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Rocco
Carabba
editore “principe”
documenti, testimonianze, immagini

A CURA DI LUCIA ARBACE


Pubblicazione realizzata
con il contributo della
Banca Popolare di
Lanciano e Sulmona

a cura di
Lucia Arbace

contributi di
Franco Battistella
Giacomo de Crecchio
Ivana Di Nardo
Emiliano Giancristofaro
Lia Giancristofaro
Giulio A. Lucchetta
Gianni Oliva
Luigi Ponziani
Antonino Serafini

biografie illustratori
Ivana Di Nardo
Alessandra Giancola
Raffaella Cordisco

revisione testi
Alice Moro

progetto grafico
e impaginazione
Moby Dick, Ortona

impianti e stampa
Litografia Botolini,
Rocca San Giovanni

realizzazione editoriale L’editore si dichiara disponibile a


Casa Editrice soddisfare eventuali oneri derivanti
Rocco Carabba s.r.l. Lanciano da diritti di riproduzione.

© Copyright 2013 È vietata la riproduzione, con


Casa Editrice CARABBA qualsiasi procedimento, della
ISBN 978-88-6344-261-8 presente opera o di parti di essa.
L a polvere del tempo nasconde la memoria del vissuto degli uomini ma per
alcuni è opportuno che se ne ravvivi il ricordo ripercorrendo le tappe del-
le avventure terrene.
Se è vero che le lontane origini, ormai ultracentenarie, della Casa Editrice Roc-
co Carabba sono da attribuire all’iniziativa di un giovane tipografo che seppe
trasformarsi in editore, è altrettanto vero che, nel breve periodo che va dal
1908 al 1924, quel giovane riuscì a portarsi ai vertici dell’editoria nazionale. È
giusto, pertanto, che si dia risalto alla figura di Rocco Carabba da parte di
quanti vedono in lui un operatore culturale di particolare ingegno e di spicca-
to intuito imprenditoriale, un uomo che con il suo lavoro ha onorato la città
a cui il suo nome resta indissolubilmente legato.
Il libro che presentiamo oggi nasce a complemento della mostra documenta-
ria sulla Casa Editrice Carabba voluta e realizzata dalla Soprintendenza per i
Beni Storici Artistici e Etnoantropologici dell’Abruzzo. Esso intende essere un
compendio, il più possibile ampio se non esaustivo, del percorso di un edito-
re di provincia che con sagacia, impegno ed operosità seppe conquistare quel
prestigio che universalmente gli viene riconosciuto.
La soprintendente Lucia Arbace ha curato l’opera chiamando a collaborare
quanti, nel nostro tempo, hanno studiato e indagato su quello che si configu-
rò come un vero fenomeno editoriale, tanto più eccezionale ove si consideri la
collocazione geografica dell’azienda, lontana dai centri culturali dell’inizio del
Ventesimo secolo.
La Casa Editrice che, ai giorni nostri, opera con l’antico e originale marchio e
che si pregia di essere la naturale continuatrice di una linea che appartiene al-
la storia dell’editoria italiana, considera un privilegio l’attenzione che oggi vie-
ne rivolta alla figura del suo fondatore ed esprime gratitudine a quanti si sono
adoperati per la realizzazione di quest’opera: Lucia Arbace e i suoi collabora-
tori, gli studiosi che hanno offerto la loro preziosa testimonianza, i grafici del-
lo studio Moby Dick che hanno curato l’impaginazione del libro, la Litografia
Botolini che ne ha eseguito la stampa.
Particolare riconoscimento va doverosamente dato alla Banca Popolare di
Lanciano e Sulmona e ai suoi dirigenti che hanno concretamente affiancato la
nostra società.
l’Editore
A cavallo del Novecento: in quel momento profondo, nel passaggio tra due
secoli importanti, tra ghette e ombrellini, rococò e liberty, francesismi e
caffè letterari, nei grandi parchi cittadini si passeggiava e si scambiavano to-
ni e sfumature che avrebbero lasciato una scia profonda tra le pagine scom-
binate di tanti libri e libretti, pensieri incisi e riflessi perduti.
Il momento clou sarebbe apparso quello, nel quale ogni intendimento si
sarebbe espresso con certezza in attimi di pura gioia e di esaltazione dell’azio-
ne. Papini avrebbe parlato poi, tra una bestemmia e un’altra, di un «caldo ba-
gno di sangue», riferendosi alla grande guerra. Si sarebbe poi fatto perdona-
re con immense opere letterarie, ispirandosi ai padri della Chiesa e ai fonda-
menti concettuali della filosofia cristiana. Papini, in compagnia di Soffici,
avrebbe parlato di tutti grazie a Carabba e non si sarebbe soffermato solamen-
te alla stroncatura, pur conservando futuristicamente un bel cesto di cavoli e
pomodori sotto il braccio, da far saltare in aria ed esplodere tra i piedi dei
malcapitati scarponi letterari.
D’Annunzio avrebbe gioito di appartenere ancora un po’, come sotto affi-
damento, alla calda e inospitale Toscana e avrebbe pensato a Rocco come il
suo generatore d’immensità poetica e di fatica adolescenziale, sennonché un
anello di congiunzione tra due regioni; Gabriele si sarebbe poi ripreso le ter-
re tanto poco degnamente sottratte, mutilando l’immagine di un’Italia neona-
ta ma che aveva tutto il diritto di ruggire anziché vagire con un soffio. Pur-
troppo Fiume lo avrebbe rapito e realizzato per troppo poco.
E così Montale, Pirandello e tanti altri possono dirsi legati a un filo stret-
to, a un uomo e a un’impresa mastodontica nei risultati letterari e artistici,
ma con la modestia che chi nasceva in provincia ancora manteneva, alla fac-
cia del caro Prezzolini che invece affermava: «nei paesi piccoli nascono per-
sone piccole…!» In questo caso specifico si sarebbe sbagliato.
Luigi Ciampolini Presidente dell’associazione Giovanni Papini
L a Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, con il suo patrimo-
nio librario, documentario e artistico, Archivio Nazionale del-
la produzione editoriale italiana, sede dell’Emeroteca Nazionale,
vanni Amendola, Mario Praz, Natalino Sapegno, Piero Gobetti e
Giuseppe Flores D’Arcais per citarne solo alcuni. La collana, del
resto, distribuita al prezzo popolare di una lira, si legava alle espe-
dell’Archivio della Letteratura Italiana del Novecento e del Centro rienze del “Leonardo” e di altri periodici culturali fiorentini, qua-
per la documentazione delle Arti dello Spettacolo, è una delle più li “Hermes” e “Il Regno”, e più tardi “La Voce” e “Lacerba”.
importanti biblioteche italiane e non solo, ed è il vero scrinium del- Numerose furono le collane editoriali pubblicate dal Carabba,
la vita culturale della Nazione, di cui ha rappresentato e rappre- le quali oggi costituiscono una preziosa testimonianza di un per-
senta - attraverso l’immenso valore culturale delle sue raccolte, ar- corso culturale e sociale notevole fra poesia, letteratura, arte,
ricchitesi nel tempo con le testimonianze storiche, letterarie, arti- scienza, pedagogia, filosofia, costume e istruzione scolastica. Tra
stiche, filosofiche e scientifiche di un intero popolo - l’equilibrio tutte un accenno particolare va ai CLASSICI DEL FANCIULLO, diretta da
tra passato e presente, tra il suo ruolo di conservazione e tutela Eva Kuhn Amendola, nel cui piano editoriale si trovano traduzio-
della memoria storica della Nazione da una parte e l’adesione al ni di fiabe rumene, tedesche, francesi, russe, tartare, spagnole e in-
nuovo sia nel campo delle idee sia in quello delle tecniche dall’al- glesi, ma anche opere di Emilio Salgari, di Luisa Alcott, di Luigi
tra. L’Istituto, come tutti sanno, è, infatti, non solo luogo di con- Capuana, caratterizzate da una pregevole quanto particolare veste
servazione di raccolte preziosissime e di notevole importanza sto- tipografica. Di tutta l’immensa produzione editoriale del Carabba
rica e di oggetti preziosi e artistici, ma anche centro vitale di servi- conservata presso Istituzioni culturali attualmente il venti per cen-
zi al cittadino. Nel passato, nel presente e nel futuro della Biblio- to è testimoniato solo nelle raccolte della Biblioteca Nazionale
teca Nazionale Centrale di Firenze si delinea il compito istituzio- Centrale di Firenze. La loro presenza nella mostra itinerante vuo-
nale principale delle biblioteche, da sempre dedite alla valorizza- le essere non solo un arricchimento della stessa ma anche un do-
zione e diffusione della conoscenza del patrimonio culturale ita- vuto omaggio all’editore stesso.
liano allo scopo di sviluppare la sensibilità di un pubblico di stu- Personalmente, date le origini della mia famiglia materna, ri-
diosi e di ricercatori ma anche di appassionati e di cittadini. cordo con, direi, l’affetto della memoria, le pubblicazioni delle no-
È in questa cornice che viene a inserirsi la mostra itinerante velle e dei canti popolari abruzzesi e su tutte la Storia dei Marsi di
Rocco Carabba e la Cultura dell’anima, in collaborazione con la So- Luigi Colantoni e la Storia Popolare della città dell’Aquila di Matil-
printendenza BSAE dell’Abruzzo. da Oddo Bonafede, che erano sugli scaffali della libreria di mio
Dell’editore Rocco Carabba, all’epoca terzo editore d’Italia, nonno, fiero uomo della Marsica.
molto è stato scritto e detto e molto ancora sarà scritto e detto. Ba- Un ringraziamento sentito va dunque alla collega Lucia Arba-
sti qui ricordare che egli non solo influì notevolmente nello svi- ce, che ha voluto aggiungere la tappa di Firenze, e a tutti coloro
luppo dell’arte tipografica e cromolitografica, ma seppe anche co- che a vario titolo hanno collaborato alla mostra stessa e un ringra-
gliere i nuovi fermenti che agitavano il mondo culturale italiano ziamento va al personale tutto della Biblioteca che, come sempre,
dell’epoca, che trovavano espressione sulle riviste d’avanguardia anche in queste occasioni dimostra con la sua disponibilità il gran-
fiorentine. Non a caso i nomi di Giovanni Papini, Giuseppe Prez- de attaccamento alla BNCF.
zolini e Ardengo Soffici appaiono nella direzione della celebre col- Maria Letizia Sebastiani Direttore della
lana dell’editore abruzzese CULTURA DELL’ANIMA, insieme con Gio- Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze
Q uella italiana è una storia eminentemente policentrica, il
che vuol dire regionale, localistica, municipalistica: “pro-
vinciale”, nel senso più alto e più glorioso di questo termine a
È davvero singolare che la cultura accademica e scolastica sia,
nel nostro paese, così poco attenta alle vicende storiche dell’edito-
ria. Non mancano certo gli eruditi cultori della materia, né gli stu-
torto usato prevalentemente in senso ironico e limitativo. Anche di attenti e puntuali. Si resta tuttavia un tantino interdetti al con-
la cultura italiana è tale. E, se volessimo abbandonarci al peral- statare che in pubblicazioni autorevoli e prestigiose come l’Enci-
tro sconsigliabile e in realtà impraticabile sport delle classifiche, clopedia Europea della Garzanti e il Dizionario Universale della Let-
molti di noi sarebbero forse sorpresi di dover annoverare ai pri- teratura Italiana della Mondadori manca un riferimento sia all’Edi-
mi posti, tra le regioni storiche della penisola - che non sempre trice Carabba sia proprio a lui, a Rocco Carabba, che per un tren-
e non del tutto coincidono con quelle amministrative della re- tennio - fra 1909 e 1938 - accompagnò, stampando con raffinata
pubblica -, proprio l’Abruzzo: o meglio, come sarebbe forse più maestrìa la prestigiosa collana CULTURA DELL’ ANIMA ideata e diretta
proprio chiamarlo, “gli Abruzzi”: terra di confine, di transiti e di da Giovanni Papini, le vicende letterarie ma anche civili d’Italia.
scambi fino dalla preistoria; terra di ardue montagne e di mare C’è ancora molto da fare, per conoscere davvero il senso e il
selvaggio, di scorrerie e di transumanze. Terra di grandi e pro- valore del nostro Novecento. È ancora lontano il tempo nel qua-
fonde tradizioni, al punto da proporsi come una delle maggiori le potremo dirci del tutto liberati dal pregiudizio che troppo
riserve folkloriche del mondo euromediterraneo. Terra ricca di spesso ci induce a valutare “secondarie” e “minori” certe disci-
storia, di arte, di memorie. pline, certe forme d’arte e di cultura, certi personaggi. Nel caso
Ed è straordinario come anche tra Otto e Novecento, in un di Carabba, poi, il pregiudizio politico può magari implicitamen-
periodo storico cioè nel quale in apparenza la terra d’Abruzzo te accompagnarsi a quello culturale. La CULTURA DELL’ ANIMA rin-
poteva sembrare in disparte e quasi emarginata, essa abbia forni- via a Papini, a Prezzolini, a Soffici: e le censure, le discriminazio-
to viceversa all’Italia alcuni tra i suoi figli più celebri: da Gabrie- ni, le varie forme d’intolleranza e di viltà quando si tratti di cer-
le d’Annunzio a Benedetto Croce a Gioacchino Volpe. ti autori sono sempre in agguato. Difatti la cultura, quella vera -
Una terra d’insediamenti rurali, montani, marittimi dissemi- lontana da tatticismi, da carrierismi, da conformismi - è fatica, è
nati, sovente molto piccoli ma orgogliosi della loro nobiltà; e di scomodità, è rischio. Far cultura significa rimettersi di continuo
città che, a parte le maggiori come L’Aquila e Pescara, hanno cia- in discussione. Rocco Carabba - imprenditore, bibliofilo, artigia-
scuna un segno che le distingue e le rende celebri. Lanciano, ad no - era uno che sapeva scommettere, sapeva rischiare, sapeva
esempio, è famosa per un’enigmatica reliquia eucaristica e per la concepire, sapeva programmare. Di personaggi come lui è fatta
cerimonia natalizia della “Squilla”. Ma per i più colti, per gli la stoffa più autentica dell’umile Italia che vive, crea e lavora lon-
amanti della letteratura e delle arti connesse con il libro e la tana dai riflettori del cui effimero lume non ha bisogno perché
stampa, la città innesca subito il richiamo a un’endiadi: Lancia- vive e splende di pacata, intima, vivida luce propria.
no vuol dire Carabba. Franco Cardini Università di Firenze
S in dalla prima visita al dismesso museo civico di Lanciano, di-
nanzi al triste scenario dei torchi e delle Typograph semi arrug-
giniti, è scattato prorompente il desiderio di fare qualcosa per ri-
e anche le edizioni, oltre tremila, in molti casi sconosciute persino
al Sistema Bibliotecario Nazionale.
Da queste premesse è partito un progetto di ricerca, al quale ha
dare dignità a questi cimeli, ultimi sopravvissuti di una gloriosa partecipato l’intera Soprintendenza, che in oltre due anni ha fatto
impresa: l’epopea imprenditoriale e culturale di un umile tipogra- costanti progressi grazie all’entusiasmo e all’impegno soprattutto
fo che nel giro di qualche anno azionando torchi a mano diviene del gruppo di Lanciano, guidato da Ivana Di Nardo. Dalla prima
un editore “principe”, gratificato dalle più prestigiose onorificen- mostra in loco nel febbraio 2011, si è passati a un’esposizione di-
ze e dal plauso della stampa nazionale per la qualità dei prodotti e dattica itinerante che è stata un autentico work in progress, in ter-
per la crescente dimensione di uno stabilimento che per qualche mini di crescita, per far conoscere in ogni località dell’Abruzzo,
tempo ha dato lavoro a quasi quattrocento dipendenti fissi. quest’eccellenza di rilevanza nazionale.
Rocco Carabba del resto non è solo un “lancianese di carattere” o In previsione della trasferta, in pectore da lungo tempo, presso la
il primo vero editore di Gabriele d’Annunzio, l’illustre conterraneo prestigiosa Biblioteca Nazionale di Firenze, è stato varato - grazie
nato a Pescara, o ancora il sodale di Giovanni Papini nel lancio alla nuova Carabba e alla lungimirante generosità della Banca Po-
della prestigiosa collana LA CULTURA DELL’ANIMA, oppure il presti- polare di Lanciano e Sulmona -, il progetto di questo volume, il
gioso stampatore della Leggenda d’oro di Mollichina, magistralmen- quale si configura come un punto di partenza per molte altre ricer-
te illustrata da Duilio Cambellotti. È molto di più: è l’esperienza che, avendo solo sfiorato argomenti finora del tutto inediti come
umana esemplare e incoraggiante di un abruzzese tenace che sep- quello degli apprezzati illustratori che hanno reso attraente la let-
pe coniugare la propria attività professionale con l’esigenza di cre- teratura per l’infanzia e i testi scolastici affidati, da Rocco e i suoi
scita, oltre che di riscatto economico e culturale, propria dei de- figli, alle più note firme del tempo.
cenni post-unitari. Occorre ripeterlo ancora una volta: il prodotto È con gioia quindi che proprio nell’anno del 150° dannunziano -
libro, di cui oggi si lamenta il tramonto, alimentava la forza delle e come non dimenticare lo stimolante ruolo svolto dall’editio pic-
idee in una società affamata di conoscenza, attratta dalle riprodu- ta dell’Isaotta Guttadauro! - ho il privilegio, in qualità di curatrice,
zioni fotografiche e dalle prime immagini in movimento del cine- di consegnare alle stampe un lavoro collettivo che si è arricchito
ma ai suoi albori. di magistrali contributi di studiosi eccellenti, di immagini giunte
Nel giro di due decenni Carabba tentò di portare la letteratura di da tante biblioteche e archivi italiani, coltivando tuttavia un ulte-
tutto il mondo nelle case degli italiani, di aprire la mente degli riore sogno: quel Museo della Tipografia e dell’Arte della Stampa
adulti e quella dei bambini, pioniere di una comunicazione a bas- che potrebbe restituire dignità a testimonianze oggi smarrite ma
so costo ormai consentita dalle nuove tecnologie di stampa, dalla che è doveroso preservare e consegnare ai posteri, ricongiungen-
rotativa Marinoni alla mitica Linotype di cui ancora resiste un dole a un territorio d’origine che è stato culla d’esperienze di asso-
esemplare funzionante in una tipografia di Lanciano. luto rilievo.
Per valorizzare quest’esperienza, si rendeva necessario rintraccia- Lucia Arbace Soprintendente per i Beni Storici,
re i materiali sopravvissuti alla dispersione dell’archivio d’impresa Artistici ed Etnoantropologici dell’Abruzzo
La Carabba: quasi un profilo editoriale
LUIGI PONZIANI Direttore della Biblioteca Provinciale «Melchiorre Dèlfico» di Teramo

T ra le nuove aziende tipografiche sorte dopo


l’Unità, negli anni che segnano (quantitativa-
mente parlando) il “decollo” produttivo abruzzese,
scolastica per ragioni «non soltanto di tipo econo-
mico, ma anche di più ampio significato civile e
culturale, legate in particolare al vivace dibattito
la Carabba marca una netta originalità: a fronte di sviluppatosi tra gli intellettuali e negli ambienti
una produzione già cospicua segnata nei ventidue scolastico-educativi abruzzesi» (Millevolte, 2003).
anni che vanno dal 1879 al 1900 (poco meno di Dunque, già nei venticinque anni che separano la
settecento titoli) i libri pubblicati sfiorano la per- data di avvio dell’avventura di Rocco Carabba dal
centuale del trenta per cento e, soprattutto, nella nuovo secolo, la tipografia lancianese dimostra una
sua produzione non vi è traccia della minuta attivi- capacità espansiva e una vivacità culturale che ne
tà volta alla stampa di carte volanti, manifesti e fanno un’azienda tra le più accreditate della regio-
“materiali minori” che sappiamo essere parte non ne, anzi la maggiore sullo scorcio finale del secolo
marginale della produzione di molte altre aziende decimo nono. Accanto al forte radicamento cultu-
abruzzesi. Fin da subito, dunque, ci troviamo di- rale e pratico con il territorio abruzzese essa mani-
nanzi ad una maturità imprenditoriale che distin- festa precocemente un’apertura e una ricettività
gue la Carabba dall’insieme del comparto produtti- che presto le avrebbe consentito di porsi su di un
vo regionale e ne prefigura quel decollo editoriale piano nazionale: in questi anni la Carabba accentua
che avverrà nel primo decennio del nuovo secolo. il suo sforzo espansivo, ricerca collaborazioni di
La svolta del 1908-9 avutasi sotto gli auspici di Pa- prestigio al di fuori dei confini regionali, tende a di-
pini rappresenta, da questo punto di vista, solo minuire il coinvolgimento di intellettuali abruzze-
l’aspetto qualitativo del progresso compiuto negli si (ad eccezione di alcuni nomi di levatura già na-
ultimi anni del XIX secolo. In effetti già a partire zionale) e l’attenzione verso temi concernenti
dal 1887 nascono le prime raccolte organiche qua- l’Abruzzo.
li la “Collana di monografie chirurgiche”, la “Bi- Il salto di qualità avvenne, come s’è detto, attra-
blioteca giuridica del Foro italiano”; a fine secolo, verso il rapporto fecondissimo di Carabba con Gio-
poi, Salvatore Di Giacomo dirigerà la collana I SAN- vanni Papini che portò alla nascita di quella prima
TI NELL’ARTE E NELLA VITA. È questo il periodo nel e longeva collana CULTURA DELL’ANIMA che rappre-
quale si intensificano i rapporti con gli intellettua- sentò il principale strumento di lotta culturale mes-
li abruzzesi, anche grazie alla stampa, nel 1897, so in campo dal giovane intellettuale fiorentino
della “Rassegna abruzzese di storia ed arte” alla contro la cultura positivista e l’ideologia scientista,
quale collaborano i maggiori studiosi della regione. in nome di una nuova estetica, una nuova cultura e
Come precoce fu la scelta di dedicarsi all’editoria una nuova politica che traducesse la particolare “le-

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zione” idealista di quei giovani filosofi, letterati, ar- te specialistico, proponendo testi di nessuna ovvie-
tisti che si erano dichiaratamente e vivacemente po- tà letteraria e dall’elevato valore contenutistico, di
sti questo obbiettivo. Per Papini le condizioni per- piccolo formato e dimensioni raccolte. L’altro ver-
ché in Italia potesse affermarsi una nuova cultura sante della operosissima attività del nostro editore
stavano non tanto (e non solo) nella capacità di dif- fu quello della traduzione di opere che avessero per
fonderne i principi negli ambienti colti e tra le élite oggetto il nostro paese: un po’ l’Italia fuori l’Italia,
culturali, quanto nelle possibilità nuove offerte dal- secondo l’invito di Giosuè Carducci auspicante per
l’espansione dei ceti intellettuali e dal pubblico dei gli italiani lo studio «di ciò che gli stranieri [aveva-
potenziali fruitori al di là delle ristrette accademie e no] detto per tanti e tanti anni del loro paese e di lo-
dei circoli culturali separati. Saranno proprio la ca- ro». Nacque così L’ITALIA NEGLI SCRITTORI STRANIERI,
sa editrice Carabba e la CULTURA DELL’ANIMA a dive- una collana affidata alla cura di Giovanni Rabizza-
nire dunque per oltre un decennio uno dei princi- ni, un altro amico e frequentatore dei circoli lettera-
pali strumenti utilizzati a tale scopo da Giovanni ri fiorentini che facevano capo a Papini. Nello stes-
Papini e dal circolo “vociano”. Antisistematicità, so periodo prende corpo un’altra operazione edito-
nessuna rispondenza a scuole di pensiero, grande riale d’avanguardia: la nascita nel 1911 di una nuo-
apertura culturale, insieme a maneggevolezza di va collana, ANTICHI E MODERNI in versioni scelte, af-
formato e agilità di lettura, faranno di questa colla- fidata a Giuseppe Antonio Borgese, che con accre-
na uno dei più eclatanti successi culturali ed edito- sciuta eleganza, ma con la consueta elasticità e aper-
riali dell’Italia del primo Novecento e che troverà tura, si propose di tradurre, senza l’ingombro di
termine solo nel 1938 con la stampa del volume nu- troppo lunghe e ambiziose prefazioni inutili, autori
mero 163 dedicato ai Testi taoisti tradotti e introdot- stranieri tratti in prevalenza dalla letteratura mo-
ti da Adriano Carbone. Gli stessi principi ispiratori derna, senza peraltro che fossero tralasciate versio-
sono alla base della seconda collana SCRITTORI NO- ni nuove e antiche dei classici.
STRI: una collezione di volumi letterari avviata nel I secondi anni Venti e i primi anni Trenta, che
1910 e anch’essa diretta da Giovanni Papini. Gli in- pure segnano nazionalmente un momento di gran-
tenti erano chiaramente enunciati: nessuna pretesa di trasformazioni - sia dal punto di vista della pro-
di completezza, ma nemmeno angusta aspirazione duzione che delle tendenze - non rappresentarono
a dar vita ad una delle “solite raccoltine economi- una cesura nel catalogo carabbiano che continuò a
che” dei capolavori letterari più noti e diffusi. L’esi- muoversi nel solco della continuità. Né la morte di
genza era ancora quella di rivolgersi a un pubblico Rocco Carabba nel 1924 e l’assunzione delle redini
accorto e talvolta esigente, ma non necessariamen- da parte del secondogenito Giuseppe determinò al-

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l’apparenza una qualche soluzione di continuità; te successo grazie al nome già affermato, ma che al-
anzi nel decennio che va fino al manifestarsi della tresì seppe proporre un prodotto che faceva tesoro
crisi della casa editrice (nella seconda metà degli della formula già sperimentata nelle fortunate colla-
anni Trenta) vennero avviate nuove iniziative edito- ne paterne. Accreditatissimi furono i volumi che
riali tutte nel segno della tradizionale apertura cul- per oltre un trentennio si pubblicarono negli SCRIT-
turale e dell’agilità di prodotto che erano stati segno TORI ITALIANI E STRANIERI, una collezione di “divulga-
distintivo della Carabba papiniana e vociana e con zione e di cultura” proposta con una certa ricerca-
una cauta attenzione alla letteratura di ricerca non tezza grafica che ben si addiceva a un pubblico col-
immediatamente riconducibile ai condizionamenti to ma non necessariamente specialistico e che pub-
linguistici e ideologici del regime. Del resto i rap- blicò ben 421 volumi spaziando da alcuni scritti mi-
porti della Carabba con il Fascismo non furono par- nori di autori dell’Ottocento italiano, alla letteratu-
ticolarmente intensi, anche se non mancarono; da ra comica nazionale, alla letteratura indiana, russa,
questo punto di vista, al di là degli aspetti esteriori, rumena, fino ai canti popolari armeni, bulgari, croa-
ciò che mancò fu un legame organico e sistematico ti, greci, serbi; da autori della letteratura portoghe-
che modificasse la sostanziale autonomia del catalo- se alla poesia cinese e giapponese.
go carabbiano. Ancora in questi anni si registra la La vocazione culturale e civile della Carabba eb-
nascita di nuove collane: nel 1928 prende avvio be modo di manifestarsi anche nel campo scolasti-
NARRATORI D’OGGI diretta da Corrado Alvaro, mentre co; un settore editoriale che già durante i primi ven-
a partire dal 1930 si inaugurerà la collana NOVELLIE- ticinque anni di vita aveva rappresentato oltre il
RI ITALIANI MODERNI alla quale si affiancherà ROMAN- venti per cento di tutta la sua produzione. Questa
ZI DEL NOSTRO TEMPO con l’intento dichiarato di of- caratterizzazione, già di per sé eloquente, tende a
frire ai giovani e poco conosciuti, purché validi, crescere durante il primo decennio del nuovo seco-
scrittori, la possibilità di confrontarsi con un pub- lo in termini prepotenti, quasi a rappresentare una
blico nazionale. Una varietà di voci viepiù arricchi- sorta di prerequisito necessario a compiere quella
ta da raccolte di poesie fuori collana a testimoniare, trasformazione editoriale che prese vigore in questo
ancora a quell’altezza, la vitalità editoriale della Ca- stesso periodo. Il settore scolastico (nella sua più
rabba. Né va dimenticato come a quella della Rocco larga accezione) finirà per essere lo zoccolo duro e
Carabba si affiancasse l’attività editoriale di Gino remunerativo su cui l’azienda innesterà progetti
Carabba, figlio primogenito, che, a partire dal 1911, editoriali di maggiore spessore, con più forte ritor-
in seguito a contrasti col padre e col fratello Giusep- no di immagine, ma anche con rischi economici più
pe, avviò un’autonoma (ma permasero forti legami elevati. Addirittura questo particolare segmento
con la casa madre) casa editrice che trovò certamen- raggiunse la percentuale di oltre il cinquanta per

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cento dell’intero catalogo, produzione destinata a lastico, ma interessarono l’insieme della produzione
non essere più superata nei decenni successivi libraria nazionale finendo per influenzare le moda-
quando dovette confrontarsi con il manifestarsi pie- lità di costituzione del mercato librario. I contrac-
no delle conseguenze dovute all’introduzione del li- colpi si fecero sentire su un editore come Carabba
bro unico di stato nelle scuole che tanti scompensi che certamente poteva vantare un patrimonio idea-
e difficoltà provocò nel sistema editoriale del Paese. le e culturale di tutto rispetto, ma che nel suo anco-
Tuttavia la crisi incipiente dell’azienda lancianese è raggio abruzzese non possedeva le giuste entrature,
da ascrivere anche a un diversificato complesso di la necessaria duttilità imprenditoriale e le adeguate
ragioni che vanno dalle scelte economiche e com- relazioni indispensabili per sopravvivere e affermar-
merciali (piuttosto che editoriali) compiute dai suc- si nel nuovo panorama editoriale italiano. Vi è infi-
cessori di Rocco Carabba al mutato scenario politi- ne un’altra ragione che aiuta a spiegare le difficoltà
co-istituzionale, culturale e civile manifestatosi ne- crescenti e il declino della casa editrice lancianese.
gli anni Venti e Trenta del Novecento. L’arco tempo- La Carabba, a partire dalla grande affermazione de-
rale che va dalla prima guerra mondiale all’affer- gli anni Dieci tutta giocata nel legame con Papini e
marsi pieno del Fascismo è quello nel corso del i vociani toscani era rimasta ancorata anche negli
quale si assiste ad una riformulazione del circuito anni a seguire alla stessa linea culturale, anche
editoriale che teneva conto delle duplici modifica- quando, a partire dal primo dopoguerra, quel lega-
zioni intervenute sia nella cultura italiana sia nel- me diretto e quella stagione di studi si erano inter-
l’assetto della struttura produttiva del Paese che ab- rotti. Paradossalmente proprio la continuità della
bandonava le vecchie caratteristiche artigianali (se- cifra editoriale, ben riconoscibile nel catalogo della
gnate come nel nostro caso da certo paternalismo Carabba, tese a determinare, nonostante felici intui-
padronale) per trasformarsi in moderna industria. È zioni, la obsolescenza culturale della casa editrice i
in rapporto a tali mutamenti che va dunque calibra- cui orientamenti e la cui consonanza con gli am-
to il giudizio sulla nostra casa editrice e semmai sul- bienti più aggiornati della cultura letteraria nazio-
la sua capacità di essere al passo con le trasforma- nale cominciarono via via a scemare.
zioni dell’industria editoriale, del gusto letterario e
con gli indirizzi politico-culturali che all’insieme Riferimenti bibliografici
provava a dare il regime fascista. In questi anni an-
L. Ponziani, “Ottocento tipografico abruzzese”, in L. Ponziani, Abruzzo tipografico. Annali del XIX secolo, Te-
dò infatti consolidandosi quella trama di relazioni e ramo, Ricerche e Redazioni, 2009.
commistioni fra industria editoriale e apparati isti- L. Ponziani, “Tipografia e editoria nell’Abruzzo del Novecento”, in G. Millevolte, G. Palmieri, L. Ponziani (a
cura di), Tipografia e editoria in Abruzzo e Molise. Il XX secolo, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2007.
tuzionali e politici con condizionamenti e infram- G. Millevolte, “Carabba Rocco”, in Teseo. Tipografi e editori scolastico-educativi dell’Ottocento, diretto da G.
mettenze che non si limitarono al solo settore sco- Chiosso, Milano, Bibliografica, 2003, ad nomen.

13
268.Panorama di Firenze,
primo Novecento.

269.Baruch Spinoza,
Tractatus politicus,
nella collana
CULTURA DELL’ANIMA.

La cultura dell’anima
Giovanni Papini e i pensieri filosofici
GIULIO A. LUCCHETTA
192
MANIFESTI DI PRESENTAZIONE
Quello tra Giovanni Papini e Rocco Carabba fu un idillio esemplare
tra prorompente intellettualità e solidità imprenditoriale. Da simile
collaborazione nacque il prodotto più prestigioso della casa editrice
di Lanciano, la collana CULTURA DELL’ANIMA, che vanta un suo ruolo ri-
nomato nella vita culturale nazionale a inizio secolo (1909-1938) e la
cui storia continuò oltre la volontà del suo imprevedibile ideatore, so-
lo per la tenacia del suo editore.
Nel panorama culturale nazionale Giovanni Papini era il giovane ta-
lento che nel 1905-6 aveva dato scandalosa prova di sé in ambito fi-
losofico con Il crepuscolo dei filosofi; travolto troppo spesso dai suoi
subiti entusiasmi e da apocalittiche depressioni, risultava dotato di
una particolare sensibilità culturale, atta a cogliere con intelligenza
quali fossero gli atteggiamenti intellettuali non appena venivano af-
fermandosi; e pur tuttavia, quasi dominato da un impulso inconteni-
bile, immediata era la sua reazione perniciosa di contrapporvisi con
dissacrante ironia e sarcasmo, facendo di questo suo atteggiamento ri-
corrente una moda, una sorta di ripresa casereccia del dandismo in-
tellettuale. Il tracciato di Papini di fatto si presenta come un continuo
intersecarsi di curiosità verso i nuovi fermenti filosofico-letterari, fi-
no a ventilare aspettative rivoluzionarie nelle forme del pensiero e,
nello stesso tempo, ripropone una prassi reazionaria acre, bieca, stiz-
zita e pur sempre ammantata di estetismo.
Dati simili presupposti ciò che si poteva costruire non poteva essere
che di breve durata, concentrato solo sul sollevare polemiche per far
deragliare dal grigiore classicista: tutto secondo programma più volte
ripetuto. Questo era già stato scritto ed esposto a chiare lettere nel ma-
nifesto di fondazione della rivista “Leonardo”, attorno al quale Papi-
ni e Prezzolini riuscirono a coagulare la prorompente nuova intelli-
gentcija italiana ed europea per una splendida avventura intellettuale
anch’essa di breve durata (1903-1907).
270.Giovanni Papini,
Crepuscolo dei filosofi,
copertina e prefazione.

193
271.La copertina
del “Leonardo”,
febbraio 1906.

272.Giovanni Papini.

L’atteggiamento ondivago di Papini, a cui abbiamo sinteticamente ac-


cennato, effettivamente è rintracciabile in una lettera inviata all’ami-
co di sempre, Giuseppe Prezzolini. Si tratta di un impietoso ritratto
di sé che scaturì dalle introspezioni assai frequenti, vedremo, nel dia-
rio intimo che venne intessendo con i suoi corrispondenti. È noto
che su riflessioni di questo tipo ha pescato abbondantemente una
certa agiografia cattolica che ha applicato sull’autore un clichè abba-
stanza abituale, sperimentato fin dai tempi di Sant’Agostino: il tor-
mento relativo alla propria instabilità intellettuale sarebbe dovuto al-
la recondita consapevolezza della miseria della propria vita spesa tra
«pagani e individualisti»; a tale macerazione poteva porre pace solo
la conversione al Trascendente. Se per Papini è innegabile che que-
sta ci fu, va altresì notato che a essa si accompagnò anche la conver-
sione al fascismo e al razzismo: segno che in quel personaggio il ma-
lessere non aveva smesso di consumarlo, condannatosi a vivere i
contrasti della vita come assoluti, sintomo di
n gruppo di giovini, desiderosi di liberazione, vogliosi di universalità, ane- un’illimitata adolescenza che da sempre gli
U lanti ad una superior vita intellettuale si sono raccolti in Firenze sotto il negava ogni approdo meditato, continuativo
simbolico nome augurale di Leonardo per intensificare la propria esistenza, ele- e costruttivo. Anche se presentato sotto que-
vare il proprio pensiero, esaltare la propria arte. Nella VITA son pagani e indi- sta luce, simile atteggiamento corrosivo del
vidualisti - amanti della bellezza, dell’intelligenza, adoratori della profonda na- Papini, nei confronti di se stesso, risultava
tura e della vita piena, nemici di ogni forma di pecorismo nazareno e di servitù spesso offrire a chi gli stava vicino spunti in-
plebea. Nel PENSIERO son personalisti e idealisti, cioè superiori ad ogni siste- novativi e financo creativi.
ma e ad ogni limite, convinti che ogni filosofia non è che un personal modo di Quanto denunciava in questa lettera a Prez-
vita - negatori di ogni altra esistenza di fuor dal pensiero. Nell’ARTE amano la
zolini, proprio in concomitanza al suo de-
trasfigurazione ideale della vita e ne combattono le forme inferiori, aspirano al-
la bellezza come suggestiva fi-
butto filosofico contro Kant, Hegel, Scho-
Elevare il proprio pensiero gurazione e rivelazione di una penhauer e Nietzsche, era frutto di una sin-
Il Manifesto Programmatico del “Leonardo”. vita profonda e serena. cera insofferenza: netta risalta l’autocritica

194
che muoveva al suo lasciarsi dominare «dall’abitudine» e «dall’en-
tusiasmo fatticcio» messo in essere solo per nascondersi a se stes-
so, oltre che agli altri, lo scetticismo sull’esistenza di salde «basi…
filosofiche». Simile mancanza veniva abilmente coperta da atteg-
giamenti in superficie votati a una elusiva pratica del contrasto, af-
fidandosi al facile quanto dilettantesco sproloquio della parola o
sfoggiando l’acrimonia del sofista, teso a non lasciarsi sfuggire oc-
casione di farsi notare, più che compiacendo, dispiacendo. Queste,
anche a suo dire, non erano altro che strategie svianti, attuate per
pudore di sé: in realtà risultavano rimozioni del vuoto mentale e
teorico al quale gli intellettuali, o, meglio, le
nuove generazioni tra loro, non volevano
arrendersi, pur nel costante naufragio delle L
e ragioni del mio silenzio sono state diverse. La crisi è questa volta più lunga e
più complicata. Le ultime volte che ci siamo parlati tu avrai notato la indecisio-
ne e lo scoraggiamento generale che mi dominavano, per quanto coperti talvolta
«aspirazioni che sorgono e che spariscono», dall’abitudine… dall’entusiasmo fatticcio delle cose del momento. Il segreto di tut-
nello svanire dei sogni, comuni e ricorrenti, to questo abbassamento (è la vera e dolorosa parola) del mio tono vitale è il non
costretti ora a rientrare «negli archivi del- sapere chi sono - non sapere ciò che debbo fare o che posso fare. Io cerco di osser-
l’anima». In definitiva, per avere una par- varmi più che posso eppure non ho ancora compreso ciò che io creda veramente,
venza di vita utile, si facevano prigionieri di quali sono veramente le basi interiori della mia personalità - neppure le basi (figu-
irremovibili «ingranaggi» posti in essere nel riamoci!) filosofiche. C’è ancora in me del sofista, del conversatore dilettante che
quotidiano e magari a cui sentivano di non parla e parla e parla - pur di compiacere o di dispiacere… o credendo di credere -
aderire autenticamente. Non è altro che il credere, per spaventare, per addolcire, per trionfare ma senza che io sappia qual è
brutto risveglio dall’eroismo patriottico per- il fondo reale del mio essere, neppure il mio fondamento puramente mentale e teo-
vaso dalla febbre romantica che pure aveva rico. Delle aspirazioni che C’è ancora in me del sofista
portato al Risorgimento dell’Italia da radici sorgono e che spariscono - Lettera di Papini a Prezzolini, 4 maggio 1906.
dei sogni che mi riscaldano
puramente culturali; almeno così si crede- per qualche ora e poi rientrano negli archivi dell’anima - degli affari, degli ingra-
va. Ma dopo tanta ebbrezza, ci si era ritrova- naggi in cui son preso e in cui continuo, non per vero bisogno, ma per abitudine e
ti inevitabilmente tutti piccoli, borghesi, di- necessità (Leonardo, Biblioteca [filosofica], Ricerche Psichiche etc.) Questa è la
visi e provinciali. mia vita e tu sai che io vorrei ch’essa fosse qualcosa di più mio e di più grande.

195
Pur tuttavia in Papini la disillusione acquistava risvolti curiosamen-
te innovativi: soprattutto quando si rese conto che la propria inedia
poteva derivare da autentica melanconia e che questa era sintomo di
un pensare in grande: allora un tale stato di prostrazione si trasfor-
mò da punto di arrivo a quello di partenza; una partenza tutta nuo-
va per la quale ci si doveva denudare di tutto quello che era stato, di
quanto si era già visto e sentito e che vincolava inesorabilmente al
passato. Per questo progetto coraggioso egli si spinse a cercare sti-
moli altrove, oltre confine, in territori di ricerca inesplorati; rivisitò
il passato in cerca di altri fermenti riprendendo autori poco o mal
studiati, testi del tutto trascurati e lasciati ai bordi della strada mae-
stra della cultura occidentale: il che si tradusse in una spinta mora-
le e spirituale che rendeva il pensiero un “fare” concretamente inci-
sivo sulla realtà immediata, nella convinzione di dover partecipare
a qualcosa di più vasto e incisivo.
La consapevolezza di tutto ciò sembra travasarsi in una sorta di al-
tro manifesto, in realtà la Presentazione ai lettori con cui nel 1909 la
Carabba rese pubblico il progetto della collana CULTURA DELL’ANIMA.
Per indicare i propositi della collana non si poteva essere più espli-
citi di questa immediata pubblicità editoriale, e vale la pena di co-
minciare dal commentare queste affermazioni, alcune delle quali ci
guideranno anche più avanti. Un simile testo è messo in calce al-
l’elenco delle pubblicazioni della collana stampate e in corso di stampa, o comunque in pre-
visione, anche nei cataloghi delle edizioni Carabba, e risulta funzionare proprio come un
documento programmatico: sono ben riconoscibili alcuni paletti a cui non si intendeva ve-
nir mai meno, né da parte di Papini né da parte dell’Editore.

196
Partiamo in primis dall’affermazione della Presentazione per la qua-
le la collana «non ha scopi dogmatici»: l’antidogmatismo, infatti era
il dono positivo di questo animo tormentato del primo Papini, in
conflitto con se stesso, che sentiva l’impulso di interloquire con
«lettori intelligenti», capaci di condividere l’insofferenza per la po-
chezza dell’istruzione diffusa, troppo propensa all’oblio, quasi appa-
gata dei propri limiti. Invece la forza dell’opera d’arte o il libero pen-
siero risultavano ai loro occhi «superiori ad ogni sistema e ad ogni
limite» quindi non più contenibili all’interno di steccati disciplina-
ri. Né per loro era più concepibile «altra esistenza di fuor dal pen-
siero», perché di fatto la filosofia non è che uno stile di vita. Ora si-
mile atteggiamento si tradusse nell’intento di pubblicare «non solo
opere filosofiche, nel senso rigoroso della parola», ma qualsiasi do-
cumento di religiosi, di letterati, di artisti e di scienziati che dessero
saggi rilevanti di pensiero originale. Realisticamente a questo impe-
gno duraturo - quale mostra essere l’elenco delle opere - era cosa ar-
dua vincolare lo spirito inconcludente di Papini, la cui discontinui-
tà era avvicinata dagli amici a quella di una cometa; vedremo, inve-
ce, quanto si sentirà vincolato a perdurare, lungo i binari allora trac-
ciati, proprio l’Editore e i suoi eredi, intenzionati a portare avanti
l’impresa anche oltre le intenzioni autodistruttive del suo ideatore.

273.La pagina del catalogo


Carabba che annuncia
la nascita della collana
CULTURA DELL’ANIMA.

274.Rocco Carabba in una


foto scattata nei primi
anni del Novecento,
appena nominato
Cavaliere del Lavoro.

197
I PRODROMI DI UN PROGETTO CHE ALLORA TANTO IRRITÒ PREZZOLINI
Se possiamo concretamente affermare che l’avventura editoriale con Carabba cominciò nel
1909 con l’uscita di un volumetto di Aristotele, Il primo libro della Metafisica, è un fatto che
Papini covasse da tempo di farsi editore, ancora quando, due anni prima, dirigeva con Prez-
zolini e Vailati il “Leonardo”: ce lo rivela
C aro Giuliano,
poiché la cosa è già quasi fatta posso parlartene. Come vedi mi sono deciso a far
sempre la corrispondenza con Prezzolini (a
cui Papini spesso si rivolge chiamandolo con
l’editore. Tu capisci il doppio perché: per essere occupato e per guadagnare. Inizio
lo pseudonimo di Giuliano l’apostata).
una piccola biblioteca (Culturale dello Spirito) a una lira il volume - di 64 pp. che Che si trattasse dello stesso progetto che poi
conterrà scritti di filosofi antichi e recenti, esposizioni di nuovi movimenti di idee, verrà realizzato con Carabba lo stavano a ri-
antologie di mistici, traduzioni di cose orientali, polemiche scientifiche ecc. I primi velare i titoli in programmazione e la mede-
volumi sono: Boutroux. La natura e lo Spirito (già stampato), Eckhart, Prediche sima veste editoriale, la cui descrizione accu-
scelte (composto), Papini, Storia del Pragmatismo. Seguiranno volumetti di Ari- rata veniva offerta in anteprima a Prezzolini.
stotele, Empedocle, Bergson, Eraclito, Schopenhauer Fechner, James, Le Roy, S. Bo- Il primo concepimento dell’impresa implica-
naventura, Peirce, volumetti sul New Thought, La Logica Matematica, La Geome- va un editore che non era Carabba: forse era
tria Non Euclidea - un’antologia delle Upanishads, ecc. Dentro aprile insieme al il Papini stesso, sotto la copertura editoriale
Leonardo usciranno i primi 3. In autunno inizierò un’altra collez. Quella degli del “Leonardo”, come affiorava dalla corri-
scrittori stranieri e pubblicherei volentieri la tua traduzione di Swift. Dimmi cosa
spondenza con gli amici. L’intento espresso
avresti pronto o potresti far per la prima collezione. Fra pochi giorni ti manderò i
primi 2 volumetti stampati. Scrivimi. Per il Leonardo hai niente?
nella lettera era quello di far partecipe della
Sempre tuo, galvanizzante novità tutta la costellazione
G. Papini degli amici, quegli intellettuali che avevano
Come vedi mi sono deciso a far l’editore una loro particolare rilevanza nella cultura
Lettera di Papini a Prezzolini, 10 aprile 1907.
italiana dei primi del Novecento e la cui atti-
vità si era venuta polarizzando fuori dal mondo accademico, attorno al ruolo culturale svol-
to da una serie di riviste di chiara impostazione antiaccademica e critica nei confronti del-
l’establishment culturale, quali ad esempio “Il Regno” e il “Leonardo”.
Ora ciò che sorprende è che proprio questa fitta rete di relazioni pregresse non sembrò ac-

198
cettare con favore la nuova impresa che Papini era sul punto di varare: solo a
parlarne con Prezzolini era già tempesta. È bene dire che Papini dava annun-
cio del progetto della collana quasi a cose fatte, o, per lo meno, come tali ven-
gono presentate: veniva assicurato che non solo erano già in corso di stampa i
primi volumi, ma si parlava di aprire altre collane per autori stranieri. Se pote-
va non stupire il fatto che prima o poi Papini vestisse i panni dell’editore, l’ope-
razione prendeva indubbiamente tutti contropiede per la sua grandezza: tra-
spariva l’idea di penetrare attraverso il “Leonardo” nel cuore filosofico pulsan-
te dell’Europa, accentuando la propria estraneità agli indirizzi e ai monopoli di
scuola imperanti nel territorio nazionale; mossa tattica sconcertante nella par-
tita che Papini, assieme ad altri intellettuali come Soffici e Vailati, aveva ingag-
giato da tempo con l’ambiente accademico.
La reazione di Prezzolini fu immediata e dura, in modo spropositato: senza tan-
ti infingimenti, subito attribuì l’intera operazione alla sete di guadagno dell’ami-
co. Una simile accusa fa pensare che ci fosse dell’altro che travalicava il solo fat-
to editoriale per acquistare ben diverse e sorprendenti coloriture; sembra pure
paradossale che Papini abbia sentito l’obbligo di rendere conto all’amico delle
spese e degli eventuali guadagni, quasi nell’intento di far capire il fatto che nel-
l’impresa egli investisse di suo, senza togliere nulla ad alcuno. Ma niente da fa-
re: Prezzolini sembrava in preda a quella che qualche anno dopo Papini gli rinfaccerà nella fa-
mosa lettera del 18 maggio 1908 come «una certa tua gelosia e… rigidezza monomaniaca»,
quasi che per l’occasione fossero affiorati vecchi rancori col pretesto di gratuiti fraintendimen-
ti. L’idea stessa dell’arricchimento era stata un’esca ingenuamente offerta dallo stesso Papini,
nella prima lettera, per smorzare con la corrosione antiretorica il proprio incontenibile (e
comprensibile) entusiasmo di tanta impresa; di fatto Prezzolini mostrò di aver perso il senso
dell’ironia e della comunicazione paradossale a cui tutti e due erano soliti ricorrere. 275.Giovanni Prezzolini.

199
Qualcos’altro, dicevamo, venne giocato in questa partita: dalle lettere, che immediatamente e
affannosamente intercorsero tra i due amici, si viene infatti a sapere che quanto nel silenzio
più stretto Papini cercava di mettere a punto per proprio conto collideva con quanto stava già
allestendo da parte sua Prezzolini. Si trattava, allora, di sleale concorrenza, poiché la nuova
collana si sarebbe rivolta allo stesso target di lettori a cui si indirizzavano Prezzolini e il De Ri-
naldis, polarizzando perfino le stesse risorse intellettuali della collana “Poetae Philosophi et
Philosophi Minores”, edita dalla Società Editrice Lombarda. Sottolineo questo tema della con-
correnzialità culturale perché riapparirà come una costante nelle relazioni tra i due, almeno
da quando Papini intraprese la carriera di direttore di collane editoriali; ora, se il pluralismo
di iniziative culturali si traduce in un pericolo, significa che in questione è il monopolio ideo-
logico.
D’altronde il clima di segretezza in cui lo stesso Papini si era rifugiato, riservandosi di «parla-
re a voce», non poteva che dare sul sospetto e risultava un particolare inquietante in contra-
sto con il progetto di un’idilliaca collaborazione; questa era rimasta solo nella mente di Papi-
ni, che ben si era guardato dal comunicarla e dal condividerla per tempo con i diretti interes-
sati. Pesava, invece, la riservatezza con cui era stata condotta l’operazione da Papini, di solito
così fortemente coinvolgente nei confronti di amici, corrispondenti e collaboratori: anche
questo poteva essere sintomo di un processo di scollamento rispetto a quelle che finora era-
no state situazioni condivise. Siamo solo all’inizio di una controversa o, meglio, di una man-
cata prassi comunicativa tra i due, che puntualmente si ripresenterà fino ad assumere toni far-
seschi. Comunque l’affaire Papini-Prezzolini, con tutti i suoi sorprendenti sviluppi, ci dà il
sentore di un clima culturale sì vivo, diremmo in continuo fermento, ma anche pervaso da
una latente conflittualità, forse da ricondurre alla rivolta polemica di Papini contro l’intero
ambiente accademico, verso il quale, invece, Prezzolini cominciava a piegarsi.
Papini cercava un’alternativa, indicata nella sua seconda lettera, quando, in risposta alle accu-
se di Prezzolini, il ragguaglio economico prendeva un abbrivio psicologico e con abile mossa
dialettica faceva proprio il rimbrotto moralisticheggiante dell’amico, in modo da poter tocca-
re nuovamente il tasto delle aspettative esistenziali e della progettazione morale che riguarda-
vano la funzionalità dell’intellettuale in un’età di crisi.
Così Papini rivendicava la bontà della sua iniziativa, nell’interesse esclusivo della causa del-

200
l’anima, motivazione da cui deri-
C aro Prezzolini,
avrei fatto meglio a seguire la mia prima in- ravo lavorare? Una delle cose di cui ti volevo
vava il titolo “Biblioteca culturale tenzione e parlarti solo a voce della mia im- parlare a voce era appunto quella della reci-
dello Spirito”. In questo modo il presa. Da vicino è già difficile capire i veriproca completazione delle 2 raccolte ed ero
motivi e i complicati corrispondenti psichici deciso a rinunziare a qualunque mistico sia
discorso prendeva una piega di- stato promesso da voi, restandomi tante altre
delle azioni degli uomini - da lontano poi rie-
versa e partiva per la tangente, co- sce assolutamente impossibile. La tua lettera cose da pubblicare al di fuori dei mistici. Co-
me spesso succede agli intellet- mi ha fatto molto dispiacere ma più me ne me io lavoravo per i Poetae Philosophi così tu
tuali quando, nel polemizzare tra avrebbe fatto se fosse venuta dopo una com- e De Rinaldis, avreste lavorato per la mia. In-
loro, vogliono elevare il tono del pleta conoscenza delle cose mie, interne ed fatti ho ricevuto subito dopo il mio annunzio,
confronto. L’argomento fu presto offerte da te e da De Rinaldis che io mi sono
esterne. Io capisco le nobili ragioni della tua
trovato e si rivela anche agli occhi amicizia e la tua naturale ombrosità ma mi affrettato a accettare, se al principio ho ta-
nostri oltremodo interessante: ri- permetterai di credere che mi giudicheresti ciuto con te ho taciuto con tutti. Tu dici di es-
guardava il ruolo dello scrittore/ ben diversamente se tu conoscessi tutto quan- sere diventato moralista. Non me ne stupisco
editore per il quale Papini signifi- to l’accompagnamento dei miei atti. Perché né me ne addoloro. Tutt’altro: anch’io sosten-
cativamente evocava la figura di vuoi fare anche tu il materialista storico a go da molto tempo che il rinnovamento no-
proposito della mia trasformazione in edito- stro non può essere che morale e che tutte le
Eugen Diederichs. Costui, perso- chiacchiere, sia ascetiche che mistiche, non
re? Sappi che io spendo di mia tasca 400 fr.
naggio di straordinaria energia, servono a nulla per i veri interessi dell’ani-
per i primi tre volumi - vale a dire ch’io ne do-
volle essere interprete del suo vrò vendere circa 600 copie (contando gli ma. Ma non trovo niente d’immorale nel ten-
tempo ritagliandosi un ruolo da sconti dei librai) unicamente per riprendere tare qualcosa di simile in piccolo, a ciò che
protagonista nell’opera di rinno- ciò che ho speso! Se aggiungi la mia inespe- ha fatto il Diederichs, ed essere un editore che
vamento del Geist del popolo te- non è solo un mercante - un pensatore che do-
rienza contabile e la poca onestà dei librai ti
desco concependo la propria atti- persuaderai che non mi metto a pubblicar li- po aver predicato l’azione cerca di dar
vità di editore non solo come fon- bri per avidità di “subiti guadagni”. Ti assi-l’esempio - uno scrittore che dopo essersi ac-
te di guadagno, ma facendo delle curo che il motivo principale del mio proget- corto dello sfruttamento editoriale cerca di
sue edizioni l’ideale “luogo” di to è stato proprio quello psicologico e moralecreare una piccola azienda un po’ diversa
raccolta delle forze ancora vitali dalle altre e in cui sarà possibile pubblicare
che ti ho detto nell’altra lettera - il bisogno
assoluto di occuparmi molto per non pensare cose che nessun altro editore accetterebbe.
della tradizione. Nel suo castello Credi tu che il correggere delle bozze o il far
all’inutilità di tutto… Come volevi ch’io pen-
di Lauenstein, invitava uomini di sassi a voler nuocere a una collezione fatta dei pacchi sia in contrasto con la meditazio-
pensiero perché si scambiassero le da amici miei e nella quale io stesso deside- ne? Non hai detto più volte che il lavoro ma-
idee su problemi e su compiti a nuale aiuta anche il pensiero? - Io preferisco,
cui chiamavano i tempi. La tua lettera in complesso, cercar di guadagnar facendo il
mi ha fatto molto dispiacere commerciante - se ciò avverrà - che scrivere
Lettera di Papini a Prezzolini, 15 aprile 1907. contro voglia degli articoli sui giornali.

201
Più che la fuga di Papini di fronte alla deva-
stazione della noia esistenziale - «l’inutilità
di tutto» - salta agli occhi l’analogia con il
Diederichs nel proporsi come guida ai classi-
ci dello spirito, pubblicando quei libri che ri-
flettevano la sua particolare interpretazione
del mondo e della storia, rivolgendosi a quei
mistici che espressero l’aspirazione dell’ani-
276.Il frontespizio
del “Leonardo”.
C aro Giuliano,
in questi giorni ho pensato molto a me, all’altro me di-
ma a fondersi con la vitalità cosmica: in am-
bedue i casi, è rilevante il ruolo delle opere di
Maister Eckhart. Qualcosa del paganesimo
menticato, a te, alle tue lettere. In seguito a ciò ecco le papiniano manifestato al tempo del “Leonar-
mie decisioni. do” sembra già essere nella stessa lunghezza
1) Sospendo, prima di iniziarla, la mia attività edito- d’onda dei Sera Circle nella Turingia che fini-
riale. I due primi volumi, ormai già stampati, non
saranno messi in vendita. Ho ritirato il manoscritto
vano in pratiche orgiastiche sotto il segno di
del terzo. Dioniso. Queste risultano un valore aggiun-
2) Col giugno 1907 il Leonardo morirà di morte vo- to al ruolo guida che si era dato Diederichs
lontaria, con un ultimo fascicolo contenente l’estre- come editore neo-romantico orientato a tra-
ma sincerità. ghettare di fatto il mondo culturale tedesco
Avendo già pubblicato un numero doppio e pubblican- della Germania inizio Novecento su spiagge
done ora un altro basterà un numero semplice per sod- brulicanti di orrendi miti, come quello della
disfare integralmente gli abbonati. razza, della gioventù, della terra e del sangue,
Per oggi non voglio scriverti a lungo. Tu capisci quan- che troveranno una loro cornice sistematica
to le tue lettere siano state importanti per me. Perdere nel pangermanesimo e una loro spietata rea-
la tua amicizia significherebbe uccidere la parte mi- lizzazione politica nel nazional-fascismo di
gliore della mia anima. Ti basta il pensiero d’avermi
svegliato come ringraziamento.
Hitler. Questo primo disegno editoriale di
Veramente tuo Giovanni Papini comunque abortì per il tentativo di
(Ti prego di non dir nulla a nessuno di questa morte salvare in extremis quel che pareva essere an-
che deve essere improvvisa) cora l’inossidabile legame con Prezzolini; al
momento l’amicizia prevalse sulla lite, ma
Il Leonardo morirà di morte volontaria con certi costi, tra i quali non è da escludersi
Lettera di Papini a Prezzolini, 18 aprile 1907. la soppressione dello stesso “Leonardo”.

202
Da quanto ci è dato di capire, relativamente a questo primo scontro Papini-Prezzolini, i due
su una cosa sembravano concordare: anche ai loro occhi, quanto accaduto poteva travalica-
re i limiti del contingente e acquisire ben altre connotazioni; salvo, poi, dare su tutto ciò ben
differenti valutazioni. Ciò che era all’origine dei due diversi modi di vedere quello stesso fat-
to non erano solo le aspettative che l’uno aveva dell’altro, ma anche quelle che ambedue nu-
trivano nei confronti del ruolo dell’intellettuale. Papini, messo alle strette dall’amico, fu co-
stretto a confessare anche a se stesso le ragio-
ni più interne che lo avevano portato a quel
passo, alle quali, forse, non aveva dato anco- I l L.[eonardo] non è più l’espressione della mia ani-
ma. Esso ha già un tipo, ha delle aderenze, è legato,
compromesso. Non c’è modo migliore per uscirne che
ra precisa forma, facendosi consapevole di
un senso “altro” che avrebbe acquisito il ge- ucciderlo. Coloro che ci contavano per farne scalino
alla loro ambizione faranno altra cosa per conto loro.
stire simile impresa culturale, al di là di quel-
È bene che il Leonardo faccia una bella morte improv-
lo che poteva aver subdorato Prezzolini di lui visa come bella e improvvisa fu la sua nascita. Prima
o che poteva aver pensato egli di se stesso. che la degenerazione si faccia troppo manifesta chiu-
Postosi tra l’ideologia intellettualistica, e na- diamo le porte - e torniamo a un nuovo periodo d’inno-
zionalistica, rappresentata dall’icona della cenza cercatrice. Perché imprigionarci nelle cose fatte
“missione del dotto”, gestita in Italia dal da noi? Il nostro mestiere è di fabbricar palazzi e non
D’Annunzio, e l’ideologia imprenditoriale di morirvi come una bestia in un guscio. Facendo que-
del “mercato culturale”, poi programmatica- sto io perdo del denaro (quello dei libri) - dell’influen-
mente accolta dal Futurismo, Papini sembra- za, della notorietà ecc., ma guadagno tutto il resto e
va intenzionato a recuperare per il momento posso permettermi la solitudine e la creazione per me
il ruolo egemone dell’intellettuale, non solo e la ricerca sincera della perfezione invece della perio-
come portatore di creatività artistica, ma qua- dica vendita di promesse non mantenute. Prenderò ora
una piccola casa in campagna e dopo giugno, appena
le conservatore di una memoria culturale che liquidato tutto questo periodo della mia vita e adem-
doveva sempre sapersi rinnovare per ripro- piuti tutti i miei impegni
porre nei momenti di crisi modelli adeguati editoriali, mi ritirerò lag- Il nostro mestiere è di fabbricar palazzi
di comportamento. giù a vivere con pochissi- Lettera di Papini a Prezzolini, 19 aprile 1907.
mi libri. Scriverò per riviste ed editori quello che ci
vorrà per completare quel poco che posseggo e pense-
rò più ad essere veramente quel ch’io sono nel fondo
che a far delle chiacchere perché anche gli altri siano
quel che vorrei essere.

203
Nel difendersi dalla caricatura che ne faceva Prezzolini, Papini sembrò ripensare alla funzio-
ne di editore quasi fosse il completamento della sua veste di intellettuale, come sottolinea A.
Cadioli. Quindi l’immagine che si fece strada in lui era quella di un pensatore, sì attivo nel-
la polemica filosofica ma, nello stesso tempo, innamorato della forma letteraria; di uno scrit-
tore non immediato e, per le stesse ragioni, bibliofilo; che vive pienamente il suo tempo e la
sua storia, pur sentendo di aver radici altrove, magari nel contesto culturale europeo. Sentì
quindi la necessità di farsi portatore di una tradizione di pensiero sulla quale fondare l’auto-
nomia dai contingenti condizionamenti, che era possibile mantenendo un continuo collo-
quio con gli autori della sua biblioteca, come un letterato rinascimentale a detta di V. Lepri;
e, per essere di qualche utilità alle cieche sofferenze della contemporaneità, intese offrire an-
che agli altri il conforto della spiritualità di pensatori e di poeti scomodi come Boezio e Dan-
te. Perciò fuori da ogni moralismo o idealismo di scuola, Papini pensava suo compito fosse
proporre da una par-
te la rilettura dei mi-
L’ opera di Dante non è ancora finita di scrivere. Quando lo sdegnoso poeta
ebbe chiuso, col bel verso celestiale, l’ultima cantica, aveva soltanto creato
stici, dall’altra farsi il tema fondamentale sul quale gli uomini dovevano eseguire le più complica-
diffusore del pragma- te variazioni. Un gran libro non è che il motivo iniziale dal quale movono le ge-
tismo anglosassone. nerazioni per comporre tutti i tempi possibili di una sinfonia secolare. Ogni uo-
mo che legge una grande opera, anche se ha l’anima piccola, vi aggiunge una
277.Giovanni Papini, riga, un’intonazione, una pausa e qualcosa di ciò che egli sente penetra in essa
24 cervelli, 1913. e si trasmette a quelli che leggeranno dopo. Perciò i libri massimi - come quel-
lo di Dante - non possono essere considerati soltanto come creazioni persona-
li, ma bensì come formazioni artistiche di un genere particolare; nelle quali, ad
un blocco centrale originario, si aggiungono
Comporre… una sinfonia secolare tante stratificazioni fino al punto di cambiarne
Da G. Papini, 24 cervelli, Vallecchi, Firenze 1924, p. 19. la primitiva forma.

204
NUOVE FORZE CONTRO IL DOGMATISMO
Quanto successo lo rese più cauto e quando un anno dopo si riaffacciò
l’occasione di ritornare sul progetto della collana con l’aiuto di Carabba,
S appi dunque che un editore mi ha offerto di dirigere
a modo mio, despoticamente, una collezione filoso-
fica. Io ho proposto di fare quella collez. di volumetti
Papini si guardò bene dal darne comunicazione a Prezzolini; si rivolse brevi (100-150 pp.) di cui parlai già a Cas[ati]. L’edi-
ad altri amici, per esempio a Soffici, le cui inclinazioni aveva avuto tem- tore ha accettato, ho firmato il contratto e ho voluto
po di saggiare al punto di coinvolgerlo direttamente nel progetto. mandar subito i mss. di due volumetti che avevo già
Saltano subito agli occhi le analogie, ma anche le sottili e significative preparati in parte. Perciò ho dovuto un po’ faticare,
differenze. Di fatto si parlava della stessa cosa: materialmente vengono specialmente essendo quassù senza libri e senza aiuti.
posti sotto i nostri occhi gli stessi oggetti, una serie di «volumetti bre- Ieri ho spedito il pacco e ora aspetto i denari. Giacché
vi (100-150 pp.)», o, meglio, una «bibliotechina». L’aspetto della mi- mi son dimenticato di dirti che ogni volumetto è paga-
to (anche se si tratta di semplici traduzioni, o di riedi-
nutezza, noi diremmo della sua forma tascabile, veniva addirittura ri-
zioni di opere ital. con prefazione) e che io sono inca-
badito in quarta di copertina, quando al titolo della collana apparve ricato di scegliere e pagare gli altri collaboratori. Na-
Collezione di libretti filosofici. Negli intenti di Papini insistere sul mi- turalmente chi lavorerà di più sarò io perché questa
nimalismo della collana non comportava la sua irrilevanza culturale, collez. se va bene, mi assicurerà una piccola rendita di
ma per paradosso era l’esatto contrario. In realtà quella che si stava circa 1000 l. l’anno. Però anche gli amici miei, special-
inaugurando era un’esplicita competizione culturale, introdotta dal te- mente quelli che hanno bisogno di guadagnare, devon
ma del pagamento dei collaboratori: «ogni volumetto è pagato». Da profittare di questa piccola fortuna mia, perciò dimmi
questa affermazione perentoria risaltano tutte le differenze dal prece- se tu potessi o volessi tradurre un volumetto o dal franc.
dente progetto: non era più un gioco diretto da «giovini, desiderosi di o dallo spagn. o dall’ingl. di un centinaio di pagine per
libertà»; ora ci si doveva battere e se lo scontro correva il rischio di es- un centinaio di lire. Se vuoi te ne indicherò alcuni fra
sere senza quartiere, la remunerazione era un mezzo necessario per quelli che vorrei pubblicare e tu te ne sceglierai uno,
che potrai, dopo, tradurre a tuo comodo. La stessa of-
compattare un piccolo e agguerrito esercito di intellettuali d’assalto che
ferta farò a Boine e a qualcun altro, ma ti prego di non
avessero ben in mente gli obiettivi da colpire in pieno clima di sfida parlar con nessuno di questa cosa, per non ricevere
ideologica. troppe offerte inutili, giacché non potranno uscire più
Era fuori discussione chi dovesse dirigere, semmai se ne precisava il di 8 o 10 vol. all’anno e io non voglio aver troppa ab-
modo, «despoticamente»: Papini si faceva ora perentorio, facendosi bondanza di manoscritti. Oltre quel po’ di utilità prati-
forza del fatto di essere lui «incaricato di scegliere e pagare» ogni even- ca che può dare questa bibliotechina ci gioverà anche
tuale collaboratore. E infine venivano resi manifesti l’obiettivo di que- per diffondere uomini e idee che ci piacciono e così con-
sta campagna e la strategia: il primo era «controbilanciare la propagan- trobilanciare la propaganda eccessivamente razionali-
da eccessivamente razionalista dei crociani», l’altro era l’impegno di sta dei crociani ecc. Ho già in mente tanti piccoli teso-
«diffondere uomini e idee che ci piacciono» per non lasciare il mono- ri da pubblicare! Suggeriscimi anche tu qualcosa - sia
polio del pensiero al crocianesimo, determinato a farsi dogma incon- filosofica, morale, mistica… Non più di 150 pp.!
trastato. Così siamo tornati al tema della Presentazione della collana: Non più di 150 pp.!
«questa nuova raccolta non… ha scopi dogmatici». Lettera di Papini a Soffici, 20 agosto 1908.

205
Per selezionare nuovi corrispondenti tra gli
amici del “Leonardo” era necessario testare
che non fossero stati ammaliati dalla sedut-
È difficile rispondere alla tua domanda, a cosa sto
lavorando. Come una talpa che sta scavando
contemporaneamente parecchie gallerie, corro da
tiva personalità filosofica di Benedetto Cro- una parte all’altra prolungando in varie direzioni gli
ce, che già aveva fatto breccia in Prezzolini. scavi di qualche decimetro… Ho l’impressione che
per una quantità di ragioni, tra le quali è da contare,
La corrispondenza con Giovanni
oltre all’ingegno e alla cultura di Croce, anche la
Vailati offre prova esplicita di que- mancanza di tali qualità nei difensori che presidiano
sta cauta verifica ideologica: ri- e costituiscono la guarnigione dei castelli filosofici
spondendo a una vaga domanda italiani, il Croce conquisterà l’Italia “senza colpo fe-
di Papini su cosa stesse lavoran- rire”, come Carlo VIII, mandando solo avanti i suoi
do, egli si lamentava che con la “forieri” a segnare i luoghi per gli alloggi e per il vet-
chiusura del “Leonardo” non esi- tovagliamento, o, se preferisci, come Pizarro o gli al-
stesse più uno strumento per con- tri condottieri spagnoli al Perù e al Messico (colla
tenere il dilagare del crocianesi- differenza che non si troverà tra le spoglie molto oro).
mo. L’intesa non poteva essere più L’attuale reazione contro il positivismo tra i giovani,
evidente; pur dopo la chiusura sarà un nulla in confronto alla reazione che, allora,
non potrà a meno di sorgere contro le prepotenze spe-
della gloriosa e combattiva rivista
culative dei trionfatori.
i due si ritrovavano ad aver conti-
nuato a camminare, se non lungo
lo stesso percorso, almeno nella Senza colpo ferire
stessa direzione. Lettera di Vailati a Papini, 1 giugno 1908.
La metafora usata da Vailati, per inquadrare
l’operazione di colonizzazione intellettuale
del Croce, piacque così tanto a Papini che
immediatamente la fece sua in un testo po-
lemico che, per l’appunto, apparve nella
collana CULTURA DELL’ANIMA all’interno della
raccolta di suoi scritti Polemiche religiose.
278.Benedetto Croce.

279.Giuseppe Prezzolini,
Giovanni Papini e
Giovanni Vailati.

206
N egli ultimi anni del quattrocento Carlo VIII
conquistò l’Italia col gesso. Nei primi anni
del novecento Benedetto Croce conquista l’Italia
In questo modo si è introdotto un altro dei protagonisti di questa
fresh start papiniana, Giovanni Vailati, a cui va attribuito molto del
lavorio relativo alla programmazione dei testi e alla messa a fuoco dei
filosofica con l’affermazione. Non c’è da meravi- filoni da seguire per quanto riguarda la pubblicistica filosofica este-
gliarsene. Cosa possono opporre gli italiani filoso- ra; non ultimo, l’impegno di una rilettura filologicamente corretta
fanti all’agguerrita e impetuosa invasione che vie-
dei classici ma del tutto scevra dalle manipolazioni dei commentato-
ne dal mezzogiorno facondo, da Napoli e da Pa-
lermo, capeggiata da quei bravissimi uomini che
ri e dei glossatori, supportati dalle forti tradizioni filosofiche - neo-
sono Croce e Gentile? Forse gli antropologi posi- platoniche, neoscolastiche, idealistiche e positivistiche - che si con-
tivisti a cui è stata data a bere la filosofia nei libro- frontavano senza tregua sul terreno nazionale, spartendosi cattedre,
ni di Roberto Ardigò? Forse quei professori d’uni- atenei e case editrici.
versità tentennanti tra un cauto criticismo e
l’amabile erudizione? Forse i fiochi rosminiani ac-
casermati a Lodi? O i quattro ragazzi pragmatisti,
mal preparati ed incerti? O quel medico smedica-
to che piglia per pensiero l’organamento faticoso
dei suoi discorsi? O quei due o tre logici modesti
e ritirati che coltivano a casa un giardinetto all’in-
glese?… Eppure sento, come tanti altri, che una
tale conquista non è stabile. Sento che dietro il
gran sistema c’è il vuoto, sotto la sicurezza la fra-
gilità, accanto all’ingegno l’abbarbaglìo, in fondo
alla salda cultura lo spirito settario. Eppure a di-
spetto del valore, delle eccellenti intenzioni e del-
le parziali ottime conseguenze, bisogna che venga
un momento in cui l’invasione sarà respinta e in
cui si mostrerà da qualcuno quel che c’è (o non
c’è) nei libri dei nuovi conquistadores.

L’agguerrita e impetuosa invasione


Da G. Papini, La religione sta da sé (1908),
in G. Papini, Polemiche religiose, Carabba,
Lanciano 1917, pp. 9-11.

207
Si tratta ora di vedere come reagì Prezzolini al proprio aggira-
mento mentre uscivano i primi volumetti della CULTURA DELL’ANI- L a mia incapacità di fare, dentro determinato tempo,
compiti e lavori dipende, disgraziatamente, da ra-
gioni più profonde, cioè da certi difetti antichi nella mia
MA. Per questo dobbiamo andare a riprendere la storia tra i due
nel periodo di gestazione della rivista “Voce”, quale viene ripor- anima e solo di tanto in tanto evitati e domati. Voglio al-
ludere alla facile stancabilità della mia immaginazione
tata spudoratamente alla luce nei carteggi curati da Sandro Gen-
la quale dopo essersi appassionata intensamente a qual-
tili, per capire come di fatto nel loro rapporto si consolidi la vo- che cosa per breve tempo è incapace di riprendere e rav-
cazione alla polemica, che li porta a ripetere il copione già reci- viare quegli stati d’animo che favorivano quel dato lavo-
tato. Ma prima di tutto, un po’ di date: se nell’agosto la notizia ro e ne segue che non potendo io far niente senza prova-
dell’iniziativa della Carabba correva tra Papini e Soffici, già in re passione o almeno interesse, le faccende restano inter-
giugno Vailati era stato interpellato per saggiarne la disponibili- rotte… Finché dura l’eccitamento io son capace di far
tà a nuove avventure intellettuali. Prima ancora, cioè il 12 mag- qualcosa e siccome l’eccitamento dura poco ho un certo
gio, Prezzolini scriveva a Papini rimproverandogli «freddezza e istinto di far cose che finiscano presto. Il peggio si è che
poca garbatezza» sul progetto ventilato di una rivista comune, questa instabilità si riflette anche sulle opinioni perché
che sarà la “Voce”. mi succede di stuccarmi delle idee come dei lavori. Co-
Nel giro di pochi giorni Papini rispondeva a Prezzolini con due me son facile a sposare così son facilissimo a divorziare
e parlando o leggendo son disposto a vedere quel che c’è
lettere datate lo stesso giorno: in una gli annunciava di aver com-
di accettabile e favorevole nelle teorie nuove che mi ca-
posto per lui «un trattatello, una specie di apologia pro vita pitano innanzi, abbandonando così le vecchie o le ultime
mea»; l’altra lo conteneva. arrivate. Questo spiega un certo ondeggiamento che c’è
nel mio pensiero e che non è dovuto né a mala fede né a
radicale incapacità di pensare ma a questo succedersi di
entusiasmi e dimenticanze, di concessioni alla multifor-
me verità e di stanchezze di cui ti parlo. Se tu pensi che
accanto a questa debolezza c’è un’ambizione antica e
non soddisfatta di far qualcosa di grande, un desiderio
non continuo ma sempre risorgente di essere un Uomo-
Guida, uno di coloro che mettono per nuove strade gli
uomini, comprenderai quanto sia dolorosa, anche per
questo, la mia vita interna. (…) Perché la tragicità del

208
pensiero di cui parlavo e che tu non hai compresa sta Lo scritto, manco a dirlo, prendeva netta posizione contro il cro-
proprio qui, che il pensiero ha bisogno di credere che cianesimo dogmatico dell’amico, ma muovendosi, com’era ormai
niente gli può sfuggire ma nonostante sente e riconosce tradizione consolidata nella polemistica papiniana, da una rigo-
che il pensiero non è tutto e che non basta dire che è tut- rosa autocritica. L’autore con impietosa puntualità si ritraeva co-
to. Perciò si sforza di perfezionare sé stesso e non sempre
me ondivago, instabile e inconcludente; facile ad accendersi a im-
ci riesce. Mio caro amico, ci sono stati, prima di Croce e
di te, altri uomini, per i quali non ho minore stima, i qua-
mediati entusiasmi, come a perderli distrattamente e per noia
li non erano così sicuri e certi come siete voi altri e per (sentimento spesso impugnato). Se la «facile stancabilità» era al-
spiegare i loro dubbi e le loro angoscie le loro inquietudi- la radice dei suoi altrettanto facili innamoramenti per uomini e
ni non mi basta sentirmi dire che non furono veri filoso- idee, subito da gettare una volta bruciati, tali «difetti antichi» del-
fi perché se io adottassi per segno dei filosofi il dubbio (e la propria anima comunque non lo facevano desistere dall’ambi-
avrei esempi da vendere) potrei dire con altrettanta sicu- ziosa aspirazione di risultare rappresentativo agli altri fino a farsi
rezza che i falsi filosofi siete voi… Il dogmatismo, caro «Uomo-Guida» per aprire nuovi percorsi d’avanguardia; cosa che
mio, non ha mai portato fortuna a nessuno, neppure ai sul piano della prassi politica riuscirà solo a D’Annunzio, nel
papi che pure lo potevano difender colle legna accese!… 1919 a Fiume. Ciò portava Papini a giustificare di fronte all’ami-
Data questa situazione io non posso far altro che il cri- co il fatto che, nonostante la consapevolezza della propria inade-
tico e il predicatore. Ma a me non basta vedere come le
guatezza, egli sentisse in sé una vocazione verso la prassi, un bi-
cose stanno ed esporre lucidamente quel che ho visto. Ho
bisogno di agire. La terza tendenza che c’è in me è quel-
sogno di agire, che lo avvicinava certo a missionari e ad apostoli
la pratica. Io sono spinto a modificare qualche cosa. Sen- ma non certo ai censori: in nome del dubbio Papini si sentiva de-
to in me, nelle ore migliori, quella insofferenza delle con- cisamente lontano dalle posizioni idealistiche e neoidealistiche di
dizioni presenti e quella smania di mutarle che fa i mis- chi, presumendo di vedere lucidamente le cose come stavano, po-
sionari e gli apostoli. Io voglio, insomma, migliorare la teva sentirsi in grado di coglierne il senso come da fuori, per giu-
vita degli uomini per mezzo di una predicazione in sen- dicarle con certezza. Da una posizione, se non critica, almeno au-
so spirituale fatta specialmente con mezzi artistici. tocritica Papini inaugurava la sua battaglia personale contro il
dogmatismo che vedeva affacciarsi attraverso la discriminante
dello specifico del filosofare.
Il dogmatismo, mio caro,
non ha mai portato fortuna a nessuno
Lettera di Papini a Prezzolini, 18 maggio 1908.

209
Su questo tipo di scontro ideologico Prezzolini sembrava glissare: pur accusando il 28 mag-
gio di essere sotto il tiro di Calderoni, premeva l’8 giugno per una felice conclusione del dis-
sidio confluendo all’interno di una testata comune, sotto la sua direzione: «Così un organi-
o sono sempre più restio (o incapace) alla comunica- smo che riunisce tutta l’Italia nuova e seria è costituito: da Casati a
I zione verbale. Spero che il tuo saggio su Bergson sia Croce, da me… a Papini. Vailati si è mostrato contrario. Egli teme co-
pubblicato presto e allora, per iscritto, farò le osserva- me te, la filosofia di Croce». Ma Papini commentava amaramente il
zioni che mi parve si potessero fare. Per ora correggo 30 agosto 1908: «È bensì vero che noialtri due andiamo diventando,
bozze, mando innanzi il R[apporto] sugli U[omini] e mi pare, sempre più differenti (me n’avvedo anche da quest’affare del
sfogo alla meglio la mia malinconia. Saluta Dolores, titolo)».
Ghiglia, Occhini.
Sempre tuo Quasi di sfuggita, nel marzo del 1909, Prezzolini chiedeva notizia dei
Giovanni primi titoli della Carabba, e Papini rispondeva che erano in bozze. In
Per ora correggo bozze maggio Prezzolini risultava già coinvolto nella collezione con un vo-
Lettera di Papini a Prezzolini, 7 agosto 1908. lumetto di J. Swift, Libelli, da lui curato. Tutto filava liscio, anche in
ragione del fatto che nella rivista appariva la réclame (a pagamento)
della Carabba e Prezzolini stesso dichiarava di vendere con successo
C aro Prezzolini,
ti prego di pubblicare nel prossimo n° della V.[oce] la
i volumi della CULTURA DELL’ANIMA. Poi a ottobre successe il fattaccio,
in cui risultarono contrapporsi Carabba e Papini da una parte, con-
tro Croce e Laterza dall’altra: le due lettere che seguono - e che sono
lettera che ti accludo riguardo alle collezioni degli
la prima di Papini a Prezzolini e la seconda è l’immediata risposta -
scrittori italiani. Spero che mi perdonerai di aver ser-
bato il segreto anche con te - ma ho dovuto contentare
testimoniano della natura ormai commerciale del conflitto.
Carabba il quale voleva lanciare all’improvviso i primi
volumi, in mezzo alle proposte e ai programmi. Egli te-
legrafò al G.[iornale] d’It.[alia] appena comparve il
programma di Croce e ora io sono sciolto dal giura-
mento di silenzio. Ti accludo anche la dicitura per l’ot-
tavo di réclame Carabba. L’articolo lo spedirò domani.
Saluta gli amici e Dol.[ores].
Tuo aff.mo
G. Papini
Ho dovuto contentare Carabba
Lettera di Papini a Prezzolini, 1 ottobre 1909.

210
C aro Papini,
ricevo ora il tuo espresso! Sono contento per te che ti Si trattava dell’apertura in contemporanea di due collane di classici
trovi a capo d’una collezione e la farai, spero, con della letteratura italiana: per Carabba SCRITTORI NOSTRI, per Laterza
precisione e capacità. Ma mi dispiace che tra la fine SCRITTORI D’ITALIA. Così siamo di nuovo precipitati in clima di concor-
d’Agosto, quando eri qui e ti dissi che il Croce inten- renzialità editoriale, dove, dietro i duellanti di sempre, ora si muove-
deva trattare con Laterza per la collezione, e il 16 vano le rispettive Case Editrici che cercavano di allargare il proprio
settembre, tu non abbia pensato ad avvertire il Cro-
ce delle offerte della Carabba. Si farà davanti al pub-
mercato; questa volta a Papini l’operazione riuscì perché il vincolo
blico, la figura di persone divise, mentre andiamo della segretezza non venne rotto da alcuno, neppure da Soffici, che
predicando agli altri l’unione per i fini non persona- pure ne era al corrente. Croce frenò Prezzolini che forse era pronto a
li della cultura italiana: si parrà, un poco, della spe- riaprire l’antica polemica: contava sull’intelligenza di Papini per non
cie di Bellonci. Un’impresa come quella sarebbe rie- sovrapporre testi e autori e sulla sua capacità di trattare, che chiunque
scita meglio se le forze non fossero state divise; ma altro, a cui poteva ricorrere la Carabba, certamente non avrebbe avu-
ormai la cosa è fatta e non pensiamoci più: ossia to. E così fu: l’articolo
pensiamoci soltanto per far che le due collezioni non
si nuocciano, e che gli interessi della cultura stian di
apparve sulla “Voce” C aro Prezzolini,
il 7 ottobre 1909, nel la mia lettera aperta, diretta a te, e che apparirà nella
sopra alle competizioni commerciali degli editori e a n° 43, col titolo Per V.[oce], ti ha già spiegato il mistero della collez. Ca-
quelle filosofiche dei direttori. Va bene così? Aspetto una collezione, anzi rabba. A dirti la verità mi dispiace di queste due impre-
l’articolo.
Ho avuto un paio di giorni di sopralavoro e preoccu-
per due collezioni di se quasi parallele. È bensì vero che che la nostra avrà
pazione perché trovo mancanti circa 200 lire dai classici, ma a doppio carattere più popolare e sarà meno, come dire?, “da bi-
conti e sto rifacendoli tutti da capo. Se debbo rimet- nome perché vi si ag- blioteca”, di quell’altra ma in ogni modo ci saranno per
terceli sto fresco! giunse Prezzolini. Pa- forza delle coincidenze di volumi ecc. Io farò di tutto
Tuo aff. pini aveva dunque perché la nostra serva di complemento a quella grande
di Laterza, come la C.[ultura] dell’A.[nima] vuol ser-
Giuseppe Prezzolini confermato a Prezzo- vire di complemento alla Collana dei Filosofi - ma ciò
P.S. Si intende che per Carabba il prezzo [della ré- lini l’impegno a colla- dipenderà dalla larghezza della scelta che faranno
clame] è di £ 3,00 per 1/16 come Laterza. borare, nel rispetto Croce e Pellizzari. Se potrò mettermi d’accordo con lo-
dell’interesse dei fi- ro, senza compromettere gli interessi di Carabba. Lo fa-
Ormai è cosa fatta nanziatori. rò volentierissimo. Rinunziare all’impresa ormai non si
Lettera di Prezzolini a Papini, 4 ottobre 1909. può e se io rinunciassi Carabba troverebbe facilmente
un altro che farebbe peggio di me…
Affettuosi saluti dal tuo
G. Papini
La nostra avrà un carattere più popolare
Lettera di Papini a Prezzolini, 5 ottobre 1909.

211
LA PRESENZA DI VAILATI E IL PARTITO DELL’ANIMA
Se il rapporto con Prezzolini sembrava indissolubile quanto continua occasione di contrasti,
per un condiviso spirito di competitività, alla salutare vicinanza di Vailati si potrebbe invece
ricondurre la pars costruens dello stesso Papini, ora impegnato a in-

N on l’erudito, non lo storico, non il professore, trodurre i suoi lettori alla biblioteca ideale in cui si era formato il suo
non il conferenziere - ma un’anima! Si fa pre- pensiero e avevano preso vita le sue aspirazioni.
sto a dire anima: tutti credono d’averla, anche gli av- Lo si capisce nel leggere l’Avvertimento di Papini al suo Pragmatismo
vocati. E ce l’hanno; ma son anime fatte a macchi- (1903-1911): nell’avvicinamento al movimento filosofico anglosas-
na, anime buone per tutti i giorni, che si lasciano sone e americano inaugurato fin dalla stagione del “Leonardo”, la
prevedere come una esperienza di meccanica, e dal-
le quali non esce mai nulla che gli uomini possano
presenza di Vailati costituì l’elemento saldo e costruttivo dell’emer-
aspettarsi da un loro simile…: quando si dice - o al- gente corrente filosofica nazionale. Il Papini sopravvissuto a quella
meno io dico - “il tale ha un’anima” vuol dire che stagione sembrava gloriarsi della ricaduta psicologica o magica del
non ha un’anima come tutte le altre, e che vi è in lui pragmatismo come se fosse creazione di spiriti che si sentivano biz-
un fremito, un brivido, un lievito, un fermento di zarri quanto inclini a stupire con il facile ricorso al paradosso e al pa-
straordinarietà che deve sentire chiunque non sia ralogico. Tale deriva verso la spiritualità o verso lo spiritismo sembra
nato irreparabilmente volgare. agganciata all’ipotesi evocata con Soffici di un Partito dell’Anima in
grado di fondere rivendicazioni sociali, aspirazioni idealistiche con
Si fa presto a dire anima un messianico sentimento religioso, il tutto sempre allo scopo di al-
Da G. Papini, 24 cervelli,cit. lontanare da sé il senso della propria inanità.

L a morte del Leonardo (1907); la morte di James (1908); la morte di Vailati


(1909); la conversione di Prezzolini all’idealismo crociano; la poca fecondi-
tà di Calderoni hanno a poco a poco rallentato la forza e l’espansione delle nuo-
ve idee ma i libri rimangono e ogni filosofo onesto deve fare i conti con il Prag-
matismo nella teoria della conoscenza e della morale… Presso di noi il Pragma-
tismo si divise quasi nettamente in due sezioni: quella che si potrebbe dire del
Pragmatismo logico e quella del Pragmatismo psicologico o magico. Alla prima
appartenevano Vailati e Calderoni ai quali moltissimo deve - per quanto i loro
scritti siano letti da pochi e da pochissimi intesi - la teoria della scienza e la lo-
gica considerata come studio del significato delle proposizioni e delle teorie. La
seconda era rappresentata da me e da Prezzolini. Noialtri, spiriti più avventuro-
si, più paradossali e più mistici svolgemmo soprattutto quelle teorie che ci face-
vano sperare un’efficacia diretta sul nostro spirito e sulle cose.
Noialtri, spiriti più avventurosi
Da G. Papini, Pragmatismo (1903-1911), Vallecchi, Firenze 1920.

212
H o riguardato, in questi giorni, gli appunti per il Partito
dell’Anima e non trovo d’esser cambiato. La mia idea era,
ora come allora, che sarebbe desiderabile un moto che, accet-
tando in massima gli ideali socialisti, aggiungesse finalità spi-
rituali, idealistiche, religiose, cristiane. Vedo che altri uomini,
indipendentemente da me, cominciano a volere e preparare
qualcosa di simile e tu vorresti ch’io stessi zitto o che mi diver-
tissi a can-
zonarli e di- L’azione, in questo caso è parola
sprezzarli Lettera di Papini a Prezzolini, 27 settembre 1908.
come fai tu? Io non ti dico di essere fatto di quel panno o di quel
feltro di cui si fanno gli uomini d’azione, ma l’azione, in questo
caso, è parola, e io me la sento di scrivere e di parlare per aiu-
tare chi fa o chi ha voglia di fare.

G li è che da parecchio tempo io mi studio di nascondere a


me stesso la profondissima verità dell’anima mia, cre-
dendo che il darsi a qualcosa, il farsi aiutatori e guide di uomi-
ni, qui, fra tanti disgraziati, sia un mezzo più nobile per di-
menticare l’infinita e irrimediabile vanità del tutto, un’ubriaca-
tura più pulita, una fuga più generosa. Per questo cerco di far-
mi anima da pastore, per questo tento di non pensar troppo al-
le cose ultime, per questo sto attento a ogni spiraglio di luce a
ogni capo di fune, a ogni tronco che galleggia, colla speranza
che sorga o possa sorgere un moto che mi travolga, un’aurora
infocata che bruci tutte le
nostre dubbiezze di soli- Il Pragmatismo e il Partito dell’Anima
tari… Il Pragmatismo Lettera di Papini a Prezzolini, 3 ottobre 1908.
(inteso nel senso eroico e magico) - il Partito dell’Anima - il
modernismo socialista sono stati via via i tentativi, gli esperi- 280.Giovanni Papini e
menti di questa volontà di inganno di me. Così deve succedere. Ardengo Soffici.

213
A distogliere Papini dall’abituale inclinazione melanconica ci riuscì so-
lo Vailati perché in grado di offrirgli una più ampia visuale filosofica eu-
ropea, il cui vasto respiro era già percepibile nell’Epistolario, che racco-
glie parte della fitta corrispondenza che il filosofo di Crema intrattenne
con le menti della cultura scientifica mondiale, da V. Pareto a E. Mach,
da G. Pykler a F. Brentano. Si legga la lettera di Vailati a Papini che, nel
fatidico agosto del 1908, lo ritraeva già in piena operatività, tutto teso
a discutere con l’amico sui testi da programmare per la collana CULTURA
DELL’ANIMA.

M i rallegro delle notizie sulla Collezio-


ne; di James cosa tradurrai? (poiché
ultimamente mi pare che egli abbia stam-
fretta o da impegni, mandami al più pre-
sto qui a Crema il manoscritto che leggerò
indicandoti le modificazioni più indispen-
pato delle gran boiate, più adatte a sminui- sabili, per evitare che esca un mostriciatto-
re che ad aumentare il prestigio, ben meri- lo. Il contenuto della Metafisica è appunto
tato, che gode tra noi). Anche di Schopen- di tal genere di “sublimità” dal quale al “ri-
hauer mi dovresti indicare con precisione i dicolo” non c’è che un passo. Ho pensato
titoli dei capitoli tradotti (e chi li tradusse? tra gli altri possibili volumi, a uno in cui
L’unica persona capace di fare bene ciò, che fosse tradotto l’opuscolo Che cos’è la filo-
io conosca… e che conosce il tedesco, è sofia (Was ist Philosophie) del Marty
Prezzolini, ma purtroppo non c’è da spera- (Praga), che è tra le migliori cose che ab-
re, per questo, in lui). Per Aristotele il pro- bia visto della scuola brentaniana. Mi spia-
cedimento più consigliabile mi sembra il ce di non aver qui l’opuscolo che devo aver
seguente, o meglio, l’uno o l’altro dei se- prestato anni or sono a Calderoni, ma ne
guenti: se il termine che hai a disposizio- ricomprerò un paio di copie, se torno anco-
ne è molto lungo (per esempio fino a Na- ra in Germania. Quel volume inglese sulla
tale), combinare di trovarci insieme a Mi- Metafisica faresti bene a mandarmelo su-
lano per rileggere insieme il manoscritto bito a Crema (anche se fossi già partito
confrontandolo, col solito metodo, col testo quando arriva, poco importa).
greco e correggendo e migliorando dove è
necessario; basterebbero 6 o 7 sedute di un Di James cosa tradurrai?
paio d’ore l’una. Se invece sei sospinto da Lettera di Vailati a Papini, 22 agosto 1908.

214
Questo scritto consta di una sequela di nodi argomentativi importanti e che descrivo-
no la traiettoria programmata del comune impegno scientifico. Se faceva subito mostra
di sé una nota di sfiducia su Prezzolini, questa non corrispondeva a un giudizio di di-
svalore. Si parlava di Schopenhauer, uno dei primi titoli in pubblicazione e di James,
su cui Vailati emetteva un duro giudizio. Qui stava lo snodo con Papini: in effetti solo
gli studi di Vailati per la logica, per la storia della scienza e per la filosofia del linguag-
gio - che lo portarono a colloquiare e a commisurarsi intellettualmente con V. Welby,
G.E. Moore, B. Russell evitando il limite del recinto neoidealista o positivista italiano -
impedirono alla sua versione italiana del pragmatismo di sprofondare nella pericolosa
debacle del parapsichismo magico a cui tendeva Papini, subendo l’influenza dell’ulti-
mo James. Invece l’interesse per la psicologia avvicinava Vailati alla Scuola di Brenta-
no, ambiente da cui nasceranno psicologi, psicanalisti e fenomenologi di tutta Europa.
In questa lettera si parlava anche di un manoscritto relativo ad Aristotele - si tratta del
Il primo libro della Metafisica, che doveva inaugurare la collana CULTURA DELL’ANIMA - e
vi torneremo tra poco, proprio continuando a seguire la pista Brentano. È indubbio che
questo era un personaggio culturale di primo piano in Europa, e fece notizia che da
qualche anno, dopo aver insegnato in prestigiose università tedesche si fosse trasferito
a Firenze, su invito di Francesco De Sarlo, rimanendovi fino all’inizio della Grande
Guerra. Vailati nel passare dagli studi di logica a quelli di psicologia riuscì a cogliere
pienamente l’importanza del nesso che rappresentava la scuola di Franz Clemens Bren-
tano, maestro di E. Husserl, di R. Steiner, A. Marty, C. von Ehrenfels e S. Freud, e sa-
peva che attorno a lui si stava formando una cenacolo tra gli studiosi italiani che era-
no o diventarono anche i suoi interlocutori abituali, quali M. Calderoni ed F. Enriques.
Oltre che al cospetto di Brentano, era a questo gruppo di intellettuali “nuovi” che
avrebbe voluto introdurre Papini per arginare le sue continue tentazioni misticheg-
gianti. Alcuni di questi autori, oltre a Brentano, furono ospitati nella collana di Papini
in seguito alle pressioni di Vailati, a dispetto di ogni vantato dispotismo dirigenziale.

281-282. Giovanni Vailati


e la copertina del suo
Gli strumenti della
conoscenza (1921).

215
Vi è una lettera in cui Vailati sintetizzò in poche righe il tracciato accademico
di Brentano, delineando altrettanto sinteticamente la doppia scuola, soffer-
mandosi sugli obiettivi polemici in comune: l’insegnamento kantiano e la psi-
cologia di Wundt. Lo presentava come l’autore di un’opera fondamentale che
aveva già colpito Papini: La psicologia dal punto di vista empirico del 1874. Sia-
mo ancora ai primi contatti tra Vailati e Papini che inaugurarono nel 1902 il
comune carteggio; col tempo il filosofo di Crema ebbe la possibilità di spiega-
re al suo interlocutore come l’opera, di per sé importante, fosse il proseguo del-
la dissertazione La psicologia di Aristotele risalente al 1867 e scritta sotto l’in-
fluenza dell’insegnamento di F. A. Trendelemburg.
Questo spiega come il testo Von Klassification der psychischen Phänomene del
1911, che è la continuazione della ricerca inaugurata nel 1874, sia stato stam-
pato già nel 1913 come La classificazione delle attività psichiche nella collana di-
retta da Papini, con una prefazione di Mario Puglisi essendo Vailati morto nel
1909. D’altronde il prof. Mario Puglisi Pico, seguace di Brentano fin dal primo
incontro in Sicilia del 1899, dal 1905 era stato a Firenze suo assiduo e insosti-
tuibile accompagnatore, traduttore, segretario e propagandista. S. Corso ne se-
gue la traiettoria che dal Circolo creato da Papini, Prezzolini e Amendola pres-
so la Biblioteca Filosofica di Firenze - fondata nel 1905 e luogo di aggregazio-
ne di molti dei collaboratori della CULTURA DELL’ANIMA su temi teosofici e del
pensiero orientale - lo porterà dopo la guerra a un approdo prettamente reli-
gioso: attraverso il modernismo si avvicinerà al metodismo protestante.

I
283.Franz Brentano, o spero bene che una qualche occasione a ciò non tarderà a presentarsi: essa potrebbe essere
La classificazione delle
attività psichiche (1921).
favorita dalla non lontana venuta a Firenze del prof. Brentano a cui ho promesso una visita
costì. Egli è precisamente l’autore dell’opera a cui ella accenna, Psychologie vom empirischen
Standpunkt, ed è certamente una delle individualità filosofiche più originali e rimarchevoli tra
i professori di filosofia tedeschi. Egli insegnò per 20 anni all’Università di Vienna e ora, per
quanto ancora nel pieno vigore delle sue forze intellettuali e fisiche, si è ritirato affatto dall’in-
segnamento e preferisce esercitare la sua influenza in un ristretto circolo di amici e discepoli.
Sono lungi dal convivere tutte le sue idee, ma approvo completamente la sua attitu-
Contro la filosofia kantiana dine aggressiva contro la filosofia kantiana, purtroppo ancora dominante in Ger-
Lettera di Vailati a Papini, 26 luglio 1902. mania, e contro Wundt, che egli giudica una fama usurpata.

216
Ed eccoci riportati sul binario che ci conduce ad Aristotele. Vailati sa-
peva che il testo di Brentano con un impianto scolastico rigidamen- M i sono messo con gran foga al lavoro aristotelico
e posso dartene buone notizie. L’avevo comincia-
te consequenziale mirava a opporsi all’interpretazione kantiana del- to con gran sforzo e quasi solo per farti un piacere, ma
lo Zeller sul modo del conoscere in Aristotele e, conseguentemente, di mano in mano che avanzo (ho già oltrepassato il
sul destino del soggetto conoscente; proprio attorno alla figura di primo quarto) più mi persuado che val la pena di com-
Aristotele e relativamente alla sua rivalutazione si stava allora gio- pierlo e cresce la fiducia di avere un buon risultato.
Pensandoci meglio vedo che sarebbe un peccato mesco-
cando il “dopo Hegel” tra due atteggiamenti filosofici riemergenti: lare nel volume brani tolti da altre opere aristoteliche;
neokantismo e neoscolastica. Nella seconda metà dell’Ottocento Zel- piuttosto qualche altro brano della Metafisica. Ma
ler e Brentano si erano levati contro l’egemonizzante interpretazione neppure di ciò vi sarebbe bisogno per avere le 150 pa-
della storia della filosofia da parte di Hegel: il primo, aderendo all’in- gine. Vedo infatti che nel volume inglese che è di for-
dirizzo filosofico kantiano, antepose nelle opere di Aristotele la logi- mato non tanto piccolo, la traduzione col relativo indi-
ca categoriale alla metafisica; il secondo, attraverso un’interpretazio- ce occupa poco meno di 100 pagine. Ora con un po’ di
ne neoplatonico-cristiana, recuperò la supremazia della sostanza sul- preambolo che hai intenzione di premettere e con qual-
le altre categorie e attribuì all’intelletto umano, inteso come sostan- che nota che potrai aggiungere nelle stesse bozze (met-
za individuale, un destino di immortalità riconducibile all’azione di- tendo in relazione le vedute di Aristotele con quelle
vina creatrice. Da parte sua, Vailati, fin dalla comunicazione al Con- contemporanee) non resterà troppo spazio ancora da
gresso Internazionale di Psicologia a Parigi nell’agosto del 1900, ave- riempire; c’è piuttosto pericolo che l’abbondanza di
materia non permetta di mettere, anche tipografica-
va fatto sue alcune intuizioni del maestro viennese per quanto ri- mente, in sufficiente rilievo il testo aristotelico, che sa-
guardava i processi cognitivi, costituiti da reti di aspettative più o rebbe bene fosse ben rotto e diviso con frequenti titoli,
meno disattese, trasportandoli nell’ambito di una prassi linguistica abbondanza di intervalli e di pagine bianche a riposo
puramente strumentale e convenzionale; pur tuttavia con il volumet- del lettore.
to per la Carabba stava prendendo le distanze dall’interpretazione
che portava Brentano a intravedere nel disegno della Metafisica Mettere in rilievo il testo aristotelico
Lettera di Vailati a Papini, 14 settembre 1908.
l’azione di una teologia; ne salvava solo la tesi della molteplicità di si-
gnificati del termine essere.
Questa più ampia cornice, che ci dà conto dell’esistenza di fermenti culturali che animavano la reazione al postidea-
lismo e al positivismo, pone l’attività di Vailati e Papini in netto contrasto con l’aria di casa, sempre più satura di ri-
gorosa dottrina di scuola idealistica, e fa acquistare una certa rilevanza al fatto che questi abbiano inaugurato pro-
prio con la Metafisica di Aristotele la prestigiosa collana di casa Carabba.
Si è già accennato a un manoscritto su Aristotele, a cui Vailati e Papini dovevano dedicare tempo e studio insieme.
Ci è dato di capire dalla corrispondenza tra i due che era stato tradotto da Papini, ma fu completamente rivisto e
corretto dall’amico: lo dimostra una seconda entusiastica lettera di Vailati.

217
284.Aristotele, Effettivamente assorbito dal testo, si spingeva addirittura a immaginarne i criteri di impa-
Il primo libro della
Metafisica (1909). ginazione: sua preoccupazione era che il testo fosse lasciato del tutto privo di note e di glos-
se a commento per mettere in evidenza la sua capacità comunicativa. Di tutto ciò farà teso-
ro Papini nell’Introduzione. Il volume inglese a cui alludeva Vailati, anche nella precedente
lettera, è A.E. Taylor, Aristotle on His Predecessors, pubblicato dalla Open Court nel 1906 a
La Salle nell’Illinois e ripubblicato a Chicago nel 1907; questa edi-
zione è appunto quella riportata nella bibliografia acclusa alla tra-
C aro Papini, duzione di Vailati.
comincio a levarmi per qualche ora al giorno, ma so- Vailati aveva decisamente preso a cuore l’impresa editoriale e, ben-
no ancora lontano dal potermi dire guarito. Il bisogno ché spossato dal male che di lì a qualche mese lo porterà a morire,
assoluto di riposo continua e anche questa cartolina la si spinse oltre, fino a ripensarne la veste tipografica.
dovrò scontare con qualche linea di febbre in più stase- Nell’ultima lettera a Papini lo consigliò di uscire dalla rigida e uni-
ra. Unica occupazione possibile è il leggere; se mi spe- formante idea di una collana che prevedesse tanti volumetti, «come
disci quelle bozze le scorrerò per verificare non vi sia- se fossero mattoni», pensando che nulla o nessuno poteva vietare al
no errori gravi e sarà prudenza. Per quelle 40 pagine Carabba di cambiare formato, oppure numero delle pagine, e, con-
che mancherebbero, il mio consiglio è di insistere pres- seguentemente prezzo. Non sapeva che questi erano proprio i crite-
so Procuste Carabba perché abbandoni la stupida idea ri inventati da Papini stesso, quando voleva fare l’editore e quando
di aver tutti i volumi ugualmente alti come se fossero
ancora non c’era all’orizzonte la figura possente di Rocco Carabba;
mattoni; niente gli vieta di mettere prezzi diversi se-
condo il numero delle pagine, sia per il pubblico sia per Vailati ignorava i precedenti e non sapeva quanto il suo amico aves-
i suoi fornitori di manoscritti. È una questione di prin- se cara proprio l’uniformità dei “volumetti” e di ciò verrà lasciato al-
cipio che è meglio fargli decidere subito, perché te la l’oscuro.
troverai davanti ad ogni passo e ti darà continue noie Vailati morì nel maggio dello stesso anno ignaro della gaffe, poiché
anche in seguito, senza contare il danno al carattere Papini evitò di incagliarsi sull’argomento con il leale compagno di
della collezione. scorribande intellettuali.
Unica occupazione possibile è il leggere
Lettera di Vailati a Papini, gennaio 1909.

218
LE PREFAZIONI DEI VOLUMETTI PUBBLICATI NEL 1909
Nelle lettere che si sono esaminate si fa riferimento a una prima uscita dei
volumetti della CULTURA DELL’ANIMA, precisamente quattro, che dovevano
rappresentare la testa di ponte della produzione filosofico-letteraria della
Carabba. Le introduzioni che risultano di qualche interesse sono solo dei
primi tre, poiché quella al volume di Boutroux si limita a poche righe at-
te a illustrare da dove i testi raccolti provenivano e ad assicurare che la
traduzione era stata rivista dall’autore stesso. Invece nelle altre Papini
sembra seguire un preciso filo logico e polemico.

N el presente volumetto si troverà tradotto soltanto il 1° libro della Metafisica. Da quel che diremo
in seguito e dalla lettura del libro stesso si vedrà che può star benissimo anche da solo e ch’è un
buon saggio del pensiero aristotelico. Del resto traduzioni del solo primo libro furono fatte in france-
se dal Cousin, e in inglese da un anonimo di Cambridge e recentemente da A.E. Taylor. Però per chi
volesse un’idea generale del contenuto della Metafisica, esporremo, brevemente, il contenuto di tutta
l’opera. Il primo libro è occupato dalla definizione della filosofia ultima (con special riguardo alla clas-
sificazione delle cause) e da uno sguardo alle dottrine dei filosofi greci anteriori ad Aristotele. Egli vi
critica in special modo la teoria delle idee del suo maestro Platone… Come si vede la Metafisica e tutt’altro che una di quelle opere sistema-
tiche come s’usano oggi. Probabilmente essa è una raccolta di frammenti fatta con poca cura e che dovette all’essere messa dopo i libri della
Fisica il titolo generale di Metafisica. Della sua autenticità non c’è da dubitare. Soltanto alcuni capitoli possono essere stati scritti da qualche
discepolo, ma in ogni modo anche in quelli si ritrova il pensiero del maestro. La presente traduzione è stata fatta sull’edizione del Christ. L’uni-
ca versione in lingua moderna tenuta presente è stata quella francese del Barthelemy Saint Hilaire. Il traduttore tiene a far sapere ch’egli non
ha lavorato né per gli scolari né per i filologi. Vale a dire che la sua versione, non solo non è pedissequamente letterale, ma neppure scrupo-
losamente completa. Perciò coloro che confronteranno questa col testo troveranno qua e là delle piccole lacune. Quali sono le cose ch’egli ha
soppresse: le ripetizioni. Tutti conoscono lo stato deplorevole in cui è giunto a noi il testo della Metafisica. Non solo vi sono, probabilmente
dei capitoli interpolati e dei pasticci incredibili di appunti e di argomenti, ma è certamente accaduto, nelle successive ricopiature, che alcuni
titoli o richiami marginali, messi lì per segnalare gli argomenti e i passaggi da una trattazione all’altra, siano entrati a poco a poco a far parte
del testo, dove appaiono, com’è naturale, come tante inutili zeppe, e ripetono noiosamente, anche due o tre volte a poca distanza, la stessa
cosa. Ora tutte queste frasi il traduttore le ha saltate, e gli pare di non aver fatto male, perché non ha tolto neppure un pensiero al libro di Ari-
stotele. Un altro proposito del traduttore è stato quello di liberarsi della terminologia e fraseologia scolastica, ormai tradizionale dopo il me-
dioevo, in chi traduce Aristotele. Egli ha cercato, per quanto ha potuto, di modernizzare l’espressione del “maestro di color che sanno”, cer-
cando di intender bene ciò che voleva dire e poi ridicendolo non già coi termini rinsecchiti della Scuola, ma con parole e modi di dire più fa-
migliari a noi moderni. Questi criteri del traduttore daranno forse ai nervi dei filosofi amatori fedeli e scrupolosi della fedeltà e della scrupo-
losità, ma questa traduzione non è fatta per loro. È fatta per quelli che vogliono sapere i giudizi di Aristotele sopra i suoi predecessori e vo-
gliono intendere bene il suo pensiero senza inutili fatiche e senza i travisamenti di una formale esattezza.

219
La collana, dunque, debutta con questo impegnativo titolo, in sostituzione dell’ambita ope-
ra di Eckhart che è stata l’oggetto della feroce polemica da parte di Prezzolini: simile over-
ture è più che degna, forse ambiziosa, certamente provocatoria. Infatti se necessita di una
giustificazione il fatto che la traduzione della Metafisica non sia completa o letterale, quel-
lo di Papini diventa un atto d’accusa per coloro che, limitandosi a una fedeltà alle parole,
di fatto tradiscono il pensiero dell’autore o non ne permettono la trasmissione ai propri let-
tori. Insomma il testo nella forma datagli da Vailati, che fa cadere le pesanti e pedanti ripe-
tizioni, non si rivolge a «color che sanno» e che vogliono solo sottilizzare sulle parole, ma
è «per quelli che vogliono sapere» - e questa è la parafrasi dell’affermazione di aper-
tura della Metafisica - e che, semmai, vogliono farsi ancora sorprendere dal pensie-
ro di Aristotele. Così, più che rimanere legati ai significati delle parole, considera-
te insostituibili, l’invito è di sgusciarne i significati per coglierne il senso, liberan-
do il pensiero dell’autore dalla termologia-sarcofago che lo tiene imprigionato. La
particolare preoccupazione rivolta alla forma espressiva tradisce esigenze di lette-
rarietà e di fruibilità linguistica, criteri che ci confermano nel riconoscere in ciò la
mano di Papini guidata dalla competenza linguistica di Vailati. Questo canone im-
plicito dell’intera collana condiziona il lavoro del traduttore e ci introduce al clima
dissacrante che si percepisce circolare tra i collaboratori del progetto editoriale di-
retto da Papini. Si fa appello all’intelligenza del lettore suggerendo la strada più bre-
ve, quasi immediata, per connettersi con l’intelligenza racchiusa nel testo; a queste
condizioni la scrittura, invece che cristallizzarsi e farsi oggetto essa stessa di inter-
pretazione a scapito del pensiero dell’autore, deve fluidificarsi, sparire come osta-
colo e farsi ponte nel dialogo tra autore e lettore, come il giardino di parole di cui
parlava Platone nel Fedro, testo che sarà tradotto per la collana da Maria Cardini
prima della sua conversione futurista.
285.Platone, Il Fedro Per Platone solo sapendolo innaffiare adeguatamente il giardino in cui sono seminate le pa-
(1909). role è possibile che si riproponga come vivo il discorso tra le anime lontane di chi ha scrit-
to e di chi poi legge. Questo potrebbe essere l’ideale di cultura che coltiva lo stesso Papini,
per il quale la scrupolosità dei pedanti rinsecchisce e avvizzisce il testo, lo priva nel suo tur-
gore e della sua umidità fertilizzante, chiama in causa quelle competenze filologiche che
piuttosto allontanano i linguaggi dall’immediata comprensione e dalla fruibilità per affer-

220
mare il peso dottrinale dell’auctoritas di scuola, riconosciuta da tutti gli addetti ai lavori.
Infatti toccare Aristotele significa penetrare all’interno del nucleo duro del principio di au-
torità, salvaguardato attraverso i suoi tecnicismi formali, difficili da capire perché ardui da
smontare e semplificare, elaborati da una millenaria tradizione esegetica che con scopi
censori ha reso sterili termini e modi del linguaggio peripatetico. In polemica con l’esta-
blishment dottrinale tradizionale ed accademico, il programma di Papini e di Vailati è, co-
me si è visto, di facilitare l’accostamento ai testi fondamentali della spiritualità, occiden-
tale e orientale, operando sulla semplificazione del loro linguaggio ma evitandone accura-
tamente la banalizzazione: l’intento è di polverizzare ogni tipo di barriera formale ed espli-
citare i codici con cui tali testi erano stati criptati per impedire un’immediata loro com-
prensione e negare loro qualsiasi efficacia comunicativa. A tal scopo era necessario che il
tappeto linguistico venisse alleggerendosi fino a farsi, come direbbe Platone, ponte tra due
anime: quella del lettore e quella dell’autore, e questo è l’obiettivo che si prefigge il tradut-
tore nel suo lavoro occulto. Per questo testo antico che fino ad allora aveva goduto di una
sua esegesi canonica, diremmo quasi liturgica, filtrata e codificata da scuole di commen-
tatori ed esegeti, si doveva vincere ogni resistenza conservatrice e favorire un accostamen-
to che fosse il più aperto possibile, decisamente laico e modernizzante, financo orientato
all’eterodossia.
Salta subito agli occhi ciò che l’introduttore non dice: ad esempio questo primo libro non
viene assolutamente presentato come “primo”, alla luce degli altri che seguono, di cui co-
munque si offre un quadro sintetico per dare «un’idea generale»: in altri termini, e per ca-
pirci meglio, viene presentato come solo a se stante, marcando la sua autonomia. Cade cioè
la sua natura introduttiva, poiché il suo procedere argomentativo risulta completo e auto-
sufficiente, al punto da poter dare da solo un «buon saggio del pensiero aristotelico» in sen-
so compiuto. Papini delinea la struttura tematica del libro enucleando tre momenti, distin-
guibili e pur sempre strettamente connessi: 1. definizione della filosofia ultima - classifica-
zione delle cause; 2. uno sguardo alle dottrine dei filosofi greci anteriori; 3. critica alla teo-
ria delle idee di Platone. Se si coglie l’intrinseco collegamento tra le tre fasi, si ottiene una
linea argomentativa decisamente dinamica e polemica che sembra anticipare le forme del-
la libellistica più tarda: perché la definizione di un sapere come ricerca delle cause si ha ri-
volgendo lo sguardo alle forme tradizionali del sapere precedentemente sviluppato, ma ta-

221
le posizione deve essere difesa dalle tesi negazioniste di Platone; oppure, al contrario, per
difendere la propria teoria del sapere come classificazione delle quattro cause dall’irriduci-
bile idealismo platonico, è necessario risultare almeno in linea con tutta la tradizione del
sapere naturalistico arcaico per trovare da questo sufficiente supporto. Da qualsiasi parte la
si prenda, la linea argomentativa ritorna su se stessa e non abbisogna di altro.
Saltano allora agli occhi le ragioni che attirano Papini verso questo libro della Metafisica, se
preso da solo. Indubbiamente così ne viene risaltata la natura polemica: Aristotele, a ricer-
ca scientifica conclusa e su saldi basi filosofiche, si muove apertamente e con fermezza an-
che contro Platone, il proprio maestro, e contro tutto il dogmatismo inalberato dagli Acca-
demici. Ma altresì lo Stagirita, per muoversi contro un avversario così teoreticamente pos-
sente, deve arruolare sapienti di tutte le specie, dai poeti e letterati agli astronomi, dai ma-
tematici ai medici: il testo risulta quindi ricco di quelle escursioni su forme di sapere già
consolidate, irrompendo negli ambiti disciplinari esclusivi, passando indifferentemente dal
mythos al logos, facendo dialogare sciamani con agronomi, ingegneri con legislatori, irrive-
rente dello specifico filosofico che, semmai, si qualifica come strumento di comunicazione
linguistica tra i vari saperi pratici, in nome di un’ideale di cultura unitario.
Certo è che simile modo di vedere questo primo libro e, di conseguenza, la stessa struttura
della Metafisica, potrebbe risultare anomalo nel contesto culturale che al tempo monopo-
lizzava lo studio di Aristotele in Italia; invece è possibile cogliere non solo la perfetta atti-
nenza dell’atteggiamento di Papini e Vailati con i risultati della filologia aristotelica, ma
sembra addirittura anticipare le conclusioni a cui arriverà Werner Jaeger qualche anno do-
po con la sua lettura genetico-evolutiva della Metafisica inaugurata nei suoi Studien del
1912 e ripresa nel suo Aristoteles del 1923. Così usando la stessa bibliografia riportata nel-
l’Introduzione come mappa concettuale è possibile ricostruire un puzzle che indubbiamen-
te va al di là dei riferimenti e delle intenzioni di Vailati, ma che ci sembra naturale se mes-
so in relazione con il bacino europeo di fermenti culturali che animano la reazione al po-
stidealismo e al positivismo, ed è un fatto incontestabile che il paesaggio culturale su cui si
affacciano Vailati e Papini appaia in netto contrasto con l’aria di casa, sempre più satura di
rigido idealismo di scuola.
Il secondo volume ci introduce di netto dentro il fronte apertosi tra il pensiero positivistico e
quello idealistico. La questione se porre o meno il Galilei all’interno di una collana filosofica
rimanda alla possibilità o meno di classificare il pensiero scientifico come filosofico, a prescin-
dere da quello che Galilei pretendeva per sé, in ragione del fatto che, come avverte Papini, le

222
denominazioni disciplinari del tempo non corrispondevano a quelle che noi tutt’ora adottia-
mo. Vengono anticipate alcune osservazioni sul Sarpi di cui di lì a poco uscirà un volume di
Scritti filosofici; ma a sua volta un uomo politico, e per di più famoso per il suo operato anti-
clericale, può a diritto essere considerato filosofo?
Per quanto riguarda l’anticlericalesimo, questo Papini “prima maniera” non ha dubbi di sor-
ta, anzi potremmo pensare che potrebbe risultare un motivo per privilegiarne la scelta; sem-
mai è la “professione” del Sarpi come dello stesso Galilei che potrebbero porre dei problemi,
a meno che non dilatassimo la categoria del “filosofare” a quella, appunto del “pensare”, an-
ticipando i termini della questione posti da Eugenio Garin, successore di Papini alla guida del-
l’Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento, per autori dalle analoghe funzioni politiche
nella Firenze umanistica e rinascimentale. Ma Papini sembra spingersi più in là, quando par-
la di «osservazioni psicologiche», e va ben inteso cosa volesse significare con questo. Chiara-
mente il caso Galilei impone che si affronti la critica al principio di autorità come posizione
preliminare a ogni sapere che si voglia definire critico, e altrettanto indubitabile che nell’ope-
rare in tal senso il pensiero deve prendere le distanze pure dal giudizio volgare, cioè quello
degli acculturati non addetti al mestiere. Ma una tale polemica si fa in Galilei più interessan- 286.Galileo Galilei,
te perché si trasforma in guerra alla stupidità, espressa con arguzia ed eleganza. Papini sta par- Il pensiero (1909).
lando non solo di distacco dalle argomentazioni puramente sensibili o fattuali, gra-
zie al metodo matematico, ma parla di tattica (noi diremmo prammatica) comunica-
tiva: forse Papini scivola in un ritratto di sé?

N on a tutti sembrerà che Galileo sia a suo posto in una collezione di scritti filosofici. Infatti Gali-
leo non ha mai fatto di proposito quella che oggi si chiama filosofia, ovvero scienza dell’univer-
sale, e non ha mai avuto troppa simpatia per quelli spiriti metafisici azzardosi, come ad esempio,
Campanella che lo eccitavano a metter fuori pensieri non proprio sicuri e dimostrabili… Nonostan-
te ciò Galileo ha pieno diritto di entrare a far parte della storia della filosofia, non solo per l’influen-
za che le sue scoperte astronomiche e le sue teorie meccaniche hanno avuto sulle menti dei tempi
suoi, ma anche per gli insegnamenti di metodo e le osservazioni psicologiche che si trovano abba-
stanza spesso ne’ suoi scritti, e che anche oggi gioverebbero ad insegnare a molti quella che Fra Pao-
lo Sarpi chiamava l’Arte di ben pensare… Vi si trovano bensì molti passi contro il principio di auto-
rità - contro Aristotele - contro il valore del giudizio volgare - degli accenni alla natura della verità,
all’importanza dell’applicazione delle matematiche allo studio della natura, alla superiorità che l’os-
servare direttamente le cose ha sulla lettura dei libri antichi. Ma forse la parte più interessante del
pensiero di Galileo è quella psicologica: le argute tirate contro gli sciocchi; i suggerimenti e i consi-
gli circa la tattica della discussione; le note sugli errori dei sensi.

223
Seguendo lo sviluppo editoriale ci troviamo a proseguire sullo stesso filo argomentativo: siamo giunti a un testo che
sembra riassumere molti, se non tutti, i motivi sopra accennati. Forse lo testimonia anche la ripresa postuma di un
articolo di Vailati con le sue osservazioni in seno alla Commissione Reale per la Riforma dell’Ordinamento Scolasti-
co secondo la legge Casati; ed è lungo questo profilo che si apre l’introduzione di Papini. Appare il motivo della guer-
ra alla stupidità attraverso l’ironia e la «canzonatura»; forse lo stesso ricorso nientemeno che ai Padri Fondatori del
pensiero filosofico, proprio per sconsigliare lo studio della filosofia, rientra nella paradossale comunicazione attraver-
so la «canzonatura». Ora questi simpatici “mascalzoni” degli intellettuali leopardiani trovano un alleato in Schopen-
hauer, che ebbe a interrompere le sue lezioni perché tutti andavano a sentire Hegel, e che si rifece adottando la stes-
sa arma della scrittura salace e piena di accattivanti citazioni da rendere graffianti e non meno vere le proprie argo-
mentazioni. Rimane da capire come tanta ciarlataneria sia stata autorizzata a circolare nelle nostre università come in
quelle tedesche, se già c’erano menti di tale levatura in grado di coglierne la pochezza. E si risponde che è la condi-
zione di autoreferenzialità di cui godono gli accademici all’interno delle università che rende evidente ciò che nella
realtà mai lo sarebbe, cioè l’intero armamentario filosofico; e questa strategia è necessaria soprattutto per un sapere
come quello idealista che fa uso esclusivo di entità astratte e mai riconducibili a fatti o cose, pena la propria dissolu-
zione. Il dogmatismo che ne consegue è necessario quindi alla sopravvivenza di tale sapere, che in altre condizioni,
aprendosi alla vita e uscendo dalle aule universitarie evaporerebbe completamente. La lapidaria conclusione di Scho-
penhauer è quindi una significativa stele che vorrebbe erigere lo stesso Papini, sve-
lando il suo animus antifilosofico come coerente approdo del suo antiaccademismo.

L a questione se si possa e si debba insegnare la filosofia nelle scuole, tanto medie che alte, è oggi
viva in Italia. Qualche anno fa io e l’amico Giuseppe Prezzolini abbiamo combattuto, un po’ col-
le ragioni e un po’ colla canzonatura, la pretesa di voler insegnar la filosofia e le ridicolaggini e i ma-
li che provengono da questo insegnamento. Recentemente, in seguito alle dispute nate nella Com-
missione Reale per la Riforma delle scuole medie, se n’è riparlato. Uno dei membri più intelligenti di
essa, Giovanni Vailati, s’è opposto all’introduzione dell’insegnamento della filosofia nelle scuole se-
condarie e ha ricorso perfino a Platone e ad Aristotele per dimostrare i pericoli di una precoce inizia-
zione al pensiero filosofico… Queste pagine dello Schopenhauer non sono inutili neppure oggi, do-
po tanti anni da che sono state scritte, e anche se la questione a cui si riferiscono non fosse sempre
viva, varrebbe la pena di leggerle, perché il nostro filosofo sa scrivere bene, è pieno di spirito e pos-
siede un buon gruzzolo di citazioni di cui è prodigo assai. Oggi i nostri neoidealisti gli tengono un
po’ il broncio, forse a causa del disprezzo c’egli ebbe per Hegel. Ma questo, semmai, è una ragione di
più per rendercelo simpatico, perché molta leggerezza e molta ciarlataneria è andata sotto il nome di
hegelismo… Riesce senza dubbio vantaggioso in più modi alla filosofia il suo insegnamento nelle
Università. Essa acquista così un’esistenza palese e il suo stendardo è innalzato davanti agli occhi de-
gli uomini; per cui viene più facilmente osservata e meno facilmente dimenticata… Da ciò deriva che
raramente un vero filosofo fu professore di filosofia.

224
LA CULTURA DELL’ANIMA SENZA PAPINI
Quasi fosse un punto di arrivo inevitabile, con questa lettera stampata nella rivista “Voce”
del 13 gennaio del 1914, Papini recise il suo rapporto con l’editore Carabba per iniziare una
nuova avventura, anche questa a breve termine, con i futuristi della rivista “Lacerba”. Ed
ecco che s’impose la figura dell’imprenditore: un uomo quadrato, con uno spiccato senso
degli affari che pur tuttavia aveva accettato il rischio di fare corpo con questo manipolo di
intellettualoidi fin troppo irregolari, dimostrando straordinaria sagacia nel puntare sulla
qualità a scapito di più facili guadagni. Per un ritratto suo e della sua azienda non si può
prescindere dagli studi raccolti negli atti del Convegno promosso da Gianni Oliva nel di-
cembre 1996, La Casa Editrice Carabba e la cultura italiana ed europea tra Otto e Novecento,
dove alla mancanza di documentazione archivistica della Casa Editrice si è supplito con
un’indagine merceologica: se gli interessi economici sono una condizione necessaria di una
politica culturale editoriale, comparando i generi abitualmente offerti dall’Editore al suo
pubblico con quelli “filosofici”, immessi nel circuito grazie all’in-
fluenza papiniana, è rinvenibile il riscontro del suo successo in mo-
do quasi palpabile data la quantificazione dell’incremento delle ven- C
aro Carabba,
dite, ciò a conferma dell’intuizione progettuale di Papini. Il perso- come lei avrà saputo mi sono deciso a dichiararmi fu-
naggio emergente a suo tempo era stato avvicinato dal figlio di Roc- turista anch’io. Lo ero da tanti anni senza saperlo, che
co Carabba, Gino, che gli fece la proposta di sodalizio editoriale da quasi mi vergogno d’essermene accorto così tardi. La
parte del padre intenzionato a fare con lui quello che Laterza aveva mia nuova posizione mi impedisce di continuare a di-
fatto con Croce, come risulta dalla corrispondenza dei Carabba con rigere le due collezioni “Cultura dell’anima” e “Scrit-
Papini tratta dall’Archivio Papini, conservato presso la Fondazione tori nostri” da Lei edite. Tutti questi vecchiumi - Alber-
“Primo Conti” di Fiesole e studiata da R. De Laurentiis. Quindi ti, Tasso, Spinoza, Cennini - sprigionano un tal puzzo
passatista che io non posso più resistere. La sola idea
l’Editore che gli si affianca era dotato di un’intelligenza pratica e di di dover gettare ancora un’occhiata su questi stupidi
una salda percezione della strategia imprenditoriale non aliena dal- versi italiani che tutti sanno fare così bene mi disgusta.
la promozione della qualità. Costui, e i suoi eredi, non solo seppero E quanto alle sole parole di coltura e di anima esse non
realizzare al meglio ciò che Papini andrà freneticamente progettan- mi suggeriscono che il vomito. Roba da professori!
do, ma salvarono questo progetto dalle sue stesse mani. Papini, si è Spero che Lei apprezzerà questo mio atto e passerà al
visto, sa far naufragare l’entusiasmo per ogni iniziativa editoriale più diligente cretino fra i suoi collaboratori queste oc-
«nell’inutilità del tutto»; ci riuscì alla fine invocando principi anti- cupazioni troppo umilianti per un uomo come me.
Mi creda
Giovanni Papini
287.Arthur Schopenhauer,
La filosofia delle Roba da professori!
università (1909). Lettera di Papini a Carabba, dicembre 1913.

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passatisti futuristi. Non solo volle recedere dall’impresa ma addirittura chiese di ritirare dal-
la circolazione alcuni suoi testi compromettenti: stava iniziando la stagione delle sue pro-
gressive conversioni e se gli erano d’ingombro certe sue prefazioni, non poteva accettare
che nel 1920 venisse ripubblicato il suo testo Polemiche religiose (1908-1914) al punto da
esigerne il ritiro. L’Editore, nella persona di Giuseppe Carabba, naturalmente non glielo
concesse, perché «significherebbe sconvolgere la Collezione», come risulta da una lettera
inviata a Papini il 31 marzo 1921; questo a dimostrare che, nonostante la rottura definitiva
a cui le parti giunsero, chi ora dirigeva l’impresa paterna si era fatto anche carico di conti-
nuare il progetto della CULTURA DELL’ANIMA, nonostante la defezione del suo direttore di col-
lana. La ragione editoriale appare netta e decisa: fin dai primi testi risultava nel dorso e nei 288.Thomas Hobbes,
risvolti di copertina annunciato l’intero disegno della collana, e se pur non poteva esserne Leviatano (1932).
rispettata la progressione cronologica, andava conservato e prima o poi completato.
289.Theodor Herzl,
Che dire del risultato? Basta scorrere il programma editoriale e c’è da stupirsi per la vastità Lo stato ebraico (1918).
dei fronti aperti. Dopo la rottura con Papini, è chiaro che per i Carabba risulterà difficile
portare avanti l’operazione avviata su così diversi campi contemporaneamente. Ma l’incre- 290.John Stuart Mill,
La servitù delle donne
scioso episodio non sembrò ostacolare la continuazione della collana: i Carabba, padre e fi- (1926).

N el compilare la presente edizione del Leviatan, l’opus maius di Hobbes, non è stata estranea, al no-
stro proposito, l’intenzione di fornire, ai giovani delle scuole medie superiori, un classico di filo-
sofia pratica, che meglio fosse intonato al clima storico e politico attuale, in modo da servire come pro-
pedeutica, per dir così, alla comprensione della necessità storica del Regime fascista e come di esem-
plare di una dottrina politica, che, meglio di ogni altra, nelle sue esigenze e nei suoi capisaldi, inveras-
se questa nostra era fascista. Certo lo Stato di Hobbes non è lo Stato fascista. Altre sono le basi scien-
tifiche, altre le condizioni storiche, altri i motivi ideali delle due concezioni. L’uno è l’annullamento,
l’altro il potenziamento dell’uomo nella superiore realtà dello Stato…
Ma se diverse sono le basi costitutive e i motivi ideali delle due concezioni, esse pure hanno un sal-
do fondo comune, che si accentra, sopra tutto, intorno al nuovo concetto fascista di Stato, come supe-
riorità di fini e superiorità di forza: intorno a quella, dice l’on. A. Rocco, dicotomia, che trasforma l’an-
tico “Stato liberale, senza proprio contenuto, e senza effettiva sovranità, nello Stato fascista” e per ef-
fetto di cui, anche allo stato di Hobbes, si può applicare la formula con cui lo stesso Duce, nel discor-
so di Milano del 28 ottobre 1925, sintetizzò la funzione e la natura dello Stato fascista: “Tutto nello
Stato, niente al di fuori dello Stato, niente contro lo Stato”.

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gli, sono gente dura, sono abruzzesi, la cui tempra non è mai stata piegata neppure dai
terremoti. Se vi erano ragioni per credere nel progetto non li fermarono né la morte di
Vailati né le bizze di Papini; all’intero disegno originale diedero ulteriore respiro e alimen-
to pur in assenza degli ideatori. Ma chi subentrò nella direzione del progetto editoriale?
Giuseppe dirigeva la casa editrice con sagacia e Gino, anche se più colto del padre, ave-
va frequentato gli ambienti culturali fiorentini; ma potevano avere costoro tutte le cono-
scenze per coordinare una tale vastità di orientamenti? La necessità di scoprire le menti
che hanno architettato gli ulteriori sviluppi e l’avvicinamento a precisi autori o gruppi di
lavoro nasce dal fatto che saltano immediatamente agli occhi certe curiose derive: un in-
teresse psicologico che agganciò un Aristotele minore alla ripresa del kantismo; la pre-
senza di un filone politico che da Aristotele arriva fino a Carpenter, passando attraverso
i classici del parlamentarismo anglosassone o del pensiero liberale. Indirizzi decisamen-
te fuori moda relativamente alle ideologie di regime. Infine, ma non ultimo, a scorrere il
catalogo dei curatori o traduttori, oltre alla notorietà dei nomi, si riscontra l’alta frequen-
za di collaboratori di stirpe ebraica. Stampare testi di cultura (e di politica) ebraica, co-
me di cultura orientale in genere, era un vezzo anche di editori orientati come Diederichs
a quello spirito pangermanista che sfocerà nell’intolleranza razziale e antiebraica. La no-
vità semmai è rappresentata dall’averli impegnati su testi di cultura tedesca, diremmo pa-
trimonio squisitamente ariano. Potrebbe,

N on appena mi capitò sotto gli occhi questo li-


bro e n’ebbi gustato i pregi e tosto mi promi-
si di volgerlo nel nostro idioma e farlo così cono-
in tal caso, non essere più una semplice
coincidenza che la collana chiuda nel
1938, lo stesso anno in cui vengono pro-
scere e diffondere in Italia dove, sgraziatamente, i mulgate le leggi razziali in Italia.
fecondi principi della illuminata opinione moder- A conclusione portiamo la testimonianza
na procedono tanto a rilento nelle applicazioni… dell’imbarazzo della collana nei confronti
Ma l’epoca di una nuova riforma si avvicina.
del potere del Regime Fascista, eviden-
Non precorriamo dunque i fatti, né ci accada di
vedere il tempo più fosco che non sia. In questi
ziando il contrasto che esiste nei contrap-
ultimi tempi si videro maturare i frutti della filo- posti indirizzi dati alle Introduzioni a due
sofia, quasi per incanto su tutto il terreno euro- testi - Il Leviatano di Hobbes e La servitù
peo; e le ultime autocrazie dell’Occidente si sco- delle donne di Stuart Mill - che si devono
ronarono davanti all’opinione minacciosa, sebbe- commisurare con gli stessi forti condizio-
ne disarmata, dei popoli illuminati. namenti politici e liberticidi del tempo.

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