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Caffè e caso acrilammide: cosa c’è da


sapere
Nadia Rossi 10 Maggio 2018

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In California un giudice ha stabilito l'obbligo di indicare sulle confezioni di caffè l'avvertenza


"Contiene sostanze che possono nuocere alla salute". L'imputato è l'acrillamide

La sicurezza alimentare è un tema molto attuale e sempre al centro di cronache e studi. Dal luglio
2017 gli Stati dell’Ue hanno preso in esame la proposta della Commissione Europea di ridurre i livelli di
acrilammide negli alimenti, arrivando alla stesura del Regolamento 2017/2158 che istituisce misure di
attenuazione e livelli di riferimento per la riduzione della presenza di acrilammide negli alimenti
(entrato in vigore lo scorso 11 aprile). Misure dovute visto che l’acrilammide presente in una grande
varietà di alimenti può, secondo conclusioni dell’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (Efsa),
aumentare il rischio di sviluppare cancro nei consumatori. Detto ciò, lo scorso 30 marzo è arrivata la
notizia dagli Stati Uniti di un giudice californiano che ha stabilito l’obbligo di indicare sulle confezioni di
caffè l’avvertenza “contiene sostanze che possono nuocere alla salute provocando anche il cancro”.
Nel mirino della sentenza c’è proprio l’acrillamide. Una mossa giustiScata?

Un composto variabile

Lo abbiamo chiesto a degli esperti, ma prima di conoscere la risposta cominciamo con l’inquadrare
l’oggetto del contendere. L’acrilammide non è una sostanza nuova: fa parte degli alimenti
dall’invenzione del fuoco. Si tratta infatti di un composto che si forma naturalmente durante la cottura
ad alta temperatura di diversi alimenti di origine vegetale. Le prime ricerche si sono occupate quasi
esclusivamente della sua formazione in alimenti ricchi di amidi come le patate e i cereali, ma una certa
quantità si sviluppa anche in altri prodotti, caffè compreso. La fase in cui prende il via il suo sviluppo è
la reazione di Maillard, che conferisce l’aspetto abbrustolito e l’aroma di cotto a cibi fritti, arrostiti,
preparati al forno o tostati. Durante questo processo di cottura gli zuccheri presenti nel cibo (ad
esempio il glucosio e il fruttosio) e l’aminoacido asparagina si combinano formando l’acrilammide. Nel
caffè tostato, in genere il suo contenuto varia in base a diversi fattori come la composizione della
miscela, il grado di tostatura o la velocità di tostatura. «La Commissione Europea - precisa Mario
Cerutti, presidente del Comitato Italiano del Caffè - ha pubblicato i valori di riferimento e le misure di
mitigazione che gli operatori dell’industria alimentare devono applicare per la riduzione della presenza
di acrilammide negli alimenti. Per il caffè e i suoi succedanei i valori di riferimento sono i seguenti: 400
µg acrilammide/kg per il caffè tostato, 850 per il solubile, 500 per i succedanei del caffè a base di
cereali, 4.000 per succedanei a base di cicoria. Per quanto riguarda la capacità di diminuirne la
quantità, dipende molto dalla possibilità di utilizzare le misure di mitigazione a disposizione. Quelle
applicabili sono: la composizione delle miscele (i chicchi di Robusta tendono a produrre più
acrilammide dei chicchi di Arabica), le condizioni di tostatura (il caffè tostato scuro ne contiene una
quantità inferiore rispetto ai chicchi dalla tostatura chiara, poiché questo composto si forma nelle fasi
iniziali della tostatura e si riduce man mano che si procede con essa). La velocità di tostatura è un
altro elemento di cui tenere conto, processi più lenti portano ad avere un caffè con meno
acrilammide».

Monitoraggio continuo

Trova giustiScata la decisione del giudice californiano? «Si tratta di un pronunciamento - continua
Cerutti - che riguarda esclusivamente la legislazione dello Stato della California e riteniamo che tale
sentenza possa creare un ingiustiScato allarmismo nei consumatori. Nel 2016, l’Organizzazione
Mondiale della Sanità ha rimosso il caffè dalla lista dei possibili cancerogeni per gli esseri umani e un
corpus signiScativo di studi scientiSci suggerisce che il consumo moderato di caffè, tra 3 e 5 tazze al
giorno, non è associato ad un aumentato rischio di cancro anzi è protettivo verso una serie di patologie
come il diabete di tipo 2, il tumore al fegato e all’endometrio. La normativa europea ha disciplinato la
materia e i livelli saranno periodicamente riesaminati dalla Commissione Europea al Sne di perseguire
una continua riduzione della presenza di acrilammide negli alimenti». Il torrefattore, piccolo o grande,
è, dunque, tenuto a controllare le condizioni di tostatura per attenuare il più possibile il contenuto di
acrilammide.

«Come già avvenne con l’ocratossina A, legiferata per il caffè torrefatto dal Regolamento 1881/2006,
ora l’operatore del settore alimentare è tenuto ad applicare le misure di attenuazione per l’acrilammide
stabilite dal Regolamento 2017/2158 e a inserire l’acrilammide nel proprio manuale di autocontrollo -
ribadisce Francesca Bagnasco, responsabile settore alimentare di LabAnalysis di Genova -. Non è solo
il settore del caffè che si sta muovendo in tal senso, ma anche quello del pane, dei cereali, delle
patatine e in alcuni casi i limiti sono molto più bassi. Il modo migliore per rispondere a qualsiasi
allarmismo è il monitoraggio da mantenere nel tempo. Talvolta la cultura del controllo scarseggia,
mentre è importantissima; al centro c’è la nostra salute». Da osservare che l’attuale legislazione non
prevede l’adozione di misure di attenuazione per quanto concerne la bevanda caffè da parte di
operatori che effettuano la somministrazione del prodotto.

TAG acrilammide caffè salute

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