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Il Novecento – La musica contemporanea

Nel Novecento ogni aspetto della vita dell’uomo subisce radicali cambiamenti: nella società, nella
politica, nella scienza, nell’economia, nell’industria, nella comunicazione. Nella prima metà del secolo,
le due guerre mondiali e l’avvento dei regimi totalitari (fascismo, nazismo, franchismo, stalinismo)
modificano gli equilibri internazionali. L’Europa perde il suo predominio economico e culturale a
vantaggio di altre grandi potenze, come gli USA e l’allora URSS. Nella seconda metà del secolo, si
crea un divario sempre più ampio tra il Nord del mondo, ricco e tecnologicamente sviluppato, e il Sud
sempre più povero e devastato da numerose guerre.
Il sottosviluppo è una condizione di arretratezza sociale ed economica in cui vive la popolazione di un paese rispetto ai paesi
con sistemi economici più avanzati. I paesi poveri, a rallentato sviluppo economico, o in via di sviluppo, nelle analisi
geopolitiche, erano inizialmente raggruppati nel cosiddetto Terzo mondo, contrapposto al Primo mondo, i paesi industrializzati
ad economia capitalista, e al Secondo mondo, i paesi a economia pianificata dell'Europa socialista.
Nel 1989 la caduta del Muro di Berlino determinò la fine del vecchio assetto geopolitico, con la scomparsa del Secondo
mondo. Non essendo più evidente una tripartizione in paesi con situazioni economiche diverse, il termine Terzo mondo cadde
in disuso e, per parlare dei paesi poveri in via di sviluppo, si preferì parlare di Sud del mondo, riferendosi alla posizione
geografica della maggior parte di essi.
Si considerano come facenti parte del Sud del mondo, tutta l'Africa, l'America Latina, l'America Centrale, l'India, il Sud-est
asiatico e molti paesi del medio ed estremo Oriente. All'interno di tali paesi sono distinguibili due tipi di paesi sottosviluppati:
quelli con risorse e quelli senza. I primi hanno materie prime all'interno del proprio paese, che potrebbero permettere uno
sviluppo economico; i secondi, non avendo né capitali, né risorse, hanno minima possibilità di sviluppo autonomo
indipendente.
Per avere un quadro più preciso del grado di sviluppo di un paese, nel 1990 l'ONU ha introdotto l'Isu, l'Indice di sviluppo
umano, che si ottiene dalla combinazione di tre dati: la speranza di vita alla nascita, il reddito pro capite e il tasso di
alfabetizzazione.
Fra i paesi del Sud del mondo con risorse vi sono alcuni che possiedono giacimenti di petrolio all'interno del loro territorio.
Molti di loro lo esportano a causa del debole consumo interno per la scarsa popolazione o per il limitato livello di sviluppo
economico. Fra i paesi in via di sviluppo produttori di petrolio si trovano Arabia Saudita, Emirati
Arabi, Libia, Iran, Nigeria, Messico, Iraq, Venezuela e altri Paesi.
Negli ultimi vent'anni è diventata comune l'espressione “globalizzazione dell'economia” a indicare il carattere mondiale
dell'economia del nuovo millennio.
La linea di confine virtuale che separa queste due regioni del mondo (nord e sud) è chiamata, nel mondo anglosassone "Brandt
line".

Questo secolo è caratterizzato da numerosi movimenti detti “avanguardie”, perché si allontanano dalla
tradizione e vanno oltre, più avanti, grazie alla profonda carica innovativa che li caratterizza, Sono
movimenti che rompono con il passato e cercano nuovi linguaggi. Si provano nuove strade, si fa
“sperimentazione”.
Per esempio, in pittura Cubismo e Astrattismo costruiscono un nuovo modo di vedere la realtà; in
letteratura il Futurismo esalta il mito del progresso tecnico e industriale; in architettura nuovi materiali
(acciaio e cemento) e un nuovo modo di concepire lo spazio portano alla definizione di nuovi stili.
I compositori del Novecento sono alla ricerca di un nuovo linguaggio musicale che sia capace di dare
voce alla condizione dell’uomo contemporaneo. Questa ricerca avviene in modi diversi.
La tendenza della maggior parte degli artisti è quella di rompere le regole tradizionale preesistenti e di
crearne di nuove, con intento provocatorio, tra lo stupore, lo sconcerto e talvolta le proteste non solo
del pubblico ma anche degli addetti ai lavori.
Le tradizionali forme e generi sono abbandonati o profondamente rinnovati e trasformati.
Il Novecento è infatti caratterizzato da un grande sperimentalismo. Capita che un compositore, nel
corso della sua vita creativa, attraversi fasi che lo collegano a diverse correnti musicali.
Oltre a un nuovo utilizzo, del tutto sconosciuto, degli strumenti tradizionali, lo sviluppo della tecnologia
consente di averne di nuovi: fanno la loro comparsa gli strumenti elettronici.
Il mondo della musica è rivoluzionato anche dall’avvento dei mezzi di riproduzione del suono: via via
nascono dischi, musicassette, compact-disk e lettori mp3.
Per il Novecento è bene parlare di correnti e movimenti.
Vari sono i tentativi che i compositori compiono per scardinare il concetto fondamentale della musica
precedente che si basava sull’armonia e la tonalità: troviamo così composizioni dissonanti (in cui
vengono accostati suoni che, secondo la tradizione, “non stanno bene insieme”), politonali (cioè in cui
convivono contemporaneamente più tonalità), atonali (senza alcuna tonalità di riferimento).
Nascono molte correnti, e ogni corrente cerca e sperimenta nuove regole:

1. la tradizione e il rinnovamento (Gustav Mahler, Richard Strauss)


2. l’Impressionismo (Claude Debussy, Maurice Ravel)
3. il Jazz (George Gershwin e altri)
4. la musica dodecafonica (Arnold Schonberg)
5. il Neoclassicismo (Igor Stravinskji)
6. l’etnomusicologia (Manuel De Falla, Bela Bartok)
7. la musica aleatoria (John Cage)
8. il minimalismo (Philip Glass)
9. la musica elettronica (Olivier Messiaen, John Taverner)
Dall’incontro della musica con altre forme d’arte espressiva nascono:
10. la musica e il cinema
11. il musical
Altro genere
12. la musica leggera e il rock

Prima di passare alla trattazione delle correnti sopra elencate è necessario presentare la figura del
direttore d’orchestra.
La professione di direttore d’orchestra nasce nella seconda metà dell’Ottocento e nel Novecento
diventa un elemento dominante nel mondo della musica. Grandi direttori sono stati: Arturo Toscanini
(Italia 1867-1957, considerato uno dei più grandi direttori d'orchestra di ogni epoca per l'omogeneità e
la brillante intensità del suono, la grande cura dei dettagli, il perfezionismo e il dirigere
senza partitura grazie a un'ottima memoria fotografica. Fu uno dei più acclamati musicisti della fine
del XIX e della prima metà del XX secolo, acquisendo fama internazionale anche grazie alle
trasmissioni radiofoniche e televisive e alle numerose incisioni), Herbert von Karajan ( Austria
1908-1989, perfezionismo estremo, capacità di ricerca e sperimentazione faranno di Karajan un
interprete sempre all’avanguardia sia nei confronti del repertorio classico che di quello contemporaneo e
uno dei più famosi direttori d’orchestra europei, particolarmente celebre per le sue interpretazioni delle
sinfonie di Ludwig Van Beethoven), Leonard Bernstein (Stati Uniti 1918-1990, artista di grande fama
internazionale, stravagante, impegnato anche nel musical), Claudio Abbado (Italia 1933-2014, nel suo
ampio repertorio oltre ai compositori dell’ultimo romanticismo, emergono le avanguardie del Novecento
e i musicisti contemporanei), Riccardo Muti (Italia 1941, è considerato uno dei più grandi direttori
d'orchestra a livello mondiale), Nicola Piovani (Italia 1946, pianista, compositore e direttore
d'orchestra, noto autore di colonne sonore, ha lavorato con alcuni dei maggiori registi del cinema
italiano, vincendo il premio Oscar nel 1999 per le musiche del film La vita è bella. È anche autore di
teatro musicale e di musica da concerto), Ennio Morricone (Italia 1928,
compositore, musicista, direttore d'orchestra e arrangiatore italiano, ha scritto le musiche per più di 500
film e serie TV, oltre che opere di musica contemporanea).

Vedere su un podio una donna dirigere un’orchestra è ancora molto raro. Raro ma non impossibile.
Nel ‘900 molte donne hanno studiato, spesso come autodidatte, perché generalmente i maestri non le
accettavano nelle proprie classi di insegnamento, ma sono comunque riuscite a dirigere importanti
orchestre.
Perché ci vuole talento (e anche una bella dose di coraggio e perseveranza) per farsi strada in una
professione che, inutile negarlo, nell’immaginario comune è maschile: Arturo Toscanini, Leonard
Bernstein, Herbert von Karajan hanno portato sul podio idee e muscoli. Perché la musica è anche
resistenza fisica. Ma questo non spaventa l’esercito di bacchette rosa sempre più numeroso e pronto a
conquistare leggii lirici e sinfonici. Le pioniere tra gli anni Trenta e Quaranta sono state le statunitensi
Sarah Caldwell, Eve Queler, Antonia Brico, la russa Veronika Dudarova, ecc.
Oggi diverse generazioni di donne si sono fatte strada, vincendo pregiudizi, espugnando roccaforti che
sembravano solo maschili: è accaduto con l’americana Marin Alsop, con la finlandese Susanna
Mälkki, con Simone Young, con la francese Zahia Ziouani, con la trentenne lituana Mirga
Gražinyté-Tyla, con la cinese Zhang Xiang, ecc.

In Italia tra le donne più famose che sono riuscite a salire sul podio sono da ricordare:
Speranza Scappucci, (Roma 1973) è la bacchetta più conosciuta e richiesta, Beatrice Venezi (Lucca
1990) è il talento in ascesa, Carla Delfrate, la romana Isabella Ambrosini, molto repertorio operistico
per Elisabetta Maschio, tanta musica contemporanea per Silvia Massarelli, Gianna Fratta (Como
1973) è stata la prima donna a salire sul podio dei Berliner symphoniker e del Teatro dell’Opera di
Roma, Margherita Colombo, una carriera all’estero per Maria Luisa Macellaro La Franca (Palermo
1981), molti concerti fuori dall’Italia per Cinzia Pennesi e anche per Silvia Casarin Rizzolo che è
salita sul podio per la prima volta a 18 anni.
Qual è il compito del direttore d’orchestra?
“Far suonare bene” lo strumento-orchestra, curando la precisione degli attacchi e dell’intonazione,
l’equilibrio delle sonorità, e dare la propria interpretazione del brano musicale da dirigere, dopo avere
studiato in modo approfondito la partitura (cioè cosa suonano le varie parti o sezioni dell’orchestra), lo
stile del compositore e l’epoca in cui è vissuto l’artista che ha composto il brano da dirigere.

1. Tradizione e rinnovamento
Come abbiamo già detto tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, la musica è alla ricerca di
nuove forme espressive e di n nuove sonorità. Emergono le figure di alcuni compositori che, al tempo
stesso, rivestono anche il ruolo di direttori d’orchestra come Gustav Mahler e Richard Strauss.
Gustav Mahler (1860-1911) raggiunge grande celebrità come direttore d’orchestra, soprattutto di
opere liriche, ma stenta ad affermarsi come compositore. La sua musica non viene compresa dai suoi
contemporanei, perché si allontana dalla tradizione ed è “un’anticipazione del futuro”. Egli infatti
amplia l’orchestra per costruire nuovi impasti timbrici, fatti per lo più, da piccoli gruppi che suonano
alternandosi e dilata enormemente la durata della sinfonia. Per Mahler una sinfonia deve essere “un
mondo” e contenere tutto.
Mahler è probabilmente il musicista che ha utilizzato per le sue sinfonie le orchestre con il maggior
numero di componenti: la sua ottava sinfonia è detta “Sinfonia dei mille” per il gran numero di
esecutori (maestri d’orchestra) richiesti (mille in tutto).
Ascolto: Sinfonia n. 1 “Il Titano” Terzo movimento

Richard Strauss ( 1864-1949) ha grande fortuna sia come direttore d’orchestra sia come
compositore. Dai tempi di Mozart, nessun compositore si dedica a quasi tutti i generi musicali come lui:
opera lirica, musica sinfonica e da camera, musica corale, Lied. All’inizio si rivolge per lo più al poema
sinfonico, in seguito scopre il teatro musicale e porta a nuovo splendore l’opera lirica.
Se Mahler fu per la sua capacità di innovazione un musicista incompreso dal suo tempo, al contrario
Strauss ottenne uno straordinario successo e per questo è stato definito come il cantore del
nazionalismo tedesco. Quando Strauss muore nel 1949 era riuscito a riabilitare la sua reputazione dal
sospetto di avere appoggiato il regime nazista.

2. Impressionismo
La musica di questo periodo viene spesso avvicinata alle opere dell’Impressionismo pittorico che nel
suo stile propone suggestive atmosfere sognanti e indefinite in cui non è importante rappresentare la
realtà nei suoi dettagli, ma rendere l’impressione attraverso rapide pennellate di colore, che lasciano i
contorni imprecisi e indefiniti, come nel quadro del pittore francese Claude Monet (1840-1926),
intitolato Impression, soleil levant (Impressione, sole nascente, 1872), dal quale prenderà il nome il
movimento pittorico dell’Impressionismo.
Claude Debussy (1862-1918) vive a Parigi. E’ convinto che sia necessario abolire i confini tra le varie
arti e che per la musica sia necessario aprirsi alle influenze di pittura, scultura, poesia ecc.
Si avvicina così ai poeti simbolisti, per i quali compito dell’arte è rivelare tutto ciò che è al di là della
realtà (l’ignoto, l’infinito), attraverso simboli, metafore e similitudini. Debussy sceglie di musicare
alcuni testi poetici dando vita a opere in cui la musica crea suggestioni sognanti e indefinite.
Usa forme libere e supera il concetto tradizionale di tonalità con armonie dissonanti (cioè con suoni che
al nostro orecchio producono un’impressione di instabilità, di contrasto, di sgradevolezza, comunemente
stonature).
Ascolto: “The Snow is Dancing” (La neve danza) da Children’s Corner

Maurice Ravel (1875- 1937) vive e opera a Parigi. Insieme a Debussy è considerato il grande
innovatore della musica per pianoforte del Novecento. Le sue composizioni sono ricche di
dissonanze.
Si dice che Ravel sia solo un imitatore di Debussy, ma in realtà il suo stile è profondamente diverso:
nelle sue opere, infatti, il ritmo è l’elemento fondamentale.
Maurice Ravel fu particolarmente affascinato dalla musica spagnola, a cui dedicò alcune delle sue
composizioni più celebri. Nessuna, però, ha raggiunto la popolarità di Bolero, che è considerato il brano
più rappresentativo della sua tecnica di orchestrazione. I temi del brano sono ripetuti sempre identici
dall’inizio alla fine del pezzo, cambiando solo gli strumenti che li eseguono o aggiungendone.
Ascolto: “Bolero”

3. Jazz

Tra Ottocento e Novecento il jazz, giunto da alcuni anni in Europa dall’America, si afferma nell’ambito
della ricerca di un nuovo linguaggio musicale.
Il jazz fa la sua comparsa sotto forma di ragtime (ragtime, letteralmente “tempo stracciato”, è una
composizione strumentale solitamente per pianoforte, dal carattere allegro e spensierato, in cui si
incontrano il ritmo regolare e ripetitivo delle musiche da ballo europee e quello vario e sincopato della
musica africana) e di due danze a esso collegate, il cake-walk (in cui i partecipanti si
abbandonavano all'improvvisazione; la figura principale consisteva nell'inarcare il corpo all'indietro
spingendo un ginocchio avanti, col piede ciondolante e braccia tese) e il foxtrot (letteralmente
significa "trotto della volpe").
Dopo la Prima guerra mondiale, e precisamente nel 1919, giungono a Parigi e a Londra due big band
americane. Così ha inizio in Europa l’era del jazz. Anche i musicisti “colti” ne sono affascinati. Ciò che
li colpisce, soprattutto, è lo stile di improvvisazione di gruppo, il cosiddetto “stile New Orleans”, e la
capacità di “inventare” nuovi timbri attraverso un modo diverso di suonare gli strumenti conosciuti,
come per esempio il clarinetto: gli americani sono capaci di far uscire da questi strumenti suoni
sconosciuti agli europei. Il jazz rivela l’esistenza di nuovi mezzi espressivi che alcuni musicisti europei
decidono di introdurre nelle loro composizioni come provocazione nei confronti della tradizione (C.
Debussy, M. Ravel e Igor Stravinskij 1882-1971). La libertà del ritmo è l’elemento che maggiormente
colpisce i musicisti europei nell’incontro con il jazz.

Negli Stati Uniti George Gershwin (1898-1937) cresce nei quartieri popolari di New York, ascoltando
musica jazz e canzoni della tradizione popolare.
Grande pianista e direttore d’orchestra, fu anche un grande compositore di enorme successo nel campo
del musical, un genere di spettacolo musicale nato a New York a cavallo tra i due secoli, prendendo
spunto dall’operetta europea – viennese, parigina e inglese -, in cui si alternano canzoni, danze e parti
recitate in prosa. Compone anche colonne sonore per il cinema.
Ascolto: “Rapsodia in blu” per pianoforte e orchestra di George Gershwin
La rapsodia è un brano basato su motivi musicali, tratti molto spesso dal repertorio popolare o
folkloristico, e adattati per uno strumento solista, generalmente il pianoforte, o per orchestra.
Non esiste una forma tipica della rapsodia: ogni brano ha una struttura libera e autonoma.
George Gerskwin compone la Rapsodia in blu per pianoforte e orchestra. In essa è evidente il
riferimento alla musica jazz, genere musicale che esercitò una forte influenza sul compositore. Nessuno
come Gershwin riesce a realizzare una sintesi tra elementi colti ed elementi jazzistici in modo così
straordinario.
La Rapsodia in blu è composta da una libera successione di temi musicali, collegati da episodi solistici
affidati al pianoforte.
Cenni storici – Origini e sviluppo del jazz
Essendo ormai decimate le popolazioni native americane, i conquistatori europei iniziano a importare
manodopera a basso costo attraverso la tratta degli schiavi (1619 primo sbarco di schiavi africani in
America settentrionale - Virginia ). Impiegati nelle piantagioni di cotone, tabacco e canna da zucchero,
gli schiavi provenienti dalle coste africane non hanno alcun diritto e vivono in condizioni disumane.
Nel 1861 scoppia la guerra di Secessione fra i territori statunitensi del Nord, contrari alla schiavitù, e i
territori del Sud, favorevoli al suo mantenimento. La vittoria dei nordisti nel 1865 porta all’abolizione
della schiavitù negli Stati Uniti.
Nonostante lo sradicamento subito e la lontananza dalle proprie terre d’origine, i neri d’America
conservano il ricordo delle tradizioni africane.
Nascono proprio nelle piantagioni i primi canti, i worksongs (“canti di lavoro”), dove gli schiavi d’
America, per alleviare almeno in parte la fatica del lavoro, ritmano con la voce i loro movimenti,
creando così questi “canti di lavoro”. I testi quindi descrivono le dure condizioni di vita in cui essi
vivevano.
Il worksong è un canto corale, senza accompagnamento di strumenti, basato su una melodia
ripetitiva e sulla contrapposizione fra solista e coro. Questa alternanza è definita “stile responsoriale”.
Verso la fine del Settecento, molti proprietari terrieri conducono i loro schiavi alle funzioni religiose in
chiesa. Ascoltando le parole della Bibbia, il racconto della schiavitù del popolo ebraico e la
predicazione della speranza di una vita dopo la morte, molti schiavi si convertono al cristianesimo.
Nasce così lo spiritual: un canto di argomento religioso (canto spirituale che veniva dedicato a Dio per
alleviare i dolori e le sofferenze procurati dalla schiavitù), in stile responsoriale (con domanda e
risposta fra coro e solista ), a cappella in origine, battito delle mani e dei piedi e l’utilizzo di una
vocalità molto aperta.
Gli Spirituals, quindi, erano visti come un sollievo dalle fatiche del lavoro giornaliero, erano espressione
di spiritualità e devozione e in contempo permettevano agli schiavi di gridare al mondo il proprio
desiderio di libertà.
Abolita la schiavitù, le condizioni di vita dei neri iniziano lentamente a migliorare e comincia a
manifestarsi una cultura afro-americana, soprattutto attraverso originali forme musicali:
● il gospel - La parola Gospel, in Inglese, significa Vangelo. I testi si ispirano alla Bibbia, in
particolar modo al libro dei Salmi. Il gospel è una evoluzione degli spirituals;
● il blues - L’abolizione della schiavitù porta ai neri la libertà, ma non l’uguaglianza con i
bianchi. In molti si dirigono dalle piantagioni verso le grandi città in cerca di lavoro e spesso
finiscono ai margini della società. In questo contesto nasce il blues, da un termine americano
che significa “malinconia”. E’ un canto solistico con una melodia dal carattere triste, in stile
responsoriale, con accompagnamento strumentale, poiché la risposta alla voce solista non è
affidata al coro, ma agli strumenti. Il blues, nato nella seconda metà dell’Ottocento dall’unione
del canto tradizionale africano e della musica popolare nordeuropea, raggiunge il culmina del
successo negli anni Venti del Novecento. Tra le interpreti femminili più apprezzate troviamo la
cantante afroamericana Bessie Smith (1894-1937);
Ascolto: “Me and my gin” (Io e il mio gin) di Bessie Smith

● Il ragtime - Negli Stati Uniti, fino all’abolizione della schiavitù, avvenuta nel 1865, ai neri
non è consentito suonare strumenti, ma, verso la fine dell’Ottocento, si sviluppa il ragtime, una
composizione strumentale solitamente per pianoforte, dal carattere allegro e spensierato, in
cui si incontrano il ritmo regolare e ripetitivo delle musiche da ballo europee e quello vario e
sincopato della musica africana. Il ragtime, letteralmente “tempo stracciato”, è una musica
colta, d’autore anche se di origine popolare, scritta e non improvvisata, composta ed eseguita
soprattutto da musicisti nati da un genitore bianco e da uno nero, come Scott Joplin
(1867-1917);
Ascolto: “The Entertainer” (L’intrattenitore) di Scott Joplin
● Il jazz (3 bis)
E’ un nuovo genere di musica, nato tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, in cui si
mescolano aspetti della musica africana, europea e americana. La musica jazz raccoglie gli elementi
più importanti di tre tradizioni precedenti: i canti degli schiavi, il blues e il ragtime. Il termine jazz, di
origine incerta, compare per la prima volta nel 1913. Alla fine dell’Ottocento, a New Orleans, grande
città sul fiume Mississippi, giungono molti ex schiavi e si sviluppano le prime forme di jazz. Terminata
la guerra si Secessione (1865), i neri recuperano molti strumenti militari abbandonati dai soldati e
formano le brass band, letteralmente “banda di ottoni”, piccoli complessi che suonano per le strade
durante il carnevale e nei cortei funebri.
A New Orleans il non lo suonano solo i neri. Già nel 1891 esistono band di bianchi. Le orchestre di
bianchi e di neri si scontrano pacificamente in strada a suon di musica: si gareggia per esibire creatività
e virtuosismo.
I musicisti jazz sono in maggioranza ex schiavi analfabeti, che non sanno leggere la musica e quindi
suonano “a orecchio”, improvvisando spesso la propria parte. L’improvvisazione diventa così una delle
caratteristiche fondamentali del jazz e dà l’impressione di una musica fatta sul momento, cioè il
musicista crea liberamente sul momento.
Con l’arrivo nel Nord degli Stati Uniti di molti musicisti del Sud, sia bianchi sia neri, il jazz si
diffonde oltre i confini geografici in cui è nato, attirando un pubblico numeroso e di varia estrazione
sociale.
Negli anni Venti i gruppi di musicisti bianchi lanciano uno stile più colto e raffinato, il dixieland, in
cui è il solista che ha un ruolo predominante rispetto a tutti i fiati.
A Chicago emerge Louis Armstrong (1901-1971), che con la sua tromba e un timbro di voce
inconfondibile segna il tramonto delle improvvisazioni collettive.
Ascolto: “Hello Dolly” di Louis Armstrong

A metà degli anni Trenta nasce lo swing, uno stile orecchiabile e commerciale, dai ritmi festosi
adatti per essere ballati, che si diffonde attraverso gli spettacoli nei locali, i dischi e le trasmissioni
radiofoniche. Il termine swing (dal verbo to swing “oscillare”) richiama il ritmo “dondolante” e variato,
tipico del jazz e di chi suona improvvisando.
Lo swing viene lanciato dal clarinettista Benny Goodman (1906-1986) e dalla sua grande orchestra.
KLo swing è il jazz delle big band, grandi orchestre formate da molti elementi (fiati). Altre grandi
orchestre sono quelle di Duke Ellington (1899-1974), Count Basie (1904-1984) e Glenn Miller
(1904-1944), mentre tra le voci soliste spiccano Billie Holiday (1915-1959) e Ella Fitzgerald
(1917-1996). Nasce la tecnica dell’arrangiamento.
Ascolto: “King Porter stomp” di Benny Goodman
Ascolto: “In the mood” di Glenn Miller
Ascolto: “Concerto for Cootie” di Duke Ellington
Ascolto: “The man I love” di Billie Holiday

A partire dalla metà degli anni Quaranta, inizia la cosiddetta “rivoluzione” del bebop, un nuovo stile
che nasce a New York dando origine al jazz moderno. I boppers, come vengono chiamati questi
musicisti, realizzano una musica originale ma poco orecchiabile, recuperano i caratteri originari del jazz,
legati alla tradizione e ai problemi della gente di colore. L’orchestra si trasforma e si passa al quintetto;
il carattere dei brani è nervoso, aspro e inquieto; il ritmo diventa veloce. Spiccano: il sassofonista
Charlie Parker (1920-1955), i trombettisti Dizzy Gillespie (1917-1993) e Miles Davis (1926-1991),
ecc.
Ascolto: “Bebop” di Dizzy Gillespie

Verso la metà degli anni Cinquanta, i musicisti danno vita a nuove tendenze, fra cui le principali sono
il cool jazz (letteralmente “jazz freddo” stile interpretato soprattutto da musicisti bianchi, ma creato da
musicisti neri come il trombettista Miles Davis (1926-1991). Esso si basa su ritmi più tranquilli) e
l’hard bop ( letteralmente “jazz duro” è uno stile jazz praticato nei club di New York soprattutto da
giovani musicisti di colore, che danno a questo nuovo stile un marcato significato politico. Esso si basa
sul virtuosismo e sull’improvvisazione, utilizzando nuovi strumenti, come il flauto e l’organo elettrico
Tra i più importanti interpreti di questa corrente ricordiamo John Coltrane (1926-1967).
Con l’inizio degli anni Sessanta, il jazz subisce nuove trasformazioni che portano alla nascita di una
delle sue ultime correnti, il free jazz, “jazz libero”. Ornette Coleman (1930-2015) è considerato
l’iniziatore e il più importante esponente di questo stile. Le caratteristiche principali del free jazz, che
contiene chiari riferimenti alla libertà e alle lotte contro la discriminazione razziale, sono la massima
libertà creativa, nessuno schema formale e nessuna regola.


4. Dodecafonia
Dopo la Prima guerra mondiale le regole tradizionali non sono più adatte per esprimere le nuove
esigenze della musica. Si avverte così la necessità di crearne di nuove. Dalle sperimentazioni di Arnold
Schonberg si giunge alla dodecafonia,un nuovo sistema musicale basato sul concetto di serie, cioè una
successione di dodici suoni. Nella musica dodecafonica i dodici suoni hanno uguale importanza (non
sono suddivisi in suoni naturali e suoni con alterazioni come in quella tradizionale) e sono ordinati e
combinati tra loro secondo regole precise.
Arnold Schonberg nasce a Vienna il 13 settembre 1874 in una famiglia ebrea della piccola borghesia.
Sin dalle prime composizioni il suo linguaggio appare molto distante dal consueto. Tra l’inizio del
nuovo secolo e la Prima guerra mondiale Schonberg porta fino ai limiti estremi il tradizionale concetto
di armonia, sviluppando un modo di comporre atonale, cioè senza tonalità. Le composizioni di questo
periodo sono fortemente dissonanti, suscitano scandalo e disorientano il pubblico: esprimono
l’angoscia e il senso di smarrimento dell’uomo moderno di fronte alla società contemporanea, su cui
incombe la Prima guerra mondiale.
Tra le due guerre vive a Berlino, proprio in questi anni di crescente antisemitismo, e sperimenta diverse
strade per arrivare all’invenzione della musica dodecafonica. Nel 1933, appresa la notizia che il
governo nazista ha intenzione di togliere il posto agli ebrei, lascia Berlino, prima per la Francia, poi per
gli Stati Uniti. Nel 1947 compone Un sopravvissuto a Varsavia, opera che si ispira a un episodio
avvenuto all’inizio della Seconda guerra mondiale nel ghetto ebraico della capitale polacca. Muore nel
1951.
Ascolto: Prima parte del Trio per archi op.45
Questo trio è basato sull’impiego della tecnica dodecafonica e la serie di dodici suoni.
La cultura europea durante il nazismo
Anche un grande musicista come Schonberg fu costretto a lasciare l’Europa, all’avvento del
nazismo, poiché di origini ebree.
Come in tutti i regimi totalitari (anche durante il fascismo o lo stalinismo) la persecuzione degli ebrei e
degli oppositori politici era infatti una pratica comune. Ciò provocava, tra le altre cose, conseguenze
quasi catastrofiche anche sulla realtà culturale e artistica dei paesi coinvolti. Le leggi naziste sulla
musica, per esempio, stabilivano che era possibile ascoltare Wagner, ma non un genere afroamericano,
come il jazz, o la musica atonale, perché erano considerate musiche “corrotte”.
In Germania nel 1935, viene, inoltre, creata un’orchestra sinfonica composta esclusivamente da
musicisti ebrei, ai quali è proibito suonare in orchestre diverse ed eseguire Beethoven e Mozart.
Ma mano che le persecuzioni si fecero più dure e iniziò lo sterminio, si verificò una vera e propria fuga
di compositori, esecutori e direttori d’orchestra e poi di cantanti, scenografi, registi verso altri paesi. Nel
giro di pochi anni tutto il mondo culturale europeo ne risultò decimato. Coloro che fuggivano si
trasferivano generalmente negli Stati Uniti, dove spesso diedero nuovo impulso alla propria vita
culturale riunendosi in nuove orchestre o compagnie teatrali.

5. Neoclassicismo
In opposizione allo sperimentalismo delle correnti musicali d’avanguardia, come l’atonalismo e la
dodecafonia, il Neoclassicismo musicale (Neo-classicismo cioè nuovo classicismo, nuovo rispetto al
Classicismo del 1750) si pone come obiettivo il rinnovamento della musica moderna attraverso una
nuova interpretazione della tradizione.
Igor Stravinskij (1882-1971) è il creatore e il massimo esponente di questo nuovo classicismo. Egli
stabilisce un nuovo sistema di regole che recuperi le forme, le strutture, i generi musicali e le tecniche
compositive dell’epoca barocca e di quella classica e le reinterpreti in chiave moderna.
Un incontro importante per Stravinskij è quello con Sergej Diaghilev, direttore della compagnia dei
Balletti russi, che dopo avere ascoltato i suoi primi lavori gli commissiona dei balletti.
Stravinskij scrive per lui tre importantissimi balletti: L’uccello di fuoco, Petruska e La sagra della
primavera. Si tratta di opere legate alla tradizione russa.
Il suo stile è molto originale e la sua musica è considerata molto innovativa: sovrappone tonalità
diverse con un effetto dissonante (comunemente noi diciamo stonatura), primitivo, violento nella
scelta dei timbri e dei ritmi.
Il pubblico rimase sconcertato di fronte a questa musica politonale.
Verso la fine degli anni Dieci la musica jazz diventa per Stravinskij una nuova fonte di ispirazione.
Sempre in questi anni nasce la sua prima opera neoclassica: Pulcinella (Balletto).

Ascolto: Danza della terra da La sagra della primavera


Al suo apparire sulle scene, La sagra della primavera suscita scandalo e protesta, sia per l’argomento
sia per le scelte musicali. Per Stravinskij, infatti, la primavera non è la stessa serena stagione di Vivaldi:
egli interpreta la primavera come un periodo in cui si scatenano le forze oscure della natura e porta
sulla scena i crudeli riti primaverili di una umanità primitiva e naturale.
Anche dal punto di vista musicale, egli utilizza aspre dissonanze, sovrappone tonalità differenti
(politonalità), porta in primissimo piano l’elemento ritmico, costruisce un’orchestra in cui predominano
gli strumenti a fiato e a percussione.
Dopo Stravinskij, i maggiori rappresentanti del Neoclassicismo sono Sergej Prokofiev, Bela Bartok,
Paul Hindemith, Carl Orff, gli italiani Ottorino Respighi (1879-1936), Gian Francesco Malipiero
(1882-1973), Ildebrando Pizzetti (1880-1968), Alfredo Casella (1883-1947).
La sagra della primavera e altre composizioni di Stravinskij dei primi anni del Novecento sono state
avvicinate a un movimento pittorico contemporaneo (1905-1907), quello dei Fauves (“Le Belve”),
che proprio come il musicista rifiutavano le regole e gli stili in uso rappresentando in modo nuovo la
realtà. Ricordiamo Henri Matisse (1869-1954). Essi non seguivano le regole della prospettiva e
sceglievano colori molto distanti da quelli della realtà, in nome della libertà espressiva. Attraverso i
colori (brillanti, intensi, forti, violenti e aggressivi), essi volevano realizzare una rappresentazione della
realtà che non fosse soltanto una copia fotografica del mondo, ma che esprimesse anche emozioni,
sensazioni e valutazioni.

6. Etnomusicologia
Le profonde trasformazioni sociali avviate dalla prima e dalla seconda rivoluzione industriale si
estendono e si approfondiscono nei primi decenni del Novecento.
Le attività dell’industria diventano sempre di più la principale fonte di ricchezza e di potenza per gli
stati e rapidamente modificano gli stili di vita di tutta la popolazione, in particolare delle città. Le
campagne vengono progressivamente abbandonate e le popolazioni si concentrano nelle aree urbane
dove si sviluppa l’industria.
Una delle principali conseguenze di questi cambiamenti sociali è la perdita delle tradizioni culturali
legate alla civiltà contadina e, tra queste, del patrimonio musicale.
Nasce allora l’esigenza di conservarne la memoria, raccogliendo e studiando le testimonianze popolari.
Si tratta di un interesse scientifico che dà luogo alla nascita dell’etnomusicologia, una disciplina che
raccoglie e studia la musica tradizionale popolare.
Anche nell’Ottocento i musicisti delle scuole nazionali si erano rivolti alla musica popolare, ma il loro
interesse era mosso dalle aspirazioni all’indipendenza politica e dalla ricerca di quegli elementi culturali
che facevano di un popolo una nazione.
Grazie a questo interesse, alcuni compositori europei ed extraeuropei introducono nelle proprie musiche
elementi tipici del patrimonio musicale popolare del loro paese d’origine.
Per esempio: arabi, gitani ed ebrei hanno avuto un ruolo determinante nello sviluppo della civiltà
iberica, nelle opere dello spagnolo Manuel De Falla (1876-1946) ritornano ritmi e melodie di carattere
arabo, gitano ed ebraico; l’ungherese Bela Bartok (1881-1945), all’attività di pianista e di compositore,
affianca un’intensa attività di etnomusicologo. Si dedica con grande passione alla musica popolare
ungherese e balcanica, raccogliendo un’enorme quantità di brani fino ad allora tramandati oralmente.

7. La musica aleatoria
Le distruzioni materiali prodotte dalla Seconda guerra mondiale e le terribili sofferenze inferte alle
popolazioni europee dal fascismo e dal nazismo favoriscono la diffusione negli anni Cinquanta di un
clima di sfiducia nei valori della ragione.
Questa cultura e mentalità genera conseguenze anche nel campo dell’arte dove nascono correnti e
movimenti artistici che privilegiano l’irrazionalità, il caos, l’improvvisazione e la spontaneità nella
creazione dell’artista.
In musica questo significa rinnovare radicalmente i fondamenti della tradizione occidentale. Così alcuni
elementi compositivi - per esempio l’altezza, la durata, il timbro, la melodia, il ritmo, l’organico di
strumenti-, da sempre definiti con cura e precisione dai compositori, vengono invece affidati a
decisioni fortuite o al caso, per esempio attraverso il lancio di un dado (in latino alea). Nasce così la
musica aleatoria, in inglese chance music (musica della possibilità).
Lo statunitense John Cage (1912-1992) è il massimo esponente della musica aleatoria. Amplia il
tradizionale concetto di musica mettendo in evidenza che un’opera musicale è fatta non solo di suoni,
ma anche di silenzi e di quei rumori che, casualmente, possono intervenire durante un’esecuzione. La
composizione musicale è un avvenimento sonoro che si verifica in maniera imprevedibile solo all’atto
dell’esecuzione. Molto rappresentativo da questo punto di vista è il suo brano 4’33” in cui, per il tempo
indicato nel titolo, il pianista si siede davanti al suo strumento e non fa nulla: la composizione si
costruisce al momento, con il rumore prodotto casualmente dal pubblico.
Cage coinvolge poi nel ruolo,creativo anche l’interprete, a cui lascia il compito di completare l’opera,
attraverso procedimenti aleatori (cioè fortuite o casuali possibilità).

Ascolto (su YouTube): Sonata quinta da Sonate e interluti per pianoforte preparato.
Il pianoforte preparato è un pianoforte a cui è stato modificato il timbro inserendo in punti specifici
determinati materiali. Cage indica i vari materiali da utilizzare – viti, bulloni, pezzi di gomma e di
plastica- e la loro posizione tra le corde. Nonostante queste indicazioni, è impossibile prevedere
completamente il risultato sonoro di ogni esecuzione, perché ogni volta diverso è il modello di
pianoforte e diversi sono gli esecutori.

8. Il minimalismo

Negli anni Sessanta nasce il minimalismo, un’esperienza che accomuna la musica e le arti figurative.
Il minimalismo propone una visione essenziale della realtà attraverso l’utilizzo di pochi e semplici
elementi ripetuti in maniera seriale.
In pittura per esempio si scelgono forme geometriche semplici e lineari, come cerchi, quadrati, e
rettangoli che vengono ripetute in sequenze.
In musica si privilegiano brevi melodie costruite su poche note e pochi ritmi, che poi vengono
ripetuti in modo prolungato e quasi ossessivo.
Philip Glass (1937), tra le sue opere più importanti ricordiamo una trilogia di ritratti: Einstein on the
beach, centrata sulla figura dello scienziato Albert Einstein; una composizione che ha per argomento i
primi anni di vita del Mahatma Gandhi; Akhnaten, ritratto dell’omonimo faraone egizio (Akhenaton o
Amenofi IV), è un'opera in tre atti, ed una composizione per voci e orchestra cantata in accadico,
ebraico biblico ed egiziano antico.
Ascolto (su YouTube): “Danza” da Akhnaten
Poiché nel teatro la buca dell'orchestra era piuttosto piccola, Glass decise di eliminare completamente
i violini (circa 20) dando all'orchestra un colore scuro in linea con il soggetto dell'opera. La musica
segue e sottolinea il contesto drammatico della storia ed il linguaggio melodico e armonico cambia
molto spesso, donando alla musica maggiore teatralità.

9. La musica elettronica
L’interesse per il timbro e le sue variazioni è una caratteristica comune a molte correnti musicali del
Novecento. I musicisti conducono esperienze sia attraverso l’utilizzo insolito degli strumenti
tradizionali, sia grazie all’invenzione di nuovi strumenti e persino dando spazio al rumore.
Inoltre, durante il Novecento la tecnologia entra in contatto con la musica. Grazie alle ulteriori
possibilità che essa offre con i nuovi mezzi di riproduzione del suono, come i registratori su nastro
magnetico e i sintetizzatori, fanno la loro comparsa nuovi strumenti: gli strumenti elettronici.
Nasce la musica elettronica. Per musica elettronica si intende tutta quella musica prodotta o modificata
attraverso l'uso di strumentazioni elettroniche, che hanno effetti per quanto riguarda il timbro. Le
apparecchiature elettroniche sono in grado di:
● generare suoni e rumori
● modificarli
● mescolarli o combinarli insieme (attraverso il montaggio o il mixaggio)
● registrarli su nastro.
Sebbene i primi strumenti musicali elettronici si siano diffusi lungo la prima metà del Novecento, si è
iniziato a parlare di musica elettronica solo a partire dagli anni quaranta del secolo.
Sarà intorno al 1950, che alcuni compositori iniziano a comporre musica prodotta o modificata da
apparecchi elettronici. Nascono in Europa i primi studi di registrazione nei quali grandi computer,
magnetofoni, sintetizzatori, amplificatori e sensibilissimi microfoni sono usati per produrre suoni mai
sentiti prima.
Essi si specializzano nella composizione di musica d'avanguardia.
Nei primi anni ‘50 aumenterà la produzione dei transistor che sostituirono le valvole termoioniche nel
controllo della corrente elettrica. Grazie alle loro dimensioni ridotte, alla loro maggiore praticità, ed ai
loro costi ridotti, i transistor rivoluzioneranno l'intera industria elettronica, verranno di conseguenza
adoperati in un numero sempre crescente di apparecchiature elettroniche.
Durante gli anni ‘60, il successo commerciale di strumenti elettronici come i sintetizzatori Moog,
contribuirà a dare alla musica elettronica i primi momenti di notorietà.
Nel 1965 verranno inventati i primi circuiti integrati che possono includere numerosi transistor al loro
interno.
Nei decenni seguenti si vedrà un progressivo perfezionamento delle tecnologie elettroniche e il
proliferarsi di innumerevoli varianti di musica elettronica e stili che spaziano da quelli più commerciali
a quelli di più difficile fruizione.
Il mondo della musica sarà rivoluzionato anche dall’avvento dei mezzi di riproduzione del suono: via
via nascono dischi, musicassette, compact-disk, lettori mp3 ecc.
La musica elettronica gode oggi di una notorietà diffusissima e ha contaminato pressoché ogni genere
di musica popolare.

La musica del francese Olivier Messiaen (1908-1992) rappresenta l’anello di congiunzione tra le
avanguardie della prima metà del Novecento e le correnti della seconda metà del secolo. Temi ricorrenti
nella sua produzione sono il senso religioso dell’esistenza e la convinzione che la natura, e in
particolare il canto degli uccelli, sia da considerare come la fonte originaria del suono e quindi della
musica
Ascolto: Turangalila 1 da Sinfonia Turangalila di Olivier Messiaen

Cenni storici – La musica elettronica


Lungo la seconda metà dell'Ottocento, l'invenzione del fonografo, prima a rullo e poi a disco, introdusse
la possibilità di registrare suoni, riprodurli e modificarli. Conseguentemente a questa invenzione si
apriranno varie correnti di sperimentazione che più tardi avranno sede presso le radio nazionali dei
rispettivi paesi.
Nel 1919 Lev Theremin costruì l'omonimo strumento musicale. Costituito da due antenne in grado di
controllare rispettivamente la frequenza e il volume, questo elettrofono produceva suoni simili a quelli
della voce umana.
Nel 1928 venne inventato l'onde martenot (noto anche come "ondes martenot" e "ondes
musicales"). Considerato il primo vero strumento elettronico, nonché uno dei migliori prodotti fino alla
metà degli anni cinquanta, era dotato di una tastiera ed era relativamente semplice da usare. Esso fu il
primo apparecchio elettronico ad avere una notevole diffusione e ad affermarsi in modo relativamente
durevole.
Durante gli anni '30 vennero costruiti i primi strumenti elettronici in grado di emulare i suoni
dell'orchestra, quali il clavioline (1947)
Durante gli anni ‘40 vennero costruiti i primissimi modelli di sintetizzatori.
Il miglioramento delle tecniche di registrazione che seguì la seconda guerra mondiale, permise la
diffusione dei primi studi elettronici, che erano dotati di generatori del suono, apparecchiature per la
modificazione e il mixaggio, più tutto l'occorrente per la registrazione (ad
esempio microfoni, amplificatori e altoparlanti). Nello stesso periodo, con i primi oscillatori elettronici,
si diffuse il magnetofono che permise ai compositori di manipolare le registrazioni su disco al fine di
applicare su esse diversi effetti sonori.
Fra i centri di musica elettronica più importanti vi furono il GRM di Parigi (presso la radio-televisione
francese), il Columbia-Princeton Electronic Music Center (1950) (dove vennero inventati i sintetizzatori
Mark I e Mark II: quest'ultimo modello includeva il primo sistema completo di produzione del suono
elettronico e disponeva di una discreta gamma di opzioni che potevano essere pre-impostate
direttamente dal musicista che lo adoperava ), lo Studio for Electronic Music di Colonia (presso la
Westdeutscher Rundfunk) (1951) che ebbe fra i suoi rappresentanti Karlheinz Stockhausen, e lo Studio
di fonologia fondato a Milano nel1955. Quest'affermazione degli studi di musica elettronica, che
contribuì ad aumentare la popolarità delle apparecchiature elettroniche ad un pubblico costituito
esclusivamente da musicisti accademici, permise l'emersione di diverse "scuole" di musica
elettroacustica: 1)la musica concreta, 2) la musica elettronica, 3) la tape music, e 4)la computer music.
Nei primi anni ‘50 aumentò la produzione dei transistor che sostituirono le valvole termoioniche nel
controllo della corrente elettrica. Grazie alle loro dimensioni ridotte, alla loro maggiore praticità, ed ai
loro costi ridotti, i transistor rivoluzionarono l'intera industria elettronica, vennero di conseguenza
adoperati in un numero sempre crescente di apparecchiature elettroniche.
Nel 1965 vennero inventati i primi circuiti integrati che potevano includere numerosi transistor al loro
interno.

Seconda metà degli anni quaranta - metà degli anni sessanta: la diffusione degli studi di
registrazione elettronici e le scuole di musica d'avanguardia
Karlheinz Stockhausen, uno dei pionieri della musica elettronica contemporanea (1994)

10. La musica e il cinema


Alla fine dell’Ottocento, e precisamente nel 1984, due fratelli, Auguste (1862-1954) e Louis
(1864-1948) Lumiere mettono a punto un cinematografo, cioè un congegno che consente la proiezione
di una successione di fotogrammi su uno schermo. La velocità con cui i fotogrammi si susseguono crea
l’effetto del movimento, perché l’occhio umano non è in grado di percepire come distinti i singoli
fotogrammi. Nasce così il cinema, parola che deriva dal greco e che significa appunto “movimento”.
Sappiamo che durante la prima proiezione pubblica, avvenuta nel 1895, alla vista di un treno che, sullo
schermo, si dirigeva “verso” gli spettatori, molti fuggirono dalla sala terrorizzati. L’effetto della finzione
cinematografica aveva colto di sorpresa il pubblico ancora non abituato ad essa.
Le prime pellicole sono mute, cioè prive di sonoro, e nelle sale cinematografiche, oltre allo schermo su
cui vengono proiettati i film, è necessaria la presenza di un altro protagonista: il pianoforte. Succede
infatti che, dal vivo, un pianista suoni la colonna sonora, cioè un commento sonoro alle immagini, da
lui scelto opportunamente: l’intensità, l’altezza, la cantabilità della melodia e molte altre caratteristiche
della musica, unite alle immagini, trasmettono emozioni e sentimenti: dolcezza, serenità, tristezza,
paura, angoscia ecc.
Successivamente, le case cinematografiche iniziano a diffondere, insieme a ogni pellicola, dei
“suggerimenti musicali ”, cioè un elenco di musiche di repertorio abbinabili alle scene dei film. Infine
si arriva a comporre appositamente nuove musiche per i film e a pubblicare raccolte di brani musicali,
suddivisi secondo il tipo di scena (d’amore, di8 paura, di rabbia, di lotta ecc.) e utilizzabili in qualsiasi
pellicola.
Accanto al pianoforte compaiono via via altri strumenti, fino a che, nelle sale cinematografiche,più
grandi, si arriva ad avere un’intera orchestra.
Grazie allo sviluppo della tecnologia, nel 1927 esce il primo film sonoro (anche se solo parzialmente:
alcune scene sono ancora mute), cioè una pellicola in cui le immagini e ola musica sono unite su un
unico supporto.
Per colonna sonora originale si intende l’insieme delle musiche composte appositamente per un film.
Molti grandi musicisti (anche direttori d’orchestra) si sono dedicati a questa nuova professione del
Novecento, alcuni in maniera quasi esclusiva: ricordiamo gli italiani Ennio Morricone (1928), Nicola
Piovani (1946).
Per colonna sonora non originale si intende invece la scelta di musiche preesistenti (e quindi non
scritte appositamente per quel film) fatta dagli autori, dal regista e da altri membri della produzione per
commentare le scene di un film. Una colonna sonora può anche essere costruita da musiche originali e
non originali insieme.

11. Il Musical
Il musical è un genere di spettacolo teatrale, ma anche cinematografico, nato negli Stati Uniti, a New
York, a cavallo tra Ottocento e Novecento, in cui si alternano parti musicali, come canzoni e danze, e
parti recitate in prosa.
A Broadway, la grande strada che attraversa Manhattan da nord a sud e attorno alla quale si
concentrano i grandi teatri della città di New York, il musical muove i suoi primi passi diventando un
genere musicale di grande successo.
Il musical deriva dall’operetta viennese e parigina, nata in Europa nella seconda metà dell’Ottocento
grazie a compositori come Jacques Offenbach (che ne compose quasi cento) e Johann Strauss figlio.
Nell’operetta l’azione scenica era espressa dal canto, dalla danza – che aveva un ruolo centrale – e da
parti recitate in prosa; era ambientata nel mondo della piccola borghesia contemporanea e metteva in
scena vicende sentimentali.
Il nome musical è l’abbreviazione dell’inglese musical comedy o musical play. Esso infatti consiste in
una commedia musicale dal carattere brillante, ambientata in America, generalmente in epoca
contemporanea. Le vicende sono prevalentemente sentimentali e non mancano, talvolta, aspetti tragici.
Il ruolo centrale spetta alle canzoni e alle coreografie, accompagnate da un’orchestra che suona dal vivo
e da spettacolari scenografie e costumi.
La partitura di un musical può essere scritta da un unico compositore oppure composta da brani di
compositori diversi.
Tra i principali compositori di musical ricordiamo Irving Berlin (1888-1989) con Annie get your gun
(1946), Vincent Youmans con No, no Nanette (1925), George Gershwin con Lady be good! (1924),
Cole Porter con Kiss me kate (1948), Leonard Bernstain con West side story (1957).
Negli anni Trenta del Novecento, l’industria cinematografica americana rivolge l’attenzione ai musical
di maggiore successo che dai palcoscenici di Broadway arrivano negli studi Hollywood.
Tra i grandi musical diventati film di successo ricordiamo: West side story (1961), My fair lady (1964),
Tutti insieme appassionatamente (1965), Jesus Christ Superstar (1973), Grease (1978), Hair (1979),
Saranno famosi (1982), Cats (1982), Evita (1996).
Nascono anche musical pensati fin dall’inizio per il grande schermo. Sono i cosiddetti film musicali,
come Cappello a cilindro (1935), Cantando sotto la pioggia (1952), Sette spose per sette fratelli
(\1954), Mary Poppins (1964), La febbre del sabato sera (1977), Flash-dance (1983) e il più recente
High School Musical (2006).

12. La pop musica, il rock e la musica leggera

La pop music (che in Italia chiamiamo, con un termine un po’ riduttivo, musica leggera) comprende
l’insieme dei generi musicali sviluppatisi dalla Seconda Guerra Mondiale ad oggi. Essa è
essenzialmente musica di intrattenimento, destinata a essere cantata o ballata, più che “fruita” come
forma di spettacolo; nasce contemporaneamente ai mezzi di comunicazione di massa, in particolare
alla radio, e all’industria discografica, e ne è l’espressione.
Essa è sempre musica d’autore, e per questo si distingue dalla musica etnica o folk, che nasce dalla
cultura dei popoli, quindi preesistente alla nascita di questi mezzi, quasi esclusivamente anonima e
trasmessa oralmente.
La pop music si distingue anche dalla musica cosiddetta “colta”, perché è un prodotto che ha come fine
principale quello di vendere; dunque uno scopo essenzialmente commerciale, che ne condiziona
marcatamente le caratteristiche. I musicisti appartenenti a questo genere, per guadagnare,devono
vendere più copie possibile delle loro composizioni, a un pubblico indistinto, spesso musicalmente poco
evoluto o comunque molto variegato. Per raggiungere il più ampio numero di ascoltatori possibile i loro
prodotti musicali, quindi, devono essere facili e non troppo innovativi; devono, insomma, rispondere
esattamente a ciò che la media degli ascoltatori si aspetta.
Questi condizionamenti limitano enormemente le possibilità di espressione, la ricerca di nuove forme e
la qualità artistica del prodotto musicale di consumo; tuttavia, bisogna riconoscere che, in più di
cinquant’anni di storia del pop, sono state pubblicate molte opere di notevole pregio, e talvolta anche dei
veri capolavori.
La pop music utilizza il linguaggio che si è sviluppato dal Seicento in avanti, proprio quello che lo
stesso Mozart utilizzava. I brani seguono la struttura strofica, cioè le diverse strofe hanno uguale
accompagnamento musicale, o la struttura strofa-ritornello, la più utilizzata, dove le strofe si alternano
ad un ritornello sempre uguale nelle parole e nell’accompagnamento musicale.
Nel Secondo dopo guerra i primi divi sono grandi interpreti americani, come Frank Sinatra.
Verso la metà degli anni Cinquanta, appaiono cantanti giovani dall’aspetto per l’epoca ribelle e
trasgressivo, come la loro musica. Nasce il rock ‘n’ roll e il suo idolo è Elvis Presley.
Da questo momento la pop music sarà, ed è tuttora, soprattutto, musica dei giovani per i giovani.
Negli anni Sessanta nasce in Inghilterra una corrente musicale, chiamata beat, e che ha i suoi idoli in
due gruppi: I Beatles (dai brani più melodici e cantabili) e i Rolling Stones (dai brani caratterizzati da
un rock dal ritmo più marcato). La nascita del beat è espressione di un ampio movimento culturale di
liberazione dei costumi sociali (contrapposizione del mondo giovanile nei confronti delle generazioni
passate, si indossano le minigonne, sono di moda lunghe capigliature maschili).
In America assistiamo alle proteste giovanili di ispirazione pacifista che si oppongono alla guerra che
gli Stati Uniti combattono in Vietnam. Bob Dylan è tra i cantanti di maggiore rilievo. E’ il primo a
sostituire l’accompagnamento della chitarra acustica con quello della chitarra elettrica.
movimento hippy, noto anche come Flower Power (uno degli slogan più in voga era “Mettete dei fiori
nei vostri cannoni”), si riconosce musicalmente in band che spesso compongono producendo un suono
stralunato e ipnotico che viene denominato psichedelico. Il movimento hippy fu protagonista di raduni
musicali oceanici, che duravano più giorni e nei quali si esibivano decine di artisti (Festival di
Woodstock estate 1969, uno dei partecipanti più famosi fu Jimi Hendrix).
Negli anni Settanta si delineano, nel panorama angloamericano, molte correnti musicali come il
progressive rock.
Il progressive rock, chiamato anche prog, rappresenta l’anima “colta” del rock. Ebbe nei Pink Floyd
l’espressione più significativa. Si caratterizza per una spiccata contaminazione con la musica classica,
soprattutto nella struttura dei brani che durano anche venti minuti. Fra i gruppi prog ricordiamo i King
Crimson, gli Yes, i Genesis, Emerson ecc. Questa corrente musicale fu molto attiva anche in Italia, con
gruppi quali la Premiata Forneria Marconi, il Bando del Mutuo Soccorso, gli Area.
Verso la fine degli Sessanta, alcuni musicisti avevano portato la tecnica chitarristica verso suoni più duri
e distorti. Negli anni Settanta alcuni gruppi, fra i quali i Led Zeppelin e i Deep Purple, elaborano uno
stile caratterizzato da un uso della chitarra fortemente ritmico e dalla presenza di taglienti assoli, da una
batteria incalzante, e dalla voce spesso urlata: l’hard rock. Fra i gruppi più noti ricordiamo i Black
Sabbath e Judas Priest. Saranno gli stessi a rendere il loro sound (suono,stile) ancora più pesante e
“cattivo”, con un uso della voce molto impegnativo, adatto a sottolineare testi dai frequenti riferimenti
all’occulto o all’horror: nasce l’heavy metal, che si articola in moltissimi sottogeneri.
Verso la fine degli anni ’60 aprono, in tutto il mondo, le prime discoteche, nasce, verso la metà degli
anni ’70, un genere musicale destinato specificamente al ballo, la disco music, che ottiene un successo
commerciale enorme in tutto il mondo, grazie anche al film La febbre del sabato sera, ambientato nel
contesto dei locali notturni di New York. Questo genere musicale tramonterà verso la fine degli anni
’80, con l’avvento della techno, la musica elettronica da discoteca.
Nella seconda metà degli anni Settanta nasce, in Inghilterra, un fenomeno musicale dal forte impatto
sociale: il punk. Dal punto di vista musicale si oppone ai virtuosismi e alla grandiosità del prog: canzoni
di due – tre minuti, brevi riff (frasi musicali ricorrenti) di chitarre dal suono fortemente distorto. Il
risultato è un rock rozzo, violento, primitivo. Il gruppo simbolico di questo movimento sono i Sex
Pistols. Il movimento punk si esaurirà molto velocemente, confluendo in un genere di pop elettronico
piuttosto ballabile, la new wave.
Il reggae nasce in Giamaica e giunge al successo nella seconda metà degli anni Settanta, con
l’affermarsi della figura carismatica di Bob Marley.
All’inizio degli anni ’80 un fattore nuovo influenza la scena musicale mondiale: la nascita di MTV, il
primo canale dedicato totalmente alla musica; assumono anche grande importanza i video-clip, i video
promozionali delle canzoni. Propongono un’immagine accuratamente studiata per affascinare il
pubblico oltre che di indiscutibile talento Michael Jackson e Madonna.

Negli anni ‘90 continuano a essere vitali quasi tutti i generi musicali nati nei decenni precedenti, che
affiancano nuovi artisti a quelli ormai considerati “storici”. Inoltre si fa sempre più profondo il solco fra
gli artisti che operano nel circuito delle grandi multinazionali dell’industria discografica e il circuito
delle piccole etichette discografiche. In questo panorama, chiamato alternative rock, all’inizio degli
anni ’90 si sviluppa una corrente musicale, il grunge, caratterizzato da sonorità rozze, aggressive, da
ritmi e melodie elementari; ha come portabandiera il gruppo dei Nirvana.
Il rap è l’espressione musicale di un più vasto movimento giovanile, noto con il nome di hip-hop, che
nasce negli anni ottanta fra i neri delle periferie urbane americane. Il rap è un’insieme di strofe scandite
su una base fortemente ritmata. I testi rap utilizzano espressioni fortemente gergali (da gergo) e i temi
vanno dal puro intrattenimento alla protesta politica o alla denuncia sociale. Uno dei primi artisti italiani
ad usare la metrica rap è stato Jovanotti; un rapper famoso italiano è Caparezza.
Negli ultimi anni la pop music ha espresso nuove personalità di grandissimo successo come Lady Gaga,
Shakira, ecc… Alle star della pop music oggi si chiedono doti sceniche sempre più spiccate e una cura
maniacale del look.
Inoltre bisogna ricordare che, con l’avvento di Internet, è cambiato totalmente il modo di fruire della
musica, e di conseguenza anche il mercato musicale. Oggi gran parte della musica si “scarica”, di
conseguenza le case discografiche hanno sempre meno risorse.
Nel panorama della musica attuale bisogna anche ricordare la musica techno-house; interamente creata
con campionatori, utilizzando software musicali più che musicisti.
La musica leggera italiana, così come la conosciamo, nasce negli anni ’50 con il Festival di Sanremo,
la gara canora che ogni anno lancia nuovi talenti musicali e conferma le star già alla ribalta.
Istituito nel 1951, il festival riscuote una grandissima eco nazionale da quando nel 1955 comincia ad
essere trasmesso in televisione. Tra i vari cantanti che vi hanno partecipato ricordiamo Nilla pizzi,
Domenico Modugno, Adriano Celentano, Gianni Morandi, Mina ecc. L’invenzione americana del
juke-box ha favorito il successo commerciale di centinaia di canzoni italiane e non.

I cantautori
Intanto si affacciano alla ribalta i nomi di grandi cantautori, che ci hanno lasciato le più belle canzoni
italiane: ricordiamo su tutti Fabrizio De Andrè. Molte sue canzoni, che musicalmente attingono alla
tradizione delle ballate rinascimentali, sono capolavori dal punto di vista poetico. I testi spaziano in
varie tematiche, di cui una fondamentale è la voce degli emarginati e degli sconfitti, come nella Guerra
di Piero o in Via del campo. De Andrè fa parte di una vera e propria scuola genovese da cantautori,
della quale ricordiamo anche Gino Paoli.
Ad essa si affianca una scuola milanese, di cui fanno parte Giorgio Gaber e Enzo Jannacci.
Quello dei cantautori è un filone artistico che si svilupperà ulteriormente negli anni ’70 con il successo
di Francesco DE Gregori, Antonello Venditti, Francesco Guccini, Roberto Vecchioni, Lucio Dalla,
Edoardo Bennato, solo per citarne alcuni. Rispetto alle canzoni d’autore del decennio precedente, più
incentrate su temi personali, i testi dei cantautori degli anni ’70 sono spesso di argomento politico.
Anche dal punto di vista musicale, il riferimento non è più soltanto la canzone rinascimentale, ma anche
la tradizione folk-rock americana.
Una figura un po’ particolare è quella di Lucio Battisti, cantautore solo a “metà” (scrive soltanto le
musiche), a cui si devono splendide melodie, che volutamente si tiene in disparte da qualunque
coinvolgimento politico e ideologico.
Nei decenni successivi la disillusione sulle possibilità di un reale cambiamento verso una società più
giusta porta i cantautori ad allontanarsi dall’impegno politico per ritornare su temi personali, mentre dal
punto di vista musicale emergono autori più legati a sonorità rock o blues: Vasco Rossi, Pino Daniele,
Luciano Ligabue, Zucchero, Gianna Nannini.
Anche se le contaminazioni con la musica anglosassone sono sempre presenti, bisogna ricordare che il
panorama musicale italiano rimane fortemente legato alla tradizione melodica, forse anche per la grande
cantabilità della nostra lingua.
Pertanto anche gli artisti di oggi, siano essi autori o semplici interpreti, non sfuggono a questa
caratteristica, da Laura Pausini a Tiziano Ferro, da Eros Ramazzotti a Giorgia, fatta eccezione per il
rap che, come abbiamo già detto, vanta molti interpreti anche “in casa nostra”.

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