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IL GENIO

Diviene centrale la figura del genio, la soggettività dell’artista che ha una capacità geniale. Prima del 1700
non c’era la costituzione dell’artista come noi lo intendiamo oggi, ad esempio non c’era nessun interesse
nel conoscere la biografia dell’artista.
Il termine genio ha variazioni semantiche a partire dall’antichità: fin da subito è legato alla capacità
inventiva del soggetto: etimologicamente può essere accostato alla parola ingenium, capacità produttiva. Il
genio era in epoca romana la divinità (semidio) che veglia sulla nascita di un individuo o sull’istituzione,
aveva anche questa accezione. Il genio non necessariamente è un individuo reputato alla creazione di
bellezza artistica perché nasce in ambito retorico e la sua creatività si può sviluppare in diverse discipline
(matematica, scienza ecc). il termine genio ha comunque a che fare con l’originalità
In Descartes il genio maligno è una divinità misteriosa che insinua il dubbio. Il genio è qualcuno che
possiede una capacità particolarmente sviluppata in ambito creativo, ha un senso raffinato che permette la
creazione di qualcosa di innovativo. Il genio ha ruolo centrale quando si provare a dare l’estetica come
disciplina, fino alla fine del 600 il genio/artista veniva considerato come un elemento scontato della
produzione artistica e si ragionava sul dargli maggiore capacità tecnica più che creativa.
In Hegel troviamo un’ambiguità della parola genio: è sia l’artista creatore, sia la madre che è genio che
veglia sullo sviluppo del bambino. Con il romanticismo questi due significati si confondono.
Il genio non crea semplicemente un oggetto nuovo, ma la sua abilità ha a che fare con la creazione di un
“non so che” che rende l’opera d’arte un oggetto non ordinario. Il genio sa creare un effetto di tipo emotivo
col pubblico, fondamentale è la relazione tra le due entità.
La riflessione sul genio nasce nell’ambito della poesia e dell’arte più in generale (il legame con la bellezza
naturale è in secondo piano).
Du Bos è uno dei principali teorizzatori del genio. Riconosce che dobbiamo essere consapevoli della
possibilità di individuare processi creativi che sono diversi rispetto alla conoscenza chiara e distinta. Non
riflette sui meccanismi della produzione geniale. Il problema non è come il genio è possa produrre un
oggetto ma come il genio possa produrre un oggetto che possa provocare un sentimento nel fruitore. Il
genio produce un’opera d’arte nel momento in cui riesce a porci il suo stesso sentimento di bellezza. La
produzione artistica è guidata dall’impulso, non è una facoltà razionale. Parla di cause fisiche (materiali) o
ambientali che influenzano e accrescono le capacità del genio, quindi Du Bos arriva a proporre una
fisiologia del sentimento del genio, per lui la creatività del genio perette di scardinare la priorità della
razionalità cartesiana. La genialità artistica è una tecnica per creare oggetti artificiali con passioni artificiali.
Nel 1700 si parla di genio per distinguere tra l’artista che produce qualcosa di scolasticamente corretto e
invece il genio che produce arte bella. Le facoltà che il genio impiega hanno a che fare con emozioni ed
entusiasmo. Con l’entusiasmo si riprende la dimensione divina del genio, l’accezione platonica del genio
che comunica con la poesia in modo ispirato dalle muse, l’entusiasmo è sapersi lasciar infondere da una
sorta di energia divina. Descrive questi processi sulla base di entusiasmo ed emozione dandone un quadro
che verrà usato da autori successivi. Du Bos vuole costruire un processo di accesso alle cose diverso dal
controllo razionale delle passioni di Descartes, il genio non controlla le sue passioni e questo gli permette di
creare oggetti artificiali di passioni artificiali (nel senso di finzionale, non è un termine con una connotazione
negativa).Questo atteggiamento di Du Bos verrà criticato, in particolare il tema dell’entusiasmo, pure da
Kant, infatti il termine tedesco di entusiasmo è lo stesso di fanatismo, inteso in senso religioso.
In Inghilterra nel 1774, grazie ad Alexander Gerard trattato “Saggio sul genio”, in cui si occupa del genio in
modo empirista, il genio viene accostato al gusto, sarà la capacità di produrre oggetti di buon gusto. Gerard
sistematizza una serie di esigenze teoriche del suo tempo. Si ispira a Bacon, che collega l’immaginazione
poetica alla produzione artistica, connette il problema del genio all’immaginazione e all’intelletto. Genio e
immaginazione per Gerard non possono essere separati. Il genio ha una specifica capacità inventiva, che
crea attraverso l’immaginazione. In Gerard non c’è una reale
separazione tra genio artistico e genio scientifico. L’uomo dotato di genio ha un talento naturale, un uomo
eccezionale di natura, non è caratterizzato dall’abilità tecnica che ha appreso, ma è la natura che dona
questa tecnica a determinati individui superiori agli altri, la cultura perfeziona un talento che è già presente
in natura. Il genio per natura è dotato di una capacità superiore rispetto agli altri. Gerard probabilmente
aveva in mente la figura del critico di Hume. Il genio pur avendo a che fare con il gusto, non è finalizzato alla
contemplazione, ma alla creazione all’immaginazione. In ambito empirista l’immaginazione era una facoltà
importante, essa aveva il compito di creare associazioni, per Hume è la facoltà che connette impressioni e
idee. Rimane l’idea che il genio sia governato dall’immaginazione, in quanto capacità associativa, ma questa
capacità è più sviluppata.
Gerard è fedele alla tradizione empirista ma dà rilevanza anche alla produzione artistica. Il problema
fondato da Gerard è quello di riconoscere la capacità produttiva dell’immaginazione, non è più quella
immaginazione riproduttiva, ma produttiva. Ciò lo recupererà anche Kant. Gerard si pone in una prospettiva
diversa da quella di Du Bos, con Gerard c’è un'unica via, le due vie sono unite. In Germania il suo pensiero
trova terreno favorevole perché il tema della facoltà inventiva era già presente in Leibniz, dicendo che
anche la logica aveva a che fare con il piano inventivo e immaginativo.
In Francia invece la creatività del genio sembra essere assolutamente alternativa al processo di conoscenza.
C’è una diversa associazione, si associa il genio al termine esprit/spirito, che è una capacità tipica del genio.
In questo contesto lo spirito può essere visto come guizzo, arguzia, che permette di cogliere il non so che
dell’opera d’arte. Questa idea compare in un saggio elaborato da Diderot intitolata “Sul genio” 1770, in cui
dice che il genio sia unito a sensibilità, gusto ecc, si parla con Diderot per la prima volta di genio
espressivo→ spirito osservatore, il genio guarda la natura in modo più profondo, penetra i segreti della
natura, vede ciò che è nascosto, in seguito organizzerà quello che ha visto in un'opera d’arte espressiva.
La bellezza per Diderot è la percezione di rapporti, il cogliere i collegamenti. Il genio è colui che è in grado
di percepire perfettamente queste connessioni. Egli compie una sorta di interpretazione della natura e della
natura umana, che poi viene espressa. Il genio non ha quella distanza dal processo conoscitivo come in Du
Bos, esso non si limita ad una superficialità, anzi penetra in profondità, vede l’essenza delle cose e deve
esprimerla agli altri (simile al mito della caverna). Il genio ha carattere poietico, esso produce per Diderot,
agisce attraverso le facoltà che vengono connesse dall’immaginazione, come capacità poietica per
eccellenza. In “Il paradosso sull’attore” Diderot si interroga sulla figura dell’attore di teatro e ne distingue
due, l’attore caldo e quello freddo, siccome esso deve risvegliare il sentimento nel pubblico attraverso il suo
gesto espressivo. L’attore freddo è per lui quello più efficace, che studia e riprova la parte e che possiede
una qualità fondamentale del genio artistico, cioè la COSTANZA, ogni sera l’attore freddo riuscirà a entrare
in scena e trasmettere la stessa emozione, mentre l’attore caldo si fa trasportare dalle sue stesse emozioni
quindi non è così efficace.
Diderot fa una riflessione sul geroglifico, che assume un significato teorico, è un elemento che ci permette
di comprendere l’attività del genio (che riesce a cogliere i geroglifici del mondo, i suoi simboli nascosti). Il
geroglifico ha un significato simbolico, è un simbolo, il suo significato sta altrove, non ne simbolo. Il genio è
colui che coglie il significato simbolico del segno. Il segno è la punta dell’iceberg, il significato è il resto
dell’iceberg, che può essere visto solo dal genio. Il genio ha a che fare con l’interpretazione della natura, il
genio espressivo afferra una natura che non è immediatamente visibile. Senza l’intervento del genio noi
avremmo un accesso solo parziale alla natura. L’attività del genio è poetica e produttiva, ma scopre anche
qualcosa che già esisteva, ovvero il segreto della natura. Anche per Diderot il genio possiede entusiasmo,
ma in maniera più smorzata di Du Bos. Il genio possiede per natura delle qualità che sono in forma
potenziata, ma che sono presenti in tutti. Il genio possiede per natura della qualità migliori, ma già presenti
in natura. Il genio può capire ciò che osserva, ma l’entusiasmo è ricondotto al tema dello spirito. Riportare
quell’oggetto naturale alla dimensione dello spirito.

Le teorie tedesche sul genio vengono raccolte, si assiste circa nel 1750, poco prima di Gerard e Diderot,
viene pubblicato un testo da Sulzer, “Saggio sul genio”, che riflette sul genio utilizzando alcuni strumenti
che derivano da Leibniz, in cui vi è attenzione alla parte più oscura della mente umana, e quindi anche
Sulzer fa una riflessione sulle parti oscure dell’animo, che costituiscono il motore per la capacità artistica.
Si parla di quella componente dell’anima che sfugge al lume della ragione e alla sua comprensione. Il genio
parla un linguaggio creativamente originario, egli darebbe espressione alle parti più oscure dell’animo.
Linguaggio originario, sembra emergere dall’inconscio, dalla parte oscura dell’anima. Questo linguaggio
geniale parla attraverso l’immaginazione, sottraendosi al linguaggio razionale e per Sulzer ha la capacità di
modificare artisticamente la natura, oltre a saper leggere in modo approfondito la stessa. L’immaginazione
del genio è testimonianza di come il linguaggio razionale possa essere trasceso. Il genio assume quasi i
connotati di un poeta visionario, esprime anche la capacità immaginativa di creare associazioni fra le cose.
Per Sulzer l’immaginazione del genio si sposta verso l’intuizione.

Con Kant assistiamo ad una teoria del genio che chiama in causa l’analitica del bello, coglie al volo e sa
comunicare il libero gioco tra facoltà seguendo una propria regolarità, senza regole. In quel paragrafo sul
genio introduce la concezione delle IDEE ESTETICHE, molto complessa. Kant ci dà una definizione di che
cosa sia il genio→ un talento naturale, attraverso il quale la natura dà la regola dell’arte. Capacità che è
innata nell’artista, donata a lui dalla natura stessa. Il genio è sottratto allo spirito imitatore deve produrre
qualcosa di originale e di esemplare. Il genio è una facoltà MEDIATRICE, media tra interno (facoltà in libero
gioco) e esterno (le esprime agli altri), ma media anche tra la sensibilità e la sovra sensibilità (il mondo delle
idee). Deve essere sganciato dal principio di imitazione, il genio non può essere imitato ma solo seguito, è
un maestro che fa ispirare gli allievi alle sue creazioni, ha un valore esemplare per Kant. La capacità
espressiva in Kant non è più quella di scoprire i segreti della natura, ma il genio coglie al volo l’idea e la
comunica senza alcuna costrizione di regole, riuscendo comunque a comunicare in modo comprensibile agli
altri. Il genio esprime idee che Kant chiama idee estetiche→ l’idea estetica è una rappresentazione
dell’immaginazione che è associata ad un concetto dato, è collegata a molteplici rappresentazioni parziali.
Sono idee ineffabili che vivificano le nostre facoltà conoscitive, sta nello statuto delle idee estetiche il loro
non poter essere descritte. Le idee estetiche sono nell’ambito del sovrasensibile, vengono guardate e
intuite dal genio (individuo sia sensibile sia sovrasensibile). Ma come crea il genio? Non solo è in grado di
cogliere il libero gioco delle proprie facoltà e di esprimerlo (crea arte bella che suscita nel fruitore il
sentimento dle bello), ma per far sì che la sua arte sia bella esprime L’IDEA, è in grado di dare una
presentazione, esibizione all’idea. Per Kant fino al 1790 l’idea era qualcosa di irrappresentabile, non poteva
assumere una forma sensibile perché sta al di là dell’esperienza. Il genio invece è in grado di sfondare
quella separazione netta tra mondo sensibile e mondo sovrasensibile, lo fa però indirettamente, Kant
sostiene che il genio con la sua opera d’arte non esprime l’idea morale (che rimane inesprimibile), ma
quella ESTETICA. Possiamo ragionare sulla capacità della poesia di restituirci qualcosa di ineffabile che non
possiamo definire con un concetto attraverso la lingua, collega allo spirito, contiene delle idee. La poesia
non è mai spiegazione, non argomenta un’idea, ma allude a essa e rimane nella sua indeterminatezza. Le
idee estetiche forse alludono a un procedimento simile.

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