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Dispensa diritto penale (parte generale)

1. Concetti introduttivi
DIRITTO PENALE
Il ​diritto penale è quel complesso di norme giuridiche con cui lo Stato, mediante la minaccia di una
specifica sanzione afflittiva, detta sanzione criminale, reprime o previene determinati comportamenti
umani, considerati contrari ai fini che esso stesso persegue.
Il diritto penale presenta i seguenti caratteri:
● positivo​: è diritto penale solo quello previsto da norme giuridiche;
● statuale​: le norme di diritto penale possono essere emanate soltanto dallo Stato;
● pubblico​: il diritto penale è un ramo del diritto pubblico interno;
● autonomo​: il diritto penale non si limita a sanzionare condotte già vietate da altri rami
dell’ordinamento, ma tutela in modo autonomo determinati beni e/o interessi.
Il diritto penale ha sia una ​funzione punitiva​ che ​preventiva​.
L’inosservanza delle regole nel diritto penale viene perseguita mediante una sanzione afflittiva, che
incide sulla libertà personale, ragion per cui l’applicazione del diritto penale rappresenta l’extrema ratio,
da applicare nelle situazioni in cui non è stato possibile ripristinare o far dissuadere i consociati alla
violazione della norma mediante altre sanzioni (civili, amministrative o di altra natura). Al diritto penale si
collegano le pene vere e proprie irrogate dall’Autorità Giudiziaria, mentre al Diritto Amministrativo si
collegano le sanzioni amministrative, irrogate dall’Autorità Amministrativa, tranne nei casi di connessione
tra reato e illecito amministrativo, ove sono stabilite dall’Autorità Giudiziaria.
Il diritto penale sostanziale è quel ramo del diritto pubblico che disciplina e proibisce, mediante la
minaccia di una pena, determinati comportamenti umani, mentre il diritto penale processuale è quel
ramo del diritto pubblico che disciplina lo svolgimento del processo penale, che può portare
all’irrogazione della pena.
Il diritto penale fondamentale è il diritto contenuto nel Codice Penale, che è suddiviso in tre libri:
● Dei reati in generale​ (artt. 1-240)
● Dei delitti​ (artt. 241-649)
● Delle contravvenzioni​ (artt. 650-734bis)
Il diritto penale complementare è contenuto nelle varie leggi speciali, che prevedono autonome figure di
reati.


NORMA PENALE
La ​norma penale è una disposizione di legge che vieta o impone determinati comportamenti sotto la
minaccia di una pena per i trasgressori, è caratterizzata dall’imperatività, è obbligatoria ed ha carattere
statuale, nel senso che proviene soltanto dallo Stato, non è un atto autoritario dello Stato, ma è intesa
come l’interpretazione dei sentimenti e delle esigenze del popolo.
Ci sono le ​norme incriminatrici e le ​norme subordinate​, si definiscono norme penali quelle che
disciplinano l’esercizio del potere punitivo da parte dello Stato. I caratteri essenziali delle norme penali
sono:
● autonomia​: complesso di norme, dotato di proprie regole e principi;
● sussidiarietà​: il ricorso al diritto penale è l’extrema ratio;
● frammentarietà​: l’illecito penale si configura solo con riferimento a determinate modalità di
aggressione dei beni giuridici;
● necessarietà (o ​meritevolezza​): l’intervento del diritto penale deve essere limitato alla sfera
degli interessi di maggiore importanza per la collettività, di solito di rilevanza costituzionale.

NORME PENALI INCRIMINATRICI PERFETTE


Sono caratterizzate da due elementi: il ​precetto e la ​sanzione​. Per precetto si intende il comando o il
divieto di compiere un’azione o un’omissione; per sanzione si intende la conseguenza giuridica che
deriva dalla inosservanza del precetto.
Altre figure di norme penali sono:
● norme imperfette​: contengono o precetto o sanzione;
● norme in bianco​: contengono precetto generico e sanzione determinata;
● norme integratrici​: non contengono ne precetto ne sanzione, limitandosi a limitare o precisare
la portata di altre norme.


DEFINIZIONE DI LEGGE PENALE
E’ ​legge penale sia la legge che prevede un determinato fatto come reato comminando una sanzione
penale, sia quella che prevede cause di esclusione del reato o della pena, sia quella che precisa
l’ampiezza e la portata delle norme penali o di elementi di norme penali. Le caratteristiche della legge
penale sono la certezza o ​principio di stretta legalità (art. 1 c.p.), l​’obbligatorietà​, (la legge penale
obbliga tutti coloro che si trovano nel territorio dello Stato), ​l’irretroattività​, (la legge non dispone che
per l’avvenire e non ha effetto retroattivo), la ​territorialità (caratteristica per la quale la legge penale è
operante sul territorio dello Stato per cui trova limiti oltre che nel tempo anche nello spazio).


FONTI DEL DIRITTO PENALE
L’unica fonte del diritto penale è la legge dello Stato.
Sono ​fonti immediate o dirette le leggi propriamente dette (costituzione, leggi costituzionali e leggi
ordinarie) e i provvedimenti emanati dallo Stato che esercitano funzione legislativa.
Sono ​fonti mediate o indirette​, gli atti amministrativi qualora costituiscano i presupposti per poter
applicare determinate norme nel diritto penale, le convenzioni e gli usi internazionali che per acquisire
forza normativa devono essere trasformate in leggi dello Stato, il diritto straniero quando la legge italiana
ne fa riferimento.


CONSUETUDINE
La ​consuetudine non può costituire fonte del diritto penale, non può creare norme incriminatrici e nuove
pene, non ha il potere di abrogare una legge già esistente, ma ha importanza nella valutazione della
legge a seconda degli ambienti sociali a cui si riferisce quando alla norma viene attribuito un carattere
elastico con le parole: onore, decoro, pudore, moralità pubblica, buon costume.


INTERPRETAZIONE
E’ quell’operazione mentale con la quale si ricerca e se ne spiega il significato al fine di poter applicare la
norma al fatto concreto. Ci sono tre tipi: ​autentica (organo che l’ha emanata), ​giudiziale (magistratura),
dottrinale​ (giuristi nello studio del diritto).
2. Principi del diritto penale
PRINCIPIO DI LEGALITA’
E’ il principio formale su cui si basa il Sistema Penale ed è fondato sul Sistema del doppio binario,
basato sia sulla pena che sulle misure di sicurezza. E' sancito dai seguenti articoli:
- Art. 25 Cost.​: "Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima
del fatto commesso. Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla
legge."
- Art. 1 c.p.​: "Nessuno può essere punito per un fatto che non sia espressamente preveduto come reato
dalla legge, né con pene che siano da esse stabilite."
- ​Art. 199 c.p.​: "Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza che non siano espressamente
stabilite dalla legge e fuori dai casi dalla legge stessa preveduti."
Il principio di legalità formale ha quattro corollari:
● Principio di riserva di legge​: qualsiasi comportamento per costituire reato deve essere
previsto dalla legge e qualsiasi condotta per costituire reato deve corrispondere alla descrizione
legale, contenuta nella norma incriminatrice;
● Principio di tassatività​: necessità della formulazione di una fattispecie tipica, che specifichi ciò
che è penalmente lecito o illecito;
● Principio di irretroattività (art. 2 c.p.): nessuno può essere punito per un fatto che non fosse
previsto come reato al momento in cui fu commesso (è operante nei riguardi delle norme
incriminatrici ma non rispetto alle misure di sicurezza, riguarda inoltre tutte le norme giuridiche,
anche se non penali, da cui potrebbe dipendere la rilevanza penale sopravvenuta);
● Principio di tipicità (o divieto di analogia)​: è reato solo quel fatto che il legislatore ha
espressamente e tassativamente considerato come tale. Eccezione a tale corollario è la c.d.
l'​interpretazione estensiva.
A tal proposito, meritano menzione i concetti di i​ nterpretazione​ e ​analogia​.
L’interpretazione giuridica è quel procedimento logico attraverso il quale si chiarisce e si spiega il
significato di una norma. Nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello
palese del significato proprio delle parole secondo la connessione di esse e della intenzione del
legislatore. Se una controversia non può essere decisa con una precisa disposizione, si ha riguardo alle
disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe, se vi sono ancora dubbi, si decida secondo i
principi generali dell’ordinamento giuridico dello Stato.
Si ha poi la ​successione di leggi​, quando una norma si estingue ed un’altra le subentra. Il fenomeno
successorio delle leggi penali è regolato col principio di irretroattività della norma incriminatrice, sia
nell’ipotesi in cui la legge istituisca un nuovo titolo di reato, sia quando il mutamento di uno degli
elementi costitutivi di preesistente fattispecie criminose, rende punibili fatti che prima non lo erano. Nel
dettaglio:
- ​abolitio criminis​: se la nuova norma non prevede più come reato, un fatto che in precedenza era
considerato tale, si applica il principio di retroattività della legge.
- ​abrogazione​: si ha quando una fattispecie di portata più generale, succede ad una precedente di
portata più specifica, ossia è l’istituto mediante il quale il legislatore determina la cessazione dell’efficacia
di una norma giuridica.
- ​modificazione​: prevede due casi:
● Teoria della continuità del tipo di illecito​: si ha una modificazione se tra due norme il bene
giuridico protetto e le modalità di aggressione allo stesso sono uguali.
● Teoria del rapporto di continenza​: si ha una modificazione quando la nuova norma introduce
una fattispecie con elementi di specialità rispetto alla disposizione precedente.
La Cassazione ha stabilito che vi è sempre l’individuazione della normativa di favore per il reo, quindi fra
due leggi, una nuova e una vecchia, occorre applicare quella che tra le due risulti più vantaggiosa per il
reo, ossia che condurrà a conseguenze meno gravose per il reo.
Il principio di retroattività non è applicato per le leggi eccezionali (situazioni anormali) e temporanee
(hanno vigore entro un limite di tempo da esse determinato). In questi casi si applica solo e sempre la
disposizione in vigore nel tempo in cui è stato commesso il fatto.


PRINCIPIO DI MATERIALITA'
Il reato deve necessariamente consistere in un fatto umano materialmente palesatosi nel mondo
esteriore e la sola intenzione di commettere un reato non è punibile.


PRINCIPIO DI OFFENSIVITA'
Occorre che il reato sia realmente ed effettivamente offensivo del bene protetto della norma
incriminatrice.


PRINCIPIO DI SOGGETTIVITA'
Un comportamento umano costituisce reato quando, oltre ad essere tipico e compiuto in assenza di
cause di giustificazione, è anche riferibile alla volontà dell'agente (art. 27 Cost). A seguito della sentenza
n.364/1988 della Corte Costituzionale, è divenuto principio di colpevolezza, diventando il presupposto
della personalità della responsabilità penale e si oggettiva in un giudizio di rimproverabilità per
l'atteggiamento.


PRINCIPIO DI TERRITORIALITA’
Tutti gli atti dello Stato, compresi quelli legislativi, incontrano nel territorio il loro limite spaziale di
efficacia.
● La legge penale italiana, obbliga tutti coloro che, cittadini o stranieri, si trovino nel territorio dello
Stato (art. 3 comma 1 c.p.p.).
● Chiunque commette un reato nel territorio dello Stato è punito secondo la legge italiana (art 6
comma 1 c.p.p.).
● La legge penale italiana, obbliga tutti coloro che, cittadini o stranieri, si trovino all’estero, ma
limitatamente ai casi stabiliti dalla legge medesima o dal diritto internazionale (art 3 comma2
c.p.p).
E' definito territorio dello Stato:
- Il territorio della Repubblica​, ossia:
● La terraferma nei limiti fissati dai confini politici.
● Il mare territoriale che comprende le zone di mare dall’estensione di 12 miglia marine, lungo le
coste continentali e insulari.
● La spazio aereo sovrastante il territorio ed il mare territoriale.
● Il sottosuolo, fin dove l’uomo può ricavare utilità.
● Le ambasciate.
- ​Le navi e gli aerei​, dovunque si trovino, salvo che siano soggetti secondo il diritto internazionale, a
una legge territoriale straniera. Le navi mercantili private all’estero sono soggette alle leggi locali, le navi
militari o dello Stato, a bordo sono sempre da considerarsi territorio italiano, mentre per i fatti commessi
dall’equipaggio sceso a terra, si applicherà la legge dello Stato in cui si trovano.
Vi sono dei reati che anche se commessi all’estero saranno sempre puniti incondizionatamente dallo
Stato Italiano:
● Delitti contro le personalità dello Stato.
● Delitti di contraffazione del sigillo dello Stato e uso di tale sigillo.
● Delitti di falsità di monete in corso legale nel territorio dello Stato e in valori di bollo o carte di
credito.
● Delitti commessi da Pubblici Ufficiali a servizio dello Stato abusando di poteri o violando i dover
inerenti alle loro funzioni.
● Ogni reato per cui speciali disposizioni di legge o di convenzioni internazionali stabiliscano
l’applicabilità della legge italiana.
Il reato si considera commesso nel territorio dello Stato, quando l’azione o l’omissione che lo costituisce
è ivi avvenuta in tutto o in parte, oppure ivi si è verificato l’evento
Il delitto comune commesso all’estero da italiano o da straniero, è punibile in Italia e secondo la legge
italiana a condizione che: si tratti di delitto, sia punito con la reclusione, il reo sia presente in Italia.
E’ ammesso eccezionalmente il riconoscimento delle sentenze emesse da Tribunali stranieri al fine di:
● Per stabilire la recidività, ovvero per definire la tendenza a delinquere.
● Quando secondo la legge, si dovrebbe sottoporre la persona a misure di sicurezza.
● Quando importa condanna a restituzione o risarcimento, che devono essere fatti valere in Italia.
Caso particolare è il c.d. ​delitto politico​.
E’ delitto politico ogni delitto che offende un interesse politico dello Stato ovvero un diritto politico del
cittadino, è altresì considerato delitto politico il delitto comune determinato in tutto o in parte, da motivi
politici.
I delitti politici sono diretti, quando offendono gli interessi politici dello Stato nella sua essenza unitaria,
sono indiretti quelli che offendono un diritto politico del cittadino per impedirgli di partecipare alla vita
attiva dello Stato. Rientrano in questa categoria i delitti anarchici e quelli commessi per finalità di
terrorismo.
In questo contesto, fattispecie rilevante è l'​estradizione​ (art. 13 c.p.).
Consiste nella consegna che uno Stato fa di un individuo, che si sia rifugiato nel suo territorio, ad un altro
Stato, perché ivi venga sottoposto al giudizio penale o alle sanzioni penali.
Può essere ​attiva​, quando l’Italia riceve in consegna un individuo che si trova all’estero o ​passiva​,
quando l’Italia consegna ad uno Stato Straniero un individuo qualora questi abbia commesso un reato
che quello Stato è interessato a punire.
L’estradizione non è ammissibile tranne i casi espressamente previsti dalle convenzioni internazionali, è
vietata per i reati politici ad eccezione dei delitti di genocidio, per motivi di razza, religione o nazionalità e
per reati puniti all’estero con la pena di morte.
La legge italiana pone le seguenti condizioni per l'estradizione:
● il fatto che forma l’oggetto della domanda di estradizione deve essere preveduto come reato sia
dalla legge italiana che da quella straniera;
● non si deve trattare di reato per il quale le convenzioni internazionali facciano divieto di
estradizione;
● l’estradando deve essere straniero, in caso contrario deve essere consentita nelle convenzioni
internazionali.
In tema di estradizione vi è il ​principio di specialità​, ossia lo Stato richiedente ha l’obbligo di non
processare l’estradato per un fatto anteriore o diverso da quello per cui è stata concessa l’estradizione e
ha il dovere di non assoggettare lo stesso ad una pena diversa da quella relativa al fatto per cui è stata
concessa.


PRINCIPIO DI OBBLIGATORIETA’
Il nostro diritto positivo dispone che, la legge penale italiana, obbliga tutti coloro che, cittadini o stranieri,
si trovano nel territorio dello Stato, salvo le eccezioni stabilite dal diritto pubblico interno o dal diritto
internazionale. Ciò è sancito dal brocardo “ius excludendi alios”: sul proprio territorio, lo Stato non
riconosce nessun’altra autorità al di fuori della propria.
Le immunità sono particolari prerogative riconosciute a determinate persone che adempiono funzioni o
ricoprono uffici di particolare importanza. Esse si sostanziano nell’esenzione di questi soggetti da ogni
conseguenza penale, in ragione della loro qualifica personale e derivano o dal diritto pubblico interno o
dal diritto internazionale:
● diritto interno​: riguardano il Capo dello Stato, che non è responsabile degli atti compiuti
nell’esercizio delle sue funzioni (tranne che per ​alto tradimento o ​attentato alla Costituzione​).
Riguardano inoltre: i membri del Parlamento e i Consiglieri regionali, per le opinioni espresse e i
voti dati nell’esercizio delle loro funzioni (nessun membro del Parlamento può essere arrestato
senza l’autorizzazione della Camera di appartenenza, salvo reati per i quali è obbligatoria la
cattura), i Giudici della Corte Costituzionale e i membri del C.S.M. Nessuna immunità è prevista
per i reati comuni.
● diritto internazionale​: riguardano i Capi di Stato esteri che si trovano in tempo di pace in Italia,
il Papa, i Ministri degli Affari esteri e i membri stranieri dei tribunali arbitrari, gli agenti diplomatici
accreditati presso il Capo dello Stato, Consoli, Vice Consoli e Agenti consolari, reparti di truppe
straniere autorizzati dallo Stato, diplomatici stranieri, membri del Parlamento Europeo e della
Corte dell’Aja.


PRINCIPIO DEL “NE BIS IN IDEM”
Il principio del "ne bis in idem" sostanziale, esclude che per uno stesso ed unico fatto, una persona
possa essere chiamata a rispondere di titoli diversi di reato.
Questo principio costituisce il fondamento dei criteri destinati ad evitare la contemporanea applicazione
di più norme ad uno stesso fatto, fenomeno definito ​concorso apparente di norme coesistenti​.
Si parla di concorso apparente di norme coesistenti in tutte le ipotesi in cui due o più norme sembrano, in
astratto, applicabili al medesimo fatto, ma in concreto l’applicazione di una esclude l’altra. La ratio di tale
disciplina è escludere che al colpevole venga applicato il regime del ​concorso di reati in modo
ingiustificato. Nello stabilire la regola di cui sopra, il legislatore italiano ha accolto il c.d. ​criterio di
specialità​, secondo il quale lex specialis derogat legi generali.
I criteri per dirimere il conflitto apparente di norme e quindi per applicare il principio del ne bis in idem in
astratto sono tre:
● Criterio di specialità (art. 15 c.p.): presuppone che tra due norme esista un rapporto di genere
a specie e comporta la priorità della norma speciale su quella generale. La norma è speciale
quando contiene, oltre agli elementi compresi nella fattispecie generale, anche degli elementi
particolari e specifici. Questo principio ha molta rilevanza nel risolvere casi in cui due o più leggi
possano regolare lo stesso fatto giuridico, e quindi vi siano dubbi su quale decisione adottare.
Questo criterio stabilisce pertanto la supremazia delle leggi speciali sul codice civile, e delle
leggi riguardanti un preciso settore su quelle generiche. Da ultimo le Sezioni Unite della
Cassazione con la sentenza n. 1963 del 21 gennaio 2011, hanno precisato che il principio di
specialità, quale criterio di soluzione dell’eventuale concorso tra norme penali incriminatici e
norme amministrative sanzionatorie, presuppone il confronto strutturale tra le rispettive
fattispecie astratte.
● Criterio di sussidiarietà​: le cosiddette norme sussidiarie si applicano solo se non possono
trovare applicazione altre norme primarie. Il criterio di sussidiarietà sarebbe in grado di
individuare una relazione fra norme che prevedono gradi diversi di offesa al medesimo bene
giuridico: ad esempio, fra la contravvenzione di atti contrari alla pubblica decenza e il delitto di
atti osceni. In tali casi, la norma che prevede l'offesa più grave andrebbe applicata in
sostituzione della fattispecie che prevede un'offesa di grado minore.
● Criterio di consunzione o assorbimento​: esso afferma che, quando la commissione di un
reato è solitamente accompagnata dalla commissione di un secondo ulteriore reato (si pensi ad
una truffa commessa millantando credito), la comune valutazione sociale porta ad escludere
che al medesimo soggetto possano essere addebitati ambo i reati: in tutti questi casi andrebbe
solo applicata la norma che prevede la pena più grave. Secondo prevalente dottrina, tale criterio
sarebbe l'espressione di un principio più generale, detto appunto "ne bis in idem" sostanziale,
accolto dal legislatore penale in sede di disciplina del concorso di norme penali.
3. Struttura del reato
LA STRUTTURA DEL REATO
E’ definito ​reato​, qualsiasi azione, commessa con volontà colpevole, per cui la legge applica una
sanzione penale. Il reato, da un punto di vista formale e giuridico, è quel fatto giuridico volontario illecito
al quale l'ordinamento ricollega, come conseguenza, una sanzione penale (ergastolo, reclusione,
arresto, multa e ammenda)
Il sistema penale si basa sul principio di legalità formale (art. 1 c.p.), che trova tre espresse articolazioni:
● Principio di riserva di legge: Qualsiasi comportamento per costituire reato deve essere previsto
dalla legge e qualsiasi condotta per costituire reato, deve corrispondere alla descrizione legale,
contenuta nella norma incriminatrice.
● Principio di tassatività: Sta ad indicare la necessità di una precisa formulazione della fattispecie
tipica, che specifichi ciò che è penalmente lecito o illecito.
● Principio di irretroattività: Nessuno può essere punito per un fatto che non fosse previsto come
reato, nel momento in cui fu commesso.
I reati si distinguono in ​delitti (ergastolo, reclusione e multa) e ​contravvenzioni (arresto e ammenda)
secondo la diversa specie delle pene per essi stabiliti dal codice penale.
L'analisi della struttura del reato ha condotto alla formazione di due diverse concezioni:
- ​Teoria bipartita​: secondo questa teoria il reato si compone di:
● elemento oggettivo (tipicità)​. Sono ricondotti tutti i dati fenomenici con i quali si manifesta il
reato e cioè il comportamento umano e le sue conseguenze; quindi rappresenta il fatto materiale
in tutti i suoi elementi costitutivi, quali la condotta, l'evento e il rapporto di causalità tra condotta
ed evento;
● elemento soggettivo (colpevolezza)​. Si ricollegano gli aspetti attinenti alla sfera morale
dell'agente, alla sua adesione psicologica e volontaria rispetto al fatto oggettivamente mostratosi
come illecito; esprime il diverso atteggiarsi della volontà del soggetto nelle forme del dolo, della
colpa o della preterintenzione.
- ​Teoria tripartita​: secondo questa teoria il reato si compone di:
● fatto tipico (tipicità)​. E' da intendersi restrittivamente, cioè come fatto materiale comprensivo
dei soli requisiti oggettivi, quali la condotta, l'evento e il nesso causale; il fatto costituente reato è
cristallizzato in una norma che ne descrive in maniera precisa i contorni e l'ambito applicativo;
● antigiuridicità. Costituita dalla contrarietà del comportamento non solo alla norma penale
incriminatrice (c.d. norma di divieto), ma a tutto l'ordinamento non essendovi altre norme che
giustificano detta condotta (c.d. norma permissiva);
● colpevolezza​. Rappresenta la volontà riprorevole del soggetto agente nelle sue due forme del
dolo e della colpa


L’OGGETTO DEL REATO
La nozione di oggetto del reato può intendersi in senso materiale e giuridico:
● oggetto materiale​: è l’entità fisica su cui ricade materialmente la condotta criminosa e può
essere sia una cosa che una persona.
● oggetto giuridico​: è il bene-interesse tutelato dalla norma incriminatrice e che viene
conseguentemente offeso dal reato (ad esempio, la norma che punisce l’omicidio tutela il bene
giuridico della vita; la norma che punisce il furto, tutela il bene giuridico del patrimonio, ecc.).
In relazione al bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice si distinguono:
● reati monoffensivi​: per l’esistenza dei quali è necessaria e sufficiente l’offesa di un solo bene
giuridico;
● reati plurioffensivi​: i quali offendono più beni giuridici;
● reati di offesa​: implicano l’effettiva lesione del bene interesse tutelato dalla norma
incriminatrice;
● reati di pericolo​: richiedono che detto bene interesse sia esposto solamente a pericolo
(concreto od offensivo, astratto o presunto);
● reati ostacolo​: si incrina non l’offesa di un bene giuridico, ma la realizzazione di certe situazioni
che lo Stato ha interesse a che non si realizzino.
Il ​danno civile è il danno risarcibile ex art. 2043 c.c.. Vi può essere un reato senza danno civile, ma mai
un reato senza danno penale o criminale, cioè senza offesa ad un bene giuridico.
​I SOGGETTI DEL REATO
- Soggetto Attivo​: è chi realizza il fatto tipico, ovvero chi pone in essere il comportamento costituente
reato. Tutte le persone fisiche possono essere soggetti attivi, in quanto ogni persona ha la capacità
penale senza distinzione di età, sesso o altre condizioni soggettive. Ne consegue che l’età, le situazioni
di anomalia psico-fisica e le immunità non escludono l’illiceità penale, ma sono rilevanti solo ai fini
dell’applicabilità della pena.
A seconda del soggetto che compie il reato, si distingue:
● reati comuni​: possono essere commessi da chiunque;
● reati propri​: possono essere compiuti solo da soggetti che hanno determinate qualifiche (c.d.
intraneus).
I reati propri a loro volta sono ​esclusivi​, quando il fatto costituisce reato esclusivamente quando è
commesso dall’intraneus e ​non esclusivi​, quando il fatto che costituisce comunque reato, se viene
commesso dall’intraneus muta titolo (ad esempio, appropriazione indebita commessa da P.U. diviene
peculato).
In base al numero di partecipanti alla commissione del reato, si distingue tra ​reato plurisoggettivo​, in
cui la norma incriminatrice richiede la presenza di più persone (ad esempio, la rissa) e ​monosoggettivo​,
che non richiede tale pluralità di soggetti.
- ​Soggetto Passivo​: è la persona titolare del bene o interesse tutelato dalla norma penale incriminatrice
e leso dal reato. Può essere sia una persona fisica che una persona giuridica. Dal soggetto passivo deve
distinguersi la figura del ​danneggiato​, che è colui al quale spettano le istanze di risarcimento correlate
al reato stesso. (ad esempio, nel caso di omicidio, danneggiati saranno i parenti).
In base al soggetto passivo, i reati si distinguono in ​plurioffensivi quando ledono o pongono in pericolo
più beni diversi con conseguente pluralità di soggetti passivi (ad esempio, la calunnia offende Stato e
persona falsamente incolpata), ​vaganti ​quando offendono un numero indeterminato di individui (ad
esempio, la strage), reati senza vittime, in cui non è facile individuare un bene giuridico (ad esempio, la
moralità pubblica).


RESPONSABILITA’ PENALE DEGLI ENTI
Il soggetto attivo del reato può essere soltanto una persona fisica, in quanto nel nostro ordinamento non
è ammessa la responsabilità penale degli enti.
La non configurabilità di una responsabilità penale nelle persone giuridiche viene desunta dall’art. 27
della Costituzione, ovvero il ​principio costituzionale della personalità della responsabilità penale​.
Vista l’irresponsabilità dell’ente, la giurisprudenza ha elaborato alcuni criteri, alla luce dei quali i soggetti
penalmente responsabili possono essere o il soggetto che ha la rappresentanza dell’ente o il soggetto
che esercita le funzioni che normalmente sono inerenti alla qualità di imprenditore (ad esempio,
l'amministratore).
Per quanto riguarda l’efficacia liberatoria della delega, parte della dottrina libera da responsabilità il
delegante, rendendo soggetto del reato il delegato, altra parte della dottrina rende responsabile il
delegante ex art. 40 c.p. in quanto non può spogliarsi dei doveri sanciti dalla legge penale. Vi sono varie
condizioni che possano avere efficacia liberatoria per l’imprenditore o amministratore a condizione che:
● l’impresa sia di notevoli dimensioni, tali da non consentire un unico controllo diretto, che i compiti
delegati non gravino esclusivamente sul titolare;
● che la persona delegata sia abile ad assolvere i compiti assegnati;
● che il delegato abbia autonomia gestionale;
● che il delegante abbia compiuto ciò che la legge poneva a suo carico;
● che l’attribuzione dei poteri sia debitamente pubblicizzata e che vi sia l’esistenza della delega
esclusiva.


RESPONSABILITA’ DEGLI ENTI PER ILLECITI DIPENDENTI DA REATO (D.Lgs. n. 231/2001)
Il decreto legislativo n. 231/2001 regola la responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi; la norma
precisa che l’ente è responsabile per i reati commessi nel suo interesse e a suo vantaggio da persone
che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione, nonché da persone che
esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso, oltre che da persone sottoposte alla
direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti appena indicati.
Anche per l’ente vale il principio di legalità formale e il sistema sanzionatorio preposto dal decreto,
prevede le seguenti sanzioni: pecuniaria, interdittiva, la confisca e la pubblicazione della sentenza.
Le ​sanzioni interdittive sono l’interdizione dell’esercizio nell’attività, la sospensione o la revoca delle
autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito, il divieto di contrattare con
la pubblica amministrazione, l’esclusione di agevolazioni, finanziamenti, contributi, sussidi e la revoca di
quelli già ottenuti.
Per l’illecito amministrativo dipendente da reato si applica sempre la sanzione pecuniaria, applicata per
quote, il cui numero è determinato dal giudice in base alla gravità del fatto. La sanzione pecuniaria è
ridotta se vi è il tentativo; quando l’ente è responsabile in relazione ad una pluralità di reati commessi
con un’unica azione od omissione, si applica la sanzione pecuniaria prevista per l’illecito più grave
aumentata fino al triplo, anche se tale cifra non può superare la somma delle sanzioni applicabili per
ciascun illecito.


RESPONSABILITA’ PER I FATTI COSTITUENTI REATO COMMESSI DA ANIMALI
Rientrano nel ​caso fortuito​, i fatti costituenti reato commessi da animali selvatici o randagi, non ne
risponderà nessuno, nemmeno lo Stato proprietario della fauna selvatica. Per quanto riguarda gli animali
custoditi da un soggetto, questi ne risponderà a titolo di ​dolo se li ha aizzati o indotti volontariamente a
commettere il fatto, a titolo di ​colpa per violazione del dovere di diligenza nel controllo, se tale induzione
o aizzamento è mancato.


IL REATO CONTRAVVENZIONALE
Le contravvenzioni si distinguono dai delitti in base alla pensa stabilita dalla legge, che per tali reati è
l’arresto e l’ammenda. Sotto il profilo oggettivo vi sono le contravvenzioni mediante azione, mediante
omissione e commissive mediante omissione. Nelle contravvenzioni, ciascuno risponde delle proprie
azioni e delle proprie omissioni, siano esse dolose o colpose. Vi sono dottrine contrastanti in merito alle
contravvenzioni, minoritaria è quella che ritiene che per la punibilità non è richiesto ne dolo ne colpa,
essendo sufficiente la mera coscienza e volontà della condotte, mentre la dottrina dominante ritiene la
necessità almeno della colpa.
4. Elementi oggettivi del reato
ELEMENTI OGGETTIVI DEL REATO
Gli elementi oggettivi del reato si distinguono in:
- condotta
- evento
- nesso di casualità


CONDOTTA
Con il termine ​condotta si indica il comportamento umano che costituisce reato. Per essere penalmente
rilevante, la condotta deve corrispondere a quella descritta dalla norma incriminatrice speciale, deve cioè
essere tipica.
La condotta può essere positiva (azione) o negativa (omissione), ma in ogni caso deve essere
accompagnata dalla coscienza e volontà di chi la compie.
Con il termine "presupposti della condotta", si indicano quegli elementi, di fatto o di diritto, che
preesistono alla condotta e dai quali la condotta stessa prende le mosse perché il reato sussista, come
ad esempio la gravidanza nell’aborto e la detenzione altrui nel furto.
A tal riguardo, l'art. 42 comma 1 c.p., sancisce: "Nessuno può essere punito per un’azione od omissione
preveduta dalla legge come rato se non l’ha commessa con coscienza e volontà".
Affinché vi sia ​azione (condotta attiva), deve esserci un movimento del corpo, che si concretizzi in atti
esternamente visibili e manifestati. L’azione può essere quindi costituita da un unico atto (​reati
unisussistenti​) o da una pluralità di atti (​reati plurisussistenti​).
L'omissione (condotta omissiva) consiste invece mancato compimento dell’azione che si attendeva da
una persona.
I reati omissivi si distinguono in:
● Reati omissivi propri​: per la cui sussistenza è necessaria e sufficiente la semplice condotta
negativa del reo.
● Reati commissivi mediante omissione​: perché ricorrano è necessario che il soggetto, abbia
causato con la propria omissione, un dato evento.


L’EVENTO
L'​evento è il risultato della condotta consistente nella concretizzazione di una situazione derivante da un
certo comportamento, è quindi un effetto naturale della condotta dell’agente. A tal proposito, si
distinguono:
● Concezione naturalistica​: è qualsiasi modificazione della realtà naturale, conseguenza della
condotta esteriore dell’uomo.In questo caso, l’evento non è l’elemento che ricorre sempre nel
reato, esistono reati con pluralità di eventi e reati aggravati dall’evento.
● Concezione giuridica​: l'evento coincide con l’offesa arrecata dal reato e consiste nella lesione
o messa in pericolo del bene protetto dalla norma. In questo caso, ogni reato consta
necessariamente di un evento, non esistono reati con doppio evento o aggravati dall’evento:
dall’evento dipende l’esistenza del reato.
In funzione dell'evento, è possibile distinguere diverse tipologie di reati:
● Reati di pura condotta​: sono quelli che si realizzano attraverso un semplice comportamento
umano.
● Reati di evento​: la cui consumazione richiede che si concreti un effetto distinto della condotta.
● Reati di danno e di pericolo​: a seconda che il bene sia lesionato o solo messo in pericolo
● Reati istantanei e permanenti​: i primi si esauriscono in un solo momento, gli altri si
protraggono.


NESSO DI CAUSALITA’
Ai fini dell’esistenza di un reato è necessario che la condotta e l’evento siano legati da un nesso causale.
L’esistenza di tale legame è importante per poter stabilire se un fatto verificatosi sia opera dell’uomo, che
grado di responsabilità questi abbia avuto, oppure se il fatto debba attribuirsi a fattori estranei.
Vi sono diverse teorie dominanti:
● Conditio sine qua non​: deve considerarsi ogni singola condizione dell’evento, è causa
dell’evento l’insieme degli antecedenti senza i quali l’evento non si sarebbe verificato;
● Causalità adeguata: è necessario che l’azione determinata dall’uomo sia proporzionata a
provocare l’evento;
● Causalità umana​: per l’esistenza del rapporto di causalità, è necessario che l’uomo abbia posto
in essere una condizione dell’evento e che quest’ultimo non sia il risultato del concorso di fattori
eccezionali.


LA COSCIENZA E LA VOLONTA’ DELL’AZIONE (C.D. SUITAS)
Tale coefficiente psichico è indicato nell’art. 42 comma 1 c.p., ed è necessario perché possa parlarsi di
condotta. La dottrina dominante afferma che esistono alcuni atti, i quali pur svolgendosi al di sotto della
sfera lucida dell’intelletto, sono attribuibili all’agente, il quale con uno sforzo di volontà avrebbe potuto
evitarli. Gli unici atti, che invece si sottraggono al controllo del volere, sono quelli che non possono in
alcun modo essere impediti dal soggetto (atti istintivi e riflessi) coma ad esempio i movimenti compiuti
nel delirio di una malattia.
La ​suitas​ risulta esclusa in due ipotesi definite dal legislatore:
● la ​forza maggior​e: ogni forza esterna contro la quale il soggetto non può resistere e che lo
determina, contro la sua volontà e in modo inevitabile, al compimento di un’azione;
● il ​costringimento fisico​: non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato da altri
costretto, mediante violenza fisica alla quale non poteva resistere o comunque sottrarsi. Del fatto
commesso risponderà l’autore della violenza.
In funzione della condotta, è possibile distinguere diverse tipologie di reati:
● Reati di azione e di omissione​: i primi che si realizzano con un’azione, i secondi con
un’omissione
● Reati a condotta mista​: richiedono cumulativamente un’azione ed un’omissione.
● Reati a forma libera e vincolata​: i primi concretati con qualsiasi attività che realizzi un
determinato evento, i secondi in conformità a quanto espressamente indicato nella norma.
● Reati unisussistenti e plurisussistenti​: un solo atto o più atti.
● Reati senza azione​.


TEORIA DELL’IMPUTAZIONE OGGETTIVA DELL’EVENTO
La teoria prevede che la condotta:
● sia "​condicio sine qua non" dell'evento secondo il criterio naturalistico noto;
● costituisca un c.d. aumento del rischio non consentito dall'ordinamento;
● l'evento sia realizzazione del rischio non consentito.
Le attività rischiose vengono classificate secondo una triplice partizione:
1. Condotte pericolose e non giuridicamente autorizzate​: sono le condotte non utili e dannose,
punite in sé o in quanto causa di eventi lesivi. L'ordinamento sancisce per queste condotte
l'obbligo di astenervisi, essendo queste direttamente previste dalle norme incriminatrici quali
condotte illecite o quali cause di un evento illecito normativamente stabilito.
2. Condotte non giuridicamente autorizzate perché trasgressive di norme cautelari​: le
condotte de qua infatti, rientrano negli scopi preventivi delle norme cautelari, sono
obbiettivamente prevedibili e obbiettivamente evitabili.
3. Attività rischiose, ma giuridicamente autorizzate perché socialmente utili​: esse implicano il
rispetto del limite dell'autorizzazione prefissato dalla norma cautelare, minimizzando i rischi di
eventi lesivi


CONCETTO DI ANTIGIURIDICITA’
Consiste nel contrasto tra il fatto e l’intero ordinamento giuridico. Considerata un concetto unitario e
inscindibile, non è né oggettiva né soggettiva. Nella struttura del reato, l’​antigiuridicità si sostanzia nella
mancanza delle cosiddette cause di giustificazione.

5. Elementi soggettivi del reato


ELEMENTI SOGGETTIVI DEL REATO
L'elemento soggettivo, inteso come atteggiamento psichico dell'agente, può assumere le forme del ​dolo​,
della ​colpa​ o della ​preterintezione​.


IL DOLO
Si definisce ​dolo​, la rappresentazione e volontà di realizzare il fatto costituente reato.
Il dolo è il normale criterio di imputazione soggettiva in quanto l’art. 42 comma 1 c.p., stabilisce che
nessuno può essere punito per un fatto previsto dalla legge come delitto, se non l’ha commesso con
dolo.
Il delitto è doloso o secondo l’intenzione, quando l’evento dannoso o pericoloso, è dall’agente preveduto
e voluto come conseguenza della propria azione od omissione, ed è strutturato da due elementi
costitutivi, ​un momento rappresentativo​, ovvero occorre che l’agente abbia una visione anticipata di
tutti gli elementi significativi del fatto che costituisce reato, e ​un momento volitivo​, ovvero occorre che
la volontà dell’agente sia rivolta all’effettiva realizzazione della condotta e dell’evento conseguente ad
essa.


L’OGGETTO DEL DOLO
La dottrina dominante ritiene che l’oggetto del dolo sia il fatto tipico o costitutivo di reato e vi rientrano la
condotta tipica, ovvero l’azione che costituisce reato, le caratteristiche del soggetto passivo, gli elementi
normativi del fatto (elementi valutati in base ad altre norme, giuridiche e non), gli elementi negativi del
fatto ovvero le cause di giustificazione, l’evento naturalistico che deve essere voluto e preveduto,
l’evento giuridico, ovvero la lesione o messa in pericolo del bene protetto, il nesso di causalità fra
condotta ed evento.
La Corte Costituzionale ha stabilito che per aversi dolo, occorre che il soggetto abbia la
rappresentazione e volontà degli elementi significativi della fattispecie di reato e la consapevolezza che il
fatto che sta per commettere è un illecito penalmente sanzionato, non occorre che l’agente conosca
quale sia la norma penale e quale sia la pena specifica.


TIPOLOGIE DI DOLO
E' possibile distinguere il dolo in:
- dolo diretto: si configura ogni qualvolta l’evento conseguito è rispondente a quello voluto e
rappresentato dall’agente, vi è poi il ​dolo alternativo​, quando dall’azione vi è la possibilità del verificarsi
di due eventi, indifferenti all’agente che li vuole entrambi e il ​dolo indeterminato​, quando il soggetto
agente vuole due o più risultati, cumulativamente o alternativamente.
- dolo indiretto: si ha quando il risultato conseguente alla propria azione, pur rappresentato, non è stato
dall’agente direttamente o intenzionalmente voluto. L’unica forma di dolo indiretto riscontrabile in
concreto è il ​dolo eventuale​, che ricorre quando l’agente prevede un certo evento come conseguenza
della sua condotta e agisce accettando il rischio del suo verificarsi. Si differenzia dalla ​colpa cosciente​,
in quanto in quest’ultimo caso l’agente, pur prospettandosi la possibilità del verificarsi di un evento non
voluto come conseguenza della propria condotta, confidi tuttavia che esso non si verifichi.
Vi sono poi altre tipologie di dolo, quali:
● dolo d'impeto: Il delitto è il risultato di una decisione improvvisa e viene subito eseguito.
● dolo di proposito: Si ha quando trascorre un considerevole lasso di tempo tra idea ed azione.
● dolo di danno: Ricorre quando il soggetto ha voluto ledere il bene protetto
● dolo di pericolo: Si ha nelle ipotesi in cui l’agente abbia voluto solo minacciare il bene.
● dolo iniziale: Si riscontra solo nel momento dell’azione od omissione.
● dolo concomitante: Accompagna lo svolgimento del processo causale che genera l’evento.
● dolo successivo: Si manifesta dopo il compimento dell’azione od omissione.
● dolo generico: Si ha quando è richiesta la coscienza e volontà del fatto.
● dolo specifico: Si ha quando la legge da rilevanza ad un fine particolare che sta oltre il fatto
materiale tipico.
● dolo generale: Viene considerata fattispecie dolosa ogni ipotesi in cui l’evento morte, pur
rappresentato e voluto dall’agente, non è la conseguenza del decorso causale posto in essere
dall’azione dolosa iniziale; ad esempio sparare a un uomo e sotterrarlo vivo (causandone la
morte), credendolo morto.
L’intensità del dolo influisce sulla gravità del reato e dipende dalla durata del proposito criminoso, dalla
maggiore o minore consapevolezza del reo e dal diverso atteggiarsi del momento volitivo.
Al di fuori della tematica del dolo vi è la ​premeditazione​, prevista come ​circostanza aggravante
speciale di taluni delitti accumunati dall’evento materiale della lesione fisica o della morte.


LA COLPA
Il delitto è colposo o contro l’intenzione, quando l’evento, anche se preveduto, non è voluto dall’agente e
si verifica a causa di ​negligenza (mancata adozione delle cautele imposte dalle regola cautelari),
imprudenza (agire la dove le regole cautelari lo sconsiglino) o ​imperizia (negligenza o imprudenza
qualificata), ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline.
Per la sussistenza del reato colposo occorre che la condotta sia attribuibile al volere del soggetto, che
manchi la volontà dell’evento e che si verifichi a causa di negligenza, imprudenza o imperizia, ovvero per
inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline.


LA CONDOTTA COLPOSA
Sotto il profilo oggettivo, la condotta consiste nella violazione della regola di diligenza, da intendersi e
valutarsi in senso obiettivo. La regola di diligenza enuncia la prevedibilità ed evitabilità del pericolo, cui
determinati beni sarebbero esposti in caso di sua trasgressione. Quanto al contenuto delle regole di
diligenza, esso può tradursi in obbligo di informarsi, obbligo di agire con cautela, obbligo di astenersi del
tutto dall’agire.
La dottrina ha individuato due categorie di limiti al dovere di diligenza, il rischio consentito e il principio di
affidamento e comportamento del terzo.
Per quanto riguarda gli atti incoscienti, dovuti a ragioni fisiologiche o patologiche, dovrà aversi riguardo
non agli atti in se stessi, ma al comportamento volontario antecedente alla loro realizzazione, al fine di
verificare se tale attività configuri essa stessa la condotta tipica di reato.
Ai fini del giudizio sulla responsabilità colposa, si afferma la necessità di un rapporto di causalità tra
condotta ed evento.
Si distinguono diverse tipologia di colpa:
● colpa generica​: Il parametro è il soggetto di normale diligenza e capacità che opera nelle
stesse condizioni dell’agente, il rispetto della regola di diligenza, sarà esigibile nei limiti in cui
l’evento era prevedibile ed evitabile da tale agente modello.
● colpa specifica​: In genere la violazione della regola cautelare è sufficiente all’affermazione
della colpevolezza dell’agente.
● colpa cosciente​: Ricorre allorchè l’agente non vuole commettere il reato, ma prevede come
possibile la verificazione dell’evento; tale tipo di colpa si distingue dal dolo eventuale in quanto il
soggetto agisce con certezza che l’evento dannoso o pericoloso non si verificherà.
● colpa incosciente​: Si ha quando l’agente agisce con imprudenza o negligenza o imperizia o
violando norme cautelari, ma non prevede di causare con il proprio comportamento un evento
antigiuridico.
● colpa propria​: In essa rientrano i casi nei quali si riscontra la caratteristica tipica della colpa, la
mancanza di volontà dell’evento.
● colpa impropria​: Sono espressione della colpa impropria quei casi eccezionali in cui l’evento è
voluto, ma l’agente risponde di reato colposo, ossia l’eccesso colposo nelle cause di
giustificazione, l’erronea supposizione della presenza di cause di giustificazione e l’errore di fatto
determinato dalla colpa.
La previsione rappresenta una circostanza aggravante del delitto colposo.

LA PRETERINTENZIONE
Il delitto è ​preterintenzionale quando dall’azione od omissione deriva un evento dannoso o pericoloso
più grave di quello voluto dall’agente. Nel delitto preterintenzionale, si individua la volontà di un evento
minore che ne rappresenta la base dolosa e la non volontà di un evento più grave che è pur sempre
conseguenza della condotta dell’agente.
Nell’omicidio preterintenzionale, il rapporto di causalità va identificato in una successione necessaria e
uniforme, non è sufficiente che l’azione del colpevole si ponga come antecedente causale dell’evento
ma è necessario che ne costituisca un antecedente idoneo e adeguato a produrlo.


LA RESPONSABILITA’ OGGETTIVA
L’art. 42 c.p. fissa al primo comma, la regola per cui nessuno può essere punito per un’azione od
omissione se non l’ha commessa con coscienza e volontà ed al secondo comma quella per cui, ai fini
della punibilità è richiesto il dolo, salvo i casi espressamente previsti dalla legge di delitto
preterintenzionale o colposo. Il terzo comma dice che la legge determina i casi nei quali l’evento è posto
altrimenti a carico dell’agente, come conseguenza della sua azione od omissione.
La dottrina ritiene che tale previsione preveda la c.d. ​responsabilità oggettiva​, cioè quella forma di
responsabilità attribuita solo in base al rapporto di causalità.
La responsabilità oggettiva è ​pura​, in cui il fatto è attribuito sulla base del rapporto di causalità, oppure è
s​puria o mista a dolo o colpa​, in cui alla base dell’attribuzione del fatto vi è sempre una fattispecie
dolosa o colposa.


I DELITTI AGGRAVATI DALL’EVENTO
Sono quei delitti che subiscono un aumento di pena quando oltre all’evento tipico se ne produca uno
ulteriore posto a carico dell’agente sulla sola base del nesso di causalità, come ad esempio la calunnia,
la morte o lesione della donna come conseguenza dell’aborto, la lesione personale derivante dall’abuso
di mezzi di correzione.
I ​delitti aggravati dall’evento si distinguono tra quelli in cui è indifferente che l’evento ulteriore sia
voluto o non voluto e delitti in cui l’evento più grave deve necessariamente essere non voluto.


RESPONSABILITA’ PER I REATI DI STAMPA
Salva la responsabilità dell’autore delle pubblicazione e fuori dei casi di concorso il direttore o il
vicedirettore responsabile, il quale omette di esercitare sul contenuto del periodico da lui diretto il
controllo necessario ad impedire che col mezzo della pubblicazione siano commessi reati, è punito a
titolo di colpa, se un reato è commesso con la pena stabilita per tale reato diminuita in misura non
eccedente di un terzo.
Per i reati commessi a mezzo stampa, per il direttore si rinviene una responsabilità per fatto proprio
omissivo colposo, concorrente con la responsabilità dell’autore.
Per la sussistenza della responsabilità penale, sarà necessario accertare non solo la violazione
dell’obbligo di controllo ma anche se tale omissione sia dovuta a negligenza di quest’ultimo. Nel caso in
cui la violazione dell’obbligo di controllo sia dolosa, il direttore risponderà a titolo di concorso nel reato
commesso dall’autore della pubblicazione.
In dottrina si è escluso che il direttore di testate online possa essere responsabile per il reato di omesso
controllo, ex. art. 57 c.p., in quanto mancano due requisiti fondamentali, ovvero che vi sia un
riproduzione topografica e che il prodotto sia destinato alla pubblicazione e quindi debba essere
effettivamente distribuito tra il pubblico.


RESPONSABILITA’ SPACCIATORE PER MORTE TOSSICO
Lo spacciatore risponde del ​D.P.R. n.309/1990​. In caso di morte del tossico, risponderà ai sensi degli
artt. 586 e 589 c.p., morte come conseguenza di altro delitto e omicidio colposo.
La morte dell’assuntore di sostanza è imputabile alla responsabile del cedente sempre che sussistano,
un nesso di causalità materiale fra condotta ed evento lesivo, la colpa in concreto per violazione di una
regola precauzionale e la prevedibilità ed evitabilità dell’evento, da valutarsi alla stregua dell’agente
modello razionale.
6. Cause oggettive di esclusione del reato
CAUSE OGGETTIVE DI ESCLUSIONE DEL REATO
Denominate comunemente, ​cause di giustificazione​, ​cause di liceità​, ​scriminanti o esimenti, sono
circostanze particolari, in presenza delle quali un fatto, che di regola costituisce reato, non è considerato
tale, in quanto è la legge stessa che lo autorizza.
Si distinguono:
● Cause di giustificazione​: rendono il fatto lecito ​ab origine.
● Scusanti​: incidono sull’elemento soggettivo, facendo venir meno la colpevolezza.
● Cause di non punibilità​: pur in presenza di un fatto antigiuridico, per motivi di opportunità il
legislatore preferisce non applicare la pena.


IL CONSENSO DELL’AVENTE DIRITTO
E' una causa di giustificazione prevista dall’art. 50 c.p.: “​Non è punibile chi lede o pone in pericolo un
diritto, col consenso della persona che può validamente disporne”.
Oggetto del consenso deve essere un diritto disponibile, non censito dal codice penale, ma stabilito dalla
dottrina dominante, nel senso che sono ​diritti indisponibili i diritti tutelati in quanto appartenenti alla
collettività, come gli interessi dello Stato-amministrazione, gli interessi che fanno capo allo
Stato-comunità e il bene della pubblica fede. Mentre ​diritti disponibili sono i diritti patrimoniali, alcuni
diritti inerenti alla personalità morale, alcuni diritti di libertà e alcuni diritti relativi alla persona fisica.
Secondo la dottrina, il consenso andrebbe qualificato come atto giuridico in senso stretto, ovvero come
un permesso col quale si attribuisce al destinatario un potere di agire che non crea alcun vincolo a carico
dell’avente diritto e non trasferisce alcun diritto in capo all’agente. Legittimato a prestare il consenso è il
titolare dell’interesse protetto, il quale ne deve avere la capacità e lo deve fare in modo libero, non viziato
da errore, violenza o dolo.
Il consenso deve essere lecito, non contrario a norme imperative, all’ordine pubblico e al buon costume
e deve essere attuale, cioè deve esistere al momento del fatto.
Si ha ​consenso putativo​, quando colui che agisce, ritiene esistente il consenso della persona titolare
del diritto, si ha ​consenso presunto​, quando chi agisce sa che non vi è il consenso, ma compie
ugualmente l’azione perché appare vantaggiosa per l’avente diritto.


L’ESERCIZIO DEL DIRITTO
Sancito dall'art. 51 c.p.: "​L'esercizio di un diritto o l'adempimento di un dovere imposto da una norma
giuridica o da un ordine legittimo della pubblica autorità, esclude la punibilità".
Non può quindi essere punito chi nell'​esercizio di un diritto​, compia atti o fatti che integrino una
fattispecie preveduta dalla legge come reato. Il diritto deve essere esercitato dal suo titolare, ma la
titolarità di un diritto, non rende automaticamente lecita ogni azione o modo di esercizio di esso, occorre
anche che la condotta sia espressamente prevista e permessa dalla stessa norma che riconosce il
diritto.
Un caso particolare dell’esercizio del diritto, è il ​diritto di cronaca​, che rientra nella sfera della libertà di
pensiero e di stampa (art. 21 Cost.) ma che deve essere fondato su tre principi fondamentali: l’​utilità
sociale dell’informazione​, la ​verità dei fatti esposti​ e la ​forma civile dell’espressione dei fatti​.
Per quanto riguarda invece il ​diritto di critica​, i principi fondamentale sono la correttezza del linguaggio
e il rispetto degli altrui diritti.
Rientrano nella sfera dell’esercizio del diritto la disciplina familiare e la difesa della proprietà.


L’ADEMPIMENTO DEL DOVERE
L’​adempimento di un dovere (sancito anch'esso dall'art. 51 c.p.), imposto da una norma giuridica o da
un ordine legittimo della pubblica autorità, esclude la punibilità.
Se un fatto costituente reato è commesso per ordine dell’autorità, del reato risponde sempre il pubblico
ufficiale che ha dato l’ordine. Risponde del reato chi ha eseguito l’ordine, salvo che per errore di fatto
abbia ritenuto di obbedire ad un ordine legittimo. Non è punibile chi esegue l’ordine illegittimo, quando la
legge non gli consente alcun sindacato sulla legittimità dell’ordine.
Il dovere può scaturire da una norma giuridica, ovvero qualsiasi regola di diritto, scritta o
consuetudinaria, o da un ordine dell’Autorità, ovvero qualsiasi manifestazione di volontà che un
superiore rivolge ad un inferiore gerarchico, affinché questi tenga un determinato comportamento.
Per la ​legittimità​ di tale ordine è richiesto che:
● il superiore abbia la competenza ad emetterlo;
● l’inferiore abbia competenza ad eseguirlo;
● siano state rispettate le procedure e le formalità di legge previste per la sue emissione.
Se l’​ordine è illegittimo​, la responsabilità ricade sul pubblico ufficiale che lo ha impartito.
L’esecutore dell’ordine ne risponde insieme col pubblico ufficiale tranne quando per errore sul fatto abbia
ritenuto di obbedire ad un ordine legittimo e quando la legge non gli consente alcun sindacato sulla
legittimità dell’ordine.
Nel caso in cui vi sia conflittualità di ordini, nel caso di contrordine, se è emanato dalla stessa autorità
sostituisce il precedente ordine, se l’autorità è diversa, bisogna vedere se il destinatario è in grado di
accertare quale tra gli organi prevalga, in caso contrario saranno utilizzate le norme sull’​errore​.
Nel caso in cui gli ordine provengano da diverse autorità, il destinatario è autorizzato ad esame, in
seguito al quale presterà obbedienza all’autorità competente nel caso concreto.
Nell’adempimento del dovere si collocano le c.d. o ​ perazioni sotto copertura di Polizia Giudiziaria​.


LA LEGITTIMA DIFESA
A norma dell'art. 52 c.p., non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla
necessità di difendere un diritto proprio o altrui, contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempre
che la difesa sia proporzionata all’offesa.
Gli elementi della legittima difesa sono l’​aggressione​ e la ​reazione​.
L’aggressione deve presentare i seguenti caratteri:
● L’oggetto dell’offesa deve essere un diritto, sia personale, che patrimoniale o morale.
● L’offesa deve essere ingiusta, ovvero no imposta o autorizzata dall’ordinamento giuridico.
● Il pericolo deve essere attuale, inteso sia come incombente che perdurante.
● Il pericolo non deve esser stato determinato volontariamente dall’agente, il quale si sia messo
volontariamente in una situazione di pericolo, conoscendo il rischio a cui andava incontro
La reazione consta di tre elementi:
● La costrizione, che implica un conflitto di interessi nell’aggredito, il quale deve trovarsi
nell’alternativa bloccata di reagire o di essere offeso, non ricorre quando lo stesso ha
intenzionalmente provocato o ha consapevolmente accettato e non ha evitato il pericolo.
● La necessità di difendersi, ovvero la soluzione inevitabile per sottrarsi all’offesa e sia idonea a
neutralizzarla.
● La proporzione con l’offesa, che sussiste ove il male provocato dall’aggredito risulti essere
inferiore, uguale o leggermente superiore a quello subito, determinato rapporto di proporzione, si
ha nel caso in cui non vi sia desistenza e vi sia concreto pericolo, all’interno del domicilio
dell’aggredito o del posto di lavoro

USO LEGITTIMO DELLE ARMI


A norma dell'art. 53 c.p., non è punibile il pubblico ufficiale che al fine di adempiere un dovere del proprio
ufficio, fa uso ovvero ordina di far uso delle armi o di un altro mezzo di coazione fisica, quando vi è
costretto dalla necessità di respingere una violenza o di vincere una resistenza all’Autorità e comunque
di impedire la consumazione di strage, di naufragio, sommersione, disastro aviatorio, omicidio volontario,
rapina a mano armata e sequestro di persona.
La stessa disposizione si applica a qualsiasi persona che legalmente richiesta dal pubblico ufficiale, gli
presti assistenza.
Definita ​esimente propria​, la prima condizione per essere richiesta è che il soggetto sia determinato dal
fine di adempiere un dovere del proprio ufficio, nel senso che l’uso delle armi deve essere diretto ad
eliminare un ostacolo che si è frapposto fra lui e il dovere da adempiere.
La necessità di respingere una violenza (ossia qualsiasi impiego di forza fisica posta in essere nei
confronti del pubblico ufficiale) o di vincere una resistenza (​resistenza attiva​: effettiva opposizione;
resistenza passiva​: inerzia o fuga), o impedire atroci delitti, configurano comunque l’utilizzo delle armi
come extrema ratio, ovvero quando il fine non può raggiungersi in altro modo.
Altri casi di uso legittimo delle armi sono:
● L’uso di armi da parte della forza pubblica per l’esecuzione di provvedimenti di pubblica
sicurezza, quando gli interessati non vi ottemperino.
● L’uso di armi da parte di agenti di Polizia per impedire i passaggi abusivi delle frontiere dello
Stato o per arrestare contrabbandieri.
● L’uso di armi per impedire evasione di detenuti e violenze tra gli stessi.


LO STATO DI NECESSITA’
A norma dell'art. 54 c.p., non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla
necessità di salvare se o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non
volontariamente causato, ne altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionale al pericolo.
Gli elementi dello stato di necessità sono:
● La situazione di pericolo​: il pericolo deve essere attuale, l’oggetto del pericolo deve essere un
danno grave alla persona, sia fisico che morale, ovvero la violazione dei diritti dell’individuo,
costituzionalmente garantiti, l’agente non ha causato il pericolo e non abbia un particolare
dovere ad esporsi ad esso.
● Azione lesiva necessitata​: l’azione lesiva di chi reagisce al pericolo deve essere costretta,
assolutamente necessaria per salvarsi e proporzionale al pericolo.
L’art. 54 c.p. legittima la reazione oltre che per salvare un proprio diritto, anche per salvare un diritto
altrui, è questo il soccorso di necessità, che si distingue dall’obbligo di soccorso, in quanto non è un
obbligo, ma una facoltà e perché impone che la situazione di pericolo sia incombente.
Una scriminante è anche il costringimento psichico, di cui risponderà dal fatto commesso dalla persona
minacciata, chi l’ha costretto a farlo.


ECCESSO COLPOSO NELLE CAUSE DI GIUSTIFICAZIONE
Si configura ogni qualvolta esistono i presupposti di fatto della causa di giustificazione, ma il soggetto ne
travalica i limiti.
Nell’esercizio del diritto o adempimento del dovere, per aversi l’eccesso, occorre che l’attività sia iniziata
nell’esercizio di un diritto o adempimento del dovere e che si siano superati, per colpa, i limiti posti dalla
legge o dall’ordine.
Nella legittima difesa, occorre il superamento colposo dei limiti imposti dalla necessità di difesa.
Nello stato di necessità e uso legittimo delle armi, occorre il superamento, per colpa, dei limiti stabiliti
dalla legge.
7. Colpevolezza e imputabilità
LA COLPEVOLEZZA
Per aversi reato, oltre al fatto materiale, è richiesta l’esistenza di un nesso psichico tra il soggetto agente
e l’evento lesivo, occorre cioè l’attribuibilità psicologica del fatto di reato alla volontà dell’agente.
Il ​principio di colpevolezza​, è affermato dall’art. 27 della Costituzione che stabilisce che la
responsabilità penale è personale, ed è basato su due concezioni:
● Concezione psicologica​: nesso psichico tra agente e condotta che cagiona l’evento.
● Concezione normativa​: contrasto tra volontà dell’agente e comando o divieto contenuto nella
norma.
Ne consegue quindi che l’imputabilità diventa presupposto della colpevolezza e che il non imputabile,
non potrà mai essere ritenuto autore di un reato.


L’IMPUTABILITA’
Secondo l’art. 85 c.p., è imputabile chi ha la capacità di intendere e di volere nel momento in cui è
commesso il reato.
Le ​cause che escludono l’imputabilità​ sono:
● la minore età​: fino al compimento del quattordicesimo anno di età, vi è la presunzione assoluta
di assenza di capacità di intendere e di volere, tra i quattordici e i diciotto anni, non vi è tale
presunzione, ma il giudice deve accertare caso per caso l’imputabilità. Il minore non imputabile,
viene prosciolto, ma nel caso in cui venga riscontrata la pericolosità sociale, può essere disposto
il ricovero presso il riformatorio giudiziario o la libertà vigilata. Il minore di anni diciotto ma
maggiore di anni quattordici è imputabile e quindi soggetto a processo penale.
● l'infermità di mente: il vizio di mente deve essere conseguenza di una malattia, di uno stato
psicologico che turba la psiche del soggetto. Sotto il profilo cronologico, non occorre che lo stato
di infermità sia duraturo, essendo sufficiente che sussista al momento della commissione del
fatto, mentre sotto il profilo causale, vi è la necessità di un nesso di causalità tra la malattia e il
reato. Vi è la distinzione tra ​vizio totale e ​vizio parziale di mente, nel primo caso quando vi è
l’assoluta mancanza di capacità di intendere o di volere, nel secondo caso quando è
grandemente scemata. La differenza sta nella pena, nel primo caso vi è il proscioglimento
dell’imputato al quale viene applicata la misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico
giudiziario, nel secondo caso, vi è solo una diminuzione della pena, a cui di solito si aggiunge il
ricovero presso una casa di cura e custodia dopo aver scontato la pena. Per il minore
imputabile, semi-infermo di mente si opera nello stesso modo e nei limiti del maggiorenne,
mentre per gli stati emotivi e passionali, non vi è ne esclusione ne diminuzione dell’imputabilità.
● il sordomutismo​: il legislatore non ha adottato una soluzione definitiva ma va analizzato caso
per caso, nel caso in cui si riconosce la piena capacità di intendere e di volere viene considerato
imputabile, se la capacità non sussiste, viene equiparato a chi è affetto da vizio totale di mente,
se si accerta che è grandemente scemata, è parificato a chi è affetto da vizio parziale di mente.
● l'ubriachezza​: in caso di ​ubriachezza accidentale​, ovvero quando la perdita della capacità di
autocontrollo è determinata da fattori del tutto imprevedibili, non si applicano misure di
sicurezza. Nel caso di ​ubriachezza volontaria​, non vi è ne esclusione ne diminuzione
dell’imputabilità. Nel caso di ​ubriachezza preordinata​, utilizzata per commettere un reato, vi è
un aumento di pena. Nel caso di ​ubriachezza abituale​, vi è la necessità che il soggetto abbia la
consuetudine di fare un eccessivo uso di sostanze alcoliche e che la conseguenza sia un
frequente stato di ubriachezza. L’ubriachezza cronica viene considerata come una malattia
psichica e quindi viene disciplinata con le norma sul vizio di mente. Stesso discorso vale per
l’uso di sostanze stupefacenti.
8. Reati omissivi
IL REATO OMISSIVO
Contrapposto all’azione è l’omissione che viene definita anche comportamento negativo ovvero azione in
senso negativo. Per aversi omissione occorre che il soggetto abbia l’effettiva capacità di compiere
l’azione richiestagli.
Si distingue tra ​reati omissivi propri (reato di pura condotta), quelli per la cui sussistenza è necessaria
e sufficiente la semplice condotta negativa del reo e ​reati commissivi mediante omissione (reato di
evento), nei quali il soggetto deve aver causato, con la propria omissione, un dato evento.


REATO OMISSIVO PROPRIO
Il precetto impone un determinato obbligo di attivarsi e il mancato compimento dell’azione dovuta,
costituisce omissione e quindi reato. Per la sussistenza è necessario che il soggetto abbia la possibilità
materiale di attivarsi, la quale viene meno qualora manchino le attitudini psico-fisiche ovvero le
condizioni indispensabili per attivarsi. Ne deriva l’esclusione del reato tutte le volte in cui il soggetto
abbia compiuto un serio sforzo di adempiere all’obbligo di agire.


REATO COMMISSIVO MEDIANTE OMISSIONE (C.D. OMISSIVO IMPROPRIO)
Disciplinato dal secondo comma dell’art. 40 c.p., che equipara agli effetti giuridici il non impedire al
cagionare, ha come elementi soggettivi:
● la situazione tipica, intesa come il complesso dei presupposti che determinano una situazione di
pericolo per il bene protetto e fanno quindi sorgere l’obbligo di attivarsi;
● la condotta omissiva, consistente nel mancato impedimento dell’evento lesivo e l’evento non
impedito.
L’art. 40 ha una funzione estensiva, nel senso che combinandosi con le norme di parte speciale che
prevedono ipotesi di reato commissivo, estende la punibilità al caso in cui l’evento sia stato cagionato da
un'omissione. I reati commissivi non convertibili in reati omissivi propri sono quelli di mano propria, quelli
abituali e quelli per i quali la norma incriminatrice tipizza già con riferimento ad una condotta omissiva.


LE FONTI DELL’OBBLIGO DI IMPEDIRE UN EVENTO
L’obbligo di impedire un dato evento deriva dalla legge, dal contratto, dall’ordine dell’Autorità Giudiziaria,
dalla precedente attività, pericolosa ma lecita, svolta dal soggetto, dalla consuetudine e dalla volontaria
assunzione. Un'altra dottrina di pensiero ha affermato la teoria sostanziale della posizione di garanzia,
attribuendo a determinati soggetti la funzione di garanti di determinati interessi che non possono essere
protetti dai loro titolari, vi è quindi la posizione di protezione che ha lo scopo di preservare determinati
interessi e la posizione di controllo che ha lo scopo di neutralizzare determinate fonti di pericolo.


POSIZIONI DI GARANZIA
Le posizioni di garanzia si sostanziano in ​obblighi di protezione ​e sorgono da un rapporto di famiglia:
genitori tenuti a garantire la vita e l’incolumità dei figli e viceversa, obbligo di reciproca assistenza tra
coniugi (art. 143 c.c.), una stretta relazione comunitaria, conviventi o confratelli, una assunzione
volontaria o consensuale, espressa o tacita di un tale obbligo.
Obblighi di controllo di una determinata fonte di pericolo sorgono da un potere di disposizione o di
organizzazione, relativamente a cose o situazioni potenzialmente pericolose che si verifichino nella sua
sfera di signoria, da un rapporto di educazione, istruzione, cura e custodia (ad esempio, i maestri) e da
una assunzione volontaria o consensuale (ad esempio, il bagnino risponderà della morte bagnante solo
se già in servizio al momento dell’annegamento).


LA CAUSALITA’ NEI REATI OMISSIVI
La causalità non si pone nei reati omissivi propri in quanto manca l’evento naturalistico, mentre in quelli
impropri non è possibile riscontrare un rapporto di causalità, in quanto finisce col configurarsi in una
struttura probabilistica, dovendosi valutare se l’azione dovuta, se compiuta, in che modo avrebbe
modificato il corso degli eventi.


STRUTTURA OGGETTIVA E SUITAS NEL REATO OMISIVO COLPOSO
Nei reati omissivi propri, la violazione della regola di diligenza può riferirsi già al mancato riconoscimento
della situazione tipica che si poteva in concreto riconoscere, nei reati commissivi mediante omissione si
discute se l’obbligo di garanzia e quello di diligenza coincidano o meno. Nel reato omissivo, la coscienza
e volontà non va riferita all’omissione ma al comportamento che il soggetto ha tenuto nel momento in cui
doveva adempiere all’obbligo, se tale comportamento è cosciente e volontario, lo sarà anche
l’omissione.


ELEMENTO SOGGETTIVO NEI REATI OMISSIVI
Nei reati omissivi propri, poiché ricorra il dolo occorre che il soggetto abbia la conoscenza dei
presupposti dell’obbligo di attivarsi e la consapevolezza della possibilità di agire nel senso richiesto dalla
norma. L’ignoranza della norma penale che impone l’obbligo di attivarsi rileverà, ai sensi dell’art. 5 c.p.,
l’errore che sarà scusabile ed escluderà il dolo solo quando sarà inevitabile. Quanto alla colpa, la
negligenza, l’imprudenza e l’imperizia possono avere ad oggetto sia il mancato riconoscimento della
situazione tipica da cui nasce l’obbligo di attivarsi sia la scelta dell’azione doverosa.
Nei reati commissivi mediante omissione, il dolo deve comprendere anche la conoscenza dell’obbligo
giuridico extrapenale di impedire l’evento tipico. Quanto alla colpa si ritiene che anche se dovere di
diligenza e obbligo di impedire l’evento coincidono, le due entità vanno distinte per poter valutare la loro
portata.
9. Cause soggettive di esclusione del reato
CAUSE SOGGETTIVE DI ESCLUSIONE DEL REATO
Sono ​cause soggettive di esclusione del reato​, quelle che eliminano il reato escludendo il nesso
psichico richiesto dal comma 1 dell’art. 42 c.p. (c.d. ​suitas​) ed escludendo l’elemento soggettivo del
reato (c.d. ​colpevolezza​), cioè il dolo o la colpa. Nella prima ipotesi rientrano l’incoscienza indipendente
della volontà, la forza maggiore e il costringimento fisico, nella seconda ipotesi rientrano invece il caso
fortuito e l’errore.


IL CASO FORTUITO
Consiste in un avvenimento imprevisto ed imprevedibile che si inserisce improvvisamente nell’azione del
soggetto e che non può farsi risalire all’attività psichica dell’agente, neppure a titolo di colpa. E’
l’imprevedibilità che caratterizza il caso fortuito. Nel caso fortuito la forza che determina l’azione è
inconoscibile e collabora con l’azione del soggetto alla produzione dell’evento, nella forza maggiore
questa è imprevedibile e si pone contro la volontà del soggetto, il quale inutilmente tenterebbe di
contrastarla per impedire l’evento.


L’INESEGIBILITA’
Sia il dolo che la colpa sono esclusi allorchè l’agente si è trovato in condizioni tali da non potersi
pretendere umanamente da lui un contegno diverso da quello tenuto, tali cioè da non potersi esigere un
comportamento conforme al precetto penale (ad esempio, l'alpinista che sorpreso dalla tormenta
abbandona il compagno per salvarsi).


L’ERRORE E LA SUA RILEVANZA IN DIRITTO PENALE
L’errore può essere definito come una falsa rappresentazione della realtà. E’ da tenere distinto
dall’ignoranza, in quanto quest’ultima è assoluta mancanza di conoscenza ed implica quindi un quid
negativo. Va distinto tra ​errore proprio​, ovvero quello che fa ritenere al soggetto di agire nel rispetto
della legge mentre in realtà la viola, ed ​errore improprio​, che fa ritenere al soggetto di commettere un
illecito mentre in realtà il suo comportamento non viola alcuna norma penale. A seconda del momento, si
avrà l’​errore motivo che interviene nella fase ideativa del reato e l’​errore inabilità che interviene nella
fase esecutiva del reato. L’errore motivo si distingue tra errore sul fatto, con ad oggetto una situazione di
fatto ed errore sul diritto, con ad oggetto una norma giuridica. Quanto alla causa che lo ha determinato si
distingua tra ​errore di fatto​, in cui la falsa rappresentazione della realtà trova la sua causa in una falsa
rappresentazione di una situazione di fatto ed ​errore di diritto (rappresentazione di una situazione di
una norma giuridica).


ERRORE PROPRIO SUL DIRITTO
L’errore di diritto è disciplinato dall’art. 5 c.p., secondo il quale nessuno può invocare a propria scusa
l’ignoranza della legge penale. L’errore sulla legge penale, sia che si tratti di ignoranza della legge, sia di
inesatta interpretazione della stessa, non esclude la responsabilità. La Corte Costituzionale con una
sentenza del 1988 (sentenza n.364/1988) ha dichiarato scusabile e quindi scriminante l’​errore
inevitabile​, dettato da ​ignoranza inevitabile​. L’ignoranza inevitabile non può essere invocata da chi
professionalmente inserito in un determinato campo di attività, non si informi delle norme che lo
disciplinano e che possono essere acquisite agevolmente. Può essere invece invocata anche da
personale estremamente qualificato qualora la disciplina normativa presenti rilevanti ed oggettivi
elementi di equivocità che rendano oscuro il precetto di agire o l’ordine di operare. Quanto invece al
cittadino comune, l’ignoranza inevitabile può essere invocata qualora lo stesso, sprovvisto di specifiche
competenze, questi abbia assolto il dovere di conoscenza con l’ordinaria diligenza attraverso la corretta
utilizzazione dei mezzi di indagine, di informazione e di ricerca.

L’ERRORE IMPROPRIO
E’ quell’errore per effetto del quale l’agente ritiene di commettere un reato mentre in realtà non viola
alcuna norma penale. Vi è l’​errore improprio sul diritto quello che porta a ritenere esistente una norma
incriminatrice che in realtà non esiste e l’​errore improprio sul fatto che fa ritenere che un certo fatto
rientrante in una norma incriminatrice esistente, ma che in realtà non lo è. Il fatto commesso a seguito di
errore improprio non è reato ma a certi effetti può essere penalmente rilevante.


L’ERRORE DI FATTO SUL FATTO
Il primo comma dell’art. 47 c.p. dispone che l’errore sul fatto che costituisce reato esclude la punibilità
dell’agente, se si tratta di errore determinato da colpa la punibilità non è esclusa, quando il fatto è
previsto dalla legge come delitto colposo. L’errore di fatto che esclude la punibilità è quello essenziale,
cioè che cade su uno degli elementi essenziali del reato, non sarà punibile chi asporta una cosa
credendola sua, in quanto manca la conoscenza dell’altruità della cosa. L’errore sul fatto che esime dalla
punibilità è quello che ricade su un elemento materiale e consiste in una difettosa percezione della
realtà. Sono di regola irrilevanti l’errore sull’oggetto, sulla persona e sul nesso causale.


L’ERRORE DI DIRITTO SUL FATTO
L’ultimo comma dell’art. 47 c.p. afferma che l’errore su una legge diversa da quella penale esclude la
responsabilità, quando ha cagionato un errore sul fatto che costituisce reato.


L’ERRORE DETERMINATO DALL’ALTRUI INGANNO
L’errore sul fatto costituente reato può derivare anche dall’altrui inganno, in tal caso dal fatto commesso
dalla persona ingannata, risponderà chi l’ha determinata a commetterlo.


L’ERRORE NEI SOGGETTI NON IMPUTABILI
La dottrina distingue tra errore patologico, condizionato dalla stessa causa di non punibilità e l’errore non
condizionato dalla causa di non punibilità, che potrebbe essere commesso nella stessa situazione anche
da persona imputabile.
10. Reato putatito e reato impossibile
REATO PUTATIVO
Disciplinato dal primo comma dell’art. 49 c.p. secondo il quale non è punibile chi commette un fatto non
costituente reato, nella supposizione erronea che esso costituisca reato. Il ​reato putativo per ​errore di
diritto si configura nel caso in cui taluno crede erroneamente che il fatto da lui commesso sia punito da
una norma penale, il reato putativo per ​errore di fatto si configura quando il soggetto crede di compiere
un reato mentre in realtà manca uno degli elementi essenziali per la sua sussistenza (ad esempio, chi
asporta una propria cosa credendola altrui), quando il soggetto crede di commettere un reato mentre
agisce in presenza di una causa di giustificazione (ad esempio, chi crede di rubare invece esiste il
consenso dell’avente diritto) e chi crede erroneamente di avere uno dei requisiti richiesti per commettere
un reato proprio (ad esempio, chi ritenendosi imprenditore crede di commettere bancarotta).

REATO IMPOSSIBILE
Il secondo comma dell’art. 49 c.p. stabilisce che la punibilità è esclusa quando per l’​inidoneità
dell’azione (ad esempio, Tizio intende uccidere Caio con una pistola giocattolo) o per l’​inesistenza
dell’oggetto di essa (ad esempio, quando manchi la persona o l’oggetto su cui cade l’attività materiale
del reato), è impossibile l’evento dannoso o pericoloso. Per comprendere la figura del ​reato impossibile
occorre far riferimento al principio di offensività. L’offensività è un requisito fondamentale per la
configurazione e punibilità di un fatto come reato, per cui se l’esito di un’azione non si sostanzia nella
lesione o messa in pericolo del bene, l’azione stessa non è offensiva e quindi non può costituire reato,
per cui il reato è impossibile perché è impossibile che si verifiche l’evento dannoso o pericoloso.

REATO IMPOSSIBILE PER L’INESISTENZA DELL’OGGETTO


Secondo la teoria tradizionale, l’accertamento dell’inesistenza dell’oggetto va fatto considerando la
situazione quale si prospettava al momento in cui l’agente si accingeva ad attuare il suo piano criminoso,
se in tale momento la presenza dell’oggetto appariva improbabile si avrà reato impossibile, in tutti gli altri
casi il fatto sarà punito.
Secondo la teoria più recente bisogna distinguere tra l’inesistenza assoluta, che si ha quando l’oggetto
non è mai esistito o si è estinto e l’inesistenza relativa, che si ha quando l’oggetto esistente in natura,
manca nel luogo in cui cade la condotta criminosa, quindi se al momento dell’azione, l’esistenza
dell’oggetto appariva verosimile, si avrà tentativo punibile.

REATO IMPOSSIBILE PER L’INIDONEITA’ DELL’AZIONE


L’inidoneità che rende impossibile l’evento deve essere assoluta, intrinseca ed originaria. Le teorie in
dottrina sono contrastanti, taluni lo vedono come un doppione del tentativo inidoneo, altri lo differenziano
affermando che si ha reato impossibile nel caso in cui il soggetto ha portato a termine l’intera condotta
che per le caratteristiche intrinseche, non ha determinato l’offesa al bene protetto dalla norma, si ha
invece tentativo inidoneo, nel caso in cui siano stati compiuti solo alcuni atti inidonei. L’inidoneità
dell’azione nel reato impossibile deve essere accertata notando se si è effettivamente prodotta una
violazione dell’interesse tutelato; se tale violazione non si è verificata ne poteva verificarsi per
l’inadeguatezza causale dell’azione criminosa, si avrà reato impossibile.
Se si verifica un delitto impossibile, il giudice ha la facoltà di ordinare che l’imputato prosciolto, sia
sottoposto alla misura di sicurezza della libertà vigilata, perché il fatto può dimostrare che l’autore è un
individuo socialmente pericoloso.
11. Reato consumato e reato tentato
REATO CONSUMATO
Il reato è suddiviso nelle seguenti fasi:
● Ideazione​: E’ il periodo di tempo durante il quale nel soggetto nasce e si sviluppa l’idea di
commettere il reato. Ricorre solo per i reati dolosi.
● Esecuzione​: Coincide con l’attuazione della risoluzione criminosa e consiste nella realizzazione
del tipo di comportamento previsto dalla singola norma penale incriminatrice.
● Consumazione​: L’esecuzione ha come punto d’arrivo la consumazione.
Ogni reato ha ad oggetto un bene giuridico, si ha la consumazione del reato quando si determina
l’effettiva lesione o messa in pericolo del bene tutelato, ovvero quando si sono realizzati tutti i requisiti
previsti dalla fattispecie legale per il perfezionamento del reato. Nei reati di pura condotta la
consumazione coincide col realizzarsi della condotta vietata, nei reati di evento col verificarsi di questo.


DELITTO TENTATO
Chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto, risponde di delitto tentato
(art. 56 comma 1 c.p.). Si ha dunque delitto tentato quando il soggetto agente vuole commettere un
reato e si attiva in tal senso, senza però realizzare il proprio proposito per causa indipendenti dalla
propria volontà. Il tentativo rappresenta un titolo autonomo di reato, in quanto rappresenta la messa in
pericolo del bene tutelato ma viene riservato un trattamento meno severo rispetto al consumato.
L’incompiutezza del reato si presenta talvolta perché non è stata portata a termine l’intera condotta
diretta a commettere reato (ad esempio, fuga del ladro), altre volte pur essendo stata portata a termine
la condotta, l’evento richiesto non si è verificato (ad esempio, si spara ma non si colpisce il bersaglio).
I ​requisiti del tentativo (art. 56 c.p.) sono l’intenzione di commettere un reato, l’idoneità degli atti,
l’univocità degli atti e il mancato compiersi dell’azione o il mancato verificarsi dell’evento.
Quanto all’​intenzione di commettere il delitto​, occorre che tale intenzione sia formata dal compimenti
di atti idonei diretti a commettere il reato. Il tentativo è sempre un delitto doloso, non essendo
compatibile con il tentativo la colpa.
Per accertare l’​univocità bisogna determinare l’intenzione criminosa. Sono univoci quegli atti che per il
grado di sviluppo raggiunto dalla condotta criminosa, lasciano prevedere come verosimile la
realizzazione del delitto voluto.
Sono ​idonei gli atti adeguati alla commissione del delitto, quegli atti che si inseriscono nel piano
criminoso dell’agente come ​conditiones sine quibus non.
Si distinguono:
● tentativo circostanziato​: Ricorre quando le circostanze riguardano direttamente il tentativo e
sono compiutamente realizzate nel contesto della stessa azione tentata.
● tentativo di delitto circostanziato​: Ricorre quando le circostanze non sono state realizzate ma
entrano a far parte del proposito criminoso.
Le pene per il delitto tentato sono più lievi rispetto al delitto consumato, la reclusione non inferiore a
dodici anni se per il consumato è previsto l’ergastolo, la pena diminuita da un terzo a due terzi per gli altri
casi.


DESISTENZA
Si ha ​desistenza (art. 56 comma 3 c.p.) quando l’agente dopo aver iniziato l’esecuzione del delitto, muta
proposito e interrompe la sua attività criminosa. Ha carattere positivo nei reati commissivi e negativo nei
reati omissivi e deve verificarsi volontariamente. La desistenza importa di regola l’impunità a meno che
non siano già stati compiuti atti che costituiscono reato diverso per i quali l’agente risponderà.
RECESSO ATTIVO O PENTIMENTO OPEROSO
A differenza della desistenza, il ​recesso attivo si verifica allorquando il colpevole abbia già condotto a
termine l’attività delittuosa e desiderando evitare il verificarsi dell’evento, si attiva per impedirlo. Il
pentimento operoso​ non importa la totale impunità ma solo una diminuzione della pena.


COLLABORAZIONE CON L'AUTORITA' GIUDIZIARIA PER DELITTI DI TERRORISMO ED
EVERSIONE
Per i delitti commessi per ​finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico (​D.L.
n.625/1979​), nei confronti del concorrente che dissociandosi dagli altri si adopera per evitare che
l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, ovvero aiuta concretamente forze dell’ordine e
l'Autorità Giudiziaria nella raccolta di prove decisive per l’individuazione e la cattura dei concorrenti, la
pena dell’ergastolo è sostituita da quella della reclusione da dodici a venti anni e le altre pene sono
diminuite da un terzo alla metà. L’attività dissociativa è considerata quindi una circostanza attenuante.


IL RECESSO ATTIVO DEL TERRORISTA
Fuori da quanto disposto dall’art. 56 c.p., non è punibile il colpevole di un delitto commesso per finalità di
terrorismo o di eversione che volontariamente impedisce l’evento e fornisce elementi di prova
determinanti per l’esatta ricostruzione del fatto e per l’individuazione di eventuali concorrenti.
12. Reato aberrante
REATO ABERRANTE
Con l’espressione di ​reato aberrante​, si identificano quelle ipotesi in cui il soggetto agente realizza per
errore nei mezzi di esecuzione o per altra causa, un reato diverso da quello voluto o cagiona un’offesa
nei confronti di una persona diversa da quella che voleva offendere. Vi sono due ipotesi, l’​aberratio
ictus​ e l’​aberratio delicti​.


ABERRATIO ICTUS
L’art. 82 c.p. dispone che quando per errore nell’uso dei mezzi di esecuzione del reato o per altra causa,
è cagionata offesa a persona diversa da quella alla quale l’offesa era diretta, il colpevole risponde come
se avesse commesso il fatto in danno della persona che voleva offendere. Qualora oltre alla persona
diversa, sia offesa anche quella alla quale l’offesa era diretta, il colpevole soggiace alla pena stabilita per
il reato più grave, aumentata fino alla metà. L’​aberratio ictus è compatibile col ​delitto
preterintenzionale​.
Si distinguono:
● aberratio ictus monolesiva​: si verifica quando si arreca offesa esclusivamente alla persona
diversa;
● aberratio ictus bi-offensiva​: si verifica quando si offendono contemporaneamente tanto la
vittima predestinata che una persona diversa;
● aberratio ictus plurioffensiva​: oltre alla vittima predestinata anche altre persone; non è
stabilito dal codice, si discute sull’aumento di pena in base alle persone o all’applicarsi di norme
del concorso di reati. Stesso discorso per offesa a più persone, indenne la vittima designata.


ABERRATIO DELICTI
Se per errore nell’uso dei mezzi di esecuzione del reato o per altra causa, si cagiona un evento diverso
da quello voluto, il colpevole risponde a titolo di colpa dell’evento non voluto, quando il fatto è previsto
dalla legge come delitto colposo. Se il colpevole ha cagionato altresì l’evento voluto, si applicano le
regole sul concorso di reati.


ABERRATIO CAUSAE
Ricorre quando per errore nella fase consumativa, la successione causale si sia svolta in maniera
diversa da quella prevista dall’agente. Irrilevante nei reati a condotta libera, è rilevante nei reati a
condotta vincolata.
13. Reato circostanziato
REATO CIRCOSTANZIATO
Nella struttura del reato si distinguono ​elementi essenziali ed ​elementi accidentali o accessori​, che
incidono sulla gravità del reato e ne determinano una variazione qualitativa e/o quantitativa della pena.
La loro presenza trasforma il reato da semplice a circostanziato. Vi sono circostanze tipiche o definite e
circostanze indefinite o innominate, la cui individuazione è rimessa alla discrezionalità del giudice.
Il ​reato circostanziato contiene tutti gli elementi della fattispecie del reato semplice, con l’aggiunta di
uno o più requisiti specializzanti, non devono quindi considerarsi circostanze gli elementi essenziali del
reato, gli elementi che aderendo ad un modello di reato ne determinano un mutamento del titolo dello
stesso, il concorso di persone nel reato e il tentativo rispetto al reato consumato.
Le circostanze si suddividono in:
1. comuni e speciali (a seconda che siano previste per tutti i reati con cui non siano incompatibili
o per uno o più reati determinati);
2. aggravanti​ e ​attenuanti​;
3. oggettive (la natura, l’oggetto, la specie, i mezzi, il tempo, il luogo e ogni altra modalità
dell’azione) e ​soggettive (l’intensità del dolo o il grado della colpa, le condizioni o le qualità
personali del colpevole, i rapporti tra colpevole e offeso);
4. antecedenti, concomitanti e susseguenti, intrinseche ​(quelle che attengono alla condotta
illecita) o ​estrinseche​ (estranee all’esecuzione e alla consumazione del reato);
5. ad efficacia comune ( quelle circostanze che aumentano o diminuiscono la pena fino a un terzo
di quella prevista per il reato base), ​ad efficacia speciale ( quelle per le quali la legge stabilisce
pene di specie diversa da quella ordinaria del reato), ad ​effetto speciale (quelle circostanze che
prevedono aumento o diminuzione superiore a un terzo).


CIRCOSTANZE AGGRAVANTI
L’art. 61 c.p. prevede le seguenti circostanze aggravanti comuni:
● l’aver agito per motivi abietti o futili (art. 61 n.1 c.p.); ​abietto si intende un motivo ignobile che
provochi un senso di ripugnanza in ogni persona di media moralità, ​futile invece è qualsiasi
azione in cui vi sia enorme sproporzionalità tra motivo e azione delittuosa. E’ una ​circostanza
soggettiva​, incompatibile col vizio parziale di mente, minore età, ubriachezza e con la
provocazione, inoltre non è compatibile con i reati colposi, in quanto manca un motivo a
delinquere.
● l’aver commesso reato per eseguirne od occultarne altro, ovvero per assicurare a se o ad altri
prodotto, profitto o prezzo ovvero impunità da altro reato (art. 61 n.2 c.p.), vi sarà connessione
teleologica quando si compie il reato per eseguirne un altro (ad esempio, lesioni per rapina
impropria) e connessione consequenziale quando il reato è commesso al fine di occultarne un
altro o assicurare ​prodotto (ad esempio, refurtiva), ​profitto (ossia il vantaggio patrimoniale o
non derivante dal reato), ​prezzo (beni dati o promessi al soggetto affinchè compia il reato),
impunità (ossia ka sottrazione alle conseguenze processuali derivanti dal reato). E’ una
circostanza soggettiva​.
● l’avere agito, nei delitti colposi, nonostante la previsione dell’evento (art. 61 n.3 c.p.), è questa la
cosiddetta ​colpa cosciente che consiste nell’agire pur prevedendo l’evento come conseguenza
della sua condotta, si agisce nella sicura fiducia che esso non si verifichi, ritenendo di poterlo
evitare in virtù della propria abilità personale o per l’intervento di fattori esterni. ​Circostanza
soggettiva​.
● l’aver adoperato sevizie o aver agito con crudeltà verso le persone (art. 61 n.4 c.p.), cioè
infliggere violenza fisica o morale, con mezzi non necessari alla commissione del reato e con
assoluta mancanza di sentimenti umanitari. ​Circostanza soggettiva compatibile col vizio
parziale di mente e con l’attenuante della provocazione, non è compatibile col vizio totale di
mente.
● l’aver profittato di circostanze di tempo, luogo o di persona, anche in riferimento all’età, tali da
ostacolare la pubblica o privata difesa (art. 61 n.5 c.p.), ovvero avvantaggiarsi intenzionalmente
di una condizione favorevole, sia essa causale o provocata dal soggetto; per configurarsi basta
che la difesa sia ostacolate. E’ una ​circostanza oggettiva​, in quanto agevola la commissione
del reato. Per ​circostanze di tempo e luogo si intende ad esempio la notte e la situazione di
calamità, per ​circostanze di persona​ si intendono ad esempio i mutilati, ubriachi ecc.
● l’avere commesso il reato, durante il tempo in cui si è ​sottratto all’esecuzione di un mandato
o di un ordine di arresto​, cattura o carcerazione per un precedente reato (art. 61 n.6 c.p.);
circostanza soggettiva​.
● l’avere nei delitti contro il patrimonio o che offendono il patrimonio, determinati da motivi di lucro,
cagionato alla persona offesa dal reato un ​danno di rilevante entità (art. 61 n.7 c.p.), è una
circostanza con natura oggettiva riferendosi all’entità del danno. La rilevanza del danno deve
essere valutata avendo riguardo del livello economico medio della comunità sociale nel
momento storico di riferimento, prescindendo dalle condizioni economiche del danneggiato.
● l’avere ​aggravato o tentato di aggravare le conseguenze del delitto commesso (art. 61 n.8
c.p.), consiste in un fatto successivo alla commissione del reato, con cui l’agente ne abbia
aggravato o tentato di aggravare le conseguenze (ad esempio, ferire un uomo ed impedirne i
soccorsi).
● l’avere commesso il fatto con ​abuso di potere o con violazione dei doveri inerenti a una
pubblica funzione o a un pubblico servizio (art. 61 n.9 c.p.), l’abuso deve essere doloso.
● l’avere commesso il fatto c​ontro un pubblico ufficiale o contro una persona incaricata di
pubblico servizio o ministro di culto cattolico o culto ammesso dallo Stato, o contro un agente
diplomatico o consolare di uno Stato, nell’atto o a causa dell’adempimento delle funzioni (art. 61
n.10 c.p.), trattasi di circostanza oggettiva perché riguarda la persona offesa.
● l’avere commesso il fatto con ​abuso di autorità o di relazioni domestiche​, ovvero con abuso
di relazioni di ufficio, di prestazione, d’opera, di coabitazione o di ospitalità (art. 61 n.11 c.p.).
● l’avere commesso il fatto mentre si trova illegalmente sul territorio nazionale (art. 61 n.11bis
c.p.).
● l’avere commesso un delitto contro la persona ​ai danni di un soggetto minore all’interno o
nelle adiacenze​ di istituti di istruzione o di formazione (art. 61 n.11ter c.p.).
● l’avere il colpevole commesso un delitto non colposo ​durante il periodo in cui era ammesso
ad una misura alternativa ​alla detenzione in carcere. (art. 61 n.11quater c.p.).
● l’avere, nei delitti colposi contro la vita o contro l’incolumità individuale, contro la libertà
personale, commesso il fatto ​in presenza o in danno di un minore di anni diciotto ovvero in
danno di persona in stato di gravidanza. (art. 61 n.11quinques c.p.).


LE CIRCOSTANZE ATTENUANTI COMUNI
● L’aver ​agito per motivi di particolare valore morale e sociale (art. 62 n.1 c.p.), ha una natura
soggettiva, riguardando l’intensità del dolo ed è da intendere per quegli impulsi psicologici
ispirati a finalità superiori, altamente apprezzabili dal punto di vista etico e sociale.
● l’aver agito in ​stato d’ira determinato da un fatto ingiusto altrui (art. 62 n.2 c.p.), è questa la c.d.
provocazione​. Lo stato d’ira, ossia la perdita di controllo delle proprie azioni deve essere
determinato da un fatto giusto altrui, che va accertato con criteri obiettivi. Il fatto provocatorio è
ingiusto quando costituisce un aggressione ad un interesse, ad un’aspettativa, ad un opinione.
● l’aver agito per ​suggestione di folla in tumulto (art. 62 n.3 c.p.), ossia qualsiasi moltitudine
disordinata e violenta che crei confusione turbolenta. L’attenuante in esame non sarà presa in
considerazione quando si tratti di assembramenti vietati dalla legge o quando il soggetto che la
invoca sia un delinquente abituale o che si sia mescolato tra la folla per commettere un reato
prefissato.
● l’avere nei delitti contro il patrimonio, (art. 62 n.4 c.p.) ​cagionato un danno di speciale tenuità
(art. 62 n.4 c.p.), deve considerarsi il momento in cui vi è la consumazione del reato.
● l’essere ​concorso a determinare l’evento​, insieme all’azione od omissione del colpevole, il
fatto doloso della persona offesa (art. 62 n.5 c.p.), necessita di due condizioni, l’inserimento del
comportamento della persona offesa nella serie delle cause determinatrici del reato e la volontà
dell’offeso di concorrere con la sua condotta nell’evento medesimo.
● l’avere, prima del giudizio, ​riparato interamente il danno mediante risarcimento o
restituzione o l’essersi, prima del giudizio, adoperato spontaneamente per elidere o attenuare
le conseguenze dannose o pericolose del reato (art. 62 n.6 c.p.), vi sono due ipotesi, per quanto
riguarda il risarcimento o la restituzione, deve essere ​integrale e volontaria​, mentre se è
parziale sarà il giudice a valutare la concessione delle attenuanti generiche, se è commesso da
più persone, l’attenuante sarà per chi si adopera, gli altri ne trarranno vantaggio solo se
manifestano concreta volontà di riparazione del danno. Nel caso di riparazione del danno
mediante elisione o attenuazione del fatto criminoso, l’ipotesi si riferisce a conseguenze del
reato che non possono essere eliminate mediante risarcimento (ad esempio, il ferimento).

CIRCOSTANZE ATTENUANTI GENERICHE


Ai sensi dell’art. 62bis c.p., il giudice fuori dalle circostanze previste dall’art. 62 c.p., può prendere in
considerazione altre circostanze diverse, qualora le ritenga tali da giustificare una diminuzione della
pena. Le ​attenuanti generiche costituiscono uno strumento finalizzato a mitigare, in relazione a
circostanze non contemplate specificatamente dalla legge, le pene, giudicate troppo aspre o di formale e
rigida applicazione, previste per i singoli reati. La valutazione per la loro concessione è rimessa al
giudice, che valuterà aspetti della personalità del reo e facendo una completa analisi del singolo fatto.
Per la valutazione delle attenuanti generiche il giudice non deve tenere conto della capacità a delinquere
del colpevole, qualora questi appartenga alla categoria dei recidivi reiterati speciali, ovvero che sia già
stato condannato per reati la cui pena è la reclusione non inferiore ai cinque anni.
L’assenza di precedenti condanne per altri reati a carico del condannato non può essere, per ciò solo,
posta a fondamento della concessione delle attenuanti generiche.
La legge n.19/1990, subordina l’applicabilità delle ​aggravanti ad una conoscenza della loro sussistenza
da parte dell’agente, quindi l’aggravio della pena è consentito solo se la circostanza, obiettivamente
sussistente, era sta ignorata dal soggetto per colpa o per errore determinato da colpa. Se quindi non è
possibile muovere nei confronti del soggetto un rimprovero almeno di colpa, non gli si può attribuire una
circostanza aggravante. Al contrario per le circostanze attenuanti, sono sempre applicabili, anche se non
conosciute o ritenute per errore inesistenti. (ad esempio, rubo quadro di valore credendo sia una di poco
valore, viene applicata attenuante art. 62 n.4 c.p.).
Nel caso di più ​circostanze omogenee (tutte aggravanti o attenuanti) si fa luogo a tanti aumenti o
diminuzioni di pena, quante siano le circostanze concorrenti.
Nel caso di più ​circostanze eterogenee​, qualora nel medesimo reato concorrano circostanze
aggravanti e attenuanti, si procede ad un ​giudizio di prevalenza rimesso al giudice, che provvede con
un apprezzamento insindacabile; quindi se prevalgono le aggravanti, non si tiene conto della
diminuzione di pena stabilita per le attenuanti, facendosi luogo solo agli aumenti di pena previsto per le
specifiche aggravanti, se invece prevalgono le attenuanti, si applicano solo le relative diminuzioni di
pena.
Nel ​caso di equivalenza​, si applica la pena che sarebbe stata inflitta senza alcuna circostanza.
14. Concorso eventuale di persone
IL CONCORSO EVENTUALE DI PERSONE NEL REATO
Il reato come fatto umano può essere commesso sia da un soggetto che da una pluralità di soggetti, in
questa seconda ipotesi si parla di ​concorso di persone nel reato​. Si distingue tra ​concorso
necessario che si verifica per quei reati che possono essere commessi solo da due o più persone (reati
plurisoggettivi) e ​concorso eventuale​, ovvero per tutti i reati che possono essere commessi da una
persona sola.
La disciplina del concorso eventuale è dettata dall’art. 110 c.p. che stabilisce che quando più persone
concorrono nel medesimo reato, ciascuna di esse soggiace alla pena per questo stabilita.
Tale norma svolge una funzione estensiva dell’ordinamento penale in quanto consente di punire sia chi
concorre con la condotta tipica prevista dalla norma incriminatrice, sia chi pone in essere azioni atipiche
che in base alla sola norma non sarebbero punibili (ad esempio, istigazione al furto senza la
partecipazione alla sottrazione).


FORME DEL CONCORSO CRIMINOSO
Bisogna distinguere tra ​partecipazione materiale o fisica​, che si verifica nell’esecuzione del reato, ove
l’​autore è chi compie l’azione, il ​coautore è chi, insieme ad altri, esegue l’azione tipica e il ​partecipe è
chi pone in essere un’azione che di per se non realizza la fattispecie tipica criminosa (ad esempio, il palo
nel furto) e ​partecipazione psichica​, che si verifica nell’ideazione del reato, ove il ​determinatore è
colui che fa sorgere un proposito criminoso che prima non esisteva, l’​istigatore è il compartecipe che si
limita a rafforzare in un’altra persona un proposito criminoso già esistente.


ELEMENTI DEL CONCORSO DI PERSONE
Gli elementi essenziali per configurarsi il concorso di persone nel reato sono:
● la pluralità di agenti (in alcuni casi si segue la teoria dell’autore mediato, quando chi compie il
reato è incapace, ne risponde solo colui che l’ha indotto al crimine, altre teorie considerano
concorso di persone anche se tra questi vi è un incapace);
● la realizzazione dell’elemento oggettivo del reato (per aversi la sussistenza del concorso,
deve aversi un reato);
● il contributo causale del concorrente al verificarsi dell’evento (vi sono varie teorie, quella
condizionalistica in cui vi è la ​condicio sine qua non, l’aumento del rischio, la facilitazione o
agevolazione e l’apporto materiale o compartecipazione psichica o morale);
● la volontà effettiva di cooperare nel reato (è l’elemento soggettivo, indicato come la volontà di
partecipare alla realizzazione dell’evento. Il reato in concorso è sempre doloso è necessita di
due elementi, chi vi sia la volontà di commettere un reato e che vi sia la volontà di commetterlo
insieme ad altri).

AGENTE PROVOCATORE
E’ colui che spinge altre persone a commettere reati al fine di farli scoprire e punire (spesso sono
appartenenti a forze di Polizia). Secondo la dottrina dominante egli va esente da responsabilità per
mancanza di dolo, in quanto agisce con la precisa convinzione che l’evento non si sarebbe verificato. La
giurisprudenza considera l’opera dell’agente provocatore non esente da punibilià a meno che non si tratti
di opera marginale consistente in attività di osservazione, di controllo e di contenimento delle azioni
illecite, che devono essere esclusivamente opera altrui.


RESPONSABILITA’ PARTECIPE PER REATO DIVERSO DA QUELLO VOLUTO
Disciplinato dall’art. 116 c.p. stabilisce che quando il reato commesso sia diverso da quello voluto da
taluno dei concorrenti, anche questi ne risponde, se l’evento è conseguenza della sua azione od
omissione. La pena è diminuita riguardo a chi volle il reato meno grave. Quanto al titolo della
responsabilità, vi è un’ipotesi di responsabilità oggettiva, contro la quale la Corte Costituzionale si è
opposta facendo leva sul requisito della prevedibilità del reato diverso. Qualora il compartecipe abbia
previsto che l’azione criminosa potesse sfociare in un reato più grave accettandone il rischio non
risponderà più ex art. 116 c.p. ma ex art. 110 c.p. per averlo voluto a titolo di ​dolo eventuale​.

CIRCOSTANZE AGGRAVANTI
Ex art. 112 c.p., la pena è obbligatoriamente aumentata se:
● il numero delle persone concorse nel reato sia di cinque o più;
● per chi ha promosso ed organizzato la cooperazione nel reato, per chi nell’esercizio della sua
autorità, direzione o vigilanza, ha determinato a commettere il reato a persone ad esso soggette;
● per chi ha determinato a commettere reato un minore di diciotto anni o una persona in stato di
infermità o di deficienza psichica, ovvero si è avvalso degli stessi o con gli stessi ha partecipato
per la commissione di un reato per il quale è previsto l’arresto in flagranza.


CIRCOSTANZE ATTENUANTI
Ex art. 114 c.p., la pena può essere diminuita qualora il giudice ritenga che l’opera prestata da talune
persone concorse nel reato, abbia avuto minima importanza nella preparazione o esecuzione del reato e
nei confronti di colui che è stato indotto alla partecipazione per timore reverenziale da persona che
esercita su di lui autorità, direzione o vigilanza, come pure per il minore di diciotto anni, l’infermo o
avente deficienza psichica.


DESISTENZA VOLONTARIA E PENTIMENTO OPEROSO
La ​desistenza volontaria non si estende agli altri compartecipi e secondo la dottrina dominante si
verifica allorchè il soggetto impedisca il compimento dell’evento; il ​pentimento operoso presuppone che
l’azione collettiva sia giunta a compimento e che uno dei concorrenti riesca ad impedire il verificarsi
dell’evento lesivo (ad esempio, due persone accoltellano con volontà omicida ma uno dei due
accompagna il ferito in ospedale impedendone il decesso).


LA COOPERAZIONE NEI REATI COLPOSI
Nel delitto colposo, quando l’evento è stato cagionato dalla cooperazione di più persone, ciascuna di
queste soggiace alle pene stabilite per il delitto stesso. E’ questa la disciplina della ​cooperazione
colposa​, si tratta di un concorso improprio in quanto manca la volontà di cooperare nel reato (ad
esempio, incendio causato da due persone, uno prende la legna e l’altro la accende per riscaldarsi).
15. Concorso di reati
IL CONCORSO DI REATI
Si verifica quando un individuo viola più volte la legge penale ed è perciò chiamato a rispondere di più
reati. Il concorso può essere ​materiale​, quando è caratterizzato dal fatto che i vari reati sono posti in
essere da una pluralità di azioni od omissioni, oppure ​formale​, quando i reati vengono realizzati con una
sola azione od omissione, o ​apparente​, quando la molteciplità dei reati è solo apparente, in quanto la
violazione della norma penale è sostanzialmente unica.


IL CONCORSO MATERIALE
Si ha quando è caratterizzato dal fatto che i vari reati sono posti in essere da una pluralità di azioni od
omissioni, l’unico legame tra questi reati è dato dall’identità della persone dell’agente che li ha posti in
essere. I reati commessi da un unico agente possono essere legati da un:
● vincolo ideologico​, quando il reato è commesso per eseguirne un altro (ad esempio, omicidio
per derubare la vittima);
● vincolo consequenziale​, quando un reato viene commesso per assicurarsi un prezzo, prodotto,
profitto o impunità da altro reato (ad esempio, dopo aver ucciso un neonato ne occulta il
cadavere);
● vincolo occasionale​, quando nella commissione di un reato vi è l’occasione di commetterne un
altro (ad esempio, ladro entra per rubare, vede una giovane e la violenta).


IL CONCORSO FORMALE
Si distingue in ​concorso eterogeneo quando con una sola azione od omissione si violano diverse
disposizioni di legge (ad esempio, colpo di pistola che uccide una persona e rompe una vetrina), e
concorso omogeneo​, quando con una sola azione od omissione vengono compiute più violazioni della
medesima disposizione di legge (ad esempio, frase ingiuriosa rivolta a più persone).
Lo scopo della materia del concorso dei reati è quello di limitare l’entità della pena da applicare a chi
deve essere giudicato per più reati. Sono tre i sistemi concepibili per la disciplina del concorso di reati:
1. l’assorbimento​, si applica solo la pena prevista per il reato più grave e non si tiene conto di
quello minore;
2. il cumulo giuridico​, si applica la pena più grave con un aumento non corrispondente alla
somma delle altre pene ma ad una congrua quota fissata dalla legge;
3. il cumulo materiale​, il reo soggiace a tante pene quante sono le infrazioni commesse.
16. Reato continuato
IL REATO CONTINUATO
Si ha ​reato continuato​, quando con più azioni od omissioni esecutive di un medesimo disegno
criminoso, si commettono, anche in tempi diversi, più violazioni della stessa o di diverse disposizioni di
legge (art. 81 c.p.).
Perché possa applicarsi l’art. 81 c.p. è necessario che vi sia una pluralità di azioni, intesa come una
pluralità di condotte ​autonome, che sfociano in più episodi criminosi e non quindi come più atti
unificabili in un’unica azione, più violazioni della stessa o di diverse disposizioni di legge e l’identità del
disegno criminoso.


CONTINUAZIONE TRA DELITTI E CONTRAVVENZIONI
La ​continuazione è applicabile in ogni caso in cui più reati siano stati commessi in esecuzione di un
medesimo disegno criminoso, anche quando i reati appartengono a categorie diverse e siano puniti con
pene di specie diversa. La sanzione è quella prevista dall’art. 81 c.p., ovvero l’aumento della pena
prevista per il reato più grave fino al triplo
In giurisprudenza, l’orientamento principale afferma che è applicabile l’istituto della continuazione,
indipendentemente dalle pene previste per i singoli reati, che possono essere anche di specie diverse
(reclusione e arresto o multa e ammenda) o di genere diverso (pene detentive e pene pecuniarie). Si
ritiene inoltre che la continuazione possa essere ravvisata tra contravvenzioni, purchè l’elemento
soggettivo ad esse comune sia il dolo.


L’IDENTITA’ DEL DISEGNO CRIMINOSO
L’unicità del disegno criminoso si ha quando il soggetto ha precedentemente disposto il progetto di
compiere una serie di azioni delittuose della stessa specie (​fattore intellettivo​), deliberato nelle linee
essenziali (​fattore volitivo​) e per conseguirne un determinato fine (​fattore finalistico​).
In generale si può affermare che l’​identità del disegno criminoso viene meno quando tra l’uno e l’altro
fatto incriminato, vi siano intervenute circostanze che abbiano indotto il reo a modificare il progetto
originario in relazione ai mezzi di esecuzione e alle condizioni di attuazione. La configurabilità di un
medesimo disegno criminoso è inammissibile tra reati dolosi e colposi o tra reati colposi. La permanenza
del disegno criminoso non può ritenersi esclusa dall’arresto o dalla denuncia per uno dei fatti in
continuazione.


REATI SUSCETTIBILI DI CONTINUAZIONE
La continuazione può aversi tra reati commissivi o omissivi (purchè dolosi) e reati permanenti. E’
disciplinata dall’art. 671 c.p.p. che prevede la possibilità per il giudice dell’esecuzione, di applicare la
continuazione nel caso di sentenze o decreti penali pronunciati in procedimenti distinti contro la stessa
persona; vi è quindi la possibilità della continuazione tra reati già giudicati e reati da giudicare.

EFFETTI DELLA CONTINUAZIONE


Le varie fattispecie che compongono il c.d. ​reato continuato vengono trattate in modo unitario ai fini
della determinazione della pena, per cui sarà applicata la pena prevista per il reato più grave aumentata
fino al triplo, ai fini della sospensione condizionale della pena, che può essere applicata solo quando
tutto il reato ne consente il beneficio e ai fini della liberazione anticipata, i reati in continuazione si
scindono invece per l’applicazione dell’amnistia, dell’indulto, dell’aggravante e dell’attenuante.
Ai fini della determinazione della pena per il reato continuato, deve aversi riguardo alla violazione
considerata in astratto e non in concreto, cioè quella comminata nella norma incriminatrice.

LE CIRCOSTANZE NEL REATO CONTINUATO


Nel reato continuato, la valutazione delle circostanze va differenziata a seconda che ineriscano alle
singole azioni o a tutto l’episodio unificato. Le circostanze attinenti alle singole azioni devono essere
valutate per determinare la pena base di ciascun reato, al fine di stabilire qual'è la più grave delle
violazioni su cui poi sarà operato l’aumento previsto per la continuazione. Una volta individuata la
violazione più grave e determinata la pena per il reato continuato, si terrà poi conto ai fini dell’aumento o
della diminuzione di tale pena, delle circostanze che ineriscono a tutti gli episodi, unificati nella
continuazione.
17. Reato permanente e abituale
IL REATO PERMANENTE
Sono ​permanenti quei reati nei quali l’offesa al bene giuridico si protrae nel tempo per effetto della
persistente condotta del soggetto. Per la sussistenza di tali reati occorre che la situazione dannosa o
pericolosa derivante dalla condotta del reo abbia carattere continuativo e che il protrarsi di essa sia
dovuto alla condotta volontaria del soggetto, che quindi può porvi fine in ogni momento.
E’ un ​reato unico che non si concretizza nel momento in cui si instaura la situazione offensiva ma
quando vi è il mantenimento di essa: la prima fase, ovvero quella realizzativa, è caratterizzata da una
condotta positiva, invece la fase del mantenimento da una condotta negativa (c.d. ​concezione
bifasica​).


IL REATO ABITUALE
E’ abituale il reato che risulta dalla reiterazione nel tempo di più condotte identiche ed omogenee.
Il ​reato abituale​ può consistere:
● nella ripetizione di condotte che prese isolatamente non costituirebbero reato (c.d. ​reato
abituale proprio​), ad esempio, nei maltrattamenti in famiglia;
● nella ripetizione di condotte che già di per se costituiscono reato (c.d. ​reato abituale
improprio​), ad esempio, la relazione incestuosa.


IL REATO COMPOSTO O COMPLESSO
Disciplinato dall’art. 84 c.p., afferma che le disposizioni inerenti il concorso di reati, non si applicano
quando la legge considera come elementi costitutivi o come circostanze aggravanti di un solo reato, fatti
che costituirebbero per se stessi reato. Il ​reato complesso viene inquadrato nel concorso apparente di
norme ed è trattato come reato unico.
Vi è poi il ​reato complesso in senso lato​, ovvero quando un reato contiene in se necessariamente un
altro reato meno grave. Bisogna distinguere tra la ​continenza esplicita​, ovvero quando la descrizione
legale del reato incorporante comprende la descrizione del reato incorporato e la ​continenza implicita​,
ovvero quando l’inclusione del reato minore nel maggiore si desume dalla natura intrinseca del fatto in
esso configurato, così non è possibile uccidere senza percuotere o ferire.
I reati di questa specie vengono denominati ​progressivi​, che ricorrono nei casi in cui la commissione di
un reato maggiore, implica necessariamente o eventualmente, la commissione di un reato minore.
Ricorrono gli estremi della progressione criminosa nei casi in cui si ha il passaggio contestuale da un
reato ad un altro più grave, contenente il primo, per effetto di risoluzioni criminose successive.
18. Punibilità
LA PUNIBILITA’
E’ l’applicabilità della pena, ovvero la possibilità giuridica di irrogare questa sanzione, è quindi una
conseguenza del reato e non può considerarsi elemento di esso, per sorgere la ​punibilità occorrono
commissione di un reato, assenza di cause personali di esclusione della pena (immunità, non
imputabilità), presenza di eventuali condizioni obiettive di punibilità, che debbono consistere in un
avvenimento del mondo esterno e debbono essere estranee alla condotta illecita (quando per la
punibilità del reato, la legge richiede il verificarsi di una condizione, il colpevole risponde del reato, anche
se l’evento da cui dipende il verificarsi della condizione, non è da lui voluto).
Per individuare le condizioni di punibilità, occorre fare ricorso ad indici strutturali, alla collocazione
dell’elemento all’interno della fattispecie astratta e a criteri sostanziali, relativi alla determinazione
dell’interesse tutelato dalla norma.
La dottrina distingue tra ​condizioni di punibilità intrinseche​, che sono partecipi dell’offensività del fatto
reato, in quanto comportano un ulteriore aggravamento, una progressione tipica dell’offesa e le
condizioni estrinseche​, che sono estranee all’offensività del fatto.
Tra le cause intrinseche rientrano:
● il pericolo della malattia nell’abuso dei mezzi di correzione;
● il pubblico scandalo nei delitti di incesto;
● la dichiarazione di fallimento nei delitti di bancarotta.
Invece tra le cause estrinseche rientrano:
● l’annullamento del matrimonio, nell’induzione al matrimonio mediante inganno;
● la sorpresa in flagranza;
● la presenza del reo nel territorio dello Stato.
Il passaggio in giudicato della sentenza di condanna, comporta una trasformazione della punibilità, infatti
prima della sentenza, la pena applicabile è quella che la legge stabilisce in astratto per il reato, dopo la
sentenza, la pena che va applicata è quella che il giudice ha irrogato all’autore del reato, si avrà quindi
punibilità in astratto che ricorre quando sussistono tutti gli elementi richiesti dalla legge per l’inflizione
della pena e la ​punibilità in concreto​, che si avrà col passaggio in giudicato della condanna. Le ​cause
di estinzione del reato (morte del reo prima della condanna, amnistia, prescrizione, remissione di
querela, perdono giudiziale, oblazione, sospensione condizionale della pena dopo cinque anni per delitti
e due per contravvenzioni) estinguono la punibilità in astratto, le ​cause di estinzione della pena
estinguono la punibilità in concreto.


LA PERICOLOSITA’ CRIMINALE
E’ definita socialmente pericolosa, la persona che ha commesso un reato o un quasi reato ed è
probabile che commetta nuovi fatti previsti dalla legge come reati.


MORTE DEL REO
Causa comune di estinzione del reato e della pena, a seconda che intervenga prima o dopo la
condanna, permangono le obbligazioni civili nascenti dal reato, il giudice può pronunciare il
proscioglimento nel merito, ove ritenga il fatto non sussistente, non costituente reato o che l’imputato
non lo abbia commesso, essendo tali forme di proscioglimento più favorevoli alla declaratoria di
estinzione del reato.


AMNISTIA
Causa di estinzione del reato, è la rinuncia da parte dello Stato a far valere la propria potestà punitiva,
per determinati reati commessi in un certo lasso di tempo. L’​amnistia è un provvedimento generale ed
astratto, estintivo della punibilità di soggetti che hanno commesso fatti costituenti reato in un determinato
periodo, anteriore all’entrata in vigore della legge che concede il beneficio. L’​amnistia propria riguarda i
reati per i quali ancora non è intervenuta una sentenza penale irrevocabile di condanna, l’​amnistia
impropria riguarda i reati per i quali è già stata pronunciata sentenza penale irrevocabile di condanna.
Della condanna irrevocabile, se ne dovrà comunque sempre tenere conto in futuro, ai fini
dell’accertamento della recidiva, della dichiarazione di delinquente abituale, della professionalità nel
reato, della applicabilità sospensione condizionale della pena, della applicazione delle aggravanti.
L’intervenuta amnistia non fa venire meno le conseguenze civili del reato. E’ possibile rinunciare
all’amnistia se il condannato ha l’interesse a dimostrare la propria innocenza.


INDULTO O CONDONO
E’ un atto di clemenza generale, che opera esclusivamente sulla pena principale, vi sarà ​indulto proprio
o improprio, l’indulto estingue la pena ma non estingue le pene accessorie a meno che il decreto non
preveda diversamente e non estingue gli effetti della condanna.
Titolare del potere di indulto e amnistia è il Parlamento, che deve deliberare a maggioranza dei due terzi
dei componenti di ciascuna camera, l’efficacia è circoscritta ai reati commessi fino al giorno precedente
l’emanazione del decreto, nel concorso di reati si applica una volta sola, sono cumulate le pene. Il
beneficio dell’indulto è revocato di diritto se chi ne ha usufruito, commette entro cinque anni dalla data di
entrata in vigore della legge, un delitto non colposo per il quale riporti condanna a pena detentiva non
inferiore a due anni.


GRAZIA
Atto di clemenza del Presidente della Repubblica, è un atto particolare in quanto è essenzialmente
individuale e va a beneficio di una determinata persona, presuppone una sentenza irrevocabile di
condanna ed è rimesso al potere discrezionale del Capo dello Stato, che opera solo sulla pena
principale, condonandola in tutto o in parte.


PRESCRIZIONE DEL REATO
Ciascuna fattispecie di reato ha un proprio termine base di ​prescrizione​, coincidente con la pena
edittale massima stabilita dalla legge, il minimo temporale stabilito è sei anni in caso di delitto e quattro
anni in caso di contravvenzione. Per alcune figure criminose di particolare gravità il tempo necessario ad
estinguere il reato per prescrizione è doppio rispetto agli altri reati. La prescrizione della pena è una
rinuncia dello Stato a far valere la propria pretesa punitiva e porta all’estinzione della punibilità in
concreto, può verificarsi solo dopo una sentenza o un decreto irrevocabile di condanna non eseguiti, ha
per oggetto le pene principali ed è esclusa per l’ergastolo. La pena della reclusione si estingue decorso
un periodo pari al doppio della pena inflitta e in ogni caso non superiore a trent'anni ne inferiore a dieci,
sono esclusi dal beneficio i recidivi aggravati e reiterati, i delinquenti abituali, professionali, per tendenza.
Nel calcolo della prescrizione, non si tiene conto delle circostanze, salvo per le aggravanti autonome o
ad effetto speciale. Si definiscono circostanze autonome, quelle la cui sussistenza comporta
l’applicazione di una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato, sono invece ad effetto
speciale, quelle che comportano una variazione di pena superiore ad un terzo. Per i reati punibili con
sanzioni diverse da quella detentiva e pecuniaria il termine è di tre anni. La prescrizione non estingue i
reati per i quali la legge prevede l’ergastolo, anche come effetto di circostanze aggravanti.
La prescrizione è sempre rinunciabile dall’imputato, il termine della prescrizione decorre per il ​reato
consumato dal giorno della consumazione, per il ​reato tentato dal giorno in cui è cessata l’attività del
colpevole, per il ​reato permanente​, dal giorno in cui è cessata la permanenza.
Il corso della prescrizione rimane sospeso in ogni caso in cui, la sospensione del procedimento o del
processo penale o dei termini di custodia cautelare, è imposta da una particolare disposizione di legge, il
decorso della sospensione è altresì sospeso nel caso di sospensione del procedimento per assenza
dell’imputato, nonché per messa alla prova del medesimo.
L’art. 160 c.p. elenca taluni atti del procedimento penale, idonei a produrre l’interruzione della
prescrizione, ad esempio la sentenza di condanna, il decreto di condanna, la richiesta di rinvio a giudizio,
l'interrogatorio. La prescrizione interrotta, comincia nuovamente a decorrere a partire dal giorno
dell’interruzione. La sospensione e l’interruzione della prescrizione hanno effetto per tutti coloro che
hanno commesso reato.

L’OBLAZIONE
E’ una causa di estinzione del reato, sia per le contravvenzioni punite solo con ammenda che con
arresto o ammenda. In entrambi i casi consiste in un pagamento di una somma di denaro, che ha
l’effetto di degradare il reato in illecito amministrativo e quindi di estinguerlo, prima dell’apertura del
dibattimento o prima del decreto di condanna. L’​oblazione ​ove è prevista l’ammenda, ha luogo a
richiesta dell’interessato e consiste nel pagamento di una somma di denaro, corrispondente alla terza
parte del massimo della pena edittale, per le contravvenzioni punite con pene alternative, è facoltà del
giudice ammettervi o meno l’imputato che ne abbia fatto domanda. L’oblazione ha luogo mediante il
pagamento di una somma di denaro corrispondente alla metà del massimo dell’ammenda, stabilita per
legge per la contravvenzione commessa, oltre le spese del procedimento.
In alcune ipotesi l’oblazione è per legge esclusa, in caso di recidiva reiterata, se l’imputato è stato
dichiarato contravventore abituale, oppure delinquente o contravventore professionale e quando
permangono conseguenze dannose o pericolose del reato, eliminabili da parte del contravventore.


PERDONO GIUDIZIALE PER I MINORI DEGLI ANNI DICIOTTO
Consiste nella rinuncia dello Stato a condannare il colpevole del reato, in considerazione della sua età e
per consentirgli un più rapido reinserimento sociale. Il ​perdono estingue la punibilità in astratto,
costituendo una causa di estinzione del reato. Ai fini della concessione del beneficio occorre che il
colpevole all’epoca della commissione del reato, non abbia superato gli anni diciotto e non deve essere
mai stato condannato precedentemente per altro delitto, inoltre il reato commesso non sia grave, ovvero
la pena in concreto da applicare deve essere una pena detentiva non superiore a due anni ovvero una
pena pecuniaria non superiore a 1549 Euro. Una causa di estinzione del reato è inoltre per il minore,
l’esito positivo dell’​affidamento in prova ai servizi minorili​ dell’amministrazione della giustizia.


LIBERTA’ CONDIZIONALE
Premio per il condannato, che durante il periodo di detenzione abbia dato costante prova di buona
condotta, tale istituto da un lato premia il detenuto, dall’altro incita gli altri detenuti a seguirne l’esempio.
Le condizioni sono che:
● il detenuto deve aver tenuto un comportamento tale da far desumere un suo ravvedimento;
● deve aver scontato almeno trenta mesi o metà pena se la pena residua non supera i cinque
anni, nel caso di prima condanna o recidiva semplice, nel caso di recidiva aggravata o reiterata;
● deve aver scontato almeno quattro anni e non meno dei tre quarti della pena, per l’ergastolo,
deve aver scontato almeno ventisei anni.
La ​libertà condizionale è concessa dal Tribunale di sorveglianza, su parere del magistrato di
sorveglianza, è revocata se la persona liberata commette un delitto o una contravvenzione della stessa
indole, o se trasgredisce agli obblighi inerenti la libertà vigilata.
Nel caso di revoca, il tempo di pena detentiva ancora da espiare viene determinato tenendo conto del
tempo trascorso in libertà condizionale, nonché delle restrizioni della libertà subite dal condannato e del
suo comportamento durante tale periodo. La liberazione condizionale sospende l’esecuzione della parte
di pena ancora da scontare, se però tutto il tempo della pena inflitta decorre senza alcuna causa di
revoca, la pena rimane estinta e sono revocate le misure di sicurezza personali.

SOSPENSIONE CONDIZIONALE DELLA PENA


Vi sono casi in cui l’Autorità Giudiziaria, inflitta una certa pena, ne sospende l’esecuzione, a condizione
che entro un certo periodo di tempo, il colpevole non commetta un nuovo reato, in tale ipotesi se l’illecito
viene commesso, il reo sconterà insieme la vecchia e la nuova pena, se invece nel tempo pattuito non
verrà commesso altro reato, quello acclarato sarà estinto. La ​sospensione dell’esecuzione della pena
è ordinata per cinque anni per i delitti e due anni per le contravvenzioni, il termine decorre dal passaggio
in giudicato della sentenza che concede il beneficio.
Per ottenere tale concessione occorre che il reo non sia stato già condannato a pena detentiva per un
delitto e non sia un delinquente abituale, professionale o per tendenza, alla pena non debba essere
aggiunta una misura di sicurezza, non si tratti di condanna per reato elettorale.
La pena inflitta per il reato commesso, sia compresa nei limiti predetti, in particolare il giudice può
ordinare che l’esecuzione della pena rimanga sospesa, nel pronunciare sentenza di condanna alla
reclusione o all’arresto per un tempo non superiore a due anni, inoltre il giudice ha la facoltà di
sospendere l’esecuzione della pena inflitta, per il termine di un anno, ove la pena medesima non sia
superiore ad un anno e sia stato riparato interamente il danno.
La sospensione non può essere concessa più di una volta, oltre che nel giudizio di cognizione può
essere concessa anche dal giudice dell’esecuzione, non si applica la condizionale, a pene irrogate dal
giudice di pace.
La sospensione può essere subordinata:
● all’adempimento dell’obbligo delle restituzioni;
● al pagamento della somma liquidata a titolo di risarcimento del danno;
● all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, secondo le modalità indicate
dal giudice nella sentenza di condanna;
● alla prestazione di attività non retribuita, a favore della collettività per un tempo determinato,
comunque non superiore alla durata della pena sospesa, sempre con le modalità prefissate dal
giudice di condanna.
La subordinazione all’adempimento di uno degli obblighi suddetti è obbligatoria, quando la sospensione
condizionale della pena è concessa a persona che ne ha già usufruito.
Applicato il beneficio, resta sospesa l’esecuzione sia della pena principale che delle pene accessorie,
ma non fa venire meno le obbligazioni civili nascenti dal reato. Se nei termini indicati, il condannato non
commette altro delitto o contravvenzione della stessa indole ed adempie agli obblighi, il reato, trascorso
il termine, è estinto e non ha luogo l’esecuzione della pena.
Il beneficio è revocato se nei termini indicati il condannato commette un nuovo delitto o una
contravvenzione della stessa indole, se non adempie agli obblighi imposti, se riporti una condanna per
un delitto anteriormente commesso, a pena che cumulata a quella sospesa, superi i limiti indicati.
Anche per le pene sostitutive (semidetenzione, libertà controllata, pena pecuniaria), il giudice può
concedere la sospensione condizionale della pena, sempre che ne ricorrano i requisiti.


RIABILITAZIONE
Estingue le pene accessorie e ogni altro effetto penale della condanna, per ottenerla occorre che il
condannato:
● abbia dato prova effettiva e costante di buona condotte;
● abbia adempiuto le obbligazioni civili derivanti dal reato;
● non sia sottoposto a misure di sicurezza diversa dall’espulsione dello straniero;
● sia decorso un termine prefissato dall’esecuzione o dall’estinzione della pena principale.
La ​riabilitazione è concessa quando siano decorsi almeno tre anni dal giorno in cui la pena principale
sia stata eseguita o sia estinta, il termine invece è fissato in almeno otto anni nel caso si tratti di recidivo,
mentre è fissato in dieci anni per delinquenti abituali, professionali o per tendenza. La valutazione della
buona condotta oltre ai tre anni successivi alla pena, riguarda anche il periodo fino alla data della
decisione sull’istanza presentata.
La concessione del beneficio è rimessa al Tribunale di sorveglianza, è un diritto del condannato e
l’Autorità Giudiziaria ha l’obbligo di accordarla; è revocata se il soggetto entro sette anni commette un
delitto non colposo per il quale sia inflitta una pena non inferiore a due anni.

NON MENZIONE DELLA CONDANNA NEL CASELLARIO GIUDIZIARIO


Tale istituto ha la funzione di favorire la risocializzazione del condannato mediante l’eliminazione del
pregiudizio, che può subire il suo nome dall’annotazione della condanna nel ​casellario giudiziario​. La
non menzione è rimessa alla discrezionalità del giudice, è ammessa a condizione che si tratti di prima
condanna, la pena inflitta sia se detentiva non superiore a due anni, se pecuniaria tale che ragguagliata,
non superi i due anni di pena detentiva, se si tratta di pena congiunta, la pena detentiva non deve essere
superiore a due anni.
Il beneficio è revocato se il condannato commette successivamente un altro delitto, la non menzione
riguarda solo i certificati richiesti dai privati e non si estende ai certificati richiesti per uso elettorale,
quando la condanna comporta la perdita dei diritti elettorali.
SOSPENSIONE DEL PROCEDIMENTO CON MESSA ALLA PROVA
Ne può beneficiare solo chi sia stato condannato con la sola pena pecuniaria, con pena detentiva non
superiore nel massimo a quattro anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria. La ​messa alla
prova comporta per l’imputato attività riparatorie-risarcitorie, ovvero la prestazione di condotte volte
all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato, nonché il risarcimento del
danno cagionato, l’affidamento al servizio sociale (finalizzato allo svolgimento di un programma che può
implicare attività di volontariato di rilievo sociale), ovvero l’osservanza di prescrizioni relative ai rapporti
col servizio sociale, alla dimora, al movimento, al divieto di frequentare determinati locali e il lavoro di
pubblica utilità, consistente in una prestazione non retribuita, di durata non inferiore a dieci giorni anche
non continuativi, da svolgere presso Stato o enti, con modalità che non pregiudichino le esigenze di
lavoro, studio, famiglia dell’imputato; la durata giornaliera non può superare le otto ore.
Sono esclusi dal beneficio coloro che siano stati dichiarati delinquenti e non può essere concesso più di
una volta. Durante il periodo di applicazione, il corso della prescrizione del reato rimane sospeso, l’esito
positivo della prova estingue il reato per cui si procede, il beneficio è revocato in caso di grave o reiterata
trasgressione al programma di trattamento o alle prescrizioni imposte, ovvero di rifiuto al lavoro di
pubblica utilità o in caso di commissione durante il periodo di prova, di un nuovo delitto non colposo,
ovvero di un reato della stessa indole rispetto a quello per cui si procede.


DISPOSIZIONI COMUNI ALLE CAUSE DI ESTINZIONE
L’estinzione del reato o della pena ha effetto strettamente personale, nel caso di concorso di una causa
che estingue il reato con una che estingue la pena, prevale la prima. Se intervengono in tempi diversi più
cause di estinzione, la causa antecedente estingue il reato o la pena, mentre le successive agiscono
sugli effetti residui, se intervengono contemporaneamente più cause, i relativi effetti si sommano.
19. Pena
LA PENA
La ​pena è la sanzione che consegue alla violazione di un precetto penale, ha come carattere essenziale
l’afflittività, nel senso che infligge al reo una vera e propria sofferenza ed è esclusivamente punitiva, non
porta cioè alla riparazione o al risarcimento per la violazione compiuta, si può definire quindi come la
sofferenza comminata dalla legge penale ed irrogata dall’Autorità Giudiziaria mediante processo a colui
che viola un comando della legge medesima.
Vi sono diverse funzioni della pena secondo la dottrina moderna, quella della prevenzione generale e
cioè dell’intimidazione (dissuadere dal violare i precetti) e nella fase edittale, quella della retribuzione e
dell’emenda (secondo essa la pena è protesa verso la redenzione morale e il ravvedimento spirituale del
reo), nella fase giudiziale e quello della rieducazione nella fase di esecuzione.
La pena è personalissima e colpisce solo l’autore del reato ed è rigorosamente disciplinata dalla legge,
una volta minacciata, viene sempre applicata all’autore della violazione ed è proporzionata al reato.
Il legislatore ordinario, con L. n.589/1994, ha abolito la pena di morte anche per i reati previsti dal codice
penale militare di guerra, si è quindi provveduto a sopprimere nell’art. 27 Cost., l’inciso in cui era
ammissibile la pena di morte nei casi previsti dalle leggi militari di guerra.
Le principali ​pene detentive​ sono:
● l'​ergastolo (art. 22 c.p.): l'ergastolo è una pena detentiva a carattere perpetuo inflitta a chi ha
commesso un delitto ed equivale alla reclusione a vita. Consiste nella privazione della libertà,
scontata in uno degli stabilimenti a ciò destinati, con l’obbligo del lavoro e l’isolamento notturno.
Il condannato all’ergastolo può essere ammesso al lavoro all’aperto, ma tale concessione può
essere disposta solo se sono stati acquisiti elementi tali da escludere l’attualità di collegamenti
con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva. Il reo può essere ammesso alla libertà
condizionale solo dopo aver scontato ventisei anni di pena. In Italia esistono due tipi di
ergastolo: quello normale e quello ostativo. Il primo concede al condannato la possibilità di
usufruire di permessi premio, semilibertà o liberazione condizionale. Il secondo, invece, nega al
detenuto ogni beneficio penitenziario, a meno che non sia un collaboratore di giustizia. Ostativo
è uno status particolare di quei detenuti (non necessariamente ergastolani) che si trovano
ristretti in carcere a causa di particolari reati classificati efferati dal nostro ordinamento giuridico:
associazione di tipo mafioso (art. 416bis c.p.), sequestro di persona a scopo di estorsione (art.
630 c.p.), associazione finalizzata al traffico di droga (art. 74 D.P.R. n.309/1990), ecc., i quali
ostacolano la concessione dei benefici previsti dalla legge. Grazie all'intervento della Corte
Costituzionale, tale pena è stata esclusa per i minori imputabili, perché incompatibile con la
finalità rieducativa del minore, alla quale devono tendere le pene previste per i minori di età.
● la ​reclusione (art. 23 c.p.): per reclusione in Italia si intende la pena detentiva per la
commissione di un delitto, ovvero un reato di particolare gravità. Consiste nella privazione della
libertà personale per un periodo che va da un minimo di quindici giorni a un massimo di
ventiquattro anni. La reclusione consiste nella limitazione della libertà personale da eseguirsi in
carcere o in altro istituto a ciò espressamente deputato in regime di detenzione, quando una
sentenza di condanna a pena detentiva per un delitto sia passata in giudicato e non sia stato
possibile ottenere l'applicazione di misure alternative. Il recluso ha l'obbligo del lavoro e con
l'isolamento notturno. Tuttavia il condannato alla reclusione che ha scontato almeno un anno
della pena può essere ammesso al lavoro all'aperto. La reclusione può, a determinate condizioni
(tra cui ovviamente la disponibilità di un domicilio ritenuto idoneo) e su autorizzazione del
Tribunale di sorveglianza, essere scontata anche in regime di detenzione domiciliare per
condanne inferiori a due anni (quattro anni in casi particolari), periodo che può essere anche la
parte finale di una pena più lunga.
● l'​arresto (art. 25 c.p.): consiste nella privazione della libertà da un minimo di cinque giorni a un
massimo di tre anni e si applica ai reati contravvenzionali. L'istituto ha la finalità fine di prevenire
la fuga di un soggetto, qualora ne ricorrano i presupposti e le condizioni di legge, per impedire la
ulteriore commissioni di crimini, tutelare lo sviluppo delle indagini preliminari da parte delle forze
di polizia, impedendo che la persona possa fuggire sottraendosi alla giustizia o assicurare
l'esecuzione della pena inflitta a carico di una persona condannata. Nel diritto italiano, il termine
arresto indica più istituti differenti e distinti tra loro: l'arresto in flagranza di reato (definito anche
come fermo di polizia), la pena dell'arresto, l'arresto per l'esecuzione di un ordine di custodia
cautelare, l'arresto per l'esecuzione di un ordine di carcerazione in esecuzione di una condanna
penale definitiva alla pena della reclusione o dell'arresto. Si precisa che la legge parla di arresto
tanto nel caso di reclusione in carcere come pure nel caso di persona a cui viene intimato di
rimanere nella propria abitazione (in tal caso si definisce la custodia cautelare come arresti
domiciliari e la sostituzione della pena della reclusione come detenzione domiciliare). Esso deve
essere disposto seguendo le prescrizioni imposte dalla legge, altrimenti si potrebbe trattare di
arresto illegale.
Invece, la principali ​pene pecuniarie​ sono:
● la ​multa​: quale pena pecuniaria concernente i delitti, consiste nel pagamento allo Stato di una
somma di denaro non inferiore a 50 Euro ne superiore a 50mila Euro. Per i delitti determinati da
motivi di lucro, se la legge stabilisce solo la pena della reclusione, il giudice può aggiungere la
multa da 50 a 25mila Euro. I suddetti limiti riguardano i delitti disciplinati dal codice penale e
vincolano esclusivamente il giudice, infatti il legislatore può in una c.d. legge penale speciale,
punire un delitto con una multa inferiore o superiore ai limiti previsti.
● l’​ammenda​: quale sanzione pecuniaria per le contravvenzioni, consiste nel pagamento allo
Stato di una somma di denaro non inferiore a 20 ne superiore a 10mila Euro.


LE MISURE ALTERNATIVE ALLA DETENZIONE
Il principio della funzione rieducativa, ha ispirato l’introduzione nel nostro ordinamento, delle ​misure
alternative alla detenzione​, le quali, sostituendosi alle pene detentive ed abituando il condannato alla
vita di relazione, rendono più efficace l’opera di risocializzazione. L’assegnazione al lavoro esterno, i
permessi premio e le misure alternative alla detenzione, (esclusa la liberazione anticipata), possono
essere concessi ai detenuti, solo nel caso in cui questi collaborino con la giustizia nel caso di delitti
commessi con finalità di terrorismo, eversione, riduzione in schiavitù e prostituzione minorile, quando
siano stati acquisiti elementi tali da escludere collegamenti con la criminalità organizzata.
Le misure alternative alla detenzione sono:
● l'​affidamento in prova ai servizi sociali​: consiste nell’affidamento in prova del condannato a
pena non superiore a tre anni, ad un centro di servizio sociale fuori dall’istituto, al fine di evitare i
danni derivanti dal contatto con l’ambiente penitenziario e la condizione di totale mancanza di
libertà. Ai sensi della L. n.10/2014 (c.d. svuota carceri), la misura in esame può essere concessa
anche al condannato che debba espiare una pena, pur residua, non superiore a quattro anni di
reclusione, quando nell’espiazione della pena, almeno nell’anno precedente alla richiesta, abbia
tenuto un comportamento tale da consentire il giudizio favorevole della concessione alla misura.
L’esito positivo del periodo estingue la pena detentiva e se il condannato è in gravi situazione
economica, il Tribunale di sorveglianza può ritenere estinta la pena pecuniaria non riscossa.
All’affidato vengono imposte delle prescrizioni, che possono essere modificate durante il
percorso dal magistrato di sorveglianza, al quale periodicamente il servizio sociale riferisce sul
comportamento del medesimo, se questo è negativo, l’affidamento è revocato ed il periodo di
prova non è computato come pena eseguita. L’affidamento può essere concesso solo a
residenti in Italia, non più di una volta al condannato per recidiva reiterata. E' una misura
preclusa per l’evasore.
● la ​semilibertà​: concessione al condannato di trascorrere parte del giorno fuori dal carcere e di
partecipare ad attività lavorative, istruttive o utili al reinserimento sociale; sono ammessi a
goderne il condannato alla pena dell’arresto o reclusione non superiore a sei mesi, nel caso non
sia affidato al servizio sociale, il condannato che ha espiato almeno metà della pena, l’internato
in ogni tempo e il condannato all’ergastolo che abbia scontato venti anni. Misura preclusa per
l’evasore, la semilibertà è revocata qualora il condannato non sia idoneo al trattamento o se
rimane assente dall’istituto per più di dodici ore o non vi faccia ritorno.
● la ​liberazione anticipata​: è concessa al condannato a pena detentiva, che ha dato prova di
partecipazione all’opera di rieducazione, quale riconoscimento di tale partecipazione, ai fini di un
più efficace reinserimento nella società, una riduzione di pena di quarantacinque giorni per
ciascun semestre di pena detentiva scontata, considerato pure il periodo trascorso in custodia
cautelare o detenzione domiciliare. Tale beneficio andrà valutato oltre alla buona condotta,
anche per la condotta tenuta dal reo al di fuori dell’ambiente carcerario. La revoca della misura
sarà disposta solo se la condotta del reo, relativa alla condanna subita, sia incompatibile con il
mantenimento della misura.
● la ​detenzione domiciliare​: la pena della reclusione non superiore a quattro anni, anche se
costituente parte residua di maggior pena, nonché la pena dell’arresto, possono essere espiate
nella propria abitazione o in altro luogo di privata dimora o luogo pubblico di cura o assistenza,
quando trattasi di donna incinta o madre di prole inferiore a dieci anni con lei convivente, padre
esercente la potestà di prole inferiore a dieci anni con lui convivente, quando la madre sia
deceduta o impossibilitata a dare assistenza alla prole, persona in condizioni di salute
particolarmente gravi, età superiore a sessant'anni, se inabile anche parzialmente, persona
minore di anni ventuno per comprovate esigenze di salute, studio, lavoro e famiglia. Per madri
con prole la pena può essere scontata anche in casa famiglia protetta, ipotesi esclusa per
colpevole di evasione. Tale misura può essere concessa anche per l’espiazione della pena
detentiva non superiore a due anni, anche se costituente residuo di pena, quando non ricorrono
i presupposti per l’affidamento in prova ed alle persone oltre i settant'anni salvo che siano stati
dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza e che non siano mai stati condannati
con l’aggravante della recidiva.
● la ​detenzione domiciliare speciale​: concessa alle madri con prole fino a dieci anni, dopo
l’espiazione di almeno un terzo della pena ovvero dopo l’espiazione di almeno quindici anni nel
caso di condanna all’ergastolo. All’atto della scarcerazione sono definite delle prescrizioni, il cui
mancato rispetto comporterà la revoca del beneficio, come per la condannata che rimane
assente dal proprio domicilio, senza giustificato motivo per non più di dodici ore, oltre le dodici
ore sarà condannata per evasione.
● la ​esecuzione domiciliare delle pene detentive non superiori a diciotto mesi​: la L.
n.199/2010 al fine di combattere l’eccessiva affluenza all’interno delle carceri, ha stabilito che
l’esecuzione delle pene detentive brevi, possa avvenire in luoghi esterni al carcere, diversi dagli
istituti penitenziari. Il decreto svuota carceri del 2011 è andato a rafforzare tale tesi, nel dettaglio
si è disposto che la pena detentiva non superiore a diciotto mesi, anche se costituente residuo di
pena maggiore, venga eseguita presso l’abitazione del condannato o altro luogo pubblico o
privato di cura, accoglienza o assistenza. La detenzione presso il domicilio non è applicabile a
soggetti condannati per taluno dei reati previsti dall’art. 4 della L. n.354/1975, ossia: delitti di
terrorismo, eversione, criminalità organizzata, ai delinquenti abituali, professionali o per
tendenza, ai detenuti che siano sottoposti al regime di sorveglianza particolare e quando vi è la
concreta possibilità che il condannato possa darsi alla fuga, ovvero sussistono specifiche e
motivate ragioni per ritenere che il condannato, possa commettere altri delitti ovvero quando non
sussista l’idoneità e l’effettività del domicilio, anche in funzione delle esigenze di tutela delle
persone offese dal reato. Se è presente una delle ipotesi di cui sopra, il Pubblico Ministero
sospende l’esecuzione dell’ordine di carcerazione e trasmette gli atti senza ritardo al magistrato
di sorveglianza, affinché disponga che la pena venga eseguita presso il domicilio. Il magistrato
trasmette senza ritardo copia del provvedimento che dispone l’esecuzione della pena presso il
domicilio al Pubblico Ministero nonché all’ufficio locale della Sezione Penale esterna, per gli
interventi di sostegno e controllo.

SANZIONI SOSTITUTIVE DELLE PENE DETENTIVE BREVI


La L. n.689/1981 ha stabilito che le pene detentive brevi, possono essere sostituite da sanzioni diverse,
ossia:
● la ​semidetenzione​: comporta l’obbligo di trascorrere almeno 10 ore al giorno in uno degli
appositi istituti in cui sono reclusi i detenuti in regime di semilibertà, la determinazione delle ore e
dell’istituto sono valutate in base alle esigenze di lavoro o studio del condannato, il divieto di
detenere qualsiasi tipo di armi, munizioni ed esplosivi, la sospensione della patente di guida, il
ritiro del passaporto e la sospensione ai fini dell’espatrio di ogni documento equipollente,
l’obbligo di conservare e presentare ad ogni richiesta degli organi di Polizia e nel termine
prescritto, l’ordinanza di sostituzione alla pena detentiva con la semidetenzione e l’eventuale
provvedimento di notifica di essa, l’assoggettamento alle norme previste per la semilibertà.
● la ​libertà controllata​: comporta da parte del condannato il divieto di allontanarsi dal comune di
residenza, salvo autorizzazione, l’obbligo di presentarsi almeno una volta al giorno presso il
locale Ufficio di P.S. o presso il comando dell’Arma dei Carabinieri o qualora sia un
tossicodipendente con in corso programma terapeutico residenziale presso una struttura idonea,
il medesimo ove ne faccia richiesta, l’obbligo di presentazione può essere sostituito
dall’attestazione di presenza da parte del responsabile della struttura, il divieto di detenere armi,
la sospensione della patente, il ritiro del passaporto e l’obbligo di conservare l’ordinanza. Il
magistrato può disporre che i servizi sociali svolgano adeguati interventi per il suo reinserimento
sociale. Tali obblighi non si applicano ai minori, rispetto ai quali la libertà controllata è eseguita
mediante affidamento in prova al servizio sociale.
● la ​pena pecuniaria quale sanzione sostitutiva​: il giudice nel determinare l’ammontare della
pena pecuniaria in funzione sostitutiva, individua il valore giornaliero al quale può essere
assoggettato l’imputato e lo moltiplica per i giorni di pena detentiva, (valore che non può essere
inferiore a 250 Euro e non può superare di dieci volte tale ammontare). L’organo giudicante
dovrà tener conto della condizione economica complessiva dell’imputato e del suo nucleo
familiare. La pena pecuniaria può essere anche rateizzata
Affinché possa esservi al sostituzione, innanzitutto occorre che il trattamento sanzionatorio rientri in
prefissati limiti quantitativi e che il colpevole si trovi in una particolare situazione soggettiva. Il giudice nel
determinare la durata della pena detentiva:
● ove ritenga di dovere determinare la durata della pena detentiva entro un limite di due anni, può
sostituire la pena con quella della semidetenzione;
● ove ritenga di doverla determinare entro il limite di un anno, può sostituirla con la libertà
controllata;
● ove ritenga di doverla determinare entro il limite di sei mesi, può sostituirla con la pena
pecuniaria.
Il giudice valuterà tutti i criteri stabiliti dalla legge, dando particolare rilievo alla possibilità che il colpevole
si asterrà per il futuro di violare la legge penale, valuterà la possibilità che il condannato adempia alle
prescrizione impostegli e sceglierà tra le pene sostitutive quella più idonea al reinserimento sociale. Per
qualsiasi effetto giuridico la semidetenzione e la libertà controllata, si considerano come pene detentive
della specie corrispondente a quella della pena sostituita.
Semidetenzione e libertà controllata sono rimesse al giudice di sorveglianza del luogo di residenza, sono
sospese in caso di notifica di un ordine di carcerazione o consegna, arresto in flagranza, fermo o cattura
del condannato, applicazione provvisoria di una misura di sicurezza. Può essere sospesa per motivi di
particolare rilievo attinenti al lavoro, studio o famiglia, per la durata strettamente necessaria e comunque
non più di sette giorni per ogni mese di pena, si converte nella pena detentiva sostituita, quando il
condannato violi anche una delle prescrizioni ed è revocata se sopravviene condanna per un fatto
commesso in precedenza che fa venir meno le condizioni soggettive richieste.


LE PENE ACCESSORIE
Le ​pene accessorie​ si distinguono in:
● interdizione da pubblici uffici (artt. 28-29 c.p.): può essere perpetua o temporanea, quella
perpetua produce la perdita dei diritti elettorali e di ogni altro diritto politico, degli uffici di tutore e
curatore, dei gradi, delle dignità accademiche, titoli, decorazioni, pensioni ed assegni a carico di
enti pubblici, salvo che traggano origine da un rapporto di lavoro o si tratti di pensioni di guerra,
essa consegue a condanna all’ergastolo, alla reclusione per un periodo superiore a cinque anni
e alla dichiarazione di abitualità o professionalità nel reato, ovvero tendenza a delinquere.
Quella ​temporanea produce gli stessi effetti di quella perpetua, ma per una durata che non può
essere inferiore ad un anno ne superiore a cinque anni, consegue di diritto ad ogni condanna
alla reclusione per un tempo non inferiore a tre anni.
● interdizione da una professione o un'arte (art. 30 c.p.): priva il condannato, per un periodo
non inferiore a un mese e non superiore a cinque anni, della capacità di esercitare professioni,
arti, mestieri, industrie o commerci per cui è richiesta un’autorizzazione, licenza o permesso
dell’Autorità, consegue alle condanne per delitto commesso con abuso di una professione o arte
o con abuso di pubblico ufficio.
● interdizione legale (art. 32 c.p.): produce le incapacità proprie dell’interdizione giudiziale, non
impedisce ai detenuti e internati l’esercizio personale dei diritti loro derivanti dalla legge stessa,
consegue alla condanna all’ergastolo o reclusione non inferiore a cinque anni.
● interdizione temporanea da uffici direttivi di persone giuridiche (atr. 32bis c.p.): priva il
condannato della capacità di esercitare, durante l’interdizione, l’ufficio di amministratore,
sindaco, liquidatore, direttore generale e dirigente preposto alla redazione di documenti contabili
e societari, nonché ogni altro ufficio con potere di rappresentanza della persona giuridica o
dell’imprenditore, consegue a condanna non inferiore a sei mesi per delitti commessi con abuso
dei poteri o violazione dei doveri inerenti all’ufficio.
● incapacità di contrattare con al Pubblica Amministrazione (artt. 32ter-32quater c.p.):
comporta il divieto di concludere contratti con la Pubblica Amministrazione , salvo che per
ottenere prestazioni di un pubblico servizio, consegue a delitti commessi in danno o vantaggio di
un’attività imprenditoriale o comunque in relazione ad essa e non può durare meno di un anno e
non può superare i tre anni.
● estinzione del rapporto di lavoro o impiego (art. 32quinques c.p.): è previsto quando vi è la
condanna alla reclusione per un tempo non inferiore a tre anni per i delitti di concussione,
peculato, corruzione per l’esercizio delle funzioni, corruzione in atti giudiziari, induzione indebita
a dare o promettere utilità.
● decadenza della responsabilità genitoriale (art. 32quinques c.p.): produce la privazione di
ogni diritto che al genitore spetti sui beni del figlio, in forza della responsabilità genitoriale
prevista, mentre la sospensione importa l’incapacità di esercitare, durante la medesima, i
suddetti diritti.
● sospensione dell'esercizio di una professione o un'arte (art. 35 c.p.): consegua ad ogni
condanna per contravvenzione commessa con abuso della professione o arte, per la quale è
stabilita la pena dell’arresto non inferiore ad un anno. La durata va da minimo quindici giorni a
massimo due anni.
● sospensione dall'esercizio degli uffici direttivi (art. 35bis c.p.): non può avere una durata
inferiore a quindici giorni ne superiore a due anni e consegue ad ogni condanna all’arresto per
contravvenzioni con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti all’ufficio.
● pubblicazione della sentenza penale di condanna (art. 36 c.p.): la sentenza di condanna
all’ergastolo è pubblicata mediante affissione nel Comune ove è stata pronunciata, in quello ove
il delitto fu commesso e in quello ove il condannato aveva l’ultima residenza, è inoltre pubblicata
sul sito internet del Ministero della Giustizia e la durata della pubblicazione è stabilita dal giudice
comunque non oltre trenta giorni. La legge determina gli altri casi in cui la sentenza di condanna
deve essere pubblicata, effettuata stavolta esclusivamente sul sito del Ministero.
L'applicazione delle pene accessorie è in genere automatica, conseguendo di diritto alla condanna
penale come suo effetto ulteriore, laddove non sia la legge ad applicarla, la durata è uguale a quella
della pena principale inflitta, in nessun caso può oltrepassare il limite minimo o massimo stabilito per
ciascuna pena inflitta. L’applicazione del ​patteggiamento non comporta l’applicazione di pene
accessorie ne di misure di sicurezza. Quando sussistono gravi indizi di reità e si procede per delitti per i
quali la legge stabilisce le pene dell’ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni,
l’applicazione delle ​misure cautelari interdittive è consentito, quelle previste sono la sospensione
dell’esercizio della responsabilità genitoriale, la sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio o
servizio, il divieto temporaneo di esercitare attività professionali o imprenditoriali.
Vi sono poi ​pene accessorie previste da leggi speciali​, come la sospensione e la revoca della patente
di guida previste dal codice della strada e la sospensione della patente di guida ed il divieto di espatrio,
previsti in materia di stupefacenti.


DETERMINAZIONE DELLA PENA PRINCIPALE
Spetta al giudice determinare la pena da infliggere, godendo di un potere discrezionale, con l’obbligo di
indicare le ragioni della sua determinazione, nella motivazione del provvedimento di condanna. Il
legislatore fissa i criteri per la determinazione della pena (art. 133 c.p.):
● la ​gravità del reato va desunta dalla natura, specie, mezzi, oggetto, tempo, luogo e ogni altra
modalità dell’azione, dalla gravità del danno o pericolo cagionato alla persona offesa dal reato e
dalla intensità del dolo o dal grado della colpa;
● la ​capacità a delinquere va desunta, dai motivi a delinquere e dal carattere del reo, dai
precedenti penali e giudiziari e in genere dalla condotta e dalla vita del reo antecedenti al reato,
dalla condotta contemporanea e susseguente al reato, dalle condizioni di vita individuale,
familiare e sociale del reo.
L’art. 133bis c.p., sancisce che nella determinazione dell’ammontare della multa o dell’ammenda, il
giudice deve tenere conto anche delle condizioni economiche del reo e può aumentarle sino al triplo o
diminuirle sino ad un terzo, quando per le condizioni economiche del reo, ritenga che la misura massima
sia inefficace ovvero che la misura minima sia eccessivamente gravosa. Vi è la possibilità di pagare con
rate mensili da un minimo di tre a un massimo di trenta, rata ciascuna delle quali non inferiore a 15 Euro.
Per la ​concreta determinazione della pena​, il giudice determina la pena base fissandola tra un minimo
e massimo della pena edittale prevista per quel reato, su tale base opera aumenti o diminuzioni
conseguenti all’esistenza di circostanze; sulla pena cosi aumentata calcola l’ulteriore aumento per
eventuale recidiva o conseguente ad eventuale continuazione o ex art. 133bi c.p.. Le regole generali per
l’applicazione di aumenti o diminuzioni di pena: se si tratta di ​aggravanti​, la pena è aumentata fino a un
terzo, se sono ​attenuanti è diminuita fino a un terzo. Concorrendo più aggravanti o attenuanti, ogni
aumento o diminuzione opera sulla quantità di pena, risultante dall’aumento o diminuzione precedente.
Nel caso di ​concorso di più circostanze il giudice non può superare i seguenti limiti: nel caso di
concorso di più circostanze aggravanti, la pena da applicare non può superare il triplo del massimo
stabilito dalla legge, non possono eccedere 30 anni se si tratta di reclusione, 5 anni se si tratta di arresto,
10329 Euro se si tratta di multa, 2065 eURO se si tratta di ammenda.
Se si tratta di più circostanze attenuanti, la pena non può essere inferiore a DIECI anni se la pena base
è l’ergastolo ad un quarto della pena negli altri casi.

CONCORSO DI PENE
Si ha nel caso di ​concorso di reati​, trattandosi di reati che importino pene detentive temporanee o
pecuniarie della stessa specie. La pena da applicare cumulando le condanne non può mai essere
superiore al quintuplo della più grave fra le pene ricorrenti, ne comunque eccedere trent'anni di
reclusione, sei di arresto, 15493 Euro di multa, 3098 Euro di ammenda. Trattandosi di reati che
importano pene detentive diverse la durata della pena da applicare non può superare i trent'anni.


LA CONVERSIONE DELLE PENE PECUNIARIE
Le pene della multa e dell’ammenda, non eseguite per insolvibilità del condannato, si convertono nella
libertà controllata per un periodo rispettivamente di un anno e sei mesi. Il condannato può chiedere
come misura alternativa, il ​lavoro sostitutivo​, consistente in un’attività non retribuita a favore della
collettività. Il ragguaglio ha luogo calcolando 25 euro o frazione di 25 Euro, per un giorno di lavoro
sostitutivo. Quanto alla libertà controllata, il legislatore col pacchetto sicurezza, ha imposto il ragguaglio
calcolando 250 Euro per un giorno di libertà controllata.


ESECUZIONE DELLA PENA
La legge prevede vigilanza del Magistrato di sorveglianza e del Tribunale di sorveglianza, trattamento
penitenziario improntato su tutela della dignità, remunerazione del lavoro prestato dai detenuti all’interno
del carcere, creazione di nuove forme di operatori penitenziari specializzati, istruzione e cura, detenzione
domiciliare a particolari condizioni soggettive o oggettive
Il rinvio dell’esecuzione della pena può essere obbligatorio nel caso di madre incinta, madre di infante di
età inferiore ad un anno, contro malato di AIDS o altra malattia grave che ne determinino incompatibilità
con il carcere. Tale rinvio non opera o decade se la gravidanza si interrompe, se la madre è dichiarata
decaduta da responsabilità genitoriale. Oppure può essere facoltativo, a discrezionalità del giudice, se è
presentata domanda di grazia, se il condannato è gravemente infermo, se è madre di prole di età
inferiore a TRE anni. Il differimento non può essere adottato se sussiste concreto pericolo della
commissione di delitti.

20. Misure di sicurezza


LE MISURE DI SICUREZZA
Tendono a difendere l’ordinamento contro il pericolo che determinate persone possano commettere
reati. La dottrina ritiene le misure sanzioni penali, in quanto presuppongono un fatto costituente reato,
sono disciplinate dal codice penale e sono mezzi di lotta contro il reato e conseguenze giuridiche della
commissione di un reato. Differiscono dalle pene perché in esse la durata è predeterminata solo nel
minimo.
L’applicazione è affidata all’Autorità Giudiziaria., si differenziano dalle misure di Polizia (ossia, foglio di
via, sorveglianza speciale della P.S., divieto o obbligo si soggiorno) in quanto queste ultime sono
adottate sulla base di indizi o sospetti e non presuppongono la commissione di un reato, hanno scopo
preventivo e sono applicate dal Tribunale su proposta del Questore.
Al fine dell’applicazione delle ​misure di sicurezza​ occorre:
● la ​commissione di un fatto penalmente rilevante (reato o quasi reato per reato impossibile o
istigazione a commettere reato), corrispondente ad una figura di reato descritta dal legislatore;
● che ​non esistano cause di giustificazione​;
● che ​ricorrano dolo o colpa dell’agente​;
● che ​ricorra la pericolosità sociale del soggetto​, che va accertata di volta in volta e mai
presunta.
La durata delle misure di sicurezza è indeterminata, ogni misura ha un minimo stabilito dalla legge per la
specie di delinquente e la gravità del reato, decorso tale periodo minimo, il giudice procede al riesame
della pericolosità, se cessata la misura sarà revocata, altrimenti fisserà un nuovo termine per il
successivo riesame e la misura andrà avanti. Il Ministro della Giustizia può revocarla anche se non sia
decorso il minimo di durata.
Le misure di sicurezza sono regolate dal principio di legalità e l’art. 199 c.p. stabilisce che nessuno può
essere sottoposto a misure di sicurezza che non siano espressamente stabilite dalla legge e fuori dai
casi della legge stessa preveduti, principio recepito anche dall’art. 25 Cost.
Ulteriori caratteristiche delle misure di sicurezza:
● sono regolate dalla legge in vigore al tempo della loro applicazione;
● si applicano a tutti coloro che si trovano in Italia, anche agli stranieri;
● se la legge non dispone la misura da applicare il giudice disporrà la libertà vigilata;
● sono ordinata dal giudice nella sentenza di condanna o proscioglimento;
● durante le indagini o il giudizio è ammessa la misura di sicurezza, disposta dal giudice su
richiesta del P.M.;
● l’esecuzione avviene immediatamente se applicate con proscioglimento, dopo che la sentenza è
divenuta irrevocabile se aggiunte a pena non detentiva, dopo che la pena è stata scontata o
estinta, se aggiunte a pena detentiva;
● nel caso di concorso di misure, trattandosi della stessa specie ne è disposta una sola, se invece
sono di specie diversa, il giudice valuta la pericolosità della persona e applica una o più misure
stabilite dalla legge;
● l’esecuzione è sospesa quando la persona sottoposta alla misura deve scontare pena detentiva;
● se la persona sia colpita da infermità psichica, il giudice ne ordina il ricovero in ospedale
psichiatrico giudiziario o in casa di cura;
● le cause che estinguono il reato impediscono l’applicazione della misura di sicurezza;
● le cause che estinguono la pena impediscono l’applicazione delle misura a meno che non si
tratti di quelle che possono essere ordinate in ogni tempo;
● se la persona si sottrae volontariamente all’esecuzione della misura il periodo minimo della
durata ricomincia a decorrere dal giorno in cui è data nuovamente esecuzione.


CLASSIFICAZIONE MISURE DI SICUREZZA
Le misure di sicurezza si distinguono in ​personali ​e patrimoniali. ​Le personali, a loro volta, si
suddividono​ in detentive​ e ​non detentive.
Le personali detentive sono:
● colonia agricola o casa di lavoro (artt. 216–218 c.p.): vi sono assegnati i ​delinquenti abituali,
professionali o per tendenza; coloro che dichiarati delinquenti, non essendo più sottoposti alla
misura di sicurezza commettono un delitto non colposo che sia manifestazione della loro
tendenza, i condannati o prosciolti nei casi previsti dalla legge. La durata minima è di un anno,
aumentata a due per i delinquenti abituali, a tre per i professionali a quattro per tendenza, la
scelta fra colonia o casa è rimessa al giudice.
● casa di cura e custodia (artt. 219-221 c.p.): è stabilita per condannati per infermità psichica o
per cronica intossicazione da alcool o droga o per sordomutismo, o per reclusione per delitti
commessi in stato di ubriachezza, qualora questa sia abituale o per delitti commessi sotto
l’effetto di droga, all’uso della quale siano dediti i rei.
● ospedale psichiatrico giudiziario (art. 222 c.p.): è disposto per imputati prosciolti per infermità
psichica o per intossicazione cronica da alcool o droga o sordomutismo, salvo che si tratti di
contravvenzioni o delitti non colposi, per i quali è stabilita la pena pecuniaria o reclusione non
superiore nel massimo a due anni, la durata varia da due a dieci anni.
● riformatorio giudiziario (artt. 223-227 c.p.): misura di sicurezza speciale prevista per i minori
degli anni quattorici e degli anni diciotto riconosciuti non imputabili e degli anni diciotto
riconosciuti imputabili e come tali condannati alla pena diminuita. L’applicazione del riformatorio
giudiziario è subordinata all’accertamento della pericolosità da farsi di volta in volta, la durata
minima è di un anno.
Invece, le misure di sicurezza personali non detentive sono:
● libertà vigilata (artt. 228-232 c.p.): consiste in una limitazione della libertà personale, destinata
ad evitare le occasioni di nuovi reati, a tale scopo è fatto obbligo al vigilato di darsi lavoro stabile,
di non ritirarsi la sera dopo una certa ora, di non uscire la mattina prima di una determinata ora,
di non accompagnarsi a pregiudicati. L’inosservanza a tali prescrizioni comporta la sostituzione
con una misura di sicurezza detentiva. Affidata all’autorità di P.S. è obbligatoria se la pena della
reclusione inflitta è non inferiore a dieci anni quando il condannato è ammesso alla liberazione
condizionale, se il contravventore abituale, non essendo più sottoposto a misure di sicurezza,
commette un nuovo reato, negli altri casi determinati dalla legge. La durata minima è di un anno
e non può essere meno di tre anni se la condanna è la reclusione a non meno di dieci anni.
● divieto di soggiorno (art. 233 c.p.): consiste nell’obbligo di non soggiornare in uno o più
comuni, ovvero in una o più province ed è applicabile per i delitti contro la personalità dello Stato
e contro l’ordine pubblico, per delitti commessi per motivi politici o occasionati da particolari
condizioni sociali o morali esistenti in un determinato luogo, la durata minima è di un anno.
● divieto di frequentare osterie o pubblici spacci di bevande alcoliche (art. 234 c.p.): è
sempre aggiunto alla pena quando si tratta di condannati per ubriachezza abituale o per reati
commessi in stato di ubriachezza, purché questa sia abituale, la durata minima è di un anno.
● espulsione o allontanamento dello straniero (art. 235 c.p.): oltre che nei casi espressamente
previsti dalla legge, il giudice ordina l’espulsione dello straniero quando questi, appartenente ad
uno Stato U.E. sia condannato alla reclusione per un tempo superiore a due anni.
Infine, le misure di sicurezza patrimoniali sono:
● la ​cauzione di buona condotta​: consiste nel deposito presso la cassa delle ammende di una
somma non inferiore a 103 ne superiore a 2065 Euro, oppure nella prestazione di una garanzia
mediante ipoteca o fideiussione solidale e si applica ai liberati dalla casa di lavoro o colonia
agricola, se il giudice non ordina la libertà vigilata, ai trasgressori degli obblighi della libertà
vigilata ed ai trasgressori del divieto di frequentare osterie. Non può superare i cinque anni, è
devoluta alla cassa delle ammende, se colui che è sottoposto a tale misura commette un delitto
o una contravvenzione punibile con arresto, in caso contrario decorso il tempo, la somma viene
restituita.
● la ​confisca​: consiste nell’espropriazione a favore dello Stato di cose che servirono a
commettere il reato o che ne sono prodotto o profitto. Non sono quelle dotate di intrinseca
pericolosità ma quelle che, lasciate nella disponibilità del condannato, potrebbero costituire un
incentivo a commettere ulteriori reati. E’ ​obbligatoria per le cose che costituiscono il prezzo del
reato, ovvero l’utilità economica ricavata per commetterlo, per le cose la cui fabbricazione, uso,
detenzione costituisce reato, anche se non è stata pronunciata condanna. Non si applica se la
cosa o il bene o lo strumento informatico, appartiene a persona estranea al reato e si applica
anche in caso di patteggiamento.

LE MISURE DI PREVENZIONE
Vengono disposte indipendentemente dalla commissione di un reato, ma solo sulla base di un sospetto,
quanto alla loro funzione è quella di costruire un baluardo della società, nei confronti di quei soggetti,
che per le loro abitudini di vita, costituiscono un grave pericolo per la sicurezza pubblica, mirano quindi a
rimuovere o contenere le cause che favoriscono la commissione di reati, annullando la pericolosità delle
persone, anche a prescindere da pregresse condanne. Nel procedimento di prevenzione, l’oggetto
dell’accertamento è la ​pericolosità del soggetto​, desunta da specifiche circostanze indicative, gli
strumenti dell’accertamento sono le circostanze specifiche aventi rilevanza, indiziante della pericolosità,
le finalità del procedimento sono quelle di garantire la sicurezza collettiva, individuando e sottoponendo
a misure le persone pericolose. Nate in epoca fascista, hanno subito modifiche dapprima con la L.
n.1423/1956, ulteriori modifiche sono state apportate col D.Lgs. n.159/2011 recante il codice antimafia e
delle misure di prevenzione.
Nel codice viene riprodotta la distinzione tra:
● misure di prevenzione personali​: distinte tra quelle ​applicate dal Questore​, come l’avviso
orale, attraverso il quale si invita la persona e si avvisa della sussistenza di indizi a suo carico, a
tenere una condotta conforme alla legge, e quelle ​applicate dall’Autorità Giudiziaria​, come la
sorveglianza speciale di P.S., attraverso la quale il Tribunale, può imporre, accanto alle
prescrizioni di legge, come il divieto di associarsi abitualmente a pregiudicati, di allontanarsi
dalla dimora senza avvisare l’autorità di P.S., di rincasare più tardi di una certa ora, tutte quelle
prescrizioni che ravvisi necessarie, avuto riguardo alle esigenze di difesa sociale, prescrizioni
alle quali è tenuto ad attenersi, pena sanzioni detentive.
● misure di prevenzione patrimoniali​: come il ​sequestro dei beni​, dei quali la persona risulta
poter disporre direttamente o indirettamente, quando il loro valore, risulta sproporzionato al
reddito dichiarato o all’attività economica svolta, ovvero quando sulla base di sufficienti indizi, si
ha motivo di ritenere che gli stessi, siano frutto di attività illecite e ne costituiscano il reimpiego,
cui si aggiunge la relativa ​confisca dei beni sequestrati, cui la persona non possa giustificare la
legittima provenienza.
Per ciascuna misura, viene dettata apposita disciplina concernente i soggetti destinatari, il procedimento
applicativo e le relative impugnazioni.

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