trova all’interno)-à in questa sezione ci spiega il modo in cui Sansovino ragione su questi
cortili, uno è caratterizzato dall’ordine architettonico e l’altro no, quindi questo spazio aperto aveva un
compito di autorappresentazione, doveva mostrarsi pubblicamente, mentre il secondo cortile faceva
riferimento a degli spazi privati .
Vediamo nel dettaglio, ci accorgiamo che Sansovino alterna livelli grandi e piccoli tra l’inferiore e superiore,
in qualche modo sta attuando un organizzazione che non è perfettamente simmetrica, ma come è stata
definita , un sistema di sistole e diastole, in qualche modo è molto simile alla travata ritmica di Bramante.
Quindi vediamo come un’idea che era già stata introdotta nel 400 da Leon Battista Alberti in Santa Andrea a
Mantova, poi viene sviluppata ancora da Bramante per risolvere un problema, e ancora viene utilizzata
adesso con la stessa accezione.
È evidente però che dal punto di vista prospettico, l’attenzione del visitatore che sarebbe entrato, sarebbe
stata tutta catturata dalla statua posta nel catino absidale, posta nel secondo cortile. Quindi se per un verso
Sansovino sta ragionando in questo spazio come spazio di rappresentazione, tutta via ragiona anche
nell’altra direzione quella longitudinale, lungo l’asse trasversale. Se immaginiamo il visitatore che entra con
la carrozza può accedere attraverso la scala al piano nobile superiore. Si tratta quindi di coniugare insieme
necessità celebrative con effettive esigenze pratiche di funzionamento dell’edificio.
Sansovino che come sappiamo viene allontano dal cantiere di San Giovanni dei Fiorentini e lascia quindi
Roma, si trasferisce a Venezia dove mette in pratica quello che ha imparato a Roma e qui sperimenta invece
la soluzione bramantesca in maniera piu aderente.
Parliamo di palazzo Cornerà (img 8)à la strutturazione di questo edificio è caratterizzata da un livello
bugnato sopra cui si inserisce l’ordine architettonico che viene ripetuto anche a livello superiore, nella
trabeazione sovrastante si prevede l’inserimento di finestrature. In questo caso capiamo che c’è una sorta
di commistione tra quello che è il tema bramantesco di palazzo Caprini, e quello che è l’exmplum vitutis del
Colosseo. Non inserisce infatti nel piano nobile a questo primo livello Sansovino una colonna tuscanica, ma
preferisce usare l’ordine ionico. È chiaro quindi che fa riferimento a questo livello bugnato come se
compensasse quel piano tuscanico che si poteva osservare invece al Colosseo.
Il piano nobile in questo caso si sviluppa su ben due livelli con ripetizione della stessa soluzione del
sintagma del binato di colonne sostenente la trabeazione, solamente nel livello più alto si inseriscono dei
mezzanini. Notiamo poi che le colonne non hanno un valore decorativo ma assumono un valore strutturale
perché incassate all’interno della muratura e collaborano al funzionamento stesso della struttura.
(immg 9) (lo schema minima gli ordini) Un'altra cosa notiamo, che se prendiamo il prospetto laterale,
l’angolo in questo caso è uno spigolo vivo, che è tipico di Roma. L’abbiamo visto in palazzo caprini, anche in
quel caso lo spigolo era vivo. E la stessa identica soluzione viene riproposta da Sansovino nella laguna
veneziana. Ma in questo caso le colonne vengono incassate nella muratura e in qualche modo la soluzione
dell’urbe viene adeguata a quello che era il contesto veneziano.
Ragioniamo sulla pianta( immg 10)à dove ci accorgiamo che c’è qualcosa di particolare, vediamo la figura a
sinistra, il cortile è stretto e vediamo che gli accessi sono due, uno dà sulla laguna l’altro sulla strada
interna. Questa soluzione ci parla molto di come è organizzata la società veneziana. E come Sansovino si
deve adeguare a questa struttura. A Venezia di solito il livello del terreno dei palazzi era affidato alle attività
commerciali dei proprietari del palazzo, quindi a questo livello non abbiamo delle botteghe come invece
abbiamo osservato a Roma. Qui abbiamo dei magazzini che servivano per raccogliere le merci.
L’accesso sulla strada appare secondario, quello principale affaccia sulla laguna. Capiamo che a Venezia il
sistema dei collegamenti all’inizio del 16 secolo era prevalentemente su acqua. Ci si muoveva più attraverso
le barche che a piedi. Questo cortile piccolo ci sta raccontando il fatto che per la società Veneziana la vita
non si svolge tanto all’interno del palazzo ma al contrario questa si svolge all’esterno per la strada, lungo i
canali. Quindi la tipologia del palazzo che ha provato a definire Bramante a Roma, trova un suo eco a
Venezia adeguata rispetto al contesto della laguna.
(Vediamo immg 11 al piano terra)à questa immagine ci fa vedere come era organizzato lo spazio interno e
si ripetono gli ordini architettonici sovrapposti l’uno all’altro attraverso l’utilizzo di paraste, è chiaro per
Sansovino c’era questa volontà di aderire all’esempio dell’antico, che pero viene filtrato attraverso la logica
Bramantesca.
Sempre in ambito veneto, Palazzo Bevilacqua San Micheli (img 12)à ci parla di un atteggiamento simile ma
in certi aspetti molto diverso. Come vediamo l’ordine architettonico viene ripetuto su due livelli, alla base
abbiamo l’ordine tuscanico che viene concluso sopra dalla presenza di un ordine. Riscontriamo un maggiore
arricchimento visivo della formulazione del palazzo.
Se infatti abbiamo gli ordini sovrapposti all’interno dell’ordine superiore, questa formulazione con quattro
colonne che sostengono una trabeazione (che tra di loro permettono l’inserimento di questi altri fornici),
sono l’esempio di un arco trionfale che quindi viene inserito e ripetuto sviluppando la soluzione della
traviata ritmica che viene sviluppata da un punto di vista visivo.
C’è qualcos’altro che notiamo ovvero che la trabeazione. il cornicione è particolarmente decorato ed è
piuttosto sviluppato nella sua dimensione. Quindi non instaura un rapporto non tanto con il livello
sottostante, ma sviluppa un rapporto con tutto l’edificio.
E ‘proporzionato in rapporto a tutta la costruzione che sembra quindi ragionare come un unicum. Le
mensole del balcone sono sviluppate a partire dall’idea dei triglifi, il triglifo che trovavamo come
raffigurazione è ora elemento strutturale e sostiene la grande balconata che diviene elemento unificante
per tutta la facciata .
(img 13 gialla quella dopoà l’apporto decorativo se andiamo a osservare da vicino è ispirato all’antico la
scelta di usare colonne scalante e la presenza di questi festoni inseriti al suo interno con teste di leone ci
parlano di un interesse verso la decorazione antica che in questo caso viene inserita a puro titolo
esornativo.
A questo punto facciamo una precisazione, mentre questo palazzo racchiude a livello centrale un enorme
piano nobile in realtà questo palazzo si configura come una gigantesca lastra. questa facciata non è altro
che una gigantesca lastra che nasconde dietro un loggiato superiore e questo è singolare, tanto interesse
per un prospetto che invece non racchiude quello che ci saremmo aspettati.
La scelta è precisa l’intenzione è di riversare verso l’interno gli ambienti più propri dell’abitazione ed è una
differenza culturale è una distinzione rispetto l’ambiente romano. Mentre a Roma le botteghe al piano
terreno e sopra quello nobile costruiscono un rapporto diretto tra coloro che vivono questi spazi e la citta
fuori, invece nel settentrione si predilige per gli spazi privati guardare verso l’interno con l’eccezione che
abbiamo visto poco fa di Venezia. Questa accezione è molto significativa perché vedremo sarà motivo alla
base per cui il progetto di Bernini per il Palazzo del Louvre verrà rifiutato non tanto per le scelte stilistiche o
per l’interesse di Luigi 14 per la costruzione del palazzo all’interno della citta di Parigi, ma perché le scelte di
Bernini non corrisponderanno a quella che è ormai la cultura abitativa che si è stabilita a Parigi, più in
generale al nord dell’Europa e nel Settentrione è una cultura che arriva al nord Italia, che come dicevamo
rientra all’interno di questo circuito europeo e questa è una chiara spia significativa.
Vediamo adesso una seconda tipologia di palazzo che viene sviluppata poco dopo quella di Bramante che
negli stessi anni del primo 500 va a definire un’alternativa progettuale, si tratta di palazzo Baldassin (img )i
si trova a pochi passi da san luigi dei francesi, in una via stretta un edificio all’apparenza poco significativo,
ma come abbiamo visto spesso soluzioni che ci appaiono poco significativi e di piccole dimensioni
nascondono la sperimentazione di edifici che poi saranno piu grandi. Il palazzo Baldassini sarà infatti il
prototipo del piu maestoso palazzo Farnese.
(img 14)àvediamo in cosa consiste la proposta progettuale di Antonio Da Sangallo il giovane, la proposta è
caratterizzata innanzitutto dall’assenza di botteghe al piano terreno, al loro posto troviamo finestre
inginocchiate che presentano l’esistenza al livello sottostante di un seminterrato. Non è presente l’ordine
architettonico se non in corrispondenza dell’ingresso, che diviene il momento celebrativo stesso
dell’edificio e in questo si concentra l’attenzione dell’architetto.
Lateralmente vediamo che ci sono le bugne alternate che scandiscono quella che è la larghezza del palazzo,
a livello superiore vediamo che è presente un marca davanzale, e sopra si inserisce un secondo livello pero
più semplice e lineare, questa soluzione corrisponde ad un determinato problema ed abbiamo visto che è
tipico di Sangallo avere un atteggiamento più patico nei confronti delle costruzioni, l’artista sviluppa una
soluzione che si può ripetere all’infinito. Perché il piano potrebbe ospitare sopra un altro piano, o questo
sistema di due piani potrebbero ospitare sopra altri sistemi di due piani. In questo sistema il palazzo si
potrebbe ripetere all’infinito in altezza e ancora in questo caso vediamo l’esistenza di un marca davanzale,
ma può essere accompagnato anche da un marca piano e i frontoni possono essere non solo trabeati ma
caratterizzati dalla presenza di timpani trabeati e curvilinei.
Questo tipo di impaginato si può perfezionare a seconda delle esigenze, si può arricchire se il committente
ha la possibilità economica di permettersi questo miglioramento o si può rendere più semplice qualora
invece la proprietà economica non sia nella possibilità di eseguire un simile arricchimento. Si tratta di una
soluzione vincente senza ombra di dubbio che si può cucire sulla base di chi lo propone e si può migliorare
o aggiornare come succederà in palazzo Farnese, dove questo edificio ne è l’anticipazione della maggior
parte dei palazzi che possiamo osservare a Roma ancora oggi. Il capostipite è proprio questo edificio.
La vicenda di palazzo farnese (Img 15) è molto intricata e lunga nel tempo come sappiamo l’edificio prende
le mosse dalla volontà del cardinal farnese di realizzare un abituazione per i suoi due figli, se non che
l’elezione a pontefice del cardinale Alessandro Farnese nel 1534, non che la morte di uno dei due figli porta
il progetto a virare verso inaspettate trasformazioni. Questo palazzo sarebbe dovuto nascere come un
palazzo simmetrico e Sangallo il giovane cosi l’aveva concepito con un’altezza più limitata.
Dal momento che il cardinale Farnese diviene Papa, il palazzo deve diventare più maestoso e dominare
l’intera piazza, pero il palazzo è già in costruzione e di conseguenza alcune cose non è più possibile
modificarle e alcune soluzioni devono necessariamente essere mascherate. Ed ecco perché lo scalone di
palazzo farnese, latrale all’esterno viene mascherato dalla presenza di finestre chiuse, pero San Gallo
decide di mantenere l’utilizzo dell’ordine architettonico a scandire queste finestre (img 16 con
finestre)cosi in questa maniera ci fosse la possibilità di percepire il palazzo cosi come doveva essere
percepito pur mascherando al suo interno la presenza.
Un'altra particolarità di questo palazzo è che è uno sviluppo rispetto al precedente palazzo Baldassini è che
si trova davanti una seduta( img 17à progettista del palazzo..), e questo ci parla nuovamente come
nell’ambiente romano il palazzo fosse parte del tessuto edilizio in cui si andava ad inserire e che avesse una
dimensione anche urbana.
Il terzo livello è stato realizzato da Michelangelo (img 18)) il quale venne incaricato dal pontefice di
realizzare l’ultimo piano che Michelangelo realizzò da un lato rispettando l’idea di Antonio da Sangallo il
giovane ma dall’altra propose un modello in scala del cornicione, che sarebbe dovuto essere non
rapportato a livello sottostante come altezza, ma rapportato a tutto l’edificio. Capiamo che la scelta di
Michelangelo alla precedente scelta di Michele San Micheli, e ne dobbiamo dedurre che in questo periodo,
le idee sono grosso modo le stesse e si arriva a risultati analoghi pur non essendo direttamente a contatto.
Inoltre Michelangelo se pur mantiene l’impostazione Sangallesca, tuttavia introduce a livello superiore dei
frontoni che sono spezzati al loro interno e trasmettono maggiore movimento. Anche lo stemma fa
riferimento a tutto l’edificio nelle sue proporzioni e non solo alla sottostante loggia delle benedizioni.
La loggia delle benedizioni che Michelangelo termina e sviluppa attraverso un grande polo trabeato che ci
parla di una caratteristica di Michelangelo, ossia che lui evita sempre di usare l’arco all’interno di tutte le
sue architetture vedremmo che in un caso come la porta pia, anche in quel caso preferiva non adottare
l’arco per definire la porta, una scelta del tutto unica e personale.
Andiamo avanti e ragioniamo su come è la configurazione di questo grande palazzo, (img 19) piantaà si
tratta di un edificio a isola che quindi racchiude e occupa tutto lo spazio che mette a disposizione il lotto
che è caratterizzato da tutti e 4 i lati dalla presenza di strade un vero e proprio isolato.
L’isolato presenta uno spazio tripartito, un atrio con un grande valore rappresentativo che diventa un vero
e proprio vestibolo realizzato alla maniera degli antichi. Presenta non solo 3 navate e l’ordine architettonico
che si riflette anche dalla parete intervallata da nicchie dove il soffitto è trabeato. mentre lungo la navata
centrale è invece scandito dalla presenza di una grande volta a botte. Se quindi lo tagliamo di profilo non
vediamo altro che una serliana. L’abbiamo detto: due elementi laterali portanti, in questo caso una colonna
e una semi colonna che sostengono parte della trabeazione e poi un arco al centro.
Si tratta di uno sviluppo di idee che sono in circolazione, l’ispirazione è sicuramente tratta dal mondo antico
che è il riferimento per Sangallo, un riferimento molto decorativo e ce lo spiega in questo caso un piccolo
dettaglio ossia il capitello. (immg 20)capitelloà questo capitello è doppio il ciò fa strano perché si sarebbe
dovuto operare un capitello doppio? La scelta è dettata dal fatto che lo spazio del portico era già in
costruzione quado l’edificio venne trasformato per diventare una reggia pontificia.
Esiste una differenza tra la strutturazione di questo spazio e invece quello del portico, il grande vestibolo
era gia unificato e quando variano le proporzioni del cortile Sangallo aggiunge un altro elemento e quindi
non si pone grandi problemi per la presenza di questo ulteriore elemento che non ha niente a che fare con
il mondo antico che si tratta di una sua invenzione che deriva da una praticità di fondo ma soprattutto dal
fatto che San Gallo è impregnato della cultura medievale. Nella cultura medievale strutture come queste
esistevano e quindi San Gallo non si pone molti dubbi o perplessità ma al contrario decide di adottare una
soluzione di estrazione medioevale per risolvere un problema pratico, non si poteva infatti abbattere
questo vestibolo per ricostruirlo.
Passiamo ora ad una terza tipologia, abbiamo visto una soluzione con l’ordine architettonico che è la
soluzione a cui si rifà Bramante richiamandosi agli antichi, che questa soluzione approda a Venezia con
Sansovino e che negli stessi anni si sviluppa anche negli entroterra grazie a Michele San Micheli a Verona.
Abbiamo visto poi un'altra ipotesi progettuale ovvero quella che prende le mosse da Palazzo Baldassini che
utilizza l’ordine solo per sottolineare alcuni elementi: l’ingresso di palazzo nobile a Palazzo Baldassini o la
loggia delle benedizioni a palazzo farnese. Adesso vediamo un'altra idea dal carattere piu decorativo,
ovvero la proposta che fa negli stessi anni Raffaello.
Se palazzo baldazzini è del 1516 circa, ora parliamo di Palazzo Branconi all’Aquila, Roma, Raffaello 1512.
(immg 21)àIn questo edificio ci si attiene ad un lingueggio estremamente classico e c’è una stretta
correlazione tra le botteghe e il piano nobile che invece non esisteva in bramante. Tuttavia, vediamo già
dall’impaginato che c’è qualcosa che non ci torna e che ci lascia perplessi. Se l’idea è di ispirarsi all’antico, e
quindi adottiamo a livello del terreno l’ordine tuscanico esso ci richiama subito all’esempio del Colosseo e
avrebbe previsto ordini sovrapposti che qui non vediamo più. In più nel mondo antico l’ordine aveva una
valenza strutturale se questo è un pieno (parte sottostante) ci aspettiamo nella parte superiore un ulteriore
pieno che invece non troviamo. invece cosa troviamo? Una nicchia, un vuoto. Quindi abbiamo un pieno a
piano terreno e un vuoto a piano superiore, quindi un atteggiamento fortemente dicotomico. Questo
atteggiamento dicotomico è una contraddizione? Non lo è perché l’atteggiamento di Raffaello è
strettamente decorativo ed esornativo, il mondo antico viene riesumato nelle sue capacità espressive e
quindi viene applicato in questo caso da Raffaello, questi festoni vengono inseriti con una chiara valenza
esornativa.
Tantè che a livello superiore invece vengono adottate delle fasciature con piccoli riquadri che si inseriscono
tra una finestratura e l’altra, i riquadri quindi ci invitano a pensare che forse quegli spazi erano destinati
inizialmente a ospitare a loro interno forse delle rappresentazioni.
In definitiva possiamo dire che non c’è più una scansione verticale dell’edificio ma abbiamo delle fasce che
sono coerenti orizzontalmente a loro interno ma che da un punto di vista verticale non rispettano questa
formulazione.
Ovviamente le botteghe al piano terreno richiamano l’idea bramantesca, e i frontoni circolari e triangolari
anticiperanno quindi quella che è la soluzione poi adottata da Antonio da san gallo il giovane. Sicuramente i
riquadri avrebbero dovuto ospitare delle raffigurazioni e che quindi si sarebbe trattato di un edificio con un
prospetto che dialoga con l’esterno. Ancora ci viene da pensare che questo palazzo fosse l’occasione per
Raffaello per sperimentare quella decorazione che lui stesso stava progettando per San Pietro. Il progetto
di Raffaello l’abbiamo visto parlandone le scorse lezioni non andrà avanti e non sarà accolto per problemi
come l’esistenza dei filoni Bramanteschi che necessariamente vincolavano lo spazio della navata centrale. E
questa tradizione linearistico decorativa che Raffaello prova a introdurre viene portata avanti da altri
edifici? Si, attraverso Giulio Romano, Palazzo Maccarani, Roma 1516. Come sappiamo ha lavorato a fianco
di Raffaello in concomitanza con palazzo Baldazzini realizza un edificio che si trova per altro vicino a palazzo
Baldassini, sulla piazza di Sant’Eustacchio.
Questo palazzo ci mostra come la lezione di Raffaello non sia stata dimenticata nonostante sia una critica
alla rappresentazione di questi palazzi nel momento. (Slide immg 22)à Se notiamo c’è un certo legame con
Bramante si tratta di un livello bugnato sopra cui si trova un livello , nel piano nobile, caratterizzato da
paraste con ordine architettonico, sopra troviamo un elemento depotenziante un ordinanza che si riduce a
fasciature e all’interno ospitano delle forature. Le fasce le avevamo già viste proprio in quel tempietto di
san Pietro in Montorio che bramante aveva sviluppato con quella soluzione proprio perché non sapeva
come inserire di nuovo l’ordine architettonico. Una soluzione applicata a un Martyrium viene traslata in una
situazione palaziale.
Guardando il portale vediamo due livelli con sistema trilitico, con due piedritti che sostengono un timpano
che è rotto da delle bugne che quindi ci sta dicendo che questi elementi non hanno un valore architettonico
portante ma sono un elemento decorativo cosi come lo stava concependo Raffaello sono un modo per
conferire dignità alla facciata ma non hanno più il valore strutturale e Giulio Romano quindi ci dice che di
questo dobbiamo rendercene conto.
Slide (immg 23) Se vediamo l’edificio si presenta come un edificio illusorio, perché se quella che vediamo in
basso è la facciata , lo spazio retrostante e l’organizzazione dei vani non è per niente regolare, innanzitutto
non è regolare perché il lotto stesso non lo è e ce lo dice la strada ma all’interno vediamo (l’ha colorata in
grigio) è un'altra proprietà. La simmetria del prospetto nasconde invece una formulazione interna che è
invece totalmente diversa, addirittura il cortile non è neanche posto in asse con l’ingresso, si entra da un
fianco, e ragionando sul pratico: una carrozza entra lascia scendere la persona che porta e può
immediatamente salire al piano nobile.
Lo spazio interno se poi andiamo a vedere come è configurato questo cortile ci sono delle variazioni
importanti non è simmetrico nella sua stessa organizzazione. Quindi l’atrio è disassato ma non è
linearmente organizzato nemmeno tutto il prospetto interno, se vediamo solo come è formulata la facciata
a fronte di uno schema che viene ripetuto qui si addensano due paraste creando un binato che non trova
bilanciamento nella parte opposta dove invece troviamo qui un sistema dello spazio con un portale, e nella
parte immediatamente sotto viene addirittura bloccato il passaggio della trabeazione. Si tratta di una
formulazione libera, priva di equilibrio, asimmetrica. C’è uno squilibrio che giulio romano cerca di bilanciare
perché se ci ragioniamo più attentamente se la parte sotto i vuoti di parete possiamo immaginarla come un
vuoto, o una mancanza, la parte opposta viene compensata da un binato che è un pieno.
Quindi in qualche modo si cerca di dare riscontro a questo squilibrio attraverso soluzioni che
apparentemente sembrano bizzarre.
( img 24)Slide. Arriviamo a Palazzo Te, Mantova, Giulio Romano, 1524. Una residenza suburbana, fuori
dall’abitato, che viene realizzata quando Giulio Romano lascia Roma, per trasferirsi dai Gonzaga tra il 1525
e il 1535. Doveva essere una grande villa dedicata agli ozi e svaghi.
Quello che ci preme considerare da un punto di vista architettonico è la soluzione che adotta Giulio
Romano per risolvere questo grande spazio aperto nella campagna.
Pianta immg 25)à l’impianto è centrale a pianta quadrata caratterizzato da due ingressi. Tra i quali che
vediamo nella fotografia (con soffitto cassettoni) è molto simile a quello di palazzo farnese, c’è una precisa
convergenza di tempi in questa soluzione spaziale. Un livello trabeato a cui si affianca una navata centrale
con cassettoni che però ha una differenza questa soluzione di vestibolo tripartito, innanzitutto per le
sedute al suo interno, ma questo non ci stupisce piu di tanto, quanto il fatto che alcune colonne sono
lasciate a rustico e questo perché si tratta di un edificio in campagna e in questa maniera si adegua a questa
sua condizione attraverso questo effetto di non finito.
(Altra27 immg)foto con atrioà se vediamo la formulazione di questo spazio vediamo due colonne che
sostengono la trabeazione ma sono avvicinate da una parte descrivono uno travata ritmica, che presenta
dei triglifi e metope, dove alcune metope sono bucate e quindi nuovamente il tema del fatto che anche
bramante aveva in questo modo inserito finestre la dove aveva la difficoltà di non trovare una soluzione
adeguata. Ma ancora un'altra cosa che ci stupisce è il triglifo che cade, e cade per la stessa motivazione che
abbiamo visto a Palazzo Maccarani. Ovvero Giulio Romano ci sta dicendo che l’ordine architettonico che qui
viene applicato ha una valenza ornativa, sono ornamenti giustapposti per qualificare visivamente l’edificio,
ma non hanno quella reale funzione strutturale che egli si vorrebbe attribuire. Queste colonne non
sorreggono veramente la struttura interna, ma al contrario sono unicamente un elemento decorativo.
Giulio Romano lavora a lungo nel settentrione nella lavorazione di palazzo Te , e nel frattempo lavora anche
all’edificio di Palazzo Thiene. Un edificio dove si vede la collaborazione tra Romano e un altro giovane
architetto ovvero Adrea Palladio. Palladio è un architetto che lavora nell’entroterra veneto quasi
esclusivamente, ma attraverso alcuni viaggi a Roma e attraverso Giulio Romano si avvicina alla classicità. Il
palazzo dall’esterno ripropone il tema di Palazzo Caprini ovvero con un bugnato alla base con sopra un
ordine architettonico fatto di paraste con spigolo vivo. Al livello del terreno non abbiamo le botteghe e non
le abbiamo per la motivazione che abbiamo visto precedentemente.
(img 28)à pianta e sezione. Se vediamo all’interno come è sviluppato il vestibolo d’ingresso vediamo che la
grande volta poggia sopra un sistema di colonne lasciate a rustico, quindi c’è una continuità rispetto alla
soluzione della residenza mantovana.
(Pianta img 29)à nello spazio interno è configurato in maniera molto lineare ma si perde il ruolo della
scala. Tra palazzi che abbiamo visto a Roma fino ad adesso, abbiamo visto che una volta entrando si va a
salire al piano superiore, c’è un diretto rapporto tra il collettivo verticale e il livello del porticato
sottostante. Questo perché il livello nobile è strettamente collegato al sistema dei percorsi. Mentre in
questo caso le due scale ai lati ci dicono che il ruolo della scala è meno centrale rispetto alla costruzione.
(Slide img 30) vediamo il disegno progettuale rispetto poi a quello che realizza propriamente palladio.
Come sappiamo palladio pubblica anche un trattato i 4 libri dell’architettura, attraverso le sue idee della
raffigurazione dell’edificio avranno un ego molto vasto fino ad arrivare al 18 secolo.
Parliamo di alcuni di questi edifici, 3 in particolare Palazzo Iseppo, Porto, Palazzo Malmarana a Palazzo
Chiricati. Per sottolineare tre aspetti singolari.
Se prendiamo Plazzo Iseppo e vediamo come Palladio si approccia a questo problema vediamo subito che la
tematica è sempre la stessa, come fare ad inserire una finestra al lato superiore. Inserirli attraverso un
attico? È una possibilità, inserendo quindi una sorta di ordine mano e dall’altra inserendo le finestrature
nell’ordine architettonico, prevendo un ordine diverso in questo caso quello corinzio che avrebbe garantito
una maggiore altezza.
Se all’esterno si ragiona con un certo preciso obbiettivo organizzativo, la coerenza dell’esterno si cerca di
ripercuoterla anche all’interno dove all’attico avrebbe corrisposto all’interno la presenza di statue su
piedistallo posate su un grande ordine architettonico, quindi gigante.
È un chiaro richiamo alla romanità e di richiamarsi al linguaggio degli antichi con, tuttavia, l’attenzione di
rapportare questo linguaggio invece alla strutturazione generale dell’edificio. L’ordine gigante non è una
novità assoluta, Palladio come Michelangelo sperimenta l’ordine gigante che consente in qualche modo
rispondere al problema dell’organizzazione all’interno dell’organizzazione e alla ripartizione dei piani e
capiamo bene che a quel punto essendo gigante può essere ingrandito a sufficienza per essere regolato su
tutta la grandezza del prospetto superando le difficoltà introdotte dalla presenza dei piani.
Questo grande cortile ci parla poi di altre due questioni, innanzitutto il vestibolo è molto simile a quello
realizzato in collaborazione con Giulio Romano e che ha fatto da esempio a questo progetto, e la scala è
completamente dissociata dalla progettazione d’insieme ed è evidente che per Palladio la scala non è un
connettivo che è parte del complesso e che interagisce tra il livello sottostante e quello sovrastante
creando continuità ma si tratta veramente di un vano di servizio per poter passare da un piano all’altro per
questo viene escluso dalla composizione per questo vediamo una chiara distinzione da quello che è il
modello romano.
Palazzo Valmarana, Vicenza, Palladio 1549.(img 31)Ci parla di un'altra tematica, preso atto di voler utilizzare
questo grande ordine, e del fatto che questo grade ordine a livello superiore può ospitare questo enorme
attico, in questo caso vediamo che la parete si trasforma in qualcosa di molto più complicato, è una parete
che viene completamente mangiata da continue contrazioni e se abbiamo un ordine gigante esso assume
una grande forza ospitando al suo interno invece un ordine minore che scandisce la presenza di un primo
livello dove si sovrappone un secondo livello, che a sua volta contiene a sua volta una formulazione in
bugnato, che pero non è un vero bugnato ma un bugnato disegnato. Il livello bugnato che deve essere al
suo basamento viene solo accennato in corrispondenza dei piloni. In più una cosa particolare ovvero che
toglie gli ultimi ordini giganti ai lati e inserisce sopra degli elementi scultorei. Questa è una cosa molto
interessante e vedremo che anche nel Barocco nella cappella dei Magi di Borromini ci sarà questo
atteggiamento di mangiare successivamente la parete e di sostituire a degli elementi strutturali invece degli
elementi decorativi scultorei.
Perché in questo caso però palladio inserisce queste sculture? Le inserisce perché gli consentono di creare
un rapporto con l’edificio adiacente, un rapporto che sarebbe stato tranciato di netto in presenza
dell’ordine gigante ma per creare un dialogo o una continuità con l’ambiente circostante ecco qui che a
Palazzo Malmarana si inseriscono questi elementi laterali.
Diciamo un'altra cosa, (slide disegno img 32)che la sua pianta reale non corrisponde alla pianta
rappresentata da palladio all’interno del suo trattato c’è un intenzione dell’architetto una volontà di
cristallizzare questi modelli e di far vedere all’interno del trattato quelli che sono i prototipi che ha messo a
punto che si scontrano pero con la realtà di fatto che impone quindi di adeguarsi al contesto, accettando
anche delle variazioni, che nella realtà si possono applicare, che palladio stesso applica in contrappunto al
proprio impaginato che è perfettamente simmetrico nel disegno che porta all’interno del trattato e che
quindi certificano una precisa dicotomia centrale.
Per ultimo vediamo Palazzo Chiericati (img 33), un edificio particolarmente interessante, perché palladio
qui fa la stessa operazione che anche Bramante aveva fatto nei confronti dell’antichità e cioè l’aveva
emulata e non solo imitata. L’utilizzo di questo sistema con un loggiato superiore e sotto un porticato, la
presenza di ordini architettonici ci sta sostanzialmente descrivendo una basilica antica o meglio si sta
parlando di Fori, e questa soluzione viene operata da Palladio per rispondere a un’operazione progettuale,
ovvero che il lotto non era sufficientemente ampio per poter ospitare al suo interno un cortile. Ecco che
all’interno viene stabilito un chiostro che consente banalmente l’ingresso della luce, ma non ha un valore
rappresentativo, mentre il valore rappresentativo viene riversato sull’esterno, sulla facciata che diventa
essa stessa parte dell’ambiente urbano circostante.
Vediamo la pianta (imgn 34) l’organizzazione poi dello spazio interno della disposizione dei locali non
casuale ma studiata in maniera armonica, questa non è una novità, ci sono riflessioni che si portano avanti
dall’antichità e palladio le richiama a sé pensando che l’uso di simili richiami di riproporzioni musicali
possano in qualche modo conferire bellezza agli spazi interni.
Un’idea non solo da lui sperimentata ma che sarà portata avanti nel 600 e nel 700, tantè che i trattati di
fine 700 fanno chiaramente riferimento al trattato di Palladio e in particolare alla strutturazione ispirata al
funzionamento armonico musicale.
Tornando a Roma, per vedere due edifici. Palazzo Massimo alle Colonne, (imgi 34) in questo edificio
Baldassare Peruzzi dimostra che le tendenze di cui stiamo parlando in questa lezione sono prospettive idee
e soluzioni che vengono assorbite da tutti i vari architetti che si trovano a collaborare e le usano a seconda
delle circostanze. Spiegando meglio, Palazzo Massimo come sappiamo viene dato alle fiamme nel sacco di
Roma del 1527 e quindi fortemente danneggiato e viene affidata parte della sua costruzione all’architetto
Baldassare Peruzzi che nella riformulazione di questo edificio pensa di riattribuire alle colonne il loro valore
strutturale, le colonne sorreggono effettivamente il portico non sono un ornamento, e vengono ripetute
anche nell’interassi laterali diventando delle paraste. Questa soluzione con questo andamento curvilineo
segue la strada ma non solo segue la strada ma se vediamo l’ingresso è allineato con la strada che gli è di
fronte e per fare questa operazione si affida all’acquirente che decide di acquistare un pezzettino da parte
del fratello proprietario del Lotto Adiacente. Il piccolo vano ha al suo interno una formulazione totalmente
diversa quindi la facciata che vediamo non è anche in questo caso realistica nasconde una diversa
organizzazione.
Come in Giulio Romano abbiamo un cortile eccentrico, questo edificio si trovava lungo la via fatalis, che
veniva percorsa dal neoeletto pontefice per la presa di possesso di Roma, un percorso ricco di
manifestazioni che poteva anche variare, il luogo dove passava il pontefice era anche segno di
riconoscimento verso quella famiglia e durante questo percorso venivano elargite somme di denaro alla
popolazione. Era dunque un percorso di grande importanza sul quale la famiglia Massimo affaccia con
questo edificio. L’edificio quindi si ispira chiaramente all’antichità con una novità il bugnato che sale lungo
tutta la facciata e se il livello basamentale mostra un’alternanza di paraste e colonne e quindi
sostanzialmente sta riflettendo lo schema del Colosseo, al livello superiore c’è maggiore libertà compositiva
vengono inserite quelle finestre che stava realizzando anche Antonio da San Gallo il giovane.
Slide all’interno(img 35)à vediamo che il porticato stretto in una posizione complessa rischiava di generare
zone di eccessiva ombra specialmente nel grande vestibolo ecco quindi che Peruzzi rievoca soluzione
nell’antichità ossia le bocche di lupo che esistevano nei criptoportici per avere cosi la possibilità di
illuminare maggiormente questo spazio. E se vediamo i prospetti non solo uguali su tutti e 4 i lati, ma si
privilegiano gli ambienti sul lato lungo dotandoli a livello superiore di un loggiato, e se a livello sottostante
si usano colonne con bocche di lupo sopra invece si usa l’ordine ionico, quindi una sovrapposizione degli
ordini.
Concludiamo parlando di Jacopo Barozzi Da Vignola, (imgn 36) non è originario di Roma, viene da Vignola;
infatti, tolto Giulio Romano la maggior parte degli artisti che lavorano a Roma non sono originari dell’urbe,
lui arriva a Roma al seguito di Alessandro Farnese ed è dunque certificato il fatto che questo pontefice
segna un segno di rinascita. Prendiamo in riferimento la sua attività però in un momento successivo quando
lo vede al servizio del nipote del pontefice Alessandro Farnese che porta lo stesso nome del pontefice.
Come sappiamo Jacopo Barozzi sarà coinvolto nella realizzazione della nuova chiesa del Gesù ma quella che
oggi ci interessa notare è il fatto che scrive un breve trattato “la regola£ un trattato muto, molto semplice,
non ci sono grandi trattazioni come quelle riportate da Alberti, quanto al contrario esempi di architettura
pratica e di come dimensionare queste architetture, la scelta è precisa. Perché adotta queste
rappresentazioni? Vignola non fa altro che cercare un escamotage per garantire a se stesso una
legittimazione del proprio operato. Abbiamo visto che vari architetti usano l’ordine architettonico con
grande libertà e spesso erano soggetti a critiche perché chi si ispirava a un certo antico chi ad un altro.
Quello che Vignola fa sostanzialmente è quello di dire nella sua breve introduzione che ha scelto come
esempi , gli esempi maggiormente apprezzati dalla maggioranza degli artisti, in questo modo non fa altro
che legittimare il proprio operato, dicendo che l’ordine architettonico che esso stesso propone non è una
sua invenzione non è stato tratto da un interpretazione di Vitruvio, che in molti passaggi è oscuro e non si
capisce bene cosa intenda, ma si rifà al contrario a quegli exempla virtutis apprezzati dalla comunità
artistica. La cosa più importante è che non li riporta attraverso l’indicazione in una misura che poi dovrebbe
essere tradotta in un'altra misura in un'altra città, ma attraverso il modulo. Attraverso il modulo basta
stabilire il rapporto tra il modulo e l’unità di misura. Capiamo bene che questo trattato, questa regola di 5
ordini è applicabile in qualsiasi luogo.
(Immagine 37), Scrive Vignola che: “a giudizio comune sono i più belli”, quindi si nasconde ricimandosi però
a quella che è una tradizione molto antica, ossia alla tradizione greca dello spirito.
ricordiamo che all’epoca di Socrate, si diceva: “non ascoltare me, ma ascolta lo spirito che parla attraverso
di me” e in questo modo si giustificava l’atteggiamento, le soluzioni e proposte. Questo mondo filosofico
che viene riscoperto durante il rinascimento, a partire dall’umanesimo, diventa l’opportunità per essere
riutilizzato in una astuzia che ha del geniale nella soluzione del Vignola.
Villa Giulia, (Immagine 37), con questa villa ci poniamo la nostra attenzione sul fatto che è una villa sub
urbana progettata per Giulio III Ciocchi Del Monte. La villa suburbana che presenta un carattere militare
con grandi Bugne che scandiscono il portale. Il portale raccoglie in se tutta la parte decorativa, quindi ci
agganciamo all’esperienza di San Gallo, con un impaginato Sangallesco, con bugne ai lati, finestre
inginocchiate, marca piano, livello nobile arricchite, del resto era una residenza pontificia. All’interno
troviamo una sorpresa, perché se l’esterno è regolare l’interno presenta una soluzione curvilinea e dunque
l’esterno in Vignola non anticipa mai l’interno in una spettacolarità che quindi anticipa le soluzioni del
Barocco, per questo grandi studiosi pensavano che a partire da Michelangelo si potesse parlare di Barocco,
perché tutte queste soluzioni che vengono contestualmente o in anni successivi sono molto distanti da
quella universalità che cercavano gli esponenti del primo rinascimento.
(Immagine 38)pianta, notiamo un altro elemento significativo, Vignola rinuncia a risolvere l’arco trionfale
dell’angolo che avrebbe potuto realizzare per creare un rapporto di uno a tre dove l’elemento centrale si
protrasse anche agli angoli e lo elimina perché altrimenti si sarebbe creato un problema nel percorso
perché avremmo avuto un interasse aggiuntivo che avrebbe minato la comprensibilità del camminamento
interno che entra dal portale per poi dipanarsi nel porticato retrostante di fronte il giardino decorato
dall’Ammannati.
Vediamo ancora (immagine 39) Jacopo Barozzi da Vignola si trova ad intervenire a Caprarola nella residenza
nella realizzazione del palazzo già iniziato da Antonio Da Sangallo il Giovane, il quale aveva dato alla
residenza in campagna una formulazione militaresca a questo impianto. Vignola cerca di sviluppare questa
formulazione innanzitutto innalzando l’immagine, così da trasformalo nel vero cuore della realtà urbana.
Vediamo che tutta la città in qualche modo si rapporta al grande palazzo che ne è il centro precursore, ma
lo stesso è il centro precursore dei giardini retrostanti, questo edificio è quindi il cuore pulsante di tutto il
complesso che ingloba la natura da una parte e dall’altra l’abitato. E cosa fa Vignola? Porta avanti la
struttura poligonale esterna che da questo carattere di imponenza e monumentalità.
(Immagine 40) all’interno inserisce un grande cortile che è circolare. Nuovamente l’interno non anticipa
l’esterno creando un effetto inaspettato di spettacolarità. Una modalità che poi sta diventando comune
perché abbiamo un percorso con una formulazione in bugnato sopra il quale si inseriscono delle colonne,
quindi, è chiaro che questo livello del terreno bugnato fa riferimento a quel piano tuscanico che non è
rappresentato. C’è quindi un rapporto chiaro di gerarchizzazione delle immagini.
Concludiamo con la scala (immagine) che si articola in una serie di binati di colonne dove fra capitello e
trabeazione Vignola inserisce un riempimento per ovviare al problema di interlacciare la colonna con lo
sviluppo della scala, una soluzione che fa riferimento a quanto aveva già sviluppato Donato Bramante
diversi anni prima, nel belvedere del vaticano, che diverrà riferimento per Ottaviano Mascherino alcuni
anni dopo e che poi sarà nuovamente riferimento per la scala che realizzerà Bernini a Palazzo Barberini.
LEZIONE 7
MICHELANGELO
La lezione di oggi verterà sul personaggio chiave di passaggio tra tutte le argomentazioni che abbiamo visto
nelle precedenti lezioni e il linguaggio barocco, che nelle prossime lezioni cominceremo a vedere nel
dettaglio. Abbiamo fatto un lungo excursus nell Umanesimo e poi nel Rinascimento per mettere a fuoco quali
erano i cantieri principali in cui vengono avviate delle sperimentazioni che poi ritornano successivamente.
Abbiamo quindi cercato di capire quali sono le tematiche su cui poi si concentrerà invece la sperimentazione
tra 600 e, in minor misura, nel primo 700. Parliamo oggi di Michelangelo con un accezione un po diversa
rispetto a quanto solitamente viene insegnato nei corsi di laurea, in quanto non ci soffermeremo tanto sulla
sua attività quale pittore o scultore, ma metteremo in luce come questa sua formazione si riversi anche nella
progettazione architettonica e quindi come atteggiamenti prettamente legati alle altre due arti visive abbiano
influenzato nel suo caso anche la realizzazione e l ideazione di edifici architettonici. Michelangelo, infatti, è
considerato dai maestri del Barocco, da Bernini, Borromini e Pietro da Cortona come il loro maestro,
nonostante Michelangelo muoia nel 1564 e Bernini nasce nel 98, Borromini nel 99 e Pietro da Cortona
addirittura nel 1596. Si tratta quindi di personaggi che sono nati 30 anni dopo la morte del loro presunto
maestro. E capiremo bene andando nel dettaglio, in cosa consista questo loro alunnato e per questo motivo
ci confrontiamo oggi con la sua attività anche in questo profilo che è lo stesso profilo che ha fatto dire a
Heinrich Wolfflin che Michelangelo non è altro che il padre del Barocco. Dice Wolfflin:
‘terribile’».
Sostanzialmente Wolfflin centra, già nel 1888, quello che è il punto centrale del modo di progettare di
Michelangelo, ovvero l artista trasmuta, trasporta quell atteggiamento drammatico della scultura all interno
invece del disegno progettuale. Si comporta come uno scultore nel però ideare degli edifici e adesso capiamo
bene in che senso, prendendo in riferimento alcuni esempi e partiremo in questo excursus da Firenze, quindi
dalla Basilica di San Lorenzo per giungere a Roma e considerare il Campidoglio, San Pietro, i progetti per San
Giovanni dei Fiorentini, Porta Pia e Santa Maria degli angeli. Cominciamo con Firenze, che è il luogo dove
Michelangelo interviene più volte nel corso della sua vita e partiamo dal complesso della Basilica di San
Lorenzo, chiesa che si era dotata, già nel 400 dell annesso eccezionale della cappella poi tramutata in
Sagrestia Vecchia di Brunelleschi e a cui adesso Michelangelo va ad aggiungere la Sagrestia Nuova.
FIRENZE, Basilica di San Lorenzo
Pa a Le e X e b de a fa ig ia de Medici e e d e e e e i i i a a Fi e e chiede a
Michelangelo di intervenire nella facciata e l a i a propone una tipologia di prospetto che è molto
particolare nella sua complessità. E questa ricostruzione ci spiega bene in che termini. La tipologia
tradizionale di facciata romana è caratterizzata normalmente da un livello terreno, di norma più ampio, che
c i de a i e a a a a a centrale e alle cappelle laterali o navate laterali di norma più basse, mentre
a un livello superiore di solito, come abbiamo già incontrato in Alberti, si trova una campata centrale più alta
raccordata tramite delle volute lateralmente: si tratta di una facciata su due livelli. Michelangelo propone
una facciata sì su due livelli, nella quale il livello centrale si caratterizza, superiormente, per una ripetizione
de i e a e c i i aggi a di i a ia g a e Capiamo quindi che il corpo centrale
non è altro che un tetrastilo, che viene sovrapposto a un livello basamentale che tuttavia non è omogeneo.
Vediamo, infatti, che la scansione è in 3 parti e già questo ci fa capire che la strutturazione della facciata è
totalmente innovativa, proprio perché Michelangelo immagina un sistema di corpi che avanzano e arretrano
e producendo un ritmo di sistole e diastole va a determinare una composizione sostanzialmente a trittico. La
i e i i e de e e e binato, a a ga e c e ie a i e i ei e di a e c ea a
continuità fra le parti che tuttavia sono distinte e gerarchizzate. Questo sistema a tre elementi vedremo che
aà ca a di ba ag ia deg i a chi e i de ba cc Miche a ge a ici a ag i i i i de 500 questa
tematica. Vedia a c a che e a a a e e a e a e e i e i e e c e in parte a i e de a
muratura (si dice che sono inalveolate), b a che iene creata dà un forte senso di plasticità. Ecco che ora
capiamo perché Wolfflin parlava in questi termini; perché Michelangelo adotta degli stratagemmi, si applica
alla progettazione come se fosse uno scultore. Immaginando, quindi, il chiaroscuro che ne è conseguenza di
una plasticità de a c i i e U a a ici à deg i e e e i c i i i de a chi e a N i
di eg a i a a e e c e e a a e ca di A be i i e i a Sa a Ma ia N e a a Te io Malatestiano)
ma adesso questi elementi sono sporgenti, sono dotati di una loro forza espressiva e collaborano, dialogano,
con quelli che sono gli apparati scultorei e gli altorilievi. Si tratta di un nuovo modo di pensare in sé
a chi e a ebbe e ia ega anche questo alla tradizione. Tradizione che viene rivalutata e rimescolata.
L ordine non è crescente come era ad esempio nel Colosseo, ma al contrario vediamo la ripetizione sempre
dello stesso ordine che però, se a livello del terreno è realizzato in colonne, al livello superiore invece viene
ripetuto utilizzando invece delle paraste e allo stesso modo il basamento, che è ripetuto al livello del terreno,
qui diventa una sorta di attico-basamento che fonde più livelli comunicativi.
La Sagrestia nuova
Nella Sagrestia nuova si riprende quello che è il tema della tradizione, ovvero uno spazio centrale alla maniera
di quello già ideato da Brunelleschi nella Sagrestia vecchia (uno spazio che è sostanzialmente un cubo su cui
si poggia una volta) ma vediamo con Michelangelo una formulazione interna dello spazio che è diversa. Le
nicchie si vanno i e e d a i e di di e i e che i a di e aggi e e che c e e di
aumentare il livello decorativo creando una gerarchizzazione, la quale si ripete ovunque. Ad esempio anche
a i e di e a i vedi cerchio rosso) vi è una gerarchizzazione, si mima la presenza di una bucatura
che però è inesistente, si inserisce a i e a i e c fe e e e i a e a
inquadra questo arretramento e consente quindi il suo sviluppo in profondità. Il timpano spezzato è
idea i e iche a gi e ca d e i c ega e c di e aggi e è tretto, quasi arriva
a a bi e e E e ide e i di che a i e è
smisurata per poter dare nuovamente un senso di drammaticità.
Quindi la produzione scultorea, il modo di realizzare le sculture,
si riversa anche nella stessa formulazione de e e e
architettonico.
La pianta ci dice una cosa molto chiara: le colonne in questo spazio non sono sporgenti ma inserite a i e
della muratura. Michelangelo recupera la funzione statico-costruttiva delle colonne perché disponendole al
loro interno avrebbero partecipato alla struttura. Al contrario se fossero state utilizzate come elemento
decorativo sarebbero andate solo ad appesantirla. Se e i e e edia c e a ae
situazione mostra un dislivello tra lo spazio dedicato alla lettura e quello che è il ricetto, invece inizialmente
Miche a ge e a a di i e i e ce a i che e e e a i g e de a ce da a e a ebbe
id a e ae e e a i fa e d a a ici à de i e a c i e T a ia è a c
ed i i è ega a fa che i a a a di a i e i a i a e e ca i di
Michelangelo opta per un attico che a d ad a e e a e a aggi e g i e e e a che di
ingigantire e c ea i e de a a ae e è a e e a eggia e c e i fa i
in questa maniera viene enfatizzata la verticalizzazione interna. La soluzione definitiva porta a un diverso
impaginato rispetto a quello inizialmente che non avrebbe avuto questo livello di finestrature superiori.
ROMA, Il Campidoglio
E il cuore della politica romana che nel corso del tempo si era andata sottomettendo alla guida del pontefice.
Nel 1534 Papa Paolo III Farnese i e de c che e c e è i f e decade a cca i e è
ega a a a i i a a R a de i e a e Ca V e c i ea e a accheggia R a a che a
prima) il quale è accolto con una processione che tocca tutti i principali siti della città: il Colosseo, San
Giovanni in Laterano, San Pietro. In questo percorso una delle tappe era il Campidoglio e proprio in questo
momento il nuovo pontefice farnese si rende conto che lo spazio non è adatto ad ospitare manifestazioni
pubbliche e decide di intervenire. Dunque, si prende la decisione di ristrutturare il cuore del potere
capitolino. Inoltre, vuole farne una nuova cittadella religiosa cristiana contrapposta alla concezione laica del
luogo. Il primo atto di questa politica è la decisione di pavimentare la piazza, ponendo al centro la statua di
Marco Aurelio, sopravvissuta alla furia distruttrice dei primi cristiani perché creduta raffigurante Costantino.
I a a chiede a Miche a ge di ea i a e iedi a e a i a ea i zerà ovale (forma già sperimentata
da Baldassarre Peruzzi in varie occasioni ma che non viene mai effettivamente realizzata). Michelangelo si
occupa anche della realizzazione dei palazzi, due di questi già esistevano, ovvero palazzo senatorio e palazzo
dei conservatori alla nostra destra, mentre a sinistra palazzo Nuovo, realizzato come suggerisce il nome ex
e a a e i e a i i i de da a chi e Gi a Rai a di
L i e e e di Papa Paolo III è legato anche al fatto che questi in quegli anni stava risiedendo a Palazzo Venezia
in quanto il suo palazzo era ancora in costruzione ad opera di Sangallo il giovane. Attraverso un sistema di
percorsi, dal palazzo del pontefice si poteva arrivare direttamente alla piazza e quindi possiamo constatare
e i e a di ei e i a i e che spinge il Papa a intervenire in questo spazio, ovvero il voler
rinnovare questo ambiente per trasformare questa cittadella della politica romana in una cittadella religiosa
cristiana, affermando qui di i ee e deci i i de a U ba i ica e e a e de a
ada c i de a a a e di i e ia di e a ia a che è immaginata come un trapezio, il quale lato
corto è rivolto verso la strada e quello largo verso il palazzo senatorio. La scelta è voluta da Michelangelo per
monumentalizzare nel suo insieme quello che era il palazzo senatorio. Una soluzione che abbiamo già
incontrato nella piazza di Pienza. Probabilmente Michelangelo immaginava di strutturare in maniera diversa
il palazzo senatorio, infatti abolita la vecchia scalinata immaginava di realizzarne una nuova sopra una sorta
di portico che avrebbe garantito un affaccio coperto sulla piazza e sotto invece avrebbe preso posto una
grande nicchia centrale. Quindi la solu i e che ggi edia è i ea à di e a i e a e a
babi e e i agi a a da Miche a ge che i i a e ded e da i ci i e ea i a a i a de a
sua morte. Questo portico poi poggiato su 4 colonne andava a definire una sorta di baldacchino: ci
ic eghia a e e a di ac a i a i e di e ai i e c i ia U e a i e di
cristianizzazione. Nel palazzo dei Conservatori Michelangelo riversa tutta la sua capacità progettuale,
di eg a d edifici c e a c enetrazione di diversi sistemi architettonici. Un ordine gigante di
paraste corinzie trabeate delinea la facciata e scandisce il ritmo. Al suo interno, al pianterreno prendono
posto dei baldacchini su colonne (di cui due dietro inalveolate). Sopra, invece, il piano nobile presenta finestre
con frontone semicircolare. Michelangelo sta ragionando secondo una compenetrazione di diversi sistemi
a chi e ici che e g e i de a e i eccia c i architettonici primari con corpi
secondari, ragionando per sovrapposizioni scultoree. Da ultimo, conclude il livello superiore con una
ba a ac a e e e i di a a B a c i a A i a di Raffae lo. Questo sistema non è altro che
il tema progettuale che verrà sviluppato dai maestri del barocco, vedremo che sia Bernini che Borromini
ii e a e e di e giga e e a c a e a chi e i i a e de e ca a e Fi i
Juvarra, lo utilizzerà nuovamente e così farà anche Nicola Salvi per la fontana di Trevi. Sarà quindi una
i e di i e cce che i a à e e fi a a bi e a XIX ec
ROMA, Basilica di San Pietro
Qui Michelangelo lavora ripetutamente e realizza questi due affreschi nella Cappella Paolina che segnavano
uno sviluppo del suo modo di raffigurare e nella crescita della sua concezione personale artistica.
Quando Michelangelo stava lavorando a San Pietro rinuncia ad avere i deambulatori che stava realizzando
Sangallo, quindi non aggiunge altre cose ma al contrario le toglie ed applica un ordine gigante che sorregge
e e a ic L di e è e e g aea e e cè a e e e i a e a di i e
e diastole che imp i e di a ici à Q e è a eggia e iche a gi e c i ica e a
id e e fa i a d c a chi e a che ie e d a a i a a Toglie per via di levare, conferisce così
e aed a a ici à a a chi e a Questa drammatizzazione è un atteggiamento scultoreo che viene
dalla formazione iniziale di Michelangelo che i if e e a chi e a
Porta Pia
Nel 1561 sale al soglio pontificio papa Pio IV, il quale inizia a
risiedere stabilmente durante la stagione estiva nel palazzo
del Quirinale: il palazzo Montecitorio e propende a
urbanizzare la via Pia, zona retrostante che si indirizza verso
le antiche mura aureliane. La scelta è premeditata e voluta
e i e i e di a e g i abi a i de a ci à ad
abba d a e a a de Te e e g e ic
poiché soggetto a inondazioni. Per incentivare
a ba i a i e i a a fa costruire una grande strada che
arriva fino alle mura, aprendo una grande porta, Porta Pia,
che viene dotata di un prospetto accattivante verso
i e I e di P a Pia g a da e e e
come sarebbe sensato che fosse per una città, ovvero rivolto
verso colui che arriva a Roma mostrando quindi la grandezza
de a ci à a a c a i g a da e i e verso la
ada E d a a e c ii efice tende ad offrire
una sorta di attrazione locale che possa sfavorire nobili e alto
clero a trasfe i i i e a a de a ci à Miche a ge a a e a faccia a ifi a di i i a e a c e i
i e a ea i e e i abea a e i i a di e a chi e ic e dei i a i ia g a i e c i i ei
de a di abbia a compenetrazione degli ordini architettonici in una modalità che
i ee ei ae i de ba cc U a a idea iche a gi e ca è ii di e e e i dec a i i che
troveremo in Borromini e Pietro da Cortona, costoro si definiscono allievi di Michelangelo perché ne
comprendono lo spirito e lo portano avanti.
Al centro di Porta Pia Michelangelo si permette
poi di inserire un grande mascherone
apotropaico che, frutto della sua immaginazione
che sarà criticato dagli antiquari per la sua
spaventosità. Ci rimanda a una tradizione che
non è cristiana e se da una parte verrà
apprezzato, ci sarà anche chi come Pirro Ligorio
che lo disprezzerà. Verrà disprezzato perché
Michelangelo estranea questi elementi dai loro
contesti di provenienza e li riutilizza come
apparati esornativi. Quando invece antiquari
come Pirro Ligorio intenderanno riutilizzare queste soluzioni tratte dai monumenti antichi con il significato
che loro stessi gli attribuivano sulla base delle loro indagini.
A i e a Chie a ha i ia ce a e c
a bie e e bi e ia e i a ec i ge e
quindi prevede una longitudinalizzazione dello
spazio lungo l a e di i e ia U a i che
diventa longitudinale per rispondere alle esigenze
della liturgia cattolica che tuttavia non rinuncia ad
ave e a ce a i à de a a Vedia c e i a a
di a e e a i c e e a de a
Ecco che in questo processo di verticalizzazione le
a ie c e c e a e e di cia e a
da a a, cioè quella interna da quella esterna. Una
scelta precisa voluta da Giacomo Del Duca per
e e i ae e a a i e ga a i e c
un ingresso maggiore di luce. Se finora abbiamo
assistito a cupole, come quella di San Pietro o Santa
Maria del Fiore, caratterizzate da elementi di
conne i e i e ca i ece c è a c ea
separazione tra le due parti che lavorano in
autonomia. Vediamo dalla presenza di numerose
aperture come il tema della luce fosse centrale e come la lanterna sia trattata scultoreamente attraverso la
presenza di mensole con sopra delle colonne che si riflettono in delle paraste e prevedono al loro interno dei
passaggi e sopra delle ulteriori
forature. Si tratta, dunque, di
un virtuosismo e di una
lanterna immaginata in
rapporto alla sua stessa
funzione costruttiva.
Versus Michelangelo: Pirro Ligorio
Pierro Ligorio è un architetto, pittore, antiquario, studioso di monumenti che a Roma si dedica non solo al
commercio di oggetti antichi, ma anche alla realizzazione di vere e proprie architetture. Noi ne vediamo due
e non vediamo villa d Este sia perché si tratta di un complesso in cui interviene sostanzialmente nella
progettazione del giardino attribuendo precisi significati agli elementi scultorei che vengono introdotti
all interno del parco, sia perché per nostro maggiore interesse è il Casino di Pio IV in Vaticano, che in realtà
è realizzato all epoca di Papa Paolo IV e si tratta di uno spazio aperto attorno a una piazza ovale dove
prendono posto degli edifici in cui si addensa la decorazione e questa decorazione ha precise volontà
esornative.
La forma dell ovale ci lascia un po perplessi e ci potrebbe far pensare a un volersi allineare al modo
progettuale di Michelangelo, ma non dobbiamo cadere in inganno. Si tratta di uno spazio di svago, che aveva
l obiettivo di dilettare il pontefice e i suoi accompagnatori e invitati. Per questo motivo Ligorio addensa questi
elementi scultorei dal sapore antiquario. Si trattava più di uno spazio espositivo rappresentativo, uno spazio
nel quale trattare, raccontare e dibattere sull antico piuttosto che di uno spazio che aveva una reale funzione
pubblica. E uno spazio privato e per questo trasformabile e definibile attraverso una forma più bizzarra, non
legata a nessuna tipologia di cerimoniale.
Terminiamo la lezione con un ultima realizzazione di Ligorio
in Vaticano, ovvero il Nicchione del Belvedere. Come
sappiamo la grande nicchia era stata progettata e realizzata
all epoca di Papa Giulio II, sotto supervisione di Bramante
che aveva dato inizio a questo grade cortile che serviva per
cerimonie e ricevimenti e che attorno avrebbe avuto queste
due immense ali dove si sarebbero andati collocando gli
uffici papali, quindi gli uffici di amministrazione dello stato.
Sopra lo spazio della nicchia viene inserita quest altro locale
che Ligorio tratta alla maniera antica come un porticato. Si
tratta quindi di una soluzione strettamente esornativa che
non ha una qualche funzione rappresentativa, ma si tratta di
uno spazio pensato, come dimostrano queste immagini, che
consentiva di godere della vista di San Pietro e consentivano
di avere una vista ampia sulla città di Roma e quindi si tratta
di un belvedere con un loggiato entro cui si poteva rimanere
anche nei giorni di pioggia protetti dalle intemperie.
Come vediamo si applica l utilizzo dell ordine tuscanico con una semplice copertura piana con travi e quindi
uno spazio molto semplice pensato all antica. Si tratta di un atteggiamento diverso quello di Ligorio rispetto
a Michelangelo, sebbene quest ultimo progetto ci testimoni come anche alla fine anche Ligorio non fa altro
che procedere per via di levare.
Storia dell’architettura
Lezione del / /
Ci muoveremo quindi lungo tutta l’Italia principalmente nel nord e andremo a vedere un nuovo
linguaggio che ancora non si è formato del tutto, ma che già mostra elementi di novità. Questa
novità prende le mosse sia dall’esperienza michelangiolesca, sia dal nuovo tema della grande
Chiesa controriformata.
Sgombriamo il campo da alcune credenze popolari. Lo scisma protestante è veicolato da ragioni
prettamente politiche, infatti era conveniente, soprattutto da parte dei principi tedeschi, aderire a
questa nuova riforma, per svincolarsi dalla presenza ingombrante della Chiesa. Più di una volta,
infatti, la Chiesa era riuscita a rivendicare il proprio controllo territoriale e politico riguardo la
nomina dei vescovi; questo creava non poche difficoltà di governo, ragion per cui, l’occasione
offerta da Lutero si rivelò ghiottissima per potersi allontanare dall’autorità del pontefice.
Inizialmente, lo scisma protestante è considerato solo un’eresia, e tale viene trattata.
Successivamente, quando ci si rende conto che la questione non tornerà indietro, la Chiesa prova a
trovare un accordo di pace. Questo momento viene chiamato Riforma cattolica da non confondere
con la Riforma protestante , che coincide con il Concilio di Trento a cui non ha partecipato nessun
protestante, motivo per il quale ha fallito . Solo dopo il fallimento del Concilio tridentino si arriverà
a una Controriforma cattolica, che non è altro che un’azione mirata a ristabilire l’autorità della
chiesa. Nel momento in cui la Chiesa si trova ad agire in questo nuovo ambito culturale e sociale di
controriforma, chiaramente deve andare stabilendo alcuni parametri che distinguano chi è
cattolico da chi è protestante. Si tratta di un periodo complesso dove bisogna definire nuovi
parametri. Ma quali sono questi nuovi parametri? Se andiamo a vedere il Concilio di Trento, questo
non ci dice nulla. Non viene stabilito nessun criterio oggettuale, ma vengono date delle indicazioni
abbastanza sommarie. Di conseguenza, è grazie l’attività di alcuni prelati, a partire da San Carlo
Borromeo e il cardinale Paleotti, che si vanno a definire dei precisi modi progettuali. Questo
delineerà una serie di nuovi atteggiamenti. Es. Cesare Baronio propone di salvaguardare le
antichità all’inizio del ‘ ; questo porterà quarant’anni dopo papa Pamphilij a non radere al suo
San Giovanni in Laterano, ma a preservare le antiche murature. Si tratta di un cambio di
atteggiamento radicale se pensiamo che Giulio II non si era fatto tanti problemi nel distruggere la
basilica di San Pietro.
Sono anni cruciali, in cui l’attività dei nuovi ordini religiosi, la nuova Chiesa militante, dà la
possibilità di progettare, ponendo delle telematiche nuove. Se finora il tema centrale era l’antico,
ora si pone l’attenzione sul realizzare spazi precedentemente non esistenti. Assistiamo quindi alla
nascita di problemi progettuali moderni.
Partiamo da un caso molto piccolo ma significativo: la chiesa di Sant Andrea a ia Flaminia
realizzata da Jacopo Barozzi da Vignola. Ci troviamo intorno alla metà del ‘ , in concomitanza
con il pontificato di Giulio III Ciocchi Del Monte, il quale già dal nome fa evincere la volontà di
avvicinarsi al suo predecessore, facendo riferimento a un gusto per l’antico che lì per lì sembrava
essersi un attimo perso con il Concilio di Trento e la Riforma cattolica.
Vignola si trova a realizzare questo piccolo spazio che il Papa vuole far costruire perché è da
dedicarsi al santo la cui ricorrenza ricadeva nel giorno in cui questi il Papa era stato liberato
perché si trovava in prigione dall’arrivo dei Lanzichenecchi a Roma. Se nel il Sacco ha creato
parecchi problemi, per Papa Ciocchi Del Monte questa è stata un’occasione d’oro.
Progettualmente vediamo che si pone una questione, ossia il non poter più realizzare uno spazio
centrale, perché abbiamo detto che siamo in un periodo di Riforma cattolica, e quindi uno spazio
centralizzato con tutti quei significati che abbiamo finora incontrato, si presentava sostanzialmente
come uno spazio pagano le chiese paleocristiane erano invece a pianta longitudinale, tre navate e
via discorrendo .
Quindi Vignola sceglie un impianto a pianta longitudinale, un rettangolo con un chiaro asse
preponderante longitudinale.
Tuttavia, distribuisce le paraste all’interno di questo spazio in maniera tale da creare l’impressione
di avere una croce greca certo allungata lungo l’asse longitudinale, ma pur sempre una croce
greca . Sopra vi inserisce una grande volta ovale. Progettualmente, costruire una volta ovale
costituisce un problema non di poco conto; agli angoli i pennacchi non saranno regolari, per questo
si parlerà di pennacchi ellissoidi che determinano una forma “deformata” dello spazio che Vignola
decide di accettare all’interno della sua progettazione. Cercherà di mascherare il tutto
sottolineando le archeggiature e lo spazio proprio della volta.
La volta ovale e i pennacchi fatti a mano che non hanno nessuna forma di regolarità sembrano
avvicinarsi quasi di più a una tradizione gotica piuttosto che a quella perfezione tipica dell’antico.
Per mascherare ulteriormente, Vignola adotterà un ulteriore elemento emblematico nella facciata:
il richiamo al Pantheon è facilmente individuabile.
Questa piccola chiesa aveva la sua importanza, in quanto si trovava lungo la via Flaminia. Si trattava
della via principale di accesso a Roma che attraversava gli Appennini e le varie città del nord.
Nonostante ciò, fino alla fine del ‘ i mercanti preferivano circumnavigare la penisola piuttosto
che attraversarla per una questione di gabelle per ogni città che si attraversava bisognava pagare .
Solamente all’epoca di Papa Pio VI Braschi e riforma dell’ la situazione cambierà e
verranno istituite le dogane che ancora oggi sono presenti ai confini degli stati.
In questa riproduzione è possibile vedere come si presentava la strada che conduceva all’Urbe.
Una via dunque di grande importanza, e questo tornerà più avanti nel tema di come sistemare la
piazza del popolo. Abbiamo così introdotto la prima grande novità, ovvero in questa strada viene
realizzata una nuova chiesa, esterna al perimetro murario, con una precisa intenzione di anticipare
la sacralità della città di Roma.
Un’altra chiesa che Vignola realizza negli stessi anni è la chiesa di Sant Anna dei Palafrenieri si
trova accanto a San Pietro, è la chiesa dove vanno tutte le donne incinte perché si dice sia di buon
auspicio .
Si tratta di una chiesa a pianta centrale, dove la scelta dell’ovale presuppone un asse preferito,
quello longitudinale. L’esterno non anticipa mai l’interno. Questa è una caratteristica fondamentale
di Vignola. Dalla pianta vediamo delle colonne inserite parzialmente nella muratura; si tratta di una
soluzione a noi nota, poiché già Michelangelo lo stava facendo. Le sue idee introdotte in vita
diverranno parte integrante del linguaggio di molti artisti successivi.
Se vediamo la struttura dell’interno in alzato, ci accorgiamo che le cappelle laterali sono assenti,
mentre un grande voltone è solcato da una serie di unghiature di diversa dimensione che
accolgono al loro interno la luce. Siamo di fronte a una novità: non ci sono navate ma spazi
satellitari ristretti. L’attenzione è tutta concentrata nello spazio centrale.
Se prendiamo in considerazione l’esterno, ci accorgiamo che la cupola è accolta da un tiburio
struttura esterna che nasconde al suo interno la forma circolare o il profilo della cupola o del
voltone . Il tiburio, soluzione del settentrione e quindi non tipica del contesto romano, comincia a
fare a sua comparsa in città. Vedremo più avanti che molte soluzioni del nord verranno portate a
Roma, creando un dialogo ricco e florido.
Piccola curiosità: Vignola si riconosce per l’utilizzo di paraste lisce, una sorta di firma personale. Di
solito i lati delle chiese venivano lasciati spogli. Questo suo comportamento è un suo tipico modus
operandi.
Ora passiamo al caso più interessante, ovvero quello della Chiesa del Ges .
Le chiese dei Gesuiti erano spesso caratterizzate da ambienti mono aula tipiche della
Controriforma , con cappelle laterali, passanti i sacerdoti dovevano avere la possibilità di muoversi
e dire messa senza dover passare per lo spazio centrale, che era riservato invece ai fedeli che
dovevano assistere alla funzione che avveniva sopra il presbiterio rialzato, senza avere sotto la
cripta . Vengono abolite le navate laterali, che erano di solito preda delle prostitute.
Se noi però prendiamo come esempio la Chiesa del Gesù non vediamo tutti questi criteri applicati.
Questa chiesa ha una grande volta a botte, una cupola e una pianta curiosa. Questa è legata al
patrocinio che ebbe questa costruzione. Fino al la chiesa era rimasta irrealizzata, poiché
Michelangelo aveva prestato un suo disegno per la realizzazione della chiesa, ma non se ne fece
nulla, finché la costruzione non entrò nelle mani del cardinale Alessandro Farnese, omonimo di
papa Paolo III. Per soddisfare le sue manie di magnificenza, questi, non accetta di finanziare la
costruzione di una chiesa volta a seguire dettami pauperistici, eccessivamente poveri. Per questo
chiamerà Vignola, il suo architetto di fiducia che presenterà un progetto, di fatto imposto dallo
stesso cardinale, nonostante la controversia che si venne a creare con i padri gesuiti, e soprattutto
padre Tristano, l’architetto dell’ordine.
Vignola nel suo progetto propone una quincun evidenziata in rosso avevamo già visto questa
soluzione in San Pietro a opera di Bramante . Si trattava di n grande spazio centrale con accanto
quattro spazi satellitari che fungono da sostegno per quello centrale. Vignola però fa un passo
avanti: trasforma i due ambienti vicino gli angoli destri del quadrato nelle campate ultime della
navata. Tenta quindi di fondere l’impianto longitudinale con un impianto centrale.
Temi della Controriforma: bisogna differenziarsi. Non si possono più costruire chiese a pianta
centrale, ma a pianta longitudinale. Vignola propone una mediazione tra il tema di Bramante a San
Pietro e la necessità della liturgia cattolica di avere una navata longitudinale. Un’ibridazione a cui si
aggiunge una grande volta a botte, su precisa volontà del cardinale.
La Chiesa del Gesù non risulta essere quindi il prototipo di una chiesa gesuita. Il perfetto esempio
sarà Sant’Ignazio.
Vignola si spinge oltre. Le piante e i disegni mostrano un impianto tipicamente barocco.
Si nota qui un impianto centrale, un ovale con una navata anulare con una serie di setti con davanti
delle colonne. Una rivisitazione del linguaggio michelangiolesco praticamente, che ritorna anche
nella campata del presbiterio con quattro colonne agli angoli, come nella cappella Sforza.
Michelangelo era morto da quattro anni, ma già nuove soluzioni vennero adoperate, o perlomeno
riproposte. Le cappelle laterali vengono trattate con dei binati di colonne riferimento al
Pantheon .
Abbiamo quindi delineato i due schemi lungo i quali gli architetti si muovono: quello che hanno
imparato dal Rinascimento che è irrinunciabile quindi la ripresa dell’antico , e la necessità di
trovare un accordo tra questo e le nuove istanze della chiesa controriformata longitudinarietà,
assenza di cappelle laterali se non strettamente necessario, etc. .
Utilizzo di spazi nuovi: coretti. Sono un problema.
I coretti non esistono né nel mondo antico né nel mondo paleocristiano. Non c’è un riferimento a
una tradizione a cui appellarsi per la costruzione di questi ambienti. Si tratta di un tema che verrà
sviluppato in maniera autonoma dai singoli architetti.
All’interno abbiamo una navata unica caratterizzata da cappelle laterali, passanti, una volta a botte,
un presbiterio con un transetto molto contenuto altro elemento standard in queste chiese , una
cupola limitata all’interno di un tiburio e infine una novità. Troviamo un coro molto profondo che
diventa il nuovo spazio dove erano soliti mettersi i monaci. Vi è poi uno snodo angolare dove si
inserisce un passaggio di servizio. Sopra prende corpo il coretto qui troviamo un’interpretazione
diversa dell’elemento architettonico .
Sempre a Milano, lì accanto, vi è San Fedele, chiesa contemporanea a quella del Gesù a Roma
.
La prima idea che tenta di portare avanti Pellegrino Tibaldi è quella di uno spazio centralizzato
dove l’utilizzo dell’abside consente di direzionare la profondità dell’edificio, e quindi di conferirgli
un andamento longitudinale. Lo schema in questo caso è rinascimentale, anche se mascherato. Il
progetto non viene accettato. Notiamo due cose: la prima è che questa chiesa si sarebbe dovuta
organizzare secondo l’asse stradale prospiciente edificio attento al contesto di inserimento; si
tratta di una novità in ambito rinascimentale . Solo Peruzzi ha questo tipo di accortezza durante la
costruzione del palazzo per la famiglia Massimo.
Secondo, la chiesa mostra nuovamente questo connubio tra la centralità dello spazio e la necessità
di longitudinalizzarlo.
Ma come? Tramite l’utilizzo di due grandi campate centrali, quadrati interconnessi tra di loro,
attraverso delle colonne libere che minimizzano lo spazio interno. Le cappelle laterali si riducono
molto di dimensione, così come i percorsi che le attraversano. Tutta l’attenzione viene riversata
sulla mono aula completata dal transetto e dall’abside.
Queste grandi colonne libere sono colonne tratte da un’idea dell’antico. Queste colonne si
trovavano spesso anche a Santa Maria degli Angeli, dove lo stesso Michelangelo aveva riutilizzato
questi elementi. Tutto l’edificio sa quindi di antico.
Nella facciata vediamo poi la presenza di un elemento inusuale: un protilo.
Si tratta di un preciso riferimento alle Constitutiones di San Carlo Borromeo, all’interno delle quali
erano elencate tutta una serie di istanze che determinavano delle precise soluzioni progettuali es.
se non era possibile costruire un portico, bisognava almeno costruire un protilo . L’edificio ora
corrisponde a nuove funzioni e nuove esigenze rappresentative, e dialoga in stretto rapporto con il
contesto in cui è inserito.
● Introduciamo Palladio. Egli non lavorerà mai per un ordine religioso, in quanto gli edifici
sacri che realizzò furono tutti frutto di commissioni provenienti dalla Serenissima
Repubblica di Venezia.
In particolare, realizza San Giorgio Maggiore e la chiesa del Redentore.
L’impianto sembra a croce latina, ma è molto profondo. Questo è dovuto al fatto che Palladio
interpreta la progettazione delle chiese come aggregazione di spazi destinati a particolari funzioni.
In fondo vi era lo spazio riservato all’ordine religioso. A ogni funzione viene attribuita una precisa
strutturazione dello spazio, oltre a un tentativo di Palladio di utilizzare un linguaggio dell’antico. Di
antico qui in realtà c’è solo il lessico; non si stanno copiando edifici antichi. Viene meno l’idea di
recupero. L’emulatio bramantesca non c’è più. Ora vi è una progettazione moderna fatta con
elementi antichi.
Se guardiamo l’interno, questa idea è ancora più marcata, così come lo è la suddivisione degli spazi
in base alle loro funzioni.
Si tratta di una committenza della Repubblica di Venezia in occasione della peste del . Dato
che ci si trova in una laguna dove non è possibile sprecare lo spazio, ci troviamo davanti una chiesa
che esercitava più funzioni: parrocchia e santuario. Inoltre, era destinata a un ordine religioso. Per
questo, anche qui notiamo una differenziazione degli spazi in base alle funzioni. Si tratta di una
differenziazione molto più chiara e molto più vicina agli impianti della Controriforma navate,
cappelle laterali, passanti, uno spazio triconco ispirato all’antico che definisce l’area presbiteriale e
un colonnato che delimita l’area del coro destinata ai monaci .
Anche le colonne all’interno creano un elemento di continuità.
Vignola, Tibaldi e Palladio, nonostante non abbiamo mai interagito tra loro, riuscirono in poco più
di un decennio a sviluppare proposte autonome che, partendo dalle stesse esigenze, portarono a
risultati analoghi.
Ci spostiamo di nuovo a ROMA. Siamo nella seconda metà del ‘ , nel cuore della Controriforma.
La città ora deve assurgere non solo al ruolo precedente che aveva di capitale di un regno, ma
anche di cuore di quella cristianità cattolica che in essa si riconosce. I pontefici in maniera molto
scaltra subito comprendono questa necessità di intervenire sull’abitato. Già a partire da Pio IV
abbiamo visto che venne realizzata una nuova strada la via Pia . Nella stessa maniera si comincia a
pensare di reinserire nel circuito cittadino anche tutte quelle chiese che servivano per rivangare la
sacralità di Roma. Stiamo parlando di Santa Maria Maggiore, abbandonata a sé stessa, e San
Giovanni in Laterano, mai completamente in disuso. Serve quindi ricollegare il tutto attraverso
strade. Attraverso l’opera di Gregorio XIII e Sisto V, iniziò questo lento processo di
“modernizzazione” della città di Roma. Partiamo da Gregorio XIII. Fa realizzare via Merulana e
comincia a sostenere la creazione di nuove chiese, tra cui Madonna dei Monti.
Il linguaggio utilizzato da Giacomo Della Porta nella chiesa del Gesù non era un unicum, ma frutto
di un nuovo modo di costruire che si andava sempre più radicando nella città. Oltre al ritmo vi è
talvolta una volontà di semplificare alcune parti fasciature utilizzate come nuovo modo di
decorare le parti laterali esterne .
Sintetismo e magnificenza: due parole chiave per descrivere questo periodo. Si accomuna alla
ricchezza decorativa nuove forme di decorazione mai prese in considerazione prima di quel
periodo.
Questa dicotomia sarà ricorrente in molte architetture dello Stato Pontificio.
Nella chiesa di S Giacomo degli Incurabili si raggiunge questo equilibrio tanto sospirato centralità
e longitudinarietà . La soluzione sembra essere quella di ritornare a realizzare un ovale
longitudinale, che dopo le sperimentazioni di Vignola, viene riconosciuto come il modo migliore
per risolvere queste problematiche.
La chiesa ha un’aula unica con cappelle laterali. È caratterizzata da un grande voltone scandito da
delle unghiature finestrate e una cappella presbiteriale.
A questo discorso si arriva con una certa lentezza. La chiesa, infatti, che era una cappella per
l’ospedale che la fiancheggiava, inizialmente venne trattata come una chiesa con una navata unica,
con transetto ridotto e cappelle laterali. Successivamente si cercherà di svilupparla creando due
organismi autonomi. Si arriverà infine alla soluzione di connubio vista prima quella effettivamente
realizzata .
L’interno ci mostra qualcosa di nuovo.
Non si risponde più a quel criterio di linearità e simmetria. Il nostro occhio percepisce movimento,
qualcosa che non ci dà tregua.
Importante notare poi la presenza del contrafforte a volute, espediente usato precedentemente da
Antonio da Sangallo il Giovane per San Giovanni dei Fiorentini, e che ora trovano effettiva
realizzazione.
Linguaggio inclusivo del Barocco e importanza della risoluzione dei problemi.
Negli stessi anni in cui si realizza Santa Maria dei Monti, a BOLOGNA si realizza la chiesa di San
Sal atore a opera del padre barnabita Giovanni Antonio Magenta.
Notiamo subito come nelle pareti laterali emergono volumi lineari e semplici.
La pianta risulta essere un ulteriore passo avanti rispetto a quello che abbiamo visto fino adesso.
Vi sono colonne libere la citazione all’antico non può mai mancare , un ritmo delle campate che
non è regolare più stretta e più larga in alternanza , e una navata che viene conclusa con un
pilastro a L. Lo spazio della navata viene come separato da quello presbiteriale, e trattato come se
fosse uno spazio centralizzato. Una croce greca con il braccio longitudinale allungato, che si innesta
nelle cappelle laterali sempre passanti .
Torniamo un momento a MILANO per vedere la chiesa di San Giuseppe, realizzata da Francesco
Maria Richino. Questa chiesa diventa un’aggregazione di due spazi centralizzati.
La navata diventa un’aula autonoma su cui si innesta un santuario l’area del presbiterio che viene
differenziata anche in altezza. Si tratta di due organi separati, giustapposti l’uno accanto all’altro. Si
tratta di una novità dal punto di vista progettuale.
Carlo Maderno è un architetto ticinese. Riadotta un linguaggio simile a quello di Giacomo Della
Porta, con un ritmo ascendente verso il centro, apportando un’aggiunta: le due ali laterali in
mattoni. Si tratta di una mediazione con il contesto, creando un diretto contatto con la realtà
circostante. Questa idea tornerà nel Barocco.
Maderno sarà maestro di Borromini, con cui era imparentato. Sarà un anticipatore di questo nuovo
linguaggio.
Cosa fa papa Sisto V?
Il nuovo papa, prendendo le mosse dal suo predecessore Gregorio XIII, realizza una nuova strada
che collega Trinità dei Monti con Santa Maria Maggiore: via Felice. Questa strada non tiene in
considerazione l’orografia del terreno. L’obiettivo di questo ostinato papa francescano era quello di
collegare tutte le chiese di Roma, così da rendere possibile il pellegrinaggio di tutte le chiese in una
sola giornata.
Il fulcro del suo intervento fu la chiesa di Santa Maria Maggiore era già collegata a San Giovanni in
Laterano tramite via Merulana .
Il papa favorisce questa zona poiché vicino la basilica sorgeva la sua Villa Montalto oggi distrutta
dalla realizzazione della stazione Termini . Il papa possedeva tutta una serie di terreni che nel
momento dell’urbanizzazione crebbero di valore.
Un esempio è dato dalla Fontana del Mosè di Domenico Fontana, creata per far arrivare l’acqua
nel momento in cui venne spostato il mercato di Farfa.
Inoltre, il papa fa realizzare da Domenico Fontana una cappella funeraria all interno di Santa
Maria Maggiore.
Solitamente i papi sceglievano come luogo di sepoltura la basilica di San Pietro. Per questo motivo,
la scelta di Sisto V Peretti è sicuramente particolare. Inoltre, questa cappella non era stata pensata
solo per lui, ma anche per ospitare le spoglie di papa Pio V Ghisleri, il suo protettore una sorta di
omaggio .
La cappella, a croce greca con impianto centrale, è caratterizzata da ricchezza decorativa. Vediamo
che ritorna un ordine stilizzato tamburo, alta cupola . Vi è un ritorno alla decorazione e alla
ricchezza espressiva che si era persa nel corso del ‘ con gli ordini monastici.
Torniamo indietro. Vediamo che la cappella si va organizzando in una serie di paraste, continue
rientranze, compressioni e dilatazioni che segnano un movimento all’interno della parete, che non
è più lasciata liscia e destinata a ospitare affreschi, ma si va articolando con un forte elemento
decorativo. Questa soluzione di Domenico Fontana avrà un grande successo, perché anche Paolo V
si farà realizzare dall’altra parte una cappella pressoché identica.
Santa Maria Maggiore: una chiesa ristrutturata ma con ancora un valore dell’antico. Ha tre navate,
non aveva un transetto che improvvisamente si trova ad avere, assieme a due cupole che
cambiano l’assetto dello skyline dell’Esquilino. Questa chiesa diventerà il cuore del nuovo impianto
urbano.
Il papa, inoltre, interverrà in ambito urbano inserendo tutta una serie di elementi visivi, ovvero gli
obelischi, al termine di queste grandi strade, in modo tale da segnalare otticamente il punto di
arrivo delle suddette.
Sisto V ordinerà dei massicci interventi presso San Gio anni in Laterano, tra cui il palazzo, che
venne distrutto e poi ricostruito.
In questo momento il contesto urbano diventa fondamentale per le scelte costruttive dei singoli
architetti. Il progetto viene informato nel contesto entro cui si va inserendo. E lì che vengono prese
decise scelte progettuali.
Il completamento della na ata di San Pietro a opera di Carlo Maderno. Fino a quel momento non
si sapeva come completarla. L’incarico viene rimesso da Paolo V Borghese a Carlo Maderno, che è
in quel momento l’architetto principale.
In tempi recenti è stato rivalutato il suo lavoro a San Pietro, riconoscendo il rispetto che ebbe per il
progetto di Michelangelo.
Dalla pianta è possibile notare come la riduzione dello spazio in basso, permetteva a chi era in
piazza di percepire la chiesa nella sua integrità, potendone vedere la sua terminazione laterale.
Questo permetteva all’osservatore di avere una visione integrale, e di immaginarsi la chiesa
secondo quell’impianto centrale che nella realtà non aveva.
Maderno prosegue la navata inserendo dei timpani spezzati, utilizzando quindi un linguaggio
michelangiolesco, ripropone un ordine gigante con dei binati quindi segue pedissequamente la
soluzione e adotta una volta a botte.
Per quello che riguarda la facciata, viene stabilita la costruzione di un portico e di una loggia delle
benedizioni avevano diverse funzioni, specialmente nel periodo della controriforma .
Questa è la facciata così come la conosciamo noi oggi. Dobbiamo però immaginarla senza le due
campate laterali che verranno aggiunte successivamente.
Ordine gigante con sopra un grande attico. Non si fa altro che riproporre la scansione di
Michelangelo adottata lungo le pareti retrostanti. Al centro vi è un grande tetrastilo. Grazie a
recenti restauri, è stato possibile notare come il colore della parete fosse volutamente più scuro
rispetto a quello delle grandi colonne. Come mai? Sappiamo che Michelangelo voleva realizzare la
facciata con davanti un portico. Possiamo pensarlo come un portico d’ingresso della chiesa; lo
stesso portico che avrebbe voluto realizzare Michelangelo. Non si può fare molto bene, ma
attraverso questo gioco di coloriture, si può trasmettere la percezione di questa soluzione. Altri
elementi michelangioleschi sono le colonne che sorreggono la trabeazione.
Negli anni ’ del ‘ , circa venti anni dopo la terminazione della facciata, papa Urbano VIII
Barberini commissionò a Bernini la costruzione dei due campanili. Questa decisione è legata al
fatto che fin dall’origine questa chiesa doveva essere munita di due campanili in facciata. Bernini
cominciò subito a costruire con scarsi risultati, poiché il terreno non era abbastanza resistente. La
facciata cominciò a incrinarsi; per questo motivo vennero abbattuti i livelli superiori e vennero
lasciate le due campate. Nel momento in cui vengono lasciate le due campate, la facciata è troppo
larga e risulta chiatta. La soluzione di piazza San Pietro non è altro che il tentativo di Bernini,
sostenuto da papa Alessandro VII di risolvere il problema della facciata chiatta. Più si è distanti,
meglio la si riesce a vedere e più si ha la percezione di un impianto centrale.
GIAN LORENZO BERNINI (PARTE PRIMA)
Come abbiamo anticipato sabato durante la visita, oggi tratteremo della figura di Gian Lorenzo Bernini, uno
dei principali esponenti del Barocco insieme a Francesco Borromini e Pietro Berrettini da Cortona. Come
abbiamo già avuto modo di dire, questi tre giovani artisti sono nati verso la fine del 500: Cortona nasce nel
1597, Bernini nel ’98 e Borromini nel ’99. Nascono tutti e tre molto dopo la morte di Michelangelo
nonostante se ne professino esserne degli allievi. Bernini, Borromini e Cortona non scrivono dei trattati al
riguardo di quello che poi sarà denominato “il linguaggio barocco”, noi conosciamo le loro intenzioni
progettuali attraverso dei resoconti o delle piccole pubblicazioni. Nel caso di Borromini, ad esempio,
vedremo che l’Opus Architectonicum, un’opera postuma, pubblicata nel 1725, ci offre delle indicazioni
precise su quali erano le sue intenzioni progettuali, mentre di Bernini non abbiamo queste informazioni ma
sappiamo, attraverso i resoconti del suo viaggio in Francia e attraverso la sua biografia scritta da Baldinucci
e poi anche dal figlio, grossomodo quali fossero le modalità attraverso cui questi procedeva nella
realizzazione delle proprie opere.
La carriera di Bernini incomincia da molto giovane (non mi soffermerò sulla parte di Bernini scultore che
immagino abbiate affrontato già nei corsi di storia dell’arte moderna). È proprio a partire da questa sua
prima attività scultorea che viene notato dal cardinal Scipione Borghese e quindi entra in contatto con l’alto
clero pontificio. Infatti suo padre era un bravo scultore di origine fiorentina, il quale si era trasferito
successivamente a Napoli e quindi era venuto a Roma verso la fine del 500, richiamato dalla crescita della
città di cui abbiamo parlato venerdì scorso. Questa rinnovata importanza di Roma che doveva quindi essere
il cuore della rinnovata forza del cattolicesimo e che quindi avvia numerosi cantieri, richiama molteplici
artisti tra cui anche il padre. Bernini incomincia la sua carriera attraverso la scultura, come Michelangelo. Ed
è proprio su questo parallelo che papa Urbano VIII Barberini, al momento della sua elezione, immagina di
fare di Bernini il novello Michelangelo del suo tempo. Questo presuppone un’attività da parte di Bernini che
sia universale come lo era stato nel caso di Michelangelo, quindi mescolando l’architettura alla pittura e
alla scultura. È proprio su questo punto che insiste il biografo Filippo Baldinucci quando scrive questa
celebre espressione : “Bernini è stato il primo che ha tentato di unire la pittura con la scultura e con
l’architettura, in tal modo che di tutte si facesse un bel composto”. Anche Raffaello aveva fuso
perfettamente le arti quindi in che cosa sta la novità? Sta nella dinamica della relazione, ovvero vengono
forzati i limiti, queste arti collaboravano tutte insieme mantenendo ognuna però il proprio compito che ora
viene superato. Attraverso questo superamento le arti cominciano a fondersi e a ragionare in rapporto alla
specifica Circumstantia rerum, cioè alla situazione di fatto diremmo oggi. Da questo ne vengono alcune
caratteristiche proprie del linguaggio barocco che sono specificatamente visibili in Bernini. Anzitutto il
rapporto con il contesto: le arti collaborano insieme per risolvere un problema e quindi il contesto che
prima veniva escluso dalle intenzioni progettuali adesso viene riinserito in un circuito più ampio. La
difficoltà che è determinata dall’intorno è la base da cui può scaturire l’idea vincente. Non si tratta di
definire delle regole assolute o dei modelli ma, più che altro, di trovare la soluzione data a quello specifico
problema definendo volta per volta il compito che dovranno avere le arti. In tal senso il genio berniniano
che sottolinea Baldinucci, sta nel fatto che è l’artista che deve dare un proprio apporto personale; è
un’invenzione che è alla base del processo creativo.
Questo è un po’ il concetto di fondo, quando parlo di dinamismo mi riferisco a un comportamento evidente
in scultura e che credo voi già conosciate. Se prendete i due David è evidente la scelta del momento:
Michelangelo sceglie un momento precedente al fatto, il copro è in completa tensione; mentre Bernini
sceglie il momento di massima tensione, ovvero il momento in cui sta per scagliare la pietra, capite quale è
il salto, il passaggio di fondo.
Andiamo a vedere alcuni casi specifici che ci aiutano a capire meglio l’attività di Bernini:
È non uno dei primi lavori di Bernini, fatto dopo la realizzazione del palazzo di cui parleremo. È
particolarmente utile per noi per capire il procedimento che esegue Bernini nella concezione delle sue
opere. Si tratta di una fontana che ha qualcosa di nuovo rispetto ai tipi principali. A Roma si trovavano di
solito fontane a mosca, come quella del Mosè o anche dell’ Acqua Paola. Talvolta, più raramente si
trovavano fontane con vasche sovrapposte, si pensi alla fontana delle tartarughe per esempio. Bernini si fa
innovatore di un tipo iconografico partendo da quella che è la tradizione del bacino d’acqua a livello
stradale, tipica delle fontane fiorentine, che Bernini conosceva in quanto il padre era di origine fiorentina. Il
tipo viene trasportato nel contesto romano e utilizzato a livello stradale per disegnare una sagoma che è
mistilinea, questo è già di per se una novità. L’altra novità è che la scultura in questo caso va a svolgere una
funzione costruttiva, diventa l’occasione per realizzare una sorta di piedritto (fatto dai delfini sui quali
poggia il Tritone da cui esce l’acqua)
Le quattro code si vanno a unire formando un sostegno e vanno a descrivere una nuova funzione da parte
della scultura che non è solamente decorativa ma anche costruttiva. Vedremo che nelle principali opere di
architettura, Bernini utilizza la scultura in senso di commento alla realizzazione costruttiva, ciò non di meno
è sempre lui però che usa, in ambito costruttivo, questa soluzione quando le circostanze lo richiedono
come appunto in questo caso. C’è poi un altro tema che dobbiamo focalizzare; questa sorta di metamorfosi
della natura verso la perfezione, a ben vedere non è altro che quel concetto di Natura Naturans, è l’uomo
che conferisce perfezione attraverso il proprio intelletto. In questo siamo in perfetta continuità con la
tradizione rinascimentale. Quando abbiamo parlato di Antonio da Sangallo il Giovane e abbiamo visto il
caso della chiesa di San Giovanni dei fiorentini, vi ho detto che San Gallo dice di volere perfezionare per
correggere gli antichi; ecco a distanza di più di 100 anni, anche Bernini si propone di migliorare la natura e
ciò che era stato fino a quel momento condotto a termine. C’è un processo logico di continuità; il barocco
non si pone in antitesi verso il passato che lo precede ma al contrario intende inglobarlo in funzione di
quello che è l’obiettivo finale da perseguire.
Ci accordiamo che Maderno nella sua impostazione si riallaccia al Colosseo ( ci sono gli ordini sovrapposti) si
richiama l’exemplum virtutis di alto profilo, che possa legittimare la scelta altresì di un impianto a blocco ad
H che invece ha più una matrice suburbana. Se andiamo a vedere più nel dettaglio come è organizzato
l’alzato ci accorgiamo che le mensole invadono il fregio, come nel Colosseo, ma si raddoppiano in
corrispondenza della parasta, citando una soluzione del cortile di Santa Maria della Pace di Bramante (1499
o prima, 1495), si segnala una continuità rispetto ala tradizione del primo 500. Non sappiamo bene cosa sia
stato frutto di Maderno e cosa invece sia stato esito dell’ingegno di Bernini, o altresì di Borromini. Infatti
qui Bernini e Borromini lavorano insieme; Borromini fin dall’inizio, al seguito dello zio, Carlo Maderno,
personaggio che morirà bel 1629. Bernini si ritrova a lavorare nel cantiere alla morte di Maderno, viene
scelto dal pontefice per continuare la fabbrica. Se Maderno era un costruttore con esperienza, lo stesso
non si poteva affermare per Bernini che aveva iniziato la sua carriera in qualità di scultore e quindi non
aveva una grande conoscenza delle soluzioni statiche. Per questo gli viene affiancato Borromini. Lavorano
insieme fino al 1632 quando Borromini abbandona il cantiere e il cardinal Francesco Barberini, nipote del
pontefice, gli affida la committenza di San Carlino alle Quattro fontane.
Sicuramente Borromini nel palazzo ha realizzato alcuni elementi della facciata come queste finestre del
terzo livello, finestre che in questo andamento mistilineo, che alternano due settori rettilinei a uno
centrale, disegnano una novità da un punto di vista espressivo, novità che avrà un grande successo, questi
stilemi che vengono messi a punto per gli ornati, vedremo che nel 700 vennero ripresi da molti progettisti
perché consentivano di trasmettere un senso di immediata innovatività pur mantenendo nel retro un
impianto radicato nella tradizione.
Ci concentriamo adesso sulla questione della scala. Borromini progetta una scala di servizio laterale che ha
un certo interesse, sia perché ritrova riferimenti nella tradizione, come Bramante al Vaticano e Vignola
nella residenza dei Farnese, in questo caso viene utilizzata una soluzione ad ovale trasverso che ha una
qualche forma di innovazione ma che nel complesso si presenta innestata nella tradizione cinquecentesca.
Più interessante è lo scalone barberiniano che si presenta con uno schema quadrangolare, è una tipologia
nuova. Gli scaloni a Roma erano o con pozzi centrali (vuoti o circolari o ellittici), oppure erano degli scaloni
a spina rettilinei generalmente. In questo caso lo scalone parte dalla tradizione a cui però Bernini aggiunge
qualcosa di innovativo; ci sono delle obliquazioni prospettiche prese per risolvere nei rincastri parietali i
problemi che avrebbe avuto l’osservatore salendo la scala: (tema del teatro barocco; progettare in funzione
dell’osservatore, non è più importante che l’opera rispetti una regola esatta, precisa, ma ciò che è
importante è che noi percepiamo quello scalone, quell’edificio come regolare, che poi non lo sia nella realtà
non ci interessa più. Quindi le obliquazioni prospettiche mettono in risalto i rincassi parietali, in più i livelli si
vanno rastremando in altezza per corrispondere al nostro occhio che li vede andare in fuga. Si tratta di una
serie di artifici dei quali, senza un rilievo dettagliato non ci accorgeremmo salendo la scala. Si tratta di una
serie di artifici ripresi e considerati per ingannare l’osservatore.
Immagine per ricordarci che i Barberini sono dei grandi committenti d’arte, vicino a loro non c’è solo
Bernini o Borromini ma anche Lanfranco e tanti altri artisti, si tratta di un contesto culturale molto vivace,
con molti scambi.
La costruzione comincia appena prima l’elezione del pontefice ma sarà una delle principali opere che
verranno portate a termine durante il suo pontificato. Come ben sapete la nuova san Pietro quando viene
dotata di una navata longitudinale perde del significato di spazio centrale che invece gli aveva voluto
attribuire prima Bramante e poi Michelangelo. È necessario ora sottolineare il punto in cui si trova la tomba
del principe degli apostoli; se l’impianto fosse stato centrale sarebbe stato chiaro ed evidente, ma nel
momento in cui la chiesa non è più centrale la posizione della tomba non è più chiara. Si pensa di realizzare
un baldacchino, la costruzione è affidata a Bernini che in questo caso collabora assieme a Borromini. Per
sottolinearlo Bernini riparte dalla tradizione ( abbiamo visto che Bernini è così che ragiona: parte dalla
tradizione per poi innovarla in maniera unica in rapporto al contesto). Fin dall’epoca paleocristiana in
questa area si trovava un ciborio verticale, anche all’epoca di papa Paolo V era stato realizzato una sorta di
baldacchino processionale, non fisso, utilizzato in precise circostanze. Oltretutto il ciborio, che noi
immaginiamo come una struttura su 4 colonne, in questo caso è simile al baldacchino, Bernini non fa altro
che prendere queste due tradizioni distinte e fonderle insieme con un’aggiunta: quella del Baldacchino
Sospeso, proprio della tradizione toscana, cioè un baldacchino caratterizzato da tendaggi nel livello
superiore.
Questa è la soluzione finale, alta 24 m, piuttosto grossa, come un edificio di 8 piani. Viene strutturato così:
le 4 colonne sono trattate come colonne tortili (richiamano la tradizione del tempio di Salomone: Roma è la
nuova Gerusalemme, la rinnovata capitale del cattolicesimo, si traggono dal passato soluzioni che
richiamano concettualmente questo elemento). Il tendaggio sembra essere mosso dal vento, la scultura
interviene nella progettazione architettonica per dare un senso di dinamismo. Il livello superiore è risolto
con 4 volute che sembrano quelle 4 code di pesce che poi Bernini riutilizzerà nella fontana del Tritone.
Inoltre, ci sono 4 angeli posizionati in corrispondenza delle colonne, si potrebbe pensare a una semplice
funzione decorativa ma capiamo bene che questa produzione era una sorta di contraffortatura, una sorta di
peso che, aggiunto in corrispondenza, rendeva la struttura più solida e statica funzionalmente. In realtà se
noi vediamo non capiamo bene il perché: queste 4 volute non generano tutta questa spinta tale per cui
dovremmo necessitare di una sorta di rafforzo verticale.
La soluzione la sappiamo dai documenti che ci raccontano come Bernini e Borromini avessero inizialmente
pensato di inserire sopra, dove ora si trova la palla con la croce, inserire un’enorme statua del Cristo risorto.
In quel caso, quell’enorme statua, avrebbe generato quella spinta orizzontale che andava in qualche modo
controventata. Ma Urbano VIII non si ferma a far realizzare questa struttura, recupera altre 4 reliquie della
cristianità che intende collocare all’interno dei 4 grandi pilastri bramanteschi. Si tratta della croce di Santa
Elena, del Longino, della Veronica e di Sant’Andrea. Quindi 4 elementi fondamentali che a questo punto
necessitano di essere ben rappresentati visivamente, Bernini fa realizzare 4 grandi statue, che non
rimangono confinate nelle loro nicchie ma invadono lo spazio centrale. Si crea una drammatizzazione dello
spazio. L’unità delle arti in definitiva, deriva dal fatto che il volume dello spazio centrale viene trattato come
il luogo di un’azione drammatica, che coinvolge l’osservatore visivamente e psicologicamente. A questo
punto un’ultima cosa da tenere in considerazione, esistono delle precise qualità cromatiche nell’uso del
bronzo che intendevano distaccare il baldacchino dagli altri preziosi marmi del tempio vaticano: si
tramanda che i bronzi del Pantheon vennero tolti e rifusi per la realizzazione del baldacchino.
Dai conti della fabbrica di San Pietro risulta in realtà che il bronzo del Pantheon non vene utilizzato per
costruire il baldacchino ma, giudicato inadeguato, troppo consumato dal tempo, venne scartato, quindi in
realtà non sappiamo bene che fine abbia fatto.
Bernini viene incaricato alla fine degli anni ’30 sempre da Urbano VIII di realizzare i due campanili per San
Pietro. Si pensa di aggiungerli alla facciata realizzata da Maderno con l’aggiunta di due ulteriori campate fra
cui innesta lo spazio della torre campanaria.
Nel disegno si vede come sarebbe dovuta essere realizzata: una struttura dove sempre in qualche modo la
tradizione veniva mediata e trasformata attraverso questo gioco delle colonne che, se fuoriuscivano in
corrispondenza del piedritto, invece lateralmente si andavano collocando al suo interno. Sorta di sistole e
astole, allargamenti e rientranze, volte a definire un atteggiamento molto più dinamico. I campanili non
furono però condotti a termine, già durante la realizzazione del primo livello iniziò a crepare la facciata di
Maderno e conseguentemente si ritenne necessario fermare i lavori e stabilire delle perizie. Le perizie
furono affidate a Borromini che non esitò a scagliarsi contro Bernini. Nel cantiere di palazzo Barberini si era
consumata la rottura tra i due architetti. Nel momento in cui Bernini è il capo di Borromini questi lo
percepisce essere un’autorità indegna, non aveva quella competenza costruttiva. L’essere sottomesso a
Bernini lo rende insoddisfatto, ragion per cui abbandona il cantiere. In questi anni muore anche papa
Barberini, nel ’44 viene eletto al soglio pontificio Gian Battista Pamphilj, appartenente alla fazione
spagnola, avversa a quella dei Barberini filo-francesi e mentre i cardinali Barberini si rifugiano in Francia, il
nuovo pontefice, manipolato dal suo consigliere, Virgilio Spada, affida l’analisi dei cantieri di Bernini a
Borromini il quale, per queste due torri, stila un’elazione severa. È un momento di stop per la carriera di
Bernini che si prolungherà fino a quando nel ’55 salirà al trono pontificio papa Alessandro VII Chigi il quale
sarà non solo favorevole a Bernini ma, essendo suo amico già in precedenza, gli riaffiderà la maggior parte
degli incarichi fra cui quello della Piazza di San Pietro, volto a sistemare il problema dei due irrealizzati
campanili.
Cappella in Santa Maria della Vittoria, 1647
Bernini da ora si trova abbastanza libero, il tempo di stop gli dà la possibilità di cercare committenze
private. È il caso della cappella Cornaro, voluta dal cardinal Felice Cornaro, in santa Maria della Vittoria,
chiesa che fu realizzata da Carlo Maderno all’inizio del XVII secolo, lungo la via Pia, in concomitanza con gli
altri ordini religiosi che qui si vanno stanziando per poter essere vicino al palazzo del Quirinale, dove il
pontefice risiede sempre più spesso. Di solito il Quirinale era usato come residenza estiva, il Palazzo
Barberini invece invernale. La chiesa si dota, intorno agli anni ’20 del 600, di una facciata costruita da
Giovanni Battista Soria, personaggio eclettico ma interessante poiché è il maestro in architettura di Bernini.
Non ci stupisce che, questo suo modo di fare, rimanga insito anche nel modus operandi di Bernini.
La cappella non è una cappella, si tratta del braccio del transetto, nel quale si inserisce una sorta di altare
con edicola. Però tutta l’area del braccio del transetto viene trattato secondo un unico tema informante.
Bernini è solito avere un tema, che informa tutta la progettazione. In questo caso il tema è la
transverberazione di santa Teresa d’Avila, fondatrice dei frati carmelitani scalzi. Santa Teresa è
rappresentata al centro, nel momento in cui è presa da questa estasi divina che lei stessa aveva descritto
come un angelo che le trafiggeva il cuore. Bernini mette in mostra la scena seguendo un’impostazione
prettamente teatrale ma teatrale nel senso dell’etimologia greca del termine ‘teatro’, cioè ‘ciò che si piega
agli occhi’. Il barocco è teatrale in questo senso cioè progettare in funzione della visione. Questo spiega
quasi tutte le scelte: l’utilizzo dei marmi policromi fortissimi, che serve a risaltare gli spazi bui e a
sottolineare la ricchezza della famiglia Cornaro, di origine veneziana, che aveva acquistato il titolo nobile a
Venezia (a Venezia il titolo si compra quando si diviene abbastanza ricchi per poter entrare nella nobiltà. Il
passo successivo della famiglia è innestare dei personaggi nella corte pontificia e autorappresentarsi,
mostrare la propria potenza per favorire i membri della famiglia nel ruolo di cardinali in modo da riuscire ad
inserirli nelle posizioni di comando)
Come è impostato lo spazio della cappella; lateralmente prendono posto due veri e propri palchetti,
esistono 3 gradi di realtà. Uno è quello della sacralità dell’evento, in secondo luogo il livello intermedio è
quello dello spazio dove anche noi possiamo introdurci, ossia lo spazio dove avviene la celebrazione di
fronte alla statua della santa; infine un terzo livello, quello rappresentato lateralmente dalle figure in
preghiera ed è rappresentato anche da noi oltre la balaustra. All’interno degli affacci si ritrovano dei
personaggi; la grande novità del gran composto berniniano, per cui tutte le arti collaborano insieme e si
fondono, sta in questo caso nell’applicazione dello stiacciato per creare non dei livelli di profondità, ma per
dare l’impressione di un vero e proprio spazio che si allarga. Non si tratta solo di rappresentare qualcosa in
profondità ma è come se qui dietro si trovasse una continuazione della cappella. Si tratta di una novità
importante, le due ali laterali si contrappongono all’edicola centrale che sporge verso l’esterno, creando
quindi quella che Bernini chiamava la ‘logica dei contrapposti’. Avere due elementi laterali analoghi
consente di attirare la nostra attenzione verso lo spazio centrale, cioè l’elemento differente. La luce
interviene senza poter essere vista, dall’alto, illuminando i raggi dorati e conferendo dinamicità e forza
espressiva alla rappresentazione.
Santa Teresa assomiglia alla Santa Margherita da Cortona realizzata da Lanfranco, esiste un circolo culturale
di persone che si scambiano opinioni. Bernini osserva ciò che fanno i suoi contemporanei e lo manipola in
nuovi contesti.
Palazzo Ludovisi, 1655
Palazzo è per la famiglia di papa Innocenzo X Pamphilj. Il palazzo di famiglia proprio si trova a Piazza
Navona, il cardinal Ludovisi però intendeva costruire un suo personale palazzo, l’attuale sede del nostro
parlamento. Bernini in questo caso parte dalla tradizione, si rapporta con il contesto per trarre dai suoi
limiti la spinta necessaria per giungere ad una soluzione unica, adatta per quel luogo.
Ci aspetteremmo una logica dei contrapposti ma invece adotta una soluzione diversa; uno schema
sangallesco con 5 giganteschi settori scanditi da altrettante paraste giganti, collocate ogni volta che cambia
la direzione del prospetto. È una soluzione che si innesta dalla tradizione ma prosegue con qualcosa di
innovativo che si collega a Michelangelo. C’è qualcosa di nuovo, la parasta in corrispondenza del settore si
adegua al fatto che a questo palazzo si arrivava attraverso stretti viottoli. In questo modo si riesce a
risaltare il palazzo che altrimenti non si sarebbe potuto comprendere bene all’interno del contesto urbano
di queste strette strade che non permettevano di osservare il palazzo a distanza. Bernini non usa la logica
dei contrapposti perché il palazzo non si poteva vedere a distanza, non c’era la piazza, piuttosto che creare
una soluzione che non si sarebbe compresa, adotta invece l’idea di enfatizzare quegli elementi che si
possono vedere dalla strada, precisando una soluzione con lo spigolo vivo, che invade la strada ed è
qualcosa di tipicamente romano. A Roma i palazzi ogni tanto invadono l’ambiente della strada, l’invasione
dell’angolo consente di percepire i palazzi nella loro plasticità.
Per lo stesso motivo, dato che il palazzo era visto dal basso, l’attico viene molto ridotto e viene sottolineato
l’ingresso con l’inserimento di due telamoni realizzati però solo più tardi, nel 1694, per mano di Carlo
Fontana, quando questo palazzo viene acquisito da papa Innocenzo XII Pignatelli e trasformato in curia
pontificia. Il palazzo anticipa la dimensione di Bernini di rapporto con la natura che vedremo nel palazzo
del Louvre. Alcune parti del palazzo sono lasciate non finite, è di nuovo quel principio della natura naturans;
dominata lentamente dall’azione dell’uomo che intervenendo su essa, con il suo intelletto, riesce a
dominarla e a perfezionarla. Anche Bramante anticipa Bernini a Palazzo Caprini ma li era tutto ben scandito,
in questo caso invece è un lento crescere, l’azione dell’uomo è una continua lotta contro la natura.
Per concludere ci concentriamo sulla realizzazione del progetto per il palazzo del Louvre, mai condotto a
termine per vari motivi. Si tratta di una committenza che viene da papa Luigi XIV il quale richiama Bernini a
Parigi per poter realizzare il suo palazzo cittadino. Bernini inizialmente non è propenso a lasciare Roma ma
il pontefice, Alessandro VII Chigi , alla fine gli concede il permesso in ragione del fatto che era stato il
cardinale mandato a Vestfalia. Le paci di Vestfalia del 1648 avevano sancito il principio ‘cuius regno eius
religio’, ovvero di chi è il regno è anche la religione. Sanciva il fallimento del progetto controriformista di
ristabilire la centralità della chiesa di Roma. Non si sarebbe più potuto avere quella res publica cristiana
preservatasi fino all’inizio del XVI secolo. Imputato di questo fallimento fu proprio Alessandro Chigi, inviato
lì quando era cardinale come nunzio. Di conseguenza quando venne eletto al soglio pontificio cercherà in
tutti i modi di rilanciare la propri figura e il ruolo della chiesa, non è un caso che la statua della sua tomba,
che realizza sempre Bernini, rappresenta la verità. La verità del fatto che questo pontefice aveva lavorato
con grande impegno per il bene della chiesa nonostante i fallimenti. In questa ottica di ristabilire dei
rapporti con le principali città che erano rimaste nell’orbita del cattolicesimo, il pontefice è costretto a
cedere Bernini e a consentirgli di andare a Parigi. A Parigi Bernini è trattato con grandissimo rispetto, è
accompagnato continuamente durante le sue visite e si mette a lavorare alla ristrutturazione del palazzo
del Louvre. Fa una serie di progetti, il primo lo vedete qui:
è un grande palazzo, con una corte interna, nel cui prospetto principale avremmo avuto un andamento
concavo-convesso.concavo. Si tratta della logica dei contrapposti, applicata una formulazione a trittico,
molto vicina agli schemi Borrominiani anche se Borromini avrebbe scelto un andamento più fluido ( vedete
invece che qui l’andamento sull’angolo è eccessivamente seghettato ed è troppo repentino il cambiamento
di direzione). Nel complesso il palazzo assomiglia a Palazzo Barberini, c’è la scala quadrangolare e quella
circolare, c’è il grande salone ovale, come si trova a palazzo Barberini, le ali laterali sono lasciate invece ad
una nuova pelle espressiva.
Si tratta di una costruzione rialzata su di un basamento, ovvero un’idea di scogliera sopra la quale si innalza
l’edificio. Questa decisione non è casuale, non è legata nemmeno ai concetti della natura ma si tratta di
significati nuovi che Bernini attribuisce a questo concetto: La ripetizione della serliana continua ha uno
scopo quasi celebrativo della regalità (si richiama agli antichi palazzi imperiali). La scogliera invece richiama
un colle, come poteva essere un colle il Palatino, la scogliera non sarebbe altro che un colle artificiale che
andrebbe a mimare il Palatino, dove viveva l’imperatore. Bernini sta rilanciando il ruolo del re di Francia
come novello imperatore. La scogliera su cui si innalza l’edificio sembra inoltre quasi rappresentare una
sfida una difficoltà. Se andiamo a ripescare nella memoria iconografica questa strada verso la virtù
riemerge la figura di Ercole, figura apprezzata, si tratta di un eroe che raggiunge la virtù con fatica e alla
stessa maniera con fatica il re di Francia ha deciso di rimanere fedele a Roma nonostante le tentazioni
provenienti dal mondo protestante. Si tratta di una serie di significati che Bernini attribuisce al progetto,
riusa la tradizione in chiave innovativa. Ci sono elementi decorativi; i gigli di Francia posizionati in copertura
sopra l’attico. Si riprende anche la tradizione cinquecentesca, in particolare Palazzo Caprini, dove si
trovavano queste finestrelle inserite nella trabeazione. In questo caso però non si tratta di finestrelle che
nascondono un piano; si tratta di quelle bocche di lupo utilizzate anche a Palazzo Massimo e servono per
garantire una maggiore illuminazione nei grandi ambienti interni del loggiato.
Qui vediamo un secondo progetto, sempre di Bernini. Cerca di modificare il primo, avvicinandolo di più alle
soluzioni di Palazzo Ludovisi che già aveva avuto modo di sperimentare. C’è un problema di fondo nel primo
progetto; il grande ovale che Bernini aveva pensato si affaccia sulla strada, e come per Palazzo Bevilacqua,
nel settentrione dell’Italia e dell’Europa, i grandi palazzi preferivano avere gli ambienti principali di
rappresentanza a guardare verso l’interno e non verso la strada, che è una peculiarità del tutto romana.
Bernini si confronta con la cultura francese che non apprezza la sua prima soluzione.
Bernini durante i suoi 6 mesi di soggiorno elabora un ulteriore progetto, ancora più regolare dove il grande
cortile viene trasformato in una croce greca, a cui si giustappone un porticato, con loggiato superiore, che
disegna una nuova facciata per il palazzo precedente che viene salvaguardato nella sua integrità. Si tratta di
una soluzione più in economia che Bernini adotta sia per avvicinarsi all’ideologia francese, sia per
soddisfare il sovrano che non aveva grandi intenzioni di spesa e che, sempre più interessato alla regia di
Versailles, poco ha intenzione di investire nella realizzazione di questo grande palazzo.
Vedete come viene strutturato, mantenendo sempre quella idea di avere un basamento in roccia, questa
idea della natura che viene perfezionata dall’ingegno umano. Ma l’impianto si fa molto più rigido,
classicheggiante e statico. Si tratta di un grande settore centrale sporgente, caratterizzato da un livello
basamentale bugnato quindi è una forma di mediazione tra natura e livello del piano nobile. Poi gli intervalli
di paraste e colonne disegnano delle sorte di tetrastili ma non sono dei veri e propri tetrastili e non fungono
nemmeno bene a causa dell’eccessivo allargamento dello spazio della campata dell’angolo che corrisponde
solo in parte alla campata centrale. Le 4 colonne qui rappresentate sorreggono solamente un cornicione
che però è in proporzione solo rispetto alla colonne e non a tutto il complesso. Si tratta di un progetto in
economia che presenta delle difficoltà legate probabilmente alla necessità di trovare un compromesso con
la tradizione francese.
All’interno questo ordine gigante ha un secondo ordine e un livello superiore loggiato, ricorda il
Campidoglio, che viene ripresentato nel contesto francese. È sempre Michelangelo che è alle spalle di
questi progetti. Il palazzo è realizzato in sezione, attraverso un ribassamento Bernini creava una situazione
ottimale per consentire un’illuminazione migliore di qeusti spazi che altrimenti avrebbero rischiato di
risultare bui se il livello fosse stato più alto. Per sfruttare al meglio l’illuminazione Bernini si adatta a
scegliere una soluzione spaziale innovativa. Il palazzo non seguirà il progetto di Bernini che dopo 6 mesi
sconsolato tornerà a Roma.
A Roma sarà accolto da Alessandro VII che aveva in serbo per lui dei grandi lavori. Il re di Francia perderà
interesse per il palazzo che lascerà insoluta ma i progetti ritorneranno utili in futuro per un altro architetto.
Bernini frequenta artisti europei e tiene delle lezioni, gli architetti dell’epoca rimangono affascinati dalle
novità di Roma. Fra questi c’è Mansart di cui vediamo due elaborazioni:
.il Grand Trianon che presenta una soluzione come se fosse un peristilio che però ha qualcosa che non
funziona perchè non gira interamente intorno al cortile e quindi assomiglia di più a una loggia chiusa. Scelta
curiosa è l’uso di questi pilastri che sono ribattuti sull’angolo determinando un ritrmo non sempre uguale
ma che ha dei momenti di climax e altri distensivi. È una logica diversa rispetto a quella tardo-
cinquecentesca, importata a Parigi da Sebastiano Serlio. Inoltre la scelta cromatica dei pilastri marmorei
rosa è inaspettata, del Barocco si coglie in questo frangente il valore esornativo.
. Hotel des invalides, la cultura francese qui segue l’impianto tardo cinquecentesco che a Roma si stava
invece ormai lasciando. In questo senso però si vanno ad inserire alcuni elementi barocchi. Si tratta di un
impianto centrale, quindi si richiama la tradizione delle grandi chiese romane es. la quincunx, che è
l’impianto fondante della chiesa di San Pietro. Si trova poi un alto tamburo, con all’interno una cupola
rialzata verso l’alto. Secondo questo sistema di ben 3 cupole che a Roma abbiamo visto con Giacomo del
Duca. Si tratta di un voler estremizzare il altezza l’edificio, verticalizzarlo, drammatizzarlo. Un elemento di
matrice barocca inserito all’interno di un impianto di natura rinascimentale tuttavia reso longitudinale
dall’uso di un ambiente, quello del presbiterio con l’altare, posizionato in asse. Si torna allo schema di
impianto centrale, longitudinalizzato attraverso la giustapposizione di un altro corpo, esterno, autonomo, ai
cui lati vengono aggiunti dei campanili.
Lezione – GIAN LORENZO BERNINI (parte seconda
Completiamo oggi il discorso su Gian Lorenzo Bernini. Avremmo dovuto terminarlo la settimana
scorsa prima di fare la visita però la sorte ha voluto che Bernini si spostasse invece dopo e quindi oggi
ci andremo ad occupare della sua attività come architetto del sacro. Fino ad oggi infatti ci siamo
occupati di vedere la scorsa volta Bernini che fa dei lavori al servizio dei pontefici o al servizio di
facoltosi committenti realizzando delle architetture però non lo abbiamo mai incontrato costruire
una vera e propria chiesa. O meglio chi è venuto alla visita lo ha visto perchè siamo andati a S.Andrea
al Quirinale però nella lezione di martedì non abbiamo affrontato queste tematiche perchè, come vi
dicevo alla visita, Bernini si occupa di realizzare chiese solo in un momento tardo della sua vita,
ovvero sotto il pontificato di Alessandro VII, Fabio Chigi, ovvero il terzo pontificato di Roma barocca.
Una cosa infatti che non abbiamo detto al riguardo del barocco è che oltre alla straordinaria
convergenza di tre professionisti che sono tre geni, tutti e tre al livello di Michelangelo per capacità di
gestire e ammaestrare tutte e tre le arti del disegno, d’altra parte però è pur vero che esiste una
committenza continuativa per quasi cinquant’anni che è favorevole a questi professionisti, una
committenza fatta di tre papi sostanzialmente: Urbano VIII Maffeo Barberini, Innocenzo X Giovanni
Battista Pamphilj e Alessandro VII Fabio Chigi che coprono dal fino al un lasso di periodo
continuativo in cui tutti e tre questi professionisti in un modo o nell’altro hanno spazio per lavorare.
Questa è una cosa fondamentale perchè se da una parte abbiamo una convergenza di artisti,
dall’altra mica era detto che si sarebbero trovati dei committenti disponibili. Invece, assistiamo a tre
committenze che sono tutte e tre aperte al linguaggio barocco sebbene con dei distinguo. Lo
vedremo meglio la prossima settimana parlando di Francesco Borromini, quello che probabilmente
ha più problematiche per via del suo carattere irruento. Berinini si può dire che, dopo lo stop che
subisce durante il pontificato di papa Innocenzo X Pamphilj, si trova successivamente a lavorare
intensamente per l’amico Fabio Chigi. Fabio Chigi era un suo estimatore e, allorchè viene eletto al
soglio pontificio, decide di intraprendere tutta una serie di fabbriche collegate chiaramente alla
tradizione, al suo nome e, adesso vedremo bene in che termini, per queste fabbriche decide di
affidarsi a Bernini. Decidendo quindi di abbandonare le grandi opere ancora in itinere che non erano
state terminate. Una su tutte che vedremo che è la più importante è San Giovanni in Laterano che
verrà lentamente abbandonato e questo condurrà anche al peggioramento delle condizioni
psicofisiche di Francesco Borromini. Vedremo quindi sostanzialmente un gruppo di chiese che sono
realizzate grossomodo sempre nello stesso periodo e che mostrano delle caratteristiche singolari
determinate dalle specifiche circostanze del luogo e del momento. Lo ripetiamo per l’ennesima volta
nel caso non fosse chiaro, il barocco prende le mosse dal contesto in cui ci si trova. Non è considerato
un limite, ma il punto di partenza per una elaborazione che autonoma, singolare, unica diventa
quindi strettamente intrecciata al luogo in cui si trova e questa è la grande difficoltà che rende le
opere del barocco difficilmente generificabili e e dunque difficilmente riproducibili in contesti
differenti da quelli di partenza.
Cominciamo però vedendo una piccola cosina e cioè che in realtà vi ho mentito. Vi ho mentito
perchè se andiamo a vedere esattamente i fatti della storia e seguiamo la cronologia, Bernini ha fatto
un piccolo lavoro legato a una chiesa già all’epoca del pontificato di papa Urbano VIII. Infatti,
immediatamente dopo la sua elezione a pontefice, Bernini è incaricato di intervenire nell’antica
chiesa di S.Bibiana. Con quale scopo? Con lo scopo principale di realizzare una nuova facciata per
questa chiesa e vedete in questa incisione che Bernini ragiona immaginando una facciata con portico
quindi niente di così straordinario a ben pensarci perchè si tratta del tema che abbiamo già
incontrato di San Pietro più volte rimescolato con un livello superiore loggiato che fa intendere
quindi la possibilità che qui venisse a celebrare il pontefice che dunque si sarebbe affacciato
all’esterno.
Tuttavia, se controlliamo bene questa facciata, ci accorgiamo che in nuce ci sono alcune delle
tematiche berniniane che abbiamo già enucleato durante la visita e che abbiamo visto anche
martedì. La legge dei contrapposti in nuce esiste perchè a due ali laterali esiste invece al centro una
campata che è sottolineata in alzato dalla presenza del timpano. Tuttavia però c’è qualcosa di
fondamentale che manca il che ci spiega il fatto che Bernini fosse uno scultore e che inizialmente non
avesse una vera e propria concezione architettonica, ovvero il fatto che l’ordine non è gigante.
Vedete, sono due ordini sovrapposti perfettamente inseriti all’interno della tradizione. Salvo che, se
andiamo a vedere ancora più da vicino ci accorgiamo che questo secondo ordine non è corinzio,
quindi non si sta ispirando alla tradizione antica, cioè ordini sovrapposti anche perchè a livello della
base ha usato lo ionico. Quindi non sono ordini sovrapposti, non c’è l’esempio del Colosseo. Che cosa
c’è? C’è un ordine architettonico e sopra ionico alla base, sopra un altro ordine e sono entrambi
estremamente semplificati. E questo ordine superiore quindi diventa una sorta di parasta che è
simile ad una falciatura e, a questo punto, subito ci scatta in mente il collegamento con quelle
architetture che abbiamo visto di Giacomo Della Porta della fine del ‘ e inizio ‘ e capiamo che
Bernini si riaggancia alla tradizione come fa sempre, ma parte dalla tradizione per rivoluzionarla. Se
Giacomo Della Porta aveva utilizzato delle fasciature lateralmente a un edificio sacro per definirne il
prospetto, Bernini invece adopera la fasciatura direttamente nella facciata con dei risalti che mimano
la presenza dell’ordine, ma quest’ordine è talmente stilizzato che in realtà non esiste. È nella nostra
mente il fatto di vedere queste linee, queste leggere sporgenze e di interpretarle come se fosse un
ordine architettonico, ma di ordine architettonico, se dovessimo stare alle regole, non c’è proprio un
fico secco. Quindi Bernini esce dalle regole senza contraddirle che è una delle caratteristiche del suo
mod s operandi.
Vi ho messo quest’altra immagine, che io trovo molto significativa, perchè oltre a proseguire
lateralmente, il che già di per sè ci sta dicendo che quindi la concezione non è solo parietale ma è
tridimensionale, ci accorgiamo che questa facciata diventa una sorta di nucleo autonomo
giustapposto alla chiesa già esistente. Quindi non c’è all’inizo una vera e propria fusione, una
rielaborazione integrale, ma al contrario Bernini si attesta su un modo di fare, su un tipo di
atteggiamento che era già consono, conosciuto, accettato. Non parleremo di un edificio perchè ci ho
pensato a lungo se inserirlo o no, ma penso che crei solo più confusione che chiarezza, ovvero il fatto
che negli anni ’ Bernini viene coinvolto anche nella sistemazione del Battistero in San Giovanni in
Laterano. Non lo vedremo nel dettaglio, vi dico solo un paio di notizie, informazioni che penso
possano essere utili. Lo vedremo perchè da una parte non è chiarissimo quale sia stato il suo apporto
insieme a Domenico Castelli, loro si condividono molti lavori quindi non è neanche sicuro al
quale sia stato il suo contributo. Tuttavia, quello che sicuramente è certo ed è una cosa che tra l’altro
avevo studiato alcuni anni fa, è certo invece che Bernini interviene nell’intradosso della cupola e
quando si trova a fare questa elaborazione, nel momento in cui inserisce tutte quelle decorazioni e
comincia a inserire dei grossi mensoloni accostati gli uni con gli altri, che cosa sta facendo? Sta
sostanzialmente fondendo questi elementi, quindi a rigor di logica, Bernini già venti anni prima di
cominciare a realizzare le sue chiese aveva concepito, forse in maniera non del tutto chiara, ma aveva
concepito il fatto che la grande cupola del suo intradosso deve in qualche modo relazionarsi con il
livello sottostante e quindi attraverso una fusione degli elementi che è poi quello che vediamo
sempre realizzato all’interno delle sue cupole. Quindi forse Bernini ci ragiona parecchio tempo prima
di arrivare a farlo.
Vediamo ora la prima delle tre chiese berniniane che oggi sarà di nostro interesse. Ed è la chiesa di
S.Tommaso da Villanova che si trova a Castel Gandolfo. Castel Gandolfo, come sapete, già dall’epoca
di Urbano VIII comincia ad essere utilizzata come residenza dei pontefici, residenza estiva alternativa
al Palazzo del Quirinale per le motivazioni che già conosciamo bene ovvero che vivere dentro l’ansa
del Tevere aveva i suoi pregi ma anche i suoi difetti. Il primo fra tutti, l’aria pestifera quindi era usanza
risiedere in luoghi un po’ più rialzati dove l’aria era migliore. Ad esempio, non a caso il Quirinale e
anche trascorrere dei periodi all’aria aperta e quindi nelle residenze di campagna. Urbano VIII però
considera questo luogo solo un posto dove trascorrere alcuni periodi dell’anno e non ha interesse nel
trasformarlo in un luogo di rappresentanza, invece papa Alessandro VII intende trasformarlo in un
luogo di rappresentanza dotandolo di una cappella. Quindi una sorta di luogo che possa celebrare la
presenza del sovrano in sit . L’incarico viene quindi affidato chiaramente a Bernini e Bernini come si
pone? Si pone in un atteggiamento che potremmo definire costruttivo nei confronti del contesto.
Vediamo la pianta per capire meglio di cosa si tratta.
Allora questa cappella palatina è trattata come se fosse una croce greca, con dei bracci ridotti e
lateralmente due ambienti di servizio, due locali che sono disposti di fianco a quello che si può
considerare lo spazio del presbiterio. Già ci rendiamo conto che in qualche modo Bernini tenta di
convogliare, di superare il problema della pianta centrale e la necessità di longitudinizzare questo
spazio mettendo questi due altari laterali in pronfità tale che chi entra qui non si accorga della
presenza degli altari. Lo vedete che vengono sostanzialmente coperti alla vista, se io qui tirassi una
linea vedete che supera l’altare quindi io non li vedo. Vedo solo l’altare principale in fondo quindi la
proporzione dello spazio è congeniata alla maniera berniniana sempre per ingannarci, per farci
credere che sia una chiesa longitudinale quando una chiesa longitudinale non lo è. Se poi però ci
pensiamo e ci chiediamo “ma perchè Bernini ha voluto aggiungere questi due ambienti laterali a
questo edificio e non ha pensato invece di costruirli magari in un’altra maniera o propriamente
dietro” la ragione è legata sostanzialmente alla posizone della chiesa. Torno all’immagine
precedente.
La chiesa vedete affaccia lungo la strada principale del borgo, quella che arriva in fondo al palazzo
pontificio quindi ha un affaccio che è un affaccio pubblico chiaramente e un altro affaccio che non è
pubblico ma che guarda sul lago di Albano.
Ora quindi la scelta di Bernini è pensata in rapporto ad una duplice funzione dell’edificio: da una
parte è un edificio pubblico che affaccia su una strada ed è percepito da chi cammina sulla strada, ma
dall’altra parte è un edificio che ha una funzione paesaggistica perchè se noi andiamo in un altro di
questi paesi e, se ci andate, credetemi, si riesce a vedere la chiesa, quindi l’allargamento della
facciata è pensato nella misura in cui una facciata più ampia doveva rispondere necessariamente ad
una dimensione territoriale ed una dimensione ridotta di visione ravvicinata. Si tratta dunque, come
l’hanno definita alcuni studiosi, di un’espansione a cannochiale, ovvero un edificio che parte da un
affaccio pubblico per raggiungere una dimensione invece più grande. Capite bene che questo edificio
quindi si nutre vivamente del contesto in cui si trova. In un altro luogo una simile soluzione non
avrebbe nessun senso, non capiremmo perchè. Però spiegata in questa maniera capiamo bene la
motivazione e capiamo anche il motivo per cui Bernini adotta una soluzione diversa per la copertura.
Vedete che è una cupola su un alto tamburo e non è contenuta in un tiburio. Ne parleremo dopo di
S.Andrea al Quirinale, chi c’era alla visita lo abbiamo già visto però lo rivediamo. Un altro tamburo
sopra cui una cupola che quindi svetta verso l’alto perchè così può essere più facilmente visto dagli
altri paesi che affacciano sul lago. C’è sempre in Bernini, lo dicevamo, ma anche in Borromini, un
tema che informa la progettazione. In questo caso il tema è questa dimensione paesistica del
progetto che in qualche modo interagisce con i singoli elementi e le componenti. Per quanto riguarda
invece l’organizzazione interna di questo spazio, vediamo che Bernini si pone in quell’atteggiamento
inclusivo che vi accennavo poco fa parlando dell’intradosso del Battistero di San Giovanni in
Laterano. Vedete cosa succede qui. Innalzato il tamburo ci sembra regolare, niente di speciale. Sopra
il tamburo troviamo una serie di nervature che si rapportano invece con dei lacunari. Quindi i
lacunari sono un chiaro richiamo alla tradizione antica, in linea di massima verso il Pantheon anche
se qui sono esagonali, a “nido d’ape” come più precisamente sono definiti. Le costolonature invece
sono un riferimento chiaramente di matrice gotica però Berinini non si pone il problema, decide di
adoperarle perchè consentono di stabilizzare la struttura, di rafforzarla e rafforzare la struttura è utile
se non puoi avere delle contrafortature. Vedete che non ci sono. Quindi, questo per tornare a quel
diverso che abbiamo già fatto diverse volte, ovvero che il barocco ragiona in questi termini rispetto al
passato, ovvero che tutto il passato può essere utile nel momento in cui offre la soluzione giusta per
un determinato problema. Questa idea, questa composizione Bernini non se l’è inventata ma
vedremo tra una settimana grossomodo che già Pietro Berrettini da Cortona nella chiesa dei santi
Luca e Martina negli anni trenta, quindi un ventennio prima, aveva progettato una soluzione molto
simile. Soluzione che aveva messo in opera e che Bernini aveva avuto modo di poter osservare e
quindi Bernini si comporta veramente come una (? : vede questa soluzione, capisce che è una
soluzione che è funzionale, che è vincente e la riadopera, ma non si limita a copiare, sarebbe un po’
mediocre come atteggiamento, ma aggiunge del suo. Cosa è il suo? Lo vedete qui: sono questi
medaglioni con degli angioletti. Quindi una scultura che commenta l’architettura, ma nell’atto di
commentarla crea un dialogo, un punto di contatto fra la copertura e il livello sottostante del
tamburo. Sarebbe risultato troppo netto lo stacco tra le due parti, invece questi elementi fungono da
mediazione. Capite quindi qual è l’atteggiamento berniniano: sempre questa ricerca di unitarietà che
abbiamo visto essere il leit moti del comportamento degli architetti del barocco dove, essendoci da
una parte Borromini che lavora su tutti i dettagli, che tutti tornino a generare quel senso di
unitarietà, Bernini invece rimane nel solco della tradizione ma rielabora la tradizione per poter
raggiungere un risultato espressivo, estetico, percettivo diverso.
E qui la vediamo con la sua più grande dimensione e vedete bene in cosa consiste questo rapporto di
dialogo, cioè delle statue vedete che sono degli stucchi semplicemente che nell’atto di sorreggere
questi medaglioni sorreggono anche questi festoni e così si crea una concatenazione che rapporta il
livello dell’intradosso della cupola con invece il piano del tamburo. Se poi andiamo ad osservare più
da vicino, questa soluzione “a nido d’ape” questi lacunari, ci accorgiamo di un ulteriore cosa di cui
fino ad oggi non ci si era molto resi conti, ma solo recentemente quando hanno studiato S.Andrea al
Quirinale facendone il restauro se ne sono accorti e poi da lì sono andati a vederlo anche nelle altre
chiese. Ovvero che Bernini quando va a fare, a disegnare questi lacunari non li immagina tutti uguali,
ma li immagina che si vanno scorciando prospetticamente quindi non fa altro che enfatizzare quello
che vede già il nostro occhio in maniera tale da darci effettivamente la percezione di una fuga verso
l’alto che dinamizza lo spazio, lo verticalizza e ci dà quindi l’impressione che all’interno questo spazio
sia molto più alto di quello che è invece nella realtà. Come vi ho già detto, è una caratteristica propria
del barocco ingannare l’osservatore. Non è importante che le cose siano fatte esattamente in una
certa maniera, che rispettino delle regole universali, ma quello che importa è che noi lo percepiamo
in questa maniera.
Qui vedete due immagini che ci fanno vedere il prospetto posteriore e il prospetto anteriore. Ve le ho
messe perchè ci fanno capire una cosa importante e cioè che, guardate qui, ma non è Santa Bibiana
che ritorna a gran cassa con un livello superiore, con delle fasciature e sotto invece un livello? Certo
qui non c’è l’ordine ionico però il discorso è sempre quello dove le due ali sono questa volta
trasformate in uno spazio retrostante e quindi il rapporto diventa più strettamente urbano. E
un’ultima cosa, invece se andiamo a vedere dietro queste sono proprio fasciature, completamente
sintetiche, perdono qualsiasi aspetto di dettaglio e la cosa a questo punto non ci sorprende perchè se
abbiamo capito che l’obiettivo era farlo vedere a distanza, se noi ci troviamo dall’altra parte del lago
poco ci interessa se c’è o no un capitello, non riusciremmo a distinguerlo.
Passiamo ora a vedere invece la chiesa di S.Maria Assunta ad Ariccia. Siamo più o meno sempre negli
stessi anni, siamo sempre in questo range di cinque anni in cui papa Chigi, Alessandro VII, affida una
serie di committenze a Bernini. Una abbiamo visto è una cappella palatina della sua residenza estiva,
questa è un’altra cappella palatina della sua residenza privata. Come sapete i Chigi erano feudatari di
Ariccia e possedevano qui il loro castello che vedete qui in questa pianta. Si chiede quindi a Bernini di
realizzare una chiesa che svolga anche la funzione di parrocchia e che sia in qualche modo in stretta
relazione con il palazzo pontificio a questo punto. E Bernini cosa fa? Chiaramente se si tratta di una
cappella palatina per un palazzo di famiglia diventa quindi un pantheon per la famiglia, dove
seppellire i propri membri e per questo sceglie come impaginato, come soluzione planimetrica,
quella del Colosseo. Ma ragioniamo prima un’altra volta sulla posizione nel territorio. Innanzitutto
l’edificio non è esattamente davanti al palazzo e questo ci lascia già un po’ perplessi. Perchè non lo ha
messo proprio davanti? E soprattutto perchè qui ha realizzato queste ali? Allora con ordine. Non
esisteva il ponte con cui attualmente si accede ad Ariccia, ma si accedeva da sotto quindi invece che
arrivare dall’alto si arrivava dal basso e nell’arrivare dal basso si arrivava lungo questa stradina che
conduce alla piazza. Dunque questo, che sto indicando con il mouse, era niente di più che un Bel
vedere quindi Bernini sfrutta il palazzo non per creare un edificio davanti che ne sia dirimpettaio ma
che crei una fuga prospettica così da accentuare il Bel vedere che si poteva osservare da quella
posizione. Crea quindi una piazza e questa piazza che realizzata in questa maniera sarebbe andata a
monumentalizzare in qualche modo questa visione, ne crea quasi un punto di osservazione
privilegiato. È esattamente il discorso contrario di quello che aveva fatto Michelangelo al
Campidoglio. Michelangelo aveva usato il trapezio per esaltare il palazzo senatorio mentre qui viene
utilizzato nella sua opzione contraria. Un’altra cosa, se noi immaginiamo che questa è la città e,
dobbiamo immaginare che se oggi è tenuta in queste condizioni figurarci come doveva essere nel
tardo ‘ , capiamo che la scelta di Bernini non è del tutto priva di senso legata a concezioni esterne
ma al contrario l’utilizzo di queste ali consente di nascondere l’abitato alle sue spalle. Quindi si crea
una piazza che è una sorta di piazza regale, una piazza che è completamente controllata visivamente.
Se noi fossimo stati in questa piazza avremmo visto il Bel vedere, la natura, il palazzo e la chiesa. Non
vediamo altro, non vediamo più la città che sparisce. Quindi nuovamente una concezione
strettamente legata al luogo in cui si va a operare e già questo ci fa capire che Bernini sta sempre
seguendo una linea di ragionamento. Poi, andiamo a vedere invece com’è strutturato l’edificio in sè
stesso: si tratta di un edificio a pianta centrale con davanti un pronao che sta mimando
esplicitamente il Pantheon. Se non sono colonne, ma sono pilastri sempre stiamo parlando di una
specie di tetrastilo con l’aggiunta di due ali, quindi nuovamente legge dei contrapposti. Trittico che
permette di controllare la vista, quindi se la visione era controllata a livello generale è controllata
anche a livello particolare. Dopo di che vediamo che questo è un porticato e allora comincia a venirci
in mente che questa cosa assomiglia molto alle barchesse che faceva anche Palladio dunque e, lo
vedremo tra poco, capite bene che le analogie tra Bernini e Palladio non sono poi così poche perchè
anche S.Andrea del Quirinale ne utilizza una diretta quindi evidentemente c’era una forma di
conoscenza. Noi non lo sappiamo perchè Bernini non ci lascia nulla di scritto e non sappiamo se
avesse avuto modo di studiare i manoscritti di Palladio, di prenderli in considerazione. Certo è che
quando vediamo tutte queste somiglianze il dubbio che Bernini abbia fatto incetta di queste cose per
poi rielaborarle autonomamente un po’ ci sorge. Andiamo a vedere com’è all’interno, prima però
ricordandoci solo una cosa e cioè che qui vedete questo oridine unico sopra c’è una balaustra, qui
dentro ci sono delle finestre rialzate, se noi immaginassimo di tagliare a metà e ci inserissimo un
livello sottostante che cos’è? È il palazzo dei Conservatori, di nuovo, quindi si tratta sempre di
rielaborare i concetti esistenti in maniera totalmente innovativa. Bene, invece com’è strutturato
questo interno?
“Si, prego”
“Rispetto alle due fontane che io vedo nella slide precedente. Volevo sapere se adesso non ricordo
non ci sono più in realtà? Perchè quella è una strada in realtà.”
“Se non ricordo male una delle due è stata spostata. Sta qui dove si gira per scendere se non ricordo
male. L’altra mi pare che non ci sia più però questo in realtà non me lo ricordo. Mi pare che una delle
due ci sia perchè ricordo che era stata spostata.”
“Ah, e bene. Allora mi ricordo bene. Grazie, grazie. Non ero così ubriaco quando ci sono andato.”
“E per quanto riguarda la stessa idea che c’è in piazza San Pietro di queste due fontane, no? Possiamo
fare qualche parallelismo al riguardo?”
“No, non lo farei il parallelismo perchè le fontane di piazza San Pietro sono realizzate
successivamente. Allora si, Bernini a quanto pare aveva ragionato sulla presenza delle fontane. Una
tra l’altro già esisteva, nel senso che esistevano le condutture e viene realizzata. Invece, l’altra, quella
che si trova per intendersi a sinistra guardando la facciata, quella viene realizzata solamente da Carlo
Fontana sotto il pontificato di Innocenzo XII quindi siamo molto avanti rispetto al pontificato di
Alessandro VII. Siamo tra il e il che solamente in un momento successivo quando si
compra dagli Orsini più acqua, molto banalmente. Perchè il problema di fondo, ve l’ho detto, sono
sempre i soldi e se la piazza era costata una barca di soldi altrettanti non ce ne avevano per comprare
più once d’acqua che provenissero dal lago di Bracciano quindi devono aspettare un po’ di tempo, poi
decidono di fare questa operazione, Carlo Fontana sistema l’acquedotto e realizza un prefistole in
corrispondenza dell’imbocco del lago e così si fa in qualche modo come dire alzare il livello e
incanalare queste once d’acqua che vanno a fare funzionare la fontana ancora oggi se non ricordo
male.”
“Molto interessante, l’ultimissima domanda non voglio rubare tempo a nessuno. Riguardo ai due
corpi laterali della chiesa, io sono stato da poco là e ho visto che c’è nel corpo laterale, guardando la
facciata sulla sinistr,a penso un tabaccaio o un bar. Volevo sapere all’epoca che funzione avevano
questi corpi laterali... Erano degli uffici? Erano la sagrestia? O non so.”
“No, erano di servizio alla chiesa, nel senso agli amministratori. Poi viene nominata collegiata e
quindi ha proprio un suo titolo, inizialmente era stata affidata a degli amministratori e quindi
risiedevano in questi ambienti che come dire erano di servizio, di supporto alla chiesa.”
“Prego, prego.”
Allora andiamo un attimo avanti per entrare all’interno perchè Bernini come al solito non scade nelle
sue idee, ma al contrario furbescamente ragiona sempre disponendo le cappelle per darci
un’impressione diversa. Ora, se la chiesa è centrale, ormai avete imparato da soli a vedere qual è
l’assassino. Se la chiesa è centrale, ma deve sembrare logitudinale allora che cosa si fa? Si mette
anche in questo caso una bella soluzione qua di pieno che immagina Bernini così che due cappelle,
due cappelle, avrebbero consentito di andare a vedere bene l’altare centrale. Tuttavia, nella realtà dei
fatta fa esattamente il contrario perchè vedete che le cappelle sono una, due e tre quindi c’è un
vuoto lungo l’asse. Quindi se inizialmente voleva farla sembrare come San Giacomo degli Incurabili,
una chiesa ovale longitudinale, invece cambia idea e decide di farla sembrare una chiesa ovale
trasversale. Perchè? Perchè se noi la facciamo dilatare lungo i lati però la illuminiamo per bene
questo ambiente, noi entriamo e percepiamo quindi la cappella di fondo come più vicina, sempre il
nostro sguardo ingannato, cade la nostra attenzione sull’altare, non ci rendiamo conto che lo spazio
in realtà si sta dilatando e quindi nuovamente siamo stati convinti che sia una chiesa della tradizione
che però della tradizione non è. Se poi andiamo a vedere questo disegnino che è molto significativo,
vedete come tutti gli spazi, quindi l’altezza generale della chiesa, fosse stata concepita per poter
essere vista nella sua integrità da che punto? Secondo voi dove sta questo signore? Signore, faccio
per dire. Si troverà esattamente davanti all’ingresso del palazzo pontificio, quindi la chiesa è pensata
con tre ragionamenti: . Come un edificio quindi che crea un rapporto con il contesto paesaggistico
da cui si affaccia, . Con il contesto cittadino che viene nascosto attraverso la sua stessa
strutturazione, . Le proporzioni sono pensate in funzione di un osservatore che la veda dall’ingresso
del palazzo antistante. E nell’interno vediamo che Bernini porta avanti lo stesso ragionamento che
sta applicando a Castel Gandolfo, la stessa identica soluzione. Si tratta sempre di un “nido d’ape” con
sempre dei costoloni e poi abbiamo degli stucchi che sostenendo i festoni creano un rapporto tra il
livello sottostante e quello sovrastante. Si tratta sempre di giocare un po’ con la nostra percezione e
colgo l’occasione, ma ne riparleremo di questa cosa, ve la dico fin da ora così facciamo un
ragionamento insieme, ossia che se guardiamo lo stemma dei Chigi cominciamo a notare in questo
periodo che c’è qualcosa di un po’ curioso, ovvero che non ci sono solo i monti e la stella che ormai
conosciamo a memoria e che immagino negli ultimi anni facendo storia dell’arte abbiate visto e stra
visto continuamente ovunque ma ci sta pure la siepe. Qualcuno di voi sa perchè ci sta la siepe? Si è
mai imbattuto in questo mistero della fede?
Si, si stava dentro lo stemma della famiglia Chigi, ma viene ripescato in questo momento da
Alessandro VII perchè papa Alessandro VII ha bisogno di celebrare se stesso. A quale papa si sta
ricollegando? Ai papa della Rovere, no? Vi ricordate li abbiamo visti, Sisto IV e Giulio II. Ora non mi
fate usare la “r” che sapete per me è un problema però papa Giuliano della Rovere era chiamato
“Terribile” perchè aveva distrutto San Pietro per ricostruirne uno nuovo e qui però considerato
“Terribile” nel senso stimato come un grande ponteficie. Allora papa Alessandro VII che era il famoso
nunzio mandato alle catastrofiche Paci di Vestfalia dove era stato sancito il principio c i s regio ei s
religio, di chi è il regno è la religione, ha bisogno di rilanciare la propria figura e per rilanciarla la
riconnette a quella di passati pontefici ricordati per la loro importanza. E perchè può farlo? Perchè se
ve lo ricordate cosa abbiamo detto quando abbiamo visto la cappella Chigi fatta da Raffaello?
Abbiamo detto che Agostino Chigi aveva ottenuto dal ponteficie di poter unire le sue insegne con
quelle del ponteficie, quindi lui lo può fare. Si reputa un discendente di questi papi e lo vuole fare
appositamente per rilanciare la propria figura. Se questa è un piccola spia, in realtà ci dice tutto e
capiamo perchè Alessandro VII ha questa foga di patrocinare la costruzione di nuovi edifici, edifci
legati al culto del pontefice cioè cappelle palatine e capiamo anche il motivo per cui va intervenire
dove... A Santa Maria della Pace e chi l’aveva fatta? Sisto IV, dove va? A Santa Maria del Popolo. Chi
c’aveva lavorato? Sisto IV che l’aveva fatta costruire, Giulio II che c’aveva fatto fare a Bramante il coro.
Ecco lì che torna tutto. Lui interviene dove in qualche modo può celebrare questo suo legame,
ovviamente fittizio perchè non c’è di sangue, questo suo legame con i papi della Rovere, i due papi
che avevano riportato alla gloria Roma e lo Stato Pontificio.
Bene, a questo punto ci spostiamo a vedere la chiesa di S. Andrea al Quirinale che avevamo già visto
un po’ durante la visita. Oggi la riprendiamo per parlare di qualche altro aspetto e per capire meglio
perchè così con davanti le piante capiamo meglio come funzionava la questione. Questo che vedete
in colore scuro è il Collegio dei Gesuiti, il noviziato, e qui lo vedete nella sua forma in cui era in quel
momento, nel , stato realizzato. Mancava da realizzare una cappella interna e, in questo caso, il
papa non se la sente di pagare lui la committenza sia perchè in questo momento, vedremo tra poco,
è impegnato a fare San Pietro quindi San Pietro, Ariccia, Castel Gandolfo e Santa Maria della Pace e
Santa Maria del Popolo capite bene che, per quanto possa avere dei soldi lo Stato Pontificio, non è
che si può fare tutto contemporaneamente quindi in questo caso pensa di poter convincere il
cardinale Camillo Pamphilj che per Hiroshi, il ragazzo dell’altra volta, sono andato a controllare, si
Camillo è il nipote di sangue mentre il cardinale Ludovisi era invece un nipote acquisito. Mi ricordavo
bene ogni tanto c’ho dei dubbi perchè questi tra di loro si sposavano tutti. Il cardinale Pamhilj è il
protettore dei gesuiti quindi lo convince a pagare lui, ad essere lui il committente di quest’opera,
chiaramente se noi ragioniamo un momento e non ci vuole una laurea per capirlo, dentro il palazzo
del Quirinale c’è la cappella Paolina però non c’è una chiesa dentro quindi questa chiesa che affaccia
pressochè davanti al palazzo nuovamente si pone come cappella palatina. Ci risiamo, sempre lì casca
lo zampino. Ora Bernini deve quindi realizzare una specie di chiesa che sia una cappella palatina, che
sia però anche la cappella di un noviziato, debba in qualche modo svolgere anche delle funzioni di
parrocchia aprendosi sulla strada su questa famosa via Pia che bisogna urbanizzare e che si sta
tentando di urbanizzare dai tempi ormai di Gregorio XIII. E il problema di fondo è che il lotto che ha a
disposizione è questo, sostanzialmente rettangolare, anzi a ben vedere anche un po’ trapezoidale,
vincolato dalla presenza di una costruzione già esistente e vincolato dall’altra parte dalla presenza di
una strada che non si può invadere perchè è un rettifilo in cui il fondale è realizzato, costituito dalla
presenza della porta Pia di Michelangelo quindi assolutamente non si può entrare. Che fa?
Inizialmente aveva immaginato di fare un pentagono, un pentagono dove vedete si trovavano una
serie di cappelle abbastanza profonde in corrispondeza dei vertici alternate con altre cappelle più
limitate nella dimensione con dei binati di colonne. Ovviamente binati di colonne capiamo subito che
il riferimento è il solito vecchio Pantheon che torna sempre a farci compagnia e questo impianto
pentagonale un po’ ci sorprende. Ma perchè? Pentagonale però rifletterci non è poi così strano
perchè è una figura tipicamente associata alle fortezze. Allora se i gesuiti sono la famosa Chiesa
militante ritorna tutto pensare che abbiano una cappella fatta alla maniera del pentagono. Ricordate,
abbiamo detto, un tema che informa sempre la progettazione. Se non che il problema di fondo è che
questo pentagono è troppo grosso, non c’è verso di farlo entrare all’interno del lotto a disposizione e
quindi Bernini stravolge interamente il progetto. Decide di utilizzare un ovale traverso e vedete va
addirittura a mangiarsi parte del noviziato tanto per stringere il più possibile e quindi spostare più
indietro possibile il complesso. La scelta è chiaramente in qualche modo rivoluzionaria perchè
piuttosto che occupare tutto il lotto che aveva stretto decide di arretrare con la facciata quinid creare
uno spiazzo perchè così dall’esterno, da chi è lungo la via, si ha l’idea di uno spazio che è controllato
visivamente. Ma poi ci arriviamo, guardiamo l’interno. Bene, sempre una chiesa quindi a pianta
centrale, un ovale, cappelle laterali passanti rigorosamente (è una chiesa gesuita del resto e poi
lungo l’asse trasversale un pieno che abbiamo visto essere una tattica, un modo per attirare la nostra
attenzione che vedendo con un pieno percepiamo quindi questo spazio come centrale e non come se
fosse un ovale trasversale. Quindi Bernini gioca con la nostra percezione e lavorando sulla nostra
percezione lui continua a ragionare come se queste colonne, che vengono a defnire l’ingresso allo
spazio destinato al presbiterio, fossero una continuazione della muratura e in questo ci mostra la sua
fine intelligenza perchè, non ve l’ho detto in aula ma oggi lo diciamo, Gian Leon Battista Alberti aveva
detto che la colonna non è che una sezione di muro circolare. Ora nessuno lo aveva preso molto sul
serio però, se questo è il muro intarsiato di marmo e questa è la parasta, queste colonne qui fatte
dello stesso materiale della muratura sono una continuazione con sezione circolare del muro quindi è
proprio l’applicazione regolare perfetta di quel che diceva Leon Battista Alberti.
Aggiungo un’altra cosa. Quattro elementi verticali che sostengono quindi questa sorta di timpano che
non è neanche circolare, non è semi-circolare, è un po’frastagliato alla maniera quindi borrominiana
e che qui ci dovremmo un po’ sorprendere in realtà, ma così facendo, questo venendo in avanti, nella
nostra percezione quindi questo spazio è centralizzato. Da una parte ci invita a guardare in fondo, ma
dall’altra ci dice guarda lo spazio è uno spazio unitario e così deve essere percepito. Mentre il tema
fondamentale, come vedevamo già nella visita, è S.Andrea che quindi è rappresentato da solo,
nell’atto di ascedere al cielo. Ecco che la scultura ragiona insieme all’architettura, ne diventa parte
integrante e in qualche modo quindi c’è un’unica idea che informa tutto. Questo diventa il livello del
terreno e questo sopra il livello dell’alto dei cieli, non a caso quindi laccato d’oro con soliti costoloni,
solito nido d’ape sempre deformato per darci l’impressione quindi di una vela che si gonfia come dal
vento e poi ecco i festoni con gli stucchi che avevamo già visto. Con una differenza e cioè che qui
vengono aggiunte le finestre per consentire una maggiore illluminazione dello spazio centrale,
mentre nelle cappelle laterali vedete che le finestre termali vengono quasi completamente occultate
dalla presenza degli altari, una scelta voluta: minore luce qua (immaginatela nel buio , maggiore luce
al centro. Abbiamo la percezione di uno spazio centrale dove le cappelle laterali risultano veramente
dei vani accessori, quasi invisibili. Coretti e qui non c’è niente da dire, se non che vengono collocati in
questa posizione, come aveva già fatto Vignola e quindi piena tradizione. E poi, ecco qui che lungo il
fregio vengono inseriti degli altri coretti. Quindi in qualche modo si tratta sempre di elementi della
tradizione che vengono rielaborati in chiave innovativa sempre in funzione di quello che è l’obiettivo,
cioè non compromettere la percezione unitaria di questo spazio. Concludo dicendo che questa parte
finale del presbiterio, se andiamo a vederla bene, si tratta della rappresentazione del santo che viene
martirizzato quindi santo martirizzato-santo in ascesa, due momenti differenti però associati a una
sorta di presente storico e questo quadro sembra essere sorretto da dei putti quindi è svolazzante in
uno sfondo che quindi sembra immaginato come aperto attraverso l’utilizzo del lapislazzulo e quindi
qui non vediamo la luce dall’alto come abbiamo visto nella Cappella Cornaro, la fonte di luce
nascosta. Architettura, scultura e pittura collaborano tutte assieme per realizzare il bel composto.
Se poi ci andiamo un attimo a confrontare con questa cupola, ci rendiamo conto che c’è qualcosa di
nuovo ancora che non ci siamo accorti e cioè che questa cupola non è nè a sesto acuto nè a tutto
sesto ma è una specie di sesto ribassato quindi, per dirla oggi con parole povere, sembrerebbe una
tensostruttura, ma probabilmente nell’idea che poteva averne Bernini a quell’epoca voleva quindi
immaginare una sorta di grande padiglione come se fosse quindi una di quelle strutture in tela che si
potevano vedere all’epoca e veninvano realizzate in concomitanza delle gare, delle competizioni che
venivano aperte ad esempio fuori in quelle che oggi è il quartiere Prati ma che prima erano i Prati di
Castello. Ovviamente non lo sappiamo con certezza. Nessuno ce lo ha detto, nessuno lo sa. Sappiamo
soltanto che il figlio di Bernini nello scrivere la biografia del padre racconta che Gian Lorenzo amasse
venire in questo luogo da anziano e ci passasse molto tempo. E diceva che ci veniva perchè era la sua
opera migliore, l’unica in cui aveva raggiunto i risultati più alti della sua riflessione. Anzi, mi sembra di
averlo anche scritto. Eccolo qua, infatti. “Sola opera di Architettura della quale io sento qualche
particolar compiacenza nel fondo del mio cuore e spesso per sollievo delle mie fatiche io qui mi porto
a consolarmi col mio lavoro”. Bernini sta parlando in un momento tardo della sua vita, ovvero
quando, morto Alessandro VII Chigi, il nuovo papa Clemente IX che, come sapete prima era una
specie, passatemi il termini, di valletto di papa Urbano VIII perchè era un membro della cerchia dei
Barberini, è un papa un po’ più come dire austero quindi non fa realizzare più le opere, non fa
realizzare S. Maria Maggiore ma ne parleremo quando andremo a vederla, non fa realizzare dietro la
soluzione immaginata da Bernini che rimane solo incisa e quindi Bernini per ripicca lo rappresenta
che tira la coperta e i piedi rimangono fuori. Passiamo quindi un attimo a parlare invece dell’esterno.
Per dire, un altro paio di cosine che non abbiamo detto prima e ripetere quelle già dette.
Innanzitutto, soluzione a tiburio che è una soluzione, ve lo vorrei ricordare di nuovo, gotica perchè
era riutilizzata prettamente nel Medioevo, poi che sia sopravvissuta ed è riportata a Roma dalla
maestranze ticinesi è un altro paio di maniche. Anche Borromini utilizza un tiburio sulla stessa strada,
San Carlino, quindi Bernini molti anni dopo quando si trova a realizzare qui una chiesa decide di
adottare la stessa soluzione perchè permetteva di essere più sicuri, soprattutto nel momento in cui la
volta che veniva realizzata all’interno non rispondeva a nessun profilo di quelli già solitamente
sperimentati. Per poi contraffortarla vengono poi utilizzati dei contrafforti a voluta. Gli stessi che
aveva già utilizzato Francesco Da Volterra nella chiesa di San Giacomo degli Incurabili, quindi una
soluzione cinquecentesca e che ancora prima vengono da quel progetto per San Giovanni dei
Fiorentini che aveva fatto Antonio da Sangallo Il Giovane. Ecco quindi che si tratta di soluzioni
cinquecentesche che vengono riutilizzate per risolvere una struttura la cui soluzione generale di
impianto, il tiburio, è però una soluzione medioevale. Capite la commistione di questi elementi. Se
fossimo stati agli inizi del Cinquecento Bramante si sarebbe messo le mani nei capelli probabilmente,
ma non è così per Bernini perchè, come abbiamo già detto, per loro ciò che è importante è trovare la
soluzione migliore per quel determinato problema e qui non c’era lo spazio per fare contraffortature.
A stento c’era lo spazio per fare la chiesa quindi questa soluzione rispondeva perfettamente potendo
queste volute poggiare sopra gli inserti laterali delle cappelle. Invece, per quanto riguarda proprio il
prospetto in quanto tale vedete che la logica è sempre la stessa, dei contrapposti. Tre elementi: due
curvi e uno centrale che si sviluppa in alzato e quindi la nostra attenzione è tratta da questo. Ma vi
dico di più, se questa forma è ovale questo che cos’è? È un’altra specie di mezzo ovale quindi la logica
dei contrapposti si sposta dall’essere solo in facciata all’essere in contrapposizione tra la facciata e
l’edificio costruito e ancora questo giocare nelle contrapposizioni si vede anche nel complesso perchè
la facciata è un ordine gigante con un timpano, quindi molto classicheggiante, all’interno c’ha una
finestra termale quindi nulla di fuori dalla tradizione, ma al centro ci mette un’edicola che è
semicircolare e contrapposto qui e contrapposto qui questo invece è convesso. Ecco che quindi si
tratta di una serie di concatenazioni con cui gioca per rinsaldare l’impressione generale, quindi non
capiamo mai bene esattamente di che cosa si tratta. Se andiamo a cercare ci sono sempre nuove
cose. Aggiungo ancora un’altra cosa, se andiamo a vedere bene questa edicola, lo raccontavo già
durante la visita, questa edicola era un’idea che aveva avuto nuovamente Pietro Da Cortona che,
qualche anno prima, stiamo parlando di due anni prima quindi mica così tanto tempo, aveva ricevuto
da sempre Alessandro VII Chigi l’incarico di realizzare la nuova facciata di S. Maria della Pace. Ora, poi
ne parleremo bene e la vediamo nel dettaglio, però quello che importa sapere è che fin dall’inzio
l’idea di fondo di Cortona era subito quella di inserire davanti una piccola edicola quindi, sebbene il
progetto fosse ancora in esecuzione, probabilmente Bernini lo sapeva che ci sarebbe stata un’edicola
e quindi riutilizza la stessa identica soluzione. Fermo restando che la facciata di S. Maria della Pace,
dove gli ordini sono due, ma se voi togliete la nuova facciata e lo vedremo vedendo il disegno della
vecchia chiesa, la vecchia chiesa è questa praticamente. La facciata è la stessa, quindi viene
adoperata quella soluzione che viene presa e viene utilizzata in un contesto nuovo. È sempre così che
ragiona Bernini. E ora vedremo bene nel caso ultimo. Siamo arrivati all’ultima cosa da vedere non
temete. Mi stavo dimenticando. È chiaro che ordine gigante e secondo ordine sotto... Siamo sempre
lì, è sempre il palazzo dei Conservatori di Michelangelo che torna indissolubile perchè questi artisti,
tutti quanti, si professano allievi di Michelangelo.
Arriviamo così alla principale delle commesse che dà Alessandro VII Chigi. Il povero Bernini abbiamo
visto che in Francia ha una bruttissima esperienza, sei mesi terribili, sei mesi da incubo. Non ci vuole
mai più tornare e torna a Roma ben contento di essere al servizio del ponteficie che invece lo stimava
e lo voleva a tutti i costi all’attivo nelle sue opere. E ragioniamo seguendo un po’ la vicenda della
fabbrica quindi ho messo la pianta del Tempesta. Ci fa vedere la situazione alla fine del ‘ , cioè
grossomodo quando viene completata la cupola e quindi c’è Michelangelo più cupola e vedete che
sostanzialmente piazza San Pietro non va molto bene, è un po’ una cozzaglia di roba. Se poi
prendiamo Maggi, quindi sono passati un po’ di anni. Siamo alla fine del pontificato di papa Paolo V.
Non vi ho messo la pianta del Greuter che in realtà è più adatta, del . Non ve l’ho messa perchè
in quel caso sappiate che è vista di spalle, quindi non si vede la facciata. La visione da vista del Maggi
del ’ ci fa vedere quindi che la chiesa è stata in qualche modo completata. Anche lui ci lascia
intendere che questo problema della chiesa che doveva essere a pianta centrale, poi viene allungata,
non è stato risolto. Cerca di mostrarcela come se fosse una chiesa a pianta centrale perchè così è, con
in più aggiunge anche lui i due settori per i campanili, quindi questa idea che Bernini, abbiamo visto,
tenta di mettere in opera non è poi così peregrina. Anzi, anche Maggi ci aveva provato a inventarsene
uno. Aveva ripetuto la stessa soluzione di questa campata e sopra ci aveva piazzato una bella serliana
con timpano triagolare. Bene, ottima soluzione però insomma non va benissimo anche perchè qui
dentro ci sarebbe dovute andare poi le campane e dovevano essere tutta una serie di campane, un
po’ più troppo grosse. Poi come si fanno a mettere? E in più c’è questa questione che qui ci sarebbe
d’altronde del Ferrabosco che a breve sarà condotta a termine.
Qui vediamo invece il progetto di Bernini, quello celebre, quello che avrebbe dovuto condurre a
termine e questo disegno che è di Bernini ci fa capire che Bernini non era stato poi così tontarello
come vi ho fatto credere nelle altre puntate perchè vedete qui cos’ha fatto in questo snodo? Lui fa
arretrare la facciata di Michelangelo, quindi avrebbe abbattuto questo livello, lo avrebbe fatto
arretrare e così i campanili avrebbero assunto una loro plasticità e autonomia perchè indipendenti
dalla facciata. E riducendola così sicuramente sarebbe stato salvaguardato quel principio di Maderno
per cui la chiesa sembrava centrale sebbene centrale non sarebbe stata. Dunque Bernini non si è
smentito, è stato bravo però sappiamo che il progetto va malissimo per via delle problematiche
legate al terreno e bla bla bla, non le ripeto l’ennesima volta che ormai ne avrete le scatole piene e il
lotto rimane quindi così sostanzialmente. Questi non sono stati abbattutti, anzi si è un po’ incriccata
questa parte della facciata quindi è successo il pandemonio. Sono rimaste queste due campate
laterali, gli orologi sono dell’epoca di Valladier quindi non li consideriamo. Rimane il problema di
come risolvere questa facciata che è troppo larga. A questo punto Alessandro VII che deve riscattare,
l’abbiamo detto prima, sè stesso per tutte le questioni che in qualche modo lo hanno coinvolto. Mi
riferisco sempre a queste benedette Paci di Vestfalia che badate non sono mica una sciocchezza
perchè è da qui che inizia la decadenza della Chiesa. Se voi dovete prendere un momento
convenzionale per dire nel momento in cui la Chiesa entra in crisi, la Chiesa entra in crisi nel da
quando sancito questo principio piano piano tutti i principi cominciano un po’ a smettere di
considerare la Chiesa, soprattutto quelle protestanti, e la Chiesa non è più Chiesa universale è la
Chiesa cattolica quindi è relativa. Ok che Bertrand Russel diceva che il cerchio delle persone è sempre
più grande nel cerchio di qualsiasi credenza ma dobbiamo immaginarci che ancora a quell’epoca la
res p blica cristiana era l’Europa. Non si pensava che non lo era, quindi è un durissimo colpo. Le
finanze della Chiesa entreranno in crisi solo all’inzio del ‘ , nel se non ricordo male, con
Benedetto XIII Orsini. Quindi registreranno per la prima volta un rosso. Bene, quindi tornando a noi.
C’è il problema di questa facciata larghissima, Alessandro VII vuole risolverlo e abbiamo i suoi
taccuini dove lui stesso si mette a ragionare sulla base anche di altri progetti che nel frattempo erano
stati proposti. Vedete qui ve ne ho portati solo due così per parlarne rapidamente. Papirio Bartoli
prova a pensare di fare delle campate laterali e qui una specie di enorme spazio porticato quindi
niente di più che una specie di quadriportico come quello che già c’era. E invece in quest’altra
incisione vediamo che si, ancora una specie di quadriportico da una parte e dall’altra con una specie
di scalinata quindi un podio in questo caso, invece si pensava. Si è capito che la questione è che più la
piazza è grossa ed è distante meglio si riesce a risolvere il problema della facciata. Vediamo qui poi
una soluzione che in realtà è un pochino, come dire, contemporanea, un pochino più tarda, ovvero è
una soluzione che propone Carlo Rainaldi che è un po’ più giovane, infatti lo abbiamo inserito nella
seconda generazione, che anche lui immagina di fare quindi una cosa simile e poi immagina qui di
doppiare la torre del Ferrabosco. Qui ho messo Pamphilj, ma è scritto male vabbè. Insomma e anche
qui vedete che in fondo c’è sempre il desiderio recondito di cercare di costruire questi benedetti
campanili che però papa Alessandro VII nel dubbio non vuole fare. Anche perchè c’è il problema poi
di questa torre che sarebbe l’ingresso ai palazzi pontifici... Che si fa? La si abbatte o la si mantiene?
Quindi questi sono un po’ i temi sul piatto che si trova ad affrontare Bernini. Ultimo tema, scusate
questo me lo ero dimenticato. L’ultimo tema è che c’è il palazzo pontificio di fianco e anche questo è
una questione da tenere in considerazione nell’immaginazione della nuova piazza. Ora, cosa fa
Bernini? Fa sempre quello che fa di solito: parte dalla tradizione e comincia a rielaborarla. Più nello
specifico, partendo dal fatto che la Chiesa deve e voleva in qualche modo ricercare di riaffermare la
propria universalità, Bernini prova a immaginare questa grande piazza come se fosse una sorta di
abbraccio. Già qui in nuce c’è un po’ l’idea di fondo, cioè un colonnato che diventa quindi un
abbraccio e che si compone di più spazi: uno spazio sicuramente ed un secondo spazio quindi già due
in qualche modo piazze che dialogano l’una con l’altra. Anche perchè questi spazi erano pensati
inizialmente per ospitare sopra anche degli uffici per la curia che aveva sempre bisogno di nuovi
alloggi, nuovi vani in cui svolgere le proprie mansioni. Quindi sembra subito un’idea vincente, un
percorso coperto che tra l’altro risponde anche a quelle che sono le tematiche storiche, quelle che
erano le tradizioni. Infatti, vi ho messo un’immagine qui della processione del corp s domini. Vedete
si trattava di una specie di gigantesca struttura linea coperta dove si camminava, si procedeva e si
faceva il giro dal palazzo pontificio per entrare nella chiesa. Inoltre, dei porticati erano stati già
realizzati, erano già in uso fin dall’epoca di papa Nicolò V e, inoltre, ultimo ma non per meno
importanza, se noi andiamo con le carrozze dobbiamo scendere e uno spazio coperto ci consente di
scendere e non bagnarci se sta piovendo a dirotto che non è questione da poco. Quindi tutta una
serie di richieste, che da una parte sono esigenze dall’altra la tradizione, e Bernini le fonde subito
insieme per immaginare quindi il concetto di fondo. Il concetto di fondo è un grande spazio porticato
che sia percorribile quindi anche dalle carrozze e offra rifugio in caso di pioggia e che consenta anche
di svolgere quelle professioni che si solevano tenere in Vaticano.
Bene, nel momento in cui realizza questa piazza, adesso si pone invece il problema costruttivo. Prima
abbiamo avuto il problema di avere un’idea, adesso che l’idea c’è il problema è come applicarla nella
realtà. Ora, Bernini al posto di utilizzare la soluzione tipica del quadrante arco decide invece di
adottare una soluzione con trabeazione continua, una soluzione molto classicheggiante senza ombra
di dubbio. Ma perchè abbandona questa sua prima idea del quadrante arco come comunque
rinascimentale, apprezzato, usato da Brunelleschi. Il motivo è banale e cioè come si fa ad applicare
un arco ad una struttura il cui perimetro è già curvilineo? Si sarebbe dovuto applicare quei principi
della stereotomia... Sapete cos’è la stereotomia? L’avete mai sentita? La stereotomia è
sostanzialmente una pratica medioevale per cui le pietre andavano sbozzate e tagliate per poter
essere inserite e quindi veniva disegnata sul pavimento la loro proiezione, venivano appoggiate
sopra, si mettevano lì, le ritagliavano e poi le montavano però questo prevedeva il lavorare ogni
pietra singolarmente. Immaginate lavorare tutte le singole pietre... Sarebbe stato un lavoro enorme,
molto costoso e soprattutto molto difficile in uno spazio aperto. Quindi Bernini si trova a scegliere
una soluzione più classicheggiante perchè questa gli consente di tagliare alla radice quello che è il
problema di fondo che imponeva l’utilizzo di un’archeggiatura. Per farvi un esempio banale, se mai
andrete a fare il cammino di Santiago di Compostela si passa anche tra le tante cose per il santuario
di Sant’Ignazio di Loyola che ha fatto Carlo Fontana. Carlo Fontana che ha fatto questo progetto, l’ha
mandato e l’ha spedito lì, l’aveva pensato fatto in mattoni. C’ha proprio pensato, aveva detto
facciamo come facciamo sempre se non che lì nel nord della Spagna, lì siamo vicino a San Sebastian,
l’hanno realizzato in pietra quindi quando si sono trovati a fare gli archi in uno spazio che era già
circolare questi li hanno fatti con l’utilizzo della stereotomia che conoscevano. Una cosa
pesantissima, talmente pesante che la struttura sta mezza cadendo e c’hanno messo dei tiranti che
tra l’altro è un’opera interessante di ingegneria ma magari un giorno ne parliamo di questo. Bernini
taglia alla radice il problema, utilizza un’ordine pseudo toscanico che gli risolve tutto il problema e
fino a qui tutto ok. E a questo punto c’è la questione di come fare questi bracci. Come facciamo
l’ovale? L’ovale se prendete Serlio, che sicuramente avete studiato, e vi andate a vedere la sua
paginetta su come si fanno gli ovali, Serlio ne mette addirittura quattro quindi bel macello... Quale
ovale prendiamo? Bene, Bernini furbescamente immagina di far passare per ogni cerchio all’interno
del centro dell’altro cerchio creando quindi quello che si chiama un ovale ovato. L’ovale ovato cosa gli
permetteva? Gli permetteva nel momento in cui uno si trova qui nel centro di avere quell’effetto per
cui le colonne spariscono ed eccola lì che il percorso diventa invece una sola fila di colonne. È un
piccolo artificio visivo. Vedete già da qui però che c’è un problema grosso e cioè che qui in questi
punti di contatto tra la prima circonferenza e invece il tratto che unisce le due circonferenze creando
dunque l’ovale, qui i capitelli devono essere soggetti per forza a delle deformazioni, delle obliquazioni
e questa è una foto che ce lo fa capire. Ora capite bene che se questa cosa la guardiamo, questa
obliquazione, di classicista c’ha molto poco perchè è tutta storta, ma quello che importa a Bernini
non è che sia storta ma che noi che siamo nella piazza e il nostro occhio che deforma le cose lo veda
invece come regolare. Capite? Avete inteso qual è il gioco del barocco fondamentale? Non c’è più una
regola, la regola si, ma viene piegata a quelle che sono le esigenze del contesto e le esigenze
dell’osservatore. Questa soluzione non ha senso se non c’è una persona nella piazza, ci deve essere
un osservatore se no non ha senso realizzare questo progetto. A questo punto abbiamo tutti gli
elementi, quindi porticato e ci sta, realizzato all’interno quindi con una volta a botte che può
nascondere attraverso due settori che sono invece rettilinei, quelli più laterali, così che in facciata
può avere il suo andamento semplificato che gli risolve il problema delle archeggiature. Benissimo.
Statue su tutte le colonne, alla maniera di renderle una sorta di statue sante e va bene. Piazza che
quindi diventa un grande ovale, un ovale che ha al suo centro l’obelisco già innalzato da papa Sisto V
e poi una terza piazza, questa qui, in questo caso chiamiamola seconda ancora. Seconda piazza che,
guardate com’è fatta, è un trapezio e quindi subito ai nostri occhi ci viene in mente che chi altri aveva
fatto un trapezio in questa maniera per inquadrare la facciata e monumentalizzarla? Michelangelo,
sempre lui, sempre il Campidoglio. Quindi la solita soluzione viene applicata per monumentalizzare la
facciata, ma nel frattempo allontanarci e questo infatti porta al problema di fondo di Bernini... Cioè
facciamo o non lo facciamo il terzo braccio per chiudere la processione? Perchè da una parte così
facendo avremmo risolto il problema e creato uno spazio integralmente controllato visivamente,
come era nelle chiese che abbiamo visto però, d’altra parte, se fosse stato costruito questo terzo
braccio avremmo avuto anche un punto di vista definito per guardare la Chiesa e la cupola e non si è
abbastanza distanti. Bernini lo sapeva bene. Tant’è che qui è sempre in dubbio perchè da più avanti si
poteva vedere molto meglio la cupola. Questo problema rimarrà aperto per lungo tempo e ancora
altri architetti, da Carlo Fontana che è allievo diretto di Bernini, ma lo vedremo proprio qual è il suo
progetto. Lui pensa addirittura di ribaltare la piazza trapezoidale quindi in maniera meccanica,
totalmente senza capirci niente come era suo solito. Ma anche altri, come Cosimo Morelli. Immagina
di fare qui una piazza che prosegue fino al fiume Tevere. Quindi insomma problema aperto.
Questa immagine invece ve l’ho messa perchè adesso parliamo di un ultimo paio di cose. Prima cosa,
i Prati di Castello che si chiamavano Prati perchè erano dei prati lasciano quindi intendere una cosa
che oggi noi abbiamo perso e cioè che se stavamo dentro piazza San Pietro da una parte è vero che
c’erano le costruzioni, ma dall’altra parte si poteva vedere anche la natura. Vedete, questa foto
d’epoca ci fa vedere chiaramente che al di là del colonnato resisteva un rapporto con la natura che
oggi noi non percepiamo più perchè è stato tutto costruito però esisteva quindi fungeva anche da
filtro questa piazza e questo è un primo tema: il rapporto con la natura.
Seconda cosa che vado a vedere. Questa immagine storica, questa foto è tracciata da quaggiù cioè
dal Tevere, ci fa vedere che cosa in fondo? Questo punto dove si trova? Faccio così con il mouse e mi
dite si o no. È questo punto? No. È questo punto qui. Quindi Bernini escogita tutta questa piazza e la
formulazione dell’inclinazione di questo braccio che poi in fondo è dove si trova la statua bla bla bla,
In funzione di che cosa? Del fatto che esisteva questo rettifilo, via di Borgo Nuovo, che li consente di
mettere in pratica il teatro barocco, cioè la sua idea di uno spazio pensato in funzione
dell’osservatore. Noi dall’imbocco della strada e come noi i pellegrini che arrivavano, i visitatori, i
reali, chiunque arrivasse arrivava da porta, che abbiamo visto, Flaminia, piazza del Popolo, scende
per via di Ripetta taglia per il ponte Sant’Angelo, imboccava questa strada, vede l’ingresso dei palazzi
pontifici in fondo alla scala regia e poi, quando a un certo punto sta arrivando, si trova immerso nella
piazza. Ecco quindi che lo spettatore viene stupito dal trovarsi improvvisamente immerso all’interno
di questo grande spazio e l’altro motivo che non vi ho detto per cui Bernini non sapeva se fare o no
qui il terzo braccio. Il terzo braccio se da una parte risolveva il collegamento, dall’altra avrebbe in
qualche modo fatto da spoiler a invece la piazza. Quindi questo tema del teatro barocco espresso in
tutta la sua completezza all’interno della piazza di San Pietro, come sapete oggi non è più percepibile
per via dell’apertura di via della Conciliazione. Tuttavia, la questione, io ci tengo a dirvello, rimane
alla fine un po’ aperta ed è come dire un frutto, come dire, di uno sviluppo storico quindi non c’è un
giusto o uno sbagliato. La soluzione di Bernini certo aveva portato a una sua ottimizzazione, ma
un’ottimizzazione che è precaria perchè continua a essere aperto il tema. Già vi dicevo Carlo Fontana
e l’allievo siamo all’epoca di Pio VI alla fine del ‘ . Continua a volersi realizzare qui un grande
percorso. Quindi in realtà l’idea di via della Conciliazione non è altro che una cosa che è maturata a
lungo e, se da una parte rovina una cosa, dall’altra è pur vero, e io ci faccio caso ogni volta che passo,
che se voi state qui e guardate la chiesa la cupola si vede, la percezione che ci sia un impianto
centrale si ha. Non si ha da vicino, non si ha quando si è qui all’imbocco. Si ha quaggiù quindi in
qualche modo rimane una scelta dei tempi con tutte le sue problematicità però, come dire, anche
Giulio II ha abbattutto la vecchia San Pietro per costruirne una nuova. Quindi io scollegherei la
questione di via della Conciliazione dal tema della dittatura fascista. Si, è avvenuto in quel momento
però è frutto di un ragionamento molto più dilatato nel tempo che trova concretezza in quel
momento perchè ci sono evidentemente i presupposti politici perchè vada avanti ed è comunque
condotto a termine dopo la guerra. Quando la guerra finisce era stato abbattuto si e no tre o quattro
edifici qua davanti quindi questa strada che noi vediamo è stata terminata per il , per l’anno
santo, quando già c’era da un po’ di tempo un governo democratico. Questo perchè dobbiamo
sempre fare un po’ di attenzione a non saltare troppo facilmente alle conclusioni. Questi sono
processi storici a Roma che sono sempre molto complessi e vanno presi per quello che sono senza
attribuirgli un giudizio di merito o demerito perchè se facessimo così allora quasi tutti gli architetti
vissuti nel primo novecento dovremmo semplicemente etichettarli come fascisti ed escluderli.
Quando invece tanti, a partire da Moretti e via discorrendo sono stati grandi artisti a prescindere da
quali fossero le loro indicazioni quindi non c’è bisogno di giustificarli. C’è bisogno di contestualizzarli
all’interno del periodo storico in cui sono vissuti. A parte questo pippone gigante, la lezione è
terminata. Ci sono domande? Paure? Perplessità?
Lezione / /
Francesco Castelli, noto come Borromini o il Borromino è il secondo protagonista della stagione
barocca. È un personaggio di cui analizzeremo l’attività di Roma, anche se ha operato anche fuori
dalla città. È analisi di studio la sua attività giovanile che potrebbe essere stata svolta a Milano e
nell’hinterland milanese. Borromini è di origine ticinese e diventa parente acquisito di Carlo
Maderno, che diventa suo zio acquisito, e in gioventù dovrebbe aver lavorato con il padre all’interno
del grande cantiere del duomo di Milano.
Si tratta di una gavetta che prende le mosse, in questo caso, dall’arte di costruire. È un caso
eccezionale: Bramante veniva da Raffaello, e quindi dall’ambito della pittura e poi si sposta
all’architettura; Michelangelo e Bernini sono scultori e poi in seguito architetti. Borromini, come
Antonio da Sangallo il Giovane, viene da una tradizione di capomastri . Gli studi che si sono
recentemente eseguiti, in occasione dei anni, hanno messo in luce come Borromini, nei primi
anni a Roma, lavori in una associazione di capomastri. Questo non ci stupisce perché i Longhi,
un’altra famiglia di costruttori, lavorano attivamente svolgendo l’attività costruttiva come appaltatori.
Questo si prolungherà per tutto il XVIII secolo; è consueto trovare che l’architetto è considerato come
una sorta di consulente, il quale realizza dei progetti, che tal volta sono ritenuti gratuiti dal
committente, e consegnati al capomastro che prende sotto il suo controllo la sedificatoria e le figure
che concretamente realizzano la fabbrica, è in grado di definire dei preventivi accurati e dove andare
a risparmiare. È tipico trovare gli architetti in una situazione di difficoltà, come nel caso di Carlo
Fontana nella costruzione dello Spizio di San Michele a Roma . Questo ci spiega quanto sia
difficoltoso il lavoro dell’architetto, qualora questi non goda di una eccezionale fortuna come il caso
di Michelangelo o come Bernini, che fino alla tarda età poté vantare di un atelier molto attivo e con
cospicui incarichi che gli garantiscono una certa stabilità economica. Questo non è il caso di
Borromini il quale andrà, nel corso degli anni, a peggiorare la propria situazione psicologica che
determinerà il fatidico evento del suo suicidio.
Borromini, a differenza di Bernini che è una sorta di archistar coordinando l’attività delle varie figure
presenti all’interno del cantiere, è un architetto integrale, e controlla fino all’ultimo dettaglio la
realizzazione dei suoi progetti, segue attentamente le elaborazioni: ogni scelta che si trova nei suoi
edifici è una diretta conseguenza di una sua intenzione progettuale. Mentre negli edifici di Bernini si
può immaginare che le statue siano state fatte sotto il suo coordinamento ma con gradi di libertà da
parte dei singoli operatori, è certo che Borromini seguisse attentamente la progettazione di qualsiasi
componente. Di questo lo testimoniano due cose: la collezione all’Albertina, dove si trovano
centinaia di disegni che lasciano intendere un controllo fino al minimo particolare, e alcuni episodi
che vedremo . È evidente che da parte di Borromini ci sia un ossessivo controllo del particolare,
un’arma che Bernini usa contro Borromini, dicendo che Borromini non si accontentava mai e cercava
la cosa all’interno della cosa.
Borromini, nel suo controllare tutto, si rivela un architetto integrale e che dialoga con la nostra
intelligenza, ovvero si pone verso l’osservatore, considerandolo parte integrante del progetto che lui
va a realizzare. Da parte di Borromini c’è l’idea che l’osservatore si cali per comprendere il suo
progetto, non solo lo osservi dall’esterno. Per Bernini si trovano delle soluzioni apparentemente
comprensibili, sempre nei temi generali che ritornano, con Borromini è necessario scavare.
È un edificio che viene affidato a Borromini dal cardinale Francesco Barberini, nipote di Urbano VIII,
all’indomani dalla rottura tra Bernini e Borromini. Infatti, dopo che si consuma il litigio all’interno del
palazzo Barberini, sul completamento dell’edificio, seguito dall’abbandono di questo da Bernini, il
cardinale è colpito dalle abilità di Borromini e gli affida un piccolo incarico da realizzare in economia.
Si tratta di un edificio per un nuovo ordine religioso che utilizza le proprie finanze per andare a
pagare il riscatto dei prigionieri cristiani rapiti in Terra Santa; è nelle condizioni di realizzare un
edificio che è pagato dalla committenza del cardinale, imparagonabile con quella del pontefice, ed è
molto più limitata.
Il lotto che è scelto è tra via delle Quattro fontane, all’epoca la via felice (da Sisto V) e l’attuale via
Settembre, all’epoca la via Pia; è dunque un lotto vincolato da due parti e in più, visto la presenza
delle quattro fontane, una di queste deve essere inglobata all’interno del progetto in esecuzione. Il
lotto è scelto perché gli ordini religiosi militanti tendono a prendere posizione vicino al palazzo del
pontefice, in questo caso il Quirinale.
Borromini litiga con un capomastro che spinge giù da un’impalcatura a cui seguono numerose problematiche
che lo spingono a lasciare Roma per un certo periodo. Stando agli atti giudiziari, la discussione verteva sul fatto
che il capomastro proponeva una variazione dei capitelli.
delle sue componenti per risparmiare spazio e che, oltretutto, deve essere molto studiato per
abbattere i costi di realizzazione. È un incarico che Borromini incomincia nel e il cantiere si
prolunga fin dopo la morte dell’architetto, negli anni ’ del ‘ . Borromini interviene molteplici
volte e che si sviluppa molto lentamente per la mancanza di denaro.
L’immagine non è significativa per vedere la cupola e le decorazioni, ma ci fa capire il vero senso del
progetto.
Si parte da un concetto informante ovvero un triangolo equilatero che ribaltato lungo uno dei lati da
come risultato un rombo. Nella figura del rombo è inscritto un’ovale, una forma che è applicata già
dalla fine del ‘ . Borromini interviene ancora, non si accontenta di questo artificio che stabilisce già
delle proporzioni congruenti. Decide di andare comprimendo le parti laterali e andare dilatando le
parti lungo gli assi principali, l’asse longitudinale e trasversale. In questo modo si genera uno spazio
che, in successive contrazioni e dilatazioni, ricalca l’idea iniziale dell’ovale ma l’ovale è stato
completamente deformato.
La trabeazione rilega tutte le singole parti: se si vede questo spazio lo si percepisce come un unica
realtà e non si percepisce la presenza di un presbiterio, l’andito di ingresso o le due cappelle laterali.
Queste sono inserite all’interno del singolo spazio, ne diventano parti integrati, si omogenizzano
rispetto all’insieme ma mantengono una loro precisa fisionomia.
L’intenzione di generare uno spazio fluido Bernini la persegue a tutti i livelli con una serie di artifici. Il
primo è l’utilizzo delle colonne, inserite per nella muratura, sull’esempio di Maderno, Michelangelo
e altri. In questo modo nasconde i punti in cui varia il movimento dell’interno della sagoma; non si
percepisce mai quale sia il punto esatto in cui cambia l’andamento, perché ci viene mascherato,
attraverso un elemento che viene ripetuto costantemente all’interno di tutti i singoli vani. Questo
trasmette l’idea di plasticità rispetto agli edifici precedenti. C’è solo un architetto che ha utilizzato
una soluzione simile, Vignola a S. Anna dei Palafrenieri.
Si deve considerare per primo l’ambito presbiteriale, definito attraverso un gruppo di campate, una
centrale che comprende l’altare, e due laterali, più strette. Nelle due aree che corrispondono alle
cappelle laterali, nell’asse trasversale, vengono definite attraverso l’utilizzo di altari che invadono lo
spazio centrale e che sono caratterizzate nuovamente da una campata più ambia e da due capate
laterali uguali.
L’andito di ingresso viene reso attraverso la stessa soluzione, dove l’altare si sostituisce l’ingresso.
Osservando lungo i lati obliqui e le campate che si vanno formando, ci si accorge che esiste un
principio di due elementi, due lati uguali che lasciano spazio per
far emergere quello centrale che sempre occupa il passaggio ad
una cappella laterale, o per andare negli spazi retrostanti (zona
altare).
Andando a vedere i disegni dell’Albertina si capisce che questa non è un’idea a cui Borromini è
arrivato in modo immediato ma è un processo complesso. Questo si vede dal continuo rielaborare di
passaggi. La chiesa, rispetto al resto del complesso è stata oggetto di continui ripensamenti che
cercano di individuare quale sia la soluzione più adatta rispetto all’obiettivo di fondo. L’obiettivo di
fondo, la trinità, rende tutto chiaro poiché la divinità è spiegata nell’ambito del triangolo equilatero.
Lo spazio sacro della
chiesa diventa lo spazio della divinità e si è tradita quell’idea concettuale di fondo della centralità
dello spazio rinascimentale, ovvero la perfezione della forma è uguale alla perfezione di Dio, ma la
perfezione di Dio viene espressa nel fatto che questa è un’area generata da un sistema di triangoli
che incarnano le varie figure della stessa trinità.
L’immagine ci dice qualcosa di importante, oltre l’evidenza delle campate ripetute, per quanto
riguarda alcuni elementi come il timpano, si piegano alla composizione stessa perché parte della
composizione. Diventano, in questo caso, curvilinei. Sono elementi mai visti ma che tornano nel
corso dei decenni successivi (Francesco fontana nella chiesa dei SS. Apostoli).
Si può notare come funziona perfettamente il rapporto di dialogo che esiste tra una triade a l’altra
che condividono sempre un elemento comune.
Osserviamo com’è realizzata la nicchia. Questa strutturazione del sistema che abbiamo visto essersi
formata all’inizio della seconda metà del ‘ , ovvero nicchia sovrastante e coretto, è stato
totalmente acquisito ed è parte integrante del modo di progettare degli architetti. Borromini non va
fuori dalla consuetudine perché sceglie un impaginato, quello utilizzato a S. Giuseppe da Domenico
Richino, ma con un elemento di novità: l’inserire la cosa nella cosa, rielaborando la conchiglia.
Il segare in modo netto la muratura, l’utilizzo dell’ordine gigante, delle colonne, ed altri elementi si
riallacciano a Michelangelo. L’opinione riportata da Milizia, teorico della fine del ‘ , evidenzia il
fatto che anche lui aveva colto che Michelangelo fosse alla base del pensiero Borrominiano: non si
adoperano più soluzioni che vengono variate ma vengono stravolte e reinventate. Questo lo aveva
fatto anche Michelangelo, che aveva inventato delle soluzioni, come i sistemi compenetrati nel
Campidoglio, l’ordine gigante di S. Pietro, il mascherone apotropaico della facciata di Porta Pia, le
colonne spoglie all’interno di S. Maria degli Angeli.
Nei capitelli fa una variazione: il sistema triade funziona con due colonne che hanno una soluzione
tradizionale e il settore centrale ha delle colonne con una variazione del capitello. Si tratta di un
marcare i quattro punti per rivangare il sistema delle quattro triadi e creare nuovamente maggiore
interconnessione tra le
due parti, per ribadire
visivamente quello che
era stato già, in
qualche modo, reso
sottilmente attraverso
la ripetizione dei
settori.
La scelta di questo capitello, apparentemente inaspettata, ha portato Borromini ad essere accusato
di usare soluzioni anticlassiche, un architetto gotico. Questi capitelli infatti, si possono trovare a Villa
Adriana, e Borromini rimane all’interno della tradizione, ma va a scegliere all’interno dell’antico non
un antico consueto, usato, conosciuto, ma cerca qualcosa di speciale che corrisponde alle sue
specifiche esigenze. Alla stessa maniera interviene per risolvere gli elementi di dettaglio, che sono
modificati in rapporto alla loro stessa funzione e sempre secondo il principio della trinità.
In questo disegno si vede come le colonne siano inserite totalmente nella muratura, è evidente che
quando
Borromini
ragiona sulla
strutturazione di
questo spazio
prova ad
immaginare di
dare alle colonne
integralmente un
valore costruttivo
e strutturale, un
altro elemento
preso da
Michelangelo
nella Biblioteca
Laurenziana.
- Commento all’architettura
- Architettura essa stessa.
L’angelo sulla mensola della nicchia ha la funzione decorativa ma è stesso la mensola di supporto
della nicchia. In S. Giovanni in Laterano sarà messa in vista l’intuizione avuta in S. Carlino.
A livello del terreno c’è un complicato sistema di interrelazioni che consente di rilegare lo spazio; la
trabeazione consente di riunificarlo. Sopra si vede che il sistema di imposta della cupola e normale.
Vengono utilizzati dei pennacchi che permettono l’inserimento di una cupola ovale, come la forma di
partenza. Borromini non si accontenta:
piuttosto che realizzare un tamburo con
delle finestre, come nella tradizione, il
tamburo viene fuso all’interno della
cupola, in un intradosso. Fuori è
realizzato un tiburio, un ambiente che
ingloba al suo interno la cupola stessa, e
le finestrature vengono inserite
all’interno della muratura stessa. Questa
è una soluzione usata da Bramante in S. Maria della Pace, con un’apertura di una finestra per
l’apertura di una luce, finestra che non si vedeva dalla distanza.
Per ottenere lo stesso risultato inserisce la decorazione che non è giustapposta alla muratura ma è
sporgente. Cerca di mascherare la fonte di luce per darci l’impressione di uno spazio illuminato ma di
cui la fonte di luce non è immediatamente visibile. Questo è chiarito anche dall’utilizzo di un’alta
lanterna che permette l’ingresso di molta luce al suo interno. Avremmo avuto una sorta di luce
diffusa dove non erano immediatamente evidenti i punti dove questa entrava.
Nella decorazione dell’intradosso si può notare che la scelta di utilizzare degli ottagoni, delle croci e
degli esagoni che non è casuale. Infatti, si tratta di una decorazione ripresa dai motivi geometrici del
mausoleo di S. Costanza; la scelta ha un duplice significato:
- È una delle poche decorazioni che arano apprezzate anche nel Rinascimento;
- È una soluzione antica ma di epoca cristiana.
Per quanto riguarda il cortile, anche in questo caso, Borromini disdegna l’utilizzo degli angoli e per
creare uno spazio univoco pensa di applicare il tema della serliana continua, già utilizzato da Richino
nel collegio dei gesuiti, lo riapplica in questo caso. Sopra inserisce un secondo livello loggiato dove i
capitelli presentano un
profilo ottagonale, alla
stessa maniera anche lo
spazio del cortile diventa
ottagonale. La scelta di
usare questa fora
consentiva di
risparmiare spazio e di
riprendere tematiche già
affrontate all’interno
della chiesa. La
concezione del progetto
è unitaria perché si
riverbera, non solo nel
cortile ma nella
realizzazione della facciata stessa.
La facciata è leggermente inclinata, rispetto al livello della strada; c’è una forma di adeguamento
rispetto al contesto che è completamente mascherata dall’architetto e non lo percepiamo.
Borromini riflette spesso su come risolvere questo problema provando ad immaginare i punti centrali
che servono a creare questi elementi curvilinei. Si tratta di una strutturazione strettamente ragionata
che, tuttavia, lavora su un tema, quello dei contrapposti, che è comune con Bernini.
Anche nel caso della facciata vediamo che Borromini ci riflette su come risolvere questo problema,
infatti sul disegno ci sono i punti dove è stato puntato il compasso per tracciare un profilo curvilineo.
La strutturazione quindi è ragionata, e lavora sul tema dei contrapposti, come abbiamo visto anche in
Bernini, il quale però utilizza l’ordine gigante con tre elementi di cui quello centrale è diverso dagli
altri due elementi laterali. Borromini invece immagina una facciata palaziale dove l’altezza
dell’esterno è uguale a quella dell’interno, rinuncia infatti all’ordine gigante per il motivo che poi non
sarebbe stato in rapporto con la strutturazione dell’interno. Maschera il tiburio attraverso il secondo
livello, forse non è la sua opera, ma del nipote, quindi lo escludiamo dal discorso. Il livello inferiore,
con ordine gigante e compenetrazione dell’ordine
(cfr. Michelangelo), dove le sculture vanno ad
aumentare il sostegno del livello superiore, ma
disegnano anche uno spazio dove si inserisce la
statua del santo dedicatario, diventa così la scultura
non solo di commento ma di funzione
all’architettura. Applica un concetto sintetista dove
annullando il riferimento all’ordine, sul laterale della
chiesa, (cfr. Giacomo Della Porta) semplifica il tutto.
S. Ivo alla Sapienza, Roma Pontificato di Papa Urbano VIII Barberini. Il complesso venne costruito
già da Papa Gregorio XIII, portato avanti da Paolo V, dove si trovano infatti gli stemmi delle famiglie.
Mancava però una cappella, al centro del complesso, che non viene costruita da Della Porta. Affidata
quindi a Borromini, con richiesta di lavorare in “economia”. Come interviene? Sceglie un tema che
informa tutta la progettazione, ovvero della Trinità, in maniera differente rispetto a prima. Se prima
la trinità si considerava un triangolo equilatero, ribaltato diventava un rombo e da lì si tracciava il
perimento interno della chiesa, ora la soluzione è utilizzare una sorta di croce di David, due triangoli
innestanti uno sull’altro. Da una parte si procede con dilatazioni e dall’altra con contrazioni dello
spazio, lo stesso ritmo di San Carlino con sistole e diastole. Il sistema è formato da tre elementi che
condividono una campata parietale, riavendo il concetto delle triadi in forma più serrata. Preferisce
adottare delle paraste, così che il nostro occhio percepisce una continua movimentazione tramite
l’utilizzo sempre di queste paraste e rende il tutto dinamico. Perché? Si riallaccia alla facciata, dove
prosegue l’andamento di facciata di Della Porta, ma anche nel porticato attua lo stesso andamento.
Dal punto di vista decorativo all’interno sceglie di non avere decorazione unitaria, utilizza stemmi
della famiglia Chigi. Il frastagliamento nella cupola è il richiamo del frastagliamento in basso,
ragionando in verticale. L’esterno ha strutturazione particolare, non si tratta di un tiburio, poiché la
cupola fuoriesce, si tratta di due soluzioni distinte: un tiburio sopra cui abbiamo una soluzione a
gradoni con terminazione ad altana, che si trasforma in una lanterna. All’esterno si ripresenta
l’andamento dell’interno, con ampliamenti e
restringimenti, le paraste richiamano
visibilmente un ordine, ma i gradoni? La
soluzione è quella del Pantheon con tiburio,
medievale, il tutto per elevare l’alzato. C’è
anche il significato esoterico della lanterna e
dell’andamento a spirale, che porta al
concetto della sapienza come dono della
divinità (vangelo, giorno di Pentecoste, spirito
santo che permette agli apostoli di parlare in
tutte le lingue) quindi la lanterna a spirale
riconduce al tema della torre di Babele, (dove
la costruzione fu iniziata perché tutti
parlavano la stessa lingua, ma il Signore
intervenne cambiando ad ognuno di loro la
lingua e non si capirono più) ma al contrario.
Quindi parliamo di contro spirale, perché la
lanterna del Borromini avrebbe unito sotto il
segno della fede cattolica. L’andamento sotto la lanterna, con
parte convessa e segmenti rettilinei, ci porta a confrontarlo
con il Tempio di Baalbek, ma lo conosceva? Sicuramente uno
dei progetti di sistemazione della lanterna porta al di sopra
una luna, forse conoscendo l’architettura musulmana e quindi
forse avvalora l’ipotesi della conoscenza di questo tempietto.
O forse semplicemente per l’andamento concavo/convesso
suo solito, con binato e parte di trabeazione, forse per altri
studiosi è una semplice derivazione dall’impianto
generalizzato che tende ad utilizzare. Più recentemente
invece dicono sia la diretta “ricerca della cosa nella cosa” di
Borromini, si va a cercare nell’antico, non è un classico
canonico ma ellenistico. (cfr. soluzione che andava di moda al
tempo di Adriano, costruzione Villa Adriana, ma nello stesso
periodo viene costruito anche il Pantheon che niente altro è
che andamenti contrastanti e
decorazioni contrastanti). La
pavimentazione vanta esagoni alternati con losanghe bianche e nere,
la stessa che possiamo vedere all interno della Chiesa di San
Giuseppe di Richino. Funzione che era stata adoperata a Milano
ritorna invece a Roma, assieme a una serie di altre citazioni che fa in
maniera esplicita come il dettaglio di questi costoloni che rafforzano
il funzionamento strutturale
e del tiburio. (cfr. si trova a
Porta Pia la stessa citazione
di nuovo di Michelangelo).
Continuiamo il nostro percorso nell architettura del 600, prendendo in considerazione altre opere di
Francesco Borromini.
L altra volta abbiamo visto i capisaldi della sua attivit progettuale.
Borromini si ritrova sempre a lavorare su lotti, edifici che sono stati gi in parte edificati; quindi,
solo in rari casi si ritrova in progettazioni ex novo, quindi a realizzare ex integro, anzi
sostanzialmente sempre se si esclude San Carlino alle Quattro fontane, i complessi architettonici in
cui si trova a lavorare Borromini erano gi stati parzialmente intrapresi da altri progettisti in un
momento precedente.
Di conseguenza il contesto si fa pi complicato rispetto a quelli che abbiamo osservato
nell architettura di Bernini. Borromini, incontrando questo ostacolo, lo tramuta in un punto di forza
delle proprie elaborazioni. Dunque, il contesto, ovvero la presenza di precedenti progetti in corso
d opera, diventa per lui l opportunit per sviluppare un progetto innovativo.
L edificio non ha un vero e proprio prospetto pubblico, ma ha una formulazione esterna che si
sviluppa in un movimento concavo, che ammette lateralmente due ulteriori ali, ma ci sembra
parzialmente sconclusionato, ma cos non .
Dai disegni che sono emersi questa formulazione sembra
ricalcare pi precisamente l ingresso di una fortezza con due bastioni laterali e due torri di
controllo. Si tratta quindi di un idea militare che si riallaccia al concetto della difesa dall esterno.
Interno della chiesa: manca la cupola, al cui posto si scelta una formulazione diversa una
grande volta, tuttavia ribassata, che caratterizzata da una presenza di lacunari realizzati tramite
intrecci e grandi arconi che solcano la volta, ripartendola. Le finestre si poggiano sopra la
trabeazione che, come a San Carlino alle quattro fontane, non si ferma mai e continua attorno al
complesso e dunque ne definisce il perimetro interno. Essa non si interrompe neanche in
concomitanza con l arco. Tutto questo nell ottica di generare uno spazio interno che sia unitario.
Abbiamo detto che Borromini ragiona molto sul tema di uno spazio che venga percepito come
unico. Dunque gli spazi laterali, quindi quelli dedicati al presbiterio e agli altari che fanno
fiancheggiano l asse trasversale sono considerati come una sorta di grandi absidi che si
giustappongono nel perimetro centrale e che ne diventano non uno spazio accessorio autonomo, ma
solo un prolungamento. Questo lo percepiamo perfettamente dal fatto che le colonne vanno
nascondendo tutti gli angoli e cos accentuano questa percezione dello spazio unitario, che poi viene
drammatizzata, come faceva Michelangelo, inserendo le colonne parzialmente dentro la muratura.
Questo loro inserirsi e sporgere leggermente imprime grande plasticit nella percezione. Ne
percepiamo il dinamismo. Quindi si tratta di un atteggiamento che si riallaccia alla tradizione
michelangelesca. Michelangelo sempre la scena di fondo di tutti questi artisti. Ma in Borromini in
particolare non sempre cos evidente, talvolta un p sottile e si mescola ad altre decisioni. Primo
fra tutte vediamo che tutti questi elementi appena analizzati dell interno richiamano l antico, ma se
noi andiamo avanti e prendiamo in considerazione la pianta ci sembra di averlo gi visto il
vestibolo. Infatti, si tratta di uno spazio ravvisabile nello spazio di villa adriana. Si tratta dunque nel
Borromini di un atteggiamento preciso di ricerca all interno dell antico, quello di Villa Adriana
caratterizzato da questa logica dei contrasti, che si allaccia perfettamente con le tematiche proprie
del barocco per l applicazione dei contrapposti, composizione a tre elementi a trittico e utilizzo a tre
elementi differenti, l applicazione della luce in modi differenti. Temi antichi che si intrecciano, a cui
Borromini aggiunge sempre del suo. In questo caso egli aggiunge la serliana non continua, ma
inserito nel mezzo un altro settore; quindi, si tratta di un sistema di triade, sia in corrispondenza
dell ingresso sia in corrispondenza dell altare principale. Ecco che i sistemi vengono intrecciati tra
di loro per generare e rafforzare quest idea di continuit e di centralit dello spazio.
Se immaginiamo qui (vedi freccia lingua) il porticato, entrando nella piazza (vedi freccia piccola) il
porticato avrebbe oscurato il palazzo pontificio. Quando il papa visita il cantiere gi in costruzione e
si rende conto di questa cosa, non particolarmente contento della scelta; quindi, allontana i due
architetti dal cantiere e sospendo ogni lavorazione. L occasione propizia per Virgilio Spada per
avanzare una candidatura di Borromini, appunto suo protettore. Papa Innocenzo X non un uomo
avvezzo alle arti, quindi accetta di buongrado che l architetto prenda le redini a patto che venga
salvaguardato con quell integrit del palazzo accanto.
Cosa fa Borromini? Dobbiamo considerare che l edificio era gi parzialmente costruito e infarti
vediamo che nella sua cumulazione regge un po l impostazione che gli avevano dato i Rainaldi.
Ma Borromini riesce a rivoluzionare come suo solito. Abbatte parte del portico, quindi lo trasforma
dal suo essere uno spazio chiuso in uno grande spazio curvilineo, dove campeggia al centro un
tetrastilo.
forte richiamo a San Pietro per essere una grande cupola sopra un tamburo alto davanti a un
tetrastilo con due torri campanare ai lati. San Pietro voluto da Bramante, sviluppato da
Michelangelo e poi in parte compromesso dall attivit di Carlo Maderno. quindi il riferimento
progettuale a cui si richiama Borromini nella realizzazione di questa chiesa. Il collegamento
facile: se vogliamo celebrare il pontefice come erede di San Pietro, quale meglio modo se non
realizzare una cappella palatina che sia a somiglianza di come avrebbe dovuto essere la grande
chiesa di San Pietro nelle intenzioni dei suoi progettisti. Lo schema funziona bene per tutte le
tematiche che abbiamo osservato. Quindi funziona bene perch ragiona a trittico e consente di
applicare la legge dei contrasti. Funziona bene perch in questo modo Borromini pu sviluppare il
progetto creando grandi dinamismi.
Vediamo nel dettaglio cosa fa. Il portico viene mantenuto. Qui si crea una sorta di porticato
mantenendo la tradizione ( vedi frecce blu). Mentre all interno la croce greca viene dilatata lungo
l asse trasversale attraverso l aggiunta di ulteriori spazi che invadono l edificio adiacente ( vedi
freccia arancione ). In questo modo la nostra percezione dello spazio si va allargando.
la statua posizionata dietro sembra collocarsi lungo un
percorso visuale che in realt fittizio, disegnato attraverso l utilizzo della tecnica della
prospettiva: scultura, l architettura e la pittura collaborano tutte per raggiungere una soluzione che
ci permette di immaginare questo spazio come se fosse aperto. E allora se questo uno spazio
aperto, questa struttura ( vedi freccia gialla) rivolge la sua attenzione nella parte centrale, che risulta
essere unitario e centralizzato. Ecco che Borromini non smentisce s stesso, ma trova l artificio per
sviluppare anche in questo caso la sua concezione. La trabeazione sporgente che unitaria e non si
interrompe mai, poi le colonne che, sviluppandosi in corrispondenza degli angoli dei cambi di
perimetro, ci nascondono qual lo sviluppo e ci fanno immaginare questo spazio come se fosse
un'unica aula, non come una serie di spazi caratterizzati e interconnessi tra loro, ma si tratta di uno
spazio unico.
Andiamo a vedere altre cose. Ad esempio la trabeazione che taglia di netto ( vedi freccia verde) lo
spazio sottostante e questa una cosa che Borromini aveva gi fatto a San Carlino e anche questa
cosa viene da Michelangelo. Sopra, in corrispondenza, apre la grande finestra termale. La luce
proviene da tre finestre, disposte lungo i due assi, in corrispondenza della porta e degli assi
trasversale ed entra dall alto e ci chiarisce anche perch Borromini decide di adottare un tamburo
piuttosto alto per consentire un maggiore ingresso della luce.
Se seguiamo l andamento, ci
rendiamo conto che questa chiesa, la quale nasce a croce greca, arriva adesso ad essere diversa da
come era stata inizialmente impostata. Tutto quanto ci chiaro in quanto tutto volge a un obiettivo,
ovvero creare un grande spazio unitario.
In questo senso anche gli ambienti lungo gli assi obliqui che abbiamo visto essere inizialmente
ideati come fossero delle ideali cappelle vengono in realt ridotte ad essere dei grandi nicchioni,
come se fossero delle absidiole, al cui interno ci sono altorilievi e mimano uno sviluppo in
profondit , lasciando scena allo spazio centrale. Per strana ironia il complesso non viene portato a
compimento da Borromini perch il progetto che viene intrapreso poco prima della morte del
pontefice, viene con grandi difficolta portato avanti. Cois il caso vuole che, morto Borromini, le due
torri campanare che possiamo noi oggi osservare siano state realizzate da Carlo Rainaldi, dopo
essere stato cacciato dal cantiere rientra dalla finestra e si ritrova a condurre a termine le due torri,
mentre l interno viene decorato sotto la supervisione di Bernini.
Il progetto viene sviluppato in un'unica soluzione in argento che offre in dono alla
cognata del papa per ingraziarsela. Il progetto gli viene effettivamente commissionato e condotto a
termine in un momento precedente alla stessa terminazione della chiesa.
FONTANA: Bernini viene dal grande
fallimento dei due campanili di san Pietro e vuole dimostrare la sua abilit come costruttore e per
questo motivo decide di realizzare una fontana dove l obelisco poggiato su quattro piedritti e non
su un pieno. Il vuoto all interno della fontana sta ad indicare la capacit di strutturista
dell architetto. Bernini si muove all interno della tradizione che va rielaborando. La tradizione delle
fontane libere, quindi fiorentine tipo la Fontana del tritone, viene usato anche in questo caso e
funziona bene anche perche ci si sarebbe posti un grande problema su dove realizzare una fontana
con mostra all interno di questa piazza. Bernini opta per una soluzione circolare dove l acqua,
piuttosto che zampillare, adesso sgorga dalla roccia e questo modo di ragionare si lega all idea di
fondo del progetto stesso.
Quale il progetto che informa tutto il progetto della fontana? Da un lato il tema dei quattro
elementi: aria (palma), fuoco (obelisco, raggio di fulmine), terra( masso roccioso) e acqua( bacino)
che si riallaccia ai quattro fiumi che sono Danubio, Gange, Neoplata, Nilo( con il volto coperto),
che ognuno caratterizza in maniera autonoma e realizzati da altri sculture. Bernini in questo caso si
comporta come suo solito fare da star, ordina e dirige il cantiere e si riserva di realizzare unicamente
le rocce. Ma il tema dell acqua che sgorga una piccola spia del fatto che c un tema che
organizza tutta la funzione della fontana. Questo lo vediamo nell elemento ( vedi freccia arancione)
che sta mimando un fulmine che colpisce la roccia, la quale si rompe e da essa sgorga l acqua.
Questa statua (vedi freccia gialla) sembra come se stia cascando all indietro per via del terremoto
che ne derivato, il cavallo imbizzarrito, il serpente ha la bocca aperta (vedi freccia verde), l altra
statua sta sorreggendo lo stemma del papa senno cascherebbe, gli animali sono tutti agitati perch
c questo fulmine che colpisce la roccia che si rompe e da qui sgorga l acqua.
S. A d ea de e F a e, 1653:
degli anni 50 per Borromini un momento di grande successo, apice della sua carriera,
dopo la fortuna dell incarico di S. Giovanni in Laterano, che gli ha portato una grande nomea e
grandi riconoscimenti. A questo punto Borromini riceve molte commesse e fra queste ne ottiene una
dalla famiglia Del Bufalo per trasformare la chiesa di S. Andrea nei pressi del loro palazzo in una
chiesa di famiglia, un pantheon o una cappella palatina. La vicenda di piazza di spagna piuttosto
complicata perch in passato quando era stata avviata la costruzione del tridente era che se via del
corso (vedi freccia arancione) raggiungeva il cuore politico di Roma, il Campidoglio, via Ripetta
(vedi freccia blu) procedeva passando per il porto, si andava ad innestare passando per ponte
Sant Angelo per proseguire in direzione San Pietro. Invece via del babbuino (freccia gialla) fino a
un certo momento sotto il pontificato di Papa Paolo V, si cominciava a sviluppare nell ottica di
arrivare fino ad arrivare all ingresso del palazzo del Quirinale. Chi arrivava e non conosceva il
posto chiedeva informazioni, quini pi la strada era semplice meglio .
Purtroppo Papa Paolo V non riusc nel suo obiettivo per l opposizione della famiglia del Bufalo che
proprio qui (vedi cerchio) aveva il suo palazzo, quindi imped l atterramento del loro palazzo per
poter aprire la nuova strada. Questa famiglia per essere riuscita ad opporre al pontefice e, era
necessariamente una famiglia in ascesa nella scena romana. Infatti, non ci stupisce che da l a
quaranta anni siano loro a fare da committenti a Borromini per trasformare la chiesa vicina in una
vera e propria chiesa palatina.
Borromini quando interviene si torva gi davanti a un cantiere che stato grossomodo gi costruito;
dunque, si tratta di rivoluzionare questo spazio. Egli applica le soluzioni che abbiamo visto
sperimentare lungo il corso degli anni precedenti. Per centralizzare lo spazio immagina di realizzare
in alzato una cupola contenuta all interno del tiburio. Questo tipo di esterno viene sviluppato
attraverso una serie di andamenti che sono concavo-convesso che sono interlacciati tra di loro. Se
andiamo bene a vedere la trabeazione unica (vedi freccia arancione), ma lo schema quello che
abbiamo visto a santa Maria dei sette dolori e a san carlino, con una differenza che oggi lo vediamo
in mattoni. Oggi ci sembra coerente con l edificio sottostante. Oltretutto i mattoni ci permettono di
percepire anche un idea di dialogo con il contesto. Cionondimeno studi recenti hanno dimostrato
che questo tiburio sarebbe dovuto essere intonacato di bianco, quindi avrebbe dovuto assomigliare
alla vicina torre campanaria. Una scelta di Borromini che intendeva prendere in considerazione un
aspetto diverso, ovvero il fatto che questo complesso come tanti altri organismi religiosi all interno
di Roma non veniva visto nella sua interezza, ma essendo fatta la citt di piccoli diottoli, si vedeva
solo da una visione ravvicinata, quindi l edificio doveva svettare in altezza. Dunque, la parte in
altezza avrebbe mimato la pietra, che avrebbe conferito magnificenza all elaborato. Una soluzione
che in economia avrebbe trasmesso un idea di maggiore ricchezza. Se da un lato Borromini applica
le proprie conoscenze, riallacciandosi alla tradizione ellenistica, creando un complesso centralizzato
e unicizza la sua composizione, dall altra realizza la torre campanaria che piuttosto particolare. In
essa si pu notare che a un ordine architettonico (vedi freccia celeste) non segue una
sovrapposizione degli ordini come invece ci si sarebbe aspettati ed era tipico. Ma a livello superiore
si inferisci un balaustrata ( vedi freccia verde), si tratta di una sorta di tempietto, sopra il quale
vengono spiaccicate delle erme. Quindi si tratta di un secondo livello che non viene trattato con
l ordine architettonico, ma con l elemento scultoreo che per ha una funzione architettonica. In
Borromini, come abbiamo detto in San Giovanni, la scultura si fa sempre architettura, dunque non
ha solo un ruolo di commento nei confronti della costruzione, ma svolge essa stessa la funzione di
costruttiva. Sopra ancora ci sono torce con fiaccole ( vedi freccia blu), fino alla terminazione con la
corona a croce. Dunque un linguaggio che in qualche modo sembra trasmettere l idea del
cristianesimo trionfante sul paganesimo. Storia che non ci lascia molto sorpresi nel caso di una
famiglia come quella del Bufalo, che, in ascesa nella scena romana, vuole mostrare la propria
grandezza, quindi mostrare come riesce a dominare, a sovrastare le altre famiglie.
Piu nel merito, si tratta di un ambiente centrale dove non ci sono colonne,
ma gli angoli sono propriamente smussati cos che se da una parte l impianto longitudinale viene
salvaguardato, considerando che si tratta della cappella del complesso che forma i missionari.
Vediamo tante questioni a partire dalla chiesa di san Barna che abbiamo visto a Milano, vengono
ridotte in larghezza questi elementi che si riuniscono tra di loro.
Borromini realizza uno spazio inizialmente scheletrico che sar la grande
acquisizione di Filippo Juvarra, che imparer da Borromini utilizzo di queste strutture pelle e ossa
dove non c piu niente che pu essere affidato alla pittura dati i grandi spazi murari. Qui non c
pi spazio per niente, tutto stato scavato dalla luce. Le finestre verso l esterno si mescolano con le
finestre sottostanti che poggiano direttamente sulla trabeazione, sotto la quale c compenetrazione
degli ordini( Michelangelo) , sopra invece grandi costoloni che solano la volta coem abbiamo visto
nell oratorio dei filippini, perch anche qui al di sopra ci sono dele stanze. Quindi queste strutture
aiutano a scaricare i pesi lateralmente. Quindi si tratta di una struttura puntiforme e centralizzata.
Vediamo avere molto a che fare con la tradizione gotica in cui adesso
perfettamente ordinato. Si tratta di una trabeazione ritmica che continua anche in corrispondenza
dell angolo, l unione degli elementi genera continuit e dinamicit , i capitelli sono tutti introflessi
perch tutte le paraste hanno lo stesso valore e arrivano verso l alto, non devono impedire ai
capitelli di limitare, ma aiutare a salire verso la trabeazione che come sempre unifica lo spazio. Non
c pi alcuna suddivisione tra quelli che sono ambienti sussidiari e invece quello che l altare
maggiore.
Da una parte all altra della chiesa si creano dei cannocchiali visivi
che sono un intuizione autonoma di Longhena, che prescinde dagli sviluppi del barocco romano e
porta ad un nuovo esito. La centralizzazione di questo spazio dell aula perseguita non fondendo
gli spazi, ma autonomo e centrale.
Pa a Ba b (1632):
L attività di Cortona prettamente quella di
decoratore ed infatti vi mostro l affresco a
Palazzo Barberini nel quale possiamo
assistere all atteggiamento barocco, ovvero il
fatto che le arti, che collaboravano tutte
insieme a partire da Raffaello, adesso per
invadono l una il campo di competenza
dell altro. Qui la struttura dipinta ma
immagina una reale architettura in cui i
personaggi si muovono con totale libertà all interno della costruzione, ci sembra una costruzione
aperta strutturata con degli elementi decorativi che mimano delle sculture. Quindi ci sta una
convergenza delle arti che tesa nel suo complesso ad andare verso un obiettivo di magnificenza
ma non si limitano ognuna a rimanere all interno del proprio ambito ma al contrario queste si vanno
fondendo. In questo caso in particolare, non mi soffermo su tutta la celebrazione dei Barberini con
le api, importante notare che quindi quando ancora Bernini e Borromini sono in una fase iniziale
della loro attività (considerate che siamo nel 34 e quindi nello stesso anno in cui Borromini inizia a
lavorare a San Carlino e Bernini sta finendo di realizzare il baldacchino di San Pietro e dunque
siamo proprio agli inizi della loro attività), Cortona invece si mostra già per essere un operatore
definito del proprio carattere.
SS. L a Ma a, R a (1634):
Risale infatti sempre a questo anno anche l affidamento della costruzione dei SS. Luca e Martina.
Cortona, vi dicevo, si guadagna la sua posizione di principe dell Accademia di San Luca ed una
volta divenuto principe propone di realizzare una nuova chiesa (sapete che la chiesa attuale di SS.
Luca e Martina di fronte ai Fori, si ergeva all epoca accanto a quella che era la vera e propria
Accademia, la quale non si trovava come oggi in Palazzo Carpegna ma si trovava invece
precisamente l accanto e molte attività erano proprio legate infatti alla chiesa adiacente. L idea di
Cortona quella di realizzare una chiesa che possa essere sia un luogo di ritrovo degli artisti che
anche un Pantheon di tutti i principi dell Accademia che qui potrebbero essere seppelliti. L idea
sempre quella di sganciare l Accademia dalla propria dipendenza dal governo pontificio e legarla
invece ad una sua autonomia, cio trasformarla in un istituzione a tutti gli effetti pubblica. Questo
lento percorso di affermazione procederà per tutto il 700 e prende avvio precisamente in questo
momento, dopo che, già alla fine del 500, si era discusso sulle arti gemelle in cui si era già discusso
sul fatto che tutte e tre le arti derivassero da un unica matrice che era il disegno, tema che
nascondeva un sotterfugio perché essendo la pittura tra le tre l arte che pi utilizza il disegno in
realtà si voleva dire che la pittura fosse
un po meglio delle altre. Ci detto,
Girolamo Rainaldi, di cui abbiamo
parlato durante la visita, il primo
principe dell Accademia di San Luca ad
essere un architetto. Cortona infatti
quando viene eletto come principe viene
eletto nella sua mansione di decoratore e
dunque di pittore (non in qualità di
progettista). Tuttavia la sua attività come
principe si concentra proprio sulla
progettazione di questo edificio sacro. In
questo primo progetto (fig. 1), che non
stato poi realizzato, Cortona avanza una
soluzione a pianta centrale richiamandosi
al tema della croce greca la quale, ricollegandosi ad una tradizione ben consolidata, permetteva
grossomodo di poter essere accettata (immaginiamo sempre che ancora non siamo arrivati alle paci
di Westfalia, siamo ancora nel pieno della lotta dei Trent anni e quindi ci si muove un po sul filo
del rasoio). Cortona per dare forza e credito al proprio operato si ricollega intellettivamente ed
operativamente ad alcune idee michelangiolesche: la presenza delle colonne nello spazio centrale ci
richiama le soluzioni che anche Michelangelo aveva proposto per San Giovanni dei Fiorentini.
Questo testimonia che Cortona in qualche modo dovesse essere a conoscenza di queste ideazioni
michelangiolesche. Seconda cosa: questo utilizzo di speroni che danno un carattere un po
militaresco alla struttura, sembra in qualche modo richiamarsi anche a delle idee di Michelangelo
per le fortificazioni di Firenze sicché sembra evidente che vi sia una continuità e che Cortona
oltretutto abbia avuto modo di studiare i progetti che esistevano per San Giovanni dei Fiorentini ed
infatti se guardiamo al livello superiore ci accorgiamo che queste volutine, che sono pi tristi di
quelle che aveva realizzato Antonio da Sangallo il giovane, si tratta per dello stesso schema
ideativo: contraffortature realizzate a voluta volte a sostenere il peso della cupola posta
centralmente ed lo schema di San Giovanni dei Fiorentini, non realizzato, che viene riapplicato e
nella sua riapplicazione ci accorgiamo anche che Cortona non cerca l unitarietà dell immagine, ma
al contrario viene mantenuta questa forma di sostanziale e diffusa frammentazione. Rilevate ci dal
fatto che questo grande cornicione stacca chiaramente il livello del piano terreno da quello del piano
superiore e dal fatto che questo livello (superiore) caratterizzato da questi timpani con sotto le
volute che vanno a disegnare come delle edicole. Dunque non si tratta di un elemento uguale,
ripetuto sempre, ma al contrario di una sua organizzazione che funziona secondo un ragionamento
che trasversale e lavora per le singole fasce e non nella complessità. stato poi notato che la
trattazione della cupola piuttosto sommaria rispetto a quelle che poi vedremo essere le altre
elaborazioni. Si tratta dunque di un progetto che una sperimentazione; tuttavia, dobbiamo renderci
conto e dobbiamo apprezzarlo per il fatto che il primo di questi progetti. Questo progetto viene
prima di quelli di Bernini e Borromini, viene prima degli altri, e dunque chiaro che trattandosi di
una sperimentazione si muovi su un terreno che non ha già dei solidi appoggi nel nuovo linguaggio.
Le colonne, parzialmente inserite nella muratura, che toccano la muratura come in questo caso e che
vedete che al livello superiore sostengono la trabeazione, chiaramente ci stanno parlando del
Michelangelo del ricetto della Laurenziana. L interno (fig.
2): si presenta un po pi interessante. Questo
disegno che vedete il secondo progetto,
quello che poi stato realizzato (chiesa oggi
chiusa). Osserviamo che all interno si tratta di
un edificio in cui nuovamente c una
elaborazione attenta della muratura dove per
non si cerca l unitarietà ma la frammentazione
viene mantenuta evidente. La pianta (fig. 3):
sempre a croce greca ma allungata lungo
l asse longitudinale. La trasformazione
avviene a seguito della scoperta dei resti di
Santa Martina. A seguito del ritrovamento dei
resti si richiede di
trasformare la chiesa
in maniera pi magnificente in quanto lo
stesso cardinal Barberini, protettore
dell Accademia, che si incarica di
sostenere finanziariamente l opera in
esecuzione. Dunque da piccola chiesa,
cappella palatina dell Accademia e
Pantheon dei principi, diventa una chiesa
di una certa importanza, martiriale, e di
conseguenza anche l impianto si deve
estendere. Se consideriamo per che
Cortona aveva già cominciato a fare le
fondazioni tutto pi chiaro sul perché
viene mantenuto in nuce l impianto
precedente e Cortona decide di lavorare
sull asse longitudinale, cio , semplicemente, immagina rispetto a
quello che si già pensato di fare e per cui si già speso del denaro
nella realizzazione delle fondazioni venga mantenuto e invece si vada
sottolineando solamente uno dei due assi e potendo scegliere chiaramente sceglie quello
longitudinale in rapporto a quella che la tradizione del cerimoniale cattolico. Si decide sotto di
realizzare una cripta. Questo impianto a croce greca ricalca dei modelli come Santa Maria delle
Carceri a Prato di Giuliano da Sangallo che potrebbe essere stato un riferimento per Cortona, che
non escluso che la conoscesse visto e considerato che comunque egli toscano. Per quanto
riguarda l interno (fig. 2) vorrei ragionare sulla formulazione dello spazio e vi mostro questa
immagine (fig. 4) in cui vediamo che questa finestra qui fittizia, perché chiusa, per dietro non
c una contraffortatura dunque la ragione per cui chiusa questa finestra non legata ad un motivo
strutturale ma legata ad altro ed il fatto che anche la finestra sottostante sia chiusa e che questa
soluzione si ripeti sul lato opposto e dunque anche dall altra parte (destra e sinistra e sopra e sotto)
sta segnalando qualcosa di specifico: non si tratta di un problema tecnico ma di una precisa scelta
progettuale. Si crea dunque buio in queste due zone qui (fig. 5) per sottolineare l asse longitudinale,
entrando
abbiamo la percezione di uno spazio che ci appare come longitudinale quando in realtà non lo .
Non si tratta di una chiesa ad un unica navata come quelle della tradizione controriformista ma di
una chiesa a croce greca; tuttavia, con un piccolo artificio che barocco e si riesce a dare
l impressione di uno spazio differente, la luce viene modulata per ottenere un preciso effetto.
Cortona, qualcosa del modus operandi dei suoi colleghi e del loro tentativo di unificare lo spazio, lo
sta recependo. Vedete che le colonne si ripetono lungo tutto il percorso della chiesa (sono nella
pianta i pallini sui bordi), dunque c un sintagma che ripetuto lungo tutto il perimetro consente di
generare una maggiore unitarietà interna. Questo sintagma non viene per ripetuto sempre uguale a
sé stesso ma vedete che, se prima entra dalla muratura,
poi dalla muratura esce, poi rientra, rimane dentro e poi
riesce. Si tratta di un discorso che si muove attraverso un
principio di sistole e di diastole (cio si allarga e si
chiude) che serve a Cortona per poter dinamizzare lo
spazio e mettere in pratica quella che la sua percezione
del barocco. Le colonne inserite dentro la muratura sono
chiaramente un riferimento al Michelangelo della
Laurenziana, ma se andiamo poi a
vedere nel disegno (fig. 2) come si
svolge questo spazio, ci accorgiamo
che Cortona mostra un suo modo di
intendere l unitarietà barocca perché
qui vedete (fig. 4) che le due colonne
qui dentro sono inserite (quelle vicino
la pala a sinistra), poi qui (quelle al
centro della foto) sono invece atte a
scandire l angolo e in questo loro
andamento vengono affiancate da dei
pilastri e dentro i pilastri si apre la
finestra e poi c il cornicione unico
che gira tutto intorno.
Sostanzialmente questa parete
diventata una vera e propria
membratura, ossia nessuna parte della parete
lasciata con la muratura ma per una serie di
successive contrazioni e dilatazioni questa si
sviluppa seguendo il ritmo generale che viene
impresso al perimetro (detto in parole povere:
se viene generato un movimento della muratura
attraverso le colonne, questo per Cortona viene
fatto riflettere anche sulla muratura retrostante e quindi non troviamo mai semplicemente una parete
con dentro o davanti delle colonne ma
troviamo invece sistemi architettonici che si
intrecciano l uno con l altro. Nuovamente
un modo di fare michelangiolesco ma non il
Michelangelo del Palazzo dei Conservatori
con una compenetrazione, ma al contrario
vediamo che questi due sistemi ragionano
sullo stesso piano e l uno si interseca
all altro. Tutto questo genera un forte senso
di dinamicità e plasticità dovuto al fatto che
le ombre chiaramente ci rimandano a questa
percezione e qui si vede il fatto che Cortona
un decoratore: la sua conoscenza del
chiaroscuro trasborda in quella che invece la
progettazione architettonica. Quindi laddove Bernini lavora per grandi segni espressivi e Borromini
cerca sempre si creare una percezione di unitarietà; invece Cortona lavora come se fosse un pittore
che passato a fare l architetto (non l unico, anche Bramante, Raffaello, Giulio Romano).
Vedendo in sezione (fig. 6) come realizzata questa chiesa vediamo ancora elementi che avallano
questa suggestione di cui abbiamo parlato sinora perché anche nella soluzione delle volte non si
cerca unitarietà ma al contrario lo spazio rimane fortemente organizzato, linearizzato, perfettamente
leggibile. Tuttavia proprio all interno di questa strutturazione, che ci sembra perfettamente inserita
all interno del solco della tradizione controriformista, ci accorgiamo di qualcosa di nuovo: che il
tamburo un po pi alto di come ci aspetteremmo e che la cupola (fig. 7) presenta una decorazione
interna diversa e caratterizzata da una serie di costoloni che poggiano direttamente su delle paraste,
che quindi svolgono la funzione di paraste perché sono proiezione del muro retrostante del pilastro.
All interno prende forma un cassettonato tuttavia trattato in maniera mistilinea che definisce quel
sistema compositivo di grande successo che poi sarà utilizzato da Bernini nelle sue fabbriche.
Abbiamo visto che questo non varrà per Borromini che invece sempre va a cercare la cosa nella
cosa . Questa soluzione, e siamo nel 1634, viene messa qui in opera e successivamente negli anni
50 invece esploderà come soluzione invece adottata da Bernini ed avrà un grandissimo seguito
(vedremo infatti come anche a Torino ci ritroveremo ad osservare la stessa identica soluzione).
Questo impaginato non ci stupisce perché se noi immaginiamo i soffitti delle volte e le decorazioni
che realizza Cortona, e che venivano realizzati all epoca, ecco qui che ci accorgiamo come una
decorazione immaginata per una volta viene trasformata in una soluzione invece a pi grande scala.
Questi elementi, dunque, che sarebbero delle cornici all interno di una volta, qui invece sono
interpretati nuovamente come delle cornici sebbene diventino per dimensione e portanza dei
costoloni. Si giustifica questa maniera una soluzione che se no avrebbe potuto essere tacciata di
essere gotica, ma anche in quel caso non ci avrebbe tanto stupito perché abbiamo visto come tutti i
maestri del barocco, anche Cortona, ragionino sempre nell ottica inclusiva del passato, ovvero di
elementi che vengono selezionati dalla tradizione, qualunque essa sia, e vengono riapplicati nel
momento in cui riescono a risolvere un problema pratico. In questo caso la necessità
semplicemente quella di avere un sesto rialzato per avere una cupola estradossata pi alta, pi
facilmente visibile all interno di un contesto abitativo che all epoca non era come oggi (fig. 8) ma
era caratterizzato da una fitta quantità di costruzioni. Oggi a noi i Fori sembrano vuoti e quindi
abbiamo una visione in realtà distorta di come era la realtà di quell epoca e questo ci spiega anche il
comportamento che adotta Cortona in rapporto alla facciata. Quest ultima occupava una posizione
su uno spazio aperto in diretto confronto con altri edifici di pregio e ci implica in Cortona la
necessità di individuare dunque un prospetto all altezza del contesto in cui si trova. Una facciata
alla romana dunque con due volute di raccordo del livello superiore con quello inferiore, infatti,
avrebbero reso la chiesa inferiore da un punto di vista progettuale agli edifici circostanti, sarebbe
risultata minore anziché maggioritaria; dunque, la soluzione adottata quella di una facciata
palaziale (fig. 9) che ingigantendo la dimensione si riesce ad imporre un carattere di maggiore
magnificenza (altra cosa che verrà adottata poi da Bernini). Tuttavia qui assistiamo a quello che il
carattere distintivo di Cortona, ovvero questo suo modo di ragionare in completa dicotomia.
Prendendo in considerazione lo spazio del settore centrale vedete che se al livello inferiore vengono
inserite delle colonne, parzialmente inserite all interno della muratura, queste al livello superiore
sono contrappuntate dalla presenza invece di paraste. Nella parte centrale, invece, al livello inferiore
le due paraste che circoscrivono la porta si trasformano nel livello superiore in due colonne. C
dunque un modo di ragionare in cui i due livelli non sono in continuità l uno con l altro, non sono
due modelli separati riconnessi insieme, ma sono due livelli autonomi che dialogano l uno con
l altro facendosi ognuno da contrappunto all altro, cio la soluzione che applica uno applicata
diversamente nell altro. Ancora, vedete che il carattere militare a cui abbiamo accennato
precedentemente, viene mantenuto e diventa utile a Cortona per serrare i ranghi di questa facciata
stabilendone dunque il confine. Nell atto per di serrare la facciata sembrano questi due elementi
creare anche una compressione che rileggiamo nel settore centrale (fig. 10) che come se stessimo
comprimendo e quindi di conseguenza il piano centrale tende a gonfiarsi . Questo andamento
curvilineo non si ripete all interno dei due speroni laterali che rimangono saldi e fissi e quindi
sembra siano loro a dare un sentore di compressione dal quale poi prende forma il perimetro. Se poi
andiamo a vedere dentro com organizzata questa serie di elementi ci accorgiamo che anche qui la
parete non propriamente una parete ma sempre trattata come una serie di membrature (un ordine
con all interno un secondo ordine, con all interno decorazioni e poi un timpano con dentro questi
elementi che vanno piuttosto di moda perché anche Borromini li adotta a Sant Ivo alla Sapienza e
provengono dall inventiva di Michelangelo, pi precisamente da Porta Pia). Questa compressione si
ripete anche a livello superiore e questo quindi determina una continuità tra i due piani (fig. 11). Si
tratta dunque di due livelli contrapposti, dunque autonomi, ma riconnessi insieme, e quindi
diventano parte di un unitarietà, attraverso la ripetizione laterale delle paraste e l andamento
curvilineo (questa rigonfiatura) che viene mantenuto ad entrambi i livelli. Tuttavia anche in questo
caso Cortona non accetta di inserire un ordine gigante, sono stati fatti molti studi a tal proposito e
c chi ritiene che l ordine gigante non avrebbe potuto essere inserito per il banale motivo che
avrebbe portato ad avere una chiesa necessariamente pi bassa. Ci che per da sottolineare, ed
l elemento pi significativo, che questa facciata dovette godere di una certa stima e
riconoscimento e ci perché i primi concorsi dell Accademia di San Luca tendono spesso a
scegliere come soggetto la Chiesa dei SS. Luca e Martina, vuoi per una vicinanza dell edificio
all Accademia, certamente, ma considerando che c una grande vastità di scelta e di possibilità di
rilievo, il fatto che molto spesso si sia ricorso a questo edificio individua quindi una stima
prolungata nel tempo che viene riconosciuta a questa soluzione esecutiva.
Ab Sa G a F , R a:
Cortona quindi, che ci sembrava un personaggio un
pochino sui generis, ha dunque in realtà anticipato
la legge sui contrapposti, la soluzione
dell intradosso della cupola con lacunari e
costoloni ed ora nel suo progetto dell abside di San
Giovanni dei Fiorentini (non realizzato, se non in
parte) anticipa quell utilizzo della luce che poi
caratteristico ad esempio della Cappella Cornaro di Bernini. Come vedete da questo disegno
particolarmente emblematico, (fig. 12) l altare si collocava all interno di quest area presbiteriale
ritagliandosi in controluce rispetto alla finestra. Questo vuol dire che la luce entrava in questo caso
sia dall alto che da dietro e quindi avevamo una fonte di luce sostanzialmente
nascosta. lo stesso sistema della Cappella Cornaro in Santa Maria della Vittoria,
dunque Cortona nuovamente, in un momento precedente di Bernini e Borromini, già elabora questa
soluzione come una sperimentazione. Deduciamo che si tratta di una sperimentazione banalmente
dal fatto che se poi andiamo a considerare l altare in quanto tale ci accorgiamo che questo non
presenta dei caratteri unitari. Si tratta di un altare impregnato della tradizione controriformista,
caratterizzato da un timpano semicircolare su colonne e semicolonne e con sopra un altro elemento
a edicola dove (giusto per non farci mancare niente) questi due elementi decorativi ci ricordano
come sempre sullo sfondo ci sia l arte e l architettura di Michelangelo che stata recepita e
rielaborata.
Sa a Ma a a Pa , R a (1656):
Si tratta della sua principale elaborazione. Siamo a
questo punto nel pontificato di Alessandro VII
Chigi (fig. 13). Durante gli anni di Innocenzo X
lavora all interno della Galleria, lavora anche
Palazzo Pitti negli anni 40, dunque ha un attività
che si muove non soltanto in un ambito ma che
esplora l architettura, la scultura e la pittura (pi
precisamente l ambito decorativo). Solamente
per negli anni 50, salito al soglio pontificio papa
Fabio Chigi, ritorna a prendere in mano le redini
dell architettura chiamato dal santo padre ad
occuparsi della Chiesa di Santa Maria della
Pace. Il problema di Santa Maria della Pace
era sostanzialmente la posizione. Si trattava
infatti di un area, quella intorno a Piazza
Navona, densamente abitata (fig.14), ci
troviamo nei pressi di quella via dei Banchi
Vecchi e di quella zona strettamente abitata
dalla popolazione pi ricca di Roma e dunque
si trattava di chiese normalmente frequentate
da aristocratici. L idea del Papa inizialmente
quella di intervenire in questa chiesa per
rimodernarla e con l occasione di renderla pi
facilmente fruibile per le carrozze che vi
giungevano. Si tratta dunque di una precisa
esigenza, ossia quella di creare dunque uno
spazio per il passaggio delle carrozze e
per la discesa dei nobiluomini e
nobildonne senza che questi si bagnino,
che si intreccia con un vincolo, ossia
quello di avere uno spazio abbastanza
limitato. Questi due elementi convergono
insieme e nel linguaggio barocco il
contesto non mai un limite ma il punto di partenza per una rielaborazione che diviene
straordinaria, nel senso che fuori dell ordinario, eccezionale dunque perché legata a quel preciso
contesto e quel preciso bisogno. Vi ho portato qui il
disegno (fig. 15) di come questo palazzo Gambirasi
viene completamente rimodulato per consentire la
creazione di uno spazio di manovra per le carrozze.
Dietro c sempre il buon Virgilio Spada, il
dilettante architetto che era cardinale oratoriano e
primo elemosiniere di Innocenzo X Pamphilj, che
ora si pone come consigliere anche di Papa
Alessandro VII suggerendo questa sistemazione
urbana (disegno in bianco e nero in basso a sinistra)
che inizialmente non era stata considerata. Infatti
per le prime mosse il Papa immaginava solamente
di aggiungere un edicola davanti alla chiesa e non
di strutturare un vero e proprio spazio; tuttavia, rapidamente si apre l ipotesi dunque di rimodulare il
palazzo e con la rimodulazione del palazzo anche di intervenire nella stessa piazza. Vedete qui (fig.
16) che rappresentato il primo progetto di Cortona. particolarmente significativo per noi perché
mostra un edicola con colonne tuscaniche (quindi una soluzione piuttosto semplice), giustapposta a
quella che la chiesa precedente (la chiesa precedente quella segnata con la freccia). Quindi,
quella chiesa che noi oggi non possiamo pi vedere di Santa Maria della Pace, aveva questo aspetto
nel 1656. Vediamo subito quindi che si tratta di una chiesa estremamente simile a quella di Santa
Maria del Popolo. Vi ricordate che sabato dicevamo che questa chiesa forse era inizialmente a
pianta ottagonale e che non si sa bene etc, beh, questo disegno, ci fa ben capire che se mai fosse
stato quell edificio a pianta ottagonale; tuttavia, già all epoca di Papa Sisto IV lo stesso dovette
essere dotato della navata, immediatamente dunque e ci perché la soluzione molto simile a quella
di Santa Maria del Popolo e dunque dobbiamo essere intorno agli stessi anni operativi. Cortona
inizialmente quindi qui ha fatto una semplice giustapposizione, un lavoretto facile facile, non si
posto troppe difficoltà e probabilmente perché questa doveva essere inizialmente la richiesta del
pontefice. Tuttavia, preso atto di voler lavorare sul Palazzo Gambiasi e dunque realizzare la piazza,
ecco che Cortona fonde insieme la piazza e la chiesa (fig. 17). Il prospetto della chiesa diventa
dunque il fulcro e l apice per un impianto che invece si dilata lateralmente creando uno spazio
controllato visivamente come abbiamo già visto che aveva anticipato negli anni 30 e come stava
anche già facendo Bernini negli stessi anni. Si tratta di artisti che tra di loro non vivono come delle
monadi ma che dialogano ed osservano l uno le soluzioni dell altro. In questo atto la prima scelta
quella di schiacciare l edicola che invece qui (nella fig. 16) si vede chiaramente essere
semicircolare. L edicola dunque viene schiacciata, la piazza viene allargata e diviene un contesto
controllato ma la strada per non viene rettificata ma viene mantenuta quella esistente. In questo
modo la visione che si ha della chiesa dalla strada una visione scorciata e ci fa buon gioco a
Cortona per andare a sottolineare nuovamente degli aspetti puramente plastici che consentono di
farci immaginare questa struttura come fortemente tridimensionale. Lo vediamo qui (fig. 18) nelle
varie proposte: si tratta di una facciata palaziale nel quale si inserisce l ambito della chiesa e questa
soluzione diventa completamente fittizia, una soluzione di finzione perché vi dicevo che qui non
si entra dal palazzo ma si va dalla strada ed anche dall altro lato di procede per la strada (quelle
porte sottolineate portano non all interno del palazzo ma alla strada) ma, come vedete dai disegni
incisi (a destra) la soluzione iniziale lascia pensare ad una rettificazione. Stiamo parlando di una
cosa che abbiamo già visto, ossia che nel momento in cui bisogna fare l incisione la soluzione viene
idealizzata (come faceva anche Palladio) ma quando viene messa poi in pratica ci si adegua al
contesto in cui ci si trova. Infatti se nelle incisioni gli elementi sono tutti uguali e quindi rispondono
ad un principio perfetto di simmetria, nella realtà dei fatti (sinistra) questa struttura tutta sbilenca,
storta, gli elementi non sono mai posti in maniera simmetrica rispetto all asse della chiesa, dunque
c una precisa scelta progettuale volta ad ingannare la nostra percezione perché noi lo dobbiamo
percepire come uno spazio simmetrico quando in realtà simmetrico non (cos come aveva fatto
anche Bernini). Notiamo che qui (fig. 19) c ancora questo elemento di compressione che sembra
nascere dai due pilastri ai lati. Si tratta dunque di una riproposizione in piccolo di una cosa che
abbiamo già visto, ovvero dei SS. Luca e Martina, lo stesso tema viene riapplicato anche in questa
situazione con per una compenetrazione degli ordini architettonici che nuovamente un elemento
tratto da Michelangelo, unito ancora a questo elemento decorativo che si trova sul portone che
dunque proprio suo caratteristico. Nell immagine (fig. 20) vedete a sinistra Palazzo Gambiasi
mentre a destra l edificio. Quest ultimo diventa dunque il climax di uno spazio controllato dove
tuttavia, nonostante questa situazione si prestasse perfettamente ad avere l ordine gigante, anche in
questo caso programmaticamente Cortona rifiuta preferendo invece una dimensione pi
strettamente decorativa. Quale sia stata la motivazione nessuno lo sa, pi probabilmente se
vogliamo proprio andare a cercare una scusante, se immaginiamo che questo palazzo ha un doppio
ordine con sopra un attico c la possibilità di pensare che il doppio ordine della facciata
dell edificio si voglia rapportare con il doppio ordine del palazzo (per questa rimane un ipotesi).
L interno (fig. 21) l abbiamo già visto e non mi soffermo, vorrei soltanto dire che la soluzione che
abbiamo visto precedentemente nei SS. Luca e Martina viene in questo caso rettificata. Si passa
cio da una soluzione che aveva un forte carattere esornativo, quindi con un profilo mistilineo degli
incassi, ad avere invece una serie di elementi a nido d ape sempre ma pi semplici e lineari nella
loro impaginazione e c dunque un maggiore classicismo. Vi segnalo ci perché quando parleremo
di Vanvitelli vedremo che egli quando dovrà fare il disegno di una soluzione di intradosso da
utilizzare per le sue chiese, come ad esempio all Annunziata di Napoli, egli fa il disegno di questa
chiesa ed dunque questa soluzione quella che Vanvitelli, che ha un atteggiamento invece pi
prettamente classicista, ritiene in linea con la tradizione e la sensibilità del momento. Vedete, vi
sono anche i festoni che avevamo già incontrato tempo fa nella cappella di Raffaello e ancora in
altre mille occasioni, poi costoloni e soluzioni a nido d ape che saranno un impaginato
standardizzato ancora utilizzato durante il 700 ed anche all estero di grande successo e
particolarmente questo progetto sarà apprezzato per il suo maggiore linearismo.
S. Ma a a La a, R a (1658):
Altro edificio in cui Cortona chiamato a
ragionare su una costruzione già esistente
a cui deve essere aggiunta una nuova
facciata. Santa Maria in Via Lata (fig. 22)
penso la conosciate perfettamente per i
suoi sotterranei dove c era una diaconia in
epoca altomedievale. Ora, questa diaconia,
questo oratorio sotterraneo che nel tempo
ci si era dimenticati, viene riscoperto
precisamente all epoca di Papa Alessandro
VII Chigi. L occasione era dunque
ghiottissima per il Papa per continuare
nella sua opera di rilanciare la Chiesa di
Roma e ricordare che i primi martiri, i primi cristiani, cos come la fede della chiesa, erano cresciuti
proprio a Roma e che quindi bisognava rientrare dai ranghi dell eresia, ormai non pi eresia perché
diventata una vera e propria variante religiosa. A questo punto trovato l oratorio bisogna dotare la
chiesa di una nuova facciata. Se ci ricordiamo che, davanti alla chiesa, c il Palazzo Chigi
Odescalchi ecco quindi che questa parrocchia non altro che l opportunità per realizzare una nuova
cappella palatina che affaccia davanti al palazzo del sovrano, al palazzo della famiglia dei Chigi.
Questo spinge Cortona a tutta una
serie di scelte progettuali (fig. 23)
come ad esempio quella di avere un
doppio livello per avere una loggia da
cui ci si potesse affacciare, o meglio
potesse affacciarsi il pontefice, e poi
una serie di altre cose che ritornano a
quella che la tradizione già
cinquecentesca. Le colonne in questo
caso svolgono veramente una funzione
portante (come nel palazzo della
famiglia Massimo che abbiamo visto)
e sono alla stessa altezza delle paraste.
Per Cortona dunque esiste
un equipollenza tra la parasta e la
colonna nel loro valore strutturale. A livello superiore invece abbiamo una compenetrazione degli
ordini (altra cosa michelangiolesca) ed un arco
siriaco, dunque una specie di serliana, che per
abbiamo detto che quando si allarga molto lo
spazio tra le due colonne si chiama arco siriaco,
che quindi viene utilizzata per nobilitare questo
spazio forse richiamandosi alla tradizione antica
romana antica considerando che sotto si
trovavano i resti di quell antica domus in cui
sarebbe stato accolto San Paolo (ma non si sa,
non abbiamo alcuna prova) certo per che la
soluzione era stata adottata qualche anno prima
da Borromini nel Palazzo della famiglia
Pamphilj (la galleria si affaccia sulla strada attraverso un arco siriaco). Concludendo vediamo come
fatto questo portico (fig. 24). Esso presenta due absidiole laterali ed concepito come una
soluzione a forcipe ricollegandosi a quella tradizione paleocristiana. Effettivamente dunque quella
suggestione che vi dicevo prima dell arco siriaco collegato alla tradizione romana antica trova un
suo fondamento perché l arco siriaco sopra, la soluzione a forcipe sotto uguale e identica a quella
che possiamo osservare nel Battistero di San Giovanni in Laterano, ecco quindi che c una
continuità, una precisa voluntas progettuale di richiamarsi ad un certo momento storico legato
sempre a quel tema della scoperta delle origini paleocristiane e quindi a questa Roma cristiana che
si sostituisce a quella pagana. Vedete che le colonne in facciata si ripetono anche all ingresso (sopra
e sotto in foto) e dunque questo spazio concepito nella sua classicità pur sempre come uno spazio
in qualche modo unitario.
Ta b SS. A b Ca ,R a (1667):
Concludiamo Cortona per parlare del
tamburo della Chiesa dei Santissimi
Ambrogio e Carlo al Corso (fig. 25),
che risale sostanzialmente
grossomodo al momento della morte
di Cortona, l ultima sua opera a noi
nota. Ci interessa perché viene messo
in mostra qui in questa elaborazione
una soluzione di successo
nell applicazione di ulteriori forature
per consentire un maggiore ingresso
della luce. Questo alto tamburo con
grandi finestre, sempre per garantire
l ingresso della luce. Ci che per
pi ci interessa e che stato falsato
dal restauro che anche in questo
caso le paraste, che avrebbero dovuto essere intonacate di bianco, avrebbero dovuto essere dunque
equipollenti alle colonne antistanti. Questi elementi dunque se sono tutti equipollenti tra di loro vuol
dire che alla muratura e alla colonna viene dato lo stesso valore e se questo vero ritorniamo a
quello che abbiamo detto pi volte, e cio che per questi maestri in realtà la tradizione non viene
dimenticata, non come si dice e cio che il barocco un linguaggio strettamente decorativo ed
esornativo ma al contrario già fortemente impregnato della cultura precedente perché già Leon
Battista Alberti aveva detto che la colonna non altro che una sezione di muratura circolare .
Dunque, in questo senso, Cortona pone sullo stesso piano colonna e pilastro e questo scandito dal
fatto che il cornicione unico e queste colonne hanno una funzione portante inserite all interno
della muratura (come il Palazzo dei Conservatori). Tuttavia questo ci offre l occasione per fare una
piccola digressione e dire in poche parole come l operazione del restauro complessissima perché
non si tratta solo di scegliere la soluzione conservativa migliore ma si tratta anche di un operazione
di ermeneutica volta a comprendere le motivazioni alla base della scelta progettuale. In questo caso
i restauratori hanno commesso un errore togliendo l intonaco e lasciando in evidenza la muratura
noi oggi percepiamo questo tamburo come gerarchizzato dove ai pilastri che hanno una funzione
portante associamo invece queste colonne con una funzione secondaria quando invece per Cortona
esse svolgevano contestualmente lo stesso lavoro e dunque avevano lo stesso valore.
D a aC aN a:
Non ci soffermeremo sul C a
a (fig. 26) per ci che ci
interessa sottolineare che in questo
aspetto decorativo egli non pervenga mai
a quell unitarietà espressiva che invece
raggiungono gli altri maestri.
Sostanzialmente si mantiene sempre nel
solco della tradizione avviando una serie
di sperimentazioni che rimangono
sempre degli unicum (non si tratta come
in Bernini di una soluzione che viene
reiterata ma di soluzioni che sono degli unicum derivate da precise sperimentazioni). Questo un
atteggiamento in linea con quello che Cortona stesso aveva scritto a Dal Pozzo, ovvero che questa
opera di architettura la faceva per una suo proprio intrattenimento.
D a ba a a a 600:
Questo collaborare delle arti che si
tramuta in una fusione e quindi in una
rapida avanzata dell una sull altra
prende piede rapidamente tanto che
anche nell austera Chiesa del Ges
vengono inseriti tutta una serie di
elementi sfarzoso-decorativi che
anticipano le gioie del Paradiso ai
comuni mortali che da sotto li possono
osservare (Gaulli, Chiesa del Ges ,
fig. 27). Questo modo di reinterpretare
attraverso gli stucchi, le dorature, gli
affreschi che invadono l ambito
dell architettura nel reinterpretare le
volte, porta con sé anche delle
problematiche: come sfondare
visivamente la calotta. In questo
senso ci possiamo un attimo
soffermare su Andrea Pozzo (Navata
della Chiesa di Sant Ignazio, fig. 28),
il quale un personaggio di estremo
interesse sebbene dimenticato a
volte. Si tratta di un confratello
gesuita di origine trentina che riporta
in auge una tecnica, quella della
quadratura bolognese, che viene
quindi utilizzata adesso per
realizzare delle finte architetture e
quindi svuotare del suo valore
costruttivo la volta stessa cos come
accade nella Chiesa del Ges . Sfondando visivamente con un ulteriore livello che si alza come
verso l alto come se la chiesa non avesse pi un suo termine ma essa stessa si apre verso il
Paradiso. Il legame chiaro, la Chiesa diviene intermediaria tra l uomo peccatore e la salvezza.
Dunque in questo senso sfondare lo spazio diventa l occasione per mostrare visivamente questo
passaggio. Nell elaborazione che egli attua in un trattato che risale al 1693 (fig. 29) , il Persepctiva
pictorum et Architectorum , Pozzo non si limita semplicemente a mostrare delle soluzioni ma ci
spiega anche come realizzarle da un punto di vista scientifico-matematico. Ci per dirci che non si
tratta solamente di elementi decorativi ma che essi
stessi si fondano su un attento studio. Ultima cosa, la
prospettiva che interrompe falsificando dunque
l architettura (fig. 30) Esso ci sembra un tema nuovo
ma che in realtà nuovo non perché già Bramante a
Milano aveva già attuato una simile soluzione e dunque ci si sta ricollegando lentamente a quella
che la tradizione cinquecentesca ormai digerita e compresa che offre l appiglio per poter
realizzare opere che siano accettabili. Se il barocco aveva vissuto del fatto che vi erano dei pontefici
particolarmente propensi verso queste opere d arte e verso questi artisti sui generis che vengono
quindi interpellati nonostante il loro modo sia fuori dagli schemi tradizionali, nella
seconda metà del 600 le difficoltà economiche crescenti del papato, il succedersi di
pontefici che hanno maggiori interessi pratici e meno velleità artistiche porta necessariamente alla
ricerca di qualche modo per generificare il barocco, ossia trasformarlo in qualcosa che possa
essere applicato sempre e non che sia qualcosa di straordinario legato alla presenza di un genio. In
questo senso si ritorna a riapplicare delle soluzioni cinquecentesche ed in questo senso Andrea
Pozzo si richiama quindi all utilizzo della prospettiva per ingannare e risolvere un problema visivo
come aveva già fatto molto precedentemente Bramante. Si risolve quindi il problema che la volta
non ha una cupola e quest ultima viene solo mimata attraverso la prospettiva, per fare ci significa
che la prospettiva ha un punto di osservazione e dunque con questa architettura siamo ritornati
proprio agli arbori del 500 che, come era in Bramante, necessita la presenza di un osservatore che
la guardi esattamente da un preciso punto affinché essa possa essere percepita e non invece essere
sgamata per la sua irrealtà (fig. 31). Per terminare vi faccio presente che una volta realizzata la
struttura portante, cio lo schema grafico su cui si appella Pozzo per poi procedere nella
realizzazione di questa immagine, egli sceglie per l intradosso della cupola proprio quella soluzione
con costoloni e lacunari che ormai diventata consueta. Dunque da che era eccezionale diventa un
elemento che viene assorbito e che diviene parte del nuovo linguaggio e ci lo vedremo dalla
prossima volta parlando della seconda generazione del Barocco, la quale per prima si troverà di
fronte al grande peso dell eredità dei maestri e nel cercare di tradurre questo in qualcosa di
operativo e ripetibile.
Prima di arrivare ai maestri ci fermiamo un attimo a parlare di una figura un po' particolare: Guarino Guarini.
Si tratta di un architetto membro di una congregazione religiosa. L attivit degli architetti membri di una congregazione
talvolta veicolata da quello che si chiamava il modo nostro , quello dei gesuiti per dire. Per i vari ordini infatti
esistevano delle regole interne. Guarini invece non opera dietro quelle che sono le indicazioni dell ordine teatino,
sostanzialmente quelle indicazioni ormai consolidate della controriforma (= chiesa a navata longitudinale, cappelle
laterali passanti, transetto ridotto, presbiterio rialzato, terminazione absidale e tetto a volte piano, a volte a volta, a
seconda delle disponibilit economiche adoperabili.
Se andiamo a considerare il fatto che al centro di questa volta a botte, strutturata quindi come una serie di spazi
autonomi, si trovavano anche delle piccole lanterne che favorivano l ingresso della luce, ci possiamo rendere conto che
questa formulazione disegna uno spazio tridimensionale che di per s indipendente. Per cui se questo una cellula
indipendente, la chiesa non altro che un insieme di cellule indipendenti giustapposte fra di loro. Vi quindi una
scissione dello spazio in tante realt autonome che tra di loro per mantengono un rapporto di identit evidente nel fatto
che la soluzione sempre la stessa, anche in concomitanza del capocroce. sempre la stessa soluzione con dimensioni
pi grandi.
Ca ella della Sac a Si d e, T i , 1667
Se da una parte questo architetto modenese invia una serie
di progetti in giro per tutta l Europa (Lisbona, Praga), a un
certo momento si sposta invece a Torino che in questo
momento la capitale di un piccolo ducato sabaudo che
in rapida ascesa sulla scena. Si riuscito a ritagliare una
sua indipendenza politica e dunque, in questo senso, punta
adesso a forme di autorappresentazione. la necessit di
autocelebrarsi che spinge spesso a queste committenze. In
particolare, Guarini si trova ad intervenire su un progetto
gi realizzato, ovvero quella cappella della Sacra Sindone
che era stata incominciata alle spalle del duomo
allorquando i Savoia decidono di spostare questa sacra
reliquia, una delle principali della cristianit , da Nizza a
Torino. Si tratta quindi di creare uno spazio fortemente celebrativo e inizialmente l incarico era stato affidato al
Castellamonte che era l architetto di casa Savoia e che all opera per realizzare questo spazio si avvale anche della
collaborazione di uno scalpellino, che poi era anche capomastro, ovvero il Quadri. Questo personaggio lo ritroviamo da
pi parti, recentemente gli stato attribuito, con molta cognizione di causa, una chiesa in Valtellina dalle forme
estremamente barocche e ben riuscite. Quadri lavorava all interno della basilica di S. Giovanni in Laterano durante la
famosa ristrutturazione borrominiana e a quanto pare i due ebbero da ridire e arrivarono addirittura alle mani. Dopo di
che Quadri si sposta a Torino, dove stava lavorando alla Sacra Sindone, quando arriva anche Guarini e a quanto
sappiamo anche Guarini ci litiga pesantemente, al punto tale da venire anche con lui alle mani. Allontanato il Quadri
Guarini rimane dunque incaricato della terminazione della cappella. L obiettivo quello di realizzare un grande spazio
che possa essere anche un Pantheon per la famiglia dei Savoia e che sia fortemente rappresentativo per una piccola
realt che, sempre legati al regno di Francia (erano chiamati i cugini cacciatori ), possa in questo modo guadagnare
una propria immagine e una propria indipendenza.
Spostiamoci quindi a Roma per vedere cosa fanno nel frattempo alcuni artisti romani che, vissuti all epoca dei
maestri, cio che hanno avuto modo di conoscerli di persona, recepiscono il loro linguaggio e cercano quindi di
tradurlo in qualcosa di pi facilmente applicabile.
Gi a iA i De R i Pala d A e, 1657
Questo edificio viene realizzato quando
Borromini era ancora in vita e con lo
stesso maestro ancora in vita mostra
delle soluzioni propriamente
borrominiane. Ad esempio, vedete
come nel secondo livello vengono
inseriti dei frontespizi che sono
mistilinei. Si tratta quindi di un chiaro
elemento di matrice borrominiana,
come borrominiano anche l utilizzo
sotto di un frontone rotto al cui interno
inserito quell elemento decorativo che
invece tipicamente portonesco. Le
finestre appese che invadono la
trabeazione sono un sovvertimento
delle regole che va molto oltre la
tradizione tardo cinquecentesca, come
anche l angolo smussato, altro elemento
borrominiano (tratto dall oratorio dei
filippini). L impianto nella sua generale composizione invece sangallesco, con le finestre inginocchiate, bugnato ai
lati, marcapiano, marca davanzale, livello superiore caratterizzato da finestre con il timpano, sopra ancora marca piano e
marca davanzale e poi terminazione dell edificio. Portale sottolineato dalla presenza di una specie di pseudo ordine
architettonico. Quindi un impianto tradizionale con qualche elemento nuovo.
S. Ma ia i Ca i elli, R a, 1662
Questa chiesa nasce da
un esigenza, il papa di allora
era Alessandro VII Chigi, da
molti cardinali considerato un
incompetente. In pi , quando
sale al pontificato, scoppia
una pestilenza. In questa
situazione di generale
confusione e panico viene
portata in processione,
com era tradizione sin
dall epoca medievale, l icona
della Madonna Salus Popoli
Romani, e si fa un voto di
costruire una nuova chiesa,
qual ora la piaga abbia fine.
Quando appunto la pestilenza
finisce il pontefice decide di
intervenire nel rinnovamento
della chiesa che si trova in
piazza Capizucchi. Questa
piazza ha una certa
importanza perch centrale a Roma, com era la piazza di S. Maria della Pace, e la chiesa era particolarmente
frequentata dalle famiglie aristocratiche capitoline. Si tratta quindi non solo di fare un tributo alla vergine Maria o di
fare una parrocchia per il popolo di Roma, dove possa venire ad adorare l icona della Vergine, ma si tratta anche di
andare ristrutturare la chiesa pi utilizzata dalle famiglie patrizie ed imbonirsi in questo senso alcune frange della
nobilt romana.
Carlo Rainaldi, allorch viene incaricato di realizzare questa chiesa, avanza un primo progetto pensando di occupare
tutto il lotto che il papa pensa di mettere a disposizione per la realizzazione di questo complesso liturgico. Come ci
mostra bene questa pianta, l idea iniziale di Carlo Rainaldi quella di realizzare un edificio ovale con una serie di
cappelle laterali a cui si giustapponga chiaramente un santuario. Questo schema era stato applicato pi volte e anche
Palladio aveva sperimentato: un portico, un nartece, aula grande e poi giustapposizione in terminazione del santuario.
Andando poi a riflettere sulla forma dell ovale longitudinale ci ricordiamo che anche Francesco da Volterra ci aveva
pensato nella chiesa degli Innocenti o degli Incurabili, ma anche Vignola per la Chiesa del Ges , poi non realizzato.
Quindi si tratta di un ritorno chiaramente alla tradizione della controriforma che offre un sicuro porto entro cui poi
inserire alcuni elementi pi barocchi.
Questo testimoniato dal fatto che, mentre la facciata vive una propria autonomia, la volta interna si struttura non come
una cupola, ma come un grande voltone solcato da unghiature chiaramente nella lunga scia della chiesa di Francesco da
Volterra e di Vignola. Non c una fusione tra i due spazi, che sono chiaramente distinti e separati. Quindi ben si vede il
santuario, giustapposto, connesso all ambiente dell aula, dove, nuovamente, la congiunzione tra i due spazi, avviene
attraverso la ripetizione del sintagma di due colonne.
In questa frammentariet vedete che tornano poi alcuni elementi borrominiani, questa volta accolti come inserti
decorativi che danno quel sapore di modernit a cui evidentemente aspirava l architetto.
Vedete frontone gigante con dentro un altro frontone, quindi compenetrazione come Michelangelo ma, soprattutto,
quello che ci interessa che, se queste due colonne esterne disegnano un sottordine inserito all interno dell ordine
principale, dentro al portico vedete che ci sono altre due colonne inalveolate. Quindi due colonne, muratura, trabeazione
interna che si appoggia a quell esterna forma chiaramente un baldacchino. Quindi Carlo Rainaldi, architetto del
popolo romano, in occasione di una chiesa che deve ospitare la madonna della Salus Populi Romani, e le maggiori
famiglie patrizie romane, si ispira al modello del palazzo dei conservatori di Michelangelo traducendolo visivamente
per cos stabilire un legame stretto di continuit .
Ca l F a a
S. Ma cell al C ,R a, 1682
Chiesa emblematica perch gi esistente, struttura
medievale, viene dotata di questa nuova facciata,
secondo lo schema della facciata romana su doppio
livello, volute laterali, ma l elemento barocco la
concavit . Si tratta quindi di una facciata
cinquecentesca con l aggiunta di un forte elemento
barocco.
Pala L d i i di Be i i
Nel 1692 viene acquistato da
Papa Innocenzo XII Pignatelli e
trasformato nella Curia
innocenziana, cio in quel
palazzo dei tribunali che gi
Giulio II voleva far costruire a
Bramante ma che poi rimasto
carta bianca. Ecco quindi che, nel
momento in cui si apre la piazza,
e si trasforma questo edificio,
Carlo Fontana immagina di porvi
davanti un esedra; quindi, creare
uno spazio da cui si possa
controllare l architettura.
Quest esedra lui la immagina come il palazzo antistante, non sar mai realizzata. Poi aggiunge lungo l asse
longitudinale di simmetria, una specie di altana con all interno l orologio e sopra la campana; quindi, se Bernini aveva
ragionato su 5 settori coerenti tra di loro, caratterizzati dall ordine gigante, che serviva perch l edificio veniva scoperto
man mano che gli si girava intorno per la stradina; invece, Fontana ha un atteggiamento opposto, ovvero lo cerca di
monumentalizzare, sottolineando l asse di ingresso attraverso l aggiunta in alzato di un nuovo elemento. Dunque, una
modellazione che evidenzia un asse principale e che vuole imprimere una maggiore magnificenza, snaturando per
l idea di fondo che invece era stata portata avanti da Bernini.
Sa a i di S. Ig a i a L la
Il complesso , non solo un grande sistema a
tre elementi con la chiesa centrale (schema
di contrapposti berniniano), ma ha questo
grande porticato che non altro che la
ripetizione all esterno dell organizzazione
interna, caratterizzata da una serie di
cappelle laterali passanti fra di loro, con
all interno un sistema di doppie colonne che lo sorreggono. Sono tutti elementi della tradizione cinquecentesca,
rimodulati insieme, nella lunga scia del barocco, ovvero di questo andamento curvilineo che invece segna la facciata.
Nell interno questa chiesa in alzato strutturata come la chiesa che poi lui proporr per il Colosseo, e che quindi gi
adesso si muove sulla lunga scia di S. Agnese in Agone, ed immaginata con una doppia calotta con un sistema di
contraffortature, di costoloni che riuniscono i due livelli. Qui c la capacit unica di reinterpretare la realt perch in
Spagna del nord, dove non si utilizzavano i laterizi ma ancora la pietra, vengono applicate delle regole medievali, la
stereotomia, per poter disegnare sul livello del terreno i singoli blocchi che sono intagliati uno ad uno, compresa la
decorazione sbozzata, vengono montati in situ e solo in quel momento terminati. Questa opera diventa complicatissima
dal punto di vista operativo e una soluzione moderna viene risolta per mezzo di una pratica medievale.
C le a e ia a S. Pie
Carlo Fontana interviene anche a S. Pietro proponendo di ribaltare la grande area antistante il sagrato, la cosiddetta
prima piazza, per creare una terza piazza con un ingresso solenne. Capite bene che sono appena passati 20 anni dalla
morte di Bernini; eppure, l idea di fondo di Bernini che si scopre improvvisamente allo spettatore che da via di
Borgonuovo poteva vedere solo l ingresso dei palazzi pontifici, viene completamente snaturata da Carlo Fontana. La
sua mentalit non gi pi quella dei maestri del barocco, ma il tentativo di trasformare il linguaggio barocco in un
genere e dunque come genere si pu applicare senza bisogno di eccessiva straordinariet . Questa soluzione molto
convincente, ma non ha nulla di eccezionale. Capite quindi che l atteggiamento di Carlo Fontana quello di una
semplificazione, di una geometrizzazione, di un depotenziamento del berninismo.
Borrominismo e Arcadia
Il Borrominismo non è altro che l applicazione delle soluzioni decorative borrominiane però
estrapolate dal loro contesto e quindi usato a solo fini decorativi, utilizzate perché riescono a
conferire un forte senso di innovatività lasciando intatti quelli che sono i moduli di partenza non
vi è una evoluzione del genere, ma solo una sostituzione di un dettaglio con un altro dettaglio che
essendo nuovo conferisce una idea di innovatività . Nella corte di Versailles, come anche in
Baviera troviamo molti di questi elementi, ma non si tratta soltanto di antichi signori che cercano
di essere più innovativi e moderni, ma si tratta anche dell arrivo del genere che una volta
sviluppatosi a Roma viene appreso dai viaggiatori che giungono in città; ecco quindi che il
linguaggio viene esportato all estero e in questo senso risulta più semplice esportare gli elementi
decorativi anziché interi concetti che sono più complicati da applicare.
Il questo momento di ricerca di nuove forme di equilibrio si distinguono due tendenze di spicco: Il
cosiddetto bo omini mo ossia la riproposizione delle decorazioni inventante da Francesco
Borromini svincolate dal loro significati originari e utilizzate esclusivamente a fini esornativi il loro
uso era certamente simbolo di modernità, essendo ornamenti totalmente nuovi , e la scuola
cresciuta nel solco dell insegnamento di Carlo Fontana - , improntata a geometrie
scandite, semplici e chiare. Questa corrente a lungo andare sarà dominante e prenderà il nome di
Architettura dell Arcadia
Per dirla con Sklovskij: In ogni epoca ... non esiste una sola scuola ... ma ce ne sono diverse ed
esse coesistono contemporaneamente, anche se una sola di esse ne rappresenta il vertice
canonizzato. ... La linea sconfitta non viene annientata, non cessa di esistere. Scivola via dalla
presa dell onda ... rimanendo in attesa e può di nuovo risorgere . In La eo ia del me odo
fo male, di B. Ejchenbaum
Agli inizi del ‘ lo Stato Ecclesiastico affronta un momento di forte contrazione, questo è uno
degli aspetti che ci permette di comprendere la diffusione del Barocco; lo stato della chiesa è
sempre più in maggiore difficoltà e per questa ragione non è in grado di offrire incarichi stabili e,
per sostentarsi, molti progettisti decisero di prendere incarichi nella provincia o si spostarono nel
regno delle Due Sicilie Vanvitelli o all estero.
L instabile situazione politica, inoltre, non favorì certo l affermazione di un linguaggio netto ed
univoco. In costante declino a partire dalle paci di Westfalia , il prestigio del papato andava
lentamente diminuendo sul piano internazionale e, se da una parte ciò portò a una rapida
riduzione delle disponibilità economiche della Santa Sede, dall altra costrinse gli architetti a
lavorare anche in provincia. Roma non poteva più offrire incarichi stabili e, per sostentarsi, molti
progettisti accettarono anche commesse minori in altre città dello Stato Ecclesiastico; o si
spostarono altrove, chi nel regno delle Due Sicilie Vanvitelli e Fuga , chi all estero come
Bartolomeo Rastrelli in Russia, al servizio di Caterina II la grande - .
Borrominismi
Giuseppe Sardi
Giuseppe Sardi - ca. è stato un architetto imprenditore, che sfruttò la novità del
linguaggio borrominiano e il momento di fioritura del primo Settecento per ricavarsi una costruirsi
una propria notorietà, di cui è espressione eccezionale la chiesa di Santa Maria del Santissimo
Rosario a Marino e a Roma la chiesa di S. Maria Maddalena attribuzione incerta, .
Abile appaltatore, Sardi lavorò non solo a Roma ma anche in provincia, sfruttando al meglio la
congiuntura politica del momento e le aspirazioni di modernità ed emancipazione della classe
dirigente provinciale. Sue opere si trovano a Sezze e in molteplici altre località laziali.
Non è un architetto alla maniera di Bernini, ma un imprenditore che dove vedeva possibilità di
guadagno decideva di investire. Difatti, la Chiesa della Maddalena vicino al Pantheon non è
affatto detto che sia sua, non ci sono informazioni di cantiere e le poche che sono emerse
mettono in evidenza altri nomi e non il suo.
Tra le poche cose di cui si è certi figura la Chiesa di S. Maria Santissima del Rosario a Marino, .
Il complesso degli agostiniani non dava alcuna possibilità di emergere alla facciata, che in questo
caso era inglobata all intero della struttura stessa. Sardi, quindi, riconduce tutta la visibilità
dell edificio all interno del prospetto dell ingresso; si tratta di un ingresso a doppio livello con
sopra una edicola e nella soluzione del fastigio terminale troviamo un chiaro rimando al modo di
fare di Borromini il frastagliamento delle forme e l andamento mistilineo che si contrappone a
quello retrostante, una chiara derivazione dall oratorio dei Filippini e poi sotto l angioletto che
avrebbe dovuto fungere da mensola .
All interno la chiesa si svolge in profondità lungo l asse longitudinale con scansioni chiare e
distinte, come si faceva neo-cinquecentesca, non c è quella unitarietà che ricercava Borromini, ma
qua a e là troviamo degli elementi barocchi per qualificare ingentilire l alzato. Lungo la parte
obliqua si trova una specie di tempietto con una decorazione con una corona rimando al rosario
con all interno di una statua, con un andamento convesso con sotto un portale tratto dal discorso
borrominiano e i capitelli ottagonali, tutta una serie di elementi che vengono estrapolati e inseriti
all interno della strutta per conferire a quest ultima un aspetto innovativo.
Al posto della trabeazione, che in Borromini aveva tutt altro scopo ovvero quello di permetterci di
rileggere lo spazio interno e risalire alla geometria fondativa del progetto stesso, in questo caso il
cordone del rosario viene usato per unificare in senso visivo, spettacolare.
Nella parte superiore vengono adoperati degli elementi che sembrano ricordare una costolatura,
ma ben presto ci accorgiamo come il tutto sia diverso dalla costolatura impiegata da Borromini, in
quel caso non per fini puramente decorativi come in questo caso bensì per risolvere un problema
risolve il problema dello scarico delle forze dovuto dalla presenza di un ambiente sovrastante e
che i costoloni avrebbero dovuto sostenere ulteriormente .
In definitiva, si tratta di una giustapposizione di cellule autonome rinsaldate dall uso di artifici
barocchi estratti dal repertorio di Borromini. Quell idea di unitarietà propria del ticinese non solo
manca ma, in vero, neppure viene cercata.
Filippo Raguzzini
Filippo Raguzzini - è un altro architetto attivo anche come impresario edile. Originario
di Napoli e attivo a Benevento, qui conobbe il cardinal Pietro Francesco Orsini - .
Sicché, allorché l Orsini venne eletto papa nel , l architetto giunse con lui a Roma come suo
progettista di fiducia.
Papa Benedetto XIII, definito come un parroco solerte non era invero molto interessato
all architettura; tuttavia, sotto il suo pontificato venne spronata l assistenza agli ultimi, il cui
principale esito fu appunto un ospedale. Un pio provincialismo pervade Roma in questi anni.
Si forma a Benevento, capomastro e imprenditore, incontra il cardinale Francesco Orsini divenuto
poi Papa. Sicché, il papa convocò a Roma Raguzzini come suo progettista di fiducia. Mentre papa
Clemente XII Albani aveva un proprio modo di vedere l architettura, papa Benedette XIII era più
dedito ad aiutare gli ultimi e poco interessato all architettura. In questo momento vengono
realizzate una serie di opere come, ad esempio, la cappella fatta costruire per sé nella chiesa di
Santa Maria della Minerva il papa era domenicano .
Qui vediamo che la cappella di barocco non ha nulla, in cui si utilizzano marmi scuri in un
ambiente già scuro, non vediamo uno spazio autonomo che si risolve in sé stesso, ma troviamo un
frastagliamento.
Tuttavia, sono due le opere interessantissime che vengono realizzate in questo decennio. La
prima è l Ospedale di San Gallicano, Roma .
Si tratta di un ospedale che viene realizzato con lo scopo di curare le malattie della pelle e proprio
questa esigenza funzionale definisce lo stesso svolgimento della struttura. Si tratta di un edificio a
stecca senza ballatoio interno con un ala più lunga dell altra, questo perché, all epoca, per le
malattie della pelle la scienza era arrivata a stabilire che colpivano in misura maggiore gli uomini
rispetto alle donne e per questo motivi si viene meno all impianto simmetrico e in risposta se ne
preferisce uno prettamente funzionale.
Al centro della struttura viene collocato da Raguzzini l edificio sacro ed è in linea con la strada, ma
i due raccordi concavi che legano la struttura alle ali dell ospedale fanno sii che la facciata si
allarghi e invada la strada. L uso di intonachino per le ali e travertino per l edificio ecclesiastico
definiscono quella che è una facciata differenziata, dove ogni componente è scandita, ma il tutto
è elaborato utilizzando un linguaggio barocco.
Inoltre, ogni elemento è pensato per essere decorativo e utile allo stesso tempo. Raguzzini
impiega un elemento decorativo insolito per Roma che però si trovano a Napoli , ovvero delle
paraste bucate da uno sfiatatoio che corrisponde all interno al bagno.
Raguzzini si occupa anche della Piazza di S. Ignazio, Roma, detta anche piazzetta del guadagno,
- .
Entro la fine del pontificato di Benedetto XIII realizza davanti alla chiesa dei gesuiti una piazza del
tutto innovativo costruito secondo una serie di ovali uno studio di qualche anno fa ha dimostrato
che non sono degli ovali, ma sono quasi delle circonferenze perfette .
Riesce a creare uno spazio dinamico, urbano e che è prettamente barocco nel fatto stesso di
essere fortemente connesso con l intorno, ma se poi andiamo a vedere la configurazione unitaria
dobbiamo renderci conto che qualcosa non quadra perché non c è un piano nobile perché si tratta
di una serie di appartamenti dati in affitto.
Gabriele Valvassori
Ledificio presenta un prospetto su più livelli dove una serie di astuzie borrominiane, a partire
dall idea delle finestre trattate come autonomi tempietti del palazzo di Propaganda Fide, si arriva
a soluzioni di dettaglio come l alternanza di balaustrini di senso invertito: un idea di Borromini
tesa a sfruttare al meglio ogni spazio disponibile in maniera creativa. Ledificio all inizio destò
molto stupore e fu molto apprezzato, ma rapidamente inizia ad essere disprezzato perché la
sensibilità negli anni muta.
Ledificio, sorto appena accanto alla chiesa di Santa Maria in Via Lata la cui facciata era stata
rinnovata da Pietro da Cortona , presenta infatti un prospetto su più livelli dove una serie di
astuzie borrominiane, a partire dall idea delle finestre trattate come autonomi tempietti del
palazzo di Propaganda Fide, si arriva a soluzioni di dettaglio come l alternanza di balaustrini di
senso invertito: un idea di Borromini tesa a sfruttare al meglio ogni spazio disponibile in maniera
creativa.
Alessandro Specchi e Francesco De Sanctis
Scalinata di piazza di Spagna ha origine con il progetto irrealizzato da Borromini per la facciata di
San Giovanni in Laterano. Il ticinese aveva pensato a un andamento concavo-convesso-concavo,
che però era rimasto solo su carta. L idea però non era stata dimenticata e, ancora al principio del
Settecento, si discuteva se realizzare o meno la facciata secondo i pensieri del maestro.
Probabilmente questi disegni realizzati da Borromini erano tanto piaciuti tanto che la stessa
impostazione la ritroviamo nella creazione del Porto di Ripetta.
Alessandro Specchi, architetto e anche incisore, aveva lavorato alla realizzazione dei tre volumi
dello studio di Architettura Civile al cui interno erano riportate molte di queste decorazioni
borrominiane e soluzioni del ticinese, dunque, è chiaro Specchi abbia avuto modo di studiare i
disegni originali.
Il nuovo porto inquadrava la chiesa eretta da papa Sisto V, si completava sulla sinistra di una
dogana e apriva direttamente sul sistema viario infrastrutturale della città. Difatti, non solo era
collegato con via di Ripetta ma, attraverso via Tomacelli, si giungeva direttamente su via del
Corso.
Come si vede dalla pianta del Nolli , il progetto urbano non si risolse nel solo approdo.
Viceversa, si creò un rapporto di continuità fra la strada e piazza di Spagna, attraverso la facciata
concava della chiesa della Santissima Trinità degli Spagnoli. La chiesa e il convento annesso
furono fatti costruire dai Trinitari spagnoli tra il e il , sotto il pontificato di Benedetto XIV,
dall architetto portoghese Emanuele Rodriguez dos Santos aiutato da Giuseppe Sardi. Infatti, nel
frattempo, era stata messa a punto anche la scalinata di piazza di Spagna, le cui forme si legavano
intimamente alla soluzione approntata per il porto urbano.
Leggermente successiva è la realizzazione dello snodo di Trinità dei Monti che era da sempre
stato un punto delicato della città di Roma, non tanto per via della collina quanto per le questioni
politiche ad esso connesse; questo perché il terreno della collina e il convento dei Minimi
apparteneva al re di Francia, mentre al di sotto la Piazza di Spagna ci fa capire che al di sotto vi si
apriva il quartiere degli spagnoli, con la loro ambasciata presso la Santa Sede.
In occasione della nascita del Delfino di Francia, Bernini realizza un opera effimera nel ,
un occasione di affronto nei confronti della Spagna e che aveva reso impossibile successivamente
la realizzazione di altri progetti come ad esempio quello voluto da un agente del cardinale
Mazzarino, Elpidio Benedetti in collaborazione con l architettrice Plautilla Bricci, con una statua
celebrante il re francese Luigi XIV nel non poteva essere accettato per le ovvie implicazioni
politiche connesse. Tutto cambia agli inizi del ‘ quando guerra e secessione spagnola portano
sul trono iberico Filippo V che era cugino del futuro del re di Francia. Filippo sposò in seconde
nozze Elisabetta Farnese su intercessione del cardinale Alberoni che diventa come il Mazzarino
della Spagna e che tira un po le redini della situazione. La moglie lo spingerà a riprendere il
ducato di Parma e poi il regno di Napoli: difatti a Napoli c è il figlio Carlo e a Parma il figlio Filippo.
Filippo V era il nipote di Luigi XIV e come il nonno decide di rinunciare ai soldi dello stato della
Chiesa e in questo modo si riesce a realizzare il progetto della scalinata, questo perché sul trono
iberico siede anche un Borbone.
Venne proposto un secondo progetto che proponeva invece una struttura prettamente
configurata secondo i modi francesi: un impianto scandito da quattro palazzi agli angoli e da una
scala nascosta nel mezzo: un idea completamente anti-urbana, bocciato dal papato. Pian piano si
fa spazio l idea di realizzare una scalinata aperta su più rampe e sembra la soluzione più adatta.
Nei progetti mostrati figura una costante, ovvero il non prendere in considerazione il contesto; la
chiesa, l obelisco e la scalinata non sono allineati, si tratta quindi di progetti basati su delle
intenzioni progettuali di carattere più teorico che alla fine trovano nella soluzione di Francesco De
Sanctis quella vincente, vincitrice del concorso e dunque realizzata.
La chiesa, la piazza, l obelisco e la fontana non sono per nulla allineate tra di loro, ciò nonostante
essi generano l impressione, nella loro totalità, di uno spazio invece regolare. È la soluzione
vincente perché riesce a coniugare comodità facilità di salita , utilità connettendo due strade
fondamentali della città e sicurezza il poter vedere da sopra in sotto e viceversa garantiva un
controllo indispensabile per la propria salvaguardia fisica . Adattandosi al contesto, De Sanctis
diede forma a un progetto urbano perfettamente in linea con la ricerca barocca.
Architettura in Arcadia
Il termine è stato coniato una cinquantina di anni fa da Sandro Benedetti, il quale non riteneva che
si potesse parlare di neoclassicismo e neppure si poteva parlare di un barocco classico, ma
riferendosi al tema dell Arcadia, cioè ad un impaginato più lineare, sembra essere il modo migliore
per spiegare l atteggiamento di questi progettisti; che sono progettisti barocchi, ma tuttavia si
rifanno ad una tradizione consolidata quella cinquecentesca e ad una maggiore linearità,
geometrizzazione, chiarezza espressiva, tutti elementi più classicheggianti che sono in linea con
quel modo di fare che abbiamo visto sembra essere proprio di Bernini.
Morto Benedetto XIII Orsini, venne eletto al soglio di Pietro il fiorentino Lorenzo Corsini con il
nome di Clemente XII - . Ansioso di ripristinare il ruolo centrale di Roma e restituirle
quella gloria che in passato le era appartenuta, il nuovo sovrano dettò espressamente la linea: un
ritorno al classicismo in cui vennero preferiti gli architetti fiorentini, così come era accaduto nel
Cinquecento, quando Michelangelo e Sangallo si contendevano la leadership e gli incarichi.
Inoltre, il papa rese chiaro quale fosse il principio alla base dei suoi investimenti, ossia un ritorno
alla semplicità e all austerità che, tradotto in architettura, significava una lotta serrata
all ornamento fine a sé stesso in favore di una architettura solida improntata al classicismo e
all utilità pubblica, così come andavano dichiarando intellettuali come Lione Pascoli.
Al principio del il papa decide di completare definitivamente la fabbrica del Laterano, non
solo perché qui intende erigere la propria cappella di famiglia, ma soprattutto per offrire
finalmente alla cattedrale di Roma un degno prospetto. Viene quindi bandito un concorso, anche
se il pontefice ha già stabilito chi dovrà vincere e il tipo di architettura che vuole si metta in opera.
Dunque, si trattò di un concorso truccato. Fu il primo ufficialmente truccato della storia, nel quale
il papa ha già deciso chi dovrà vincere.
Tuttavia, l occasione fu propizia per molti giovani che, partecipando, ebbero l occasione di
mettersi in mostra e farsi notare.
La facciata del Laterano era stata trascurata perché non guadava verso la città, mentre tutto il
resto era stato aggiustato; di conseguenza, ciò che restava era la facciata e il papa immagina
subito di realizzare accanto alla sua cappella di famiglia cappella Corsini e quindi sistemare e
ultimare il prospetto e quindi legare il prospetto di S. Giovanni per sempre al suo nome. La
facciata non versava in ottime condizioni e i primi progetti che vennero avanzati che lasciano un
po di perplessità sono quello di Carlo Fontana.
Fontana aveva proposto un suo disegno: nello specifico l idea avanzata dal ticinese consisteva in
un ribaltamento meccanico della controfacciata borrominiana all esterno, con l aggiunta di un
secondo livello connesso al primo per tramite di due volute laterali con palme. Si tratta di un
progetto semplice e lineare come era nel suo stile ma di grande impatto per l altezza fittizia che
avrebbe raggiunto la facciata per relazionarsi alle cinque campate. L idea venne apprezzata, ma
scartata perché troppo costosa.
Anche Andrea Pozzo aveva avanzato una propria ipotesi, suggerendo uno corpo relativamente
autonomo, realizzato per mezzo di una serie di spazi di concamerazione sovrapposti: nel merito,
una loggia di benedizioni dotata di una sua cupola che si risolveva in due possibili alternative di cui
una più permeabile dell altra. Andrea Pozzo immagina di alzare la facciata per mezzo di una serie
di spazi concamerati sovrapposti, rielaborando il modello borrominiano, ma con una serie di spazi
giustapposti l uno con l altro che sottolinea l asse di simmetria e quindi l asse d ingresso. Questi
due progetti appena analizzati, anche se precedenti al concorso, sono molto importanti perché
influenzarono quelli successivi.
Tra i progetti presentati in occasione del concorso figura quello di Ludovico Rugoni Sassi, il quale
propose un progetto molto simile a quello di Andrea Pozzo, con qualche modifica. In seguito,
l architetto muta idea e presenta un modello ne-barocco improntato ai modi borrominiani tanto
nell uso dell ordine gigante quanto nella scelta delle colonne inalveolate alla Michelangelo.
Filippo Barigioni, allievo di Carlo Fontana, realizzò un progetto teso a maggiore razionalità,
rigidità. Un doppio livello in cui non c è alcun tipo di dicotomia, ma tutto è amalgamato dove
l unico elemento decorativo di stampo borrominiano è il timpano sfrangiato con al l interno
l immagine di Cristo e ancora una formulazione vicina a quella borrominiana.
Perfettamente in linea con le intenzioni del papa fu invece il disegno di Luigi Vanvitelli, il quale
propose un ordine gigante classicheggiante accentuato nel settore centrale dall uso di un
tetrastilo su colonne sormontate da un frontespizio triangolare.
Un altro progetto interessante proposto fu quello di Bernardo Antonio Vittone propose una
propria soluzione, modulata sull esempio di S. Agnese in Agone: nel merito, un corso centrale
rientrante fiancheggiato da due alti campanili. Tuttavia, si percepisce in questo disegno
tardobarocco comunque una certa classicità, evidente nella soluzione del vano centrale, simile
per certi versi alla soluzione di Bernini per S. Andrea al Quirinale.
Decisamente più ispirato a Michelangelo è invece Nicola Salvi, il quale propose una
compenetrazione di più sistemi architettonici cfr. palazzo dei Conservatori . Si tratta quindi di
una salda soluzione cinquecentesca che si arricchisce della plasticità del chiaro-scuro barocco
senza però abbandonarsi al dinamismo spaziale.
Fortemente classicheggiante è invece Ferdinando Fuga, il quale avanza l idea di un gioco di
raffinati incastri.
Vincitore della competizione fu Alessandro Galilei, il cui progetto si ispirò su indicazione dei
giudici a quello di Vanvitelli, il migliore fra quelli presentati. Nel dettaglio, il fiorentino propose un
ordine gigante alla Michelangelo che, avvalendosi della compenetrazione degli ordini alla base
altro richiamo a Michelangelo , si risolveva superiormente in una loggia celebrata al centro
dall inserimento di una serliana. Un tetrastilo su colonne scandiva invece la campata centrale così
come aveva già proposto anche Vanvitelli . La sconfitta dei giovani partecipanti non fu una
battuta d arresto, ma convinsero il pontefice ad affidargli altri lavori.
La struttura si presenta a base pentagonale, dotato di ampi spazi funzionali, con al centro un
tempietto panottico e pentagonale all esterno, ma circolare all interno questo perché non si può
dimenticare la localizzazione all interno dello Stato Pontificio e ciò si traduce nella persistenza di
istanze politiche-religiose. Dio vige sulla salute e sui commerci ma è anche simbolo dell autorità
della Chiesa promotrice del benessere dalla sua nazione .
Il tempietto, inoltre, presenta all interno colonne binate ed è chiaro che Vanvitelli si rifaccia ad
esempi cinquecenteschi. In definitiva, si tratta di un linguaggio celebrativo austero che, tuttavia,
non rinuncia al Barocco. Piuttosto ne cerca una sintesi razionale.
Nicola Salvi e la fontana di Trevi
Nel il papa Clemente XII Corsini affidò a Nicola Salvi la realizzazione della fontana di Trevi.
La storia della fontana di Trevi era stata lunga e travagliata. Una prima fontana si trovava
nell attuale posizione ed era stata incominciata ma non terminata da Gian Lorenzo Bernini
durante il regno di papa Urbano VIII Barberini - . L acqua sarebbe però dovuta arrivare
fino all attuale piazza Colonna, per la cui mostra si erano prodigati diversi progettisti.
Pietro da Cortona aveva proposto una sorta di arco trionfale che, risolto nello stesso palazzo
retrostante, si sarebbe fuso con lo stesso, arricchendosi alla base di statue e rocce sopra la vasca:
un progetto ardito, in linea poi con le sperimentazioni per il Louvre di Bernini nell uso di un livello
bugnato sormontato da un ordine gigante.
Il progetto rimane irrealizzato e arriviamo agli inizi del ‘ , quando Carlo Fontana propose una
vasca circolare con obelisco ripresa da Bernini a piazza Navona .
Anche Juvarra, allievo di Fontana, propose un progetto ripreso da quello del maestro; lo notiamo
nella emergenza verticale attorniata da statue, ma strutturato nei confronti del contesto ed
immaginato come un percorso coperto un portico rialzato .
L idea di una colonna davanti a una palazzata torna anche in Vanvitelli, il quale non rinuncia
all elemento verticale, ma qualifica fortemente il palazzo, ripensando l arco trionfale
sperimentato da Cortona.
Una soluzione che senza estendere il perimetro della vasca messo a punto da Bernini quasi un
secolo prima, prevedeva la presenza di una scalinata laterale che consentiva l ingresso all interno
del palazzo.
Dalle varie sperimentazioni emerge poi quella che sarà la soluzione finale di Nicola Salvi, ovvero
una facciata con ordine gigante che racchiude due livelli, grande arco trifolale con attico e
stemma regale pontificio e alla base, una fontana invade lo spazio della piazza attraverso una
sinuosa forma mistilinea arricchita da rocce. Al centro, domina la scena la statua di Nettuno,
mentre l ordine gigante monumentalizza il prospetto.
Ferdinando Fuga e S. Maria dell Orazione e morte, .
Ancora nel un ultimo incarico viene conferito dal governo papale a un giovane professionista
che aveva partecipato alla competizione di San Giovanni. Si tratta di Ferdinando Fuga, a cui viene
rimessa la cura del progetto della chiesa di Santa Maria dell Orazione e Morte.
Si tratta di una piccola chiesa in via Giulia, dove Fuga sviluppa l edificio secondo un ovale
longitudinale, come messo a punto dalla tradizione cfr. S. Giacomo degli Incurabili di Francesco
da Volterra.
All interno troviamo campate regolari con all interno delle campate rigonfie che ci richiamano la
soluzione adottata in Sant Agnese in Agone, le colonne sono parzialmente inserite nella muratura
per nascondere gli angoli, anche se in realtà non li nascondono, ma sono apparati che vengono
inseriti per creare unitarietà; non c è la stessa volontà del ticinese di creare uno spazio unico, qui
gli spazi sono ben scanditi. In alto, notiamo che anche in questo caso sono presenti dei costoloni
con all interno dei lacunari più geometrici e non decorativi ; si tratta quindi di un sistema di spezi
pulsante dove tutto è chiaramente definiti dove però permangono degli elementi di estrazione
barocca.
Per quanto riguarda la facciata, nel progetto avrebbe avuto un andamento convesso contenuto
dentro due settori che avrebbero fatto da sproni, con colonne inserite nella muratura, non c è
dicotomia, timpano inserito all interno di un altro timpano. Questa facciata venne rifiutata perché
allargandosi sulla strada ne avrebbe intralciato la vista compromettendo il rettilineo che si vede
dall altezza San Giovanni dei Fiorentini. Ecco quindi che inserisce
Le colonne nella muratura, immaginando una conclusione con frontoni innestati l uno nell altro,
come era tipico del Cinquecento.
La prematura morte di Salvi, la partenza di Vanvitelli e Fuga per il regno di Napoli e la scomparsa
di molti degli architetti del sottobosco borrominiano emersi nel primo Settecento segnerà la
definitiva abdicazione di Roma dal ruolo di leader delle arti. Nuove nazioni stavano sorgendo
come stati nazionali autonomi che, dotati ora di una loro burocrazia efficiente, cercavano nell arte
l atto finale della loro emancipazione. Così, il Barocco cominciò ad essere scartato in funzione di
un ritorno al classicismo che in eso come oppor ni per s incolarsi dall in en a dell Urbe
enne s r men ali a o e ado a o come ling aggio ciale delle cor i in ascesa: su tutte
Parigi.
Lezione 16 — Il Piemonte barocco, Juvarra e Vittone
Come ultimo atto del nostro dialogo sullo sviluppo dell’architettura barocca ci concentriamo su
cosa succede al di fuori di Roma, ovvero in Piemonte, e prendiamo in considerazione due
personaggi — Filippo Juvarra e Bernardo Antonio Vittone — che rappresentano l’apice dello
sviluppo settecentesco, che non avrà un seguito, perché Juvarra morirà alla fine degli anni Trenta,
Vittone qualche anno dopo, e da lì in poi dalla seconda metà del Settecento assisteremo
rapidamente all’affermarsi di un nuovo gusto, più prettamente legato al classicismo e sospinto
dalle iniziative autoritarie dei regni come la Francia che cercheranno autonomia da Roma,
attraverso anche un guardare a realtà storiche diverse da quelle che la capitale papalina
incarnava.
Da questo momento in poi assisteremo ad un lento e inesorabile decadimento dello Stato
pontificio.
Vi sembrerà che lo Stato pontificio sia uno stato arretrato e pieno di problemi — così era — ma
era anche uno Stato in cui le iniziative non mancavano. Pio VI creerà le dogane, istituirà in
sistema di raccolta elle tasse, ma questa nuova politica razionalista avviata dal papato non avrà
grande seguito perché l’arrivo delle truppe giacobine porterà prima a prendere un po’ di pezzi allo
Stato della Chiesa e infine alla sua soppressione dopo molti secoli dalla sua istituzione.
Da Roma ci spostiamo a Torino, e nel seguire questo passaggio partiamo dalla figura di Filippo
Juvarra, che non è né romano né torinese, bensì siciliano.
Se Guarini aveva rilanciato il ruolo di Torino sul piano architettonico, proponendo un’architettura
che sviluppava autonomamente le sperimentazioni che nel frattempo si stavano conducendo a
Roma, l’arrivo in città di Filippo Juvarra segnò il salto di qualità della città che divenne a tutti gli
effetti la capitale di uno stato sovrano autonomo.
Juvarra arriva a Roma in giovane età, dopo una prima formazione e dopo essere stato già istruito
sui rudimenti dell’architettura. Infatti arrivando nella capitale si iscrive all’Accademia di San Luca e
subito dopo mostra le sue grandi abilità come disegnatore.
Abbiamo diversi taccuini dei suoi disegni, che ci mostrano la sua grande abilità. Questo ci riporta
ad un vecchio tema, ossia quello — che si sviluppa dall’epoca di Federico Zucccari nel
Cinquecento — su quale delle tre arti fosse la più importante, o se tutte e tre provenissero da
un’unica arte, ovvero dalla “mamma” disegno. In effetti, Filippo Juvarra rilancia questo tema
quando, all’indomani della seconda metà del Seicento, era tornata in auge questa discussione,
ovvero di come il disegno fosse precondizione necessaria per l’ideazione del progetto, fosse
questo il progetto di una pittura di storia, o una scultura o un progetto di architettura.
Juvarra si fa notare a Roma da Carlo Fontana — che abbiamo visto essere un personaggio di
una certa importanza. Si era formato al seguito di Cortona e di Bernini, ha preso il posto di
Bernini, non con le stesse capacità, ma ha sicuramente raccolto il testimone e indirizzato
l’architettura verso una forma di maggiore sintetismo, geometrizzazione, semplificazione, in parole
povere un “depotenziamento” del berninismo. Carlo Fontana, che lo accoglie nel suo studio, da a
Filippo Juvarra un’impronta particolarmente razionale, dunque, come lui stesso dirà al giovane,
deve dimenticare ciò che finora aveva imparato per ricominciare studiando i grandi maestri:
Bramante, Michelangelo, Raffaello, Carlo Maderno, e così anche Bernini. Juvarra si
specializza, e in questo processo di apprendimento non rientrano solo i canoni prescritti dal
maestro, ma tutto il linguaggio barocco, perché Juvarra riesce a comprendere qual era il
meccanismo attraverso cui funzionava la logica del barocco, cioè che è il contesto che
consente di avere l’input necessaro per raggiungere una nuova ideazione, totalmente
autonoma e dipendente dalle circostanze del momento e del luogo.
La formazione romana
Questo è un progetto che Juvarra presenta nel 1705 per un concorso clementino — i concorsi
clementini sono di prima, seconda e terza classe, la terza è la più semplice, in cui si deve
rappresentare un dettaglio, la seconda, un po’ più complicata, si rappresenta una cappella, e la
terza prevedeva la costruzione di una chiesa, un monastero, un palazzo.
Il tema di quell’anno era un edificio per tre dignitari. Vediamo come lo sviluppa Juvarra: si tratta di
una struttura prettamente geometrica e razionale nella sua configurazione. L’impaginato laterale
è niente di più che un impaginato sangallesco. Questi snodi laterali, che vengono trattati con un
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ordine gigante, un
andamento concavo e
convesso, questa
formulazione, invece, è
propriamente barocca e
molto vicina a una
rielaborazione di Pietro da
Cortona. Grandi snodi che,
ispirandosi al linguaggio
barocco, vengono tuttavia
innestati su una struttura che
si salda radicalmente nella
consuetudine. Si tratta di una
mediazione. Questo palazzo
non finisce qui, nella stessa
formulazione dell’edificio; il
progetto non termina
nell’edificio, ma si allarga a
interessare tutto il contesto
circostante, si tratta di un
progetto che dialoga con la realtà che lo avvolge. Questo era un primo saggio delle capacità di
Juvarra. Considerate che era molto giovane all’epoca, quindi già in quel momento dimostra di
avere delle buone basi.
In questi disegni si capisce come la formulazione si allargasse a tutto il contesto circostante, con
aggiunta: ci sono dei cartigli, c’è una forma organizzata e chiara di rappresentazione dell’edificio.
Juvarra apprende questa cosa nello studio di Carlo Fontana. Fontana, tra le altre cose, riesce
anche a chiarire emblematicamente come deve funzionare un atelier d’architettura, ed è come
funziona ancora oggi: pianta, con sopra mostrata una sezione e il prospetto, contesto — che oggi
si chiama planivolumetrico o planimetria generale in scala 1:500 — cartiglio con intestazione e
indicazione del soggetto, le misure adottate, la scala metrica. Questo esempio, che è uno dei
primissimi esempio che abbiamo di un progetto accademico, che iniziano alla fine del Seicento e
quindi i concorsi clementini, questo è un esempio in nuce di quello che oggi è il modo in cui
presentiamo i progetti di architettura. Ancora oggi si fa esattamente in questa maniera. All’interno
del suo atelier si cominciava prima solamente disegnando, poi si passava a fare dei piccoli
progetti sotto la supervisione dei più esperti, per poi diventare autonomi, sempre sotto il
coordinamento generale. Questa impostazione ben organizzata si imprime nella mente del
giovane architetto, che raggiunta una certa autonomia progettuale, fa questa elaborazione, che
viene donata all’accademia di San Luca in occasione dell’essere stato eletto suo membro di
merito.
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All’Accademia di San Luca si può entrare o per dignità o per merito. Vi entrano per dignità i
cardinali, i principi, nomi legate a questioni di rappresentanza. Ci sono invece gli architetti, pittori
e scultori che vengono nominati accademici per merito e possono accedere a questa carica
proprio perché hanno studiato con merito all’accademia.
Nonostante non sappiamo gli esiti delle ricerche di Juvarra all’interno dell’accademia, non
sappiamo quali corsi abbia frequentato e come siano andati, sappiamo che ad un certo momento
viene ammesso, diventa anche insegnante, e com’era consuetudine presenta un dono. Il dono
presentato è questa elaborazione di chiesa. Immediatamente ci accorgiamo di qual è l’esempio di
riferimento a cui si rifà Juvarra: si sta richiamando al progetto di Sant’Agnese in Agone: due torri
campanarie, corpo centrale, alto tamburo, sopra una cupola che è forata nuovamente. Poi vedete
questo andamento con queste convessità. Tuttavia, subito ci accorgiamo che c’è qualcosa di
diverso: se da una parte si tratta dello schema di S. Agnese in Agone, è anche lo schema di quel
progetto che abbiamo visto per il Colosseo di Carlo Fontana, ci accorgiamo che questa
movimentazione delle masse corrisponde ad una perfetta geometria, cioè non c’è un andamento
concavo reale, ma una convessità che corrisponde internamente alla cappella.
Non c’è solamente uno studio di uno spazio che diventa unitario, ma si tratta nuovamente di
un’aggregazione di più unità, dove il risultato finale riesce ad imprimere quella sensazione di
movimento da cui si parte.
La soluzione del campanile è artigianale. Si tratta di un modo di fare che allora a Roma stava
prendendo molto piede. Tuttavia questo è l’unico punto in cui l’architetto cede a questo
decorativisimo, perché il resto è chiaramente leggibile e ben organizzato: vediamo l’impianto
centrale, viene ripetuto l’ordine gigante, davanti il tetrastilo regolarizzato, quindi più
classicheggiante, non segue l’andamento generale e sopra questa rielaborazione del tamburo con
i binati di colonna che aveva utilizzato anche Michelangelo, che però diventano delle strutture con
colonne che sorreggono dei frontoni semicircolari. C’è una maggiore chiarezza espositiva, e poi
l’altezza, come anche in Borromini e Pietro da Cortona nel tamburo dei Santi Ambrogio e Carlo al
Corso. Si tratta di una serie di elementi tratti dai principali esponenti dell’architettura dell’epoca
passata, che vengono riunificati insieme però con intelligenza: non si tratta di un’accozzaglia, ma
di un tentativo di sintesi in maniera innovativa. Juvarra non fa molte altre cose a Roma.
Dopo qualche anno di insegnamento lascia Roma e si sposta a Torino nel 1714, perché a Roma
camicia a farsi sentire lentamente la crisi che ormai dalle paci di Vestfalia sta investendo lo stato
ecclesiastico. Persa l’occasione di poter ricreare quella repubblica cristiana — ora Roma è
capitale solamente del Cattolicesimo — il colpo più duro già viene inflitto all’inizio del Settecento,
quando la guerra di successione spagnola crea un po’ di scompiglio.
Infatti, Hobsbawm, nel suo libro L’età degli imperi, dice che il Settecento è il secolo che si apre
con una guerra e finisce con una rivoluzione.
La situazione delle guerre di successione spagnola è problematica, in quanto morto Carlo II
d’Asburgo, l’erede diretto sarebbe stato Luigi XIV, che però rinuncia per non unire le corone, ma
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lascia che sia il nipote Filippo a prendere il posto. C’è tutta la guerra, e papa Clemente XI Albani
commette il grave errore di essere poco prudente. Questa carenza di denaro, che si presenta nel
corso di questi anni perché la Spagna e la Francia si rifiutano di versare il loro vassallaggio allo
Stato della Chiesa, porta le finanze papali a rapidamente esaurirsi, e quindi anche i cantieri
pontifici. In questo momento assistiamo all’emergere di questi capomastri come Giuseppe Sardi.
Juvarra, come architetto che vorrebbe essere un grande progettista ,si trova ella condizione di
non avere possibilità di impiego, non trovando dei bandi a cui partecipare. Si sposta quindi a
Torino dove viene chiamato
alla Corte dei Savoia. I
Savoia, per un brevissimo
periodo, diventano anche i
possessori della Sicilia,
dopo il trattato di Utrecht. É
in questa circostanza che
questo architetto
messinese ha modo di
entrare in contatto coi reali.
1714 è la fine della guerra
di successione spagnola e
anche l’anno in cui muore
Carlo Fontana.
Torino all’epoca era una
città piuttosto squadrata,
raccolta all’interno di una
cinta muraria che veniva da
una situazione degli anni
precedenti piuttosto
complicata. Si tratta di un
principato
cresciuto nel corso del
Seicento con importanti interventi — la cappella della Sacra Sindone — ma che si muove in bilico.
Le scelte che fa all’interno delle grandi guerre gli consentono o di guadagnare o di perdere. In
questo frangente ha avuto una certa fortuna consolidando un territorio che va dal Piemonte alla
Liguria, compresa Nizza, che diventa stabile. A Torino viene incaricato ad una serie di interventi.
Tra i principali il primo è quello sulla Reggia di Venaria Reale, vicino Torino. Questi principi
torinesi erano considerati dei cugini cacciatori da parte dei francesi. I re amano risiedere nelle
residenze fuori porta. Il primo atto di Juvarra è intervenire in un complesso pre-esistente, quello di
Venaria Reale, per perfezionarlo nei collegamenti e trasformarlo in una vera a propria residenza
per una corte, altresì per rafforzare la presenza militare attorno alla città di Torino. Torino è aperta
su una spianata, quindi non è particolarmente facile da difendere, potenziare quindi dei sistemi
difensivi attorno alla città, se da una parte aveva un valore rappresentativo, dall’altro serviva
anche per avere delle spie che potessero segnalare il momento in cui la città poteva essere messa
sotto assedio. (Nel 1703 la città era stata messa a ferro e fuoco).
Sicurezza militare e fastosità: su questi temi si muove Juvarra. Il suo intervento comprende tra
le varie operazioni anche la realizzazione di un grande percorso, la Galleria di Diana e la Chiesa
di Sant’Uberto. La Galleria di Diana è una passeggiata invernale, aperta da un lato e dall’altro e
consentiva ai visitatori, ai presenti e ai reali di passeggiare in un luogo al chiuso e godere della
vista esterna. Questo chiarisce il motivo per cui Juvarra presta attenzione alle forature, ripetute
costantemente. Tuttavia, andando a vedere l’organizzazione dell’architettura, vediamo che
l’impostazione è quella di una travata ritmica: settore più stretto seguito da uno più largo, a cui
sopra si innestano delle ulteriori forature che consentono l’ingresso della luce, mentre la volta a
botte non è trattata a come se fosse un’unica entità, ma è scaglionata da queste archeggiare che
ci fanno capire come questa viene ripartita. In fondo vediamo che l’ingresso è curioso, è
convesso, dentro ha una concavità, delle colonne che si allargano nello spazio, il frontone è rotto.
Siamo vicini alla soluzione di Borromini per i tabernacoli di S. Giovanni in Laterano, ma ancora di
più siamo vicini a Pietro da Cortona e alla sua soluzion per le absidi di Santa Maria in Via Lata. Tra
quel nartece a forcipe e questa galleria, non esiste differenza, se non per il fatto che la galleria è
più lunga, ma concettualmente è la stessa cosa. Questo spinge Juvarra in questa soluzione.
Troviamo soluzioni barocche applicate con un principio di sintesi che si adegua alle circostanze
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del contesto ma con una maggiore razionalità. La Chiesa di Sant’Uberto è l’esempio
cardine per capire il modo in cui Juvarra si approccia al barocco. La pianta ci dice tantissime
cose: l’andamento concavo-
convesso-concavo. Siamo
nel pieno della riflessione
barocca, e dentro uno
spazio centrale, ma non
unitario. Infatti, si tratta di
un grande spazio centrale
con quattro corpi laterali
(quincunx, principio che
aveva guidato Bramante
nella realizzazione del
disegno di S.Pietro). Si
tratta quindi di esempi
nobili. All’esterno troviamo
l’utilizzo dei mattoni, che
potrebbe far pensare
all’oratorio dei Filippini,
anche se non troviamo
l’ordine gigante, ma un
doppio ordine. Le due ali,
tuttavia, seguono lo stesso
andamento del livello
centrale. C’è quindi una certa
coerenza di fondo. La cupola non è
estroflessa, ma raccolta dentro un
tiburio. Gli esempi sono esperienze
barocche che vengono riassorbite e
riutilizzate con maggiore capacità di
sintesi.
All’interno ci accorgiamo dell’ulteriore
passo avanti che fa Juvarra rispetto ai
suoi maestri. Tra le cose più evidenti
troviamo la cupola: lacunari con
costoloni, quindi soluzione tipicamente
romana inventata da Cortona, sotto alto
timbro che all’esterno è un tiburio che
permette l’illuminazione. Sotto ancora
quattro bracci di una croce greca, dove
però nel braccio principale, dove si
trova l’altare, troviamo un diaframma
colonnato, lo stesso adottato da
Palladio, da Bernini a S.Andrea al
Q u i r i n a l e , e d i e t ro , r i t a g l i a t o i n
controluce si trova l’altare. Questo è l’esempio della cappella Antamori, dove anche lì la statua è
ritagliata in controluce, anche se lì sono venute fuori delle altre
motivazioni. Se torniamo ad un esempio seicentesco, il precedente lo troviamo in Cortona, che
dentro S. Giovanni dei Fiorentini aveva ritagliato controluce l’altare maggiore. Sono espedienti del
barocco che vengono acquisiti e utilizzati con precise intenzioni. La cosa che più lascia stupefatti
è che se consideriamo questo vano accessorio laterale, ci accorgiamo che sotto si trova un
passaggio e sopra un secondo livello, in diretta continuità tra il livello sottostante e il coretto
soprastante (nel Seicento l’impostazione era: passaggio - nicchia - coretto). La nicchia adesso
viene abolita, e il coretto si allarga insieme sotto a quello che a questo punto non è un passaggio
ma un passaggio/nicchia e invadono tutto lo spazio, non lasciando possibile di presenza al muro.
Non c’è più muratura, ma una membratura dai forti accenti classici per la sua tridimensionalità,
accentuata dalla luce. La luce è la vera protagonista di questo spazio, permea all’interno e risalta
l’architettura, che riesce ad esprimere se stessa attraverso questa continua illuminazione, la quale
viene perseguita in tutti i modi (tramite finestre superiori, cupolone, anche lateralmente ci sono
delle altre finestre…) la luce entra da tutte le parti all’interno di questo spazio. Non troviamo più
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una parte lasciata in muratura (questa cosa l’aveva già fatta Cortona). Juvarra non guarda al
toscano, ma sta considerando quello che aveva fatto Borromini nella cappella dei Magi, in cui
aveva rinunciato ad utilizzare parti in muratura per trasformare la struttura in un vero e proprio
scheletro. Juvarra applica lo stesso prinicipio: questi elementi sono elementi portanti, nessuna
parte ha solo valore decorativo o si tratta di una tamponatura. Si tratta invece di uno spazio in cui
ogni elemento è ridotto al suo
essenziale, in un’ottica di
perfetta razionalità. Per quanto
riguarda la decorazione, il fregio
liscio richiama al discorso su
Borromini: anche l’angioletto
sottostante richiama a questa
tematica. È pur vero che il fregio
non corre in tutti i punti; questo
sta a testimoniare come Juvarra
s i a a n d a t o o l t re , n o n s i a
solamente legato allo stretto
principio di creare uno spazio
unitario, ma l’ambiente interno
rimane fortemente scandito nelle
sue componenti. La decorazione
è scelta con attenzione; se in
alcune parti cede alla festosità,
in altre sembra assumere un
valore costruttivo (come in
Borromini).
Rispetto al progetto iniziale, vengono aggiunte tutta una serie di luoghi, che vengono però
distribuiti come se il complesso divenisse una sorta di piccola cittadella che non è. Chiusa in sé
stessa, ma si espande a controllare il territorio.
Di lì a pochi anni Juvarra realizza un altro complesso, il Palazzo di Stupinigi, dove viene
portato alle estreme conseguenze il discorso cominciato a Venaria Reale. Se a Venaria reale si era
trovato in una situazione in cui aveva aggiunto degli elementi ad un complesso in parte costruito,
quindi si era allargato verso il territorio, questo sistema urbano, si struttura precisamente in
rapporto al territorio con l’intenzione di governarlo. Siamo vicini alle riflessioni sulla reggia di
Versailles, anche se il concetto è diverso: qui troviamo un crescendo verso il cuore del palazzo,
che è precisamente il grande salone delle feste del palazzo, che è precisamente il punto focale, il
cuore stesso della costruzione. Queste ale laterali sarebbero state adibite ai dignitari, quindi c’è
un crescendo di importanza mano a mano che ci si avvicina al salone centrale. In aggiunta
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vediamo come questo
spazio diventa il fulcro
di un sistema che è
costruito per una parte
e che dall’altra parte
trova come
controbilanciamento il
parco. Se considerate
alto soluzioni come la
reggia di Caserta, che
è costruita dopo quasi
vent’anni, c’è una forte
differenza: Vanvitelli,
quando imposta la
costruzione risolta in
se stessa, che si
affaccia da una parte
verso la natura e verso
l’altra parte verso la
città in direzione di
Napoli. In quel
progetto, l’affaccio
principale non era
quello rivolto verso la
città, ma quello rivolto verso il parco, in ossequio a quella che era la tradizione del nord di
privilegiare la parte che guarda al giardino. In questo caso si tratta di un grande salone per le feste
che è il punto medio di bilanciamento dell’intero sistema, che diventa territoriale; non più legato
solo allo spazio circostante ma ha un valore paesaggistico. Infatti Juvarra concentra su questa
formulazione tutte le sue riflessioni, che è un crescendo di importanza verso l’alto, dove il grande
salone si presenta come uno spazio ovale scavato il più possibile secondo un atteggiamento
scheletrico.
Si tratta di un grande spazio che all’interno diventa mistilineo al livello della balconata, dove tutti
gli elementi sono elementi portanti e laddove non sono portanti sono dipinti come se fossero tali.
C’è da parte di Juvarra una tensione a dare il più possibile a questo spazio importanza attraverso
la luce: la vera protagonista di questo spazio. Se andiamo bene a vedere come si sviluppa in
alzato, ci accorgiamo che si tratta di un involucro. Quindi esiste uno spazio esterno che è ovale al
cui interno invece si crea un andamento mistilineo. Vediamo gli elementi della pittura che vanno a
sostenere lo sviluppo dell’architettura, cioè a rappresentare delle cose. Che nella realtà non ci
sono, perché non si trova all’interno una vera e propria cupola, ma dei pennacchio gigantesche
sembrano sostenerla.
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Basilica di Superga, Torino
La Basilica di Superga è un altro degli incarichi che vengono immediatamente conferiti
all’architetto quando questi giunge a Torino. La città era stata posta sotto assedio e alla fine, dopo
3 anni di combattimenti, esce vittoriosa dall’assedio e il sovrano dichiara di voler realizzare un ex-
voto per la protezione di Dio. Si stabilisce di costruire un grande complesso che possa essere non
solo una chiesa santuario ma anche un pantheon per la famiglia dei Savoia. Anche la cappella
della Sacra Sindone doveva essere un pantheon per la famiglia, ma ci si era accorti che questo
spazio era troppo stretto e Guarino Guarini non si era posto il problema di realizzare degli spazi
accessori appositi per le salme dei sovrani. Anche Sant’Uberto era una cappella palatina, ma
immaginiamo che si tratta di un edificio fuori dal perimetro della città, quindi troppo lontano.
La basilica ha un ruolo che non è solamente urbano, ma è paesaggistico, ista la sua posizione sul
promontorio.
I disegni di Juvarra ci fanno capire quale sia il suo atteggiamento e il suo mescolare gli elementi
che vengono dalla tradizione barocca fondendoli in qualcosa di completamente innovativo.
In ordine, in basso troviamo una struttura centralizzata, con due torri campanarie ai lati (aveva
già fatto un disegno anni prima del progetto, quindi è un esempio che prende da se stesso che ha
un buon riferimento tradizionale, come Sant’Agnese in Agone, ma anche il progetto di San Pietro
mai condotto a termine). Tamburo binati di colonne (dall’esempio di San Pietro), sopra vediamo
delle tipiche forature, un po’ riprende la soluzione di Cortona, ma non propriamente Cortona,
quanto più Giacomo del Duca, nella chiesa da lui realizzata a Roma che aveva avuto delle critiche
ma che aveva puntato sull’ingresso della luce dall’altro, come è evidente dal susseguirsi di queste
forature che si agganciano al lanternino e che sotto vengono rafforzate dalla presenza di queste
finestrature su u tamburo piuttosto elevato. Sotto troviamo un pronao piuttosto regolare, abbiamo
capito che si riferisce al
Pantheon ma anche alle due
chiese gemelle di Piazza del
Popolo. In effetti in questa
soluzione ci si richiama a
Carlo Rainaldi o forse a
Bernini, ma probabilmente
l’idea è più di legarsi a
Rainaldi, perché sguardiamo a
come è fatta la torre
campanaria capitano che è
molto simile a quella di
Sant’Agnese in Agone,
realizzata precisamente dal
Rainaldi. A questo punto ci
accorgiamo di una cosa che ci
lascia interdetti nella lettura —
molto chiara — dell’edificio, e
cioè che qui ci sta uno spazio
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più largo. L’interasse è più largo
degli altri. La risposta la troviamo
nel fatto che ha un valore
paesaggistico, e quindi se noi lo
guardiamo dalla città per effetto
della prospettiva, risulta essere
uguale. Juvarra sta giocando con
la nostra percezione, e pensa
questa soluzione in rapporto con
l’osservatore. É un chiaro modo
di fare barocco; c’è un legame
strettissimo con il modo di
p ro g e t t a re d i B e r n i n i e d i
Borromini. Juvarra dimostra di
aver interiorizzato il discorso del
barocco, ma lo ripropone con
maggiore razionalità: gli elementi
sono ripresi dalla tradizione e
rimontati. Il modo in cui li rimonta
non è puramente meccanico,
come faceva Carlo Fontana, ma
sospinto da una rielaborazione interna personale.
Questo si vede dal fatto che qui ci sta un cornicione con un marcapiano, che è diretta
conseguenza del fatto che dietro c’è un monastero impostato come un edificio, quindi un edificio
che ha più elementi e prosegue all’interno della chiesa. Nella compenetrazione degli ordini, c’è
questo ordine gigante, troviamo Michelangelo per l’ennesima volta. Questi temi ritornano ma in
un’ottica di maggiore
regolarità che si piega in
rapporto al contesto. Questa
si potrebbe leggere come
una travata ritmica.
All’inter no troviamo una
struttura centralizzata, che
però ha un pronao piuttosto
largo e allungato in avanti, e
dietro una parte presbiterale
anch’essa profonda, dove
l’altare si colloca sull’andito
finale, e dunque assume le
fattezze di un vero e proprio
santuario. Si tratta di una
soluzione a pianta centrale
longitudinalizzata, perché
questa sede di elementi una
dietro all’altra creano una
pianta longitudinale che
segue le prescrizioni
controriformiste.
Più nel dettaglio ci accorgiamo che queste colonne non sono inserite dentro la muratura, non ne
sono parte, ma sono staccate. Tuttavia si accostano alla stessa, che si piega per accoglierle,
creando un forte valore plastico e richiamando il concetto di centralità, centralizzano lo spazio
nella stessa maniera in cui facevano i maestri del barocco. Gli spazi laterali invece non vengono
né lasciati a se stanti né inglobati, ma li sgancia completamente, sono resi più profondi e
diventano degli spazi satellitari autonomi, interconnessi tra di loro. Non sono connessi con lo
spazio del santuario, rimangono come propaggini della costruzione.
In alzato, vediamo che siamo tornati indietro rispetto al Seicento, perché cose così venivano fatte
all’inizio del Seicento, come Richini nella chiesa di San Giuseppe. Sopra troviamo un tamburo,
anche qui ci accorgiamo che viene adottata la soluzione di Pietro da Cortona con lacunari invece
dei costoloni, adottando una soluzione romana. A Torino, dove imperversava una cultura
controriformista, e dove l’unica meteora che si era presentata era Guarino Guarini, questa è
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un’assoluta novità formale che farà scuola negli altri architetti locali che non sono abituati a
vedere cose di questo genere.
Gli anditi di passaggio laterali sono tagliati nella muratura con accanto un ordine nano: si tratta di
quello che abbiamo visto a S. Carlino alle quattro fontane di Borromini. Ci sono una serie di
soluzioni che vengono ripescate ma non vengono utilizzate in senso esornativo, non si tratta di
borrominismo, ma nemmeno dell’architettura dell’arcadia, dove invece c’è una forte rigorosità
geometrica, che da qualcosa di barocco su un impaginato tradizionale, piuttosto si tratta di un
nuovo tentativo di sintesi, che da nuova vitalità e che raccoglie il testimone tentando di portare
avanti e aggiungendo qualcosa di nuovo. In questa lunga scia di generificazione del linguaggio
che da che era una cosa totalmente innovativa, ora è diventata qualcosa di comprensibile,
consueto.
Questa chiesa ci interessa perché Juvarra parte da uno schema parzialmente individuato, di una
chiesa sostanzialmente ella controriforma: navata unica, cappelle laterali passanti, presbiterio
rialzato profondo. Qui il transetto è addirittura assente.
Questi ambienti laterali però sono ovali, richiamando Peruzzi, che li aveva proposti per S. Pietro, o
Michelangelo, che li aveva
pensati per S. Giovanni dei
fiorentini…si tratta di una
soluzione che Juvarra ripesca
e li tratta come se fossero
degli ambienti laterali, che
dovevano essere concepiti
come degli spazi in cui la
muratura centrale si piegava,
e sarebbero stati inglobati
all’interno della stessa
costruzione della chiesa, ne
sarebbero entrati
direttamente a far parte.
Dobbiamo immaginare che
questi ambienti sarebbero
stati delle sistole e delle
diastole dello stesso corpo,
concepito in maniera unitaria.
Quindi si tratta dello sviluppo
dell’impianto riformista che
ricerca l’unitarietà dei maestri
del barocco. L’elemento che
genera questa unitarietà è la luce, queste finestre consentono di far entrare la luce, ed essendo la
membratura continua e ripetuta con coerenza, avrebbe generato un senso di spazio unitario.
La realizzazione però rispetto al disegno è diversa: le cappelle sono state confinate ad essere
degli spazi laterali separati dal corpo centrale e ne rimangono sconnessi, e particolarmente
interessante, che Juvarra ha imparato a Roma, sono dei diedri concavi. Questa soluzione di
stondare l’angolo, che faceva già Borromini, all’inizio del Settecento aveva avuto una certa fortuna
perché anche Giovanni Battista Pontini l’aveva utilizzata nella chiesa delle Santissime stigmate di
San Francesco, e anche in altre chiese in giro per l’Italia: L’Aquila, Ravenna, Ascoli Piceno…
Si tratta di un modo per centralizzare uno spazio che in realtà è longitudinale. Juvarra dimostra di
aver imparato questa cosa da Pontini, che lavorava nel studio con Carlo Fontana.
Lo spazio è formulato con grandi pianti che si allargano abbastanza per poter ospitare al loro
interno un passaggio, un primo e un secondo coretto, e questi spazi laterei vengono scanditi dalla
presenza di due colonne, come se fossero degli archetti trionfali. La grande volta è un’unica volta
a botte, scandita da grandi finestrini che sono ovali, più precisamente mistilinei e mangiano
attraverso delle unghiature la volta. Si tratta di una formulazione che ha qualcosa della tradizione
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ma che cerca di fare un passo avanti,
trovando una nuova soluzione di sintesi
che qui non si riesce a perseguire.
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Palazzo reale, Madrid (1736)
Juvarra negli anni Trenta del Settecento lascia Torino.
Va a fuoco l’Alcazar, l’antico palazzo della famiglia Asburgo, e viene costruito un nuovo palazzo,
alla cui progettazione viene incaricato Filippo Juvarra, che viene appositamente chiamato da
Torino.
Qui progetta un palazzo con
ordine gigante, libello
basamentale, tipico palazzo
romano, che si riallaccia alla
tradizione dell’ordine gigante in
facciata pensato da Bramante e
riportato in auge da Bernini, con
una maggiore regolarità —
questo è l’elemento
discriminante.
Si tratta quindi di un palazzo
romano che è una novità per
Madrid, dato che il palazzo
precedente era una fortezza, qui
ci troviamo di fronte ad un
palazzo nobiliare, alla maniera di
com’erano i grandi palazzi
romani. É qui importato da
Elisabetta Farnese, la quale,
ultima del suo nome, conosce
bene il gusto italiano, che da
questo momento in poi si diffonde
in tutta la Spagna (la reggia di Sant’Ildefonso era stata voluta da Filippo V, ci lavorano Procaccini,
e anche Juvarra stesso).
I tre pittori che lavorano in questo palazzo sono Luca Giordano, Tiepolo e Anton Raphael
Mengs. La Spagna programmaticamente cercherà di mettere a confronto le varie tendenze.
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con Juvarra. Completa la sua
formazione anche a Roma, dove si reca
intorno al 1730. Infatti, lo abbiamo
citato, ad esempio partecipa al
concorso clementino per la realizzazione
di una città sul mare, una soluzione che
era stata sospinta in quali anni dal
nuovo pontefice Cemente XII Corsini, il
quale aveva deciso di fare di Ancona un
porto franco, aveva rilanciato i
commerci, l’economia, anche perché
bisognava guadagnare ed iniettare nuovi
fondi per sospingere le costruzioni. In
questa ottica l’Accademia di S. Luca,
diretta emanazione del pensiero papale,
si propone di progettare una città sul
mare. Vittone immagina dei grandi
complessi, con grandi strutture ispirate
a degli edifici religiosi — non sono tutte
chiese — e al centro abbiamo una
grande fontana, ispirata a quella del
Bernini a piazza Navona, aveva un
passaggio in mezzo per consentire di
vedere in lontanava il mare. Si tratta di
progetti chiaramente utopici.
Vittone partecipa anche al famoso
concorso del 1732 per la realizzazione
della facciata di S. Giovanni in
Laterano. Lì, in quanto allievo di
Juvarra, capiamo perché la sua
soluzione si fosse ispirata a S. Agnese
in Agone e capiamo la continuità tra
questi due progettisti.
È anche accademico presso
l’Accademia di San Luca, intorno al
1732, salvo che anche lui non si ferma
nella città papalina per tornare a Torino, un luogo in cui si può lavorare.
Questa si tratta dell’immagine della sua elaborazione per la facciata, sempre sullo stesso standard
delle chiese che sono state incontrate prima, ma in più davanti troviamo un porticato su colonne
che non è stato inventato da lui, ma lo copia da quello proposto da Bernini a Santa Maria
Maggiore.
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Tornato a Torino Juvarra è ancora operativo (anche se per brave tempo), ‘unico altro esempio che
si ha a Torino è Guarini. Vittone non fa altro che fondere l’approccio di Guarini alla razionalità di
Juvarra, generando un tipo di architettura in cui possiamo vedere la luce trionfale e la complessità
strutturale che aveva mostrato già Guarini. Come Guarini, anche Vittone ha una formazione da
costruttore ma anche una formazione più accademica.
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Santa Maria in Piazza (Torino)
Si tratta di un edificio già costruito a cui viene aggiunto uno spazio satellitare, un santuario in
fondo, dove vittone
interviene radicalizzando
quelle intenzioni di
Juvarra, ossia
l’intenzione scheletrica
dello spazio, generando
uno spazio che è un
doppio involucro, dove
gli elementi sono ridotti
alla loro grammatica
essenziale con una
particolarità, ossia che
l’angolo è sto ndato.
Gli studiosi si sono
a c c a p i g l i a t i , p e rc h é
questa formulazione non
si trova solo qui, ma
anche a Ravenna,
realizzata da Bonamici,
e la fa anche Bibiena a
Bologna.
Non abbiamo nessuna
prova che Vittone sia
stato a Bologna, né
abbiamo prova che si fossero incontrati. Recentemente l’anello di congiunzione si è trovato nel
fatto che la scuola di Bologna era strettamente legata alla scuola delle Arti Applicate di Torino,
presso cui insegna Vittone, e anche
Bonamici era andato più volte a lavorare.
È quindi l’accademia clementina, fondata
all’inizio del Settecento da Clemente XI
Albani, ora è diventata un punto di
riferimento per l’arte, o quantomeno
nell’architettura, nelle zone settentrionali
della penisola. Gli studiosi cercavano il
riferimento a Roma, perché pensavano
che fosse Roma il luogo dove si poteva
creare un contatto, ma nessuno aveva
ragionato che oramai la posizione di
Roma sta decadendo al punto tale che
una nuova centralità era sorta presso
l’accademia clementina.
Se questa è la chiesa, e questa è la zona
p re s b i t e r i a l e , c i a c c o rg i a m o c h e
l’impianto è di nuovo caratterizzato da
due nuclei autonomi giustapposti tra di
loro, quindi siamo andati dai due nuclei
fusi (durante il Seicento), a tornare, a metà del Settecento, ad avere di nuovo questa ripartizione,
questa geometrizzazione dello spazio dove però nella sistemazione adottata da Vittone, troviamo
dei diedi concavi, quindi delle stondature. Dunque. Abbiamo un ritorno alla tradizione dove rimane
e permane il linguaggio barocco. Ancora così sarà in altre zone più periferiche, fino ad almeno la
seconda metà del Settecento, dove continuerà questo discorso. Il cosiddetto neoclassicismo, o
meglio, il classicismo settecentesco, è qualcosa che comincia da Fontana, si muove
nell’Accademia dell’Arcadia, ma solo nella seconda metà del secolo diventa nuova forma di
progettare, prima nella pittura che nell’architettura. In questo caso è la pittura che trascina verso
questo nuovo linguaggio più classicheggiante. Le potenze straniere lo adottano per motivi politici,
per distaccarsi da Roma, mentre nello Stato Pontificio perché non c’erano più i soldi per le grandi
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opere. Questo elemento segna ancora questa decadenza che è in itinere e continuerà fino alla fine
del Settecento e porterà al discorso di inizio Ottocento, in cui non esisterà più un vero e proprio
linguaggio a cui rifarsi. Ci saranno dei neo cinquecentisti, neo-quattrocentisti, ci sarà chi
continuerà il discorso tardo Settecentesco, chi invece si richiamerà ad un linguaggio
medievaleggiante. Questa mancanza di un movimento certo, porterà poi al grande problema
italiano dello stile nazionale: il problema dell’Italia unita è che non c’è uno stile nazionale. Camillo
Boito propone il medioevo, c’è chi propone di rifarsi al linguaggio classicheggiante e quindi al
barocco, che verrà riscoperto come carattere unitario dell’epoca, e per finire tutto questo
convergerà verso una riscoperta di un altro elemento che accomuna tutto il barocco, ossia
l’antico, ed è quindi all’antico che ci comincia a rifare in un nuovo interesse che farà gioco facile al
fascismo per essere assorbito in un discorso più totalizzante.
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