Sei sulla pagina 1di 5

DECADANCE

La Storia della Musica Dance Anni '90


(David X)

David Calzamatta, da Roma, è tra i DJ che tra la fine degli anni Ottanta e i primi Novanta restano folgorati dalla house e dalla
techno. È difficile allora, per un adolescente o poco più, resistere al richiamo di due generi così rivoluzionari, nuovi e tanto
dirompenti. Fare il DJ, in quel periodo, significa assistere ad un cambio epocale di suoni, ritmiche, sensazioni, percezioni.
Non si sa se il futuro potrà riservare ancora un momento tanto incisivo per la musica visto che stupirsi per il nuovo è diventato
davvero difficile e talvolta impossibile.

«Lavoravo come DJ dal 1985 e contemporaneamente studiavo organo e composizione al Conservatorio Santa Lucia di Roma
col maestro Luigi Celeghin. Un giorno Claudio Donato, produttore e titolare della Full Time Records, mi chiese di lavorare
per lui. Il compito era trascrivere, per il deposito SIAE, le melodie che compositori come Elvio Moratto ed altri collaboratori
dell’etichetta elaboravano ad orecchio» racconta oggi Calzamatta. «Iniziai con “Walking” di Jovanotti, nel, 1987, e dopo un
po’ di tempo mi propose di comporre qualcosa. Inizialmente trovai un po’ difficoltoso provare solo col pianoforte e quindi
decisi di vendere la Vespa per acquistare una Roland TR-505. Claudio e George Aaron vennero a casa mia per sentire un
brano e mi fecero delle domande a cui non seppi rispondere. Quale sarebbe stato il giro di basso? E il riff introduttivo? Mi
resi conto che, nonostante facessi il DJ già da alcuni anni in locali di tendenza come il My Club, il Piper e il Paradise, non mi
ero mai reso conto di come fossero arrangiati i brani. In quel momento Claudio accese in me una serie di ingranaggi che non
si fermarono fino a quando non capii cosa mi serviva, dopo aver parlato con arrangiatori, compositori e negozianti. Ai tempi
tutti lodavano la Ensoniq Mirage in grado di far suonare contemporaneamente vari campioni ottenendo suoni “così potenti
che si avvicinavano alla realtà”. La ricerca sonora di allora era frustata dai suoni dei synth analogici e cercava di
riprodurre il più fedelmente possibile, ma senza riuscirci, quelli degli strumenti acustici o elettroacustici. Da lì a breve sul
mercato arrivò il Roland S-50 che aveva 12 bit anziché 8, e capii che era quello il mio strumento, ma non avevo quattro
milioni e mezzo di lire per acquistarlo. Claudio anticipò il denaro necessario che gli avrei restituito coi primi lavori. Così,
grazie a lui, intrapresi la strada della musica.
David X nel suo studio, in una foto scattata tra 1988 e 1989

Dovevo ancora apprendere molte cose ed ascoltando i brani che arrivavano dagli Stati Uniti capii che necessitavo di
strumenti che qui erano considerati quasi immondizia. La Roland TR-909 la comprai per 150 mila lire, la TR-808 invece la
recuperai a Pesaro per appena 100 mila lire. Poi iniziai ad acquistare qualche synth come l’Alpha Juno 2, il JX-3P e la TB-
303 e contemporaneamente quelli che proponeva il mercato in quel momento storico, come il Roland D-50 e il Korg M1.
Quando facevo oscillare quei DCO o mandavo in risonanza i filtri mi sentivo a Chicago da dove arrivano le prime tracce
house. Riuscii a metter su uno dei primi studi MIDI, capii che avrei potuto ottenere un buon suono se avessi avuto il controllo
totale dell’attrezzatura e così fu, anche se all’inizio non mi credeva quasi nessuno. Tutti pensavano che fosse impossibile
lavorare senza uno Studer a 24 piste ed un banco da un miliardo di lire. Io invece avevo un banco da “soli” 4 milioni ma
mandavo gli strumenti in diretta con 32 piste MIDI e alla fine avevo la stessa dinamica. Dopo le prime prove iniziarono a
cercarmi. Avevo il sound non italiano e a quel tempo i DJ italiani smisero di ascoltare le novità prodotte in patria. I miei
primi lavori infatti furono pubblicati da etichette che sembravano straniere, come ad esempio la London Street insieme al
compianto Dr. Felix nascosto dietro la sigla D.F.X..Felix, ai tempi, era sempre nel mio studio e frequentemente pranzava e
cenava coi miei genitori. Non mi ritenevo però un DJ producer perché allora non esisteva ancora come figura professionale.
La musica inoltre era suonata nonostante l’enorme dose di campionamenti utilizzati. Spesso facevo dei remix in cui, invece di
ripetere qualche battuta tagliando il nastro, operazione in cui il maestro indiscusso era Mario Tagliaferri, risuonavo il brano
in modo da ottenere una versione ex novo. Insomma, non mi bastava più essere solo un DJ, volevo capire il sound calandomi
all’interno di esso».
Nel 1990 Calzamatta incide, in coppia con Giancarlino Battafarano (proprio quello del Goa), “Move Your Tetas” di G&D
sulla Fun Records del gruppo Energy Production e “I Need Walking” per la romana Jocks. Nello stesso anno tocca anche ad
“E = MC ²”, sulla GFB del gruppo Media Records, marcatamente più vicino al mondo della techno. «Giancarlino voleva
dedicarsi alle produzioni discografiche e mi affascinava l’occasione di lavorare con un grande DJ che proponeva musica di
generi all’avanguardia. Fu un’ottima esperienza ed io ormai ero pratico nella composizione e nell’arrangiamento, capace di
sfornare un prodotto finito in tre giorni. Certo, bisogna sempre fare i conti con la vena artistica, ma suonare nei club tutte le
sere ti fa entrare nell’ottica giusta. Le produzioni più spinte le realizzavo da solo, erano dei voli nell’elettronica che magari
facevo a notte fonda, però le etichette che cercavano la hit non le apprezzavano. Gianfranco Bortolotti invece capì che il suo
lavoro di successo in Media Records dovesse essere accompagnato da qualcosa di più avanguardistico ed aprì un filone che
alla fine ha funzionato discretamente dandomi lo spazio che desideravo. Qualcuno potrebbe pensare che il titolo del disco
fosse un omaggio all’omonimo album di Giorgio Moroder del 1979, ma io Moroder non lo presi affatto in considerazione. E
= MC ² identificava un viaggio spazio temporale: un mercoledì sera, alle 17:30, iniziai a suonicchiare visto che ero libero
dagli impegni in discoteca, pensando di andare a dormire poco dopo, invece proseguii ad oltranza per almeno 24 ore
realizzando di getto i cinque brani dell’EP, praticamente pronti per essere stampati sul mix. Fu come se il tempo si fosse
allungato all’interno delle 24 ore, e da lì mi venne l’idea del titolo».
David X e Giancarlino Battafarano alla presentazione di “Move Your Tetas” a Le Stelle, poi diventato Luxurya (1990)

Nel 1991 Bortolotti crea la Pirate Records per le produzioni di taglio rave/techno. Ad aprire il catalogo è “Apocalypse”, il
secondo disco che Calzamatta incide per l’etichetta di Roncadelle. Anche in questo caso sul 12″ ci sono cinque versioni tra cui
svettano meglio la You Don’t Know Death, in cui convergono suoni che la Media Records avrebbe portato al grande successo
con “2v231” di Anticappella, “We Need Freedom” di Antico, “Take Me Away” di Cappella (che ne contiene pure un
frammento) e “We Gotta Do It” di Francesco Zappalà e DJ Professor, tutti del 1991, e la Oldtechnomix, in battuta breakbeat e
sempre col sample preso dai “Carmina Burana” di Carl Orff. Degna di menzione è pure la Reverse Mix, in cui i suoni portanti
vengono eseguiti al contrario.
«”Apocalypse” arrivò al termine dei miei studi universitari di teologia. Una profonda fede cristiana accompagnava la mia
vita fatta di club, insegnamento alla scuola elementare, produzioni discografiche e la fuga in montagna sullo snowboard, tutti
i martedì fin dal 1988. Per il suono principale del brano penso di aver portato al massimo splendore il Roland MKS-50.
Spesso per rendere i suoni più elettronici, dopo averne realizzato uno lo campionavo e lo risintetizzavo, anche se non fu
quello il caso. Tutte le variazioni del suono le registravo in MIDI utilizzando il sistema che permetteva di richiamare un
timbro con un messaggio inserito nella traccia MIDI e poi di registrare in diretta tutti gli smanettamenti per modificare il
suono e riprodurli. Campionamenti ne facevo tutti i giorni, li mettevo sui floppy disk e poi all’occorrenza li tiravo fuori».
Sempre nel ’91 Calzamatta incide un altro disco per la Pirate Records, “ahk i:st hosi (OMAR)”, che ripercorre le orme dei due
precedenti, inserendosi nel filone rave hardcore che conosce il boom nel Regno Unito. «Ai tempi campionavo così tanta roba
che non riesco più a ricordare da dove presi il sample che recitava il titolo, ma probabilmente era un film. A circa ventisei
anni di distanza però rammento che ne andavo orgoglioso. Non mi interessava sapere se il mercato lo avesse accolto bene o
non, odiavo discutere di copie stampate e percentuali, e questo è stato uno dei motivi per cui ho smesso».
David X ancora nel suo studio, tra 1988 e 1989. Tra le mani stringe un Roland PG 200

Dopo “I’m Gonna Win” di G.P.A., pieno zeppo di sample, Calzamatta incide altri dischi come “Polka Danz” di Red
Army, “Puppets/Lynx”di Dandro, l’EP di Precious X Project (di cui abbiamo parlato dettagliatamente qui), “It’s The
Power” di Jago e qualcos’altro, ma ben poco se si pensa alle tonnellate di dischi che si producevano ai tempi, invogliati da
riscontri economici ben più allettanti di quelli attuali. «Pubblicai una versione di “Tetris” per primo ma in formato white
label. Poi “Puppets” di Dandro, che riprendeva il motivetto composto da Fiorenzo Carpi per il film di Pinocchio ed uscito
circa un mese prima rispetto alla versione più nota dei Pin-Occhio (la cui mente era Giorgio Prezioso, seppur non presente
tra i crediti), e Precious X Project che fu un lavoro molto piacevole. Con Andrea Prezioso trovai un perfetto feeling musicale,
e col fratello Giorgio realizzai svariati remix. Ad onor del vero sono uscite molte altre cose in cui il mio nome non
comparve (a tal proposito si legga il contributo di Calzamatta presente in questo reportage). Spesso ai tempi i diritti di
produzione non ti arrivavano e quindi decisi di svolgere la maggior parte dei lavori a forfait, rinunciando chiaramente a tutti
i diritti, compreso quelli derivati dalla SIAE. La situazione però iniziò ad essere talmente nauseante dal punto di vista della
contrattazione e dello sfruttamento economico del mio lato artistico che iniziai a non riconoscermi più in quella vita, e lasciai
emergere una nuova personalità legata allo sport. Mollai Roma e mi trasferii in montagna, in Trentino, dove vivo tuttora con
la mia compagna Maria. Abbandonai la musica con un colpo secco, non misi più un disco dal 1994 al 2009. Ricevetti diverse
proposte economicamente interessanti, sia come DJ ma soprattutto come produttore ed arrangiatore, ma mentalmente non
ero interessato. In Trentino ho continuato a fare l’insegnante e in parallelo mi sono occupato di snowboard, per poi scoprire
ed introdurre in Italia il kitesurf. Solamente nel 2009 ho ripreso in mano la consolle, aggiornandomi sulle moderne
apparecchiature e tecniche di mixaggio. In questi ultimi mesi mi sto preparando anche per tornare a comporre, ora sono
intento a costruire una piccola sala d’incisione».
Calzamatta lascia quindi il settore musicale intorno al 1994 ma non prima di mettere le sue conoscenze tecniche sul
campionamento a disposizione dei lettori di Disk Jockey New Trend, organo ufficiale dell’AID (Associazione Italiana Disc
Jockey), che peraltro gli affida anche un tutorial, curato insieme a Davide Ruberto, sul Roland DJ-70 diffuso su VHS. Quello
che lui stesso definisce “uno strumento fantascientifico” genera stili musicali, tecniche di composizione e segna in modo
inequivocabile un’epoca, ma forse il progresso tecnologico è stato inversamente proporzionale alla creatività artistica,
soprattutto in ambito sampling. «Campionare può voler dire agganciare un altro brano per goderne della sua fama, oppure
esprimere concetti diversi con un suono o un rumore già editi in precedenza. Io campionavo davvero di tutto e da tutto,
dischi, voci, film, programmi televisivi e spesso anche rumori che poi sintetizzavo.
La rubrica “Campionando” curata da David X per il magazine Disk Jockey New Trend (gennaio 1995)

Il computer ha avuto il merito di dare la possibilità di esprimersi a chiunque senza affittare una sala di incisione a mille euro
al giorno, ma allo stesso tempo ha mescolato chi ha talento con chi invece non ne ha affatto. Trent’anni fa ascoltavo tutte le
novità della settimana da Goody Music in circa tre ore, adesso invece non basterebbero neanche due giorni per sentire ciò
che viene messo in circolazione in uno. Il mercato si è globalizzato, è mondiale, quindi è necessario fare delle scelte a monte,
ma decidere su cosa vale la pena o meno valorizzare è diventato un onere pazzesco. Non me la sento di giudicare un
movimento musicale però non posso fare a meno di constatare che il problema dei DJ sia rimasto sempre lo stesso:
vorrebbero suonare la musica che piace a loro anziché quella che desidera il pubblico che hanno davanti. Qualcuno riesce ad
avere il pubblico che gli serve, altri si ostinano a percorrere la loro strada non capendo che il DJ non è altro che un tassista.
Se l’utente vuole una destinazione, tu devi comprendere qual è e portarcelo, e non andare dove ti porterebbe il tuo cuore. Se
desideri suonare una certa musica devi essere nel locale giusto dove il pubblico si aspetta quel genere. Per quanto riguarda
le produzioni invece, nonostante l’aspetto tecnico permetta ormai a tutti di comporre, è diverso trovare l’idea giusta. In ogni
caso ritengo di aver raccolto molte soddisfazioni ma non aver mai avuto “l’idea giusta” che si riesce a condividere con
milioni di persone. Oggi, nonostante la tecnologia friendly, per emergere bisogna comunque utilizzarla bene e a fondo.
Ammiro Afrojack, Avicii e Robin Schulz perché hanno saputo evolversi velocemente trovando la vena melodica nel marasma
elettronico».
 

Potrebbero piacerti anche