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Il Novecento dei libri

Una storia dell’editoria in Italia

Introduzione
È nel Novecento che l'editoria libraria ha raggiunto un punto di massima tensione fra le componenti
che la governano, in primis tra progetto e profitto; che ha costituito un canale di espressione
strategico per intellettuali, riviste, partiti, gruppi d'opinione; che ha percorso la rotta dall’apogeo alla
crisi della sua funzione “demiurgica”, dall'artigianato all'industria, dalla struttura familiare alle
concentrazioni; che ha vissuto una progressiva globalizzazione; che si è misurata con le sfide poste
dall'evoluzione del pubblico, con la centralità della dimensione politica nell'era delle ideologie
“forti”, delle guerre mondiali, dello scontro tra totalitarismi e democrazie, con la presenza di un
sempre più competitivo agone mediatico, tra cinema, radio, televisione, web. Tra la civiltà dei libri
del primo Novecento e quella dell'ultimo Novecento c'è un abisso che nessun'altra epoca ha
registrato. I libri che hanno preso stanza nei cataloghi editoriali del Novecento dicono molto sui loro
lettori ideali. La saggistica alta e quella divulgativa, le enciclopedie, la letteratura d'avanguardia, i
classici, il romanzo contemporaneo, la narrativa di genere e i prodotti pensati per un'ampia audience,
le letture per i ragazzi appaiono le categorie più adatte a cogliere il tenore della cultura di un popolo,
perché rappresentano quello che si sceglie di leggere al di là delle necessità pratiche. Il Novecento
dei libri è stato il “secolo dell'editore”. In tutta Europa si assiste alla nascita degli intellettuali in
quanto ceto che si autoriconosce come tale, e che nel farlo sceglie, prima della cultura accademica,
le riviste, i quotidiani e le redazioni editoriali, dove smuovere le acque e trovare occasioni di
guadagno. In Italia la tendenza è rinfrancata dall'avvento della dittatura fascista e perpetuata dalle
condizioni della guerra fredda, per esaurirsi con gli anni Settanta. Sono gli intellettuali a coniare
l'espressione di editore “protagonista”, formula di Gian Carlo Ferretti per indicare l’editore capace
di imprimere una forte personalizzazione al suo progetto che va dalla scelta del testo alla
veicolazione del prodotto. In Italia, l'editore si è accreditato una funzione di formazione, quasi a
pretendere di sostituirsi a uno Stato distratto, a una scuola inadeguata a reggere il peso di
un'arretratezza antica, a un'università incline a chiudere le porte dell'orto accademico. Emblema di
questa ambizione è la Laterza “di” Benedetto Croce e Giulio Einaudi. Gli anni Settanta hanno
incrinato questa rappresentazione; gli anni Ottanta hanno aperto l'età della dittatura del mercato.
L'esito è stato un ridimensionamento del potere conferito all'editore, declassato da demiurgo a
ingranaggio dell'organismo culturale. Strettamente connessa alla concezione demiurgica
dell'editoria è la distinzione tra editoria di cultura ed editoria industriale, che sottende quella tra il
libro colto e libro sciatto, e tra cultura “alta” e cultura “popolare”. Un primo dato è la nascita del
“partito-editore” - e quindi del libro di propaganda, di indottrinamento, di formazione, di intervento,
di programma - che ha trovato più radicamento nella tradizione socialista, comunista, democratico-
repubblicana, fascista. Un secondo dato è il configurarsi del rapporto tra gli editori e gli interlocutori
politici. Il paesaggio di fine secolo si presenta controverso. Le case che ne avrebbero i mezzi hanno
rinunciato a una forma definita, a un progetto culturalmente coerente, quelle più piccole faticano a
trovare spazi nella distribuzione.

L’Ottocento
Milano, Torino, Firenze sono i centri editoriali più importanti nell’Ottocento. Anton Fortunato Stella,
libraio a Milano dal 1810, è l’editore del giovane Leopardi e collabora anche con Pietro Giordani.
Vincenzo Ferrario nel 1827, invece, pubblica i Promessi sposi. È un’editoria rivolta a lettori emergenti
e a ceti sociali nuovi. A Torino Giuseppe Pomba, da libraio-stampatore, diventa un editore moderno
attraverso la “Biblioteca Popolare ossia Raccolta di opere classiche… tradotte”, volumetti tascabili
settimanali. Genere trainante anche per i nuovi lettori è il romanzo, in Italia maggiormente il

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romanzo storico. Nel 1854 dalla fusione tra Pomba e altre piccole aziende nasce UTET (Unione
Tipografico-Editrice Torino). Vengono pubblicate le prime enciclopedie popolari, accessibili a tutti da
un punto di vista economico, culturale e tipografico. Un’altra caratteristica tipica dell’Ottocento è la
pubblicazione in fascicoli. A Firenze l’editoria è più legata ai ceti intellettuali. Felice Le Monnier, di
origini francesi, dal 1837 è libraio-editore a Firenze, imprenditore ma anche intellettuale con scelte
di valenza politico-culturale. Egli inaugura la “Biblioteca nazionale”, una collana sobria, con copertina
rosa, in cui confluiscono testi classici e moderni anche per diffondere ideali politici, come Foscolo a
cura di Mazzini. Emerge anche la questione del diritto d’autore. La mancanza del diritto d’autore
porta a dei casi editoriali celebri: Alessandro Manzoni e i suoi Promessi sposi. L’autore non godrà
mai dei benefici del suo lavoro. Nasce il Bollettino bibliografico a cura dei librai per favorire la
conoscenza delle novità bibliografiche. Nella seconda metà dell’800 si apre la stagione del romanzo
d’appendice che raggiunge ampi strati della popolazione (feuilleton). L’editoria si apre verso due
filoni: la narrativa italiana e straniera (soprattutto francese) e le opere istruttive, scolastiche,
tecniche, di informazione generale. Il pubblico si allarga verso ceti medio bassi e donne.

Il laboratorio del primo Novecento


Nessuna pagina quanto quella tratta da Le lettere di Renato Serra è in grado di restituire una
fotografia più vivida dell'editoria italiana alle soglie della Grande Guerra. È una ricognizione preziosa
perché vi si coglie un'accezione moderna del libro, cui si guarda non solo per il valore del contenuto,
ma anche nella sua materialità - la veste, la copertina, la carta - e negli aspetti che attengono alla sua
ricezione. Emergono, secondo Serra, due linee editoriali: un’editoria ‘di cultura’ e un’editoria ‘di
consumo’. Il contesto che si presenta agli occhi dello storico è desolante: una produzione libraria
conforme a uno Stato arretrato; un pubblico di lettori angusto e non omogeneamente distribuito;
fragili politiche di sostegno alla diffusione delle competenze alfabetiche e delle conoscenze. Mentre
cresce il numero dei letterati che aspirano a vivere del proprio mestiere, tra di essi qualcuno presta
le sue competenze al sistema culturale, ricavandone profitto. Così, tra nuovi bisogni culturali e un
timido infoltimento dei potenziali lettori, il numero degli editori lievita. La configurazione conferma
il primato dell'editoria settentrionale e dell'asse Milano-Torino-Firenze. A Milano l’editoria è rivolta
al mercato di consumo (narrativa, intrattenimento, divulgazione scientifica). Firenze opta per
un’editoria più tradizionale, con intenti pedagogico-civili. A Torino troviamo un’editoria scolastica. A
questi centri si aggiunge Bologna. Meno rigoglioso il sistema da Roma in giù, dove si distinguono
solo alcune realtà: Napoli (editoria scolastica e di cultura) e Bari (casa editrice Laterza di cultura
grazie a Croce). Sul piano degli assetti imprenditoriali, i dati ratificano l'affermazione di Treves,
Sonzogno e Bemporad.
Treves è l'esponente di punta del mondo editoriale milanese, sui piani alti come su quelli intermedi
della proposta narrativa e saggistica, sempre aggiornato sulle novità del sistema dei media e capace
di declinare la sua offerta per un ventaglio di lettori ampio. La differenza tra un’edizione di lusso e
un’edizione economica è il numero di pagine, di fitta tiratura, quindi con pochi margini bianchi. Ecco
Verga, De Amicis, De Roberto, Deledda, Capuana; ecco i romanzi e le novelle di Pirandello; ecco
D'Annunzio. E poi ci sono le traduzioni che nutrono la “Biblioteca amena”, una delle più longeve
collane letterarie italiane, forte del prezzo conveniente di una lira al volume. Quel che gli sta a cuore
non è tanto avviare una riflessione sulla mediazione linguistica e culturale, ma dare romanzi a un
mercato che li richiede e renderli godibili al pubblico. Treves mette in moto un circuito di testi
narrativi e saggistici, alimentato dalle collane librarie come dai periodici che stampa, come
“L'illustrazione italiana” di attualità e costume. Le collane dei romanzi illustrati prevedono edizioni
di lusso ed economiche: di De Amicis ha tre edizioni Cuore. E a proposito di sinergia con il circuito
mediale si pensi che l'edizione del Quo vadis? di Sienkiewicz del 1913 è corredata dalle immagini del
film che esce nello stesso anno. L'altro nome eminente dell'editoria milanese è Edoardo Sonzogno.

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Anche Sonzogno ripone la forza del suo progetto in una concezione moderna del fare editoriale, che
comprende non solo i libri, ma anche i periodici, il teatro, la musica, e contempla un'offerta
differenziata: le collane principali offrono diverse edizioni a seconda del pregio e della confezione.
Ricordiamo che la sua “Biblioteca Universale” rimane un caposaldo della cultura per tutti, laica e
democratica. Ai primi del Novecento la casa editrice prosegue molte collezioni già in essere, tra cui
la “Biblioteca romantica”, regno di Hugo, Dumas padre e figlio, Verne. Ma Treves e Sonzogno non
sono gli unici a pubblicare libri illustrati. Una “Biblioteca” illustrata è anche nei cataloghi della
fiorentina Salani. Diversa è la linea seguita dalla milanese Baldini & Castoldi, che conta sulle opere
di Antonio Fogazzaro. La casa editrice farà le proprie fortune con uno degli scrittori più letti tra gli
anni Dieci e Trenta, Guido da Verona - clamoroso il successo di Colei che non si deve amare e Mimì
Bluette, fiore del mio giardino.
Su un altro versante dell’offerta letteraria si collocano iniziative che allestiscono collezioni di autori
italiani e stranieri ritenuti “necessari”, indirizzate non alla formazione scolastica e universitaria ma
agli scaffali delle biblioteche delle famiglie borghesi, con le loro rilegature in tela, i caratteri chiari e
armoniosi, le iscrizioni e i fregi in oro. Assumono centralità le illustrazioni, non più distrazione o
decorazione ma corredo indispensabile al testo in funzione esplicativa. Ai già consacrati Pinocchio e
Cuore, si aggiungono le opere di Luigi Capuana ed Emma Perodi, i romanzi di avventura di Salgari, Il
giornalino di Gian Burrasca di Vamba: un fiorire di capolavori che fanno degli anni tra Otto e
Novecento l’«età aurea» della letteratura per ragazzi italiana. Bemporad propone un ventaglio di
proposte che contano di raggiungere target diversi di pubblico come con la collana “Biblioteca
Bemporad per ragazzi”. Di un primo atto di una lunga storia possiamo parlare della “Bibliotechina de
La Lampada” Mondadori (gruppo editoriale italiano con sede a Segrate), che è tra le iniziative di
esordio della casa editrice di Arnoldo, commerciante girovago, apprendista tipografo, editore a
Ostiglia nel 1911, quando la sua sigla, La Sociale, passa ai primi libri. Diretta dal cognato Monicelli e
fondata su un equilibrio tra esigenze educative e concessioni alla fantasia del piccolo lettore, è
innovativa, a cominciare dalla scelta del formato “quadrotto”, e pregevole per la caratura degli
illustratori coinvolti, come Bruno Angoletta. Durante la guerra, i cofanetti che raccoglievano i volumi
della Bibliotechina costituirono l’unica produzione dell’editore. Non dimentichiamo poi le
enciclopedie: Cogliati pubblica una Enciclopedia dei ragazzi, mutuata dalla Children’s Encyclopedia
di Arthur Mee, di cui raccoglie il testimone Mondadori, che ne farà un classico. Di grande formato e
pubblicata in due versioni, di cui una di lusso, l’Enciclopedia era simile a un’opera per adulti: ricca di
illustrazioni e tavole a colori con testo impaginato su due colonne. A storia, geografia, musica,
letteratura e scienze, si affiancavano altri temi: scoperte, riassunti o brani di classici ridotti per
ragazzi, materie scolastiche, risposte alle domande più curiose.
La produzione della Hoepli mantiene una posizione di primaria importanza: i “Manuali”
costituiscono il punto di riferimento per una cultura di base nelle diverse discipline. Nei territori della
scolastica e dell’editoria universitaria appare salda la matrice positivistico-risorgimentale. Di questo
paradigma sono detentrici le case torinesi (Paravia, Loescher, Lattes), a Bologna la Zanichelli e la
fiorentina Sansoni. Roccaforte della filologia e della tradizione umanistica, la Sansoni crea la collana
“Biblioteca scolastica di classici italiani” con collaboratore Carducci. Negli anni di inizio secolo
emerge un peculiare tipo di impresa editoriale, quella espressa da partiti in funzione della lotta
politica, un fenomeno che si manifesta sulla scia dell’affermazione del movimento socialista e in virtù
dell’istituzione di una rete di biblioteche popolari. Si inaugura una stagione che porta alla ribalta gli
“intellettuali”, pronti a dare il loro contributo nel determinare gli orientamenti delle case editrici. Di
imponente respiro è il progetto promosso da Benedetto Croce e Giovanni Laterza. Croce individua
in Laterza l’editore adatto a dare opportuna visibilità alla sua attività scientifica, concentrata sul libro
di alta cultura ma non accademico. I pilastri sono due: la “Biblioteca di cultura moderna” e “Scrittori
d’Italia”. La prima ospita studi di filosofia, economia, critica letteraria, storia, arte e archeologia,

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opere di studiosi italiani e stranieri. Una collana in cui si coglie l’ambizione di rifondare il “canone”
italiano è “Scrittori d’Italia” che comprende storici, filosofi, economisti, moralisti, scrittori politici,
trattatisti, storici della letteratura.
Lo scoppio delle ostilità apre la stagione delle pubblicazioni d’occasione, segnate dalla febbre
patriottico-nazionalista. Gli editori si vestono in grigio-verde, tra sostegno alla causa e contributo alla
propaganda: memorie, testimonianze, documenti, relazioni, biografie, rievocazioni di episodi della
guerra in corso sono approntati con il massimo tempismo. La Prima guerra mondiale costituisce una
prima ragione di crisi per il circuito dell’editoria democratica, repubblicana e socialista, suggerendo
un cambio di rotta. L’impatto che le guerre hanno sull’editoria per la gioventù è notevole, sullo
sfondo del crescente sforzo di militarizzazione del «popolo bambino». Le vicende del dopoguerra
segneranno il radicamento di un’altra cultura politica, nazionalista e presto fascista.

Tra lusinghe del mercato e coercizione politica: gli anni del regime
Il filone incardinato sull’attualità vive una stagione fortunata nel periodo che intercorre tra la fine
della guerra e l’avvento della dittatura fascista. Il comparto del libro vede protagonisti i partiti, sulle
orme già tracciate dai socialisti. Di altro timbro è l’attività delle case editrici di cultura, che non
ospitano testi militanti ma sono palcoscenico degli orientamenti degli intellettuali del tempo. Dopo
la marcia su Roma, il clima di intimidazione e violenza contribuisce a circoscrivere sempre più il
campo d’azione degli editori all’opposizione, costretti a spostare il tiro dalla saggistica politica a
quella culturale, infine alla letteratura. Il governo assegna le edizioni nazionali dei classici italiani a
case editrici come Vallecchi, Le Monnier, Zanichelli che propongono collane che offrono i classici
italiani in chiave nazionalista.
I secondi anni Venti rappresentano un momento di svolta per la storia dell’editoria: spazzata via la
rete dell’editoria socialista, democratica e repubblicana, ridimensionato il peso di editori non
allineati, in crescente difficoltà quelli di origine ebraica, in ascesa il potere di Gentile. Questa non è
più l’epoca dei Treves e dei Sonzogno, e sono costretti su posizioni di difesa Bemporad, Formiggini,
Carabba, destinati al tramonto negli anni Trenta. Questa è l’epoca dei Vallecchi che introduce varie
iniziative per sostenere il comparto libro come la Festa del Libro 1927 cui slogan Libro e moschetto;
della nuova Sansoni, dei Mondadori e dei Rizzoli. Senza contare il peso delle sigle militanti sorte
perlopiù a Roma che immettono nel mercato una messe abbondante di pubblicistica e di collane
“fascistissime”. La scena fiorentina vede l’ascesa di Vallecchi e la trasformazione, mentore Giovanni
Gentile, delle case storiche, soprattutto Sansoni e Le Monnier, da vessilli della cultura liberale a centri
propulsori della nuova cultura fascista. Tramonta l'astro della Treves che nel 1938, anche a causa
delle leggi razziali, sarà ceduta a Garzanti. Intanto Mondadori e Rizzoli costruiscono le basi dei loro
imperi. Il primo dà vita a un'attività che include narrativa alta e di genere, saggistica divulgativa e di
medio target, libri per l'infanzia e scolastica, riviste come “Novella”. Nel 1939 nasce il più ambizioso
periodico mondadoriano degli anni Trenta: Tempo, settimanale di politica, informazione, letteratura
e arte diretto da Alberto Mondadori. Il modello è Life e il grande giornalismo americano, che unisce
racconto e fotografia. Nel 1950 nasce Epoca, avanguardia del giornalismo illustrato. Il primo editore
italiano a importare Topolino in Italia fu Nerbini, il quale però non riuscì a portare avanti la
collaborazione con Disney. Arnoldo Mondadori chiude il primo accordo con Walt Disney. Nel 1942 le
disposizioni del Ministero della Cultura popolare proibirono tutte le strisce d’importazione e fu
imposto il blocco delle pubblicazioni di Topolino, che si arrestò al numero 564. Riprese poi col n. 565
nel 1945 con lo stesso format: otto pagine settimanali, con strisce di Topolino e altri eroi americani,
da Flash Gordon a Mandrake. Nel 1949 uscì un nuovo Topolino, trasformato in mensile di formato
libretto e una nuova numerazione. Viene promossa una produzione autonoma di storie e disegni, e
già nel 1949 Arnoldo inviò a Disney la prima puntata dell’Inferno di Topolino. Nasceva così una scuola
di autori italiani che si svilupperà negli anni Cinquanta. Altrettanto spregiudicata la strategia di

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Angelo Rizzoli, tipografo di modeste origini e privo di adeguata formazione culturale. Si specializza
nel mercato delle riviste, come “Il Secolo illustrato”, e nel libro destinato a un pubblico ampio e poco
esigente. Negli anni Trenta diversifica la produzione e avvia l’attività di produttore cinematografico.
Nel capoluogo lombardo anche Valentino Bompiani fonda nel 1929 la sua casa editrice, guardando
a Mondadori ma con una serie di nuove iniziative, dalla saggistica di attualità alla divulgazione
scientifica, dalla narrativa alle grandi opere enciclopediche. A Milano segna il suo esordio nel 1937
la Garzanti. Culla dell'editoria del futuro è anche Torino. Si inseriscono la Frassinelli, che si avvale
dell'apporto di Leone Ginzburg e di Cesare Pavese; la Slavia, esempio di un'impresa editoriale a forte
specializzazione. La Slavia di Alfredo Polledro fa da battistrada alle traduzioni dal russo. Polledro
imposta la collezione “Il Genio Russo” per offrire i romanzi di Dostoevskij, Tolstoj, Turgenev, Gogol’
e Čechov. Giulio Einaudi fonda nel 1933 la sua casa editrice, trasformando Torino nel polo di
irradiazione dell'editoria di cultura dei decenni successivi, grazie anche a un gruppo di intellettuali
torinesi legati all’ambiente universitario e legati a Giustizia e Libertà (Leone Ginzburg, Pavese,
Antonicelli). La Einaudi, sbocciata dall'amicizia tra Giulio e Leone Ginzburg, è sostenuta dal padre di
Giulio, l'economista Luigi Einaudi, e dal banchiere Raffaele Mattioli. Dalla rivista “La Cultura” viene
tratto il simbolo dello Struzzo (che in Einaudi inghiotte un chiodo) e il motto spiritus durissima coquit.
Il libro si fa primo promotore di sé stesso: sulla sua dimensione materiale – formato, griglia, copertina
- gli editori si giocano le possibilità di rendere riconoscibile il proprio marchio e di sedurre il lettore,
complici i progressi dell'arte grafica e del design. Su questo terreno si riverberano gli echi delle
avanguardie artistiche europee, a partire dal futurismo, e della rivoluzione che il cinema ha portato
nella cultura visuale del tempo. Sul fronte della narrativa seriale, i “Romanzi della Palma” Mondadori
prediligono volti di donne che richiamano la ritrattistica fotografica delle dive del cinema per una
collana con romanzi stranieri per un pubblico poco esigente, sede della prima traduzione di The
Great Gatsby di Fitzgerald e concepita come una collezione economica di romanzi appassionanti già
collaudati dai mercati internazionali, molti dei quali d'amore. Mentre per la “Medusa”, collana
destinata ai grandi romanzi della scena contemporanea internazionale (nonostante le restrizioni
imposte dal regime), Angoletta sceglie una copertina biancoverde di studiata eleganza e il logo
centrato della testina stilizzata che dia al lettore la sicurezza di una proposta narrativa di qualità. Per
i libri dalla copertina gialla (i polizieschi), verde (i saggi storici di larga circolazione), azzurra (la varia),
la trovata del colore è così forte da configurare una «qualità di lettura». Sui cataloghi la collana veniva
presentata come il prolungamento all’età contemporanea del programma della “Biblioteca
Romantica”. La “Romantica” prevedeva capolavori letterari, con l’ambizione di trasformarli in
“classici italiani”. Se già la “Romantica” è indizio di un'apertura di orizzonti dell'offerta di narrativa,
“La Medusa” ne costituisce il sigillo. La collana si inaugura nel 1933 con Il grande amico di Henri-
Alain Fournier e accoglie il meglio del romanzo internazionale contemporaneo - opere di Mann,
Gide, Woolf. Ebbe il merito di sprovincializzare l’editoria e la cultura italiana ‘stagnante’ con autori
stranieri, attraverso grandi traduttori, del calibro di Cesare Pavese, Elio Vittorini e Corrado Alvaro
(Pavese lo definì «il decennio delle traduzioni»). Due collane figlie: una rossa “I Quaderni della
Medusa”, l’altra arancione “La Medusa degli italiani” (concepita da Alberto Mondadori come un
progetto volto a radunare attorno alla Mondadori una fitta schiera di giovani autori). Un aiuto alla
vendita di alcuni titoli arrivò dal cinema in grado di far esplodere le richieste di un romanzo: Gary
Cooper e Ingrid Bergman in Per chi suona la campana di Hemingway. Nel caso di Lolita di Vladimir
Nabokov, ancor prima dell’evento cinematografico (il film di Kubrick è del 1962) fu il clamore dello
scandalo a spingere le vendite. Per gli “Omnibus”, sempre di Mondadori, Giorgio Tabet fornisce
sgargianti soluzioni iconografiche che offrono un sintetico compendio della storia narrata nel libro.
Essa accoglie libri più facili e di svago, sempre stranieri: il primo titolo della collana è il bestseller Via
col vento di Margaret Mitchell. Cresce l'attenzione per il paratesto informativo. Per la universale
“Corona” il collaboratore di Bompiani, Elio Vittorini, inizia a configurare la funzione critica di quello

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spazio, imponendolo come cardine della mediazione tra scrittore e lettore. Essa cerca di raggiungere
nuovi lettori con libri agili ed essenziali a prezzo basso con prefazioni stringate di intellettuali
antifascisti. Questa ricerca segue la scia dell’aumento del pubblico, sospinto dai progressi della
scolarizzazione, che coinvolge anche le donne.
Il rapporto tra regime fascista e mondo dell’editoria rappresenta un tassello fondamentale della
vicenda della cultura italiana. Vi sono implicati: i processi di irrobustimento dell’industria culturale,
le dinamiche del mercato librario; i tragitti degli intellettuali; la politica di organizzazione attuata dal
regime. Sul piano della promozione della lettura e della circolazione libraria, il regime tende a far
propri progetti partoriti da privati operatori: pensiamo all’Enciclopedia italiana, che esordisce grazie
a Treccani per poi trasformarsi in un’opera “di Stato”. Per non parlare dell’editoria legata all’infanzia
e a quella scolastica. La censura è l’altro protagonista della partita tra editori e regime. Mentre la
stampa subisce una stretta fin dal 1924, per i libri l’obbligo di presentare alle prefetture copie dei
titoli in uscita scatterà solo nel 1934. Dal 1938 l’intervento del ministero della Cultura popolare sul
settore librario si fa sempre più invasivo. Tra gli autori inglesi viene censurato Chaucer e rifiutati libri
con temi pericolosi come l’uguaglianza delle razze o l’aborto. Gli editori devono stilare l’elenco dei
libri di scrittori ebrei ed espungerli, mentre Formiggini si suicida in un gesto di protesta. Nonostante
la stretta sempre più forte, è evidente come i vertici della dittatura non chiudano mai del tutto le
porte ai libri stranieri. A Bompiani dai vertici del regime è commissionata la traduzione del Mein
Kampf di Hitler. Nel 1921 nasce a Milano la casa editrice Alpes. In un decennio pubblica i Discorsi di
Mussolini e vari testi in una collana fascistizzata: “Biblioteca di cultura politica”, ma anche collane di
viaggio, attualità e narrativa.
Il comparto del libro di larga circolazione è investito da cambiamenti decisivi. Editori vecchi e nuovi
lavorano ad altre formule, sposano linguaggi più moderni nei contenuti e nelle confezioni, mettono
a punto offerte incardinate sui generi e spostano il radar dalla Francia all'area anglosassone, mentre
si stringono le maglie delle diverse regioni del consumo culturale popolare, che ora comprendono il
cinema, i fumetti, i rotocalchi femminili, i film, le canzoni, lo sport. Sonzogno lavora su collane di
genere, come i “Romanzi polizieschi”. Il catalogo della Sonzogno degli anni Venti potrebbe
considerarsi cerniera fra tradizione e futuro. Attigua al genere osé ma rivolto al versante castigato,
lontano dai pericoli della censura, è il cosiddetto “rosa”, termine che nasce in questi anni a indicare
un determinato prototipo di narrativa sentimentale per il pubblico femminile. Un altro genere che si
configura in questi anni è quello che comprende noir, detective novel, mystery, crime story. Nascono
“I Libri Gialli” - il colore adottato su suggestione di altre collane straniere, ma il titolo è un marchio
della casa - diretti da Lorenzo Montano, collaboratore di Mondadori, il quale oltre a selezionare le
opere ne segue la traduzione, curando che sia il più possibile sciolta: tra i primi titoli La strana morte
del signor Benson di S.S. Van Dine, Il mistero delle due cugine di Anna Katharine Green, la raccolta di
racconti di Stevenson Il club dei suicidi e L'uomo dai due corpi di Wallace, vestiti da copertine dalle
illustrazioni sgargianti che richiamano le pellicole hollywoodiane. Nacque quasi per caso, modellata
sulla precedente “I centomila”, in cui erano presenti i racconti di Conan Doyle. Dalla fine degli anni
Venti ad aggredire il mercato sono Mondadori e Rizzoli, due case editrici che raggiungono una
dimensione industriale anche grazie a figure chiave come Luigi Rusca e Cesare Zavattini. Lo fanno
giocando la carta del genere, in primis il “rosa” e il “giallo”. Lo fanno lavorando su un definito modello
di settimanale a rotocalco. Lo fanno mettendo in relazione libreria ed edicola. Quando si parla di
editoria “modernamente” popolare, non si può trascurare la ricerca che investe un altro comparto,
il libro di divulgazione e di saggistica “ad alta leggibilità”. Di pregio per i testi e accattivante nella
forma è la “Collezione storica illustrata” lanciata da Rizzoli. Altri due esempi sono targati Mondadori:
“Le Scie”, destinata alle biografie e alle memorie, che accoglie Dux di Margherita Sarfatti, e i “Libri
verdi”, studiata per i lettori di cultura media, in cui la sostanza è storia vera e il “romanzesco” si

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ottiene con la distribuzione della materia e lo stile. Nasce la collana “Problemi contemporanei” che
rispecchia le posizioni di Luigi Einaudi privilegiando il taglio economico e finanziario.
Gli anni tra le due guerre vedono la ribalta di autori quasi dimenticati. In “Solaria” questo impegno
è ostacolato da interventi censori che riguardano Il garofano rosso di Vittorini, specchio di una forma
di resistenza al fascismo. Sulla medesima scia si muove Bompiani. Nella collana ammiraglia della sua
casa editrice, “Letteraria”, pubblica Alvaro, Bontempelli, Moravia e Ortese. Ma anche autori stranieri:
la sua ricerca si orienta verso i successi del momento, come l’inglese Cronin (La cittadella),
l'ungherese Körmendi. Notevole è il contributo dato da Bompiani alla diffusione del romanzo
americano contemporaneo, con le opere di Steinbeck (Uomini e topi) e con Americana, l'antologia
preparata da Elio Vittorini. Uscita nel 1942, è subito ritirata su intervento del ministero della Cultura
popolare, per poi uscire con la prefazione di Emilio Cecchi. Tutti quelli appena menzionati sono anche
tentativi per rispondere alla sete di romanzi del pubblico, una sete che l'offerta di autori nostrani
non riesce a soddisfare. Per questo un forte slancio ha il romanzo straniero. La narrativa
anglosassone dal sapore avventuroso e dall'impianto robusto, quella d’atmosfera di provenienza
ungherese, quella di genere, dalle detective stories ai racconti umoristici, dai romanzi del mistero a
quelli esotici, quella dei paesi nordeuropei fino alla grande letteratura delle tre aree al centro degli
interessi dell'italiano che legge. Quanto alle letterature di lingua tedesca e scandinave, l'impresa più
memorabile è “Narratori nordici” della Sperling & Kupfer. Di indubbio valore è il lavoro di Franco
Antonicelli per Frassinelli che pubblica nella “Biblioteca europea” Moby Dick di Melville nella
traduzione di Pavese.
Gli anni dell'immediato dopoguerra sono quelli in cui si dispiega l'azione degli intellettuali idealisti
per insediarsi ai vertici della politica scolastica. Tale programma punta sulla formazione degli
insegnanti, sulla revisione delle tecniche di insegnamento, sulla valorizzazione della scuola privata,
sulla lettura diretta e integrale dei testi, sulla battaglia all'apprendimento mnemonico, sulla revisione
dei manuali. In questo contesto si innesta la politica di fascistizzazione.
Una collana cruciale è “Idee Nuove”, progettata da Bompiani con l'obiettivo di additare orizzonti
lontani dall'idealismo: la dirige il filosofo Antonio Banfi, che a Milano insegna Storia della filosofia ed
è punto di riferimento di un'intera generazione di giovani filosofi, letterati, poeti, artisti e futuri
editori come Alberto Mondadori. Banfi includerà nella collana opere che si allacciano al pensiero
internazionale. Il “nuovo illuminismo” che si affaccia al tramonto degli anni Trenta riguarda non solo
i contenuti del sapere ma anche i modi della sua diffusione. Ne è un esempio l'azione editoriale di
Vittorini alla Bompiani. Oltre a seguire le prime battute di “Pantheon” e di “Grandi ritorni”, Vittorini
recupera il modulo delle collane universali sulla scorta di un omaggio all'editore vessillo della cultura
popolare: Edoardo Sonzogno, che raccoglie opere minori di autori conosciuti oppure opere maggiori
però dimenticate. Un altro interesse di Bompiani è il teatro a cui dedica una rivista, “Sipario”, in cui
vengono trattate le grandi opere teatrali del ‘900, ma anche testi di critica teatrale.
Negli anni Trenta si avvia a Parma l’attività della casa editrice Guanda (il logo è una civetta), con
autori e consulenti giovani, rigorosa, poco incline alle mode del tempo, coraggiosa, incline anche alla
poesia italiana e straniera con consulenza del poeta Attilio Bertolucci (nel 1935 la prima raccolta
poetica di Mario Luzi; poesia di Garcia Lorca, Eliot, Prévert).

Libri per l'Italia democratica: la transizione postfascista e il dopoguerra


Non si può parlare di editoria fascista, ma di editoria negli anni del fascismo, un panorama complesso
di elementi di diverso segno. La politica del regime stabilì rapporti ambivalenti con le culture
estranee al fascismo. A cavaliere tra gli anni Trenta e Quaranta, alcuni intellettuali iniziano a lavorare
su filoni centrifughi rispetto ai nuclei della cultura politica egemone: la storiografia anglosassone, la
storia economica e sociale, i pensatori di matrice liberale e democratica, i classici della letteratura
come patrimonio universale, i narratori contemporanei come contatto con la cultura internazionale.

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Negli anni della guerra, al tramonto del regime, la storiografia, il teatro e la letteratura si presentano
come terreni adatti alla maturazione di una coscienza antifascista o all'emersione della crisi del
rapporto tra intellettuali e fascismo. La presa di coscienza delle implicazioni sottese al rapporto che
il mondo della cultura ha intrattenuto con il fascismo sollecitano una rinnovata progettualità nel
mondo dei libri. Escono libri fermati dalla censura - da Per chi suona la campana? di Hemingway per
Mondadori - mentre le case editrici mettono in cantiere collane che si propongono di offrire al lettore
le chiavi di lettura di uno scenario nazionale e internazionale mutato, sfruttando la memorialistica e
le testimonianze sulla guerra e sulla Resistenza. Ben altri umori circolano da Rizzoli, Longanesi e
Garzanti, pronti a dare spazio anche alle opere degli ex gerarchi fascisti o a una memorialistica
spogliata di significati politici ma capace di attirare la curiosità di un pubblico assetato di particolari
sulla vita del regime e sulla guerra. Bompiani lancia il Dizionario Letterario delle Opere e dei
Personaggi di tutti i tempi e di tutte le letterature (DILEBO), progettato alla fine anni Trenta come
‘arca di Noè’ e uscito tra 1946 e 1950 in 20 volumi. Si tratta di un’opera enciclopedica si articola in
una parte riservata ai profili dei movimenti del pensiero, in una parte sulle opere e infine ritratti dei
più famosi personaggi letterari.
La pubblicazione degli scritti gramsciani ha formidabili ricadute sul piano del discorso culturale. La
prima edizione delle lettere, nel 1947, è un grimaldello usato da Palmiro Togliatti per aprire le porte
ai Quaderni del carcere, pubblicati tra il 1949 e il 1952 in 7 volumi da Einaudi per conto dei vertici
del PCI, nell’edizione a cura di Felice Platone. Le collane di Einaudi intersecano necessità culturali,
urgenze di rinnovamento, istanze di questo periodo. Nei “Saggi” vengono pubblicate opere legate al
discorso democratico e antifascista; troviamo pietre miliari della memorialistica italiana del
Novecento e testimonianze del recente passato; vi sono traduzioni di interventi di politologi e di
intellettuali; ci sono le opere sul marxismo e sul comunismo sovietico; opere di teoria letteraria;
saggi sociologici. Un esempio fondamentale è Cristo si è fermato a Eboli di Levi. Rilevante è il lavoro
di Einaudi sul fronte degli studi storici con la “Biblioteca di cultura storica”, curata da Ginzburg e
basata sulla ricerca storica di impegno civile che si distacca dal nazionalismo del regime. Viene varata
la collana “Viola”, nata nel 1948, destinata a raccogliere studi religiosi, etnologici, antropologici e
psicologici, frutto della collaborazione tra Pavese ed Ernesto De Martino. La “Viola”, che si apre con
Il mondo magico di De Martino, inaugura un approccio inedito alla lettura del sacro e apre le porte
al pensiero irrazionalista con titoli e autori capitali per la storia della cultura occidentale del
Novecento, come Jung e Propp.
Nate tra gli anni Trenta e Quaranta, le collane “universali” conoscono uno slancio nel dopoguerra.
Esse sono pensate per chi ama la cultura ma non ha i mezzi economici per permettersela: i ceti medi
impoveriti, gli studenti, frange delle classi operaie. La “Biblioteca moderna” (BMM) della Mondadori,
innanzitutto. Esordisce nel 1948, 250 lire a volume, copertina a quattro colori verniciata e in
cartoncino, sostenuta da un lancio che prevede il coinvolgimento delle librerie e un target ben
definito, quello dei ceti medi emergenti. Quanto ai titoli, il fuoco è sulla narrativa contemporanea,
con un assortimento di letteratura straniera, mentre appare più attardata la selezione degli italiani,
che attinge dal catalogo degli anni tra le due guerre ma comunque contempla le opere teatrali e le
novelle di Pirandello. Legata al PCI, l’universale “Il Canguro” (in copertina un canguro con un
marsupio contenete tre libri di formato tascabile) della COLIP (Cooperativa del libro popolare), nata
a Milano pubblica classici letterari (serie gialla), saggi di storia e filosofia (serie rossa) e di
divulgazione scientifica (serie blu), avventure (serie verde), teatro (serie viola). L’obiettivo è
diffondere cultura a prezzi accessibili per l’alfabetizzazione dei ceti popolari. La periodicità è
settimanale: “Un libro alla settimana contro l’oscurantismo” è lo slogan. Tra il 1949 e il 1954 la COLIP
pubblicò 199 volumi proponendo i grandi classici del pensiero laico e razionalista. Nel 1954 la collana
fu rilevata da Giangiacomo Feltrinelli che fonda “L’Universale Economica Feltrinelli”. La più celebre
tra le universali è la “BUR” di Rizzoli, una creatura concepita da Luigi Rusca, reduce dall’esperienza

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in Mondadori. Formato tascabile, copertina di cartoncino grigio, griglia fittissima, corredo critico
essenziale, prezzo contenuto. Ci sono i sommi classici greci e latini. Ci sono i classici italiani e stranieri
dal Duecento al Settecento. Ci sono i classici italiani dell’Ottocento. Ci sono i più importanti narratori
stranieri del Sette e Ottocento. Ci sono opere di diritto, storia e filosofia. Ci sono opere di cultura e
divulgazione storica e scientifica. Nella proposta letteraria, prevalgono i romanzi ma non mancano i
racconti, la poesia, il teatro, le fiabe, i classici per i ragazzi. Lo stesso si può dire delle enciclopedie.
Seguono i dizionari di chimica, medicina, agraria, sport, le opere per i ragazzi. Sono queste le basi su
cui si appoggerà il boom dei libri e delle enciclopedie a dispense venduti nelle edicole o con il sistema
porta a porta: opere che si propongono come “oggetti”. Fabbri editori diventa il leader del mercato
libro a dispense dal 1960 (Capolavori nei secoli; I maestri del colore; La Divina Commedia). Tutte
opere ben studiate, di qualità, nei contenuti e nella grafica, ricche di immagini.
Se negli anni della guerra la Einaudi ha avviato “Narratori contemporanei” che accoglie opere di
Cesare Pavese, Elsa Morante e Natalia Ginzburg, dopo il 1945 punta su libri che risentono della
temperie politica e culturale del momento. Nel clima della ricostruzione nascono i “Coralli” (i più
significativi narratori contemporanei), i “Supercoralli” (i classici del Novecento, in cui compare tutta
l’opera di Proust), e i “Millenni”: opere di notevole mole, frutto di una selezione dei capolavori di
ogni tempo in edizione integrale e traduzioni memorabili. Tra i “Millenni” spiccano i racconti delle
Mille e una notte tradotti per la prima volta in italiano da un team di arabisti e corredati da
illustrazioni costituite da miniature arabe e persiane; e l’Iliade nata dall’esigenza di Pavese di
riscoprire Omero: questa brillante fatica inaugura la traduzione interlineare del testo. Nel 1951
nascono “I gettoni”, la dimora dei libri più difficili e sperimentali, all’insegna di quel costante
rinnovamento che Vittorini ha sempre impresso alla sua azione editoriale. Vittorini spiega il
significato del nome della collana: «per i molti sensi che la parola può avere di gettone per il telefono
(e cioè di chiave per comunicare), di gettone per il gioco (e cioè con valore che varia da un minimo
a un massimo) e di gettone come pollone, germoglio». Bompiani inaugura “Pegaso” nel segno degli
autori italiani della sua scuderia arricchendola di altri nomi, acquisendo i diritti d’autore da
Mondadori per Gli indifferenti di Moravia.
Nel 1952 Arnoldo lancia la rivista “Urania” e la serie di fantascienza “I romanzi di Urania”, che da
allora macina titoli settimanali e poi mensili per un totale di 1.550 numeri nel 2005. Anche Rizzoli
saggia la formula seriale. La saga di Don Camillo nella cornice dello strapaese padano, mitico
microcosmo dell’Italia rurale contrapposto a un’altrettanto mitica dimensione urbana simbolo
nefasto della modernità, mette in scena un antagonismo politico e ideologico, quello tra cattolici e
comunisti.

Dal “miracolo” alla contestazione: il libro alla prova dell’industria culturale


Il 1956 determina assetti nuovi nelle case editrici e altri orientamenti dei cataloghi, a causa dei fatti
d’Ungheria, della destalinizzazione, della diaspora degli intellettuali dal PCI. Il 1958 apre la fase del
boom, con le sue conseguenze: industrializzazione, accentuata mobilità geografica, diffusione dei
consumi, avvio dei processi di secolarizzazione. E c’è altro: quello è l’anno dell’exploit del Dottor
Zivago di Boris Pasternak, pubblicato in prima mondiale nel novembre del 1957 da Feltrinelli,
sigillato dal conferimento del Nobel che lo scrittore russo non potrà ritirare: uno strappo e allo stesso
tempo lo svelamento di una crisi, a sinistra, nei rapporti tra cultura e politica; e quello è l’anno di un
altro successo Feltrinelli, Il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa, che, oltre a chiudere un decennio
letterario segnato dal neorealismo, lascia intuire una potenzialità del mercato fino a quel momento
impensabile. Feltrinelli inizia la sua attività editoriale nel 1954 col progetto di promuovere la
conoscenza del movimento operaio e alimentare la cultura democratica. Nel 1962 nasce l’Adelphi,
su iniziativa di Luciano Foà e Roberto Bazlen. La casa editrice mostra un’apertura verso autori e filoni

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inesplorati e trascurati (orientalismo, filosofia). Vengono pubblicate le opere di Nietzsche e bestseller
come Siddharta.
Artefice del fenomeno del tascabile italiano sono gli “Oscar” Mondadori nati nel 1965. Nel 1957, in
virtù di un accordo con Einaudi in crisi di liquidità, Mondadori acquisisce il diritto di stampare nelle
proprie economiche i titoli dell’editore torinese. Da quel momento Pavese e Vittorini, Proust e
Hemingway, raggiungono una diffusione impensabili. Per gli “Oscar” la frequenza di uscita è
settimanale, in edicola, attraverso una poderosa campagna pubblicitaria, con un prezzo molto
contenuto. Vengono raccolte le opere più rappresentative della letteratura italiana e straniera con
gli slogan “Ogni martedì un capolavoro italiano o straniero in edizione integrale, in tradizione
inappuntabile” e “Dal classico al best-seller, dal poliziesco al romanzo d’amore, dalla storia di
fantascienza al libro-film: tutto quello che cercate lo troverete negli Oscar”. Il diapason è dato da
Addio alle armi di Hemingway. Il pubblico è quello di recente formazione, comprendendo i ceti medi
e la classe operaia: giovani, donne, impiegati, professionisti, laureati o diplomati che hanno alle
spalle famiglie povere, quanti desiderano formare una piccola biblioteca anche a beneficio dei figli.
E lettori in movimento: sui treni, sugli autobus, in villeggiatura. O i lettori delle province, spesso
tagliati fuori dal circuito librario ordinario. Su una proposta più flessibile confida la strategia di
Garzanti con “Garzanti per tutti”, settimanali.
Intrecciato al mercato della cultura in edicola è quello della divulgazione enciclopedica. Spicca il
successo della formula ideata da Garzanti. La prima edizione della cosiddetta Garzantina vende,
anche grazie a un prezzo molto modico, 2,5 milioni di copie. Inizierà il lavoro sulle “Garzantine”
tematiche, che rivoluzionerà il modello tradizionale di enciclopedia a favore di un’articolazione
disciplinare e di una confezione maneggevole. Sono strumenti concepiti per una missione didattica,
aperti alla consultazione di un lettore non competente ma curioso e di un lettore competente ma
desideroso di un richiamo mnemonico. Un rilievo speciale ha l’investimento nel settore tecnico-
scientifico. Anche la storia, e in particolare quella contemporanea, gode di una visibilità pubblica
crescente.
Nel 1958 Alberto Mondadori si mette in proprio e fonda il Saggiatore dando il via a una delle imprese
di alta cultura più significative del Novecento italiano. Gli sono compagni gli intellettuali amici e
collaboratori, in primis Carlo Debenedetti. Egli vuole aggiornare molti settori disciplinari delle scienze
umane e delle lettere – critica letteraria e linguistica, storia e sociologia, etnografia e antropologia,
psicanalisi e arte. Non si tratta di una proposta elitaria: l’idea è quella di allargare il cerchio dei lettori
anche attraverso collane economiche e strumenti come i dizionari. Nel 1960 nasce la “Piccola
biblioteca Einaudi”, che si imporrà come la più importante e ricca universale tascabile di saggistica.
Nel 1969 nascono i Meridiani, con l’obiettivo di raccogliere gli scrittori più rappresentativi di tutti i
tempi e di tutte letterature. Fu il direttore letterario, Vittorio Sereni, a suggerire il nome di
“meridiani” per la raccolta. Sul modello della Bibliothèque de la Pléiade francese, i Meridiani si
rivolgono tanto agli studiosi quanto al vasto pubblico che ama le grandi letterature e il bel libro. Sin
dalla loro nascita vengono accolti come libri status. I cofanetti in cartoncino, il bianco e nero dei volti
degli autori, la rilegatura in dark sky blue con titolo e fregi d’oro, la carta avoriata: sono tutti elementi
che rispecchiano l’anima dei volumi e la missione editoriale di un progetto che accoglie testi firmati
da studiosi di alto profilo, apparati filologici e critici aggiornati, traduzioni accurate.
Nasce la collana Harmony, apparsa nelle edicole nel 1981. Essa introduce sul mercato italiano la
narrativa romantica seriale. Avvincenti storie d’amore, spesso contrastate, tutte comunque a lieto
fine, vengono proposte ogni mese a lettrici sempre più numerose. L’impresa editoriale, premiata da
un successo di vendite costante, ha rappresentato una svolta nel costume e un significativo
allargamento del mercato del libro a nuove fasce di pubblico.

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